minstrel ha scritto:Due cose velocissime:
Quello che sente Mauro è da me condiviso: nessuna acredine, certamente dispiacere se qualche frase crea misunderstanding, tentativo di comprensione reciproca sempre, compresione completa quasi mai, pace!
Sarebbe presumo impossibile.
Ma in realtà il problema è più complesso: posto che l’anima sia immortale, resta da definirla, ma se la definisci le poni dei limiti, vale a dire ne neghi a priori l’immortalità, perché la cali nella dimensione che vuoi superare.
Grande Quixote! Il problema è che nessuno qui la vuole definire come tu intendi, ma anzi se ne enuncia l'esistenza in base al realismo perché il pensiero è senza alcun limite, il pensiero è infinito e addirittura pensa sé stesso. Un concetto che pensa sé stesso è un motore perpetuo. Un concetto è semplice e come tale incorruttibile. Il pensiero crea concetti incorruttibili e addirittura crea un concetto di sé stesso! Da lì "l'immortalità" cosidetta dell'anima.
Come dice mauro sono due cose distinte, ma son comunque conseguenti e necessarie.
Si, ma queste sono tutte astrazioni, dov'è la connessione con la realtà? Che sono belle parole, ma all'atto pratico restano solo come tali.
Il "pensiero è infinito e addirittura pensa se stesso".
Ma come fa ad essere infinito se non riesce neppure a vedere se stesso?
Non volevo trattare la questione nei termini in cui mi accingo in quanto sono legati molto strettamente alla mia esperienza Buddhista.
La domanda "riesci a vedere da dove sorge un pensiero?" non me la sono inventata io, ma è una domanda che veniva posta agli aspiranti discepoli dei mastri che insegnavano una pratica specifica che si chiama Mahamudra, tipica della Scuola Kagyupa del Buddhismo Tibetano.
So che più o meno a tutti questo sembrerà qualcosa di esotico e come tale probabilmente non verrà preso con la serietà dovuta, ma invece è qualcosa di molto serio, e soprattutto di estremamente empirico.
La Mahamudra è un sistema che ha avuto inizio nel 1200 d.c. ca., ed assieme ad un'altro insegnamento detto Dzogchen (800 d.c. ca.) si interessano in modo particolare di ciò che viene definita "Natura della Mente".
Il fulcro di questi sistemi è proprio il riconoscimento della propria Consapevolezza.
Detto questo, partiamo dalla forma base di meditazione: la Meditazione detta della Mente Calma, Shamata in Sanscrito e Shinè in Tibetano.
Questa meditazione serve a calmare la mente, creare una base stabile e chiara dalla quale poi iniziare le altre forme di meditazione, più complesse.
Cosa significa "calmare la Mente"?
Significa ridurre in modo estremo la quantità di pensieri che produciamo. Per pensieri qui si intendono sia quello razionale come le emozioni, sentimenti et similia.
Come funziona?
Si focalizza la propria attenzione su di un oggetto, questi può essere un oggetto vero e proprio, il proprio respiro o anche lo spazio vuoto (quest'ultima però è per praticanti con una certa esperienza di meditazione).
Si focalizza la propria Consapevolezza su di questo oggetto e si cerca di restare concentrati su questo senza farsi distrarre dai pensieri.
All'inizio è difficile. Non siamo abituati a farlo e quindi richiede un certo sforzo, ma facendolo assiduamente e giornalmente, questo passaggio risulta sempre più facile, sino a divenire quasi immediato.
Cosa succede quando si riesce a placare la mente?
Si riesce ad osservare. Si riesce ad osserrvare proprio ogni singolo pensiero. Lo si vede nascere e lo si vede morire.
Dapprima si riesce a vedere come molteplici pensieri nascono contemporaneamente, e come la Consapevolezza si "attacchi" ad uno di questi, sino a quando non salta su un'altro pensiero sorto insieme a svariati altri.
Questo è il normale funzionamento della nostra Mente in quello che è definito "Stato di Movimento". Quando ci sono i pensieri si è nello Stato di Movimento.
Lo Stato di Calma invece è quello spazio vuoto che intercorre tra il sorgere di due pensieri.
Ci vuole del tempo prima che si arrivi a vederlo, e la meditazione della Mente Calma consiste proprio in questo: allungare il tempo di non produzione dei pensieri e dimorare con la propria Consapevolezza il più possibile a lungo in questo Stato.
A questo punto si riesce anche a non seguire più i pensieri quando sorgono, ma per usare un'espressione antica 2.500 anni: li si lascia passare come nuvole che si rispecchiano in un lago di montagna".
C'è insomma una divisione molto netta tra quella che è la Consapevolezza e quello che è il pensiero, sono due funzioni nette e distinte.
Si è consapevoli anche senza pensieri, e quando si è in meditazione i pensieri che passano sono oggetti impersonali, il nostro "io" non ne è neppure più il centro. Questi passano senza occupare tutta la nostra mente e senza metterci al centro del pensiero stesso. Sono come visti da una telecamera.
La Consapevolezza invece no, quella è ciò in cui si è.
Si impara poi ad osservare anche nello Stato di Movimento, e si riesce ad essere Consapevoli anche in mezzo ai pensieri più caotici.
Questo cosa significa nella nostra discussione:
Che il pensiero non si tocca, affatto, non si pensa per nulla.
Ad un esame più approffondito, tramite tecniche specifiche che la nostra filosofia occidentale ignora in toto, si può osservare parecchio più a fondo il pensiero.
Lo si può veder nascere, lo si può osservare (cosa che tu avevi definito impossibile: invece è possibilissimo e viene fatto quotidianamente da non so quanti milioni di persone, da 2500 anni almeno a questa parte) e soprattutto appare chiaro come si può essere consapevoli del pensiero, si può essere perfettamente consapevoli di pensare, ma si può essere perfettamente consapevole anche senza pensare.
E' la consapevolezza ad essere consapevole di pensare, il pensiero di per sè è inconsapevole.
Questo percorso richiede di ricevere degli insegnamenti di meditazione (il metodo fai da te porta molto facilmente a degli errori) ed una certa costanza nel praticarla per un certo periodo di tempo, in genere qualche mese, ma è cosa che possono fare tutti.
Tutti potete aver modo di vedere il vostro pensiero e tutti siete in grado di vedere come Consapevolezza e Pensiero siano due funzioni del tutto distaccate ed autonome.
Un esercio più semplice alla portata di tutti per vedere come la Consapevolezza sia presente anche senza pensiero è il fare attenzione a come funziona la nostra mente mentre stiamo guardando un panorama in movimento, ad esempio quando siamo su di un autobus.
Il pensiero è focalizzato su qualcosa. La giornata passata, qualche progetto, un brano musicale, il seno procace di quella seduta di fronte a noi... il pensiero ci assorbe totalmente.
Ma, mente il pensiero ci assorbe, il panorama scorre davanti ai nostri occhi, e noi siamo consapevoli di ciò che scorre ma non stiamo minimamente pensando a questo, ne siamo consapevoli anche se non ci pensiamo.
E notate bene, per pensae a qualcosa che stiamo vedendo, dobbiamo concentrarci su uno degli oggetti che ci scorrono sotto gli occhi (un albero, casa, macchina, persona o altro) ed a quel punto iniziamo a pensare a qualcosa che vediamo, ma noi non pensiamo quel che vediamo, ne siamo però sempre perennemente consapevoli.
C'è anche qui insomma evidenza di come consapevolezza (ivi compresa l'autocoscienza) e pensiero siano due cose ben distinte e separate.
Provate e semmai ditemi cosa capita a voi.
Questo è essenziale perchè comporta che la "macchina a movimento continuo" a cui hai fatto riferimento sino ad ora, è del tutto fuori argomento.
Nel momento in cui hai una funzione per il pensiero ed una per la consapevolezza, non si ha aclun tendere all'infinito.
Qjueste osservazioni Minstrel sono possibili, possibilissime, a patto di conscere le tecniche precise per poterle fare. Guarda come sono più approffondite rispetto a quelle che hai provato tu senza poter utilizzare questo strumento particolare.
Certo è ancora un'osservazione soggettiva e non ha una valenza Scientifica, ma è già molto di più di quello che potevano ottenere i tuoi filosofi.
Dico tuoi filosofi e tua filosofia non per disprezzo, ma per indicare proprio i filosofi e quella filosofia che stai indicando tu, in quanto non so se esistano altri filosofi o altri rami della filosofia che invece sono più aderenti al reale. Mi tocca specificare per none essere eccessivamente generico.
Ah, a proposito, per quello che si può esperire, un pensiero sorge e si dissolve nel nulla.
Neppure con queste tecniche, per quando si possa essere perfettamente consapevoli e coscienti di un pensiero che sorge, di "vederlo" quindi, non si riesce ad avere percezione di cosa lo generi, ed ancora di come si formi.
Per queste di risposte, l'unica forma di scibile umano che dia qualche risposta è la Neuroscienza.
Ma già così quanti dati, quanto di più è possibile osservare rispetto alla filosofia occidentale?
Moltissimo.
Resta sempre valido, mon cher, che il metodo usato dai tuoi filosofi per osservare il pensiero è troppo limitato, e come tale ha dato risultati erronei ed assolutamente troppo limitati per poter poi dare delle risposre esaustive, e men che meno poterci montare su un qualsiasi costrutto logico che potesse essere minimamente valido.
PS:
Vedi, la Scienza ha le prove che certe cose stanno nel cervello, come il "pensiero"...
Mauro, quelle che tu chiami prove è applicazione del principio filosofico di causalità (che non prova necessariamente che tutto sia quello che viene misurato E interpretato ex post dal pensiero degli scienziati).
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Quelle che io chiamo prove sono immagini reali del funzionamento del cervello. Non asserzioni astratte, ma proprio "cose" tangibili.