Caro Quixote, prima di tutto vorrei ringraziarti, davvero questa con te è una delle discussioni più stimolanti ed interessanti da parecchio tempo
Detto questo, continuiamo le danze.
Quixote ha scritto:
Caro Mauro, evito di rispondere a tutto, perché il discorso è un po’ OT, ma poiché mi imputi errori che, a tuo dire, inficiano il mio discorso, ritengo lecito il diritto di replica almeno a un paio d’essi, e a una preliminare considerazione di metodo.
È il nocciolo per te, non per me, che adopero un approccio diverso dal tuo, che tradirei, metodologicamente e scientificamente, se mi fondassi su quel nocciolo. Filosofia, logica, linguistica di distinzioni vivono, non è possibile eliminarle. La linguistica in particolare, base indispensabile per fare filosofia seria oggi, non è più quella degli umanisti, e può giungere a formalismi che nulla hanno da invidiare alla matematica: logica e linguistica, non la fisica, sono alla base dell’informatica.
Qui mi spiace, entri nel mio campo lavorativo e quindi posso risponderti con una cognizione di causa diretta.
La base dell'informatica è in primo luogo la fisica.
Senza l'invenzione delle valvole prima, dei transistor dopo e successivamente dei semiconduttori, l'uso delle microonde per incidere le lamine di silicio e l'evoluzione del sistema per incidere solchi sempre più sottili, la progettazione dei processori, memorie... questa è tutta fisica. La divisione dei dati in blocchi da 8, imponendo l'uso della base 8 e multipli.
Le memorie, l'isolamento degli atomi in ogni singola cella, questo è alla base di tutta l'informatica.
Poi sopra puoi utilizzare linguaggi di programmazione di vario tipo, ma la base è sempre la fisica.
Se poi guardiamo al futuro prossimo lo sviluppo è quello dei computer quantistici. Il premio nobel per la fisica del 2013 è andato parimerito ad un americano e ad un francese che hanno inventato un metodo (uno per ognuno) per leggere lo stato quantico di una particella subatomica senza influenzarne lo stato, metodi atti alla lettura delle memorie quantiche.
L'utilizzo dei Q-Bit modificherà in modo molto pesante le techiche di programmazione, pesantissimo.
Premesso questo, non capisco che vuoi dire: che io provi un’emozione è razionale; se l’emozione è motivata, e che il mio pensiero sia razionale, se lo è, lo è indipendentemente dal fatto che io sia emozionato o meno: non sono opposti che debbano necessariamente autoescludersi. Non solo, io non “credo affatto di distinguere”, perché il mio «li distinguo» non è un atto puramente intellettivo (‘riesco a distinguerli’), ma un atto volitivo (‘devo, voglio distinguerli’). Ti piaccia o no, questa è, a tutti gli effetti, una distinzione e non una presunzione, a prescindere dalla razionalità della stessa. Senza contare che dire «crediamo di distinguere» e che «il nostro pensiero è un insieme di razionalità ed emotività» è una sorta di contraddizione, perché di fatto la seconda frase opera nell’insieme una distinzione.
Quello che voglio dire è semplice: gli studi confermano che anche quando credi, sei convinto, di aver fatto una scelta o comunque di aver avuto un pensiero del tutto razionale, in realtà la tua parte emotiva ha contribuito molto più di quella razionale, solo che non ne hai la percezione.
Qui viene spiegato un po' meglio di quanto probabilmente sono capace io.
http://www.alleo.it/content/antonio-ros ... i-cartesio
Non inficia un bel niente, se non la tua troppa sicurezza: tu hai scritto che puoi misurare e pesare un concetto, ma un concetto, in sé non ha peso né misura; non puoi pesare un’idea, non puoi pesare la bontà, la giustizia ecc. se non in atto, o «in oggetto», come hai scritto questa volta, ma prima non avevi usato quest’accortezza.
All'inizio Quixote, non vi era necessità di questa distinzione.
Il discorso di Moscone è atto a dimostrare l'esistenza di un'Anima, composta da una qualche "materia altra", di natura superiore alla materia da noi conosciuta, e dalla quale dipenderebbero le nostre capacità intelletive superiori.
Ciò di cui si parlava non era il significato, o il valore intrinseco del significato di un pensiero, ma come questo dimostrasse l'esistenza di questa precisa forma di anima, e di come la materia normale non potesse in alcun modo influenzare quest'altra forma presente, sempre secondo Moscone, in noi.
Ciò che era in discussione era quindi ciò di cui fosse composto questo "pensiero", questa immaterialità, non cosa esprimesse.
Tu invece stai dando alle parole materiale ed immateriale significati ben diversi da quelli intesi da Moscone, facendo entrare in gioco il valore del significato di un pensiero.
Questo valore però è un'interpretazione, un'elaborazione soggettiva che si fa appunto su questo pensiero, e non ha un valore assoluto ma del tutto relativo ai singoli soggetti che lo valutano, e lo valutano appunto secondo quel meccanismo esposto da Damasio.
Non vedo come questo possa portare ad indicare l'esistenza di un'anima come autrice dei nostri pensieri al posto del nostro cervello.
E di fatto ti autosmentisci quando scrivi che puoi pesare una lettera, inchiostro compreso, ma non quanto è scritto nella stessa: perché il linguaggio, il pensiero espressi nella lettera non sono un dato materiale;
Ma sono "incisi" su di un supporto mariale, ne sono fatti, senza non possono esistere.
Esattamente come i dati elaborati da un pc: sono nella memoria ram, fatti da circuiti aperti e chiusi, anche se sono il frutto di un'elaborazione ed il loro significato dipende da chi li legge a video. Ma sono fatti di materia.
materiali non sono che carta e inchiostro, che ne costituiscono l’involucro. Involucro che può essere costituito persino d’aria, come in un’epigrafe, ove la lettera è formata dal vuoto prodotto nella pietra dal lapicida. Tu non puoi pesare una singola parola di quelle che ho scritto e sto scrivendo, perché ogni singola parola, anche una semplice congiunzione, è un concetto. Puoi pesare solo la produzione del concetto, non il concetto in sé, che pure è, a suo modo, reale, se entrambi, io che lo produco, tu che lo ricevi, lo intendiamo. Certo abbiamo bisogno della materia per farlo, perché per interpretare il mondo non ci è possibile uscire dall’ambito dei cinque sensi. Ma il concetto è, indipendentemente dalla materia utilizzata con cui si esprime. Se togli la materia al pensiero puoi negare la sua esistenza, ma non la sua essenza.
Il problema è che se levi la materia il pensiero sparisce.
Si aggiunga:
Se tu subissi (tocchiamo ferro e facciamo le corna) una determinata lesione in una zona specifica del cervello, Leopardi non ti direbbe più assolutamente nulla.
E' evidente quindi che la materia va ad incidere in maniera totale anche sul valore del pensiero espresso, valore che sta, come si suol dire, negli occhi di chi guarda.
Senza questa essenza non lo intenderesti, la lettera ti diverrebbe solo un insieme di scarabocchi sulla carta. In altre parole, certo vaghe, ma non per questo poco perspicue, non puoi negare che il linguaggio, il pensiero abbiano un’anima, perché senza quest’anima, non ne capiresti il senso. Quanto alla scelta, certo Moscone è stato impreciso; sarebbe bastato dire «si può vedere il libero arbitrio», e il suo discorso sarebbe stato meno equivoco; e anche qui rimane il fatto che tu puoi vedere solo l’atto della scelta – e per farlo non bisognano macchinari sofisticati, in quanto se è nuvoloso ma non piove, e tu scegli di prendere un ombrello o meno, bastano anche due occhi malandati come i miei per vederla – ma non puoi misurare l’intelletto in sé, la volizione in sé, che rendono possibile la messa in pratica della scelta. Ergo, la tua confutazione presenta delle falle, in quanto hai usato strumenti estrinseci, non intrinseci e non sempre pertinenti al discorso di Moscone.
I macchinari servono proprio per vedere cosa accade nel tuo cervello mentre fai la scelta, per scoprire come funziona il meccanismo "scelta", e questo è del tutto materiale, nel senso che è una cosa che accade nel nostro cervello, sta tutto li dentro.
E continuo ad insistere sul punto che il concetto di "anima" di cui parlate te e Moscone sono del tutto diversi.
Col tuo posso anche in parte essere d'accordo, intendendo come "anima" l'essenza di un pensiero, essenza intesa come significato. Ma questo è ben diverso dall'affermare che ci sia una parte di noi detta "spirito" che ragiona al posto del nostro cervello, credo le differenze siano abissali.
Errato dici? e allora rispondi a questa semplice domanda: a che mi serve l’osso ioide per comunicare il mio pensiero su una lettera, a trasmetterlo in morse, in braille, col linguaggio dei gesti, dei fiori, ecc. ecc.
L'osso ioide a che ti serve.
Beh, dovresti essrgli grato, perchè se fosse stato in altra posizione, o di forma diversa, il nostro linguaggio non si sarebbe mai potuto sviluppare.
Mi spiego meglio.
Allora, il fossile di Sapiens più antico è datato circa 198.000 anni fa.
Quando i Sapiens sono apparsi, avevano già un liguaggio completo?
Certamente no, questo ha dovuto svilupparsi nel corso del tempo.
L'osso ioide ci permette una capacità di vocalizzazione molto complessa, quindi hano potuto svilupparsi lingue complesse, con molti fonemi, molte parole.
Se questo fosse stato diverso avremmo lingue molto più scarne, con molta meno capacità descrittiva, meno verbi, meno... meno tutto. Ed il nostro pensiero razionale è fatto con le parole, saremmo quindi stati limitati anche nelle potyenzialità del nostro pensiero.
Senza un osso ioide adatto quindi non si sarebbero potuti sviluppare il morse così come lo sonosciamo, il linguaggio dei fiori sarebbe molto limitato, e magari avremmo un alfabeto di 6 lettere, o magari non saremmo in grado di emettere altro che suoni inarticolati come i nostri cugini primati. Ed allora non ci sarebbe proprio il linguaggio Morse, e quanto sarebbe limitato il nostro cervello?
Se non ci fosse stata la posibiità di dire delle parole, non ci sarebbe stata neppure una lingua. L'osso ioide denota le capacita di una specie di dire parole o meno.
Sarai d'accordo con me che questo è molto importante.
Io avevo ben specificato che il termine linguaggio va inteso in modo ampio perché la sua essenza non consiste nel modo in cui si esplica: il linguaggio non ha affatto, come scrivi, alla base una funzione biologica, ma sociologica: è langue, non parole. E, al solito, puoi misurare questa, non quella. Non vi è sostanziale differenza fra il linguaggio di un “primitivo” e il nostro, impropriamente inteso come “evoluto”. Il linguaggio o c’è, o non c’è; è un sistema, non un’addizione continua di funzionalità.
Ma anche un primitivo, per quanto primitivo, ha dietro di se 198.000 anni di evoluzione del linguaggio.
E' indicativo che la scrittura sia apparsa... un 5-6.000 anni fa?
Ci sono voluti circa 192.000 anni affinchè arrivvasimo a disegnare ciò che diciamo, il lunguaggio si è evoluto ed ha richiesto davvero molto tempo.
Per questo parlo di difficoltà nell’inserirlo in uno schema evolutivo: c’è un salto difficilmente spiegabile, che la sua valenza biologica nemmeno scalfisce. Le api non lo spiegano, siamo noi che spieghiamo le api in base al nostro linguaggio e lo stesso facciamo col canto delle balene, anche se, in questo caso l’animale è assai evoluto e simile a noi, per cui l’interpretazione è molto più complessa. Che le differenze fra uomo e animale siano molto più sfumate di quello che si credeva in passato sono il primo a riconoscerlo, ma ciò non modifica di un iota la sostanza del mio discorso, in quanto non tengo conto solo dell’aspetto biologico, che rappresenta solo un aspetto della realtà, ma anche di altri aspetti, che, pur non avendo matrice biologica, non per questo sono meno reali.
Si, ma è importante essere coscienti di come sia una matrice biologica ad averli resi possibili, ed il salto come ti ho spiegato non è affatto difficile da comprendere, anzi non è stato affatto un salto. 190.000 e passa anni me lo definiresti "un salto"?
In sintesi, Mauro, tutto questo non è affatto OT, perchè risponde alla domanda: «la materia può produrre il pensiero?», Per Moscone no, per te sí. La sua risposta contraddice alla scienza, la tua non scioglie l’aporia di un pensiero, nella sua essenza, non materiale. La mia è quella di un agnostico.
La mia è una sintesi di varie cose messe assieme, come vedi.
Ho dalla mia il fatto che a supporto delle mie posizioni ci sono prove, e studi, molti studi e molte prove, Quixote.
Cosa ha Moscone per affermare che il nostro pensiero sia prodotto da un'anima fatta di spirito ed immortale? Solo dei ragionamenti circolari autoreferenziali.
La tua posizione mi sembra molto diversa, se ti ho ben compreso tu intendi che il pensiero ABBIA un'anima, in base alla qualità di ciò che quel pensiero esprime. I piani sono, sempre nel caso che ti abbia compreso, assai distanti.