L'anima esiste ed è immortale (Prima parte)

Tutto ciò che riguarda la dottrina dei Testimoni di Geova.

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Quixote
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Mauro1971 ha scritto:
Quanto dici sul cervello è vero anche per me, ma solo se mi limito ad osservare un aspetto della questione. Vale a dire che non mi rileva tanto sapere che il confine fra emozione e intelletto sia fittizio, perché rimane il fatto che io li distinguo, e non mi chiedo, perché spazio in altro campo (sociologico, antropologico, linguistico), né importa alla mia riflessione l’origine della distinzione, come non mi chiedo l’origine del linguaggio, o, più in tema, l’origine dell’anima, qualsiasi cosa si voglia intendere con questo termine: ne intendo il concetto, non in quanto credente, ovviamente, ma come fatto che mi individua e che non coincide con l’intelletto. Allo stesso modo non considero la mia attitudine a musica e poesia in base alla sua materialità, o alla materialità del mio cervello, ma nella sua essenza, che non ne prescinde, ma va oltre la materialità. La tua riflessione mi pare invece monca perché si concentra su un solo aspetto, e non spiega come da una base materiale si produca qualcosa di immateriale, perché che l’intelletto abbia una base biologica materiale non inficia il fatto che i concetti che esso esprime tali non siano, come non inficia il fatto che la sua caratteristica saliente non sia biologica. Non so come possa conciliarsi, per un cristiano questa compresenza di materialità e immaterialità, che è, almeno per me, un dato; è un loro problema; tuo problema è che tutto ciò non può essere chiarito in termini di puro materialismo, perché coinvolge aspetti che materiali non sono. Per questo non ho trovato del tutto pertinente la tua critica al prof. Moscone, in quanto corretta se questi scende a parlare di scienza, ma non più tale quando opponi la scienza alla logica, a prescindere che il detto professore sempre logico non sia. In altre parole se tu affermi che un concetto si possa pesare, che una scelta o il pensiero si possano vedere il suo discorso fila lo stesso, perché concetto scelta e pensiero conservano comunque la loro precipua valenza immateriale, naturalmente a patto di non dedurne conseguenze di carattere materiale. La sua conclusione forse è errata, ma altrettanto errata potrebbe essere la contraria, perché non si può negare che non sia affatto una causa materiale quella che ci fa compiere una scelta (o, come dice il Moscone, «gli atti razionali e liberi») al di là dell’ovvia considerazione che per farla necessitiamo di un supporto materiale. Nemmeno io chiamo anima questa causa, ma lo faccio ponendomi in una logica intrinseca al suo discorso, non estrinseca.

Lo stesso vale per l’evoluzione del linguaggio (che è poi come dire evoluzione del pensiero in quanto non esiste linguaggio senza pensiero, né pensiero senza linguaggio), e ovviamente non intendo solo il linguaggio scritto e parlato, ma ogni sorta di linguaggio, gestuale, simbolico ecc. Non ho difficoltà alcuna a vedere negli animali superiori una sorta di lingua rudimentale, forse antenata di quello umano. Allo stesso tempo posso vedere nei fossili tutte le capacità verbali che vuoi, ma essi non spiegano affatto la natura del linguaggio. L’osso ioide non dice assolutamente nulla sul linguaggio perché in realtà non esiste un organo del corpo umano ad esso preposto, come lo sono i polmoni per la respirazione o lo stomaco per la digestione. L’uomo non parla perché ha la bocca, ma si serve della bocca per parlare, allo stesso modo di cui si serve, in alternativa, delle mani per scrivere: il linguaggio non è una funzione biologica, ma sociale, anche se, naturalmente, necessita di un supporto biologico per esplicarsi. E proprio in quanto tale è difficile spiegarlo e giustificarlo in chiave evolutiva: la lingua è un sistema, ed è appunto il passaggio dal non-sistema al sistema che pone dei problemi, che fossili o comparazioni con animali non delucidano: l’esempio del cane e del bambolotto è interessante, ma non spiega minimamente l’essenza del linguaggio, che è, indistintamente, la produzione di pensiero e la sua comunicazione. Il linguaggio ha base fisica, ma non esiste se non all’interno di un sistema sociale e la meccanica non vi ha parte se non strumentale; non ne costituisce il fondamento, cosí come la tecnica, matematica o meno, della musica non costituisce l’essenza della quinta di Beethoven, a prescindere dalle emozioni che può provocare. Essenza che ne è, appunto, l’anima e che la individua e la contraddistingue da altre forme ed essenze musicali, siano esse i Deep Purple o chi vuoi tu.
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
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Victor67

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Quixote ha scritto:Non so come possa conciliarsi, per un cristiano questa compresenza di materialità e immaterialità, che è, almeno per me, un dato; è un loro problema;
Per un cristiano non è un problema la compresenza di materialità ed immaterialità nell'uomo, anzi è la base di ogni discorso escatologico che coinvolga tutta la persona umana e non solo una sua parte, quella immateriale, che tradizionalmente chiamiamo anima. Con tale concetto si vuole semplicemente esprimere la fede nell'esistenza di un principio umano che preservi l'identità della persona dopo la morte e la metta in relazione con Dio. Mentre tutti possono constatare che la nostra materialità biologica ad un certo punto si dissolve negli elementi naturali, i cristiani credono che esista “qualcosa” nell'uomo che non cessa di mettersi in comunicazione con Dio nemmeno dopo che il corpo fisico si è decomposto. Noi crediamo inoltre che questo “qualcosa”, non perda dopo la morte la sua relazione con gli elementi biologici che avevano fatto parte della vita, perché la nostra fisicità materiale è costituiva della nostra essenza. Per questo crediamo che vi sarà un giorno nella storia in cui tutto l'essere umano, inteso sia nella sua fisicità che nella sua immaterialità, verrà ripristinato. A questo evento è stato dato inizialmente il nome di “risurrezione dei morti” e successivamente “risurrezione della carne”, in epoche in cui lo gnosticismo voleva negare l'importanza della fisicità umana.

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Vittorio
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Victor67 ha scritto:
Quixote ha scritto:Non so come possa conciliarsi, per un cristiano questa compresenza di materialità e immaterialità, che è, almeno per me, un dato; è un loro problema;
Per un cristiano non è un problema la compresenza di materialità ed immaterialità nell'uomo, anzi è la base di ogni discorso escatologico che coinvolga tutta la persona umana e non solo una sua parte, quella immateriale, che tradizionalmente chiamiamo anima. Con tale concetto si vuole semplicemente esprimere la fede nell'esistenza di un principio umano che preservi l'identità della persona dopo la morte e la metta in relazione con Dio. Mentre tutti possono constatare che la nostra materialità biologica ad un certo punto si dissolve negli elementi naturali, i cristiani credono che esista “qualcosa” nell'uomo che non cessa di mettersi in comunicazione con Dio nemmeno dopo che il corpo fisico si è decomposto. Noi crediamo inoltre che questo “qualcosa”, non perda dopo la morte la sua relazione con gli elementi biologici che avevano fatto parte della vita, perché la nostra fisicità materiale è costituiva della nostra essenza. Per questo crediamo che vi sarà un giorno nella storia in cui tutto l'essere umano, inteso sia nella sua fisicità che nella sua immaterialità, verrà ripristinato. A questo evento è stato dato inizialmente il nome di “risurrezione dei morti” e successivamente “risurrezione della carne”, in epoche in cui lo gnosticismo voleva negare l'importanza della fisicità umana.
Intendevo compresenza di materialità ed immaterialità dell’anima, non dell’uomo, ove è ovvia. That is the problem. Da ciò la limitativa: «almeno per me», perché è altrettanto ovvio che un cristiano possa difficimente accettarla. Sul piano logico era forse migliore la posizione di Origene e di Nemesio, di origine neoplatonica e neopitagoriga (l’anima presiede al concepimento), ma ha trionfato l’altra, di origine dopo il concepimento. Ora tutto ciò che nasce muore, per cui piú difficile è, in questo caso, ammettere razionalmente un’anima immortale. Ovviamente la si può credere tale per fede, ma ciò rende sterile la discussione.
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Mauro1971
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Messaggio da Mauro1971 »

Quixote ha scritto: Quanto dici sul cervello è vero anche per me, ma solo se mi limito ad osservare un aspetto della questione. Vale a dire che non mi rileva tanto sapere che il confine fra emozione e intelletto sia fittizio, perché rimane il fatto che io li distinguo,
Vedi Quixote, qui c'è il nocciolo.
Il lavoro di Damasio va proprio a dimostrare come tu, tutti noi invero, crediamo di distinguere ma in realtà il nostro pensiero è un insieme di razionalità ed emotività. Il fatto è che molto di quello che è il nostro pensiero avviene ad un livello non cosciente, nelle parte più interne ed antiche dello stesso.
Nella parte cosciente noi siamo il risultato di queste elaborazioni e non ne abbiamo in alcun modo percezione.
e non mi chiedo, perché spazio in altro campo (sociologico, antropologico, linguistico), né importa alla mia riflessione l’origine della distinzione, come non mi chiedo l’origine del linguaggio, o, più in tema, l’origine dell’anima, qualsiasi cosa si voglia intendere con questo termine: ne intendo il concetto, non in quanto credente, ovviamente, ma come fatto che mi individua e che non coincide con l’intelletto. Allo stesso modo non considero la mia attitudine a musica e poesia in base alla sua materialità, o alla materialità del mio cervello, ma nella sua essenza,
Questo però è molto lontano dal concetto di "immateriale" o "intangibile" della discussione, che è invece pienamente di stampo animista, se mi permettete il termine.
E' uno di quei casi dove determinati termini possono avere ovviamente più significati, anche del tutto personali, ma le mie critiche sono state mosse ad un modo preciso di intenderli, che sono quelli esposti da Moscone.
Critiche che non hanno ricevuto una risposta, in effetti, in quanto io e te stiamo parlando di altro. Certo è un altro interessante e sicuramente più evoluto. :ok:
che non ne prescinde, ma va oltre la materialità.
Non può, in quanto nè e composta, ne dipende e ne è il risultato. Mi spiego meglio di seguito.
La tua riflessione mi pare invece monca perché si concentra su un solo aspetto, e non spiega come da una base materiale si produca qualcosa di immateriale, perché che l’intelletto abbia una base biologica materiale non inficia il fatto che i concetti che esso esprime tali non siano,
Il fatto che l'attività intellettiva, anche nel momento preciso nel quale viene prodotto un concetto, o una scelta, o altro, possa essere misurato in una grandezza fisica inficia la tua affermazione Quixote.
Mi spiego meglio, ciò che esprime il concetto non è misurabile, ma non è neppure il focus di questa discussione. Può essere però misurato il concetto in quanto oggetto, anche se composto di potenziale elettrico.
Per fare un esempio si può pesare una lettera, inchiostro compreso, ma ovviamente non ciò che è scritto nella stessa.
La cosa essenziale però è che non esiste nulla al di fuori della lettera. Senza lettera non c'è neppure il messaggio che essa reca, il messaggio quindi può esprimersi ed esistere solo se c'è la materia della lettera a renderlo possibile.
Questo intendo quando asserisco che non si può prescindere dalla materia, cosa che è negata dalle affermazioni di Moscone.

Ovviamente la base di cui stiamo parlando, visto che è il cervello, non è materia statica come una lettera, l'unico parallelo possibile è quello con un computer, anche se è un parallelo che non amo moltissimo in quanto ci sono delle differenze nell'hardware molto notevoli.
Se prendiamo appunto un computer, quindi un oggetto a noi noto con capacità di elaborazione, troviamo delle similitudini con ciò che avviene nella nostra mente.
Abbiamo l'hardware, cioè le componenti fisiche che rendono possibile l'elaborazione, abbiamo il softwre che descrive e guida in modo preciso l'elaborazione, e l'elaborato, cioè il risultato del tutto che è la parte corrispondente a ciò che tu definisci "anima".
Gli attuali software di Intelligenza Artificiali più avanzati sono un esempio molto preciso di tutto questo, anche se ovviamente stiamo parlando di sistemi di molto inferiori al nostro cervello.
L'elaborazione di questi software creano anche delle limitate forme di personalità "autosufficienti", singole ed univoche per ogni sessione di elaborazione.
Queste personalità, questi risultati dell'elaborazione possono essere a ben vedere definite "intangibili" in un certo senso, ciò nella forma che queste hanno preso. Simpatica, antipatica, amorevole o acida (faccio esempi del tutto ipotetici), le peculiarità specifiche di ogni singola elaborazione ed il suo significato per quella che è la nostra valutazione ed interpretazione.
Ma al di la della valenza umana che diamo, tutto questo è sempre composto da bit ed elettroni che circolano su dei circuiti di silicio.

In modo molto simile siamo noi. Per quanto possiamo essere diversi tra di noi, l'essenza della persona intesa come "materia di cui è composta e dalla quale deriva" è, per l'appunto materiale.
L'essenza intesa come l'insieme fattuale dell'elaborazione può essere inteso come "immateriale", ma non certo nei termini della presenza di una seconda forma di energia detta "spirito" che la compone e che le da vita. Questo semplicemente non esiste.
Essa era supposta du basi esperienziali di osservazione estremamente limitati e di gran lunga superati, che rano quelli di Cartesio ed i vari filosofi citati da Moscone.
come non inficia il fatto che la sua caratteristica saliente non sia biologica.
Come dimostrato sopra, lo è. Tutti i "bit" che la compongono, che la descrivono e che ne peculiarizzano le elaborazioni dipententi, stanno tutte incise nei nostri neuroni, e delle molecole di questi ne sono composte.
Non si esce mai da quello che sta nel nostro cervello.
Non so come possa conciliarsi, per un cristiano questa compresenza di materialità e immaterialità, che è, almeno per me, un dato; è un loro problema; tuo problema è che tutto ciò non può essere chiarito in termini di puro materialismo, perché coinvolge aspetti che materiali non sono. Per questo non ho trovato del tutto pertinente la tua critica al prof. Moscone, in quanto corretta se questi scende a parlare di scienza, ma non più tale quando opponi la scienza alla logica, a prescindere che il detto professore sempre logico non sia.
Il fatto che noi non ne percepiamo la materialità, le basi biologiche, i percorsi neurali che si attivani, lo scambio di dati tra amigdala, talamo, ippotalamo, corteccia ecc... non rende gli aspetti che noi possiamo percepire come immateriali, in realta materiali in quanto sempre da questo sono composti.
In altre parole se tu affermi che un concetto si possa pesare, che una scelta o il pensiero si possano vedere il suo discorso fila lo stesso, perché concetto scelta e pensiero conservano comunque la loro precipua valenza immateriale, naturalmente a patto di non dedurne conseguenze di carattere materiale. La sua conclusione forse è errata, ma altrettanto errata potrebbe essere la contraria, perché non si può negare che non sia affatto una causa materiale quella che ci fa compiere una scelta (o, come dice il Moscone, «gli atti razionali e liberi»)
In realtà lo è.
Sono i marcatori emotivi ad essere messi in causa nelle scelte, che sono molto meno razionali di quello che a noi sembra.
Damasio su questo ha fatto una notevole chiarezza.
al di là dell’ovvia considerazione che per farla necessitiamo di un supporto materiale. Nemmeno io chiamo anima questa causa, ma lo faccio ponendomi in una logica intrinseca al suo discorso, non estrinseca.
Capisco, ma le basi su cui elabori questa logica sono errate, anche se a noi sembra di no. Ci vogliono strumenti complessi, molto più attendibili e sofisticati dei nostri sensi, per questo specifico scopo, che ci permettono di vedere cosa accade molto al di là di quello che noi possiamo percepire.
Lo stesso vale per l’evoluzione del linguaggio (che è poi come dire evoluzione del pensiero in quanto non esiste linguaggio senza pensiero, né pensiero senza linguaggio), e ovviamente non intendo solo il linguaggio scritto e parlato, ma ogni sorta di linguaggio, gestuale, simbolico ecc. Non ho difficoltà alcuna a vedere negli animali superiori una sorta di lingua rudimentale, forse antenata di quello umano. Allo stesso tempo posso vedere nei fossili tutte le capacità verbali che vuoi, ma essi non spiegano affatto la natura del linguaggio. L’osso ioide non dice assolutamente nulla sul linguaggio perché in realtà non esiste un organo del corpo umano ad esso preposto,
Errato.
L'osso ioide individua in moto piuttosto preciso le capacità di vocalizzazione di una specie. Dipende dalla forma e dalla posizione. Ci dice quindi quanto può essere complesso il linguaggio che una specifica specie può evolvere.
Mi hai fatto delle domande precise sul linguaggio, ti ho dato le risposte "ufficiali". Può non interessarti, ma sono comunque le risposte alle domande a te poste.
come lo sono i polmoni per la respirazione o lo stomaco per la digestione. L’uomo non parla perché ha la bocca, ma si serve della bocca per parlare, allo stesso modo di cui si serve, in alternativa, delle mani per scrivere: il linguaggio non è una funzione biologica, ma sociale, anche se, naturalmente, necessita di un supporto biologico per esplicarsi.
Ma veramente il linguafgio è, alla sua base, una funzione biologica. La comunicazione è funzione biologia di tutti gli animali superiori, in qualche modo.
Dai movimenti ed il rilascio di ferormoni delle api all'interno dell'alveare, al canto delle balene, alla Divina Commedia, la base è la medesima.
La nostra forma di comunicazione è però, per capacità fisiche di poter produrre un linguaggio estremamente complesso e per l'importanza delle aree del cervello preposte a questa funzione, estremamente più complessa, e si è potuta quindi spostare da "semplici" funzioni relative alla sopravvivenza immediata, al cibo, alla caccia, alla definizione degli oggetti e di azioni dirette e semplici, a qualcosa di molto più ricco in quanto nell'evoluzione della società umana, nello specifico nel passaggio dal nomadismo della caccia alla sedentarietà agricola, si è arricchita in modo esponenziale.
Per cui si può anche scegliere di far finta di niente, ma anche le opere somme del Leopardi hanno le loro radici li.
Era tutto opera del suo cervello, era tutto lì.
Spero di essermi spiegato in maniera comprensibile :ok:
E proprio in quanto tale è difficile spiegarlo e giustificarlo in chiave evolutiva: la lingua è un sistema, ed è appunto il passaggio dal non-sistema al sistema che pone dei problemi, che fossili o comparazioni con animali non delucidano: l’esempio del cane e del bambolotto è interessante, ma non spiega minimamente l’essenza del linguaggio,
Il cane ed il bambolotto infatti non hanno nulla a che vedere con il linguaggio, ma li ho messi per dimostrare con un esempio visibile a tutti come le affermazioni riguardo al "puro istinto" degli animali proposto da Moscone sia falso.
Quello dimostra, non certo qualcosa relativo al linguaggio per le questioni che stai ponendo.
che è, indistintamente, la produzione di pensiero e la sua comunicazione. Il linguaggio ha base fisica, ma non esiste se non all’interno di un sistema sociale e la meccanica non vi ha parte se non strumentale; non ne costituisce il fondamento, cosí come la tecnica, matematica o meno, della musica non costituisce l’essenza della quinta di Beethoven, a prescindere dalle emozioni che può provocare. Essenza che ne è, appunto, l’anima e che la individua e la contraddistingue da altre forme ed essenze musicali, siano esse i Deep Purple o chi vuoi tu.
Anima.

Ma ciò che intendi tu è il valore nell'interpretazione che gli altri fanno di parole e suoni. Se vuoi possiamo pure chiamarla "anima", ma è di molto lontana da ciò che ho criticato.
Il significato della stessa parola è diversissimo, direi praticamente OT. :abbr:
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Messaggio da Mauro1971 »

Victor67 ha scritto:
Quixote ha scritto:Non so come possa conciliarsi, per un cristiano questa compresenza di materialità e immaterialità, che è, almeno per me, un dato; è un loro problema;
Per un cristiano non è un problema la compresenza di materialità ed immaterialità nell'uomo, anzi è la base di ogni discorso escatologico che coinvolga tutta la persona umana e non solo una sua parte, quella immateriale, che tradizionalmente chiamiamo anima. Con tale concetto si vuole semplicemente esprimere la fede nell'esistenza di un principio umano che preservi l'identità della persona dopo la morte e la metta in relazione con Dio. Mentre tutti possono constatare che la nostra materialità biologica ad un certo punto si dissolve negli elementi naturali, i cristiani credono che esista “qualcosa” nell'uomo che non cessa di mettersi in comunicazione con Dio nemmeno dopo che il corpo fisico si è decomposto. Noi crediamo inoltre che questo “qualcosa”, non perda dopo la morte la sua relazione con gli elementi biologici che avevano fatto parte della vita, perché la nostra fisicità materiale è costituiva della nostra essenza. Per questo crediamo che vi sarà un giorno nella storia in cui tutto l'essere umano, inteso sia nella sua fisicità che nella sua immaterialità, verrà ripristinato. A questo evento è stato dato inizialmente il nome di “risurrezione dei morti” e successivamente “risurrezione della carne”, in epoche in cui lo gnosticismo voleva negare l'importanza della fisicità umana.

Un saluto
Vittorio
E' esattamente ciò di cui parla Moscone, è ciò di cui tenta di dare una dimostrazione, dimostrazione che ho confutato (se poi ne esistano altre di più solide lo ignoro).
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Messaggio da minstrel »

“[Cartesio] dice: «Io ammetto l’esistenza del mondo perché Dio, che non si inganna né può ingannarmi ed è il mio creatore, mi dà l’inclinazione a ritenere che, con chiarezza e distinzione, il mondo esiste.» Ma le condizioni del mondo esistente dovranno essere a loro volta chiare e distinte e sono soltanto le condizioni geometrico matematiche. Quindi ammetto che esiste il mondo come «pura res extensa» . Non dico che esiste il mondo fatto di corpi e di qualità, dico che esiste il mondo fatto di corpi estesi. Le qualità? Non sono cose chiare e distinte quindi appartengono alle mie proiezioni, fittizie. Dunque il mondo viene recuperato come «pura estensione e moto locale».
Attenti bene: cosa aveva detto Galileo? Come bisognava interpretare il mondo? Bisognava interpretarlo solo in termini matematici. Ma Galileo diceva: esiste tutta questo complesso che chiamo la natura, però per poter fare una scienza rigorosa io debbo leggere questo complesso, che è la natura, per quanto io lo posso interpretare. Non dico che esiste soltanto quello che interpreto! Esiste questa realtà complessa e io la misuro, in termini matematici, per quanto questa realtà è misurabile. E faccio la fisica.
Cartesio vuole esagerare questa impostazione dicendo: «sapete perché la fisica è una vera scienza? Perché studia il mondo che è fatto come pura estensione. Le qualità non appartengono al mondo, ma a delle mie finzioni mentali» Per cui l’unica scienza che si può occupare delle cose è la fisica che non interpreta la realtà naturale matematicamente, ma rileva che la realtà naturale è pura geometria. Res Extensa.
Conseguenza al “cartesianimo” sarà il meccanicismo. Se la realtà è pura estensione non è dotata di anima, ma è tutto meccanismo: questo sposta quello, quello quest’altro ecc. [...]
Quello che oggi sono le neuroscienze sono questa cosa qua! Trovare delle spiegazioni che sono di carattere meccanico per qualsiasi cosa. Solo che non riescono in questa operazione: spiegare l’autocoscienza. Questa autocoscienza è inspiegabile con le reazioni chimico-meccaniche. E guarda caso questa autocoscienza era ciò da cui era partito Cartesio per dire l’unica cosa di cui era sicuro: la sua autocoscienza (il cogito ergo sum che parte dal dubitare di tutto tranne del dubbio stesso. ndr). Questa cosa che era il punto di partenza di Cartesio, che dava origine come conseguenza ad un recupero del mondo come puro meccanismo, una volta che la scienza pretende di essere studio del puro meccanismo e di spiegare tutto con il puro meccanismo, non riesce a spiegare il punto di partenza da cui era nata: cioè dubitare di tutto ed essere certi soltanto della propria autocoscienza.
D’altra parte non si può dare spiegazione in termini meccanici [dell'autocoscienza], ve l’ho detto tante volte.
Un’attività autoriflessiva non può essere mediata da un organo corporeo!
La vista non vede sé stessa.
Il tatto non tocca sé stesso.
L’udito non ode sé stesso.
Il pensiero pensa sé stesso.
Allora vuole dire che non è esercitato attraverso un organo corporeo. Ma i meccanismi fisico-chimici io li conosco attraverso l’analisi di organi corporei. Se un’attività come il pensiero esclude – non può anche bensì ESCLUDE (altrimenti non sarebbe autoriflessiva) – la mediazione corporea, non posso mica spiegarlo in termini chimici. Lo so a priori.”

Padre Giuseppe Barzaghi OP, Storia critica del pensiero filosofico. Ventottesima lezione, Accademia del Redentore, http://www.accademiadelredentore.it/blo ... 4-157.html" onclick="window.open(this.href);return false;, 10 novembre 2004
A little bit of me, myself and I
«Chi è capace di una visione generale è dialettico, e chi non lo è, no», PLATONE, Repubblica VII,537 c.

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Messaggio da Mauro1971 »

minstrel ha scritto:“[Cartesio] dice: «Io ammetto l’esistenza del mondo perché Dio, che non si inganna né può ingannarmi ed è il mio creatore, mi dà l’inclinazione a ritenere che, con chiarezza e distinzione, il mondo esiste.» Ma le condizioni del mondo esistente dovranno essere a loro volta chiare e distinte e sono soltanto le condizioni geometrico matematiche. Quindi ammetto che esiste il mondo come «pura res extensa» . Non dico che esiste il mondo fatto di corpi e di qualità, dico che esiste il mondo fatto di corpi estesi. Le qualità? Non sono cose chiare e distinte quindi appartengono alle mie proiezioni, fittizie. Dunque il mondo viene recuperato come «pura estensione e moto locale».
Attenti bene: cosa aveva detto Galileo? Come bisognava interpretare il mondo? Bisognava interpretarlo solo in termini matematici. Ma Galileo diceva: esiste tutta questo complesso che chiamo la natura, però per poter fare una scienza rigorosa io debbo leggere questo complesso, che è la natura, per quanto io lo posso interpretare. Non dico che esiste soltanto quello che interpreto! Esiste questa realtà complessa e io la misuro, in termini matematici, per quanto questa realtà è misurabile. E faccio la fisica.
Cartesio vuole esagerare questa impostazione dicendo: «sapete perché la fisica è una vera scienza? Perché studia il mondo che è fatto come pura estensione. Le qualità non appartengono al mondo, ma a delle mie finzioni mentali» Per cui l’unica scienza che si può occupare delle cose è la fisica che non interpreta la realtà naturale matematicamente, ma rileva che la realtà naturale è pura geometria. Res Extensa.
Conseguenza al “cartesianimo” sarà il meccanicismo. Se la realtà è pura estensione non è dotata di anima, ma è tutto meccanismo: questo sposta quello, quello quest’altro ecc. [...]
Quello che oggi sono le neuroscienze sono questa cosa qua! Trovare delle spiegazioni che sono di carattere meccanico per qualsiasi cosa. Solo che non riescono in questa operazione: spiegare l’autocoscienza. Questa autocoscienza è inspiegabile con le reazioni chimico-meccaniche. E guarda caso questa autocoscienza era ciò da cui era partito Cartesio per dire l’unica cosa di cui era sicuro: la sua autocoscienza (il cogito ergo sum che parte dal dubitare di tutto tranne del dubbio stesso. ndr). Questa cosa che era il punto di partenza di Cartesio, che dava origine come conseguenza ad un recupero del mondo come puro meccanismo, una volta che la scienza pretende di essere studio del puro meccanismo e di spiegare tutto con il puro meccanismo, non riesce a spiegare il punto di partenza da cui era nata: cioè dubitare di tutto ed essere certi soltanto della propria autocoscienza.
D’altra parte non si può dare spiegazione in termini meccanici [dell'autocoscienza], ve l’ho detto tante volte.
Un’attività autoriflessiva non può essere mediata da un organo corporeo!
La vista non vede sé stessa.
Il tatto non tocca sé stesso.
L’udito non ode sé stesso.
Il pensiero pensa sé stesso.
Allora vuole dire che non è esercitato attraverso un organo corporeo. Ma i meccanismi fisico-chimici io li conosco attraverso l’analisi di organi corporei. Se un’attività come il pensiero esclude – non può anche bensì ESCLUDE (altrimenti non sarebbe autoriflessiva) – la mediazione corporea, non posso mica spiegarlo in termini chimici. Lo so a priori.”

Padre Giuseppe Barzaghi OP, Storia critica del pensiero filosofico. Ventottesima lezione, Accademia del Redentore, http://www.accademiadelredentore.it/blo ... 4-157.html" onclick="window.open(this.href);return false;, 10 novembre 2004
Minstrel, che bello, quanto tempo che non ci scorniamo un po'! :abbr: :abbr: :abbr: :felice: :cinque:


Falso.

Nel senso che la coscienza, o autocoscienza, non siamo ancora in grado di comprendere come funziona, ma si sta studiano per arivare a conoscere. La Scienza richiede il suo tempo, soprattutto su temi di una tale complessità.

L'affermazione assolutistica: "D’altra parte non si può dare spiegazione in termini meccanici [dell'autocoscienza], ve l’ho detto tante volte." implica che ci sia un'assoluta certezza che nel futuro gli studi non possano portare a scoprire invece proprio il meccanismo biochimico (fors'anche quantistico) della Coscienza, e questo non può essere affermato.
Le neuroscienze sono molto giovani, eppure già molte cose sono state scoperte che prima ignoravamo del tutto, proprio sul funzionamento di pensiero, emozioni ecc... per cui, essendo un lavoro in corso che sin'ora ha dato dei notevoli risultati, fare delle affermazioni assolute di questo tipo è davvero di poco buon senso.
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Messaggio da Mauro1971 »

Sti discorsi mi Branduardizzano.

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"...La leggenda racconta che i signori di Baux, sparirono dal castello in una sola notte, quindi la canzone è carica anche di potere emotivo, emozionale. La leggenda di Baux tocca le corde più nascoste, ecco perché in un certo senso fa venire il brivido..."
(Angelo Branduardi)
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minstrel
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Messaggio da minstrel »

Eheheh, (ri)ciao Mauro! :) Sono felice anche io di risentirti e percepire che sei, come dire, "in gran forma"! :ok:

Il punto del ragionamento metafisico qui riportato è che dimostra razionalmente che a priori l'autocoscienza non sarà mai spiegabile mediante l'analisi di un organo corporeo.
Alcuni punti per la maggior comprensione dell'enunciato:
Nel senso che la coscienza, o autocoscienza
Eh no, perché non sono la stessa cosa o meglio li si differenzia per far comprendere il punto. Con "autocoscienza" qui si intende "l'autocoscienza riflessa" non quella detta "concomitante"; cioè non si riesce a spiegare come il "pensiero" può non solo essere cosciente di ciò che è esterno a sé, ma anche e soprattutto essere cosciente DI SE'!
Prendendo una tua frase precedente e parafrasandola, il punto non è che "dal cervello non si può uscire", quanto piuttosto che dal "Pensiero non si può uscire"! Prova a pensare qualcosa che non puoi pensare... la stai pensando! Prova a pensare di non pensare... ci stai pensando.
E' è proprio nell'AUTOCOSCIENZA che mi appare quell'enorme salto fra noi e qualsiasi animale che non sia "razionale" (come diceva Aristotele) come l'uomo. Come puoi provare che un animale abbia autocoscienza? Perché uno scimpazé di fronte ad uno specchio capisce che è lui? Ma te lo dice che è lui? E poi... il primo atto di una riflessione (pensa allo slittamento semantico che questo termine ha avuto...) è sempre e comunque il giudizio "che presuppone e vaglia le conoscenza intuitive dei sensi e dell’intelletto" (Livi). Mai visto una scimmia giudicare sé stessa? E come fai a capirlo?
, non siamo ancora in grado di comprendere come funziona, ma si sta studiano per arivare a conoscere. La Scienza richiede il suo tempo, soprattutto su temi di una tale complessità.
Il problema è che questo è un dogma irrazionale poiché in teoria, seguendo il ragionamento epistemico che ti ho citato, la scienza non potrà giungere a questa comprensione.
L'affermazione assolutistica: "D’altra parte non si può dare spiegazione in termini meccanici [dell'autocoscienza], ve l’ho detto tante volte." implica che ci sia un'assoluta certezza che nel futuro gli studi non possano portare a scoprire invece proprio il meccanismo biochimico (fors'anche quantistico) della Coscienza, e questo non può essere affermato.
L'affermazione è certamente assolutistica, ma non è irrazionale poiché è perfettamente lecita e logica. E non si può rispondere ad una affermazione logica con un dogma circa quello che farà "in futuro la scienza" quando l'affermazione riesce logicamente a demolire questo stesso dogma.

Dunque non dobbiamo più studiare il cervello? Giammai, solo che bisognerebbe comprendere per bene i principi metafisici che muovono certe "nuove scienze" e capire se questi principi siano completamente razionali o se questi principi intriseci permettano o meno certe pretese sulle future scoperte di una data scienza.
Quella che ti ho trascritto è uno dei punti di maggior difficoltà di una filosofia completamente meccanicistica della natura, conseguenza dell'accettazione dei princìpi cartesiani, come quella da te propugnata: "[l'autocoscienza] che era il punto di partenza di Cartesio, che dava origine come conseguenza ad un recupero [scientifico] del mondo come puro meccanismo, una volta che la scienza pretende di essere studio del puro meccanismo e di spiegare tutto con il puro meccanismo, non riesce a spiegare il punto di partenza da cui era nata: cioè dubitare di tutto ed essere certi soltanto della propria autocoscienza."

ciaoo! :ciao:
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Mauro1971
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Messaggio da Mauro1971 »

minstrel ha scritto:Eheheh, (ri)ciao Mauro! :) Sono felice anche io di risentirti e percepire che sei, come dire, "in gran forma"! :ok:

Il punto del ragionamento metafisico qui riportato è che dimostra razionalmente che a priori l'autocoscienza non sarà mai spiegabile mediante l'analisi di un organo corporeo.
Alcuni punti per la maggior comprensione dell'enunciato:
Nel senso che la coscienza, o autocoscienza
Eh no, perché non sono la stessa cosa o meglio li si differenzia per far comprendere il punto. Con "autocoscienza" qui si intende "l'autocoscienza riflessa" non quella detta "concomitante"; cioè non si riesce a spiegare come il "pensiero" può non solo essere cosciente di ciò che è esterno a sé, ma anche e soprattutto essere cosciente DI SE'!
Prendendo una tua frase precedente e parafrasandola, il punto non è che "dal cervello non si può uscire", quanto piuttosto che dal "Pensiero non si può uscire"! Prova a pensare qualcosa che non puoi pensare... la stai pensando! Prova a pensare di non pensare... ci stai pensando.
E' è proprio nell'AUTOCOSCIENZA che mi appare quell'enorme salto fra noi e qualsiasi animale che non sia "razionale" (come diceva Aristotele) come l'uomo. Come puoi provare che un animale abbia autocoscienza? Perché uno scimpazé di fronte ad uno specchio capisce che è lui? Ma te lo dice che è lui? E poi... il primo atto di una riflessione (pensa allo slittamento semantico che questo termine ha avuto...) è sempre e comunque il giudizio "che presuppone e vaglia le conoscenza intuitive dei sensi e dell’intelletto" (Livi). Mai visto una scimmia giudicare sé stessa? E come fai a capirlo?
, non siamo ancora in grado di comprendere come funziona, ma si sta studiano per arivare a conoscere. La Scienza richiede il suo tempo, soprattutto su temi di una tale complessità.
Il problema è che questo è un dogma irrazionale poiché in teoria, seguendo il ragionamento epistemico che ti ho citato, la scienza non potrà giungere a questa comprensione.
...e quante volta la scienza è arrivata invece dove, secondo i saggi del tempo, non sarebbe dovuta o potuta arrivare?
E' piuttosto ingenuo come ragionamento, in quanto il pensiero non va oltre il cervello, così come un software non va oltre "disco rigido - ram - cpu", ciò di cui stai parlando sono funzioni del nostro cervello. Concettualmente è piuttosto semplice, da un lato, anche se poi quello che accade tra le nostre orecchie è davvero di una complessità enorme.

A supporto ci sono studi, analisi, immagini e persino filmati di menti in funzione ed anni e anni di analisi sui dati raccolti.

Ora, a parte il ragionamento epistemico che non lo è, hai una qualche anche seppur vaga prova concreta, valida e misurata in un ambiente controllato?
No perchè le neuroscienze ce l'hanno.
L'affermazione assolutistica: "D’altra parte non si può dare spiegazione in termini meccanici [dell'autocoscienza], ve l’ho detto tante volte." implica che ci sia un'assoluta certezza che nel futuro gli studi non possano portare a scoprire invece proprio il meccanismo biochimico (fors'anche quantistico) della Coscienza, e questo non può essere affermato.
L'affermazione è certamente assolutistica, ma non è irrazionale poiché è perfettamente lecita e logica. E non si può rispondere ad una affermazione logica con un dogma circa quello che farà "in futuro la scienza" quando l'affermazione riesce logicamente a demolire questo stesso dogma.
Dogma?
E no, qui si parla di possibilità.
La negazione assoluta che possa essere, è la negazione di una possibilità che invece è concreta, fatta a priori e senza prove a supporto.
Dunque non dobbiamo più studiare il cervello? Giammai, solo che bisognerebbe comprendere per bene i principi metafisici che muovono certe "nuove scienze" e capire se questi principi siano completamente razionali o se questi principi intriseci permettano o meno certe pretese sulle future scoperte di una data scienza.
Principi metafisici?
Interessano di più i risultati pratici.
Il fatto è che solo il futuro ha la risposta certa a questa domanda.
Negare che possa essere trovata una risposta... e no dai.
Quella che ti ho trascritto è uno dei punti di maggior difficoltà di una filosofia completamente meccanicistica della natura, conseguenza dell'accettazione dei princìpi cartesiani, come quella da te propugnata: "[l'autocoscienza] che era il punto di partenza di Cartesio, che dava origine come conseguenza ad un recupero [scientifico] del mondo come puro meccanismo, una volta che la scienza pretende di essere studio del puro meccanismo e di spiegare tutto con il puro meccanismo, non riesce a spiegare il punto di partenza da cui era nata: cioè dubitare di tutto ed essere certi soltanto della propria autocoscienza."
Ma la scienza non è Cartesiana. Non si prefigge di arrivare a ciò che voleva Cartesio. Ed anzi, per sua natura metterebbe in dubbio pure la propria autocoscienza.
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Messaggio da minstrel »

Tutto parte da qui Mauro: come possono i singoli sensi cogliere i singoli sensi?!
E se i singoli sensi - che non possono coglierSI da soli - sono mediati palesemente da un organo corporeo, è RAZIONALMENTE LOGICO presuppore che un senso anomalo e per certi versi eccezionale, cioè il senso che permette ai sensi di cogliersi e relazionarsi con l'esterno e con sé stessi, abbia come medium solo un mero organo corporeo che, per quanto straordinario, è sostanzialmente uguale agli altri perché agisce in maniera pur sempre analoga cioè in modo meccanico?
Questa è la spiegazione di:
"La vista non vede sé stessa.
Il tatto non tocca sé stesso.
L’udito non ode sé stesso.
Il pensiero pensa sé stesso. Dunque..."

NB: Sparo a caso ovviamente, non so nulla di neuroscienza applicata, ma nulla tocca del mio discorso che è metafisico, filosofico e riguarda i principi per i quali la neuroscienza è possibile pensarla scienza, non delle specifiche di neuroscienza.
Tu mi dici:
- la neuroscienza dimostra che quando penso alla neuroscienza si illumina di giallo lo schermo del pc che mostra il cervello analizzato tramite un certo modo che piglia questo, questo e quest'altro dato. Questo significa necessariamente che in quel momento il cervello pensa alla neuroscienza.
e io, scemo:
- Ma la realtà è forse che nel mio cervello diventano gialli i neuroni?
- No, chiaro: misuro una differenza di...
- va bene, ma come posso pensare che la differenza di potenziale sia necessariamente e completamente il pensiero?
- Perché non misuro nient'altro.
- Ma da dove prendi questa relazione fra i due dati?
- Beh, la prendo perché altri pensieri significano altre differenze e così via
- ho capito, ma anche questi sono dati che relazioni. Hai un dato: "differenza di potenziale" (o quello che è) e hai un altro dato: il pensiero. Ma tu come fai ad essere sicuro che quello ha pensato alla neuroscienza? Semplifichiamo: Pensa ad un albero! Quello ci pensa ed ecco le "macchie" nell'analisi del cervello. Ma come fai ad essere sicuro che il tizio in analisi ha pensato un albero?
- cosa vuole dire come faccio... ovvio che non posso saperlo, devo fidarmi, ma il punto è che ha comunque pensato e questo muove potenziale et voilà!
- Si, ma hai comunque due dati che tu vuoi assolutamente relazionare: "differenza di potenziale" (o quello che è) e "il pensiero". Perché le relazioni?!
- ooooh caspita, perché è così che si fa scienza! E' logico no?!
- Dunque tu utilizzi dei sensi più sensibili dei nostri classici sensi per cogliere una realtà che l'uomo non potrebbe cogliere e quindi relazionare fra di loro i dati!
- ooooooh si!
- ma che senso usi per sentire questa relazione? Per comprenderla? Per sentirla vera?
- la razionalitàaaaa! La logica intesa come razionalità!
- caspita ma la stessa logica razionale a me impone di chiedermi come è possibile che un'attivista autoriflessiva sia mediata dal solo organo corporeo se gli altri...
- perché non ti attieni alla realtà! Tu sogni!
- si, ma tu me la spieghi con la razioanlità 'sta realtà unendo dei dati fra loro mediante relazioni che TU FAI! La stessa logica che per te è valida per me non lo è?!
- La tua non è logica.
- Beh, allora dimostra che non lo è. Mediante la logica. Ma come vedi non si scappa. Tu fai scienza perché unisci dei dati oppure no?
- Certo, un dato da solo non dice niente! Anche un dato riportato in forma numerica va relazionato: "30" da solo può essere tutto: dal mio civico al risultato dell'equazione del mio esame in classe alla misura della dimensione artistica di John Holmes!
- bene. Detto questo: cosa ne pensi di questa affermazione allora? "i sensi colgono la realtà ma secondo aspetti isolati: Io con l’olfatto sento un odore, ed è un dato, con l’udito un suono ed è un altro dato, con la vista vedo la forma, i colori ed è un terzo dato.
Ma la realtà non è una forma, un odore, un suono. Allora la ragione mi mette in relazione tutti questi dati. Coglie la relazione. E coglie consapevolmente cioè coglie me stesso immerso nelle relazioni. Questo cogliere me stesso è la dimostrazione dell’appartenenza della ragione all’ordine spirituale, [inteso come "non corporeo"], perché i singoli sensi, che appartengono all’ordine animale, possono cogliere il dato ma non loro stessi mentre colgono il dato, mentre io posso ragionare sul fatto che sto ragionando." Padre Giuseppe Barzaghi OP, Intervista IMAgazine, Rubrica Mente e Corpo, 15 giugno 2013
- come fa questo qui a dire che "i singoli sensi, che appartengono all’ordine animale, possono cogliere il dato ma non loro stessi"?
- Per quello che dicevo prima: "La vista non vede sé stessa.Il tatto non tocca sé stesso.L’udito non ode sé stesso.Il pensiero pensa sé stesso. Dunque..."
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Messaggio da Mauro1971 »

Sorry, il webcontent filtering mi ha fregato lo scritto...
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Messaggio da Quixote »

Mauro1971 ha scritto:
Quixote ha scritto: Quanto dici sul cervello è vero anche per me, ma solo se mi limito ad osservare un aspetto della questione. Vale a dire che non mi rileva tanto sapere che il confine fra emozione e intelletto sia fittizio, perché rimane il fatto che io li distinguo,
Vedi Quixote, qui c'è il nocciolo.
Il lavoro di Damasio va proprio a dimostrare come tu, tutti noi invero, crediamo di distinguere ma in realtà il nostro pensiero è un insieme di razionalità ed emotività. Il fatto è che molto di quello che è il nostro pensiero avviene ad un livello non cosciente, nelle parte più interne ed antiche dello stesso.
Nella parte cosciente noi siamo il risultato di queste elaborazioni e non ne abbiamo in alcun modo percezione.
Caro Mauro, evito di rispondere a tutto, perché il discorso è un po’ OT, ma poiché mi imputi errori che, a tuo dire, inficiano il mio discorso, ritengo lecito il diritto di replica almeno a un paio d’essi, e a una preliminare considerazione di metodo.

È il nocciolo per te, non per me, che adopero un approccio diverso dal tuo, che tradirei, metodologicamente e scientificamente, se mi fondassi su quel nocciolo. Filosofia, logica, linguistica di distinzioni vivono, non è possibile eliminarle. La linguistica in particolare, base indispensabile per fare filosofia seria oggi, non è più quella degli umanisti, e può giungere a formalismi che nulla hanno da invidiare alla matematica: logica e linguistica, non la fisica, sono alla base dell’informatica. Premesso questo, non capisco che vuoi dire: che io provi un’emozione è razionale; se l’emozione è motivata, e che il mio pensiero sia razionale, se lo è, lo è indipendentemente dal fatto che io sia emozionato o meno: non sono opposti che debbano necessariamente autoescludersi. Non solo, io non “credo affatto di distinguere”, perché il mio «li distinguo» non è un atto puramente intellettivo (‘riesco a distinguerli’), ma un atto volitivo (‘devo, voglio distinguerli’). Ti piaccia o no, questa è, a tutti gli effetti, una distinzione e non una presunzione, a prescindere dalla razionalità della stessa. Senza contare che dire «crediamo di distinguere» e che «il nostro pensiero è un insieme di razionalità ed emotività» è una sorta di contraddizione, perché di fatto la seconda frase opera nell’insieme una distinzione.
Quixote ha scritto: La tua riflessione mi pare invece monca perché si concentra su un solo aspetto, e non spiega come da una base materiale si produca qualcosa di immateriale, perché che l’intelletto abbia una base biologica materiale non inficia il fatto che i concetti che esso esprime tali non siano,
Il fatto che l'attività intellettiva, anche nel momento preciso nel quale viene prodotto un concetto, o una scelta, o altro, possa essere misurato in una grandezza fisica inficia la tua affermazione Quixote.
Mi spiego meglio, ciò che esprime il concetto non è misurabile, ma non è neppure il focus di questa discussione. Può essere però misurato il concetto in quanto oggetto, anche se composto di potenziale elettrico.
Per fare un esempio si può pesare una lettera, inchiostro compreso, ma ovviamente non ciò che è scritto nella stessa.
La cosa essenziale però è che non esiste nulla al di fuori della lettera. Senza lettera non c'è neppure il messaggio che essa reca, il messaggio quindi può esprimersi ed esistere solo se c'è la materia della lettera a renderlo possibile.
Questo intendo quando asserisco che non si può prescindere dalla materia, cosa che è negata dalle affermazioni di Moscone.
Non inficia un bel niente, se non la tua troppa sicurezza: tu hai scritto che puoi misurare e pesare un concetto, ma un concetto, in sé non ha peso né misura; non puoi pesare un’idea, non puoi pesare la bontà, la giustizia ecc. se non in atto, o «in oggetto», come hai scritto questa volta, ma prima non avevi usato quest’accortezza. E di fatto ti autosmentisci quando scrivi che puoi pesare una lettera, inchiostro compreso, ma non quanto è scritto nella stessa: perché il linguaggio, il pensiero espressi nella lettera non sono un dato materiale; materiali non sono che carta e inchiostro, che ne costituiscono l’involucro. Involucro che può essere costituito persino d’aria, come in un’epigrafe, ove la lettera è formata dal vuoto prodotto nella pietra dal lapicida. Tu non puoi pesare una singola parola di quelle che ho scritto e sto scrivendo, perché ogni singola parola, anche una semplice congiunzione, è un concetto. Puoi pesare solo la produzione del concetto, non il concetto in sé, che pure è, a suo modo, reale, se entrambi, io che lo produco, tu che lo ricevi, lo intendiamo. Certo abbiamo bisogno della materia per farlo, perché per interpretare il mondo non ci è possibile uscire dall’ambito dei cinque sensi. Ma il concetto è, indipendentemente dalla materia utilizzata con cui si esprime. Se togli la materia al pensiero puoi negare la sua esistenza, ma non la sua essenza. Senza questa essenza non lo intenderesti, la lettera ti diverrebbe solo un insieme di scarabocchi sulla carta. In altre parole, certo vaghe, ma non per questo poco perspicue, non puoi negare che il linguaggio, il pensiero abbiano un’anima, perché senza quest’anima, non ne capiresti il senso. Quanto alla scelta, certo Moscone è stato impreciso; sarebbe bastato dire «si può vedere il libero arbitrio», e il suo discorso sarebbe stato meno equivoco; e anche qui rimane il fatto che tu puoi vedere solo l’atto della scelta – e per farlo non bisognano macchinari sofisticati, in quanto se è nuvoloso ma non piove, e tu scegli di prendere un ombrello o meno, bastano anche due occhi malandati come i miei per vederla – ma non puoi misurare l’intelletto in sé, la volizione in sé, che rendono possibile la messa in pratica della scelta. Ergo, la tua confutazione presenta delle falle, in quanto hai usato strumenti estrinseci, non intrinseci e non sempre pertinenti al discorso di Moscone.
Quixote ha scritto: Lo stesso vale per l’evoluzione del linguaggio (che è poi come dire evoluzione del pensiero in quanto non esiste linguaggio senza pensiero, né pensiero senza linguaggio), e ovviamente non intendo solo il linguaggio scritto e parlato, ma ogni sorta di linguaggio, gestuale, simbolico ecc. Non ho difficoltà alcuna a vedere negli animali superiori una sorta di lingua rudimentale, forse antenata di quello umano. Allo stesso tempo posso vedere nei fossili tutte le capacità verbali che vuoi, ma essi non spiegano affatto la natura del linguaggio. L’osso ioide non dice assolutamente nulla sul linguaggio perché in realtà non esiste un organo del corpo umano ad esso preposto,
Errato.
L'osso ioide individua in moto piuttosto preciso le capacità di vocalizzazione di una specie. Dipende dalla forma e dalla posizione. Ci dice quindi quanto può essere complesso il linguaggio che una specifica specie può evolvere.
Mi hai fatto delle domande precise sul linguaggio, ti ho dato le risposte "ufficiali". Può non interessarti, ma sono comunque le risposte alle domande a te poste.
Errato dici? e allora rispondi a questa semplice domanda: a che mi serve l’osso ioide per comunicare il mio pensiero su una lettera, a trasmetterlo in morse, in braille, col linguaggio dei gesti, dei fiori, ecc. ecc. Io avevo ben specificato che il termine linguaggio va inteso in modo ampio perché la sua essenza non consiste nel modo in cui si esplica: il linguaggio non ha affatto, come scrivi, alla base una funzione biologica, ma sociologica: è langue, non parole. E, al solito, puoi misurare questa, non quella. Non vi è sostanziale differenza fra il linguaggio di un “primitivo” e il nostro, impropriamente inteso come “evoluto”. Il linguaggio o c’è, o non c’è; è un sistema, non un’addizione continua di funzionalità. Per questo parlo di difficoltà nell’inserirlo in uno schema evolutivo: c’è un salto difficilmente spiegabile, che la sua valenza biologica nemmeno scalfisce. Le api non lo spiegano, siamo noi che spieghiamo le api in base al nostro linguaggio e lo stesso facciamo col canto delle balene, anche se, in questo caso l’animale è assai evoluto e simile a noi, per cui l’interpretazione è molto più complessa. Che le differenze fra uomo e animale siano molto più sfumate di quello che si credeva in passato sono il primo a riconoscerlo, ma ciò non modifica di un iota la sostanza del mio discorso, in quanto non tengo conto solo dell’aspetto biologico, che rappresenta solo un aspetto della realtà, ma anche di altri aspetti, che, pur non avendo matrice biologica, non per questo sono meno reali.

In sintesi, Mauro, tutto questo non è affatto OT, perchè risponde alla domanda: «la materia può produrre il pensiero?», Per Moscone no, per te sí. La sua risposta contraddice alla scienza, la tua non scioglie l’aporia di un pensiero, nella sua essenza, non materiale. La mia è quella di un agnostico.
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
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In sintesi, Mauro, tutto questo non è affatto OT, perchè risponde alla domanda: «la materia può produrre il pensiero?», Per Moscone no, per te sí. La sua risposta contraddice alla scienza, la tua non scioglie l’aporia di un pensiero, nella sua essenza, non materiale. La mia è quella di un agnostico.

Un pensiero attribuito a Gesù ?
No ? E io ve lo scrivo lo stesso...
:ironico:


34.) Gesù disse: - Se la carne è venuta nell'esistenza per opera dello spirito, è un miracolo; ma se lo spirito per opera della carne, questo è un miracolo di un miracolo¹. E io mi meraviglio di come una così grande ricchezza abbia preso dimora in tale povertà².

1) Cfr. Jo. III 5-8, in cui però il significato gnostico è meno accentuato. Tommaso vuol dire che è miracolosa la manifestazione sotto aspetto di uomo terrestre di un eone spirituale (Gesù), addirittura superiore al miracoloso, e quindi incredibile, che la materia generi lo spirito.
2) Sia Craveri che Doresse sono abbastanza concordi nel ritenere questa frase un commento del compilatore: «È meraviglioso che una così grande ricchezza (lo spirito) abbia preso dimora in tanta povertà (la materia)!»


Certo che l'uomo e un'animale complesso,molto di più degli altri primati ma molto di più di quelli che si sarebbero dovuti evolvere ,perché ?
Ma quello che è certo il Sapiens strutturalmente indifeso rispetto a quelli in cima della catena alimentare,abbia stravolto questa catena spezzandola a sua esigenza e volontà e in questo io ci vedo un imprint iniziale ....Certo penso che abbiamo avuto una evoluzione ma piccola perché ? Perché noi siamo DIVERSI... :balla:
E mentre dal Max Planck Institute di Leipzig si attende l'esito degli studi che dovrebbero consegnarci il sequenziamento completo del Dna di Neanderthal, continuano ad arrivare notizie sul nostro antico 'coinquilino'. Una giunge proprio da Svante Paabo, direttore del Max Planck: "Secondo i risultati iniziali della nostra ricerca, la prima e più rilevante deduzione è che il cromosoma Y degli uomini di Neanderthal è molto diverso ad quello dei sapiens e anche da quello degli scimpanzè. Questo sembra in qualche modo escludere che ci siano stati fenomeni di mescolamento interrazziale tra le due specie di Homo", ha detto il biologo che ha aggiunto: "I dati biomolecolari ottenuti dal nostro team sembrano confermare che gli uomini di Neanderthal si sono staccati dalla linea evolutiva che ha portato alla comparsa dell'Homo sapiens circa 315.000 anni fa. Un dato, quest'ultimo - ha concluso -, in linea con quanto fino ad oggi ipotizzato".

Insomma a causa della loro cresta cigliata e della loro grande cavità nasale, quella dei Neanderthal - secondo Svante Paabo - sarebbe una specie anomala all'interno della linea evolutiva. Ma un altro studio rivela che la vera specie strana sarebbe in realtà la nostra. Secondo una ricerca condotta da Erik Trinkaus, docente di antropologia alla Washington University di St. Louis,
pubblicata recentemente sulla rivista scientifica Current Anthropology, i Neanderthal rappresentano la continuità della storia evolutiva molto più del sapiens e dei suoi discendenti. Solo nella nostra specie, infatti, è assente la cresta ciliare e la faccia è schiacciata. Le nostre cavità nasali interne sono molto ridotte e le ossa delle nostre articolazione possiedono caratteristiche che non si riscontrano in nessuna altra specie. "La vera questione non è perché i Neanderthal erano così divergenti - dice l'antropologo - ma perché la nostra specie ha portato così tante caratteristiche nuove".
http://www.repubblica.it/2006/08/sezion ... piens.html" onclick="window.open(this.href);return false;

Ma vuoi vedere che il perché e ...perché abbiamo un'anima ?? :cer:
Ray

Le falsificazioni e le varianti involontarie si accumulano man mano che un testo è ricopiato attraverso i secoli. Ogni scriba riproduce gli errori degli scribi precedenti e ne aggiunge di propri. Non possediamo alcun originale dei libri del nuovo testamento, ma neppure copie eseguite direttamente sugli originali, né copie di copie...Bart D. Ehrman
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Caro Quixote, prima di tutto vorrei ringraziarti, davvero questa con te è una delle discussioni più stimolanti ed interessanti da parecchio tempo :cinque:

Detto questo, continuiamo le danze.
Quixote ha scritto: Caro Mauro, evito di rispondere a tutto, perché il discorso è un po’ OT, ma poiché mi imputi errori che, a tuo dire, inficiano il mio discorso, ritengo lecito il diritto di replica almeno a un paio d’essi, e a una preliminare considerazione di metodo.


È il nocciolo per te, non per me, che adopero un approccio diverso dal tuo, che tradirei, metodologicamente e scientificamente, se mi fondassi su quel nocciolo. Filosofia, logica, linguistica di distinzioni vivono, non è possibile eliminarle. La linguistica in particolare, base indispensabile per fare filosofia seria oggi, non è più quella degli umanisti, e può giungere a formalismi che nulla hanno da invidiare alla matematica: logica e linguistica, non la fisica, sono alla base dell’informatica.
Qui mi spiace, entri nel mio campo lavorativo e quindi posso risponderti con una cognizione di causa diretta.
La base dell'informatica è in primo luogo la fisica.
Senza l'invenzione delle valvole prima, dei transistor dopo e successivamente dei semiconduttori, l'uso delle microonde per incidere le lamine di silicio e l'evoluzione del sistema per incidere solchi sempre più sottili, la progettazione dei processori, memorie... questa è tutta fisica. La divisione dei dati in blocchi da 8, imponendo l'uso della base 8 e multipli.
Le memorie, l'isolamento degli atomi in ogni singola cella, questo è alla base di tutta l'informatica.
Poi sopra puoi utilizzare linguaggi di programmazione di vario tipo, ma la base è sempre la fisica.

Se poi guardiamo al futuro prossimo lo sviluppo è quello dei computer quantistici. Il premio nobel per la fisica del 2013 è andato parimerito ad un americano e ad un francese che hanno inventato un metodo (uno per ognuno) per leggere lo stato quantico di una particella subatomica senza influenzarne lo stato, metodi atti alla lettura delle memorie quantiche.
L'utilizzo dei Q-Bit modificherà in modo molto pesante le techiche di programmazione, pesantissimo.
Premesso questo, non capisco che vuoi dire: che io provi un’emozione è razionale; se l’emozione è motivata, e che il mio pensiero sia razionale, se lo è, lo è indipendentemente dal fatto che io sia emozionato o meno: non sono opposti che debbano necessariamente autoescludersi. Non solo, io non “credo affatto di distinguere”, perché il mio «li distinguo» non è un atto puramente intellettivo (‘riesco a distinguerli’), ma un atto volitivo (‘devo, voglio distinguerli’). Ti piaccia o no, questa è, a tutti gli effetti, una distinzione e non una presunzione, a prescindere dalla razionalità della stessa. Senza contare che dire «crediamo di distinguere» e che «il nostro pensiero è un insieme di razionalità ed emotività» è una sorta di contraddizione, perché di fatto la seconda frase opera nell’insieme una distinzione.
Quello che voglio dire è semplice: gli studi confermano che anche quando credi, sei convinto, di aver fatto una scelta o comunque di aver avuto un pensiero del tutto razionale, in realtà la tua parte emotiva ha contribuito molto più di quella razionale, solo che non ne hai la percezione.

Qui viene spiegato un po' meglio di quanto probabilmente sono capace io.
http://www.alleo.it/content/antonio-ros ... i-cartesio
Non inficia un bel niente, se non la tua troppa sicurezza: tu hai scritto che puoi misurare e pesare un concetto, ma un concetto, in sé non ha peso né misura; non puoi pesare un’idea, non puoi pesare la bontà, la giustizia ecc. se non in atto, o «in oggetto», come hai scritto questa volta, ma prima non avevi usato quest’accortezza.
All'inizio Quixote, non vi era necessità di questa distinzione.
Il discorso di Moscone è atto a dimostrare l'esistenza di un'Anima, composta da una qualche "materia altra", di natura superiore alla materia da noi conosciuta, e dalla quale dipenderebbero le nostre capacità intelletive superiori.
Ciò di cui si parlava non era il significato, o il valore intrinseco del significato di un pensiero, ma come questo dimostrasse l'esistenza di questa precisa forma di anima, e di come la materia normale non potesse in alcun modo influenzare quest'altra forma presente, sempre secondo Moscone, in noi.

Ciò che era in discussione era quindi ciò di cui fosse composto questo "pensiero", questa immaterialità, non cosa esprimesse.

Tu invece stai dando alle parole materiale ed immateriale significati ben diversi da quelli intesi da Moscone, facendo entrare in gioco il valore del significato di un pensiero.
Questo valore però è un'interpretazione, un'elaborazione soggettiva che si fa appunto su questo pensiero, e non ha un valore assoluto ma del tutto relativo ai singoli soggetti che lo valutano, e lo valutano appunto secondo quel meccanismo esposto da Damasio.
Non vedo come questo possa portare ad indicare l'esistenza di un'anima come autrice dei nostri pensieri al posto del nostro cervello.
E di fatto ti autosmentisci quando scrivi che puoi pesare una lettera, inchiostro compreso, ma non quanto è scritto nella stessa: perché il linguaggio, il pensiero espressi nella lettera non sono un dato materiale;
Ma sono "incisi" su di un supporto mariale, ne sono fatti, senza non possono esistere.
Esattamente come i dati elaborati da un pc: sono nella memoria ram, fatti da circuiti aperti e chiusi, anche se sono il frutto di un'elaborazione ed il loro significato dipende da chi li legge a video. Ma sono fatti di materia.
materiali non sono che carta e inchiostro, che ne costituiscono l’involucro. Involucro che può essere costituito persino d’aria, come in un’epigrafe, ove la lettera è formata dal vuoto prodotto nella pietra dal lapicida. Tu non puoi pesare una singola parola di quelle che ho scritto e sto scrivendo, perché ogni singola parola, anche una semplice congiunzione, è un concetto. Puoi pesare solo la produzione del concetto, non il concetto in sé, che pure è, a suo modo, reale, se entrambi, io che lo produco, tu che lo ricevi, lo intendiamo. Certo abbiamo bisogno della materia per farlo, perché per interpretare il mondo non ci è possibile uscire dall’ambito dei cinque sensi. Ma il concetto è, indipendentemente dalla materia utilizzata con cui si esprime. Se togli la materia al pensiero puoi negare la sua esistenza, ma non la sua essenza.
Il problema è che se levi la materia il pensiero sparisce.

Si aggiunga:
Se tu subissi (tocchiamo ferro e facciamo le corna) una determinata lesione in una zona specifica del cervello, Leopardi non ti direbbe più assolutamente nulla.
E' evidente quindi che la materia va ad incidere in maniera totale anche sul valore del pensiero espresso, valore che sta, come si suol dire, negli occhi di chi guarda.
Senza questa essenza non lo intenderesti, la lettera ti diverrebbe solo un insieme di scarabocchi sulla carta. In altre parole, certo vaghe, ma non per questo poco perspicue, non puoi negare che il linguaggio, il pensiero abbiano un’anima, perché senza quest’anima, non ne capiresti il senso. Quanto alla scelta, certo Moscone è stato impreciso; sarebbe bastato dire «si può vedere il libero arbitrio», e il suo discorso sarebbe stato meno equivoco; e anche qui rimane il fatto che tu puoi vedere solo l’atto della scelta – e per farlo non bisognano macchinari sofisticati, in quanto se è nuvoloso ma non piove, e tu scegli di prendere un ombrello o meno, bastano anche due occhi malandati come i miei per vederla – ma non puoi misurare l’intelletto in sé, la volizione in sé, che rendono possibile la messa in pratica della scelta. Ergo, la tua confutazione presenta delle falle, in quanto hai usato strumenti estrinseci, non intrinseci e non sempre pertinenti al discorso di Moscone.
I macchinari servono proprio per vedere cosa accade nel tuo cervello mentre fai la scelta, per scoprire come funziona il meccanismo "scelta", e questo è del tutto materiale, nel senso che è una cosa che accade nel nostro cervello, sta tutto li dentro.

E continuo ad insistere sul punto che il concetto di "anima" di cui parlate te e Moscone sono del tutto diversi.
Col tuo posso anche in parte essere d'accordo, intendendo come "anima" l'essenza di un pensiero, essenza intesa come significato. Ma questo è ben diverso dall'affermare che ci sia una parte di noi detta "spirito" che ragiona al posto del nostro cervello, credo le differenze siano abissali.
Errato dici? e allora rispondi a questa semplice domanda: a che mi serve l’osso ioide per comunicare il mio pensiero su una lettera, a trasmetterlo in morse, in braille, col linguaggio dei gesti, dei fiori, ecc. ecc.
L'osso ioide a che ti serve.
Beh, dovresti essrgli grato, perchè se fosse stato in altra posizione, o di forma diversa, il nostro linguaggio non si sarebbe mai potuto sviluppare.
Mi spiego meglio.
Allora, il fossile di Sapiens più antico è datato circa 198.000 anni fa.
Quando i Sapiens sono apparsi, avevano già un liguaggio completo?
Certamente no, questo ha dovuto svilupparsi nel corso del tempo.
L'osso ioide ci permette una capacità di vocalizzazione molto complessa, quindi hano potuto svilupparsi lingue complesse, con molti fonemi, molte parole.
Se questo fosse stato diverso avremmo lingue molto più scarne, con molta meno capacità descrittiva, meno verbi, meno... meno tutto. Ed il nostro pensiero razionale è fatto con le parole, saremmo quindi stati limitati anche nelle potyenzialità del nostro pensiero.
Senza un osso ioide adatto quindi non si sarebbero potuti sviluppare il morse così come lo sonosciamo, il linguaggio dei fiori sarebbe molto limitato, e magari avremmo un alfabeto di 6 lettere, o magari non saremmo in grado di emettere altro che suoni inarticolati come i nostri cugini primati. Ed allora non ci sarebbe proprio il linguaggio Morse, e quanto sarebbe limitato il nostro cervello?

Se non ci fosse stata la posibiità di dire delle parole, non ci sarebbe stata neppure una lingua. L'osso ioide denota le capacita di una specie di dire parole o meno.
Sarai d'accordo con me che questo è molto importante.
Io avevo ben specificato che il termine linguaggio va inteso in modo ampio perché la sua essenza non consiste nel modo in cui si esplica: il linguaggio non ha affatto, come scrivi, alla base una funzione biologica, ma sociologica: è langue, non parole. E, al solito, puoi misurare questa, non quella. Non vi è sostanziale differenza fra il linguaggio di un “primitivo” e il nostro, impropriamente inteso come “evoluto”. Il linguaggio o c’è, o non c’è; è un sistema, non un’addizione continua di funzionalità.
Ma anche un primitivo, per quanto primitivo, ha dietro di se 198.000 anni di evoluzione del linguaggio.
E' indicativo che la scrittura sia apparsa... un 5-6.000 anni fa?
Ci sono voluti circa 192.000 anni affinchè arrivvasimo a disegnare ciò che diciamo, il lunguaggio si è evoluto ed ha richiesto davvero molto tempo.
Per questo parlo di difficoltà nell’inserirlo in uno schema evolutivo: c’è un salto difficilmente spiegabile, che la sua valenza biologica nemmeno scalfisce. Le api non lo spiegano, siamo noi che spieghiamo le api in base al nostro linguaggio e lo stesso facciamo col canto delle balene, anche se, in questo caso l’animale è assai evoluto e simile a noi, per cui l’interpretazione è molto più complessa. Che le differenze fra uomo e animale siano molto più sfumate di quello che si credeva in passato sono il primo a riconoscerlo, ma ciò non modifica di un iota la sostanza del mio discorso, in quanto non tengo conto solo dell’aspetto biologico, che rappresenta solo un aspetto della realtà, ma anche di altri aspetti, che, pur non avendo matrice biologica, non per questo sono meno reali.
Si, ma è importante essere coscienti di come sia una matrice biologica ad averli resi possibili, ed il salto come ti ho spiegato non è affatto difficile da comprendere, anzi non è stato affatto un salto. 190.000 e passa anni me lo definiresti "un salto"?
In sintesi, Mauro, tutto questo non è affatto OT, perchè risponde alla domanda: «la materia può produrre il pensiero?», Per Moscone no, per te sí. La sua risposta contraddice alla scienza, la tua non scioglie l’aporia di un pensiero, nella sua essenza, non materiale. La mia è quella di un agnostico.
La mia è una sintesi di varie cose messe assieme, come vedi.
Ho dalla mia il fatto che a supporto delle mie posizioni ci sono prove, e studi, molti studi e molte prove, Quixote.

Cosa ha Moscone per affermare che il nostro pensiero sia prodotto da un'anima fatta di spirito ed immortale? Solo dei ragionamenti circolari autoreferenziali.

La tua posizione mi sembra molto diversa, se ti ho ben compreso tu intendi che il pensiero ABBIA un'anima, in base alla qualità di ciò che quel pensiero esprime. I piani sono, sempre nel caso che ti abbia compreso, assai distanti.
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Messaggio da Mauro1971 »

Caro Ray... ti insegno come riconoscere quando qualcuno dice delle gran corbellerie.
E mentre dal Max Planck Institute di Leipzig si attende l'esito degli studi che dovrebbero consegnarci il sequenziamento completo del Dna di Neanderthal, continuano ad arrivare notizie sul nostro antico 'coinquilino'. Una giunge proprio da Svante Paabo, direttore del Max Planck: "Secondo i risultati iniziali della nostra ricerca, la prima e più rilevante deduzione è che il cromosoma Y degli uomini di Neanderthal è molto diverso ad quello dei sapiens e anche da quello degli scimpanzè. Questo sembra in qualche modo escludere che ci siano stati fenomeni di mescolamento interrazziale tra le due specie di Homo", ha detto il biologo che ha aggiunto: "I dati biomolecolari ottenuti dal nostro team sembrano confermare che gli uomini di Neanderthal si sono staccati dalla linea evolutiva che ha portato alla comparsa dell'Homo sapiens circa 315.000 anni fa. Un dato, quest'ultimo - ha concluso -, in linea con quanto fino ad oggi ipotizzato".
Allora, Svante Paabo (massimo studioso del DNA Neanderthaliano) afferma che la differenza è nel cromosoma Y, differenza importante e netta nel DNA.
Afferma che il Neanderthal appartiene ad una linea evolutica diversa in base ai dati presenti nel DNA.

Vediamo un po' cosa afferma il giornalista:
Insomma a causa della loro cresta cigliata e della loro grande cavità nasale, quella dei Neanderthal - secondo Svante Paabo -
Falso.
Paabo parla di cromosoma Y, non di cresta e cavità nasale. C'è una differenza abissale. La sicurezza del dato riguardante il DNA è praticamente assoluta.
Nota come l'interlocutore in questo modo cerchi di sminuire, attribuendo fra l'altro parole a Paabo che assolutamente non ha detto, la validità delle affermazioni di Paabo.
sarebbe una specie anomala all'interno della linea evolutiva.
Falso.
Paabo non ha fatto alcuna affermazione di questo tipo.
Leggi sopra, l'ha definita una diversa linea evolutiva, ed una diversa linea evolutiva e tutt'altro che un'anomalia, ma semmai la normalità.
Ma un altro studio rivela che la vera specie strana sarebbe in realtà la nostra. Secondo una ricerca condotta da Erik Trinkaus, docente di antropologia alla Washington University di St. Louis,
pubblicata recentemente sulla rivista scientifica Current Anthropology, i Neanderthal rappresentano la continuità della storia evolutiva molto più del sapiens e dei suoi discendenti. Solo nella nostra specie, infatti, è assente la cresta ciliare e la faccia è schiacciata. Le nostre cavità nasali interne sono molto ridotte e le ossa delle nostre articolazione possiedono caratteristiche che non si riscontrano in nessuna altra specie. "La vera questione non è perché i Neanderthal erano così divergenti - dice l'antropologo - ma perché la nostra specie ha portato così tante caratteristiche nuove".
Queste frasi possono essere interpretate in molti modi. Sarebbe in questi casi interessante il poter avere sotto mano la pubbolicazione originale ed integrale, per vedere un po' cosa volesse dire in effetti il prof. Trinkaus.
Vista la manipolazione, davvero ingenua, fatta dall'autore dell'articolo sulle parole di Paabo, potrebbe aver benissimo distorto anche il significato di questo studio a suo vantaggio.

Questo accade quando a scrivere sono persone che non hanno onestà intellettuale, è bene non dar loro peso perchè il messaggio che vogliono far passare è contraffatto.
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Messaggio da Victor67 »

Mauro1971 ha scritto:Ma sono "incisi" su di un supporto mariale, ne sono fatti, senza non possono esistere.
Esattamente come i dati elaborati da un pc: sono nella memoria ram, fatti da circuiti aperti e chiusi, anche se sono il frutto di un'elaborazione ed il loro significato dipende da chi li legge a video. Ma sono fatti di materia.
[…]
Il problema è che se levi la materia il pensiero sparisce.
Io credo che il problema di questa discussione sia avere una definizione comune di cosa significhi “esistere”. Se può esistere solo ciò che viene trasmesso mediante un supporto materiale, allora non può certamente esistere nessun'anima, nessuno spirito. Mentre se ammettiamo che il solo pensare al concetto di anima immateriale sia sufficiente almeno ad ipotizzarne l'esistenza, allora possiamo cercare di trovare una dimostrazione razionale che dimostri la validità dell'ipotesi.
Un saluto
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Messaggio da Mauro1971 »

Victor67 ha scritto:
Mauro1971 ha scritto:Ma sono "incisi" su di un supporto mariale, ne sono fatti, senza non possono esistere.
Esattamente come i dati elaborati da un pc: sono nella memoria ram, fatti da circuiti aperti e chiusi, anche se sono il frutto di un'elaborazione ed il loro significato dipende da chi li legge a video. Ma sono fatti di materia.
[…]
Il problema è che se levi la materia il pensiero sparisce.
Io credo che il problema di questa discussione sia avere una definizione comune di cosa significhi “esistere”. Se può esistere solo ciò che viene trasmesso mediante un supporto materiale, allora non può certamente esistere nessun'anima, nessuno spirito. Mentre se ammettiamo che il solo pensare al concetto di anima immateriale sia sufficiente almeno ad ipotizzarne l'esistenza, allora possiamo cercare di trovare una dimostrazione razionale che dimostri la validità dell'ipotesi.
Un saluto
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Io posso anche pensare ai criceti azzurri invisibili... non è che questo ne renda molto possibile l'esistenza.
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Mauro1971 ha scritto:Io posso anche pensare ai criceti azzurri invisibili... non è che questo ne renda molto possibile l'esistenza.
E perché no? Dimostrami che non esistono.

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Messaggio da Mauro1971 »

http://it.wikipedia.org/wiki/Argumentum_ad_ignorantiam
La fallacia ad ignorantiam si può avere quando predomina un'ignoranza diffusa su un certo argomento, sulle sue proprietà o sulla possibilità di studiarlo. Consiste nell'argomentare che una proposizione è vera perché non si hanno prove del fatto che sia falsa, pur non esistendo spesso delle prove che possano affermare la verità o la falsità di una proposizione.

Questa fallacia si ha specialmente quando qualcuno afferma che qualcosa è vero solo perché non si hanno prove del fatto che sia falso, o che qualcosa è falso solo perché non lo si può provare come vero. La verità o falsità di una proposizione dipende dalle prove che la sostengono o la confutano, e non dalla mancanza di esse. Non si può dimostrare l'esistenza degli extraterrestri, ma questo non implica né che gli extraterrestri debbano per forza esistere, né che non possano esistere affatto.
Ricordo che di prove a sostegno della mia tesi prove concrete ne ho portate.

Non sta a me quindi portare prove, ma cavolo, se sostenete che esiste portate per una volta delle prove vere, non lepri e tartarughe di Zenone.
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Mauro1971 ha scritto:Ricordo che di prove a sostegno della mia tesi prove concrete ne ho portate.

Non sta a me quindi portare prove, ma cavolo, se sostenete che esiste portate per una volta delle prove vere, non lepri e tartarughe di Zenone.
Vorrei farti notare che io non ho detto esista una dimostrazione per definire l'esistenza dell'anima, ma che occorre inizialmente stabilire un criterio per definire l'esistenza di qualcosa. Se stabiliamo che può esistere solo ciò che può essere misurato, pesato, visto attraverso strumenti materiali, allora è chiaro che non può esistere nessun'anima, né criceti azzurri invisibili. Se invece ammettiamo che, per ipotesi, tutta da verificare, possa esistere un ente completamente immateriale, allora anche l'anima potrebbe esistere. Scartarne a priori l'esistenza è una scelta fideistica, così come accettarne l'esistenza.
Un saluto
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Messaggio da Mauro1971 »

Victor67 ha scritto:
Mauro1971 ha scritto:Ricordo che di prove a sostegno della mia tesi prove concrete ne ho portate.

Non sta a me quindi portare prove, ma cavolo, se sostenete che esiste portate per una volta delle prove vere, non lepri e tartarughe di Zenone.
Vorrei farti notare che io non ho detto esista una dimostrazione per definire l'esistenza dell'anima, ma che occorre inizialmente stabilire un criterio per definire l'esistenza di qualcosa. Se stabiliamo che può esistere solo ciò che può essere misurato, pesato, visto attraverso strumenti materiali, allora è chiaro che non può esistere nessun'anima, né criceti azzurri invisibili. Se invece ammettiamo che, per ipotesi, tutta da verificare, possa esistere un ente completamente immateriale, allora anche l'anima potrebbe esistere. Scartarne a priori l'esistenza è una scelta fideistica, così come accettarne l'esistenza.
Un saluto
Vittorio
Povero Zenone...

Allora mettiamola così:

Qualcosa per "esistere" deve essere osservato, in un ambiente controllato.

Può essere osservato direttamente o indirettamente.
Direttamente significa che si ha una misura, una evidenza del fatto che c'è.
Indiretta significa che lascia delle tracce nell'ambiente circostante della sua esistenza.
Presente materia/enegia oscura?
La scienza è più che disposta ad ipotizzare l'esistenza di "cosa sconosciute" ed ancora non misurate, ma almeno ci sono svidenze concrete tramite gli effetti della loro presenza.

Di questo qualcosa di "immateriale" non vi è mai stata alcuna traccia, nè diretta nè indiretta. Nulla, zero, nada.

Per me puoi supporre quello che vuoi, io chiedo le prove.
Siamo chiari, se le hai bene, se no forse sarebbe il caso di iniziare apensare che forse potrebbe non esistere, e che tra le due ipotesi sia quella più probabile.

Arrampicature sugli specchi non mi interessano.
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Mauro1971 ha scritto:Qualcosa per "esistere" deve essere osservato, in un ambiente controllato.
Questa è la tua personale definizione di "esistere", ma dovresti essere in grado di dimostrarla, altrimenti è un postulato fideistico.
Un saluto
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Messaggio da Mauro1971 »

Victor67 ha scritto:
Mauro1971 ha scritto:Qualcosa per "esistere" deve essere osservato, in un ambiente controllato.
Questa è la tua personale definizione di "esistere", ma dovresti essere in grado di dimostrarla, altrimenti è un postulato fideistico.
Un saluto
Vittorio
Si vabbeh. Abbraccia Zenone da parte mia.

Buonanotte.
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Mauro1971 ha scritto:Qualcosa per "esistere" deve essere osservato, in un ambiente controllato.
Quindi tu sai che esiste il tuo pensiero non perché pensi te stesso e il pensiero stesso, ma perché le neuroscienze ti hanno mostrato che il monitor del pc si illumina di giallo quando uno dice di aver pensato ad un albero?
Credo che Victor intenda anche questo come atteggiamento fideistico.

Breve OT di introduzione
Diciamocela tutta Mauro, a me sembra che il problema non è che tu non capisca cosa sia un essere non materiale, ma proprio che non capisca cosa sia un essere materiale, un oggetto fisico descritto in ambito filosofico. Questo perché, come molte hai detto, tu molto probabilmente ritieni la filosofia una branca di "non-sapere", cioè l'inutile fatto a materia. Non ti sovviene nemmeno che oltre ad essere una scienza, intesa in senso pieno, è anche la scienza prima perché è l'unica che può permettersi l'esplorazione razionale del tutto cioè del fine ultimo dell'essere, dell'esistere.
L'unica si. E la "teoria del tutto"? Altro discorso: la teoria del tutto, se mai si troverà, potrà tentare di spiegare mediante teoria come funziona il reale, ma questo IMPONE a tale teoria scientifica alcuni PRINCIPI METAFISICI di fondo fra i quali spiccano (tre su mille, non ho molto tempo)
1 - credere che il reale esista
2 - ritenere che tale reale esitente sia conoscibile dall'uomo mediante i sensi
3 - che il reale agisca mediante LEGGI UNIVERSALI che non cambiano in nessuna parte dell'universo conosciuto
E' vero o no? Beh, questa è pura metafisica o se preferisci pura filosofia che è appunto "lo sguardo sull'universale"!
Capisco Mauro che in filosofia c'è anche riderebbe di questi principi e ti citerebbe l'inizio del capolavoro di Weir ("Picnic a Hanging Rock") dicendoti: "La vita è sogno, solo sogno!" quale suo principio primo (sto semplificando), ma questo non demolisce affatto la filosofia come scienza.
Fine OT altrimenti non finiamo più

Il giochetto è tutto qui: tu Mauro attraverso i tuoi sensori tocchi un passaggio di energia. Ma l'energia tocca sé stessa?! Hai prove, dati alla mano, ambienti controllati ecc ecc che ti indicano che l'energia tocca sé stessa, sempre? No e non c'è esperimento particolare che possa tentare di scoprire questa caratteristica che semplicemente non si mostra affatto, da nessuna parte.
"QUINDI NON ESISTEEEEEEEEEEEE" dici tu!
"PERO' TUUUUU TI PEEEENSIIIIIIIIII ! O NO???!!" chiedo io!
Un trasporto di energia, qualunque trasporto, non "tocca" se stesso e quindi è assurdo voler pretendere che un giorno si scoprirà un meccanismo che possa toccare se stesso!
Partiamo da questa invalicabile soglia logica prima di procedere nell'analisi.

Abbraccia la neuroscienza da parte nostra. :occhiol:
Ultima modifica di minstrel il 13/11/2013, 10:15, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da Mauro1971 »

minstrel ha scritto:
Mauro1971 ha scritto:Qualcosa per "esistere" deve essere osservato, in un ambiente controllato.
Quindi tu sai che esiste il tuo pensiero non perché pensi te stesso e il pensiero stesso, ma perché le neuroscienze ti hanno mostrato che il monitor del pc si illumina di giallo quando uno dice di aver pensato ad un albero?
Credo che Victor intenda anche questo come atteggiamento fideistico.

Breve OT di introduzione
Diciamocela tutta Mauro, a me sembra che il problema non è che tu non capisca cosa sia un essere non materiale, ma proprio che non capisca cosa sia un essere materiale, un oggetto fisico descritto in ambito filosofico. Questo perché, come molte hai detto, tu molto probabilmente ritieni la filosofia una branca di "non-sapere", cioè l'inutile fatto a materia. Non ti sovviene nemmeno che oltre ad essere una scienza, intesa in senso pieno, è anche la scienza prima perché è l'unica che può permettersi l'esplorazione razionale del tutto cioè del fine ultimo dell'essere, dell'esistere.
L'unica si. E la "teoria del tutto"? Altro discorso: la teoria del tutto, se mai si troverà, potrà tentare di spiegare mediante teoria come funziona il reale, ma questo IMPONE a tale teoria scientifica alcuni PRINCIPI METAFISICI di fondo fra i quali spiccano (tre su mille, non ho molto tempo)
1 - credere che il reale esista
2 - ritenere che tale reale esitente sia conoscibile dall'uomo mediante i sensi
3 - che il reale agisca mediante LEGGI UNIVERSALI che non cambiano in nessuna parte dell'universo conosciuto
E' vero o no? Beh, questa è pura metafisica!
Capisco Mauro che in filosofia c'è anche riderebbe di questi principi e ti citerebbe l'inizio del capolavoro di Weir ("Picnic a Hanging Rock") dicendoti: "La vita è sogno, solo sogno!" quale suo principio primo (sto semplificando), ma questo non demolisce affatto la filosofia come scienza.
Fine OT altrimenti non finiamo più

Il giochetto è tutto qui: tu Mauro attraverso i tuoi sensori tocchi un passaggio di energia. Ma l'energia tocca sé stessa?! Ha prove, dati alla mano, ambienti controllati ecc ecc che ti indicano che l'energia tocca sé stessa, sempre? No e non c'è esperimento particolare che possa tentare di scoprire questa caratteristica che semplicemente non si mostra affatto, da nessuna parte.
"QUINDI NON ESISTEEEEEEEEEEEE" dici tu!
"PERO' TUUUUU TI PEEEENSIIIIIIIIII ! O NO???!!" chiedo io!
Un trasporto di energia, qualunque trasporto, non "tocca" se stesso e che quindi è assurdo voler pretendere che un giorno si scoprirà un meccanismo che possa toccare se stesso!
Partiamo da questa invalicabile soglia logica prima di procedere nell'analisi.

Abbraccia la neuroscienza da parte nostra. :occhiol:
Che cerchi, un meccanismo onanista???

L'autoconsapevolezza. A parrte che è tutt'altra storia da quella del buon Moscone, alla quale comunque non hai risposto alle mie eccezioni ma hai tirato fuori un'altro tema.

Ma qui si tratta di un'elaborazione capace di essere consapevole, e sinceramente visti i progressi dell'AI non è davvero nulla di così "strano".
Al di là di tutto, che ci siano passaggi di INFORMAZIONI ed ELABORAZIONI nel cervello e che queste sono il nostro pensiero, le prove ci sono. La consapevolezza ne è una delle funzioni, una delle elaborazioni.

Mo dimmi tu invece se hai evidenze che invece questo dipende da una qualche entità altra.
No perchè ci deve essere un punto di passaggio dell'informazione da questa entità al cervello e viceversa, e questo sarebbe VISIBILE.

Hai prove concrete invece che affermino l'esistenza di questa "materia altra"?
Anche indirette, un undizietto piccino picciò...
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minstrel
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Mauro1971 ha scritto:Che cerchi, un meccanismo onanista???
Il tuo pensiero è onanista! Oppure tu non sai di pensare?! Io non cerco un meccanismo (vedi che sempre lì siamo!), ma mi attengo al reale. E il reale è questo: io penso.
Accidenti.. però SO di pensare. Caspita, il pensiero mi dice che sto pensando. Cioè, meglio: il mio pensiero si sa pensare e sa anche pensare a me e quindi mi da una concretezza... miiiii!
L'autoconsapevolezza.
Esatto: this is the question. Leggiti il mio primo intervento qui e vedrai che "sbraito" questo argomento da sempre. :sorriso:
A parrte che è tutt'altra storia da quella del buon Moscone, alla quale comunque non hai risposto alle mie eccezioni ma hai tirato fuori un'altro tema.
Del buon Moscone non ho letto manco una riga perché non mi interessa la sua interpretazione della metafisica tomista, del resto rispondevo a te quando il thread si è spostato sulle neuroscienze. Ma indirettamente ho risposto anche sull'anima. Resta da dire che se comunque il buon professore non ha compiuto errori madornali probaiblmente molto di quello che hai letto è rintracciabilissimo in quello che ho scritto io, solo che io sono andato al nocciolo del problema che presumibilmente lo studioso ha dato per scontato.
Ma qui si tratta di un'elaborazione capace di essere consapevole, e sinceramente visti i progressi dell'AI non è davvero nulla di così "strano".
Ah si? L'AI è capace di essere consapevole di sé stessa? Caaaspita. :ironico:
Fosse vero Mauro (e non lo può essere perché, come ho dimostrato, un atto riflessivo è impossibile ad una materialità), spiegami chi c'è dietro la programmazione di un'elaboratore capace di pensare sé stesso ? E' nato da solo?
- Ma dai, ci siamo noi
- Esatto noi!E dietro la nostra AI chi c'è allora?
- Ovvio: .... nessuno.
- Nessuno? MA se guardiamo al reale...
- SILENZIO!
Va bene... sempre lì siamo.
Al di là di tutto, che ci siano passaggi di INFORMAZIONI ed ELABORAZIONI nel cervello e che queste sono il nostro pensiero, le prove ci sono.
Ancora? Come ti ho scritto il fatto che ci siano passaggi di energia non dimostra che:
- tale energia si sappia pensare! Non hai prove di questo e non ne puoi avere, quindi devi dare per scontato, per la tua personale visione dell'esistente, che tale possibilità all'energia sia preclusa. Eppure tu, che sei energia, ti pensi. CASINO!
- che relazioni due fatti fra loro slegati ("energia che si muove" e "fidarsi di uno che ti dice di aver pensato una tal cosa") e li relazioni in base ad un passaggio che senti essere il più logico possibile (causa-effetto). Ma sto principio "causa-effetto" come fai a sapere sia vero? CHE ESISTA?! Hai qualche monitor che si illumina?
La consapevolezza ne è una delle funzioni, una delle elaborazioni.
Dunque per te l'energia si può pensare? A parte che è un assurdo logico, mi spieghi da dove prendi questo principio che è illogico? In pratica è come se pretendessi di forzare la logica per avere un principio che faccia da appiglio per spiegare logicamente la tua personale metafisica.
Questo è piegare la logica e con essa il reale.
Mo dimmi tu invece se hai evidenze che invece questo dipende da una qualche entità altra.
No perchè ci deve essere un punto di passaggio dell'informazione da questa entità al cervello e viceversa, e questo sarebbe VISIBILE.
Primo: se fosse visibile nel modo in cui intendi tu non potrebbe essere autoriflessiva per come lo intendo io.
Secondo: non c'è ALTRA ENTITA', affatto!
Tu dissoci l'anima o la forma (tale termine va inteso in senso aristotelico!) dall'oggetto conosciuto (la sostanza): questa separazione è solo intellettuale ma non reale ed è l'errore logico del dualismo puro corpo/anima (e credo di ogni dualismo). Una torta triangolare ha in atto sia forma che materia: quando la tagliamo non è più una torta triangolare! Ha perso la forma. E più la tagliano meno torta triangolare essa è. Se guardo al corpo umano, cervello incluso, non posso distinguere la forma separata dalla materia.
Taglio un braccio: resta un uomo! Oppure no? Allora il braccio non fa l'uomo? Beh...
Taglia una gamba: resta un uomo.
Un tronco senza arti: resta un uomo. boh...
Togli un pezzo di cervello: cambia umore, ma questo continua a PENSARSI! Bel casino eh?! Che sia proprio questo pensarsi ciò che forma "uomo"? Ma dove si trova il punto dove il Cervello SI PENSA? Ah non è così? Non siamo più alla ghiandola pinneale di Descartes? Meno male... dunque è tutto collegato in modo incomprensibile? Beh, ma se togli un pezzo salta fuori che lui si pensa lo stesso quindi non è TUTTO collegato come lo intendi tu! E come la risolviamo?
Questo è riduttivismo e il riduttivismo scientista ha le sue brave magagne illogiche che non sa risolversi (e quindi le scavalca).

Se comincio a guardare gli stati di eccitazioni dei neuroni, ne vedo dei meccanismi, ma di certo non vedo e non vedrò mai l'anima, la forma, il pensiero che si pensa, chiamala come vuoi.
La differenza tra una forma qualunque e la forma umana è che questa pensa se stessa e si pensa come pensiero. Certo, quando si pensa, tutto un insieme di neuroni interagiscono in un modo particolare e questo l'abbiamo scoperto grazie alle scienze seconde, quelle particolari, quelle della natura. ma è proprio questa particolarità del pensarsi fa si che è per forza l'uomo sia assolutamente un'unità: se fosse composta di elementi non potrebbe nello stesso atto essere oggetto e soggetto del suo atto cognitivo! Pertanto alla tua domanda c'è una sola rispsota: non esiste altra entità, ma esiste l'uomo che è CORPO+ANIMA insieme (e occhio: questa è una separazione SOLO INTELLETTUALE come già ti scrissi!). Anima intesa quindi come pensiero che pensa tutto compreso sé stesso. PENSIERO CHE FORMA TUTTO compreso sé stesso! Non è l'anima ad essere nel corpo, è il corpo ad essere nell'anima, ad essere animato!
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Messaggio da Mauro1971 »

minstrel ha scritto: Il tuo pensiero è onanista! Oppure tu non sai di pensare?! Io non cerco un meccanismo (vedi che sempre lì siamo!), ma mi attengo al reale. E il reale è questo: io penso.
Accidenti.. però SO di pensare. Caspita, il pensiero mi dice che sto pensando. Cioè, meglio: il mio pensiero si sa pensare e sa anche pensare a me e quindi mi da una concretezza... miiiii!
E perchè non dovrebbe, perchè il tatto non tatta e l'olfatto non si olfatta?
Il pensiero è altra cosa dai 5 sensi, il ragionamento di per se non regge, non ha alcuna base.
L'autoconsapevolezza.
Esatto: this is the question. Leggiti il mio primo intervento qui e vedrai che "sbraito" questo argomento da sempre. :sorriso:
E puoi sbraitare quanto vuoi, ma la cosa non ha fondamento. I presupposti sono errati.
A parrte che è tutt'altra storia da quella del buon Moscone, alla quale comunque non hai risposto alle mie eccezioni ma hai tirato fuori un'altro tema.
Del buon Moscone non ho letto manco una riga perché non mi interessa la sua interpretazione della metafisica tomista, del resto rispondevo a te quando il thread si è spostato sulle neuroscienze. Ma indirettamente ho risposto anche sull'anima. Resta da dire che se comunque il buon professore non ha compiuto errori madornali probaiblmente molto di quello che hai letto è rintracciabilissimo in quello che ho scritto io, solo che io sono andato al nocciolo del problema che presumibilmente lo studioso ha dato per scontato.
No, parlava di altro, ed i miei post sono in risposta alle sue tesi, che sono l'argomento della discussione.
Ma qui si tratta di un'elaborazione capace di essere consapevole, e sinceramente visti i progressi dell'AI non è davvero nulla di così "strano".
Ah si? L'AI è capace di essere consapevole di sé stessa? Caaaspita. :ironico:
Ho detto questo? Non ho detto questo.
Fosse vero Mauro (e non lo può essere perché, come ho dimostrato, un atto riflessivo è impossibile ad una materialità)
Non lo hai per nulla dimostrato. Hai dato dei postulati senza basi concrete.
, spiegami chi c'è dietro la programmazione di un'elaboratore capace di pensare sé stesso ? E' nato da solo?
- Ma dai, ci siamo noi
- Esatto noi!E dietro la nostra AI chi c'è allora?
- Ovvio: .... nessuno.
- Nessuno? MA se guardiamo al reale...
- SILENZIO!
Va bene... sempre lì siamo.
Andiamo ancora un po' OT?
Stai per caso cercando di buttare tutto in caciara, così da inficiare il discorso sino qui portato avanti prima dei tuoi interventi?
E comunque basta con ste assurdità di paragonare un manufatto ad un oggetto naturale su.
Al di là di tutto, che ci siano passaggi di INFORMAZIONI ed ELABORAZIONI nel cervello e che queste sono il nostro pensiero, le prove ci sono.
Ancora? Come ti ho scritto il fatto che ci siano passaggi di energia non dimostra che:
- tale energia si sappia pensare! Non hai prove di questo e non ne puoi avere, quindi devi dare per scontato, per la tua personale visione dell'esistente, che tale possibilità all'energia sia preclusa. Eppure tu, che sei energia, ti pensi. CASINO!
- che relazioni due fatti fra loro slegati ("energia che si muove" e "fidarsi di uno che ti dice di aver pensato una tal cosa") e li relazioni in base ad un passaggio che senti essere il più logico possibile (causa-effetto). Ma sto principio "causa-effetto" come fai a sapere sia vero? CHE ESISTA?! Hai qualche monitor che si illumina?
Non hai dimostrato nulla Minstrel...
Vedi, quello che avviene nel cervello, in molti cervelli, nei moltissimi cervelli esaminati, è stato visto e studiato, e strano a dirsi i meccanismi sono esattamente gli stessi per tutti, le zone che lavorano le stesse e gli scambi tra queste identiche.
Questa è l'attività che avviene quando "pensiamo", quando siamo consapevoli.
Non c'è la minima traccia di nient'altro.
Per cui sta a te dimostrare che c'è altro, ma non con la tartaruga di Zenone, pure tu, porta delle prove, dei dati oggettivi verificabili.
Ci sarà almeno una traccia indiretta di questa "anima"... non può non esserci.
Ma ovviamente tutto quello che hai è "il pensiero si pensa", che fra l'altro non vuol dire assolutamente nulla, in quanto dai delle qualificazioni arbitrarie senza spiegare minimamente come questo avvenga.

Per me, dove la consapevolezza è "semplicemente" una funzione del nostro cervello, la cosa ha perfettamente senso e rientra nelle osservazioni effettuate.

Le tue tesi dove sono state osservate? Come? Quando?
Ripeto, hai prove a sostegno delle tue affermazioni?
La consapevolezza ne è una delle funzioni, una delle elaborazioni.
Dunque per te l'energia si può pensare? A parte che è un assurdo logico, mi spieghi da dove prendi questo principio che è illogico?
Non c'è alcun assurdo logico, se non le posizioni.
In pratica è come se pretendessi di forzare la logica per avere un principio che faccia da appiglio per spiegare logicamente la tua personale metafisica.
Questo è piegare la logica e con essa il reale.
Questo è ciò che fai tu, cercando di negare delle evidenze tramite l'utilizzo di una logica inconsistente.
Mo dimmi tu invece se hai evidenze che invece questo dipende da una qualche entità altra.
No perchè ci deve essere un punto di passaggio dell'informazione da questa entità al cervello e viceversa, e questo sarebbe VISIBILE.
Primo: se fosse visibile nel modo in cui intendi tu non potrebbe essere autoriflessiva per come lo intendo io.
Secondo: non c'è ALTRA ENTITA', affatto!
Tu dissoci l'anima o la forma (tale termine va inteso in senso aristotelico!) dall'oggetto conosciuto (la sostanza): questa separazione è solo intellettuale ma non reale ed è l'errore logico del dualismo puro corpo/anima (e credo di ogni dualismo). Una torta triangolare ha in atto sia forma che materia: quando la tagliamo non è più una torta triangolare! Ha perso la forma. E più la tagliano meno torta triangolare essa è. Se guardo al corpo umano, cervello incluso, non posso distinguere la forma separata dalla materia.
Taglio un braccio: resta un uomo! Oppure no? Allora il braccio non fa l'uomo? Beh...
Taglia una gamba: resta un uomo.
Un tronco senza arti: resta un uomo. boh...
Ok, non hai alcuna prova.
Ma almeno dillo, che ti costa? Ste strisciatine da prete...
Togli un pezzo di cervello: cambia umore, ma questo continua a PENSARSI! Bel casino eh?!
E qua ne hai detta una molto grossa, ma molto grossa Minstrel.
Dipende da quale danno viene subito, e dal DOVE si ha il danno.
I casi di cui ho parlato sin'ora sono molto specifici e rientrano in studi che riguardano appunto il pensiero nel suo insieme.
Danneggia a sufficienza il cervello e non avrai alcun tipo di consapevolezza.

Per darti un esempio semplice, terra a terra, mia nonna ha avuto un'ischemia, e spesso non sapeva davvero cosa era, dove era, cosa stesse facendo.

Per cui no Minstrel, questo che affermi è del tutto falso.
Che sia proprio questo pensarsi ciò che forma "uomo"? Ma dove si trova il punto dove il Cervello SI PENSA?
Mi fa piacere che ti sei messo a scrivere senza leggerti i vari interventi della discussione.
Rileggiteli, ne abbiamo parlato ben benino con Quixote. Io non mi ripeto, non ne ho voglia.
Ah non è così? Non siamo più alla ghiandola pinneale di Descartes? Meno male... dunque è tutto collegato in modo incomprensibile? Beh, ma se togli un pezzo salta fuori che lui si pensa lo stesso quindi non è TUTTO collegato come lo intendi tu! E come la risolviamo?
Questo è riduttivismo e il riduttivismo scientista ha le sue brave magagne illogiche che non sa risolversi (e quindi le scavalca).
Veramnente sei tu che stai riducento il tutto con "ne taglio un pezzettino".
Taglia un "pezzettino" di cervelletto, poi me lo racconti...
Se comincio a guardare gli stati di eccitazioni dei neuroni, ne vedo dei meccanismi, ma di certo non vedo e non vedrò mai l'anima, la forma, il pensiero che si pensa, chiamala come vuoi.
Sono stati di attività, non di eccitazione. Quelli sono gli elettroni.
Potrai anche non volerceli vedere, ma il fatto è e rimane che è tutto ciò che c'è da vedere.
Se hai altro da mostrare, se hai l'attività di questa "anima" o quanto meno l'attività celebrale relativa alla "ricezione" di input dall'anima, mostraceli Minstrel.
Ce li hai?
La differenza tra una forma qualunque e la forma umana è che questa pensa se stessa e si pensa come pensiero.
E' tutto da vedere pure questo, i primati hanno la consapevolezza di se stessi.
Certo, quando si pensa, tutto un insieme di neuroni interagiscono in un modo particolare e questo l'abbiamo scoperto grazie alle scienze seconde, quelle particolari, quelle della natura. ma è proprio questa particolarità del pensarsi fa si che è per forza l'uomo sia assolutamente un'unità: se fosse composta di elementi non potrebbe nello stesso atto essere oggetto e soggetto del suo atto cognitivo!
Oibò... e perchè mai no???
Pertanto alla tua domanda c'è una sola rispsota: non esiste altra entità, ma esiste l'uomo che è CORPO+ANIMA insieme (e occhio: questa è una separazione SOLO INTELLETTUALE come già ti scrissi!). Anima intesa quindi come pensiero che pensa tutto compreso sé stesso. PENSIERO CHE FORMA TUTTO compreso sé stesso! Non è l'anima ad essere nel corpo, è il corpo ad essere nell'anima, ad essere animato!
Hai le prove?
Immagini, punti dove è evidente l'azione dell'anima di animare il corpo.
Dai su, se c'è ci devono essere per forza, non puoi non averle.
Ce le hai?

Alla fine Minstrel, da buon Teista, su questi argomenti non puoi portare che "giustificazioni dell'assenza".

Non c'è la benchè minima indicazione reale e concreta dell'esistenza dell'anima, e per poter dire "esiste" sei costretto ad arrampicarti sugli specchi in speculazioni che sono del tutto autoreferenziali, che si basano su assunti spesso un po' ingenui e decisamente vetusti.

Ma il nocciolo è sempre li, non hai uno straccio di prova, indizio, una briciolina di "qualcosa". Niente.
ATTENZIONE: ALTA POSSIBILITA' DI CONTENUTI FORTEMENTE DISSACRANTI.
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Dapprincipio mi sono tirato fuori dalle questioni che sono state sollevate per ragioni di tempo e di competenze specifiche.
Non me ne voglia Mauro se rientro in gioco e magari scrivo delle cose che potrebbero non essere condivise da lui, o da altri che stanno continuando a discettare sui massimi sistemi. Badate bene che con l' espressione "massimi sistemi" intendo far riferimento nello specifico ad un insieme di teorie che hanno la pretesa di spiegare tutto il reale razionalmente.
Ho notato che quando si parla di anima, parola che compare nella Bibbia nella versione latina, si dimentica che questa nozione è stata introdotta da Platone per una ragione importante. Fu proprio Platone a dire che se vogliamo costruire un sapere che sia valido per tutti dobbiamo lavorare con i costrutti della mente, con idee e con numeri. Dunque è stato Platone ad impostare quello che oggi chiamiamo il pensiero scientifico. Tutto questo non ha nulla a che vedere con cio' che diceva Agostino di Tagaste riguardo l' anima che si stacca dal corpo. Piuttosto secondo Platone non possiamo far riferimento al corpo e ai nostri sensi perché il corpo diviene ed è soggetto a passioni, malattie umori. Per superare la soggettivita' delle impressioni non possiamo assumere il corpo come criterio di un sapere universale. Piu' tardi Cartesio raccogliera' questo concetto di anima radicalizzando.

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Non intendo intervenire nella discussione fra Mauro e lo all-star team del forum. Desidero solo riallacciarmi a una frase di Minstrel per accennare alla mia (eretica) idea di anima. La frase è questa: "Non è l'anima ad essere nel corpo, è il corpo ad essere nell'anima, ad essere animato!"

Premetto che per me la mia anima non esiste. Io esisto, ma la mia anima è. Non credo che la mia anima sia nata al momento del mio concepimento, poichè tutto ciò che nasce muore, ciò che ha inizio ha una fine. Non posso prendere un punto nello spazio e dire "da qui comincia una retta infinita", allo stesso modo non posso prendere un momento nel tempo e dire "da qui comincia l'eternità". La logica non me lo permette, sarebbe come pretendere di tagliare a metà l'infinito, cosa non possibile. La mia identità di persona è nata con me, e con me, presumo, è destinata a morire. Fra l'uno e l'altro di questi momenti io dovrei vivere secondo ciò che la mia anima mi suggerisce, per essere in questo mondo, in questo tempo, la sua estrinsecazione. Ci riesco? mi lascio confondere da altri richiami, altre pulsioni? Tradisco la mia anima o le sono fedele? Ma la domanda impossibile, quella a cui non posso assolutamente rispondere è questa: quali effetti il mio vivere, le mie scelte, hanno sulla mia anima? quali conseguenze? Forse la risposta l'avrò al di là di questa vita. Ci spero. Nel frattempo cerco di vivere in modo tale da non essere una delusione per me stessa.

Presumo che qualcuno, vendo letto questo, penserà che ciò di cui parlo non è anima ma spirito, idea platonica, che corrisponde al δαίμων o a chissà che altro. Non occorre che lo scriviate, non pretendo di essere originale. Di una sola cosa vi prego, con forza: non accomunatemi alla New Age. Quello non lo sopporterei proprio.
Compiacersi di aver ragione è sgradevole - Avere troppa coscienza di sé è odioso - Commiserarsi è infame
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