Ciao Cercaverità; scusami se ti spezzetto il discorso, ma qua fa un caldo bestiale, e non ho la mente sufficientemente rilassata per imbastirti con coerenza un discorso lungo e complesso. Del resto non mi sembra del tutto inopportuno, in questo caso, che ogni punto meriti una trattazione a parte.
Cercaverità ha scritto:Detto in parole povere già in altre parti, non si può dimostrare nè che Dio esiste nè che non esiste
Su questo c’è un sufficiente accordo. Se non che le due cose non stanno sullo stesso piano. Non stiamo parlando del Dio cristiano, ma di un generico Creatore. Abbiamo un dato, il mondo, qualunque cosa esso sia; in termini di puro idealismo potrebbe essere anche una rappresentazione della nostra mente, in termini di rigido materialismo le nostre stesse idee divengono cosa concreta e corporea. Peggio, in termini nichilisti (e potrebbe essere la posizione che prediligo) siamo nulla, ovvero il mondo è Nulla. Ma nella vita è una posizione insostenibile, perché rende vano tutto quello che facciamo o diciamo. Porsi in questa ottica rende inutile ogni discorso, tanto piú i nostri. È inutile che stiamo a parlare di fede, se partiamo da questo presupposto, perché in questo caso la fede, lungi da essere un’illusione, sarebbe nulla,
sic et simpliciter. Parleremmo e fin qui avremmo parlato di niente, come Mercuzio. Quindi dobbiamo giocoforza ammettere questo dato, il mondo, o tacere. La domanda che subito dopo ci poniamo è: Perché esiste? Le risposte possono essere, e sono in effetti, assai diverse. Rimane però che la dimostrazione sta a chi la propone, cioè sta al credente dimostrare che Dio esista, come sta allo scienziato dimostrare il Big Bang. La ragione è per essenza negativa, non positiva. Vale a dire che la ragione non deve dimostrare che Dio non esista, come non deve dimostrare che esista l’unicorno rosa. Sta a chi sostiene che esiste l’unicorno rosa, o a chi sostiene che Dio esista, qualunque Cosa sia, dimostrarne l’esistenza. Ed è indimostrabile. Mentre vi sono alternative che hanno, almeno, supporti logici e scientifici, anche se occorre ammettere che non giungono a un vero principio primo (e di che natura? per es. l’amore è un suo attributo? ecc. Per farlo coincidere col Dio cristiano occorrerebbe moltiplicare ipotesi su ipotesi, giungendo ogni volta a un risultato piú ipotetico).
Cercaverità ha scritto:Sul discorso che l'ateismo non è di conforto ai moribondi aggiungerei che non lo è neanche ai vivi.
Discorso pericoloso. La prima frase è ambigua, perché se l’ateo è il moribondo, ogni “conforto” sarebbe inutile. Se l’ateo è il “confortatore”, pensare che non possa farlo come e forse anche meglio di un credente è 1) indimostrabile 2) perfino razzista. Di fatto madre Teresa ai moribondi portava l’acqua del Gange, invece del crocifisso; come un ateo non sta a
predicare di carne ai vermi in quei momenti, ma è capacissimo, ove lo ritenesse opportuno, e il moribondo fosse credente, di dirgli: ti stai addormentando nelle braccia del Signore. Sono i predicatori ottusi e improvvisati che su queste cose hanno idee insulse, insane e non meditate, oltre che razziste.
Sulla seconda frase devi riflettere che confortare significa, etimologicamente ‘render forte’. Ergo un ateo non ne dovrebbe aver bisogno, in quanto forte di suo: avevo citato altre volte Marx:
bisogna abbandonare illusioni sulla propria condizione per giungere a una condizione che non ha bisogno di illusioni. Questo percorso l’ateo, in teoria, l’ha fatto, e tradotto in soldoni significa che l’ateo, se coerente, è psicologicamente forte, e non ha bisogno di conforti; il credente è debole, e costretto al conforto dell’illusione. Quale delle due è veramente la condizione migliore?
Cercaverità ha scritto:Le ingiustizie in questa vita rimarranno impunite
Di fatto questo è la vita. Non è forse questo che succede? E forse che l’ateo lo accetta? Piuttosto lo riconosce, e cerca di combattere l’ingiustizia. Il credente invece si affida all’illusione di una giustizia ultraterrena. E magari diventa accidioso, tanto ci penserà Dio. E se non lo diventa, partecipa a questa vita, e si scorda di Dio. Sto generalizzando, naturalmente, non faccio di tutta l‘erba un fascio. Ma se mi mettessi a far della casistica non basterebbe l’intero forum. Si è comunque gia rilevato che da questa constatazione non deriva nulla. O la si accetta cosí com’è, o, a volerne dedurre il sillogismo che Dio esista (del Quale poi non sappiamo se la giustizia sia un attributo) si cade nelle aporie dell’esigenzialismo.
Cercaverità ha scritto:ci sarebbe poi il discorso di definire ciò che è bene e ciò che è male
Ci avevano già provato da un pezzo i filosofi, assai prima di Cristo; ergo Cristo non è strettamente necessario a questa definizione. Naturalmente non se ne può non tener conto, dopo Cristo e il pensiero cristiano. Ma questo non è strettamente necessario a un discorso sull’etica, tant’è che è sempre piú affrontato, oggi come oggi, in maniera “laica”, anche se la teologia ha tutto il diritto di occuparsene. Però spesso ci ha scritto sopra boiate. Come la filosofia “laica”, del resto.
Cercaverità ha scritto:e ci si chiede se vale la pena di lottare ecc. se tanto si muore e si lascia tutto. Al massimo lo scopo principale può diventare quello di avere una discendenza, l'unica cosa che rimarrà di noi dopo che sarremmo morti. Discorso relativo anche questo visto che tanto smetteremmo di esistere
Appunto. In un ottica cristiana che senso ha lottare? Tanto questa vita è nulla, in confronto all’eterno che ti è riservato. Viceversa se hai solo questa, di vita, lottare ha senso sí, eccome, preferibilmente per qualcosa di etico e di buono. Anche questo non significa nulla, se non che i pro e i contro sono relativi, e che un punto di vista non può essere considerato, a priori, superiore all’altro. Il discorso sulla discendenza era già stato affrontato da Platone, come sa anche chi ha letto Foucault, aggiungendo altri due palliativi al desiderio di immortalità dell’uomo. Ma ti annoierei su questo. Del resto ne hai ben colto la relatività.
Cercaverità ha scritto:L'ateismo insomma distruggerebbe un sistema basato sulle illusioni necessarie di foscoliana memoria senza sostituirlo con qualcosa di utile
Sí, è vero: la ragione, come detto sopra, è negativa. Il suo pregio è distruggere le illusioni. Il suo difetto non costruirci sopra nulla. Ma se non hai nulla con cui costruire, che puoi costruire? Un’altra illusione? Io non vedo utile in questo, se non egoistico e utilitaristico. E questo lo chiameresti religione? se sí, ne faccio volentieri a meno.
Cercaverità ha scritto:Unico vantaggio la libertà da un sistema che può essere usato ed è stato usato più volte per opprimere cioè la religione e chi la controlla
Discorso politico, non prettamente etico, quindi marginale, anche se riconducibili entrambi alla ragion pratica. Non mi pare, in quanto ateo, di vedervi un vantaggio. Solo una soluzione a problemi pratici, non troppo pertinenti al tema.
Cercaverità ha scritto:Forse è per questo che la maggior parte di noi crede comunque in qualcosa oltre la morte.
Quasi un’idea innata, a prescindere che l’innatismo, specie dopo Locke, sia assai in discussione; in effetti, in una società teoricamente atea, questa credenza potrebbe presentarsi assai meno. Il punto è che ciò, al solito, non prova nulla, anzi! Ricordi la frase di Spock che avevo citata a p. 3 del thread?:
Gli umani hanno una sorprendente capacità di credere in ciò che vogliono ed escludere ciò che provoca loro dolore. È una constatazione che dovremmo tener presente. La nostra ragione è ingannevole, specie quando forzata in direzioni irrazionali dalle nostre emozioni e dai nostri desideri.
Cercaverità ha scritto:Io per esempio credo in Dio e in una vita oltre la morte proprio perché mi sembra assurdo avere l'intelligenza per fare questi ragionamenti e che tutto quello che siamo e che sappiamo sia destinato a svanire
Idea in certo qual senso idealistica, ma minata dall’emozione di non sapere accettare l’effimero che è in noi. La domanda purtroppo rimane sempre quella e si confà al tuo nick:
cerchi la verità, o il tuo utile? Ora io non dico che le due cose non possano coesistere. Il punto è che non necessariamente coesistono, perchè questa coesistenza è indimostrabile. Sicché, in definitiva, la scelta della fede è un atto volitivo, non intellettivo. Con tutti i rischi che una scelta presenta. Come la contraria, del resto.
PS – Meraviglioso Rutger Hauer.