Davvero “Non dovete mangiare nulla insieme al sangue”? (Lv. 19, 26)

Tutto ciò che riguarda la dottrina dei Testimoni di Geova.

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Quixote
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Davvero “Non dovete mangiare nulla insieme al sangue”? (Lv. 19, 26)

Messaggio da Quixote »

Poiché mi diletto di letture “serie”, o presunte tali, e non di spazzatura internettiana e geoviana, men che mai di letture apologetiche, ma di solito rigorosamente scientifiche, o perlomeno serie nella divulgazione, mi è capitato, tempo fa, di imbattermi in uno strano articolo, di una studiosa che non saprei ben definire, perché se possiedo almeno qualche base per leggere il NT in lingua originale, dell’ebraico e dell’aramaico ho una conoscenza decisamente infima, vale a dire leggo con fatica l’alfabeto, bestemmio sui segni che suggeriscono le vocali, e conosco appena epidermicamente la sua struttura sintattica, solo per il fatto che uno studioso di linguistica non può ignorare del tutto la diversa concezione del tempo nelle varie epoche, e nelle varie geografie (v. l’es. dei Lakota, di cui parlai anni fa).

Non che io creda a priori a Chiara Peri, redattrice dello scritto che vi passo, anzi, dentro di me sorgono parecchie obiezioni; nondimeno è saggista assolutamente laica, fuori di ogni confessione – almeno riguardo a quello che qui scrive – e per altro impegnata anche in campo sociale, con interessi, non solo letterari, che debordano dalla storia antica all’analisi di quella recente e contemporanea, in aspetti che riterrei invisi a certe “leghe del nord”. L’articolo, Negli anfratti della roccia, nel segreto della rupe. Un contributo alla storia della religione di Canaan, è tratto da «Historiae» 3 (2006), pp. 69-82. L’aveva citato tempo fa Ray (per la precisione la p. 81) a questo link, ad altro riguardo (le figlie di Iefte):

https://forum.infotdgeova.it/viewtopic.p ... 78#p326278

ove eventualmente potrete tuttora scaricarlo.

A me intriga la pagina successiva, e soprattutto il finale dell’articolo stesso. Eventuali commenti a dopo, per ora mi limito a dire che è curioso un passo antichissimo che fonda la kasherût, ovvero le regole alimentari stabilite dalla Torah, che alla kasherût, alla fin fine, potrebbero essere derivate da concezioni rituali di sangue precedenti, che con l’alimentazione avevano poco o nulla a che fare.

L’ipotesi è suggestiva, e confesso che fatico ad accettarla, ma, al momento, non trovo nulla di veramente sostanziale da opporvi, insipiente come sono di filologia ebraica. Cosí la sottopongo alla vostra attenzione, auspicando un dibattito sereno, se lo si ritenesse degno di qualche attenzione . Dopotutto si tratterebbe di scardinare alla base la teoria geoviana delle trasfusioni, e potrebbe valerne un po’ la pena. :risata: Ecco, senz’altro, la conclusione:
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Valentino
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Messaggio da Valentino »

על הדם=sul sangue

על הרים=sulle montagne

Non saprei localizzare adesso la fonte. Ma sembra che la variante attestata dalla LXX sia da attribuirsi ad una erronea lettura del traduttore. DALET e RESH si somigliano molto.
Ultima modifica di Valentino il 22/08/2017, 20:09, modificato 1 volta in totale.
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Ray
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Non capisco di ebraico antico ma se avesse ragione ...viva le preposizioni .

Messaggio da Ray »

Ma in pratica questa preposizione risultasse esattamente come sia localizzata cioè prima di sangue
la traduzione o l'analisi della Peri, inficerebbe il discorso sangue, che in pratica diventa sul sangue come
dire non mangerete sul sangue di un sacrificio o ecc..e non mangerete sangue .
:boh:
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Quixote
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Valentino ha scritto:על הדם=sul sangue

על הרים=sulle montagne

Non saprei localizzare adesso la fonte. Ma sembra che la variante attestata dalla LXX sia da attribuirsi ad una erronea lettura del traduttore. DALET e RESH si somigliano molto.
Il problema è proprio questo. Posto che la preposizione vale sul, non è certo la somiglianza grafica che ti indirizza alla scelta sul sangue, o sulle montagne, che agirebbe in entrambe le soluzioni: puoi infatti interpetare l’errore paleografico sia pro sangue, che pro montagne, tanto piú che della LXX abbiamo il greco, non l’ebraico. Mi pare assai interessante l’ipotesi finale della Peri, che io interpeto come sgradita a eventuali redattori dei testi ebraici rigidi nei confronti della legge ebraica, ma forse non consapevoli della sua origine, che potrebbe, e lo dico dubbiosamente, risalire a riti antichi abbandonati e dimenticati, che è poi l’ipotesi della Peri, se interpreto corettamente il suo scritto. Con la possibilità, che non considero affatto peregrina, che è vero che gli ebrei alessandrini avessero dimenticato qualcosa del loro patrimonio culturale, ma non che non sapessero interpretare e tradurre, in modo cosí discordante, l’ebraico, ove non vi fossero alla base testi in contrasto, o che ignorassero – questo davvero mi parrebbe inverosimile – le fondamenta della kasherût, sicché leggere sul sangue, per loro, sarebbe stato, o sarebbe dovuto essere davvero immediato, e non soggetto a banale travisamento, mentre invece potrebbe darsi quello che in filologia si definisce lectio difficilior, e in quanto tale, spesso da preferire, pur con tutti i dubbi che una scelta simile comporta. Se l’ipotesi fosse giusta, il versetto concorderebbe sul suo séguito che parla di indovini e maghi, ovvero di rituali pagani, invece che con i versetti precedenti, tesi invece all’osservanza delle norme sull’impurità. Una tesi varrebbe l’altra, e mi verrebbe da sorridere, se non divenisse a volte tragico, che i TdG affidino la loro vita a un testo dubbio, senza lontanamente immaginare che la loro interpretazione potrebbe essere fondata su un fraintendimento, o almeno, a un testo, in origine, per nulla pacifico nel significato.
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Messaggio da Valentino »

Quixote ha scritto:
Valentino ha scritto:על הדם=sul sangue

על הרים=sulle montagne

Non saprei localizzare adesso la fonte. Ma sembra che la variante attestata dalla LXX sia da attribuirsi ad una erronea lettura del traduttore. DALET e RESH si somigliano molto.
Il problema è proprio questo. Posto che la preposizione vale sul, non è certo la somiglianza grafica che ti indirizza alla scelta sul sangue, o sulle montagne, che agirebbe in entrambe le soluzioni: puoi infatti interpetare l’errore paleografico sia pro sangue, che pro montagne, tanto piú che della LXX abbiamo il greco, non l’ebraico. Mi pare assai interessante l’ipotesi finale della Peri, che io interpeto come sgradita a eventuali redattori dei testi ebraici rigidi nei confronti della legge ebraica, ma forse non consapevoli della sua origine, che potrebbe, e lo dico dubbiosamente, risalire a riti antichi abbandonati e dimenticati, che è poi l’ipotesi della Peri, se interpreto corettamente il suo scritto. Con la possibilità, che non considero affatto peregrina, che è vero che gli ebrei alessandrini avessero dimenticato qualcosa del loro patrimonio culturale, ma non che non sapessero interpretare e tradurre, in modo cosí discordante, l’ebraico, ove non vi fossero alla base testi in contrasto, o che ignorassero – questo davvero mi parrebbe inverosimile – le fondamenta della kasherût, sicché leggere sul sangue, per loro, sarebbe stato, o sarebbe dovuto essere davvero immediato, e non soggetto a banale travisamento, mentre invece potrebbe darsi quello che in filologia si definisce lectio difficilior, e in quanto tale, spesso da preferire, pur con tutti i dubbi che una scelta simile comporta. Se l’ipotesi fosse giusta, il versetto concorderebbe sul suo séguito che parla di indovini e maghi, ovvero di rituali pagani, invece che con i versetti precedenti, tesi invece all’osservanza delle norme sull’impurità. Una tesi varrebbe l’altra, e mi verrebbe da sorridere, se non divenisse a volte tragico, che i TdG affidino la loro vita a un testo dubbio, senza lontanamente immaginare che la loro interpretazione potrebbe essere fondata su un fraintendimento, o almeno, a un testo, in origine, per nulla pacifico nel significato.
Ammesso e non concesso che il testo sia dubbio, non è certamente l'unico testo in cui viene contemplato il divieto alimentare del sangue. Sempre nel libro del Levitico al capitolo 3 versetto 17 leggiamo: “‘È uno statuto a tempo indefinito per le vostre generazioni, in tutti i vostri luoghi di dimora: Non dovete mangiare alcun grasso né alcun sangue’”.

Ed ancora in Deuteronomio 12:23: "Soltanto sii fermamente risoluto a non mangiare il sangue[...]".

Ritengo che la Peri faccia un errore madornale nelle premesse, ovvero quando afferma che Levitico 19:26 sia nientemeno che il "versetto che fonda il divieto di mangiare sangue". Mi sembra un'esagerazione non da poco. Levitico 19:26 non è mica un versetto "fondante". Il divieto alimentare del sangue oltre ad essere chiaramente contemplato in altri versetti è anche contemplato nella normativa relativa alla corretta macellazione degli "animali puri" in cui viene specificato che le carni degli animali consentiti devono essere dissanguati.

(Levitico 17:13) “‘In quanto a qualunque uomo dei figli d’Israele o a qualche residente forestiero che risiede come forestiero in mezzo a voi il quale prenda a caccia una bestia selvaggia o un volatile che si può mangiare, ne deve versare in tal caso il sangue e lo deve coprire di polvere.
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virtesto
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E come vi mettete d'accordo con la macellazione rituale?

Messaggio da virtesto »

L'animale viene sgozzato con lama tagliente affilatissima con animale cosciente in modo che lui stesso aiuti a fa uscire il sangue. Poi la carne viene trattata, salata e non ricordo quant'altro in modo che esca il sangue anche dai capillari. Risulta, per me buongustaio di carne, un pezzo di roba sbiancata immangiabile. Fanno tutto questo perchè l'ebreo osservante NON DEVE MANGIARE SANGUE.

Quindi anche la macellazione rituale è sbagliata?
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Messaggio da Quixote »

Non so, e non mi interessa, perché non lo considero pertinente al discorso. Ove altri la pensi diversamente, starà a lui commentare.
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Messaggio da Quixote »

Valentino ha scritto:
Ammesso e non concesso che il testo sia dubbio, non è certamente l'unico testo in cui viene contemplato il divieto alimentare del sangue. Sempre nel libro del Levitico al capitolo 3 versetto 17 leggiamo: “‘È uno statuto a tempo indefinito per le vostre generazioni, in tutti i vostri luoghi di dimora: Non dovete mangiare alcun grasso né alcun sangue’”.

Ed ancora in Deuteronomio 12:23: "Soltanto sii fermamente risoluto a non mangiare il sangue[...]".

Ritengo che la Peri faccia un errore madornale nelle premesse, ovvero quando afferma che Levitico 19:26 sia nientemeno che il "versetto che fonda il divieto di mangiare sangue". Mi sembra un'esagerazione non da poco. Levitico 19:26 non è mica un versetto "fondante". Il divieto alimentare del sangue oltre ad essere chiaramente contemplato in altri versetti è anche contemplato nella normativa relativa alla corretta macellazione degli "animali puri" in cui viene specificato che le carni degli animali consentiti devono essere dissanguati.

(Levitico 17:13) “‘In quanto a qualunque uomo dei figli d’Israele o a qualche residente forestiero che risiede come forestiero in mezzo a voi il quale prenda a caccia una bestia selvaggia o un volatile che si può mangiare, ne deve versare in tal caso il sangue e lo deve coprire di polvere.
Il fatto che il divieto alimentare sia espresso altrove, cap 3 versetto 6, non implica nulla sulla sua derivazione. Non puoi smontare una deduzione filologica con una teologica, non ha senso. Idem per Dt. 12,23 o per Lv 17, 13. Non credere che non li abbia considerati, anzi da lí nascevano e nascono i miei dubbi. Ma tutto ciò denota una “ideologia”, giusto per non chiamarla teologia, e non costituisce prova dell’insussistenza della tesi “storica” della Peri, a meno che non si possa dimostrare che questi versetti siano antichissimi rispetto a Lv 19,26, e se anche fosse non ci direbbero nulla sull’origine dello stesso, e degli stessi, perché è l’origine, non la riflessione di tardi esegeti, mirati alla kasherût e alla sua difesa, che è per l’appunto in discussione, e quindi non probante che tu dica che a una certa epoca vigevano precisi rituali e precise regole, che non ci dicono nulla sull’origine degli stessi. La conclusione dedotta da passi paralleli, ci attesta solo cosa gli Ebrei ritenevano corretto ai fini della loro dottrina, in una determinata epoca, ma non ci dicono assolutamente nulla se quella dottrina fosse fondata su basi storiche o archeologiche, o sullo spirito del tempo. O mi vorresti suggerire che è la teologia, quella che conta, e non il decorso filologico su cui si fonda? Che sarebbe, a dirla in breve, omaggio alla sola Scriptura, cui il mio pensiero è del tutto alieno.

Non conta nulla che Lv. 19, 26 non sia un versetto fondante, perchè la filologia se ne sbatte di ciò che è fondante (una teologia appunto. ma che scherziamo?), ma mira al fatto, e il fatto è che quel versetto mette in discussione la teologia stessa, che ciascuno è libero di accettare o non accettare nel suo cuore, ma, secondo ragione, deve prima dimostrare non in base a versetti paralleli, che sarebbe aderenza pseudoprotestante, ma in base ad elementi storici, antropologici, sociologici, paleografici, filologici, che la scelta della Peri sia errata. Trovo anch’io balzano il suo volo su crepacci e riti sanguinari sui monti. Ma non è con la mia impressione che la contesto, anzi la lettura di tanti riti consimili rende il fatto verosimile. Ciò che è complesso e problematico da dimostrare è che Lv 19, 26 vi si riferisca. Ma non è con citazioni parallele che lo si può contestare, che sarebbe appunto il pensiero di rabbini ortodossi, a fronte di riti originari di cui non comprendevano, secondo la stessa, poco o nulla. Occorre piuttosto negare il rito originario, che di sicuro non è certo, ma non lo si ribalta raccontando che gli scribi ebrei se ne erano dimenticati e parlavano d’altro, perché proprio questo è in discussione, e quel sulle montagne pesa come un macigno, considerato che paleograficamente e filologicamente non è per nulla interpretazione inferiore rispetto alla tradizionale. Magari si riferisce ad altro, che la Peri non ha affatto intuito, e si è affidata a un volo pindarico. Ma di certo le tue argomentazioni, non filologiche, ma teologiche, non lo smontano.
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Messaggio da deliverance1979 »

virtesto ha scritto:L'animale viene sgozzato con lama tagliente affilatissima con animale cosciente in modo che lui stesso aiuti a fa uscire il sangue. Poi la carne viene trattata, salata e non ricordo quant'altro in modo che esca il sangue anche dai capillari. Risulta, per me buongustaio di carne, un pezzo di roba sbiancata immangiabile. Fanno tutto questo perchè l'ebreo osservante NON DEVE MANGIARE SANGUE.

Quindi anche la macellazione rituale è sbagliata?
Dipende se la macellazione rituale fa parte del comando biblico, quindi dato direttamente da Dio, oppure se fa parte delle famosi tradizioni umane che si sono aggiunte dopo.

Che io mi ricordi, Dio disse solamente che si doveva scannare l'animale, non quanto sangue doveva scorrere, in che posizione doveva essere l'animale quando veniva scannato, o quanti chili doveva pesare prima di essere ucciso e ricontrollato poi una volta scannato per valutare quanto sangue effettivamente fosse uscito.

Che il non mangiare sangue era una cosa legata principalmente ad un rituale, questa è a mio avviso l'interpretazione migliore, poichè i cristiani, nel primo secolo, rifiutavano di mangiare sanguinacci, cibo tipicamente pagano ed offerto loro in determinate circostanze e da determinate persone.

Anche perchè, il passo biblico che cito sempre, dove gli israeliti dopo una battaglia stanchi per l'inseguimento, mangiarono carne con sangue, non vennero uccisi, ma semplicemente ripresi ed esortati prima a scannare.

Pertanto, l'estremizzazione dello scannamento, in uso nella religione ebraica ed islamica (praticata poi solo dai più convinti) è solamente un modo esteriore per manifestare la propria fede andando a scolare il moscerino, come poi avrebbe detto Gesù.
« Senza aver visto la Cappella Sistina non è possibile formare un'idea apprezzabile di cosa un uomo solo sia in grado di ottenere. »
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Messaggio da Valentino »

Quixote ha scritto:Il fatto che il divieto alimentare sia espresso altrove, cap 3 versetto 6, non implica nulla sulla sua derivazione.
Sicuramente. Non mi sembra di aver detto il contrario.
Quixote ha scritto:Non puoi smontare una deduzione filologica con una teologica, non ha senso.
Ed anche su questo punto siamo ovviamente perfettamente d'accordo. E non so perché me l'attribuisci.
Quixote ha scritto:Non credere che non li abbia considerati, anzi da lí nasccevano e nascono i miei dubbi.
Per l'appunto.
Quixote ha scritto:Ma tutto ciò denota una “ideologia”, giusto per non chiamarla teologia, e non costituisce prova dell’insussistenza della tesi “storica” della Peri
I miei rilievi non andavano in questa direzione. Cercavo il "fondamento" della premessa. Altrimenti la "tesi" della Peri si riduce ad una petitio principii. Ammettendo come corretta la "tesi filologica", o ipotesi che dir si voglia, tale tesi non ci da informazioni storiche, e per le ragioni che tu stesso ammetti poco dopo. Infatti scrivi:
Quixote ha scritto:a meno che non si possa dimostrare che questi versetti siano antichissimi rispetto a Lv 19,26, e se anche fosse non ci direbbero nulla sull’origine dello stesso, e degli stessi, perché è l’origine, non la riflessione di tardi esegeti, mirati alla kasherût e alla sua difesa, che è per l’appunto in discussione, e quindi non probante che tu dica che a una certa epoca vigevano precisi rituali e precise regole, che non ci dicono nulla sull’origine degli stessi.
Appunto. E nemmeno probante è dimostrare su base filologica che il divieto di Levitico 19:26 non si riferisce all'uso alimentare del sangue ma a riti orgiastici che avvenivano sulle montagne. La stessa argomentazione si riverbera sulla tesi della Peri. Senza nessuna difficoltà posso dare anche per scontato che in Levitico 19:26 non si parli di un divieto alimentare del sangue e che venga proibita solo la partecipazione a riti orgiastici sulle montangne! Bene! Ma come tu stesso osservi questa informazione non ci direbbe nulla sull'origine di nessuna delle due proibizioni.
Quixote ha scritto:La conclusione dedotta da passi paralleli, ci attesta solo cosa gli Ebrei ritenevano corretto ai fini della loro dottrina, in una determinata epoca, ma non ci dicono assolutamente nulla se quella dottrina fosse fondata su basi storiche o archeologiche, o sullo spirito del tempo. O mi vorresti suggerire che è la teologia, quella che conta, e non il decorso filologico su cui si fonda? Che sarebbe, a dirla in breve, omaggio alla sola Scriptura, cui il mio pensiero è del tutto alieno.
Sono completamente d'accordo. Quello che però non è evidente nella tesi della Peri (tra l'altro "fondandomi" solo sul trafiletto da te postato in foto) è in che modo la correttezza dell'ipotesi filologica della Peri possa fornirci lumi sull'origine storica del divieto alimentare del sangue! Al limite se la Peri avesse ragione si attesterebbe semplicemente che nel Levitico oltre a certi divieti alimentari (ed una miriade di altri) c'è anche il divieto di "mangiare sulle montagne"! E quindi?
Quixote ha scritto:Non conta nulla che Lv. 19, 26 non sia un versetto fondante, perchè la filologia se ne sbatte di ciò che è fondante (una teologia appunto. ma che scherziamo?), ma mira al fatto, e il fatto è che quel versetto mette in discussione la teologia stessa, che ciascuno è libero di accettare o non accettare nel suo cuore, ma, secondo ragione, deve prima dimostrare non in base a versetti paralleli, che sarebbe aderenza pseudoprotestante, ma in base ad elementi storici, antropologici, sociologici, paleografici, filologici, che la scelta della Peri sia errata.
Scusami ma è proprio questo passaggio che mi manca! Non capisco in che modo quel versetto mette in discussione la teologia o "una" teologia (nella fattispecie quella dei tdG). Ripeto, l''ipotesi filologica della Peri confortata dalla variante testuale attestata nella LXX può anche essere corretta. Si tratterebbe di una banale variante testuale di un testo antico che non ci "illumina" su niente di particolare. A me non interessa dimostrare che l'ipotesi filologica della Peri sia errata, la trovo solo irrilevante ai fini storici. Posto che la Peri abbia ragione in che modo si può stabilire un rapporto di reciprocità, di "derivazione" o di chissà che cosa in relazione alla proibizione alimentare del sangue? Potrei anche azzardare un'altra ipotesi. Se la lezione del testo masoretico fosse quella corretta, potrebbe anche non trattarsi di un divieto alimentare del sangue, ma addirittura del divieto di un particolare rito a noi sconosciuto. Quel divieto di non mangiare "sul sangue" potrebbe indicare un rito di cui si sono perse le tracce, un "rito" che magari non avveniva nemmeno "sulle montagne".
Quixote ha scritto:Trovo anch’io balzano il suo volo su crepacci e riti sanguinari sui monti. Ma non è con la mia impressione che la contesto, anzi la lettura di tanti riti consimili rende il fatto verosimile. Ciò che è complesso e problematico da dimostrare è che Lv 19, 26 vi si riferisca. Ma non è con citazioni parallele che lo si può contestare, che sarebbe appunto il pensiero di rabbini ortodossi, a fronte di riti originari di cui non comprendevano, secondo la stessa, poco o nulla. Occorre piuttosto negare il rito originario, che di sicuro non è certo, ma non lo si ribalta raccontando che gli scribi ebrei se ne erano dimenticati e parlavano d’altro, perché proprio questo è in discussione, e quel sulle montagne pesa come un macigno, considerato che paleograficamente e filologicamente non è per nulla interpretazione inferiore rispetto alla tradizionale. Magari si riferisce ad altro, che la Peri non ha affatto intuito, e si è affidata a un volo pindarico. Ma di certo le tue argomentazioni, non filologiche, ma teologiche, non lo smontano.
Perdonerai ma io non ho avanzato nessuna argomentazione teologica, né ho fatto alcuna operazione che anche solo "sfiorasse" un tentativo di armonizzazione. Dico semplicemente che poiché i tdG non fondano sul quel versetto la loro posizione teologica del divieto delle trasfusioni (che comunque è già a mio avviso un'esegesi scorretta di certi altri versetti), il fatto che quella lezione sia dubbia filologicamente non ha tutto quel peso che gli attribuisci e proprio per le stesse ragioni che sollevavi. Quella variante non ci dice nulla sull'origine del divieto alimentare del sangue. Ma ripeto, ti parlo partendo da un misero trafiletto, non avendo letto l'intera tesi della Peri.
Tra l'altro la ricerca sulla possibile origine di quei divieti mi è nota ed è corposa, ma che io sappia si fonda su rilievi filologici operati su altri versetti e non su quello del versetto preso in considerazione dalla Peri. In effetti partendo da certi rilievi filologici (che riguardano come dicevo ad altri versetti e non questo) si è ricercata l'origine del divieto alimentare sul sangue. E' risultato che sul piano storico è difficile determinare l'origine del divieto in termini di "reazione" a specifici riti pagani da rigettare (se non qualche generico riferimento ad un uso non strettamente cultuale ma "medicinale" del sangue) e ci si è concentrati maggiormente su rilievi sociologici ma soprattutto antropologici della cultura semitica. La prima volta che mi imbattei in questo tipo di studio fu leggendo proprio un libro di Achille Aveta, dal quale appena avrò tempo farò qualche citazione.
In sintesi: non credo che quella variante ci illumini granché sull'origine del divieto alimentare del sangue. Questa origine è già stata spiegata partendo proprio dalla filologia, ma prendendo in considerazione altri versetti e non questo, e le conclusioni più che nell'individuazione di specifici riti, si è concentrata su riflessioni che riguardano l'antropologia.
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Quando ho parlato, in introduzione, di “scardinare alla base la teoria geoviana delle trasfusioni» ironizzavo, tant’è che vi ho aggiunto una faccina sorridente, assai aliena nei miei post piú seri. Oltre ai passi che hai riportato (partic. importante Lv. 17,13 cui si potrebbero tranquillamente aggiungere i versetti di contorno) la WTS cita Atti 15, 20 e 21, 25 che credo non interessino né me né te, voglio dire all’economia del nostro discorso, se mai potremmo aggiungere anche Lv. 7, 26, Dt. 15, 23 e non so quant’altro, e tanto basterebbe a impedire la detta “scardinatura alla base», perché comunque il geovismo non si fonda su letture archeologiche sociologiche e antropologiche, ma sulla dottrina biblica – che non si tocca – che i divieti di Levitico ecc. esprimono. Di fatto avrei voluto mettere il thread nella sezione sulla TNM, ma non l’ho fatto perché anche le altre traduzioni interpretano correntemente il passo come loro, e ho preferito questa, ove la filologia ci sta un po’ a pigione, ma mi pareva almeno centrata quanto all’argomento. Ora, se le tue osservazioni si fossero riferite a quel post, niente da aggiungere, confermerebbero solo i dubbi che già avevo espresso, relativamente certi su un’estensione indebita di Lv. 19, 26 agli altri passi, ma assai meno riguardo lo stesso.

Infatti, se leggi bene il mio secondo post, che pone il problema come l’ho puntualizzato, troverai ben poco che esca dall’ambito filologico specifico del passo in questione: ho sostenuto che l’indagine grafica secondo me si può ben interpretare in maniera bidirezionale, ovvero si può indifferentemente sostenere che sangue derivi da errata lettura di monti o viceversa (in realtà non sarebbe insensato proporre che entrambi derivino da un concetto che implicasse entrambe le cose) sicché ne discende che per stabilire la lezione autentica – ammesso esista una lezione autentica, e non ci trovassimo di fronte a una doppia redazione già in tempi molto antichi, e forse allora varrebbe la mia precedente parentesi – dobbiamo adoperare altri criteri, e nel caso specifico quello accennato della lectio difficilior mi pareva azzeccato, perché se si può ben immaginare che un copista, in un testo come il Levitico ove il termine sangue ricorre una novantina di volte, equivocasse nel leggere sangue per montagne, davvero sarebbe poco economico, per le stesse identiche ragioni, che egli leggesse montagne per sangue, tanto piú che il mutamento nel TM si potrebbe benissimo spiegare come effettuato non per errore, ma deliberatamente, perché recava traccia di pratiche religiose sgradite a tardi redattori, giusta l’ipotesi di Chiara Peri, che è ipotesi beninteso sua, non mia, e mi pare di averlo ben specificato, e anzi di aver espresso in maniera esplicita dubbi al riguardo, senza contare che non penso affatto che ella desiderasse estendere questo caso agli altri, ma solo ribadire con questa ulteriore testimonianza quelle rupestri «pratiche religiose» antichissime, con «connessioni con le sepolture» e «connotazioni orgiastiche» che sono argomento portante del suo saggio, ove, tranne il brano che vi ho passato, di kasherût non si parla affatto.

Avevo anche precisato che il suo scritto è aconfessionale, cioè privo di motivi dottrinari da combattere o da sostenere, e difatti quando scrive «nel versetto che fonda il divieto di mangiare sangue che costituisce uno dei pilastri della kasherût» non vuol certo metterla in discussione, né dire che solo quel versetto lo fonda, ed è davvero ingeneroso attribuire tale ingenuità alla sua competenza, che è soprattutto storica e filologica, almeno in senso lato, e non esce mai da questi binari. Mentre se io, in quel post, ne sono uscito, è stato solo in quel generico accenno finale ai TdG, sul quale i tuoi rilievi sarebbero pertinenti, non fosse che il mio non era che un exemplum, presentato non in maniera apodittica, ma con opportuni congiuntivi e condizionali, perché ovviamente non avrei mai potuto sostenere che la dottrina dei TdG è errata solo in base non dell’exemplum, che in quanto tale rimane valido, ma di un unico passo cui contrastano altri.

Per quanto sopra, non pertinenti rimangono le osservazioni che hai fatto a quel post, mentre rimane valida la mia deduzione di una indebita confusione fra filologia e teologia, perché, oltre all’errata interpretazione di Chiara Peri, basata su un errore nelle sue premesse che non esiste, dedotto da una errata tesi appunto tua, e di natura teologica (cui lei non mirava), hai contestato che Lv. 19, 26 sia un versetto fondante, e io ti ho semplicemente risposto che la filologia, in senso formale, se ne sbatte se lo sia o meno, a prescindere che, potrei aggiungere ora, quel versetto fondante lo sarebbe eccome, checché tu ne pensi, solo che non è banalmente l’unico. Ma questo sarebbe appunto far teologia, non filologia; per la quale, invece, quel versetto davvero è poco fondante, perché assai dubbio, almeno per me e per la Peri, e bada bene, siano o no corrette le sue conclusioni, perché questo dubbio non perderebbe un iota di valore anche se avesse sballato completamente, anche in ragione del fatto che, sul piano puramente fiologico, da cui non sono mai uscito, quei 3 passi paralleli od altri, lo ribadisco, confermano, invece che smentire, il testo della LXX, e per la sua natura “unica”, e perché non è facile immaginare che un dotto alessandrino potesse cosí platealmente e banalmente allontanarsi dal testo ebraico, soprattutto se fosse già allora stato quello poi masoretico.

Quanto al resto, e alla tue osservazioni sul terzo post, hai frainteso parecchio: io i TdG nemmeno li ho nominati, e con teologia mi riferivo solo alla teologia specifica del passo in questione, quella che anche la Peri metteva in discussione (e difatti l’ho nominata a quel luogo). Non potevo certo estendere le mie conclusioni agli altri brani che prima avevi citato, se non al limite, moto al limite, suggerendo un nesso, che mi sono ben guardato dal suggerire, ché anzi ho confessato allegramente la mia relativa ignoranza della filologia ebraica; la quale non mi impedisce, a priori, di analizzare un singolo passo, ma mi impedisce, per es., di comprendere a volo se la divisione in versetti – ove in 19, 26 troviamo il divieto, sul sangue o sui monti che sia, accostato a divieti mantici e magici, invece che inglobato nei versetti sull’alimentazione precedenti – abbia o no peso filologico per suffragare a testo una versione o l’altra. Per te sarà questione banale, liberissimo di pensarlo e giustificatissimo, ma di certo non la risolvi parlando d’altro invece che di filologia, oltretutto sovvertendone la metodica, perchè se non chiarisci e risolvi prima il passo, è perfettamente inutile che stiamo a parlare d’altro. La filologia, in senso alto, ha per scopo di dare significato all’insignificante. La tua obiezione finale sulla ricerca della possibile origine dei divieti, ha per l’appunto il difetto di avere considerato insignificante questo passo, non considerato da chi se ne sarebbe occupato. La Peri ha viceversa il merito di aver cercato di dargli un significato. Se questo possa avere un nesso coi divieti alimentari non saprei, ma non lo scarterei a priori, per lo meno senza aver prima ragionato e stabilito il suo grado di probabilità, fermo restando che ho già dichiarato per primo di nutrire molti dubbi al riguardo. A sostegno della sua ipotesi, prove filologiche ne ho portate diverse. Tu non ne hai portata una: a rigor di termini non hai portato un solo argomento, filologico o storico o antropologico o sociologico che la smentisca. Di fatto hai aprioristiamente criticato la Peri, senza intenderla, e di conseguenza me, allo stesso modo.
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virtesto
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Per fortuna c'è Valentino

Messaggio da virtesto »

Meno male che almeno Valentino ha ben risposto al filologo. Io ho provato a dire qualcosa, ho accennato alla macellazione, che ha la sua importanza in questa materia, ma il filologo voleva disquisire a vuoto nell’ambiente che gli è consono senza sentire altre ragioni.

Deliverance 1979 parla di istruzioni “date direttamente da Dio”; in verità Dio non ha mai dato istruzioni, forse esiste ma non ha mai parlato. Quello che sappiamo sul problema sangue, visto che parliamo di quello, è una conseguenza di tante esperienze umane.

Come già detto da Valentino la proibizione di mangiare sangue è attestata in Genesi Cap. 9 – Levitico 19/16 – Deut. 12/16-23 e mettiamoci anche Atti cap.15. Cosa c’entra il discorso teologico invocato da Quixote è incomprensibile. Questa sig.ra Peri arzigogola su Lev. 19.26 ma una rondine non fa primavera…

Ma ora partiamo dall’origine del problema sangue e devo scrivere cose già ripetute qui due o tre volte.
Oggi sappiamo che dopo la morte il primo elemento di un corpo che si deteriora è appunto il sangue. Questi sviluppa subito sostanze dai nomi significativi come ‘putrescina’ e ‘cadaverina’ ed il cadavere comincia a puzzare.

Gli uomini dell’antichità hanno avuto a loro disposizione qualche migliaio di anni per farsi delle esperienze e capire che le bestie andavano dissanguate per bene prima di mangiarle altrimenti, oltre a mangiare carne puzzolente, andavano loro stessi all’altro mondo. In quei tempi non c’erano frigoriferi o congelatori per cui la carne andava mangiata subito dopo la macellazione col loro bravo “rigor mortis”; non c’era tempo per frollarla in modo da intenerirla.

Gli ebrei misero per iscritto nella “Legge”, in diversi punti come detto sopra, le disposizioni che proibivano di mangiare sangue pena la morte. Ma ora uno mi può dire: “ Ma Dio ha proibito il sangue perché era sacro e non ha fatto scrivere che avrebbe fatto male alla salute” E qui spiego:

“…Con il monoteismo subentra il concetto unitario: tutti i poteri buoni o cattivi sulla salute e la malattia vengono messi nelle mani di un solo Dio. La salute ora è nelle mani del Dio unico . In cambio egli chiede obbedienza e osservanza della legge. Egli solo elargisce la salute, manda la malattia ed è l’unico a poterla togliere. Egli è nello stesso tempo patogeno e terapeuta.
Ed i sacerdoti, interpreti della sua volontà, sono i vigili custodi della purezza morale e fisica del popolo. La civiltà ebraica, già nelle sue prime espressioni è tipicamente TEURGICA. Il Dio Jahvè, onnipotente, onnipresente, è il dispensatore unico assoluto del bene e del male tra gli esseri umani. I sacerdoti sono, per volontà divina i custodi della salute fisica del popolo. E’ Dio che punisce e che guarisce a patto che lo sappia
meritare.
Esodo 15/26: “ Se ascolterai la mia voce e agirai rettamente ai miei occhi, se presterai orecchio ai miei ordini e osserverai tutti i decreti, non ti infliggerò nessuno dei flagelli che ho inflitto all’Egitto, perché io sono il Signore che ti cura”

In mie parole povere, in quel contesto teologico, non era il caso di dire ad un popolo ignorante che non doveva mangiare sangue perché faceva male alla salute, meglio dire semplicemente che quello era un comando di Dio. D’altronde, quando si parla di ‘sacralità del sangue’ dovete considerare che quel sangue era talmente sacro che il Deuteronomio prescriveva di buttarlo per terra e sotterrarlo. Inoltre considerate che la proibizione sul sangue prescriveva anche di non mangiare animali trovati morti o strangolati in quanto lì senza dubbio c’era dentro sangue che si deteriorava.
In questo contesto si inserisce il discorso della macellazione rituale ancora oggi affidata ai rabbini e certamente lì si arriva alla esasperazione delle procedure della macellazione.

“Chiunque mangerà sangue sarà eliminato di mezzo al suo popolo” Lev.cap. 17
Quixote, prendi questa Scrittura , incartala e mandala alla sig.ra Peri.

C’è da apprezzare un libro come il Levitico. Io ho letto i Codici Mesopotamici ma nessuno tratta il problema della salute fisica delle persone come hanno fatto gli ebrei .D’altronde anche gli ebrei moderni non scherzano; sono in tutto 12 milioni di persone ed hanno vinto più premi Nobel di tutti. Ben il 26% di tutti i premi.
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Messaggio da Quixote »

Veramente avevo appena spiegato che la Peri non intende affatto negare la kasherût. Ma vedo che sei davvero un buon lettore, e questo mi conforta. Grazie infinite. Avrei mal digerito una tua lode; la tua incomprensione di Quix, quasi mi assicura che Quix abbia visto giusto.
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Messaggio da Valentino »

Quando la LXX si discosta dal TM nella stragrande maggioranza dei casi si accorda col Pentateuco Samaritano. Nel caso specifico Pentateuco Samaritano e TM concordano. Questo fatto può fornire indicazioni dirimenti secondo te?

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Messaggio da Quixote »

Lascio la prima riflessione, anche se hai cancellato la domanda, perché mi sembra comunque interessante, e oltretutto invece che a mio favore andrebbe parzialmente a tuo favore, nel senso che ne verrebbe un po’ ridimensionato – non eliminato, ma tant’è – il valore della lectio difficilior.

Se la grammatica non fosse grammaticalmente ineccepibile banalmente non sarebbe una lectio facilior. Ma non è questo il caso. Il problema sta appunto nella preposizione; se fosse semplicemente ‘mangiare il sangue’, come il passo viene correntemente tradotto, sarebbe facile sostenere la lectio difficilior della LXX. Mangiare sul sangue, invece, coniugato col mangiare sui monti della LXX, mi fa davvero pensare a una lezione primitiva che contemplasse entrambe le cose, ovvero a qualcosa di rituale, celebrato con qualche probabilità sui monti, e ove il sangue avesse un suo ruolo, del resto normale in un rito antico, ove si praticavano sacrifici non solo di animali, ma anche di esseri umani. Dove poi, secoli dopo, la tradizione manoscritta si sarebbe divisa: la parte ortodossa assimilando il rito a quelli sull’alimentazione stricto sensu, ed eliminando quanto di idolatra potesse esservi connesso; la parte, diciamo, perché non trovo di meglio, meno legata allo spirito dell’epoca, e che non saprei definire se reazionaria o progressiva, perchè entrambe le tendenze potrebbero avervi giocato, difendendo la lezione primitiva (o meglio il suo senso originario) ovvero travisandola perché per quanto dotti fossero gli alessandrini, erano anche influenzati da un’ambiente non rigidamente ebraico, che potrebbe averli indotti a interpretare il testo in modo innovativo, fermo restando che addentellati con l’originale li conservasse, perché quel monti non se lo saranno inventato.

Quanto alla domanda che hai lasciato, ovviamente se A + B (sc. PS + TM) concordano, varebbero non 2 ma 1, se facenti parte di un’unica a tradizione; come 1 vale la Settanta, di diversa tradizione. Se fosse possibile stabilire parentele precise, e quello che si chiama in filologia uno stemma a tre rami sarebbe altra cosa, ma in un testo cosí diffuso come la Bibbia la contaminazione è la regola, sicché meglio, di regola, rifarsi ai codici piú autorevoli o ad altri criteri. Nello specifico mi sembra esistano due tradizioni diverse, non tre, sicché la LXX, da sola potrebbe avere altrettanta dignità di tutti gli altri codici messi assieme, anche ove sostenesse una lezione da sola. Occorrerebbe tenere in considerazione tanti altri criteri, quali per es. quelli geografici, o periferici. Ma anche questo poco aiuta: da un lato riscontriamo che la periferia spesso conserva meglio la lezione originale, dall’altro l’influsso di ciò che è esterno, normale in periferia, potrebbe al contrario aver alterato l’originale.

Questo, o altro che potrei dire, in linea generale. Nel dettaglio ho già dichiarato di non essere un esperto di filologia ebraica, e se anche ho forse gli strumenti logici per affontarla, non ne ho assolutamente l’esperienza, oltre che quasi nessuna conoscenza della lingua, e mai pretenderei che mi si prendesse per oro colato. Sono troppi i parametri in gioco per non presentare queste ipotesi altro che come probabilità.
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Messaggio da Quixote »

Caro Valentino, ho tratto qualche conclusione. Ma prima un breve richiamo a stanotte, ove ho scritto in fretta, e in maniera non troppo meditata e scoordinata, anche se le mie ragioni sulla contaminazione delle diverse tradizioni erano giuste, specie in rapporto al Pentateuco Samaritano, che a volte segue il TM, a volte la LXX. Chi fosse interessato ad esso scarti a priori la Wiki italiana perché è fuorviante ed errata nei dati, oltre che troppo breve, e nemmeno ricorda i mss. del Mar Morto, che hanno notevolmente mutato la considerazione del PS. Molto meglio la Wiki inglese, ma alquanto prolissa, e chi non avesse tempo, o non conoscesse la lingua, se vuole può dare un’occhiata a questa breve e agile sintesi in italiano, che può valere come prima informazione sul valore filologico del PS:

http://www.bicudi.net/materiali/manoscr ... ritano.htm

Venendo a noi, per quanto riguarda Lv. 19, 26 in sé, rimango del parere che qualcosa non vada nella traduzione; dovessi scriverla io, ovviamente dopo essermi documentato meglio, e non aver trovato nulla di rilevante che si oppone, conserverei il testo dell’interlineare, ovvero tradurrei «mangerete sul sangue», che avrebbe il duplice vantaggio di differenziarsi dai passi paralleli, che potrebbero specificare altro, e di non differenziarsi troppo – e nemmeno negare, a ben guardare – il dettato della LXX, che potrebbe essere richiamato in nota, motivandone le connessioni, forse rituali, che abbiamo già discusso e che non mi sembra necessario ripetere.

Per quanto riguarda invece le connessioni con la kasherût, e quindi con il geovismo, che pure avevo, anche se con poca convinzione, ipotizzato, riconosco sostanzialmente le buone ragioni di Valentino per negarle, e gli sono grato per gli approfondimenti. Mi rimangono i dubbi di qualche punto di contatto, che credo effettivamente vi sia, ma troppo labile e soprattutto sterile, per andare oltre: occorrerebbe altra competenza, o altro tempo per procurarmela che non ho, oltretutto quasi certo che scoprirei ben poco. Pertanto, se non c’è altro, mi fermo qui. Ringrazio Valentino per il suo validissimo contributo, sperando di avergli offerto anch’io qualche spunto di riflessione, e lieto della discussione pacata e mirante alla ricerca della verità, e non al protagonismo, o peggio, ad affermare la propria ideologia.
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Messaggio da Valentino »

Quixote ha scritto:Ringrazio Valentino per il suo validissimo contributo, sperando di avergli offerto anch’io qualche spunto di riflessione, e lieto della discussione pacata e mirante alla ricerca della verità, e non al protagonismo, o anche peggio, ad affermare la propria ideologia.
Caro Quixote mi hai sicuramente offerto "spunti di riflessione", ed anch'io ti ringrazio per questo. Trovo sempre stimolante imparare cose nuove specialmente in ambiti dove altri hanno qualcosa da insegnarmi. La filologia rientra nei miei campi di interesse, senza ovviamente ritenermi un esperto. Tra l'altro pur avendo una certa conoscenza dell'ebraico biblico (che continuo a studiare), non ho nessuna competenza in filologia semitica. Mi accostai alla filologia quando cominciai a studiare il nuovo testamento con una mentalità più scientifica, riuscendo a trovare anche un "buon maestro" nel Prof. Maisano dell'Orientale di Napoli, grande bizantinista. All'epoca Maisano insegnava Filologia ed esegesi neotestamentaria.
Volevo solo aggiungere un possibile tassello al puzzle. Come dicevo all'inizio della discussione ho un ricordo vago di aver letto qualcosa proprio riguardo al versetto in oggetto. Ricordo che si riteneva giusta la lezione del TM e ricordo anche che la lezione attestata dalla LXX veniva messa in relazione al libro di Ezechiele dove in effetti viene menzionato un rito pagano che contemplava il "mangiare sulle montagne". Se non erro questo misterioso rito viene menzionato solo nel libro di Ezechiele la cui redazione definitiva è fissata al V sec. a.C.
(Ezechiele 18:5, 6) ...mangiò sui monti e non alzò i suoi occhi agli idoli...
(Ezechiele 18:11) ...nel caso che abbia mangiato anche sui monti...
(Ezechiele 18:15) ...Non ha mangiato sui monti, e non ha alzato gli occhi agli idoli...
(Ezechiele 22:8, 9) ...“‘Hai disprezzato i miei luoghi santi, e hai profanato i miei sabati. 9 In te ci sono stati veri calunniatori, allo scopo di spargere sangue; e in te hanno mangiato sui monti.
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