Publisher vs. Proclamatore.

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Mauro1971
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Publisher vs. Proclamatore.

Messaggio da Mauro1971 »

Buongiorno cari Apostati.

Volevo condividere con voi un pensiero che mi ha colto quando ho iniziato a seguire i video di John Ceddars sui TDG, un certo spiacevole sentire nei confronti del termine utilizzato per definire tutti i TdG battezzati che vanno in servizio, cioè "Publisher".
In Italiano il termine è "Proclamatore", come credo tutti qui sappiamo bene.

Quello che mi ha colpito è il sapore capitalistico del termine Publisher, a differenza di Proclamatore che non ha retrogusti di questo tipo.
Siccome non sono certo un esperto di lingua inglese e chiedendomi se all'interno del mondo anglosassone il termine potesse avere un sapore diverso, ho voluto vedere la definizione del termine.

Ne posto qui due, uno dal dizionario on-line di Oxford e l'altro da quello di Cambridge, tanto per stare sul sicuro.

Cambridge:
https://dictionary.cambridge.org/dictio ... /publisher
1) Un'azienda che pubblica testi o musica

2) Impiegato di un'azienda editoriale che ha responsabilità nel decidere cosa venga pubblicato
Oxford:
https://en.oxforddictionaries.com/definition/publisher
Una società o una persona che prepara e pubblica libri, riviste o musica per la vendita.

Nordamerica: proprietario di una testata giornalistica
E' quindi evidente l'accezione affaristica, economica del termine Publisher nella lingua inglese, effetto non riportato nei termini usati in Italiano. Mi chiedo nelle altre lingue.

Ora il punto è: perchè?

In primis in quale modo ad una persona che cerca "qualcosa di spirituale" vada giù di essere definito fondamentalmente come una sorta di venditore di materiale editoriale, non mi riesce di comprenderlo. In qualche maniera nelle società anglosassoni questo termine ha delle accezioni positive per la loro psicologia?

Quale è la storia, come e chi ha deciso di usare questo termine, così bruttamente "commerciale"?

E' alla fine una sorta di velata ammissione della WTS di essere una società di capitale nel suo intimo?

Tutto sommato l'ultimo punto ha un suo perché vista la globalizzazione con conseguente centralizzazione, riduzione del personale e dei costi, ecc... ecc... che stiamo vedendo con forza eclatante in questo ultimo periodo. La WTS, o JW.org che sia si sta comportando come una qualsiasi altra multinazionale di questo periodo storico.

Non so, certo non è un punto fondamentale nella critica alla WtS e magari sono io che interpreto male il significato del termine, ma a me ha sempre creato un certo fastidio. Trovo che sia quasi offensivo per i proclamatori stessi, divenuti (ed in parte lo sono per davvero) dei rappresentanti porta a porta del Geovismo, che porta ricchezza nelle tasche dell'organizzazione editoriale non tanto vendendo il materiale cartaceo quanto portando altre persone a divenire "Publishers", e contribuire con soldi contanti e lavoro non retribuito. Il tutto praticamente senza costo alcuno per il personale e con l'acquisizione di ricchezze immobiliari e di liquidità monetaria, il tuo centralizzato nelle tasche della Sede Centrale Americana, esentasse.

Ha qualche senso per voi quello che sto dicendo?
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pasqualebucca
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Messaggio da pasqualebucca »

A mio parere i tdg non "vendono" un prodotto, piuttosto ti conducono verso la verità.
Sta a te aderire quale socio, nella speranza di poter vivere per sempre in una terra paradisiaca.
Nella speranza.......
Infatti il termine esatto è: proclamatori coloro che vanno in giro ad avvisare le genti che il mondo di geova è in arrivo.
Premesso che Gesù Cristo e gia tornato nel 1914 e sta regnando invisibilmente.
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Messaggio da VictorVonDoom »

pasqualebucca ha scritto:A mio parere i tdg non "vendono" un prodotto, piuttosto ti conducono verso la verità.
Sta a te aderire quale socio, nella speranza di poter vivere per sempre in una terra paradisiaca.
Nella speranza.......
Infatti il termine esatto è: proclamatori coloro che vanno in giro ad avvisare le genti che il mondo di geova è in arrivo.
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Per come la vedo io tutte le religioni vendono "un prodotto", ovviamente per prodotto non stiamo parlando di una confezione di detersivo.
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Mauro1971 ha scritto:...
Penso di capire quello che dici e lo condivido.

Secondo me in certi contesti, tipo quello americano ottocentesco, non si avverte (o non si avvertiva) l'esigenza formale di separare il business dalla religione. Di conseguenza gli aspetti imprenditoriali, ed editoriali in particolare, potevano coesistere con quelli religiosi anche in maniera dichiarata. In maniera praticamente esplicita si vendeva un prodotto religioso a chi voleva comprarlo.

In un mercato religioso più recettivo qualsiasi singolo individuo poteva (e può) provare a mettere su una azienda religiosa.

Da un certo punto in poi la Watchtower ha cambiato progressivamente strategia imprenditoriale: tuttavia l'uso di alcuni termini è rimasto per ragioni tradizionali e di continuità. In luoghi invece dove il geovismo è stato un fenomeno di importazione la traduzione ha evidentemente tenuto conto del fatto che ci si stava rivolgendo ad un target diverso e con una sensibilità diversa.

Al momento, in ogni caso, penso che la Watchtower cerchi di dissimulare il più possibile il suo business, cercando di camuffarlo, ad esempio, dietro la volontarietà delle contribuzioni.

C'è un veggente che mi scrive dicendo che conosce verità che mi riguardano ed è un peccato che io non approfitti "gratuitamente" delle sue indicazioni per aiutarmi per il futuro: la Watchtower si è spostata di più su questo tipo di strategia ma alcuni termini rivelano che un tempo era più onesta e diretta nel gestire il suo business.
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Mauro1971
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Messaggio da Mauro1971 »

pasqualebucca ha scritto:A mio parere i tdg non "vendono" un prodotto, piuttosto ti conducono verso la verità.
Sta a te aderire quale socio, nella speranza di poter vivere per sempre in una terra paradisiaca.
Nella speranza.......
Infatti il termine esatto è: proclamatori coloro che vanno in giro ad avvisare le genti che il mondo di geova è in arrivo.
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In Italiano, ma come ho precisato in Inglese, la loro lingua madre, il termine corretto è proprio "Publisher".
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Messaggio da Mauro1971 »

Giovanni64 ha scritto:
Mauro1971 ha scritto:...
Penso di capire quello che dici e lo condivido.

Secondo me in certi contesti, tipo quello americano ottocentesco, non si avverte (o non si avvertiva) l'esigenza formale di separare il business dalla religione. Di conseguenza gli aspetti imprenditoriali, ed editoriali in particolare, potevano coesistere con quelli religiosi anche in maniera dichiarata. In maniera praticamente esplicita si vendeva un prodotto religioso a chi voleva comprarlo.

In un mercato religioso più recettivo qualsiasi singolo individuo poteva (e può) provare a mettere su una azienda religiosa.

Da un certo punto in poi la Watchtower ha cambiato progressivamente strategia imprenditoriale: tuttavia l'uso di alcuni termini è rimasto per ragioni tradizionali e di continuità. In luoghi invece dove il geovismo è stato un fenomeno di importazione la traduzione ha evidentemente tenuto conto del fatto che ci si stava rivolgendo ad un target diverso e con una sensibilità diversa.

Al momento, in ogni caso, penso che la Watchtower cerchi di dissimulare il più possibile il suo business, cercando di camuffarlo, ad esempio, dietro la volontarietà delle contribuzioni.

C'è un veggente che mi scrive dicendo che conosce verità che mi riguardano ed è un peccato che io non approfitti "gratuitamente" delle sue indicazioni per aiutarmi per il futuro: la Watchtower si è spostata di più su questo tipo di strategia ma alcuni termini rivelano che un tempo era più onesta e diretta nel gestire il suo business.
Si vero.

Però io non penso che la WTS faccia queste cose a caso e che ci sia stata una valutazione precisa nella scelta di questo nome, scelta che non conosco. Non vorrei che ci fossero delle implicazioni psicologiche di qualche tipo nelle società dove viene usato questo termine.

Resta il fatto che è un termine estremamente materialistico in un ambiente che dovrebbe essere "spirituale". Poi non lo è sicuramente per mille altre ragioni, ma questo errore di forma, se tale è, mi lascia perplesso.
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Quixote
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Messaggio da Quixote »

Le osservazioni di Giovanni64, al solito, sono assai pertinenti, perché ha intuito il nocciolo del problema, che però è un po’ piú complesso. In sintesi tutte le sette, e anche le religioni di maggioranza, tendono a formarsi un vocabolario proprio, per iniziati se l’insegnamento è esoterico, per gli adepti in genere e per “quelli di fuori” se essoterico. Questo per distinguersi fra loro e di fronte agli altri, ma anche per dare un tono al proprio linguaggio, che, data l’importanza dell’argomento trattato, esce sovente dalla quotidianità, ovvero dal linguaggio ordinario.

In sostanza, proclamatore/publisher rientra in questo schema, e nella fattispecie ha paralleli in altri termini propri dello “slang” geovista, come ad es. ‘sorvegliante’, che è trad. abbastanza letterale del gr. episkopos, ma che in italiano presenta, per chi è fuori dal mondo geovista, una sfumatura stilistica negativa. È anche per questo che solitamente i traduttori preferiscono mantenere il term. dotto e derivato direttamente dal greco, cioè ‘episcopo’, che non può essere connotato da valenze moderniste, col rischio di slittare di significato.

Nel caso presente ‘proclamatore/proclamare’ e l’inglese publisher/publish traducono il greco kataggelleus/kataggello, lat. adnuntiator/adnuntiare, cfr. Atti, 17, 18 e 17,23, ove san Paolo per la TNM 1987 ‘proclama’ ed è ‘proclamatore’, mentre nella NWT 1984 is publishing ed è publisher.

Da un punto di vista stilistico sembra senz’altro meglio la resa italiana, ma anche quella inglese si può forse giustificare, perché legata, appunto, a un linguaggio religioso tradizionale, con la sua necessità di distinzione ed elevazione, che si riscontra assai prima della nascita della WTS, per es.:

After the children of Israel left Egypt, and the rites of their religion were instituted, God raised up a succession of men, from Moses down to Malachi, who were divinely inspired, and whose business was to publish truth.

Ove Mosè è Malachia di certo non “pubblicavano” libri, quindi lett. ‘rendevano nota e pubblica la verità’; che è poi il significato etimologico di publish, dal lat. publicare (attr. il francese), e con la desinenza -ish rifatta su verbi come to finish, to furnish etc. Trovate la frase citata in «The Evangelist», una pubblicazione mensile del 1824 (https://books.google.it/books?id=qttGAQAAMAAJ" onclick="window.open(this.href);return false;), a p. 12.
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
GIOVANNI, III, 19. (G. Leopardi, La ginestra, esergo)
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Mauro1971
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Messaggio da Mauro1971 »

Quixote ha scritto:Le osservazioni di Giovanni64, al solito, sono assai pertinenti, perché ha intuito il nocciolo del problema, che però è un po’ piú complesso. In sintesi tutte le sette, e anche le religioni di maggioranza, tendono a formarsi un vocabolario proprio, per iniziati se l’insegnamento è esoterico, per gli adepti in genere e per “quelli di fuori” se essoterico. Questo per distinguersi fra loro e di fronte agli altri, ma anche per dare un tono al proprio linguaggio, che, data l’importanza dell’argomento trattato, esce sovente dalla quotidianità, ovvero dal linguaggio ordinario.

In sostanza, proclamatore/publisher rientra in questo schema, e nella fattispecie ha paralleli in altri termini propri dello “slang” geovista, come ad es. ‘sorvegliante’, che è trad. abbastanza letterale del gr. episkopos, ma che in italiano presenta, per chi è fuori dal mondo geovista, una sfumatura stilistica negativa. È anche per questo che solitamente i traduttori preferiscono mantenere il term. dotto e derivato direttamente dal greco, cioè ‘episcopo’, che non può essere connotato da valenze moderniste, col rischio di slittare di significato.

Nel caso presente ‘proclamatore/proclamare’ e l’inglese publisher/publish traducono il greco kataggelleus/kataggello, lat. adnuntiator/adnuntiare, cfr. Atti, 17, 18 e 17,23, ove san Paolo per la TNM 1987 ‘proclama’ ed è ‘proclamtore’, mentre nella NWT 1984 is publishing ed è publisher.

Da un punto di vista stilistico sembra senz’altro meglio la resa italiana, ma anche quella inglese si può forse giustificare, perché legata, appunto, a un linguaggio religioso tradizionale, con la sua necessità di distinzione ed elevazione, che si riscontra assai prima della nascita della WTS, per es.:

After the children of Israel left Egypt, and the rites of their religion were instituted, God raised up a succession of men, from Moses down to Malachi, who were divinely inspired, and whose business was to publish truth.

Ove Mosè è Malachia di certo non “pubblicavano” libri, quindi lett. ‘rendevano nota e pubblica la verità’; che è poi il significato etimologico di publish, dal lat. publicare (attr. il francese), e con la desinenza -ish rifatta su verbi come to finish, to furnish etc. Trovate la frase citata in «The Evangelist», una pubblicazione mensile del 1824 (https://books.google.it/books?id=qttGAQAAMAAJ" onclick="window.open(this.href);return false;), a p. 12.
Quindi il termine deriverebbe da una valenza non legata all'editoria persa nei tempi moderni? Così ha decisamente più senso.

Sarebbe curioso sapere se questa accezione abbia avuto radici e storia del tutto Nord-Americana oppure se fosse in uso pure nell'Inghilterra del XIX° secolo, per comprendere da dove fosse stato ereditato: se da un uso comune o da accezione tipica solo di alcune specifiche confessioni, ipotesi quest'ultima che porterebbe ad un legame di tipo ereditario con queste, particolare che sarebbe comunque poco gradito alla WTS che vuole invece far sembrare il Geovismo come qualcosa di assolutamente unico e del tutto diverso ed indipendente da qualsiasi altra religione. Il "noi siamo diversi", anche quando palesemente falso come nel caso del loro dichiararsi non Creazionisti, è per loro creduto essenziale in quanto molti dei convertiti al loro credo lo ha fatto proprio perché ha avuto questa percezione, per quanto in realtà falsa.
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Messaggio da Ray »

Secondo me la differenza è sociale, magari quello che darebbe fastidio ad un' Italiano non lo da nel mondo anglosassone.
O magari...

Publisher non da fastidio perché la parola da un impatto diverso ,e dipende da chi esercita tale lavoro, c'è chi vende libri porta a porta
o di chi vende musica, chi porta volantini e offre studi biblici ,quindi la definizione si adegua allo stile del lavoro o esercizio finale che se ne fa.
Che sia sociale o spirituale non cambia la definizione ma nello stesso momento si adegua a quello che rappresenta.

La società anglosassone è stata sempre imperniata di pastori e predicatori erranti.

Diversamente da noi in Italia dove noi Italiani abbiamo visto sempre una diversa figura spirituale , rappresentata distintamente da un clero
ben definito.
Ray

Le falsificazioni e le varianti involontarie si accumulano man mano che un testo è ricopiato attraverso i secoli. Ogni scriba riproduce gli errori degli scribi precedenti e ne aggiunge di propri. Non possediamo alcun originale dei libri del nuovo testamento, ma neppure copie eseguite direttamente sugli originali, né copie di copie...Bart D. Ehrman
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Messaggio da Quixote »

Hartford, ove era pubblicato «The Evangelist», è in Connecticut, ma trovi il sintagma publish truth anche in An Exposition of Gospel of Jesus Christ according to John, pubblicato a Londra nel 1657, p. 71:

By persecution the Lord giveth occasion to his fervants to publish truth.

Per il derivato publisher non ti so dire; è una ricerca non agevole come quella sul verbo. Può essere invenzione della WTS, ove però questo precedente può aver giocato. Occorrerebbe un madrelingua, e di una certa cultura, per sapere se il termine, in inglese moderno, si giustifichi. Resta che un TdG avvertirà comunque il senso che gli dà il suo culto, e se attaccato al riguardo, tenderà fatalmente a difenderlo, fino a essere orgoglioso di quel nome, cosí come un pittore naif sarebbe orgoglioso della qualifica, anche se tu l’adottassi per dire che la sua pittura è troppo ingenua.

Resta anche che, detto fra noi, le loro traduzioni, a volte, fanno proprio sorridere; ma che altro puoi aspettarti da gente che “sconsiglia vivamente”, per non dire vieta, l’Accademia?

PS – Avevo scritto 1957 invece del corretto 1657.
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Messaggio da Mauro1971 »

Quixote ha scritto:Hartford, ove era pubblicato «The Evangelist», è in Connecticut, ma trovi il sintagma publish truth anche in An Exposition of Gospel of Jesus Christ according to John, pubblicato a Londra nel 1657, p. 71:

By persecution the Lord giveth occasion to his fervants to publish truth.

Per il derivato publisher non ti so dire; è una ricerca non agevole come quella sul verbo. Può essere invenzione della WTS, ove però questo precedente può aver giocato. Occorrerebbe un madrelingua, e di una certa cultura, per sapere se il termine, in inglese moderno, si giustifichi. Resta che un TdG avvertirà comunque il senso che gli dà il suo culto, e se attaccato al riguardo, tenderà fatalmente a difenderlo, fino a essere orgoglioso di quel nome, cosí come un pittore naif sarebbe orgoglioso della qualifica, anche se tu l’adottassi per dire che la sua pittura è troppo ingenua.

Resta anche che, detto fra noi, le loro traduzioni, a volte, fanno proprio sorridere; ma che altro puoi aspettarti da gente che “sconsiglia vivamente”, per non dire vieta, l’Accademia?

PS – Avevo scritto 1957 invece del corretto 1657.
Guardando su Wikipedia ho trovato questo riferimento per il termine "publisher": The Watchtower September 1, 1965, p. 533.

Qualcuno ha modo di recuperare il materiale in Inglese? Forse può esserci una spiegazione per la scelta del termine.
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Messaggio da Morpheus »

Ciao,
io ho servito in una congrega inglese per 15 anni e passa e tra gli inglesi che contattavamo mai nessuno ha dato modo di notare la valenza commerciale del termine.
Penso che nel linguaggio comune inglese non sia cosi' marcata da fare distinzione.

Personalmente non ci ho fatto caso ma forse sol operche' mi e' stato presentato come nome assodato e come traduzione di "proclamatore" in senso geovistico.
“I nostri nemici sono stati l’ignoranza e la rassegnazione”. Non so perché, ma ormai è andata così.

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Messaggio da Cogitabonda »

Mauro1971 ha scritto:Sarebbe curioso sapere se questa accezione abbia avuto radici e storia del tutto Nord-Americana oppure se fosse in uso pure nell'Inghilterra del XIX° secolo, per comprendere da dove fosse stato ereditato
Nonostante sia un po' ammaccata da un virus parainfluenzale ho preso dallo scaffale dei libri di consultazione il secondo volume dello Shorter Oxford Dictionary (e se la versione "shorter" che possiedo è di 3800 pagine vi lascio immaginare la versione non abbreviata) e alla voce "publisher" ho trovato anche questa definizione: "Persona che rende pubblicamente noto qualcosa, persona che annuncia o dichiara pubblicamente qualcosa." Specifica inoltre che si tratta di un uso oggi raro.
Compiacersi di aver ragione è sgradevole - Avere troppa coscienza di sé è odioso - Commiserarsi è infame
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Messaggio da Mauro1971 »

Grazie anche a te Cogi :ok:

Per cui il termine "Publisher" è utilizzato in una forma arcaica dalla quale le accezioni legate all'editoria derivano. Almeno mi sono levato la curiosità. :sorriso:
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