Vera Icona ha scritto:Mario
Questi sono i risultati del non accettare che il racconto di Genesi è formato da più tradizioni messe insieme: il capitolo 1, il capitolo 2 e il capitolo 5, armonizzate alla meno peggio dai sacerdoti del II tempio.
In che senso?
Non hai mai sentito parlare del codice elohista, jahvista, deuteronomico messi insieme dai sacerdoti del II tempio?
Un buon riassunto è spiegato qui:
http://www.inantibagno.it/node/292
Mostra come la genesi sia una accozzaglia di miti preesistenti messi insieme, ci sono similitudini incredibili con miti assiri, babilonesi ed Egiziani, alcuni estratti:
"Gli studi linguistici, le ricerche filologiche e le analisi letterarie hanno rivelato che nel Libro della Genesi-In principio/Bereshìt si possono distinguere quattro codici [fonti, tradizioni] diversi: il codice jahvista, il codice elohista, il codice deuteronomico e il codice sacerdotale, vale a dire il codice Priester. Il codice Priester viene citato per ultimo ma – per motivi inerenti alla didattica della lettura e della scrittura – andrebbe citato per primo: perché va citato per primo così come abbiamo fatto? Perché sono proprio gli scrivani del “Codice Priester” [del Codice sacerdotale][la seconda e la terza generazione] che, tra il 580 e il 520 a.C., mettono in ordine gli altri tre codici più antichi[jahvista, elohista e deuteronomico] e, ad arte, nelle loro officine del testo, li ricuciono insieme per costruire quell’opera straordinaria che è il Libro della Genesi-In principio/Bereshìt."
"Gli scrivani del “Codice Priester” [del Codice sacerdotale] – nel comporre il Libro della Genesi-In principio/Bereshìt – collocano le origini del popolo d’Israele alle origini stesse del mondo e all’azione del suo creatore. Questa operazione – con l’invenzione dei patriarchi, dei “mitici padri fondatori” – può avvenire, si concretizza dal punto di vista letterario, attraverso una complessa serie di genealogie. La “genealogia” – sappiamo che cos’è una “genealogia”: tutte/tutti noi ne abbiamo una se no non potremmo essere qui... – è uno dei modi con cui viene rappresentata la creazione."
" I racconti della Letteratura beritica possiedono le caratteristiche fondamentali del mito e il mito è, appunto, un “racconto”: questa constatazione, a prima vista, può sembrare banale, ma è necessario tenere ben presente questo fatto perché siamo stati condizionati [e tuttora il condizionamento è forte a causa dell’imperversare delle letture fondamentaliste] a considerare questo “racconto” come un “dato di fatto” piuttosto che come un mito. Ma è proprio il “racconto mitico” che possiede una sua logica, una sua unità, una sua coerenza intrinseca, una sua intenzione narrativa, che occorre cogliere e rispettare.
I racconti del Libro della Genesi-In principio/Bereshìt sono redatti da scrivani che sanno ben usare la narrazione mitica [appresa a Babilonia] e sanno dare alla loro Scrittura un tono concreto, ricco di echi leggendari e fiabeschi. L’intenzione del racconto – nella “sequenza del Principio” [nei primi quattro capitoli del Libro della Genesi-In principio/Bereshìt] – è semplice ed evidente: l’uomo creato da Dio è collocato nel giardino ma questo stesso uomo alla fine ne è scacciato in seguito ad una trasgressione. Questo racconto risponde a un’esigenza tipica del mito: spiegare la situazione esistenziale in cui vive l’essere umano in questo momento: gli scrivani d’Israele – con la sequenza dei racconti mitici – vogliono prendere atto che l’essere umano vive distante dal Dio che l’ha creato a sua immagine e somiglianza."
" Il racconto, come i miti dell’età dell’oro dell’Età assiale della storia, fissa i contorni di una situazione iniziale dell’umanità caratterizzata dalla perfezione e dalla pienezza, ma introduce una doverosa spiegazione per chiarire l’attuale situazione di decadenza in cui l’Umanità si trova a vivere. Dobbiamo prendere atto del fatto che il racconto mitico ha una sua particolarità perché a differenza della fiaba, narrata per il puro gusto del raccontare, o della favola, che persegue un intento moralistico, il mito è un racconto sacro, che rimanda ad una realtà di ordine superiore, che determina la vita del singolo essere umano e il comportamento del gruppo. Per questo i protagonisti del mito sono dèi o sono eroi o, comunque, personaggi dotati di capacità eccezionali. Come nelle fiabe, questi personaggi violano con noncuranza le leggi dello spazio e del tempo ma, a differenza delle fiabe, fanno questo per fondare una determinata realtà culturale o naturale: le “creazioni” non si possono raccontare se non con il mito."
Racconti della creazione:
" I racconti mitici sulla “creazione” si sviluppano – e questo è utile da sapere in funzione della didattica della lettura e della scrittura – secondo quattro modelli operativi: la creazione attraverso la nascita, cioè la “discendenza”; la creazione in seguito ad una lotta tra dèi o tra un dio e un mostro primordiale; la creazione per opera di un demiurgo [di un vasaio che plasma], e infine la creazione mediante la parola. Nessuno di questi motivi è estraneo al testo del Libro della Genesi-In principio/Bereshìt, anche se, apparentemente, non è facile individuarli perché questi elementi sono stati combinati e fusi insieme per sottolineare l’unicità e la potenza dell’azione creatrice dell’Essere supremo.
Del primo modello troviamo riscontro nel capitolo 2 del Libro della Genesi al versetto 4a, dove [poi andiamo a verificare] il testo ebraico parla, letteralmente, di “tôledôt”: parola ebraica che significa “genealogia”, “discendenza”. Il fatto che il mondo sia frutto di una catena di generazioni divine [di “tôledôt”] è un tema comune tanto ai miti sumeri quanto a quelli orfici raccolti nella Teogonia di Esiodo: abbiamo già affrontato questo argomento, lo scorso anno, in viaggio con Erodoto. In Egitto, poi, il mito della creazione è visto come un succedersi ciclico di generazioni divine.
Del secondo modello [la creazione in seguito ad una lotta tra dèi o tra un dio e un mostro primordiale] troviamo riscontro nel capitolo 1 del Libro della Genesi al versetto 2 là dove lo “spirito di Dio” aleggia sulle acque [poi andiamo a verificare sul testo]. L’esempio più noto e significativo di questo modello si ritrova nel poema babilonese sulla creazione intitolato Enuma elish [Lassù, nell’alto dei cieli]. Gli scrivani in esilio a Babilonia [soprattutto quelli della seconda generazione] sono certamente venuti a contatto con questo testo letterario: l’hanno studiato con interesse e, con perizia, l’hanno utilizzato tanto nella forma quanto nel contenuto. Quindi nel momento in cui ci si accinge a leggere il testo del Libro della Genesi non si può fare a meno – in funzione della didattica della lettura e della scrittura – di osservare il materiale che possediamo del poema sumero Enuma elish [Lassù, nell’alto dei cieli]: anche in questo poema c’è una prima fase della creazione impostata sul tema genealogico che si conclude con la vittoria della generazione più giovane di dèi, guidata da Ea, su Apsu. Poi c’è una seconda fase [la più famosa] che ruota intorno alla lotta del dio Marduk contro Tiamat, la divinità femminile dell’abisso. Questa lotta cruenta si conclude con la sconfitta di Tiamat e il suo cadavere viene diviso in due e questa “divisione” dà origine al cielo e alla terra. Questo tema della separazione degli elementi è proprio di molte cosmogonie e ricorre puntualmente [poi andiamo a verificare sul testo] anche nel capitolo 1 del Librodella Genesi al versetto 7 [e “Dio separò la luce dalle tenebre, separò le acque dall’asciutto” e via dicendo...] e, in questo modo, la creazione del cosmo è concepita come l’effetto della lotta tra un dio demiurgo e un altro dio o mostro dell’abisso...
Il terzo modello di creazione lo troviamo applicato nel Libro della Genesi al capitolo 2 versetto 7 nel momento in cui viene plasmato il primo uomo: il dio artefice, come un abile vasaio che lavori l’argilla, plasma un essere che è formato a sua immagine [su questo tema ci soffermeremo prossimamente].
Il quarto modello, infine, il più importante per la comprensione del testo del Libro della Genesi, si basa sulla creazione mediante la “parola”. Questo dotto modello di creazione è stato elaborato dai sacerdoti della Scuola egizia di Menfi, i quali coltivano il culto della potenza magica della parola e soprattutto si dedicano allo studio della medicina, in particolare della chirurgia. Più di 3500 anni fa, i sacerdoti della Scuola di Menfi, una delle città più importanti dell’Egitto antico, hanno scritto un testo molto significativo che era conosciuto in tutta l’area mediorientale. Questo testo prende il nome di “Papiro Smith”, ed esattamente si chiama Il papiro chirurgico-teologico Edwin Smith: anche su questo oggetto abbiamo puntato l’attenzione più di una volta sui nostri Percorsi. Il contenuto di questo testo – come possiamo capire dal titolo – è molto interessante e parla contemporaneamente di medicina, di chirurgia e di teologia. Edwin Smith è l’archeologo che ha scoperto, acquistato [nel 1862] e cercato di tradurre questo antico papiro. Che cosa racconta questo testo fondamentale per la Storia del Pensiero Umano e utile per il nostro incontro con il testo del Libro della Genesi? Il“Papiro Smith” racconta la storia delle origini del mondo e di un dio che si chiama Ptath [o Toth], che equivale al “cuore”, e questo nome divino è una rappresentazione [che cosa c’è di più vitale?] del battito del cuore [ptat-ptat-ptat …toth-toth-toth]."
"La cosa più triste è che molto spesso chi viene ingannato, o illuso, tende a rimanere strettamente ancorato a quello in cui crede nonostante le evidenze indichino chiaramente che la realtà è diversa. Forse è talmente affezionato alle sue credenze che preferisce chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a qualunque cosa possa farle vacillare."
(Torre di Guardia 1/9/2010 p 10)