Caro Trianello, non dovresti stare sveglio fino alle tre di notte, rispettare i ritmi circadiani è la prima regola per una vita felice.
Detto questo purtroppo credo che le tue posizioni partano da un'antropologia filosofica che non condivido. Innanzitutto dici che la procreazione è un "bene dovuto "alla funzione sessuale. Io non sono d'accordo, e mi sembra del tutto gratuito. Dire che la funzione sessuale è fatta in primo luogo per il sesso non implica, come già detto, che debba essere usata solo per quello. Ci sono un mucchio di cose che hanno una funzione principale ma che possono essere usate in tutt'altra maniera, ma un uso diverso non equivale automaticamente ad un uso peccaminoso, specie se non si fa del male a nessuno. Non trovo nulla di male in una relazione di amore che si esplicita e ha il suo coronamento nella sessualità, anche se questa non è aperta la procreazione, e su questo può essere d'accordo anche l’attuale magistero ordinario che infatti ammette l'uso della contraccezione naturale, pur non chiamandola proprio così, all'interno di un rapporto sessuale tra persone sposate. Con ciò testimoniando che se marito e moglie fanno l'amore non devono sempre avere in vista un figlio. Certo, “contraccezione naturale” è un brutto termine, ma la maggior parte dei moralisti riconosce ai coniugi la facoltà di fare sesso durante i periodi infecondi. Non è anch’esso un atto appositamente finalizzato alla non procreazione? Paolo VI rispondeva che tra questo metodo naturale e quelli artificiali “esiste una differenza essenziale” e cioè una differenza di natura etica: “Nel primo caso, i coniugi usufruiscono legittimamente di una disposizione naturale; nell’altro caso, essi impediscono lo svolgimento dei processi naturali” (Paolo VI, Humanae Vitae, 16)
in realtà ci sarebbe molto da replicare su questo concetto di natura, in quanto anche noi siamo natura e dunque è natura tutto ciò che riproduciamo. Esattamente come i castori fanno le dighe, così noi produciamo bombe atomiche. Se ne deduce che l'esplosione sopra Hiroshima sia naturale quanto ruscello fuori da casa mia, perché tutto avviene in base alle leggi della natura è nulla può venire fuori dalla natura. La techne è la natura dell’uomo…
Ad ogni modo, riconoscendo che il coniuge possono praticare la sessualità anche nei periodi fecondi, si stabilisce che esiste un valore in sé dell'atto sessuale che prescinde da quello procreativo. Né la Chiesa infatti prescrive alle coppie sterili di astenersi dei loro rapporti sessuali. Chi andrebbe mai a dire una coppia in cui la moglie o il marito siano sterili che non possono fare sesso? O chi rifiuterebbe di sposare due amabili vecchietti solo perché la moglie non ha più le mestruazioni? A ciò non vale nulla obiettare che in quel caso la contraccezione è qualcosa di “scelto” bensì di subìto dalla natura: quale che sia la causa resta infatti comunque stabilito che esiste una positività della sessualità, cioè una sua funzione, a prescindere dalla procreazione che può esserci o non esserci.
Non vedo poi perché il fatto che la sessualità sia finalizzata alla procreazione debba implicare che quest’ultima sia anche un obbligo dovuto (ma a chi poi?). Dovremmo dire seguendo Hume che il fatto che la procreazione "accada" nella sessualità, non implica che la procreazione sia obbligatoria nella sessualità. Stai facendo un'illecita traversata dal piano descrittivo a quello normativo, confondi l’essere col dover essere.
Ovviamente questa distinzione non ha molto senso per chi applichi uno schema teleologico aristotelico, in quanto il fine sarebbe dettato dell'ipotetica natura stessa della cosa, tuttavia io contesto che il fine di una cosa sia anche un obbligo morale, contesto cioè che la pienezza sia anche un dovere, e che derogare dalla pienezza sia un peccato.
L'esempio del goloso che sia abbuffa di cibo non è pertinente , in quanto parte dal presupposto non dimostrato che questo sesso non procreativo sia qualcosa che crea danni esattamente come il cibo in eccesso fa ingrassare e ostruisce le vene con il colesterolo. E invece non s'è ancora capito perché mai usare la sessualità in qualcosa di diverso dalla procreazione dovrebbe danneggiare o se stessi o coloro con i quali si fa l’amore.
Affermi poi che rapporto omosessuale sia depauperato rispetto a quello eterosessuale perché non presenta la complementarietà anatomica di quest'ultimo. Ho già detto che se anche fosse vero la depauperazione implica soltanto una minore perfezione, e non il male. Vorrà dire che, come ho già scritto, il rapporto sessuale etero raggiungerà delle vette che il rapporto omosessuale non può raggiungere, ma ciò nonostante non si vede perché raggiungere una vetta minore voglia dire fare qualcosa di illecito, quando invece è semplicemente fermarsi al gradino precedente. Anzi diverrebbe qualcosa di illecito non arrampicarsi su questo gradino, o spingere altri a non farlo, visto che il prezzo di questa astensione è l'infelicità di una vita psichicamente distrutta. San Paolo riconosce che non tutti sono adeguati alla castità, e che quindi se anche la perfezione sarebbe non toccare donna, tuttavia non tutti sono in grado di farlo, perché hanno dei limiti di natura, e dunque è possibile sposarsi come rimedio: è meglio maritarsi che ardere. Se dunque la Chiesa, e San Paolo, riconoscono all'eterosessuale che egli non necessariamente è in grado di tener fede la castità perché potrebbe non essere tagliato per essa, allora è discriminatorio non dare anche gli omosessuali questa possibilità e affermare che solo loro devono essere tutti casti, tutti continenti, come se per qualche motivo ignoto la loro natura dovesse essere più incline alla verginità perpetua rispetto a quella degli eterosessuali, a cui San Paolo concedeva come rimedio alla debolezza il matrimonio. Se si riconosce un limite strutturale a questi ultimi, si deve riconoscere e concedere un rimedio contro l'ardore anche gli omosessuali, e se non lo si intende concedere con la via del matrimonio canonico, si dovranno trovare altre vie, come quelle da me presentate.
Sono poi completamente in disaccordo con la riduzione della complementarietà che si esplica nel sesso ad una complementarietà meramente fisica, la quale accadrebbe nell'incontro ad incastro dei corpi. Anche qui, ovviamente, non si vede perché meno perfetto equivarrebbe ad illecito. Se anche ammettessi che nel rapporto etero c’è una complementarietà superiore, perché sia corporea che spirituale, questo non invaliderebbe comunque la bontà di una complementarità meno perfetta, cioè che nel rapporto omosessuale non trovi la complementarietà anatomica ma solo quella del desiderio e delle menti.
Possiamo infatti sostenere perfettamente che nel rapporto omosessuale pur non essendoci una complementarietà di corpi ce n'è una di anime, e che dunque si riesce comunque divenire una carne sola, perché non è certo grazie le procedure ad incastro tipiche del rapporto eterosessuale che i due divengono una carne sola, bensì ad un incontro di spiriti di cui il sesso è solo l’ultima tappa. Volendo guardare infatti due corpi rimangono distinti anche nella più profonda delle unioni corporee, è la loro anima, la loro mente, quel che diviene un tutt'uno. A questo proposito la tradizione occidentale non è certo parca di suggerimenti: il divino Platone nel simposio attraverso il mito degli androgini divisi con la folgore di Zeus spiega il perché esista una complementarietà tra uomo e donna, e perché esiste anche una complementarietà tra due uomini, o tra due donne, tutte parimenti degne. Certamente conosci il testo ma per chi non fosse iniziato ai misteri della filosofia varrà la pena di riprodurlo, mettendo in esergo una piccola immagina per raffigurarci di cosa stiamo parlando:
“Bisogna innanzi tutto che sappiate qual è la natura dell’uomo e quali prove ha sofferto; perché l’antichissima nostra natura non era come l’attuale, ma diversa. In primo luogo l’umanità comprendeva tre sessi, non due come ora, maschio e femmina, ma se ne aggiungeva un terzo partecipe di entrambi e di cui ora è rimasto il nome, mentre la cosa si è perduta. Era allora l’androgino, un sesso a sé, la cui forma e nome partecipavano del maschio e della femmina, ora non è rimasto che il nome che suona vergogna. In secondo luogo, la forma degli umani era un tutto pieno: la schiena e i fianchi a cerchio, quattro bracci e quattro gambe, due volti del tutto uguali sul collo cilindrico, e una sola testa sui due volti, rivolti in senso opposto; e così quattro orecchie, due sessi, e tutto il resto analogamente, come è facile immaginare da quanto s’è detto. Camminavano anche ritti come ora, nell’una e nell’altra direzione; ma quando si mettevano a correre rapidamente, come i saltimbanchi fanno capriole levando in alto le gambe, così quelli veloci ruzzolavano poggiando su quei loro otto arti. […] Possedevano forza e vigore terribili, e straordinaria superbia; e attentavano agli dèi. Quel che Omero racconta di Efialte e di Oto che tentarono cioè la scalata del cielo per attaccare gli dèi, è detto di loro.
Pertanto Giove e gli altri dèi andavano arrovellandosi che dovessero fare ed erano in grave dubbio perché non se la sentivano di ucciderli e farli sparire fulminandoli come i giganti, – sparivano così onori e sacrifici da parte degli uomini – né potevano lasciarli insolentire. Ma finalmente Giove, pensa e ripensa: “Se non erro, dice, ce l’ho l’espediente perché gli uomini, pur continuando a esistere ma divenuti più deboli, smettano questa tracotanza. Ora li taglierò in due e così saranno più deboli, e nello stesso tempo più utili a noi per via che saranno aumentati di numero. E cammineranno ritti su due gambe; ma se ancora gli salterà di fare gli arroganti, e non vorranno vivere quieti, li taglierò in due una seconda volta: così cammineranno su una gamba zoppa a balzelloni”. Ciò detto prese a spaccare gli uomini in due, come quelli che tagliano le sorbe per conservarle o quelli che dividono le uova con un crine. E intanto, via via che tagliava, ordinava ad Apollo di torcere il viso e la metà del collo dalla parte del taglio – così che l’uomo avendo sott’occhio quella spaccatura divenisse più tranquillo – e di rimediare tutte le altre ferite. […]
Ognuno di noi è dunque la metà di un umano resecato a mezzo com’è al modo delle sogliole: due pezzi da uno solo; e però sempre è in cerca della propria metà. E quanti risultano tagliati da quell’essere misto che allora si chiamava androgino, sono grandi amatori di donna, ed è da questo ceppo che provengono per lo più gli adulteri; e parallelamente le donne che da qui provengono vanno folli per gli uomini e sono adultere; invece quante donne risultano parte di femmina, per nulla pensano agli uomini, ma più volentieri sono inclinate alle donne, e da questo sesso vengono le tribadi; e quanti infine sono parte di maschio danno la caccia al maschio e finché sono fanciulli, cioè fettine di uomini, amano gli uomini e godono a giacersi e ad abbracciarsi con gli uomini. E questi sono i migliori fra i fanciulli e i giovani perché sono i più virili di natura. Certo alcuni li dicono impudenti, ma è falso; perché essi non si comportano così per impudenza, ma per l’indole forte, generosa e virile, in quanto amano ciò che è loro simile.”
Difendo dunque l'idea che due persone non divengano affatto una carne sola per via della mera loro complementarietà anatomica, la quale è soltanto un livello di integrazione, bensì divengano una carne sola soprattutto per la loro affinità e la complementarietà delle loro anime.
E la complementarietà delle anime diviene nel rapporto omosessuale una complementarietà anche di corpi, ma di livello diverso. Infatti i fenomenologi insegnano sulla scia di Tommaso che
non è l’anima dentro il corpo, bensì il corpo dentro l’anima (Secondo la formulazione classica:
anima forma humani corporis). Quando tocchiamo il corpo di una persona, lo accarezziamo, costringiamo la sua anima ad addensarsi in quel punto, a precipitare là, e a farsi corpo. Quanto sfiori una persona, non stai toccando il suo corpo, ma la sua anima; e una volta capito questo, in filosofia si è capito tutto. Sicché l’omosessuale accede all’anima del suo amante, che è a lui complementare, anche toccando il suo corpo, perché nella carezza l’anima dell’amico si incarna in quel punto, e divine corpo: Sartre et Husserl docent. Fare l’amore è un cerimoniale in cui facciamo incarnare l’anima del nostro amore, per poterla toccare. In questo senso, due persone, anche gay, possono divenire una carne sola e un’anima sola, e sempre per questo nessuno riesce a dimostrare cosa ci sarebbe di male in questo amore.
Quanto alla tua ultima argomentazione, non mi sembra il caso di cadere in generalizzazioni che possono sembrare addirittura trarre le loro argomentazioni dalla genealogia della morale di Nietzsche. Concordi sicuramente con me nel fatto che stabilire che qualcosa è nuovo, cioè che deriva da qualcos'altro, non è affatto una prova, come invece pretendeva Nietzsche, che quella cosa sia falsa. Determinare la genealogia di un qualcosa, cioè da dove proviene, non ci dice nulla sul fatto che quella cosa sia razionale o meno, che sia giusta o meno. In questo caso l'amore romantico, esattamente come la monogamia, sono costrutti dell'Occidente, ma questo non ci dice nulla sul fatto che siano conquiste sagge o meno. Infatti tu, ben lungi dal voler passare per seguace di Nietzsche, scrivi che la conquista raggiunta in Occidente del matrimonio monogamico sia l'unico in linea con la morale naturale. Vale a dire che, a prescindere da dove derivi il matrimonio monogamico, esso è giusto, cioè è razionale, è in linea con un dettato stesso della natura. Un discorso simile si potrà fare anche per giustificare l'amore romantico, anche se è un costrutto europeo, il quale emancipa la donna dall'essere sposata solo per divenire una cavalla per figliare, esso è tuttavia, oltre che nuovo, anche giusto, cioè si adatta alla natura umana meglio di altri modelli.
Il percorso che ha portato l'eterosessuale a raggiungere queste conquiste, cioè il matrimonio monogamico e l'amore romantico, è un percorso che per l'appunto riguarda l'eterosessualità, ma questo non implica che non si possano trovare altre motivazioni all'interno della coppia omosessuale per raggiungere gli stessi traguardi e giustificarli come più razionali. Forse all'interno del metodo genealogico potremmo dire che proprio l'amore eterosessuale può aver fornito delle basi concettuali per ispirare delle motivazioni razionali a fondamento di un amore omosessuale monogamico e romantico. Ad esempio potremmo dire che l'amore omosessuale monogamico funziona di più di quello dove la fedeltà del partner non è richiesta per tutte le ragioni che hanno già messo in luce gli psicologi mostrando come qualunque triangolo amoroso sia alla lunga instabile, vale a dire che si creano delle inevitabili gelosie su chi sia il preferito di ciascuno dei membri del triangolo. I motivi per cui la poligamia dei mormoni non funziona, e si creano delle fratture interne a queste famiglie, vale a dire la gelosia tra queste mogli, valgono anche per l'unione omosessuale, e infatti la Chiesa mormone stessa ha bandito la poligamia che rimane solo in alcune enclavi fondamentaliste. Ogni persona, quale che sia suo orientamento sessuale, preferisce cioè avere un partner esclusivo, e sentirsi amato in esclusiva, altrimenti si hanno tutta una serie di conseguenze psicologiche su cui esiste un'ampia letteratura. Questo a mio avviso è una motivazione eccellente per fornire l'armatura razionale che permette di dire che l'amore romantico e monogamico sia eterosessuale sia omosessuale è migliore di altri.