La verità sul medio oriente, oltre la propaganda antisemita

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Achille
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Oggi la parata omosessuale a Tel Aviv

Gay Pride, la maschera di tolleranza di Israele

Attivisti palestinesi e israeliani contro il “pinkwashing”

venerdì 7 giugno 2013 - Oggi una grande parata per le strade della capitale israeliana celebra i venti anni di Gay Pride nel Paese. Eventi culturali, marce, feste sulla spiaggia di Tel Aviv e concerti saranno il filo conduttore del Mese dell'Orgoglio Omosessuale in Israele, ufficialmente iniziato il 31 maggio. Per l'occasione la città si colora con bandiere arcobaleno e addobba le vie principali, in attesa – secondo gli organizzatori – di oltre 20mila visitatori stranieri che parteciperanno ai vari eventi insieme ai gay e alle lesbiche israeliani. Lo scorso anno, secondo i dati finali della manifestazione, hanno preso parte alle celebrazioni circa 100mila persone.
Alla parata di oggi, oltre alla modella Bar Rafaeli che aprirà la festa in spiaggia, parteciperanno anche personaggi politici di rilievo, dal sindaco di Tel Aviv Ron Huldai ai ministri Lapid e Livni, oltre ai leader dei partiti di opposizione, Yacimovich e Gal-On. Il Gay Pride in Israele ha un significato molto diverso da quelli che si svolgono in Europa o Stati Uniti: il Comune di Tel Aviv ha investito 590mila shekel (circa 120mila euro) nella manifestazione e altri 225 mila andranno a favore di una campagna di marketing diretta ai turisti gay. «La Parata dell'Orgoglio è diventata uno dei simboli della città – ha detto il sindaco Huldai – Decine di migliaia di israeliani e turisti da Israele e da tutto il mondo prendono parte alla manifestazione ogni anno. Credo che Tel Aviv, città della tolleranza, sarà faro e bussola per altre città del Paese».
Da tempo Tel Aviv ha scelto la tolleranza verso gli omosessuali come propria bandiera, simbolo dell'apertura e dell'assenza di discriminazioni nella società israeliana: l'obiettivo delle autorità è mostrare il Paese come l'unica vera democrazia in Medio Oriente, l'unica in grado di differenziarsi dall'omofobia e la repressione dei vicini arabi. La realtà dei fatti è ben diversa. Lo chiamano “pinkwashing”: un sistema di propaganda volto a ripulire l'immagine dello Stato di Israele agli occhi dell'intera comunità internazionale, un'immagine generalmente associata a guerre, occupazione dei Territori Palestinesi, colonie, Muri, checkpoint militari e repressione della minoranza araba. Come? Attraverso una cultura di uguaglianza e tolleranza verso gay, lesbiche, bisessuali e transgender (LGBT).
«Si tratta di un uso cinico dei diritti degli omosessuali per distrarre l'attenzione dalle continue violazioni dei diritti umani che Israele compie contro il popolo palestinese e per normalizzare il sistema coloniale e di apartheid che Tel Aviv ha creato sul terreno». A parlare è l'associazione Al Qaws, organizzazione di queer palestinesi impegnata all'interno della comunità omosessuale in Palestina e in Israele. Da anni lavora per sostenere gay e lesbiche palestinesi sia individualmente che come collettività, attraverso azioni volte a portare all'interno di una società tradizionalista un tema tanto importante.
Sono numerosi i gruppi sorti all'interno della società palestinese e dedicati al tema, gruppi spesso gemellati con i loro omonimi israeliani, impegnati a smascherare le reali intenzioni del governo israeliano. Come Pinkwashing Israel, movimento web che raccoglie attivisti di tutto il mondo, o Palestinian Queers for Boycott, Divestment and Sanctions (PQBDS), o ancora Israeli Queers Against Israeli Apartheid. «Chiamiamo pinkwashing tutta quella serie di pratiche volte a nascondere le violazioni israeliane dietro una facciata di progressismo e uguaglianza – proseguono gli attivisti di Al Qaws – Il loro obiettivo è isolare omosessuali e bisessuali da altre identità sessuali e farsi paladini dei loro diritti, mentre proseguono indisturbati l'occupazione brutale del popolo palestinese. Un esempio: da una parte Israele mostra tolleranza e apertura verso il mondo gay, dall'altra impedisce per legge il ricongiungimento familiare di una coppia palestinese se uno dei coniugi vive in Cisgiordania. O ancora non permette all'interno dei suoi confini un matrimonio tra un ebreo e un non ebreo, ma solo tra due ebrei: in caso contrario, ci si deve sposare all'estero. Si tratta di razzismo, che non ha nulla a che vedere con il rispetto dei diritti dei gay: Israele non sta promuovendo i diritti degli omosessuali, ma anzi li usa per giustificare un'occupazione militare, politica, economica e culturale».
Impegnati nella campagna di promozione di Israele come patria gay, ci sono i vertici politici: il governo israeliano, associazioni sponsorizzate dall'esecutivo e organizzazioni internazionali.«Tutti lavorano per mettere a confronto la tolleranza israeliana con quella che dipingono come la barbara omofobia palestinese e araba. E' vero, l'omofobia esiste nella società palestinese, così come in altre parti del mondo. Siamo noi, etero, gay e lesbiche palestinesi, insieme alla società civile, a dover lavorare per cancellare tale fenomeno, per portare la questione sul tavolo e promuovere i nostri diritti sessuali, e non il governo israeliano o il suo Ministero degli Esteri. Non ci devono usare per fare propaganda. Anche perché se fosse vero che Tel Aviv intende aiutare, come dice, i gay e le lesbiche palestinesi, allora ci apra le porte. Questo non accade: se vivi in Cisgiordania, non sarai accolto dal tollerante Israele».
La questione è arrivata fin sul tavolo del World Social Forum di Porto Alegre del 2012: l'assemblea ha emesso una dichiarazione ufficiale con la quale condanna la pratica del pinkwashing, intesa come strumento per distogliere l'attenzione dalle violazioni dei diritti del popolo palestinese e dall'occupazione e il regime di apartheid instaurato in tutta la Palestina storica. Uno degli strumenti di resistenza scelti dalla comunità LGBT palestinese è il BDS, la campagna globale di boicottaggio contro lo Stato di Israele, iniziata nel 2005 su ispirazione del movimento di boicottaggio del regime sudafricano di apartheid negli anni Ottanta e Novanta. Il mondo si mobilitò, avviando una serie di iniziative di boicottaggio economico, culturale e accademico delle imprese, le università e gli istituti sudafricani, fino al crollo del regime di apartheid.
Stesso l'obiettivo della campagna BDS, che ha come target lo Stato di Israele. Tra le organizzazioni internazionali e locali impegnate nel movimento, c'e' la Palestinian Queers for BDS. Parliamo della loro attività con una delle fondatrici, H. F. Ha chiesto di restare anonima, come fa da quando lavora come coordinatrice della campagna, per evitare ripercussioni. «Abbiamo iniziato a lavorare nel 2009, anche se la prima campagna vera e propria risale al 2010. Più che un'organizzazione, la nostra è un collettivo di attivisti e volontari. L'idea è nata dalla volontà di fondere il lavoro di Al Qaws, da cui molti di noi provenivano, con la campagna BDS nell'obiettivo di combattere la pratica del pinkwashing a livello internazionale. La nostra prima campagna ha avuto come target la IGLIO (International Gay and Lesbian Organization) che nel settembre 2011 decise di tenere la sua assemblea generale a Tel Aviv, con i fondi del governo israeliano e del Comune. Non siamo riusciti nell'interno di far cancellare subito l'evento, nonostante le lunghe discussioni avute con loro e nonostante avessero ben chiaro cosa significasse pinkwashing. Ma è stato comunque utile per darci la spinta a proseguire, mobilitando organizzazioni omosessuali in tutto il mondo, attirando su di noi l'attenzione di singoli omosessuali e promuovendo la nostra causa: in breve l'IGLIO ha ricevuto oltre 500 lettere, sia di singoli individui che di associazioni gay e lesbiche che annunciavano che non avrebbero partecipato all'assemblea generale se si fosse svolta a Tel Aviv. E abbiamo vinto: hanno trasferito tutto ad Amsterdam».
«Con il tempo siamo stati in grado di radicarci all'interno del più ampio movimento di resistenza popolare palestinese – continua H.F. - Partecipiamo alle attività organizzate dalla società civile, in particolare dal movimento BDS. Diciamo che stiamo concretizzando il nostro lavoro, che non è certo semplice in una società araba e conservatrice, spesso ancora troppo maschilista. La situazione non è facile, per questo ci muoviamo con cautela: bussiamo alle porte delle organizzazioni su cui sappiamo di poter contare per avviare con loro collaborazioni di più ampio respiro. Da altre non andiamo neppure».
«Allo stesso modo, non è scontato che molti uomini e donne ci contattino spontaneamente perché gay e lesbiche. Il nostro è un lavoro difficile, a livello politico e sociale. Per questo molti non rivelano la loro identità, ma ci contattano via telefono o via mail. Ma resta il concetto di base: noi riteniamo che la battaglia per i diritti delle donne e per quelli degli omosessuali sia strettamente connessa alla lotta contro l'occupazione. Tutti, non importa il genere o le preferenze sessuali, devono lavorare all'interno della società palestinese per democratizzarla e all'esterno, per porre fine all'occupazione militare israeliana».


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ISRAELE-PALESTINA/ Netanyahu getta la maschera e prepara lo "Stato razziale"

Il governo israeliano svolta a destra e l’Assemblea nazionale francese risponde riconoscendo lo Stato di Palestina. Il premier Benyamin Netanyahu ha licenziato i ministri centristi Yair Lapid e Tzipi Livni, che avevano criticato il suo operato. Tra marzo e aprile si andrà a elezioni anticipate e quella che si profila è un’alleanza tra Netanyahu e gli ultra-ortodossi. Il parlamento parigino in tutta risposta con 339 sì e 151 no ha votato una mozione che invita il governo Valls a riconoscere lo Stato di Palestina. Abbiamo chiesto un commento a Massimo Campanini, docente di Storia dei paesi islamici nell’Università di Trento.

Professore, che cosa implica lo spostamento a destra del governo israeliano?
Questo spostamento era prevedibile. Netanyahu a un certo punto sembrava incarnare una linea politica oscillante tra aperture e chiusure, mentre ora mostra il suo vero volto. Netanyahu è un uomo di destra che ha sempre cercato di realizzare quella che dal punto di vista del diritto e della democrazia occidentale è un’aberrazione, cioè uno Stato etnico e razziale. Vedendo la possibilità di arrivare a questo obiettivo, il premier ha scelto di allearsi con le forze ortodosse che si stanno sempre più ramificando e prendendo piede nella società israeliana.

Ci vuole spiegare meglio qual è il progetto di Netanyahu?
La visione dello Stato d’Israele come Stato degli ebrei implica che chi non è ebreo in questo Stato è un cittadino di serie B. Si è identificati quindi come cittadini non in quanto membri di una società civile, ma in quanto si fa parte dell’etnia ebraica. E’ una violazione palese di una delle idee portanti della democrazia occidentale. Lo ritengo un fatto estremamente preoccupante, perché rappresenta un’involuzione che gli stessi padri fondatori dello Stato d’Israele non prevedevano. La conseguenza sarà che gli arabi israeliani che vivono all’interno dello Stato d’Israele saranno automaticamente considerati dei cittadini di serie B. Ma questa discriminazione varrà potenzialmente anche per una persona non ebrea di origini europee che viva in Israele.

Qual è il significato della scelta dell’Assemblea nazionale francese di esprimersi a favore dello Stato di Palestina?
Questo voto nasce da un lato dal consueto attivismo francese in Medio Oriente, per cui Parigi ha sempre cercato di conseguire una politica che corrispondesse a una sua affermazione nazionalistica nel quadro internazionale. La presa di posizione dell’Assemblea francese è dall’altra una risposta esplicita alle ultime decisioni di Netanyahu. Per bilanciare questa deriva tutti i Paesi occidentali, inclusa l’Italia, dovrebbero riconoscere la Palestina. La nascita di uno Stato ebraico sulle ceneri dello Stato d’Israele diventa evidentemente un presupposto per disconoscere qualsiasi reale intesa con i palestinesi.

Che cosa si prepara in Israele e Palestina?
Non si prepara assolutamente niente. Ormai i palestinesi sono stati sostanzialmente abbandonati al loro destino, e non c’è più un solo Paese arabo che sia disposto a rischiare una crisi internazionale per i palestinesi. Assad era rimasto l’unico baluardo che li sosteneva, ma la guerra civile nella quale si trova ingolfato fa sì che abbia altro cui pensare. I palestinesi quindi non hanno più nessuna chance reale di vedere riconosciuto un loro autentico Stato. Israele se ne è reso conto e ne ha approfittato per andare nella direzione dello Stato etnico e razziale. Chi ci perde sono i palestinesi, come del resto è sempre avvenuto.

Le recenti tensioni a Gerusalemme sono il segno di una situazione che sta degenerando?
Sì, e ciò non è immune da gravi pericoli. Un governo Netanyahu che sposa le prospettive degli ultra-ortodossi e che quindi è sostenuto da questi ultimi, nel futuro anche immediato non potrà che assumere decisioni più rigide e ciò inevitabilmente scatenerà dei conflitti.

Come vede la posizione degli Stati Uniti nei confronti della questione palestinese?
Anche con Obama, gli Stati Uniti non hanno mai smesso di fare una politica filo-israeliana. Il problema è che per ottenere un vero bilanciamento delle forze in Medio Oriente, l’emarginazione forzata dell’Iran rappresenta un grave errore politico e ciò vale anche nella prospettiva della lotta all’Isis. Spero che le ultime evoluzioni non significhino che gli Stati Uniti si stanno preparando a legittimare una guerra preventiva contro l’Iran, che sarebbe un osso molto più duro dell’Iraq di Saddam Hussein. Qualsiasi sia lo scenario che ci aspetta, è chiaro però che una politica di marginalizzazione di Tehran sarebbe un grave elemento di turbativa all’interno di equilibri precari.

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mr-shadow ha scritto:ISRAELE-PALESTINA/ Netanyahu getta la maschera e prepara lo "Stato razziale"

Il governo israeliano svolta a destra e l’Assemblea nazionale francese risponde riconoscendo lo Stato di Palestina. Il premier Benyamin Netanyahu ha licenziato i ministri centristi Yair Lapid e Tzipi Livni, che avevano criticato il suo operato. Tra marzo e aprile si andrà a elezioni anticipate e quella che si profila è un’alleanza tra Netanyahu e gli ultra-ortodossi. Il parlamento parigino in tutta risposta con 339 sì e 151 no ha votato una mozione che invita il governo Valls a riconoscere lo Stato di Palestina. Abbiamo chiesto un commento a Massimo Campanini, docente di Storia dei paesi islamici nell’Università di Trento.

Professore, che cosa implica lo spostamento a destra del governo israeliano?
Questo spostamento era prevedibile. Netanyahu a un certo punto sembrava incarnare una linea politica oscillante tra aperture e chiusure, mentre ora mostra il suo vero volto. Netanyahu è un uomo di destra che ha sempre cercato di realizzare quella che dal punto di vista del diritto e della democrazia occidentale è un’aberrazione, cioè uno Stato etnico e razziale. Vedendo la possibilità di arrivare a questo obiettivo, il premier ha scelto di allearsi con le forze ortodosse che si stanno sempre più ramificando e prendendo piede nella società israeliana.

Ci vuole spiegare meglio qual è il progetto di Netanyahu?
La visione dello Stato d’Israele come Stato degli ebrei implica che chi non è ebreo in questo Stato è un cittadino di serie B. Si è identificati quindi come cittadini non in quanto membri di una società civile, ma in quanto si fa parte dell’etnia ebraica. E’ una violazione palese di una delle idee portanti della democrazia occidentale. Lo ritengo un fatto estremamente preoccupante, perché rappresenta un’involuzione che gli stessi padri fondatori dello Stato d’Israele non prevedevano. La conseguenza sarà che gli arabi israeliani che vivono all’interno dello Stato d’Israele saranno automaticamente considerati dei cittadini di serie B. Ma questa discriminazione varrà potenzialmente anche per una persona non ebrea di origini europee che viva in Israele.
Intanto noto che questo professore parla di quello che potrebbe avvenire in futuro, non della realtà attualmente esistente in Israele, dove tutti i cittadini hanno gli stessi diritti.
Vedremo se la cose cambieranno con le prossime elezioni o se queste sono solo "previsioni pessimistiche".
Intanto questi spostamenti degli equlibri a destra o a sinistra fanno parte del normale processo esistente in ogni democrazia.
Nelle "teocrazie" islamico/terroriste che assediano Israele simili confronti democratici, con ribaltamenti o spostamenti degli equilibri politici, non esistono.
Israele è e rimane l'unica democrazia esistente in quella parte del mondo.
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mr-shadow ha scritto:Oggi la parata omosessuale a Tel Aviv
....
Alla parata di oggi, oltre alla modella Bar Rafaeli che aprirà la festa in spiaggia, parteciperanno anche personaggi politici di rilievo, dal sindaco di Tel Aviv Ron Huldai ai ministri Lapid e Livni, oltre ai leader dei partiti di opposizione, Yacimovich e Gal-On. Il Gay Pride in Israele ha un significato molto diverso da quelli che si svolgono in Europa o Stati Uniti: il Comune di Tel Aviv ha investito 590mila shekel (circa 120mila euro) nella manifestazione e altri 225 mila andranno a favore di una campagna di marketing diretta ai turisti gay. «La Parata dell'Orgoglio è diventata uno dei simboli della città – ha detto il sindaco Huldai – Decine di migliaia di israeliani e turisti da Israele e da tutto il mondo prendono parte alla manifestazione ogni anno. Credo che Tel Aviv, città della tolleranza, sarà faro e bussola per altre città del Paese».
Da tempo Tel Aviv ha scelto la tolleranza verso gli omosessuali come propria bandiera, simbolo dell'apertura e dell'assenza di discriminazioni nella società israeliana: l'obiettivo delle autorità è mostrare il Paese come l'unica vera democrazia in Medio Oriente, l'unica in grado di differenziarsi dall'omofobia e la repressione dei vicini arabi. La realtà dei fatti è ben diversa.
Mi fermo un attimo qui: questa è la realtà dei fatti. Una realtà impensabile nei paesi vicini, dove i gay vengono impiccati o lapidati. Che poi ci siano strumentalizzazioni politiche di questo evento, questo è normale: accade anche in Italia che certi eventi vengano "usati" per scopi propagandistici. Ma la tolleranzaverso i gay è indice della democrazia reale esistente in Israele dove i diritti di tutti vengono rispettati. Possono certo essere necessari dei miglioramenti, e certe limitazioni possono essere compresibili, visto il clima e la minaccia sempre presente del terrorismo e degli attentati, ma prima di puntare il dito contro Israele e ti togliere la pagliuzza dall'occhio degli Ebrei, questi critici guardino l'immensa trave che c'è nell'cchio delle nazioni vicine, una trave fatta di odio, violenza, terrorismo, intolleranza e barbarie, sia nei confronti dei gay che degli Ebrei in generale.
E' vero, l'omofobia esiste nella società palestinese, così come in altre parti del mondo.
Ma dai, non lo avrei mai immaginato. Questa gente che disprezza Israele e il Sionismo, dovrebbe ringraziare che possono esistere e vivere apertamente in questa ammirevole democrazia, che permette loro non solo di vivere la loro vita ma anche di dissentire e di criticare la nazione in cui vivono. E anziché darsi tanto da fare per combattere contro l'unica democrazia esistente in quella parte del mondo, provino solo a fare qualcosa del genere nella striscia di gaza o nella west bank: così "capirebbero meglio" (sulla loro pelle) in che consiste la differenza fra un regime intollerante e nazista e un paese libero e civile.

Immagine
Giovani gay impiccati in Iran: http://www.giornalettismo.com/archives/ ... attro-gay/" onclick="window.open(this.href);return false;
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Achille Lorenzi ha scritto:
Il BBCode [youtube2] viene disattivato in quanto non più necessario per incorporare i filmati di YouTube. URL del filmato: http://youtu.be/QV462ehIVfw
Ascoltavo da ragazzo questo cantante. Ricordo certe sue canzoni, come "Albergo ad ore"...
Non sapevo che fosse ebreo. Davvero toccante e intensa questa sua arringa.

La sua biografia: http://it.wikipedia.org/wiki/Herbert_Pagani" onclick="window.open(this.href);return false;
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Achille Lorenzi ha scritto:
mr-shadow ha scritto:Oggi la parata omosessuale a Tel Aviv
....
Alla parata di oggi, oltre alla modella Bar Rafaeli che aprirà la festa in spiaggia, parteciperanno anche personaggi politici di rilievo, dal sindaco di Tel Aviv Ron Huldai ai ministri Lapid e Livni, oltre ai leader dei partiti di opposizione, Yacimovich e Gal-On. Il Gay Pride in Israele ha un significato molto diverso da quelli che si svolgono in Europa o Stati Uniti: il Comune di Tel Aviv ha investito 590mila shekel (circa 120mila euro) nella manifestazione e altri 225 mila andranno a favore di una campagna di marketing diretta ai turisti gay. «La Parata dell'Orgoglio è diventata uno dei simboli della città – ha detto il sindaco Huldai – Decine di migliaia di israeliani e turisti da Israele e da tutto il mondo prendono parte alla manifestazione ogni anno. Credo che Tel Aviv, città della tolleranza, sarà faro e bussola per altre città del Paese».
Da tempo Tel Aviv ha scelto la tolleranza verso gli omosessuali come propria bandiera, simbolo dell'apertura e dell'assenza di discriminazioni nella società israeliana: l'obiettivo delle autorità è mostrare il Paese come l'unica vera democrazia in Medio Oriente, l'unica in grado di differenziarsi dall'omofobia e la repressione dei vicini arabi. La realtà dei fatti è ben diversa.
Mi fermo un attimo qui: questa è la realtà dei fatti. Una realtà impensabile nei paesi vicini, dove i gay vengono impiccati o lapidati. Che poi ci siano strumentalizzazioni politiche di questo evento, questo è normale: accade anche in Italia che certi eventi vengano "usati" per scopi propagandistici. Ma la tolleranzaverso i gay è indice della democrazia reale esistente in Israele dove i diritti di tutti vengono rispettati. Possono certo essere necessari dei miglioramenti, e certe limitazioni possono essere compresibili, visto il clima e la minaccia sempre presente del terrorismo e degli attentati, ma prima di puntare il dito contro Israele e ti togliere la pagliuzza dall'occhio degli Ebrei, questi critici guardino l'immensa trave che c'è nell'cchio delle nazioni vicine, una trave fatta di odio, violenza, terrorismo, intolleranza e barbarie, sia nei confronti dei gay che degli Ebrei in generale.
E' vero, l'omofobia esiste nella società palestinese, così come in altre parti del mondo.
Ma dai, non lo avrei mai immaginato. Questa gente che disprezza Israele e il Sionismo, dovrebbe ringraziare che possono esistere e vivere apertamente in questa ammirevole democrazia, che permette loro non solo di vivere la loro vita ma anche di dissentire e di criticare la nazione in cui vivono. E anziché darsi tanto da fare per combattere contro l'unica democrazia esistente in quella parte del mondo, provino solo a fare qualcosa del genere nella striscia di gaza o nella west bank: così "capirebbero meglio" (sulla loro pelle) in che consiste la differenza fra un regime intollerante e nazista e un paese libero e civile.

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Come al solito non hai risposto.
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Achille Lorenzi ha scritto:
mr-shadow ha scritto:ISRAELE-PALESTINA/ Netanyahu getta la maschera e prepara lo "Stato razziale"

Il governo israeliano svolta a destra e l’Assemblea nazionale francese risponde riconoscendo lo Stato di Palestina. Il premier Benyamin Netanyahu ha licenziato i ministri centristi Yair Lapid e Tzipi Livni, che avevano criticato il suo operato. Tra marzo e aprile si andrà a elezioni anticipate e quella che si profila è un’alleanza tra Netanyahu e gli ultra-ortodossi. Il parlamento parigino in tutta risposta con 339 sì e 151 no ha votato una mozione che invita il governo Valls a riconoscere lo Stato di Palestina. Abbiamo chiesto un commento a Massimo Campanini, docente di Storia dei paesi islamici nell’Università di Trento.

Professore, che cosa implica lo spostamento a destra del governo israeliano?
Questo spostamento era prevedibile. Netanyahu a un certo punto sembrava incarnare una linea politica oscillante tra aperture e chiusure, mentre ora mostra il suo vero volto. Netanyahu è un uomo di destra che ha sempre cercato di realizzare quella che dal punto di vista del diritto e della democrazia occidentale è un’aberrazione, cioè uno Stato etnico e razziale. Vedendo la possibilità di arrivare a questo obiettivo, il premier ha scelto di allearsi con le forze ortodosse che si stanno sempre più ramificando e prendendo piede nella società israeliana.

Ci vuole spiegare meglio qual è il progetto di Netanyahu?
La visione dello Stato d’Israele come Stato degli ebrei implica che chi non è ebreo in questo Stato è un cittadino di serie B. Si è identificati quindi come cittadini non in quanto membri di una società civile, ma in quanto si fa parte dell’etnia ebraica. E’ una violazione palese di una delle idee portanti della democrazia occidentale. Lo ritengo un fatto estremamente preoccupante, perché rappresenta un’involuzione che gli stessi padri fondatori dello Stato d’Israele non prevedevano. La conseguenza sarà che gli arabi israeliani che vivono all’interno dello Stato d’Israele saranno automaticamente considerati dei cittadini di serie B. Ma questa discriminazione varrà potenzialmente anche per una persona non ebrea di origini europee che viva in Israele.
Intanto noto che questo professore parla di quello che potrebbe avvenire in futuro, non della realtà attualmente esistente in Israele, dove tutti i cittadini hanno gli stessi diritti.
Vedremo se la cose cambieranno con le prossime elezioni o se queste sono solo "previsioni pessimistiche".
Intanto questi spostamenti degli equlibri a destra o a sinistra fanno parte del normale processo esistente in ogni democrazia.
Nelle "teocrazie" islamico/terroriste che assediano Israele simili confronti democratici, con ribaltamenti o spostamenti degli equilibri politici, non esistono.
Israele è e rimane l'unica democrazia esistente in quella parte del mondo.
Idem come sopra, non hai risposto.
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Intanto noto che questo professore parla di quello che potrebbe avvenire in futuro, non della realtà attualmente esistente in Israele, dove tutti i cittadini hanno gli stessi diritti.
Quindi se in futuro accadrà quanto previsto nell'intervista ti va bene...
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Messaggio da Achille »

mr-shadow ha scritto:Quindi se in futuro accadrà quanto previsto nell'intervista ti va bene...
Mi sto stufando, come ho già detto, di discutere con te.
Non ho detto niente del genere. Non mi mettere in bocca pensieri che non ho espresso.
Intanto l'intervista parla di un ipotetico futuro, e non della realtà. E già questo dovrebbe far capire che adesso Israele non è lo stato che il professore teme che possa diventare.
E basterebbe questo a smentire le accuse che i nemici di Israele esprimono contro questa ammirevole democrazia.
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Mario70
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Messaggio da Mario70 »

Volevo segnalare un bel film che ho visto ieri a proposito di questo dibattito: "il figlio dell'altra", credo che se si riuscisse a capire che sia gli ebrei che i palestinesi sono soprattutto esseri umani prima che appartenenti all'una o all'altra razza o religione, si farebbe un gran passo avanti.
"La cosa più triste è che molto spesso chi viene ingannato, o illuso, tende a rimanere strettamente ancorato a quello in cui crede nonostante le evidenze indichino chiaramente che la realtà è diversa. Forse è talmente affezionato alle sue credenze che preferisce chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a qualunque cosa possa farle vacillare."
(Torre di Guardia 1/9/2010 p 10)
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Messaggio da DeProggy »

Mario70 ha scritto:Volevo segnalare un bel film che ho visto ieri a proposito di questo dibattito: "il figlio dell'altra", credo che se si riuscisse a capire che sia gli ebrei che i palestinesi sono soprattutto esseri umani prima che appartenenti all'una o all'altra razza o religione, si farebbe un gran passo avanti.
:quoto100:

quando saranno loro stessi in primis a capirlo, allora si che si potra´ uscire da questo incubo mediorientale...ma finquando ognuno si agrappa al proprio "libro santo" c´e´ nulla da fare, purtroppo.

mi scuso con Achille, pero´quando leggo della "democrazia ammirevole Israeliana" (quella che tralaltro "preventivamente" bombarda la Siria) qualche sorriso amaro non riesco a trattenerlo

sia :pace:
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L´AMORE INFINITO E´ L´UNICA VERITA´, tutto il resto e´illusione - David Icke
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Messaggio da mr-shadow »

Achille Lorenzi ha scritto: Mi sto stufando, come ho già detto, di discutere con te.
Avevi detto che ti aveva stufato la discussione, ma non importa. Non mi offendo per cosi poco.
Che vuoi che ti risponda. Se vuoi avere ragione per forza basta qualche click sul pannello di amministrazione del forum. Cosi ti metti sul piano degli islamici che porti sempre ad esempio per dimostrare la democraticità dello stato sionista.
Comunque vada non rinnego la mia stima e il mio rispetto per il vero scopo che porti avanti con questo forum.

:strettamano:
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mr-shadow ha scritto:Avevi detto che ti aveva stufato la discussione, ma non importa. Non mi offendo per cosi poco.
Che vuoi che ti risponda. Se vuoi avere ragione per forza basta qualche click sul pannello di amministrazione del forum. Cosi ti metti sul piano degli islamici che porti sempre ad esempio per dimostrare la democraticità dello stato sionista.
L'importante è sputare addosso ai "Sionisti", anche cercando di attribuirmi intenzioni che non ho mai avuto.
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Achille
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Uno tsunami di soldi verso la Palestina. Occidente complice volontario

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Se dopo lo tsunami che ha colpito l’Indonesia è stato ricostruito tutto con poco più di 13 miliardi di dollari (14 paesi, milioni di sfollati e centinaia di migliaia di morti e feriti) come mai con il doppio della cifra la microscopica Palestina è ancora dov’era 10 anni fa?
By Rights Reporter -
dic 27, 2014

Dieci anni fa uno tsunami di gigantesche proporzioni colpiva l’Indonesia e decine di altri Paesi in altri continenti (furono colpiti addirittura la Somalia, il Kenya a 4.500 Km di distanza e le onde arrivarono in tutto il Pacifico fino all’Australia e alla California) provocando almeno 230.000 morti. In dieci anni per ricostruire le enormi distruzioni provocate dal terremoto (magnitudo 9.3 e 14 paesi colpiti duramente) e dal successivo tsunami la comunità internazionale ha donato poco più di 13 miliardi di euro, una cifra impressionante.

Nello stesso periodo di tempo tra aiuti diretti e indiretti la comunità internazionale ha speso almeno il doppio per la Palestina (11.7 miliardi solo nel periodo che va dal 2009 al 2012).

La domanda che ci sovviene è quindi la seguente: se con poco più di 13 miliardi di dollari in dieci anni sono stati ricostruiti ben 14 paesi che hanno avuto danni da bomba atomica, centinaia di migliaia di morti, centinaia di migliaia di feriti e qualche milione di sfollati, come mai con una cifra molto più alta (oltre il doppio) non si è riusciti a civilizzare la Palestina? Come mai con tutti quei soldi non abbiamo visto né strutture mediche, né infrastrutture, nemmeno una centrale elettrica, un desalinatore a Gaza o scuole in tutto il territorio palestinese (dato che sono tutte gestite dalla UNRWA)?

In tutto questo c’è qualcosa che non torna e non occorre essere degli economisti o degli esperti di cooperazione e sviluppo per vederlo chiaramente.

Possibile che dopo lo tsunami di soldi indirizzati verso la Palestina e spariti letteralmente nel nulla si continui ancora imperterriti a inviare denaro a questa gente? 5,4 miliardi di dollari solo di recente per la cosiddetta “ricostruzione di Gaza”, una cifra che rimetterebbe in piedi intere economie di Stati ben più grandi (e bisognosi) della piccola enclave terroristica palestinese.

Sbagliamo quindi quando diciamo che è l’occidente a finanziare il terrorismo palestinese e a mantenere volontariamente una intera popolazione nelle povertà e nella arretratezza? Non crediamo proprio.

La nostra nota vuole essere solo una specie di spunto di riflessione per tutti coloro che ancora parlano di “poveri palestinesi”, gli stessi che non si chiedono mai com’è che i palestinesi dopo tanti anni debbano ancora dipendere totalmente dagli aiuti internazionali, gli stessi che continuano a chiedere sempre più soldi per la Palestina. Pensateci un attimo e se ci riuscite datevi una risposta.

Scritto da Sharon Levi

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Ma non sputo su un uomo come te... Mi basta che sai questo, il resto è solo fuffa...

PS: mi dispiace averti offeso, ma se fossi stato io a scrivere quella frase saresti stato meno provocatorio? :santo:
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Messaggio da mr-shadow »

Scusa se ce ripenso come i cornuti, ma ritengo doveroso verso una persona che rispetto, e che tutto deve pensare salvo che la mia polemica sia personale, aggiungere che se manifesto i miei sentimenti anti-sionisti è perché in questa discussione è l'oggetto del contendere. Ma sarebbe accaduto anche per altre situazioni politiche o personaggi. Se la discussione avesse trattato la presunta bontà di Madre Teresa, o il presunto pacifismo di Nelson Mandela, o avesse voluto dipingere come positivi paesi come gli Usa o la Cina, sarebbe stato lo stesso. Non mi ricordo ora chi lo diceva, ma io discuto le idee, non le persone.
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mr-shadow ha scritto:Scusa se ce ripenso come i cornuti, ma ritengo doveroso verso una persona che rispetto, e che tutto deve pensare salvo che la mia polemica sia personale, aggiungere che se manifesto i miei sentimenti anti-sionisti è perché in questa discussione è l'oggetto del contendere. Ma sarebbe accaduto anche per altre situazioni politiche o personaggi. Se la discussione avesse trattato la presunta bontà di Madre Teresa, o il presunto pacifismo di Nelson Mandela, o avesse voluto dipingere come positivi paesi come gli Usa o la Cina, sarebbe stato lo stesso. Non mi ricordo ora chi lo diceva, ma io discuto le idee, non le persone.
Certo, questo è scritto anche nel regolamento del forum. Ma in certi casi, come qualche messaggio fa, sei andato oltre l'argomento, cosa che a me non pare di aver mai fatto.
In ogni modo molti argomenti "presunti" sono tali solo perché si ha un punto di vista in qualche modo "schierato": per molti Madre teresa, Mandela o gli Usa sono persone ed entità fortemente positive. Per altri, che evidenziano alcune particolarità, fatti o aspetti, sono invece negative. Avevamo parlato di questo anche nel forum tempo fa.
In questa specifica discussione io ho voluto evidenziare quella che ritengo sia una realtà oggettiva: esiste uno stato che viene continuamente minacciato di morte e distruzione, una democrazia (l'unica in quella zona) assediata da regimi, dittature e teocrazie fanatizzate che vorrebbero l'annientamento totale di tutti gli Ebrei, perché questa sarebbe la volontà di Allah. Isarele, come è accaduto nella recente guerra, e come contuinua ad accadere anche ora, con i fatti recenti, è costantemente fatta oggetto di attacchi ed attentati terroristici, e si difende, usando gli strumenti di cui dispone. Una certa opinione pubblica occidentale è subito pronta ad attaccare Israele ogni volta che agisce per la sua difesa, mentre tali proteste sono rarissime o del tutto assenti quando crimini e attentati colpiscono la popolazione ebraica.
Io avverto un antisemitismo sempre presente in questa ostilità e odio verso Israele.
Io mi identifico in Israele perché "Israele" siamo NOI e se essere Sionisti significa difendere Israele, ebbene io sono Sionista.

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Ayala, la bambina di 11 anni che lotta tra la vita e la morte dopo che terroristi palestinesi hanno dato alle fiamme la maccchina su cui viaggiava

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se essere Sionisti significa difendere Israele, ebbene io sono Sionista.
Si può difendere Israele anche senza essere sionisti. Israele inteso non come stato nazionale, bensi come diritto di TUTTI gli ebrei (credenti o per sola cultura), di vivere, se lo vogliono, nella terra che la storia biblica indica essere come quella di origine non di un popolo (perché il popolo ebraico non esiste, come non esiste quello cristiano o quello islamico: i popoli si dividono in rari casi per etnia, più spesso per cultura regionale o nazionale), bensì di una religione. Quella sionista è la pretesa di una minoranza di persone che vuole dettare legge nella terra di TUTTI i semiti, ma che di semita (ovvero di mediorientale), forse ha una lontana ascendenza dei tempi apostolici, essendo il sionista medio slavo o caucasico.
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Messaggio da mr-shadow »

Io mi identifico in Israele perché "Israele" siamo NOI
Posso chiederti cosa intendi con "Israele siamo noi"?
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Messaggio da Socrate69 »

...o Mosè: Il primo sionista :ironico:
Ieri sono stato al cinema a vedermi in versione 3D l'ultimo peplum di Ridley Scott "EXODUS-Gods and Kings"
" onclick="window.open(this.href);return false;

Spettacolare, lo raccomando, anche se lo scenario, a tratti, si discosta dal racconto del libro biblico di Esodo.
Alcune scene mi hanno ricordato questa conversazione, e mi sono chiesto : Ma chi glielo ha fatto fare a Mosè a capo degli ebrei usciti dall'Egitto, andare a buttarsi in una zona dove lui sapeva che non avrebbero trovato mai pace, essendo il paese già abitato dai cananei ? Questo non è masochismo e provocazione ? :fronte:

Scusate l'intrusione... :sorriso:
Ogni religione si fonda sulla paura dei molti e sull’astuzia dei pochi - Stendhal

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Israele siamo noi

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La tesi del nuovo Libro di Fiamma Nirenstein è semplice: Israele è un modello positivo di convivenza civile, proprio perché è fondato su un'ideologia - il sionismo - che propone un modo di vita insieme laico e carico di valori, attento ai bisogni della collettività e alla libertà degli individui, fondato sulla pace e sul progresso, alieno per sua natura dalla violenza. Quante volte, invece, abbiamo sentito la stampa internazionale, i partiti di sinistra europei, le organizzazioni non governative, ministri e diplomatici di grandi nazioni, l'Onu stessa paragonare il sionismo all'imperialismo o addirittura al razzismo, e accusare Israele di colonialismo e crimini di guerra? Uno pseudopacifismo a senso unico che, per malafede o per incoscienza, non abdica al pregiudizio - storicamente infondato - secondo cui Israele occupa territori che non gli spettano. Quel che è nuovo, oggi, è che Israele e tutti i suoi abitanti, sia ebrei sia arabi, sono direttamente minacciati di estinzione da parte del terrorismo suicida e di coloro che - come Hezbollah in Libano, Hamas in Palestina e l'Iran di Ahmadinejad, imminente potenza nucleare - negano che l'Olocausto sia un dato della storia, che Israele sia uno Stato legittimo e sovrano, e anzi affermano apertamente di voler cancellare il "nemico sionista" dalle carte geografiche. Ma Israele siamo noi, perché la minaccia che lo sovrasta incombe su tutta la nostra civiltà occidentale, attaccata dall'estremismo islamico.

http://www.ibs.it/code/9788817010344/ni ... o-noi.html" onclick="window.open(this.href);return false;
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Achille Lorenzi ha scritto: Israele è un modello positivo di convivenza civile, proprio perché è fondato su un'ideologia - il sionismo - che propone un modo di vita insieme laico e carico di valori, attento ai bisogni della collettività e alla libertà degli individui, fondato sulla pace e sul progresso, alieno per sua natura dalla violenza.
Leggo altrove
Il Sionismo è il movimento di liberazione nazionale ebraico che ha come scopo la creazione e lo sviluppo di uno Stato per il popolo ebraico, Israele, con cui si identifica in lingua (ebraico come lingua ufficiale), simboli (bandiera, inno e stemma), tradizione e cultura (festività e memoria storica).
Parole che non vanno molto d'accordo con le tesi dell'onorevolissima del Berluska. Per ammissione di un sito filo-sionista (perchè informazionecorretta.com tale è), il sionismo vuole uno stato per i soli ebrei, con la lingua degli ebrei, la cultura degli ebrei, le feste degli ebrei. A parte l'abuso della parola ebrei (non esiste un popolo ebraico), e concesso che anche un sionista può essere contrario alla violenza, se lo scrive un sito come quello ci devo credere...
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mr-shadow ha scritto:Leggo altrove
Il Sionismo è il movimento di liberazione nazionale ebraico che ha come scopo la creazione e lo sviluppo di uno Stato per il popolo ebraico, Israele, con cui si identifica in lingua (ebraico come lingua ufficiale), simboli (bandiera, inno e stemma), tradizione e cultura (festività e memoria storica).
La fonte: http://www.informazionecorretta.com/com ... 1351589937" onclick="window.open(this.href);return false;
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Soi, noto ora che ho dimenticato di allegare il link esatto.
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Messaggio da Achille »

Che sia anche solo un "trucco propagandistico", rimane in ogni caso una dimostrazione di progresso di cui nei paesi assedianti e che minacciano Israele di sterminio - e anche in parecchi paesi occidentali - non esiste assolutamente la benché minima traccia:

LGBT, L'ESERCITO ISRALIANO TRA I PIÙ PROGRESSISTI AL MONDO

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L’esercito israeliano ha deciso di assistere e supportare i soldati transessuali fin dalla loro prima chiamata alle armi offrendo loro un aiuto psicologico e chirurgico per il cambiamento totale o parziale del sesso.
Così facendo, IDF spera di aprire le porte ai quei ragazzi che finora hanno evitato il reclutamento nonostante volessero rendersi utili al paese. Quindi la recluta riceve assistenza personalizzata nel pieno dei suoi diritti tra cui la terapia ormonale, il cambio dell’uniforme e del dormitorio secondo il suo nuovo sesso.
Per il Capo della Divisione Medica di Salute Mentale dell’esercito, il Maggiore Irin Wagman, è un grande successo perché “noi abbiamo coperto una lacuna tra i militari e il popolo LGBT, specialmente i transessuali”. La Divisione Medica e il Centro per l’Identità Sessuale e di Genere collaborano affinché ogni caso sia gestito nel migliore dei modi per ottenere i risultati ottimali come testimoniati dal luogotenente Shahar: “Era importante per me diventare un ufficiale, non volevo indossare l’uniforme femminile e mi sono detto che probabilmente avrebbero continuato a parlarmi come fossi ancora una ragazza, ma il mio capo squadra ha fatto tutto il necessario per riuscire nella mia impresa” .

Link: http://www.ynetnews.com/articles/0,7340 ... 41,00.html" onclick="window.open(this.href);return false;
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"trucco propagandistico"
Plausibile. Il governo destrorso campa coi partiti religiosi.
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E' un articolo di qualche anno fa ma potrebbe essere stato scritto ieri. La situazione è rimasta immutata.

I crimini di guerra dei palestinesi

Irwin Cotler, ex ministro della Giustizia canadese e più alto magistrato del paese, docente di legge alla McGill University tirato in causa nelle controversie legate al diritto internazionale. Nonché liberal d’antan e difensore di Nelson Mandela. Un pedigree ineccepibile. Cotler è appena tornato dalla Striscia di Gaza, dove si è recato per stilare un rapporto sulla violazione delle regole di guerra. Risultato: “Hamas è un caso da manuale nella violazione della legge umanitaria internazionale”. Secondo il professor Cotler, è Hamas che dovrebbe essere portata davanti all’Aia. E Cotler convalida la propria asseverazione in sei punti.

Primo. “L’attacco deliberato di civili è in sé un crimine di guerra”. E’ il lancio giornaliero di missili da Gaza verso città, ospedali, scuole, asili nido e case dei civili israeliani che abitano tra Beersheva e Sderot e Ashkelon. Parliamo di 5.700 razzi e 4.000 obici di mortaio lanciati da Hamas a partire dal 2005, l’anno del ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza (da allora l’unico cittadino israeliano presente nella Striscia si chiama Gilad Shalit, è il soldato di leva sequestrato da Hamas due anni e mezzo fa). Da quando nel 2000 sono iniziati i lanci palestinesi da Gaza, i razzi hanno ucciso 19 israeliani. Dall’inizio della controffensiva sono stati lanciati 683 ordigni palestinesi sulla popolazione israeliana: sei civili uccisi, 53 feriti, oltre 200 persone soccorse per shock. E un milione di israeliani sotto tiro, privati della libertà di movimento.

Secondo crimine di guerra. “Gli attacchi portati da Hamas dalle aree civili, siano appartamenti civili, una moschea o un ospedale, al fine di rendersi immuni da una risposta di Israele”. Spiega Cotler che “i civili sono persone protette e le aree civili sono aree protette. Ogni utilizzo dell’infrastruttura civile per lanciare bombe è in sé un crimine di guerra”. Come ha scritto l’esperto di diritto internazionale Yoram Dinstein, “se si verificano vittime civili in conseguenza del tentativo di porre i combattenti al riparo dietro ai civili, la responsabilità ultima ricade sul belligerante che ha messo a rischio in questo modo dei civili innocenti”. La responsabilità è di Hamas che spara dalle case e lascia che sia la popolazione locale a subire i colpi della controffensiva israeliana. L’alto tasso di perdite civili rispetto a quelle dei miliziani è dovuto alla scelta di Hamas di nascondere i propri combattenti nei quartieri civili, anziché affrontare le truppe israeliane. Pochi giorni fa un’intera famiglia palestinese è stata uccisa durante un bombardamento a Gaza City. Nella casa si nascondeva Iman Siam, il sanguinario fondatore del programma di lancio dei Qassam e il capo dell’artiglieria di Hamas. Assieme al predicatore di Hamas, Nizar Rayan, l’aviazione israeliana ha assassinato le quattro mogli e undici figli. Sebbene Israele avesse preavvertito il jihadista dell’attacco, la famiglia ha preferito morire. Non solo. Il giorno prima Rayan aveva convocato tutti. “Chi vuole morire da martire con me?”, ha chiesto ai figli. “Papà, lo vogliamo tutti”. E così è stato. L’esercito israeliano ha appena scoperto uno zoo e una scuola di Gaza minati da Hamas. Lo ha spiegato il parlamentare di Hamas Fathi Hammad: “Abbiamo formato scudi umani di donne, di bambini, di anziani e di mujahideen per sfidare la macchina di bombardamento sionista. E’ come se in questo modo loro dicessero al nemico sionista: ‘Noi desideriamo la morte così come tu desideri la vita’”. C’è un video, consultabile sul sito del ministero degli Esteri israeliano, che mostra come Hamas catturi bambini per strada e li disponga come scudi umani presso gli edifici. Una tattica nota. Il 20 novembre del 2006, l’esercito israeliano ordinò l’evacuazione della casa del capo terrorista Waal Rajeb al Shaqra. Hamas rispose convocando decine di bambini e donne presso la casa. Il portavoce dei terroristi, Musheir al Masri, arrivò sul posto con un “patto di martirio per il bene di Allah” da far firmare ai civili.

Secondo il professor Cotler, Hamas ha violato la quarta convenzione di Ginevra e le regole della Corte dell’Aia con (terzo capo d’accusa) “l’abuso dei simboli umanitari al fine di lanciare attacchi. Come una ambulanza per trasportare combattenti o armi o camuffarsi da medico in un ospedale o usare il logo dell’Onu”. Alti comandanti di Hamas si sono nascosti nel reparto di maternità dell’ospedale Shifa di Gaza, usano l’ospedale per conferenze stampa, al riparo dal fuoco israeliano. Per lo stesso motivo, forze di Hamas si nascondono nei pressi di edifici che fungono da sedi di varie organizzazioni internazionali, come la Croce Rossa e le Nazioni Unite. Almeno 13 giornalisti palestinesi sono stati arrestati e torturati dalle milizie di Hamas da quando il movimento ha preso il controllo totale della Striscia di Gaza nell’estate del 2007. Le famiglie di 450 palestinesi uccisi negli scontri fra Fatah e Hamas hanno chiesto ad Abu Mazen di adoperarsi per portare alla sbarra le milizie “assassine” di Hamas per le “atrocità” commesse.
Per non parlare della dissacrazione delle moschee da parte di Hamas. Come quella Ibrahim al Maqadma a Beit Lahiya, così chiamata in nome del capo terrorista responsabile dell’uccisione di 17 israeliani su un bus di Haifa. L’aviazione israeliana l’ha colpita perché la moschea era usata come santabarbara, centro di reclutamento di miliziani e base militare. Un video lo dimostra.

La quarta violazione, contenuta anche nella carta di Ginevra, è “il pubblico e diretto incitamento al genocidio”. Cotler indica la stessa Carta di Hamas del 1988. Si parla di ebrei, li si addita come passibili di morte, si giustifica l’omidicio con le scritture coraniche, si persegue l’annientamento di donne, vecchi e bambini ebrei. “Ho visto in tv leader di Hamas riferirsi a Israele e agli ebrei come a figli di scimmie e maiali” scrive Cotler. Sui testi scolastici voluti da Hamas in due anni, gli ebrei sono chiamati “serpi assassine”.

Quinto capo d’accusa, Hamas è colpevole di “crimini contro l’umanità” per la campagna a suon di kamikaze e razzi con cui ha messo in ginocchio la società israeliana. In quella palestinese non esistono modelli più grandi dei terroristi suicidi. Istigazione e indottrinamento all’odio sono l’esposizione più tossica dei nostri tempi: forgiano l’ambiente che permette al terrorismo genocida di affermarsi come norma sociale accettata e approvata. Un odio che declina gli ebrei come “maiali”, “immondizia”, “germi” e “parassiti”.

Infine, c’è il crimine di guerra del “reclutamento dei bambini”. La maggior parte dei bambini ospitati nei campi estivi gestiti da Hamas nella Striscia di Gaza ha un’età che varia dagli otto ai 17 anni. Viene loro insegnato a usare armi automatiche e maneggiare granate, a immolarsi con la dinamite e li si avvia al sacrificio islamista. “Sto imparando come uccidere bambini ebrei” ha dichiarato al quotidiano Yedioth Ahronoth il piccolo Muhammad, undici anni, ospite di un campo di Hamas.
Grazie a un giurista come Irwin Cotler, si potrà ancora sperare che il diritto umanitario non venga definitivamente trasformato nell’ultimo rifugio di ipocriti e canaglie e nello schermo con cui i guerrasantieri si sono fatti beffe. Quel diritto è uscito dalle rovine della Seconda guerra mondiale ed è costruito sui morti di Hiroshima, Dresda e San Lorenzo. Non merita di finire nel mattatoio di Hamas. Questa invece meriterebbe la sua Norimberga.

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Demolizioni Torri
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Messaggio da Demolizioni Torri »

Scrivo qualche riga affinché questo 3d rimanga vivo e attuale, e inoltre per dare la possibilità a qualcun altro di leggere anche l'ultimo post.

ciao
Torry
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Francesco Franco Coladarci
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Ebbene sì, la colpa del terrorismo è dell'islam

Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

11.01.2015


"Ci sono alcuni fatti:
1. C'è una guerra contro l'Occidente, in particolare contro gli ebrei e la stampa non abbastanza ossequiente, ma anche contro la vita civile. La serie degli attacchi è infinita: dalle Twin Towers alla metropolitana di Londra, dalla stazione di Madrid a Charlie Hebdo, dai bambini ebreidella scuola di Tolosa ai visitatori del Museo ebraico di Bruxelles, dalla coppia di ebrei stuprata due settimane fa in periferia di Parigi, agli attacchi automobilistici di Digione e di Nantes e di Gerusalemme, dagli spari contro le sinagoghe alle molotov contro i ristoranti Kasher della settimana scorsa, dalla strage alla sinagoga di Gerusalemme a quella di Charlie Hebdo e del supermercato ebraico di Parigi.

2. Gli obiettivi (almeno quelli più recenti) di questa ondata sono concentrati in Francia e in Israele. Perché in Israele è chiaro: il terrorismo è da sempre al centro della guerra degli arabi contro lo stato ebraico: dai pogrom degli anni Venti e Trenta a Safed e a Hebron fino a oggi, passando per i dirottamenti aerei, la strage di Monaco, i linciaggi dell'intifada, il culmine della militanza islamica in Israele consiste sempre nel trucidare gli ebrei.
La questione della Francia è altrettanto semplice. Lo stato francese, che fa tanto la vittima, è complice degfli islamisti. Ha un presidente della Repubblica famoso per le sue fughe in scooter dall'amante che ha prodotto una frase forse ancora più povera di senso comune di quella del prof. Parsi (“la colpa non è dell'Islam, ma del fanatismo”, come se il fanatismo fosse un soggetto politico),"

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Franco
“Al di sopra del Papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.”
(Cardinal Joseph Ratzinger )

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