Statistica su cosa pensano i membri delle varie chiese sul matrimonio tra persone dello stesso sesso

Per discutere di temi ed argomenti di vario genere.

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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Intervengo in questa discussione perché ho notato che minstrel, in qualche modo, ha parlato di alcune cose di cui, magari terra terra, avevo parlato anch'io e ciò mi fa piacere.

Colgo l'occasione anche per commentare almeno qualche cosa che dice polymetis:
Guarda, finora esiste solo un consensus accademico sul fatto che le coppie omogenitoriali crescono bene come quelle eterosessuali. Non conosco invece nessuna pubblicazione sull'indifferenza delle adozioni a tre rispetto alle adozioni a due, ergo non si tratta di situazioni equiparabili in vista dell'interesse del minore. Se in futuro le evidenze scientifiche corroborassero la tesi che tre genitori sono come due quanto alla capacità educativa, non vedo perché dovrei oppormi.
Penso che non esistendo, fortunatamente, secondo me, un prototipo unico e ben definito di "minore ben educato", non possa nemmeno esistere un concetto molto rigido di "crescere bene" così come non esiste il concetto rigido di "amare bene". Voglio dire, fra l'altro, che non penso che ci sia bisogno di aspettare che il consensus accademico sancisca una parità di abilità nel crescere la prole per poi finalmente concedere la grazia di non opporsi. Ognuno la può pensare come vuole ma io non mi opporrei alle famiglie plurigenitoriali anche se esse, per il consensus accademico, dovessero risultare diversamente abili.

Come però ho già detto altre volte, secondo me lo Stato dovrebbe lasciare la gestione delle questioni erotiche. Non vedo perché se tizio si invaghisce di caio deve dirlo allo Stato e quando dopo venti giorni gli passa deve andare lo stesso a dirlo allo Stato. Ma se lo Stato in qualche misura siamo noi, a noi che ci importa delle cotte di tizio e di caio?

Lo Stato dovrebbe invece continuare ad interessarsi di verificare se, ad esempio, il singolo o i gruppi di persone che hanno intenzione di crescere dei figli hanno i requisiti minimi per farlo, se la intenzione è ben fondata e non basata, ad esempio, su fatue passioni erotiche fra i componenti del gruppo. Ciò comunque senza pregiudizi e senza esagerare, per esempio, dicendo che due va bene e tre no.

Più in generale non mi entusiasma pensare che una cosa è buona perché la fanno tanti o quasi tutti e/o perché c'è già un preciso orientamento accademico al riguardo. Ognuno di noi, ad esempio, può sostenere una preferenza anche quando essa non è allineata al resto della cartina geografica, altrimenti dovremmo dire, per esempio, che la Svizzera sbaglia a non entrare nell'Unione Europea o nell'Euro. Fra l'altro molti Paesi che si prendono a modello sono tali proprio perché hanno saputo anche non essere a rimorchio di cose che potrebbero chiamarsi, fra l'altro, tradizione o consensus accademico. E' bello anche pensare di costruire il futuro invece solo di subirlo.

Insomma, secondo me, ricapitolando:

Lo Stato deve disinteressarsi delle questioni erotico-sentimentali che intercorrono fra i cittadini.

Lo Stato deve proteggere le unioni basate, fra l'altro, su impegni seri e duraturi che fra gli obiettivi si pongono il sostegno reciproco e/o la crescita di bambini, senza fare discriminazioni basate, ad esempio, sul numero e/o sull'orientamento sessuale dei componenti.

Tutte le altre questioni, con i festeggiamenti e le cerimonie eventualmente associate, devono essere gestite nel privato o comunque dagli "enti" privati eventualmente e liberamente scelti dagli interessati.
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«Mosca non è Sodoma. I gay non dovrebbero passeggiare per la città nel giorno della Santa Trinità», ha dichiarato Igor Miroshnicenko, vice capo dell'Unione dei gonfaloni ortodossi.
«Mentre veniva distribuito il volantino con il testo della lettera -racconta un gruppo radicale presente alla manifestazione- un gruppo di naziskin, alla presenza di un vescovo ortodosso, scortato da due persone, che dava loro la benedizione, ha cominciato a tirare uova ai partecipanti all'iniziativa non violenta e poi a picchiare».


http://gayburg.blogspot.it/2015/06/mosc ... l-gay.html" onclick="window.open(this.href);return false;
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Messaggio da mr-shadow »

Dal pubblico, Matteo, studente di Medicina a Verona, si rivolge a Vattimo: "Se non permette la procreazione come può essere naturale l'omosessualità? E poi non è ingiusto che un figlio cresca in una famiglia gay senza averlo scelto?". Gli risponde Vattimo: "Nessuno si sceglie la famiglia. Anch'io avrei voluto nascere figlio di Agnelli, e invece..."

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polymetis
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Messaggio da polymetis »

La risposta di Vattimo non è granché pertinente.
Le risposte da dare erano 2:

1)Alla domanda che diceva che l'omosessualità non è naturale perché se tutti fossero gay il mondo si estinguerebbe, si doveva rispondere che non è possibile stabilire la naturalità di un carattere provando a proiettarlo sull'intera popolazione per vedere che cosa succederebbe. Se così fosse infatti dovremmo dire che l'essere maschi è innaturale, perché se tutti fossimo maschi il mondo si estinguerebbe. Il punto è che in natura un singolo carattere può essere naturale, anche volevo assumere che il significato di "naturale" sia "ciò che consente la riproduzione vita", preso esattamente nella quantità in cui esso è presente. Dunque una cosa nella quantità x può essere giovevole, e nella quantità y può essere dannosa. Non ha senso chiedersi se l'omosessualità sia "naturale" ipotizzando che sia il 100% della gente lo sia, perché ciò farebbe sì che siano innaturali cose che invece riteniamo generalmente naturalissime.
Quanto all'utilità naturale dell'omosessualità, nella misura in cui esiste ora, poiché questo carattere non è stato ancora cancellato dall'evoluzione deve avere una qualche utilità. Le proposte fatte sinora sono due: 1)Il gene che rende i maschi gay, nelle femmine le rende più prolifiche, perché aumenta l'interesse per i maschi. 2) L'omosessualità aumenterebbe la coesione del corpo sociale, cementando i legami di alcune parti di esso. Su entrambi questi punti, vi sono varie ricerche in corso.

2)Bisognava negare risolutamente la definizione di base, cioè che "naturale" voglia dire riproduttivo.

Vattimo ha risposto correttamente solo ad una cosa: nessuno sceglie la famiglia in cui nascere o in cui essere adottato. Una coppia gay che adotta un figlio sena chiederglielo non compie dunque un atto di egoismo maggiore di una coppia etero che adotta un figlio senza chiederglielo. Coloro che credono che l'atto della famiglia che vuole adottare sia più egoistico lo ritengono sulla base dell'idea che la coppia gay sarebbe inferiore in qualcosa alla coppia etero, e dunque priverebbe il figlio di una crescita sana. Ma una volta che si sia appurato che queste due tipologie familiari siano indifferenti per la crescita, è abbastanza impossibile stabilire che l'adozione gay sarebbe più egoistica di quella eterosessuale.
Presentazione


Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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La Chiesa Ortodossa russa vuole un referendum per bandire l’omosessualità
Alla Chiesa Ortodossa russa non basta la legge che vieta la “propaganda omosessuale” ma chiede che siano bandite del tutto le relazioni tra persone dello stesso sesso.

La Chiesa Ortodossa russa ha proposto di celebrare un referendum per vietare del tutto le relazioni omosessuali: vuole, insomma, che l’omosessualità sia criminalizzata come era ai tempi dell’Unione Sovietica.

Probabilmente vale la pena di discutere questo tema all’interno della società, dal momento che il potere è in mano al popolo. Sono convinto che il sesso dovrebbe essere completamente estromesso dalla vita della nostra società.

Afferma così il Molto Reverendo Arciprete Vsevolod Chaplin (al centro della foto in apertura di post), portavoce della Chiesa Ortodossa russa, nel corso di un’intervista. Che poi aggiunge:

Se possiamo ottenere questo attraverso la convinzione morale, bene! Altrimenti ricorreremo alla legge e chiederemo alla gente di esprimersi in merito. È la maggioranza delle persone, infatti, a doversi esprimere per poter definire quello che è da considerare reato, e non una qualche forza esterna.

Padre Chaplin appoggia in tal modo in pieno la proposta di un sacerdote ortodosso russo che ha proposto di ristabilire il reato di omosessualità. Ricordiamo che in Russia l’omosessualità era considerata un reato fino al 1993 e veniva punita con otto anni di prigione. Fino al 1999, inoltre, è stata ritenuta una malattia mentale.

Le dichiarazioni del portavoce della Chiesa Ortodossa sono state immediatamente denunciate dagli attivisti omosessuali Russia. Ha sottolineato il noto attivista Nikolay Alexeyev:

La reintroduzione della persecuzione penale nei confronti degli omosessuali, significherebbe autorizzare anche una volta la pena di morte.
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Unioni civili. «Una legge impresentabile»: 58 intellettuali scrivono al Parlamento. Un comitato di parlamentari risponde

Roma, 3-6-2015 (l.c.) Unioni civili, «una legge impresentabile». Lo scrivono a deputati e senatori 58 intellettuali, che firmano una lettera promossa dal sociologo Massimo Introvigne, presidente dei comitati Sì alla famiglia, e dal magistrato Alfredo Mantovano. I firmatati affermano che per raggiungere l’obiettivo condiviso di una società rispettosa e aperta nei confronti delle persone omosessuali lo strumento più adeguato è un testo unico – sul modello di quello presentato in Parlamento da Sacconi e Pagano – che elenchi i diritti e doveri che derivano dalle convivenze in materia di visite in ospedale, in carcere, locazioni e così via. La proposta Cirinnà sulle unioni civili propone invece un istituto sostanzialmente uguale al matrimonio, già aperto alle adozioni in alcune ipotesi. Come insegnano altri Paesi europei, afferma la lettera, con la Cirinnà saranno comunque i giudici, europei o italiani, a introdurre le adozioni senza limiti, e chiamare «matrimonio» qualcosa che nella sostanza lo è già sarà solo questione di tempo. Tra i firmatati, nomi noti del mondo cattolico – dalla giornalista Costanza Miriano a Maria Luisa Di Pietro e al neurochirurgo Massimo Gandolfini, dal presidente di sezione della Corte di Cassazione Mario Cicala all’economista Ettore Gotti Tedeschi, passando per i presidenti dell’Associazione Genitori Scuole Cattoliche, dell’Associazione Medici Cattolici Italiani e di Scienza & Vita – ma anche tanti accademici di ogni orientamento religioso ed esponenti delle comunità ortodosse, protestanti di orientamento conservatore (molti i pentecostali), avventiste, mormoni, tra cui il presidente dell’Alleanza Evangelica Italiana.
La lettera è consegnata il 3 giugno nella sede romana dei comitati Sì alla famiglia ai parlamentari che hanno risposto ai precedenti manifesti di Sì alla famiglia costituendo un Comitato dei parlamentari per la famiglia, che è presentato oggi e che alla Camera ha finora raccolto una sessantina di deputati, mentre ha iniziato le attività anche al Senato. La lista degli aderenti sarà pubblicata nei prossimi giorni sul sito http://www.siallafamiglia.it" onclick="window.open(this.href);return false;
Sì alla famiglia aderisce pure alla manifestazione nazionale annunciata per il 20 giugno, di cui diversi membri del comitato promotore firmano la lettera.All.to: Lettera ai parlamentari, con elenco dei firmatari
UNIONI CIVILI: NO A UNA LEGGE IMPRESENTABILE
Onorevoli Senatori e Deputati,
Sentiamo dire da molti di voi che un’Italia veramente accogliente deve esserlo anche nei confronti dei suoi cittadini omosessuali. Lo pensiamo anche noi. Facciamo nostro l’invito di Papa Francesco a non giudicare né discriminare le persone omosessuali in quanto persone. Sosteniamo le proposte di legge che consolidano sotto forma di testo unico i diritti e i doveri che derivano da ogni convivenza in materia di visita in ospedale o in carcere, diritto all’abitazione e così via.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha stabilito che non costituisce discriminazione riservare l’istituto del matrimonio e le adozioni alle sole coppie formate da un uomo e da una donna. La stessa Corte ha però sancito che, una volta introdotte unioni civili fra persone omosessuali analoghe al matrimonio, escludere l’adozione costituisce una discriminazione illecita.
Il Parlamento è chiamato a pronunciarsi sulla proposta cosiddetta Cirinnà sulle unioni civili. Come ha detto il «padre spirituale» di questa proposta, il sottosegretario Scalfarotto intervistato da «Repubblica» il 16 ottobre 2014, «l’unione civile non è un matrimonio più basso, ma la stessa cosa. Con un altro nome per una questione di realpolitik».
Alcuni di voi si dichiarano favorevoli alle unioni civili, purché non includano le adozioni e non si chiamino matrimonio. Ma – premesso che il ddl Cirinnà contiene già una significativa apertura alle adozioni, con la previsione della stepchild adoption, introduce un vero e proprio «rito» simile al matrimonio per l’avvio di una unione civile e richiama per questa le norme del codice civile che valgono per il matrimonio –, una volta introdotte le unioni civili, è certo che i giudici europei – o quelli italiani prima di loro – imporranno rapidamente per tutti le adozioni in nome del principio di non discriminazione. E, come la Francia, l’Inghilterra, l’Irlanda dimostrano – e la Germania è sulla stessa strada – una volta introdotta la «stessa cosa» del matrimonio, benché sotto diverso nome, la stessa opinione pubblica non comprenderà più perché non si chiami matrimonio.
Se dunque siete contrari al matrimonio e alle adozioni, dovrete riconoscere i diritti e i doveri dei conviventi omosessuali tramite uno strumento che non usi l’espressione «unioni civili» e che non sia la «stessa cosa» del matrimonio.
Con i migliori saluti,
Massimo Introvigne – Sociologo, vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica e presidente nazionale dei Comitati Sì alla famiglia
Alfredo Mantovano – Magistrato, vice-presidente del Centro Studi Rosario Livatino
Mario Adinolfi – Direttore de La Croce
Domenico Airoma – Magistrato, vice-presidente del Centro Studi Rosario Livatino
Gianfranco Amato – Avvocato, presidente dei Giuristi per la Vita
Luigi Amicone – Direttore di Tempi
Valter Boero – Professore di Chimica dell’Università di Torino, vice-presidente del Forum delle Associazioni Familiari del Piemonte
Pietro Bolognesi – Teologo evangelico
Filippo Boscia – Presidente nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani
Francesco Botturi – Ordinario di Filosofia morale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Giuseppe Cantello – Responsabile di Porte Aperte, Italia Sud
Enzo Paolo Caputo – Pastore della Chiesa cristiana avventista del 7° giorno in Sicilia
Dario Caroniti – Professore associato di Storia delle dottrine politiche, Università di Messina
Carlo Casini – Presidente onorario del Movimento per la Vita
Ambrogio Cassinasco – Sacerdote ortodosso, Torino
Giancarlo Cerrelli – Avvocato, vice-presidente centrale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani
Demetrio Chiatto – Musicista e docente di chitarra
Mario Cicala – Magistrato
Giacomo Ciccone – Presidente dell’Alleanza Evangelica Italiana
Stefano Maria Commodo – Avvocato, presidente dell’Istituto Piemontese di Studi Economici e Giuridici
Leonardo De Chirico – Teologo evangelico
Maria Luisa Di Pietro – Docente di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma
Marco Dipilato – Vice-presidente dell’AGESC di Milano e Monza-Brianza
Adriana Falsone – Giornalista
Pasquale Foca – Pastore della Chiesa Cristiana Evangelica della Riconciliazione di Reggio Calabria
Massimo Gandolfini – Neurochirurgo e psichiatra, vice-presidente nazionale di Scienza & Vita
Luca Giordano – Avvocato, Palermo
Roberto Gontero – Presidente nazionale dell’AGESC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche)
Ettore Gotti Tedeschi – Economista
Alessandro Iovino – Scrittore e presidente della Christian House
Marco Invernizzi – Direttore de La Roccia e conduttore di Radio Maria
Giampiero Leo – Ufficio di direzione del Manifesto per Torino
Giacomo Loggia – Pastore della Chiesa Cristiana Pentecostale di Gela
Francesco Lombardo – Avvocato e docente di diritto canonico
Emanuela Lulli – Medico, segretaria nazionale di Scienza & Vita
Ermanno Malaspina – Professore associato di lingua e letteratura latina dell’Università di Torino
Chiara Mantovani – Medico, consigliere nazionale di Scienza & Vita
Paolo Marchionni – Medico, consigliere nazionale di Scienza & Vita
Mauro Mazza – Giornalista e scrittore
Costanza Miriano – Giornalista
Assuntina Morresi – Professore di Chimica Fisica dell’Università di Perugia e componente del Comitato Nazionale di Bioetica
Claudia Navarini – Professore associato di Filosofia morale dell’Università Europea di Roma
Stefano Nitoglia – Avvocato, coordinatore dei Comitati Sì alla Famiglia del Lazio
Giuseppe Pasta – della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni
Felice Petraglia – Direttore della Clinica ostetrica e ginecologica della Scuola di specializzazione dell’Università di Siena e consigliere nazionale di Scienza & Vita
Simone Pillon – Avvocato e consigliere nazionale del Forum delle Associazioni Familiari
Renzo Puccetti – Medico e docente di bioetica
Pierluigi Ramorino – Presidente dell’Associazione Nonni 2.0
Paola Ricci Sindoni – Ordinario di Filosofia dell’Università di Messina, presidente nazionale di Scienza & Vita
Mauro Ronco – Ordinario di Diritto Penale nell’Università di Padova, presidente del Centro Studi Rosario Livatino
Giacomo Samek Lodovici – Docente di Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e consigliere nazionale di Scienza & Vita
Giuseppe Scaringella – Presidente nazionale della Missione Cristo Regna Italia
Gianluca Segre – Docente di storia e filosofia, presidente dell’AEC – Associazione per le attività educative e culturali di Torino
Nazzareno Ulfo – Pastore della Chiesa battista riformata «Sola Grazia»
Filippo Vari – Ordinario di Diritto Costituzionale dell’Università Europea di Roma
Giorgio Zappacosta – Commercialista, già Segretario generale della Federcalcio
Vladimir Zelinskij – Sacerdote ortodosso, scrittore
Giuseppe Zola – Coordinatore del Comitato Famiglia Educazione Libertà
Roma, 3 giugno 2015

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Family mai: ovvero come manifestare ogni giorno contro i diritti degli altri

Almeno un paio di preoccupanti spettri ci dicono aggirarsi per lo stivale: da un lato le unioni civili promesse dal governo Renzi che, sembrerebbe, potrebbero finalmente diventare realtà (per quanto non la migliore possibile) dall’altro la “teoria del gender”, che invece non esiste affatto ma che si sente da più parti invocata come origine di tutti i mali, compresi tsunami e peste bubbonica.
Contro questi due pericolosissimi attacchi a, che so, magari alla civiltà, sfileranno oggi a Roma gli attivisti no choice (quelli che si vorrebbero autodefinire pro life, come se chi non fosse d’accordo con loro avesse la smania del necroforo serial killer).
Sotto lo slogan “Difendiamo i nostri figli”, dai neocatecumenali al fresco di costituzione gruppo teocon dei “parlamentari della famiglia”, da “Manif pour tous” alle “Sentinelle in piedi”, dagli Evangelici al “Movimento per la vita”: la crème de la crème dell’integralismo cattolico è insomma chiamata a raccolta. Alle armi? Beh, secondo un pregevole blogger della testata cattolica Tempi, quasi. Perché, “Quando c’è un’aggressione (male e ingiustizia che minaccia i bambini n.d.r.), prima di tutto si risponde all’aggressione, in nome del buon diritto degli aggrediti. Poi si dialoga e si educa”. Grazie, ben gentile.
Family day “apartitico e aconfessionale”, viene definito dai promotori, “iniziativa laica partita dal basso”. Laica nel senso strettamente canonico del termine: senza abito vescovile, almeno in apparenza. Perché, checché se ne dica la partecipazione, più che fattiva dietro le quinte, della Cei è simile a quella del Family Day del 2007 contro i Dico di rosibindiana memoria del 2007, così come è simile la mobilitazione capillare parrocchia per parrocchia.
D’altronde, lo stesso Vicariato di Roma (che non è tra i promotori ufficiali dell’iniziativa, ma la appoggia, come scrive) ha esortato alla partecipazione, tra gli altri, tutti gli insegnanti di religione. Quelli scelti dal vescovo ma pagati dallo Stato.
E, giusto per consolarsi, nella nostra scuola pubblica esistono non solo insegnanti, ma anche dirigenti (i presidi di una volta) che scrivono, accorati, direttamente e ufficialmente con circolare ai genitori dei propri alunni per propagandare siti internet del comitato organizzatore e copia-incollando bufale virali dai toni apocalittici, volti a suggerire una vigile allerta contro l’”emendamento gender”.
Sarebbe a dire, nell’italico contesto, il solo comma 12 dell’articolo 2 del per ben altri motivi contestatissimo Ddl Istruzione ancora in fase di approvazione, che semplicemente promuove presso docenti, studenti e genitori l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni. Dalla lotta al bullismo alle orge il passo, loro, lo vedono breve.
Sono giorni, in effetti, che si prosegue senza esclusioni di colpi e di colpe: da finti documenti costruiti ad hoc, a teorie del complotto di varia natura a proclami sul confine tra allarmismo e paranoia patologica.
E una bufala, un’invenzione di sana pianta, è proprio, per cominciare, l’inesistente teoria gender, “espressione di frustrazione”, per Bergoglio, espressione mistificatoria in realtà che mira a distorcere verso posizioni omofobe e sessiste qualsivoglia “studio di genere”, cosa ben diversa (a cominciare dal fatto che, a differenza dell’ideologia gender, gli studi di genere esistono eccome. E no, non prevedono la masturbazione obbligatoria né la pornografia in classe).
D’altronde è talmente maturo il dibattito che c’è persino chi, etero cattolico apostolico romano (e sottomesso) minaccia per ripicca di divorziare se dovessero essere approvate le unioni civili. A parte il primo spontaneo e gorgogliante chissenefrega, vien da pensare al grado di perversione mentale necessaria per, fosse pure per boutade, rinunciare al proprio vincolo matrimoniale caso mai qualcosa di simile possa essere a tutela di qualcun altro. Come il bambino che taglia le corde all’altalena per non farci salire nessuno. E il primo a rimetterci è, ovviamente, lui.
Estendere un diritto equivale ipso facto a rinforzarlo, per tutti. Oltre ad un’umana esigenza di equità e giustizia (terrena, questo sì), c’è anche perché no l’egoismo a portarci ad essere a favore del matrimonio omosessuale, anche se omosessuali non siamo, così come dovrebbe convincerci a combattere il bullismo e la discriminazione fra i banchi anche se scuola l’abbiamo lasciata da un pezzo. Perché la tutela della dignità, del diritto all’autodeterminazione di sessualità e affetti non ha, guarda caso, né sesso né genere. È, e resta, universale. E non consuma nessun diritto, non lede alcuna posizione particolare, ma anzi è tanto forte quanto, appunto, individuale nell’attribuzione, universale nella concessione.
Ma continuiamo così, a farci (fare) del male. Con una legittima preoccupazione: i nostri figli da questa ondata di omofobo razzismo clericoparanoide sarà davvero difficile difenderli.

Adele Orioli
Articolo pubblicato sul blog di MicroMega il 20 giugno 2015.
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Messaggio da Giovanni64 »

Mi è capitato già qualche anno fa che per difendere la legittimità di un certo tipo di affettività tra uomo ed animale mi hanno velatamente accusato di essere dedito a certe pratiche magari coniugate nella versione più becera possibile. Capisco benissimo quindi l'autore dell'articolo che si preoccupa di sottolineare che lui non è "diverso" ma difende i diritti di alcuni diversi.

Qualche altro punto:
Estendere un diritto equivale ipso facto a rinforzarlo
In passato ho sostenuto in qualche modo il contrario, ora ho in qualche modo...cambiato idea. Il fatto è che ci sono almeno due cose in competizione: il significato simbolico e tradizionale di un diritto e la necessità che il diritto sia quanto più possibile "inclusivo".
Come forse alcuni di voi ormai sanno, al momento non mi andrebbe di tagliare le corde dell'altalena, per ripicca, nemmeno se l'altalena fosse a 3 o a 5 Posti, invece che a 2. Allo stesso modo non mi va di di stare a sindacare se quelli che sono sulla stessa altalena trovano la cosa in qualche modo "erotica" o sono solo amici per la pelle, o hanno un solo un grande progetto di vita in comune. Questo tanto per restare al paragone usato dall'articolista. Io per la verità penso che lo Stato non dovrebbe mirare ad una altalena unica ed uguale per tutti, gestita dallo Stato stesso, ma dovrebbe lasciar scegliere il tipo di altalena ai cittadini. Chiaramente qualsiasi altalena non può essere fatta con l'amianto e su questo ovviamente lo Stato deve vigilare.
Sono, insomma, non per la fine dell'altalena, ci mancherebbe altro, ma per la fine dell'altalena unica statalmente costruita e gestita. Al momento si oppongono, forse, entrambe le chiese. Un domani chissà.
Perché la tutela della dignità, del diritto all’autodeterminazione di sessualità e affetti non ha, guarda caso, né sesso né genere. È, e resta, universale. E non consuma nessun diritto, non lede alcuna posizione particolare, ma anzi è tanto forte quanto, appunto, individuale nell’attribuzione, universale nella concessione.
Al momento, appunto, pur con qualche "remora" e se ci intendiamo su cosa vogliamo dire, la penso allo stesso modo.
Ma certamente non mi metto a squalificare o ad etichettare chi la pensa diversamente da me.
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L’Italia, e la città di Roma in particolare, sarà teatro nei prossimi mesi di due importanti battaglie: la prima si svolgerà in Parlamento sul disegno di legge Cirinnà, che propone il riconoscimento giuridico del pseudo-matrimonio omosessuale; la seconda avverrà nell’aula del Sinodo sull’“apertura” ai divorziati risposati e alle coppie omosessuali. In entrambi i casi, è al centro della discussione un tema di primaria importanza: il futuro della famiglia e del matrimonio, aggrediti da lobby politiche e mediatiche visceralmente anticristiane.
Di fronte a questa aggressione, molte iniziative si possono prendere e tutte sono lodevoli: pubblicazioni di libri e di articoli, petizioni, conferenze, manifestazioni di piazza. E’ importante comprendere però che l’unica possibilità di vincere è quella di combattere a viso aperto confidando nell’aiuto della Grazia divina. Umanamente parlando, infatti, la sproporzione di forze è tale da rendere impossibile una vittoria con le pure forze di cui i difensori della famiglia dispongono.
La battaglia però non è solo perduta, ma è fuorviante, se viene condotta in una prospettiva puramente sociologica, con l’unico fine di “ridurre il danno”. In un articolo su “La nuova Bussola quotidiana” dell’8 giugno, (cfr. qui) il sociologo Massimo Introvigne, vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, spiega che il disegno di legge Cirinnà è una trappola, perché offre su un piatto d’argento alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) la possibilità di imporre le adozioni omosessuali. Il CEDU ha infatti stabilito che una volta introdotte le unioni civili, un Paese che ha ratificato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo non può escludere l’adozione, dal momento che ciò costituirebbe una “disparità di trattamento”, e quindi una discriminazione illecita fra coppie omosessuali e coppie eterosessuali unite civilmente. Il ddl Cirinnà è dunque colpevole di introdurre surrettiziamente le adozioni che verrebbero imposte dai giudici sulla base della giurisprudenza europea.
Qual è la proposta di Introvigne? Quella di evitare che un’eventuale legge parli sia di “matrimonio omosessuale” che di “unioni civili” tra omosessuali. Il 3 giugno, nella sede romana del comitato Sì alla famiglia, è stata presentata una lettera, promossa dallo stesso Introvigne e dal magistrato Alfredo Mantovano, e sottoscritta da 58 intellettuali, in cui si invitano i parlamentari italiani a sostenere le “proposte di legge che consolidano sotto forma di testo unico i diritti e i doveri che derivano da ogni convivenza in materia di visita in ospedale o in carcere, diritto all’abitazione e così via” e a “riconoscere i diritti e i doveri dei conviventi omosessuali tramite uno strumento che non usi l’espressione «unioni civili» e che non sia la «stessa cosa» del matrimonio”.
Lo strumento è stato lanciato dallo stesso Comitato, lo scorso il 16 gennaio, sotto forma di una proposta di legge dal titolo Testo unico sui diritti dei conviventi. Questo documento “esplicita” e raccoglie in un “sistema chiuso”, una serie di norme esistenti, riconoscendo le convivenze etero e omosessuali come un categoria giuridica foriera di diritti in quanto tale (cfr. qui e qui).
Nella lettera dei 58 intellettuali, molti dei quali rispettabili, ma forse alquanto sprovveduti in materia giuridico-morale, non solo viene riconosciuto lo status giuridico dei conviventi omosessuali e eterosessuali, purché tale status non venga denominato “unione civile”, ma neppure una parola di condanna è espressa nei confronti della omosessualità in quanto tale. I firmatari del documento sembrano convinti che si possa solo rallentare l’irreversibile avanzata del nemico, professando la massima del “cedere per non perdere”. Si comincia con accettare per esempio il principio che gli omosessuali e i conviventi non omosessuali siano titolari di diritti ma rifiutando il riconoscimento delle unioni civili; quindi si ammetterà l’unione civile, a patto di non definirla matrimonio; infine si accoglierà il matrimonio omosessuale, ma respingendo l’adozione dei bambini. E poi?
Dal momento che Sì alla famiglia aderisce alla manifestazione nazionale contro il ddl Cirinnà annunciata per il 20 giugno e diversi membri del comitato promotore ne firmano la lettera, molti si chiedevano se, e in quale misura, questa manifestazione avrebbe condiviso la posizione di Sì alla famiglia. La risposta che è venuta dalla conferenza stampa dell’8 giugno presso l’Hotel Nazionale di Roma ha qualcosa di surreale. La manifestazione del 20 giugno a San Giovanni era stata presentata infatti dai suoi promotori come un “Family Day” contro il ddl Cirinnà (cfr.qui e qui). Ora l’oggetto primario è divenuta la preoccupazione per l’introduzione del Gender nelle scuole. Nella conferenza stampa Massimo Gandolfini, portavoce del comitato promotoreDifendiamo i nostri figli, ha assicurato che la mobilitazione a Piazza San Giovanni “non ha niente a che fare con il Family Day del 2007” e non è né contro il disegno di legge Cirinnà, né contro gli omosessuali, né “contro qualcuno”, ovvero è una manifestazione contro nessuno. Peraltro non si sa ancora chi parlerà dal palco e che cosa dirà. Tutto rimane dunque sul vago. Come un giornalista presente ha fatto opportunamente notare, la linea che gli organizzatori scelgono di seguire, non è la linea dell’ex-presidente della CEI, Camillo Ruini, ma quella del Segretario della CEI, Nunzio Galantino.Ciò significa che il 20 giugno, al di là del numero dei presenti, la manifestazione di San Giovanni rischia di essere il funerale dell’associazionismo cattolico o, se si preferisce, la celebrazione della sua sconfitta.
La strategia minimalista a cui si ispira da molti decenni il mondo cattolico è la causa principale delle sue ripetute disfatte. Quando la verità non osa manifestarsi integralmente, l’errore è destinato a vincere. Oggi chi si dice cattolico non può limitarsi a riproporre timidamente la famiglia naturale, in nome della Costituzione italiana: deve ricordare l’esistenza di una legge divina e naturale e denunciare con nome e cognome uomini e movimenti che vogliono sovvertire questa legge. Bisogna avere il coraggio di proclamare ad alta voce che l’omosessualità è un grave disordine morale e quindi è un atto in sé peccaminoso e che il riconoscimento giuridico, anche parziale, di questo peccato è un’apostasia pubblica.
Ma perché molti cattolici rifuggono dal proclamare la legge naturale e divina, definendo la proprie convinzioni solo come un’“opinione”, meritevole di essere rispettata nella “dialettica democratica” (così si è espresso il portavoce del comitato Difendiamo i nostri figli)? Perché essi non credono nell’efficacia e nella fecondità della verità che professano; sono convinti, che questa verità sia astratta ed inefficace e si pongono sul terreno scelto dal nemico quello della prassi. Essi si dicono cattolici ma prescindono dalla Rivelazione, dalla Grazia, dai miracoli: vivono immersi dell’ateismo pratico. Questi cattolici moderati un tempo erano definiti liberali, oggi qualcuno li definisce “conservatori”, ma si tratta di definizioni improprie: la vera distinzione è tra un cattolicesimo integrale, senza compromessi e un cattolicesimo politico, che subordina le proprie scelte alle possibilità di successo e fa del successo il criterio ultimo della propria azione. Oggi però, non è l’ora delle furbizie e dei machiavellismi. Dom Prosper Guéranger, il santo abate di Solesmes, insegna che nella dissoluzione generale delle idee, “c’è una grazia legata alla confessione piena e completa della Fede. Questa professione ci dice l’Apostolo è la salvezza di coloro che la fanno e l’esperienza dimostra che è anche la salvezza di coloro che la ascoltano”.

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Achille
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:risata: :risata: :risata:

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Ray
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Il Prete che minaccia: “Se i gay potranno sposarsi io mi darò fuoco”

In uno dei suoi ultimi discorsi in chiesa, il pastore, Rick Scarborough, ha minacciato di darsi fuoco se i gay potranno sposarsi anche in Texas e poi ha continuato: “Non abbiamo paura, non ci piegheremo, siamo pronti a bruciare piuttosto. I predicatori devono unirsi ai leader e ai cittadini comuni, chiedendo di fermare questo schifo, dicendo in coro ‘sparateci prima di fare certe cose’.

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Questo è un gioco dei gay per la completa distruzione della chiesa del signore Gesù, sono come Satana quando voleva essere Dio. Questi esseri umani non vogliono riconoscere che c’è un Dio. In America abbiamo subito troppe ingiustizie, sono sicuro che il signore non tollererà a lungo tutto questo.”

E io mi taglio .......il ciuffo se questo si da alle fiamme. :ironico:


http://lastella.altervista.org/prete-se ... aro-fuoco/" onclick="window.open(this.href);return false;
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Le falsificazioni e le varianti involontarie si accumulano man mano che un testo è ricopiato attraverso i secoli. Ogni scriba riproduce gli errori degli scribi precedenti e ne aggiunge di propri. Non possediamo alcun originale dei libri del nuovo testamento, ma neppure copie eseguite direttamente sugli originali, né copie di copie...Bart D. Ehrman
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Anche i gay si scagliano contro il matrimonio gay
«La Chiesa, difendendo la cultura cattolica, salvaguarda la cultura “tout court” e la “civiltà”»

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Ma che cosa sta succedendo in Francia? Nella patria di Voltaire e dell’Illuminismo sono forse diventati tutti clericali? Al ritmo di una volta al mese, infatti, il movimento del Manif pour tous (Manifestazione per tutti) invade pacificamente Parigi per protestare contro la legge voluta dal governo socialista di Françoise Hollande e approvata definitivamente il 23 aprile scorso che autorizza il matrimonio e le adozioni per le coppie dello stesso sesso. L’ultima manifestazione, con quasi un milione di persone, si è svolta domenica 26 maggio......
....Migliaia di gay francesi, infatti, di sposarsi e adottare figli non vogliono proprio saperne e per farsi sentire si sono organizzati in due associazioni: Homovox e Plus gay sans mariage, fondato dall’ateo Xavier Bongibault. «È importante capire», ha spiegato Nathalie de Williencourt, portavoce di Homovox, «che in Francia nella legge non ci sono distinzioni tra il matrimonio e l’adozione: tutte le coppie sposate hanno il diritto di adottare. Quando si propone il matrimonio per gli omosessuali, esso comprende automaticamente l’adozione. Non c’è divisione come in altri Paesi europei. Noi crediamo che i bambini abbiano il diritto ad avere un padre e una madre, possibilmente biologici, che possibilmente si amino. Un figlio nasce dal frutto dell’amore di suo padre e di sua madre e ha il diritto di conoscerli».

http://www.linkiesta.it/no-gay" onclick="window.open(this.href);return false;

Clicca per vedere l'immagine a dimensioni originali :ironico:
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Giovanni64
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Il Prete che minaccia: “Se i gay potranno sposarsi io mi darò fuoco”
http://lastella.altervista.org/prete-se ... aro-fuoco/" onclick="window.open(this.href);return false;
I non credenti di solito hanno come bersaglio la chiesa cattolica e, tranne i casi particolari, trovano sponde reciproche in tutto il mondo protestante (ovviamente, per quel poco che vale, anche tra i tdg). Io sono non credente ma, come alcuni sanno, non sono fra questi.
Tutto ciò che non piace è colpa dei cattolici: il Nuovo Testamento, il Canone, il Natale, la croce, il nome Jehovah, la Trinità. Ma se invece poi qualcuna di queste cose, a qualcuno specifico degli "anti", piace, allora, improvvisamente è tutta farina del sacco di questo specifico qualcuno i cui antenati, magari tanti secoli fa, erano riusciti a far affermare la cosa nonostante la chiesa cattolica.

Presumo (ma mi potrei anche sbagliare) che l'autore del testo nel link proposto sia un non credente.
Il protagonista della sparata omofoba è un pastore battista prestato alla politica con spiccato attivismo anti-gay e quindi non nuovo a sparate del genere. Non so in maniera precisissima come stanno formalmente le cose ma al limite potrebbe anche essere definito un ex pastore battista.

Perché allora il termine "prete" nel titolo? Si tratta di scelta innocente dell'autore? No, secondo me si tratta piuttosto della esemplificazione di quello che dicevo prima: ogni cosa deve essere ridipinta, anche con mezzucci ridicoli, per colpire il bersaglio grosso e per non colpire gli "alleati" strutturali e che nei casi particolari alleati possono anche non essere.

Ciò accade anche e soprattutto nei media maggiori ma di solito con una ingenuità falsificatrice un poco più contenuta e meno plateale.
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Foto arcobaleno su Fb? Prete: "Al battesimo non potete più fare i padrini"
Un parrocco pugliese guida la crociata contro la moda di "colorare" le immagini profilo di Facebook a sostegno di nozze ed adozioni Lgbt

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... ok+Interna" onclick="window.open(this.href);return false;

Assurda però la decisione di cancellare il suo profilo FB per questo.
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minstrel
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polymetis
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Credo che l'articolo del prof. Feser possa solo suscitare delle grandi risate, a forza di concedergli gli assunti che vorrebbe, e che il mondo contemporaneo non ha rifiutato perché indimostrabili, ma perché ampiamente dimostrati contraddittori. Non si è abbandonato il finalismo perché mancava di evidenze, ma perché era una abracadabra contraddittorio. La sua metafisica teleologica non è stata abbandonata perché indimostrabile, ma perché dimostrata falsa e falsificata, un'autentico colabrodo. Inoltre il prof. assume non solo che la legge naturale esista, ma che il matrimonio abbia qualcosa a che fare con la legge naturale e non sia invece un'isttuizione potiva. Assume pure che tutti i suoi patetici assiomi facciano parte del common sense, ma non si capisce in base a che cosa, se non il solito argomento della "tradizione" che può essere usato per giustificare qualsiasi posizione da Ancien Règime, o, perché no, il geocentrismo, visto che il sole che si muove nel cielo lo vediamo tutti questi per forza di cose Galielo ha torto. Assume inoltre che vi sia una contraddizione perché se si rifiuta la teleologia degli organi bisognerebbe rifiutare l'esistenza di una ragione che abbia capacità di conoscere il vero, ma non è ben chiaro come faccia questo passaggio. I difensori del matrimonio tra persone dello stesso sesso non si sono affatto rifiutati di discutere i presupposti dei difensori del matrimonio civile solo eterosessuale, al contrario, proprio perché li hanno discussi e li hanno trovati incoerenti hanno potuto rifiutarli. Non indimostrabili, come lo sarebbe la realtà per un teorico dello scetticismo cartesiano, ma proprio incoerenti, e dunque falsi. Non si può andare seriaemente dinnanzi ad un tribunale costituzionale e dire che il matrimonio serve per procreare, ma poi non sapere spiegare perché allora possono sposarsi due novantenni, perché ciò è ipso facto la prova che per sua essenza lo Stato considera il matrimonio altro, cioè la dedicazione reciproca di due persone, e la capacità procreativa non è richiesta. Il punto è che se una coppia eterosessuale non dà nulla allo stato più di una coppia gay, ma lo Stato lega dei benefici economici al matrimonio, allora questa si chiama discriminazione perché vengono trattate in maniera diversa due situazioni omogenee. S'è visto infatti che la patetica scusa secondo cui le coppie etero sarebbero diverse da quelle omo in quanto quelle etero concepirebbero figli sia del tutto campata per aria, visto che per la legge civile né in America né in Italia il matrimonio ha qualcosa a che fare con la possibilità o la volontà di fare figli, tant'è che si può sposare pure chi abbia cambiato sesso. Quindi quando si trova una contraddizione all'interno dell'istituzione del matrimonio civile eterosessuale italiano, non occorre scomodare alcuna "natura". Quest'istituzione è contraddittoria perché accorda dei benefici ad una coppia eterosessuale sulla base del solo fatto che si ama, e non chiede ad essa né di voler né di potere far figli, ma non accorda alla coppia omosessuale i medesimi benefici pur avendo essa la medesima base. Per di più anche le coppie gay possono avere figli, e dunque il quadro dell'incoerenza esplode ancora di più. Infatti non ha nessuna rilevanza dal punto di vista dello Stato se questi figli sono concepiti con del sesso o con la fecondazione eterologa, perché sempre di figli dati allo stato si tratta, che col loro lavoro pagheranno le pensioni dei tutti noi.
La storiella seconda cui approvare il matrimonio omosessuale aprirebbe la strada alla poligamia è poi la più insensata di tutte. La Corte Suprema ha stabilito che il matrimonio gay è un diritto costituzionale perché non si vede in base a che cosa alcuni Stati restringono l'accesso a dei diritti ad una particolare tipologia di persone senza documentare alcun vantaggio per lo Stato o quale rischio si avrebbe per esso trattando situazioni omogenee in maniera uguale. Gli avvocati omofobi non sono riusciti a documentare in alcun modo come accettare il matrimonio gay possa far sfaldare i nuclei familiari eterosessuali, ed anzi, s'è potuto sostenere che invece permettere alle coppie gay di sposarsi avrebbe rafforzato le loro famiglie, rendendo ancora più famiglie stabili senza che nessuno ne soffrisse. Nel caso della legalizzazione della poligamia è possibile invece documentare un pericolo per lo sfaldamento dei nuclei familiari. Innanzitutto la poligamia nella sua versione tradizionale, cioè il matrimonio poliginico, sarebbe incostituzionale perché un uomo può avere più mogli, ma una moglie non può avere più mariti, quindi si crea una disparità di trattamento tra i sessi. Se poi eliminassimo questo errore, sostenendo che un uomo può sposare più donne, e ciascuna di queste donne può avere più mariti, avremmo qui la dimostrazione di come il nucleo famigliare viene ad essere scisso, perché una donna, o un uomo, dovrebbero dividersi su più nuclei familiari. Ciò significherebbe diverse abitazioni domestiche in cui dividersi, e il fatto che la prole sia alternativamente lasciata senza uno dei suoi genitori, che deve migrare nella casa B e C durante 1/3 della settimana. Questo è quello che il procuratore generale degli Stati Uniti ha spiegato anche ai 4 giudici bigotti della Corte Suprema che gli chiedevano perché allora non si dovesse legalizzare la poligamia, e la risposta è che invece nel divieto di essa esiste un concreto interesse dello Stato quanto alla conservazione di una maggiore stabilità dei nuclei familiari. La verità è solo una: tutti, ma proprio tutti gli oppositori del matrimonio tra persone dello stesso sesso hanno quest'opinione perché intimamente disapprovano moralmente la condotta delle persone omosessuali e le loro relazioni: tutto il resto sono scuse.
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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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minstrel
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La finalità filosofica è tutt'altro che morta e sepolta.
Le altre presunte confutazioni non tengono conto della differenza fra sostanza ed accidenti, differenza tutt'altro che indiscretizzabile, ma che anzi risulta a molti a tutt'oggi fondamentale sia a livello metafisico che fisico (lo si chieda ai fisici nucleari quando vogliono superare le incoerenze delle teorie quantistiche).

Ovviamente i "punti caldi" della trattazione (esistenza della natural law, il passaggio fra la teleologia e l'esistenza di un mondo comprensibile E di una ragione che abbia capacità conoscerLO and so on), non vengono discussi in questo articolo. Lo si trova in altri post, ma soprattutti in alcuni articoli accademici ad oggi raccolti nel nuovo libro di Feser (a cui egli rimanda spesso in questo post).

La poligamia è la situazione per cui una donna decide di stare con un uomo solo, non che essa una volta sposata possa andare con chiunque. E questo non lede alcun diritto costituzionale poiché è la donna stessa a voler UN solo uomo. La parità di trattamento fra sessi nella poligamia significherebbe solo che anche la "donna" in quanto tale può trovare più uomini disposti a mettersi insieme a lei (E SOLO CON LEI!) senza alcun litigio interno, non che ognuno fa quel che vuole anche se è sposato.
E questo non lo imporrebbe la legge, ma è esattamente quello che "vogliono" le coppie poligamiche. Cioè si lederebbe il loro diritto imponendo ad una donna sposata in poligamia con un uomo a poter avere altri uomini. La donna VUOLE STARE SOLO con quell'uomo e quell'uomo vuole stare SOLO CON QUELLE 2 o 3 (o più) donne. Questa è poligamia.

Ritengo per questo che una persona disposta ad accettare il matrimonio omosessuale dovrebbe invece aprirsi alla possibilità che esistano volontà (oggi chiamate diritti) di persone eterosessuali e/o omosessuali che vogliono convivere in famiglie poligamiche. Perchè un uomo deve amare solo un uomo e non amarne due o tre se gli altri sono d'accordo di voler amare soltanto il primo? Non è una condizione favorevole allo stato a detta di quelli che feser chiama “same-sex marriage” advocate? Perché mai non sarebbe accettabile se è quello che vogliono? Perché dovrebbe essere incostituzionale?
Siamo poligamofobi?
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La finalità filosofica è tutt'altro che morta e sepolta.
Le altre presunte confutazioni non tengono conto della differenza fra sostanza ed accidenti, differenza tutt'altro che indiscretizzabile, ma che anzi risulta a molti a tutt'oggi fondamentale sia a livello metafisico che fisico (lo si chieda ai fisici nucleari quando vogliono superare le incoerenze delle teorie quantistiche).
La sostanza? Gli accidenti? Credo che il mio browser sia sia trasformato in macchina del tempo e mi abbia portato in una bacheca del XIII secolo?
Ovviamente i "punti caldi" della trattazione (esistenza della natural law, il passaggio fra la teleologia e l'esistenza di un mondo comprensibile E di una ragione che abbia capacità conoscerLO and so on), non vengono discussi in questo articolo. Lo si trova in altri post, ma soprattutti in alcuni articoli accademici ad oggi raccolti nel nuovo libro di Feser (a cui egli rimanda spesso in questo post).
Sono le stesse cose raccontano i neotomisti italiani da 60 anni senza particolari novità per chi come me abbia studiato con tutto il carnevalesco corteo dei discepoli della Vanni Rovighi e Bontadini , che, grazie al cielo, sono tutti andati in pensione due anni fa a Ca' Foscari, 4 in un colpo solo! Anzi, mi correggo, i miei maestri ci tenevano a dire che loro erano tomisti e non neotomisti, perché Bondatini a loro avviso aveva tradito Tommaso. Personaggi alquanto pittoreschi!
La poligamia è la situazione per cui una donna decide di stare con un uomo solo, non che essa una volta sposata possa andare con chiunque.
Innanzitutto chiariamo la faccenda terminologica. "poligamia" vuol dire "più matrimoni". La poligamia si divide in due sottospecie principali: Un uomo che posa più mogli, ciascuna di esse ha un solo marito, è poliginia, la situazione in cui invece una donna ha più mariti si chiama poliandria.
E questo non lede alcun diritto costituzionale poiché è la donna stessa a voler UN solo uomo. La parità di trattamento fra sessi nella poligamia significherebbe solo che anche la "donna" in quanto tale può trovare più uomini disposti a mettersi insieme a lei (E SOLO CON LEI!) senza alcun litigio interno, non che ognuno fa quel che vuole anche se è sposato.
E questo non lo imporrebbe la legge, ma è esattamente quello che "vogliono" le coppie poligamiche. Cioè si lederebbe il loro diritto imponendo ad una donna sposata in poligamia con un uomo a poter avere altri uomini. La donna VUOLE STARE SOLO con quell'uomo e quell'uomo vuole stare SOLO CON QUELLE 2 o 3 (o più) donne. Questa è poligamia.
Io invece non ho mai trovato nessuno che abbia fatto una richiesta simile. Tutti i seguaci del poliamore, e il variegato mondo avverso alla monogamia, non lo fa in nome della libertà di dedicarsi ad solo ad un altro uomo, che però abbia più mogli, ma bensì in nome della libertà rivendicata per se stessi di non essere monogami (e ciò come ripeto avrebbe degli impatti sulla stabilità dei nuclei familiari, perché una persona dovrebbe dividersi su 2 o più famiglia, e ciascuno dei suoi partner a sua volta, dovrebbe dividersi su una o più famiglie).
Questa però non è una risposta, infatti potrebbe benissimo presentarsi il caso concreto da te prospettato, di una donna che voglia sposarsi con un uomo ed essergli fedele, concedendo a quest'uomo di avere più mogli. Benché ciò non sia nel panorama delle richieste contemporanee, potrebbe teoricamente presentarsi il caso in futuro. Ci sono tre serie di obiezioni a mio avviso:

1)La prima funziona che abbiamo a che fare con un tipo di poligamia di matrice islamica. Potrebbe darsi che una donna sia persuasa di voler sposare un marito poliginico perché la culura cui è stata esposta sin da bambina le ha insegnato l'inferiorità femminile e l'obbedienza al marito. In questo caso la rivendicazione della poligamia sarebbe una rivendicazione di una povera plagiata ignorante, e, in quanto tale, lo Stato potrebbe avere un interesse a salvare questa poveretta da se stessa, e al medesimo tempo mandare un messaggio alle altre donne che lo Stato in cui vivono non accettano questa condizione di inferiorità femminile. Lo Stato si fa cioè promotore di un'ideologia egualitaria, che potrebbe contagiare altre donne, negando il permesso di compiere pratiche che si radicano in una cultura maschilista intessuta con l'inferiorità femminile. Queste donne inoltre possono essere costrette dalle famiglie, con vari mezzi di pressione che vanno dalle percosse alla pressione psicologica, a sposarsi in maniera poligama. Se lo Stato invece non desse alle famiglie la possibilità di esercitare questa pressione sulle ragazze, perché non esiste un istituto poligamico, allora le donne non possono essere spinte ad esso.

2)Queste considerazioni non si applicano nel caso a voler contrarre un matrimonio poligamico sia una donna crescita in occidente e colta, ma:
2a)Lo stato potrebbe proibire il matrimonio poligamico a questa particolare donna in considerazione che, se lo consentisse a lei, dovrebbe consentirlo anche alle donne del tipo 1), cioè quelle che vogliono contrarre un matrimonio poligamo o perché vittime di una cultura maschilista che le ha plagiate, o perché sotto il ricatto morale della famiglia. Dunque lo Stato per tutelare loro, potrebbe proibire il matrimonio poligamo alle altre. La questione è serissima: dovremmo consentire una pratica ad alcune donne sapendo che essa farebbe sì che molte di più, provenienti da famiglie di immigrati, vengano danneggiate allorché questa praticia sarà resa possibile in occidente?
2b)A prescindere dalla considerazione precedente, si può aromentare che la stabilità dei nulcei famigliari e la salute dei figli sia di interesse per lo Stato, mentre le famiglie poligame sarebbero intrinsecamente, per la loro struttura, più instabili. A simili considerazioni era giunta la Corte Suprema della Columbia Britannica nel 2001. Cito dalla sentenza, che riporta sia alcune considerazioni che pertengono solo alla poligamia delle società maschiliste, sia altre, che ci interessano, che riguardano ogni tipo di unione con partner condivisi:

Women in polygamous relationships are at an elevated risk of physical and psychological harm. They face higher rates of domestic violence and abuse, including sexual abuse. Competition for material and emotional access to a shared husband can lead to fractious co-wife relationships. These factors contribute to the higher rates of depressive disorders and other mental health issues that women in polygamous relationships face. They have more children, are more likely to die in childbirth and live shorter lives than their monogamous counterparts. They tend to have less autonomy, and report higher rates of marital dissatisfaction and lower levels of self-esteem. They also fare worse economically, as resources may be inequitably divided or simply insufficient.
[9] Children in polygamous families face higher infant mortality, even controlling for economic status and other relevant variables. They tend to suffer more emotional, behavioural and physical problems, as well as lower educational achievement than children in monogamous families. These outcomes are likely the result of higher levels of conflict, emotional stress and tension in polygamous families. In particular, rivalry and jealousy among co-wives can cause significant emotional problems for their children. The inability of fathers to give sufficient affection and disciplinary attention to all of their children can further reduce children’s emotional security. Children are also at enhanced risk of psychological and physical abuse and neglect.
[10] Early marriage for girls is common, frequently to significantly older men. The resultant early sexual activity, pregnancies and childbirth have negative health implications for girls, and also significantly limit their socio-economic development. Shortened inter-birth intervals pose a heightened risk of various problems for both mother and child.
[11] The sex ratio imbalance inherent in polygamy means that young men are forced out of polygamous communities to sustain the ability of senior men to accumulate more wives. These young men and boys often receive limited education as a result and must navigate their way outside their communities with few life skills and social support.
[12] Another significant harm to children is their exposure to, and potential internalization of, harmful gender stereotypes.
[13] Polygamy has negative impacts on society flowing from the high fertility rates, large family size and poverty associated with the practice. It generates a class of largely poor, unmarried men who are statistically predisposed to violence and other anti-social behaviour. Polygamy also institutionalizes gender inequality.
Patriarchal hierarchy and authoritarian control are common features of polygamous communities. Individuals in polygynous societies tend to have fewer civil liberties than their counterparts in societies which prohibit the practice.
[14] Polygamy’s harm to society includes the critical fact that a great many of its individual harms are not specific to any particular religious, cultural or regional context. They can be generalized and expected to occur wherever polygamy exists.


Questo è per così dire un syllabus, le motivazioni e le argomentazioni sono date nella sentenza da p. 77 in poi di questo pdf:
http://www.europeanrights.eu/public/pro ... NADESE.pdf" onclick="window.open(this.href);return false;

3)La terza argomentazione contro il matrimonio poliginico, anche se consensuale, è che basandosi su una scelta, quella scelta può cambiare. Una donna che sposa un poligamo può benissimo credere che vorrà amare solo lui tutta la vita, il punto è che se dovesse cambiare idee non avremmo nessuna base legale per impedirle di sposare un'altro uomo. Se suo marito ha più mogli, e lei dovesse scegliere improvvisamente che vuole un ulteriore marito, non si vede in base a che argomento giuridico che non postuli una disparità di trattamento tra uomo e donna un giudice potrebbe negarle di contrarre un nuovo matrimonio, visto che suo marito l'ha fatto. Si potrebbe sostenere che la coppia in questione potrebbe fare un accordo contrattuale pre-matrimoniale che neghi alla donna di prendere ulteriori mariti in futuro. Questa strategia però non fornirebbe alcuna garanzia e non funzionerebbe perché non è possibile fare contratti incostituzionali, cioè che postulino una disparità di trattamento tra uomo e donna. Se questa donna cambiasse idea, e dopo 10 anni di matrimonio sostensse davanti ad una corte che quel contratto viola la sua uguaglianza di diritti col marito, quel contratto sarebbe annullato.

Ritengo per questo che una persona disposta ad accettare il matrimonio omosessuale dovrebbe invece aprirsi alla possibilità che esistano volontà (oggi chiamate diritti) di persone eterosessuali e/o omosessuali che vogliono convivere in famiglie poligamiche.
Si chiamano diritti perché le medesime "volontà" quando sono in una coppia etero fanno maturare quelli che sono chiamati comunemente diritti. E quale sarebbe la differenza?

Ad maiora
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polymetis ha scritto:
La finalità filosofica è tutt'altro che morta e sepolta.
Le altre presunte confutazioni non tengono conto della differenza fra sostanza ed accidenti, differenza tutt'altro che indiscretizzabile, ma che anzi risulta a molti a tutt'oggi fondamentale sia a livello metafisico che fisico (lo si chieda ai fisici nucleari quando vogliono superare le incoerenze delle teorie quantistiche).
La sostanza? Gli accidenti? Credo che il mio browser sia sia trasformato in macchina del tempo e mi abbia portato in una bacheca del XIII secolo?
Ma anche no e lo sai. Non c'è bisogno che ti parli di tomismo analitico (cfr. Micheletti), di metafisica tomista della meccanica quantistica contra il riduzionismo spesso ancora imperante (cfr. Basti), di neuroscienza tomista (cfr. Sanguineti) e di tutto il filone americano neoscolastico (di cui Feser fa parte).
Sono le stesse cose raccontano i neotomisti italiani da 60 anni senza particolari novità per chi come me abbia studiato con tutto il carnevalesco corteo dei discepoli della Vanni Rovighi e Bontadini , che, grazie al cielo, sono tutti andati in pensione due anni fa a Ca' Foscari, 4 in un colpo solo! Anzi, mi correggo, i miei maestri ci tenevano a dire che loro erano tomisti e non neotomisti, perché Bondatini a loro avviso aveva tradito Tommaso. Personaggi alquanto pittoreschi!
Deve essere stato splendido studiare con loro. Su Bontadini non sono pochi a trovare criticità rispetto a Tommaso (cfr. Sanmarchi) ma vabbeh.
Innanzitutto chiariamo la faccenda terminologica. "poligamia" vuol dire "più matrimoni". La poligamia si divide in due sottospecie principali: Un uomo che posa più mogli, ciascuna di esse ha un solo marito, è poliginia, la situazione in cui invece una donna ha più mariti si chiama poliandria.
Perfetto, grazie.
Io invece non ho mai trovato nessuno che abbia fatto una richiesta simile.
Ci hanno fatto pure un seguitissimo reality:
http://www.tvblog.it/post/526587/io-e-l ... mo-mattino" onclick="window.open(this.href);return false;
http://www.ilpost.it/2014/01/14/poligamia/" onclick="window.open(this.href);return false;
http://www.ilmattino.it/primopiano/este ... 8194.shtml" onclick="window.open(this.href);return false;
Tutti i seguaci del poliamore, e il variegato mondo avverso alla monogamia, non lo fa in nome della libertà di dedicarsi ad solo ad un altro uomo, che però abbia più mogli, ma bensì in nome della libertà rivendicata per se stessi di non essere monogami (e ciò come ripeto avrebbe degli impatti sulla stabilità dei nuclei familiari, perché una persona dovrebbe dividersi su 2 o più famiglia, e ciascuno dei suoi partner a sua volta, dovrebbe dividersi su una o più famiglie).
Che è un altro caso, questo al di là del fatto che la morale che si basi sulle presunte utilità sociali future di uno stato è quanto meno una morale fortemente debole per non dire inesistente.
Questa però non è una risposta, infatti potrebbe benissimo presentarsi il caso concreto da te prospettato, di una donna che voglia sposarsi con un uomo ed essergli fedele, concedendo a quest'uomo di avere più mogli. Benché ciò non sia nel panorama delle richieste contemporanee, potrebbe teoricamente presentarsi il caso in futuro.
I casi a quanto pare ci sono già.
1)La prima funziona che abbiamo a che fare con un tipo di poligamia di matrice islamica.
O mormone.
Potrebbe darsi che una donna sia persuasa di voler sposare un marito poliginico perché la culura cui è stata esposta sin da bambina le ha insegnato l'inferiorità femminile e l'obbedienza al marito.
Certo. ma non si vede perché questa situazione possa essere moralmente inaccettabile visto che, abbiamo visto, la morale si basa sull'utilità di una certa situazione per lo Stato. E cosa c'è di più utile per uno stato se non avere la certezza che una grossa fetta di popolazione è facilmente dominabile poiché cresciuta nella consapevolezza di essere inferiore?
In questo caso la rivendicazione della poligamia sarebbe una rivendicazione di una povera plagiata ignorante, e, in quanto tale, lo Stato potrebbe avere un interesse a salvare questa poveretta da se stessa, e al medesimo tempo mandare un messaggio alle altre donne che lo Stato in cui vivono non accettano questa condizione di inferiorità femminile.
Ah, questo sarebbe interesse di uno Stato "ideale" che seguisse una morale diversa da quella sopra richiamata, non certo reale e nemmeno uno ideale che cerca suoi vantaggi. per quale motivo ci sarebbe reale interesse a "salvare" una poveretta invece che incitarne la resa? Se uno dicesse di ritenere presumibilmente più vantaggiosa l'idea islamica, come si fa a contrastare queste presunzioni sul futuro?!
Lo Stato si fa cioè promotore di un'ideologia egualitaria
Come quella uscita dall'illuminismo francese (ahahah) o come quella cristiana (che, ahimé, pretende anche una precisa metafisica)?
Da qui mi pare caschi la prima parte del seguente argomento:
2)Queste considerazioni non si applicano nel caso a voler contrarre un matrimonio poligamico sia una donna crescita in occidente e colta, ma:
2a)Lo stato potrebbe proibire il matrimonio poligamico a questa particolare donna in considerazione che, se lo consentisse a lei, dovrebbe consentirlo anche alle donne del tipo 1), cioè quelle che vogliono contrarre un matrimonio poligamo o perché vittime di una cultura maschilista che le ha plagiate, o perché sotto il ricatto morale della famiglia. Dunque lo Stato per tutelare loro, potrebbe proibire il matrimonio poligamo alle altre. La questione è serissima: dovremmo consentire una pratica ad alcune donne sapendo che essa farebbe sì che molte di più, provenienti da famiglie di immigrati, vengano danneggiate allorché questa praticia sarà resa possibile in occidente?
Ripeto perché dovrebbero essere danneggiate visto che nessuno può con certezza dire che la donna islamica accetti la poligamia "per forza e dovere" e nemmeno che non si possa accettare un "ricatto morale" che non lede in alcun modo (secondo delle prospettive future) lo Stato. Anzi: a ben pensarci, proprio perché siamo andati avanti 2000 anni con una cultura cosiderata "maschilista" (e gli stati ne approfittavano), possiamo dire che cambiare porta ad un futuro incerto. Futuro incerto=possibili svantaggi per lo stato=è necessario chiedersi se tale pratica (abbandonare il maschilismo e la poligamia) sia morale.
Questo ben sapendo che ci sono donne che non hanno problemi ad accettare la poligamia, ma anzi la vogliono (così come ci sono donne che esigono di vestire il burqa). Almeno così loro dicono.
2b)A prescindere dalla considerazione precedente, si può aromentare che la stabilità dei nulcei famigliari e la salute dei figli sia di interesse per lo Stato, mentre le famiglie poligame sarebbero intrinsecamente, per la loro struttura, più instabili.
E io farei rispondere che lo sono perchè tutti vedono tali nuclei famigliari come dei mostri da contrastare in tutti i modi e perché non ci sono aiuti dallo Stato.
Direbbero: "La colpa non è nostra, della coppia "larga" che scoppia, ma della società che è poligamofoba!"
A simili considerazioni era giunta la Corte Suprema della Columbia Britannica nel 2001.
Considerazioni che agli occhi del poligamico dimostrano soltanto quello che si diceva sopra: la società non è (ANCORA!) in grado di capire le istanze poligamiche!
3)La terza argomentazione contro il matrimonio poliginico, anche se consensuale, è che basandosi su una scelta, quella scelta può cambiare.
esatto! Come può cambiare idea mia moglie in questo momento o il partner di un omosessuale in un altro. Se cambia idea una moglie di un matrimonio poliginico (o il marito di un poliandrico!) questo significa che può benissimo chiedere il divorzio e i figli nati dal matrimonio con il primo marito (o adottati fra loro due) dovranno seguire né più né meno le stesse regole degli altri (vanno di solito ocn la madre, alimenti and so on).
Lei ovviamente dovrà quindi abbandonare il marito COMPLETAMENTE per sposarne un'altro (o altri).
Mi si può dire che così però la donna è come se non volesse dei diritti. E io dico che è suo diritto dire no ad un diritto che le impongono gli altri questo perché è la "medesima volontà" che fa "maturare quelli che sono chiamati comunemente diritti".
Questa strategia però non fornirebbe alcuna garanzia e non funzionerebbe perché non è possibile fare contratti incostituzionali, cioè che postulino una disparità di trattamento tra uomo e donna.
ma questo è un apriori contemporaneo. Perché si dovrebbe accettare? In base a quale "legge naturale" io devo postulare che la disparità di trattamento tra uomo e donna non solo è inaccettabile ma perfino immorale? Forse perché lo dicono tutti e la maggioranza fa la forza? Ah, d'accordo. D'altra parte è perfettamente coerente con il relativismo.

“Le prime conseguenze [del relativismo] si collocano al livello della conoscenza come teoria, e come tali, ricadono immediatamente anche su quella forma di conoscenza dimostrativa che intende essere la conoscenza scientifica. Per cui, da un punto di vista conoscitivo risulta impossibile fondare:
– la conoscenza: ognuno può dire ciò che vuole, su qualsiasi cosa, e sostenere di avere ragione, ma non può sapere di avere effettivamente ragione. In una simile concezione della conoscenza coesistono necessariamente visioni che si contraddicono tra loro e quindi risulta impossibile la conoscenza stessa. Come insegna la logica, da premesse contraddittorie si può dedurre qualsiasi cosa e quindi anche conclusioni che tra loro si contraddicono. La conoscenza è ridotta al più a conoscenze (al plurale) il cui valore è solo strumentale, tecnico (al più valide in quanto funzionano); e quindi risulta anche impossibile fondare
– la scienza stessa come forma di conoscenza dimostrativa e uguale per tutti, ma solo elaborare degli strumenti tecnici (di previsione) che finiscono per essere, alla fine, puri strumenti di potere. All’equazione sapere uguale a conoscere (e di conseguenza anche potere) si sostituisce l’equazione sapere uguale a potere (senza comprensione, potere cieco); ne consegue l’impossibilità anche de
– la comunicazione: se non sono in grado di dimostrare la validità di quello che dico, non ho altre ragioni per farmi capire e convincere gli altri, se non la forza (fisica, psicologica, produttiva, economica, politica, ecc.).”
Strumia, Alberto. Scienza e teologia a confronto. Aspetti epistemologici e fondazionali. Fede e cultura. 2013. pag. 88
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Visto che è stato tirato di nuovo in ballo il matrimonio plurale e pur avendo letto solo una piccolissima parte degli ultimi interventi, vorrei fare una qualche precisazione: il fatto che io sia a favore dell'amore omosessuale e anche alla possibilità che esso sia "ufficializzato" attraverso il matrimonio omosessuale, non vuol dire che io sia favorevole a certi tipi di relazioni in cui l'uomo insegnante o ricco o potente o famoso abusa o prende vantaggio della posizione "subalterna" di un altro uomo, come pure purtroppo avviene e come pure è "culturalmente" e storicamente avvenuto.

Allo stesso modo, il fatto che io sia a favore dell'amore plurale e anche alla sua "ufficializzazione" attraverso il matrimonio plurale, non vuol dire che io sia favorevole a certi tipi di relazioni in cui uno, di solito l'uomo, abusa o prende vantaggio della posizione subalterna di alcune altre donne, come pure purtroppo avviene e come pure è "culturalmente" e storicamente avvenuto.

Il matrimonio va comunque istituito su un piano di assoluta parità fra tutti i suoi componenti e vanno perseguite le relazioni "abusanti", le quali, purtroppo e peraltro, sono frequentissime anche nelle relazioni binarie ed eterosessuali.

Dico questo perché anche da questo sembra talvolta discendere un non altrimenti spiegabile sentimento plurofobo. Certo incide molto l'influenza della religione cattolica, ma non penso che sia solo quello. Tanto è vero che gli omofobi agitano come spauracchio il matrimonio plurale proprio appoggiandosi su un sentimento plurofobo che, evidentemente, è più radicato di quello omofobo, e gli altri invece di denunciarne l'inconsistenza corrono a rassicurarli. Un po' come dire: non pensate che concedere sacrosanti diritti a due significa concederli a tre o concedere sacrosanti diritti alle donne significa concederli pure ai gay. Non penso che discuterne fra noi in un piccolo forum possa andare a minare anche una questione che può essere di opportunità o di tatticismo e che pure capisco...
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Cosa pensa l'arcivescovo Caffarra membro della chiesa cattolica Romana ?

Messaggio da Ray »

L’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra: “I gay sono opera di Satana”

...Caffarra non manca di citare la sua interpretazione del Levitico e di lanciarsi in curiose ricostruzioni storiche riguardo alla sopravvivenza dei popoli: «Gli unici due che hanno resistito lungo millenni sono stati quei due popoli che soli hanno condannato l'omosessualità: il popolo ebreo e il cristianesimo», afferma. Sostiene anche che la fine degli Assiri e dei Babilonesi sia riconducibile all'accettazione dell'omosessualità.

Ma non solo. Il religioso non manca di sostenere che ci sia Satana dietro alla parità di diritti....

http://www.articolotre.com/2015/07/larc ... di-satana/" onclick="window.open(this.href);return false;

Ecco una eccezionale analisi storica ,analisi poi... :piange:
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Le falsificazioni e le varianti involontarie si accumulano man mano che un testo è ricopiato attraverso i secoli. Ogni scriba riproduce gli errori degli scribi precedenti e ne aggiunge di propri. Non possediamo alcun originale dei libri del nuovo testamento, ma neppure copie eseguite direttamente sugli originali, né copie di copie...Bart D. Ehrman
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Interessante anche questo grafico:

Immagine

I TdG sono al primo posto come dimostrazione di intolleranza.

E poi diconono di non essere omofobi...

Fonte: http://tobingrant.religionnews.com/2015 ... us-ruling/" onclick="window.open(this.href);return false;
"Tantum religio potuit suadere malorum".
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Messaggio da Giovanni64 »

Come se non provenissimo da una lunga serie di pronunciamenti di corti formate da omofobi, che fortunatamente stanno per essere messi in minoranza, ora ci dobbiamo anche sorbire il pronunciamento della corte della Columbia Britannica del 2001 formata da plurofobi. Qualche tempo fa ho visto una trasmissione americana con tutta una serie di realtà familiari soprattutto a 3 che non avevano niente da invidiare alle famiglie normali, anzi. Così come la famiglia poliamorosa presentatata dalle iene un paio di anni fa: mi è rimasta impressa la simpatia e la normalità di tutte e tre, specialmente di Elisa, perché in partenza partivo anch'io un po' prevenuto. Se la prendevano ovviamente con la Chiesa per il fatto che non potevano accedere al matrimonio, anche se, secondo me, è la società che ha una parte più o meno estesa omofoba o plurofoba. Magari anche per colpa della Chiesa ma questo è un altro fatto.
Io non capisco che ci guadagna lo Stato: non è infatti che impedendo loro il matrimonio queste persone smettono di amarsi o smettono di essere famiglia di fatto. Solo che sono private dei diritti che hanno le altre persone che si amano, anche perché, oltre ad essere private dell'istituto del matrimonio, devono subire la feroce censura morale della società. E certo Elisa che ha due compagni fissi è una cosa insopportabile per la società. Eppure siamo nel 2015!

Per quanto riguarda la problematica relativa ad alcuni stranieri: è certo che ai nostri occhi alcuni stranieri hanno comportamenti matrimoniali non molto "belli". Ma non è che siccome molti maltrattano le donne (come fanno peraltro anche tanti italiani) dobbiamo impedire loro di sposarsi. Si possono sposare ma devono cercare di rispettare le regole ed i diritti del matrimonio italiano. Questo sia per il matrimonio binario che per quello plurale. L'accoglienza e l'integrazione non può avvenire attraverso il sospetto, l'etichettatura, la proibizione, la messa fuori legge a priori delle loro tradizioni matrimoniali, perché "li conosciamo" e partiamo con pregiudiziali messe apposta per alzare muri e creare barriere. Sono uguali a noi, all'inizio possono sbagliare l'italiano e la lettura delle leggi più di noi, ma non dobbiamo proibire e proibirci delle cose perché abbiamo paura di loro.
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Messaggio da polymetis »

“Ma anche no e lo sai. Non c'è bisogno che ti parli di tomismo analitico (cfr. Micheletti), di metafisica tomista della meccanica quantistica contra il riduzionismo spesso ancora imperante (cfr. Basti), di neuroscienza tomista (cfr. Sanguineti) e di tutto il filone americano neoscolastico (di cui Feser fa parte).”
Beh, c'è anche la società terra piatta per difendere la piattezza del nostro pianeta:
http://www.theflatearthsociety.org/cms/" onclick="window.open(this.href);return false;

Esistere non significa appartenere a questo secolo, e i tuoi amici tomisti non sono di questo tempo.

“Ci hanno fatto pure un seguitissimo reality:
http://www.tvblog.it/post/526587/io-e-l" onclick="window.open(this.href);return false; ... mo-mattino
http://www.ilpost.it/2014/01/14/poligamia/" onclick="window.open(this.href);return false;
http://www.ilmattino.it/primopiano/este" onclick="window.open(this.href);return false; ... 8194.shtml”
Ho letto i primi due link, visto che per principio non leggo giornali destrofili come Il mattino di Napoli. Non ero a conoscenza di questo reality e ne prendo atto. Comunque avevo già accettato di discutere in via ipotetica l'idea di una donna che voglia stringersi in un matrimonio poligamo perché musulmana, dunque allargare il campo ai mormoni non fa grande differenza.
Questi casi comunque confermano una tranche delle mie argomentazioni. Mentre le richieste di poliamore, cioè ognuno dei partner è libero di scegliersi altri amanti, vengono da persone laiche o atee, le richieste di legalizzare matrimoni poligami in cui la donna abbia un solo marito provengono, guarda caso, da comunità religiose. E' una prova abbastanza evidente che queste richieste vengono da donne islamiche o donne di sette mormone fondamentaliste perché queste religioni insegnano una disparità tra uomo e donna che viene introiettata da costoro, che dunque arrivano a rivendicare la propria libertà di mettersi in una situazione di asimmetria rispetto all'uomo.
“Che è un altro caso, questo al di là del fatto che la morale che si basi sulle presunte utilità sociali future di uno stato è quanto meno una morale fortemente debole per non dire inesistente.”
Ma io non sto parlando di morale e non ho mai parlato di morale. Se la domanda è se, qualora legalizzassimo il matrimonio gay, allora dovremmo legalizzare anche la poligamia, la domanda non verte su ciò che è morale ma sul problema se i presupposti giuridici di una legge implichino anche l'altra. Stiamo infatti parlando di cosa andrebbe o non andrebbe “legalizzato”, e come dice la parola, stiamo parlando di un istituto giuridico dello stato.
I giudici della Corte Suprema americana non hanno mica risposto alla domanda se proibire il matrimonio gay fosse immorale, hanno stabilito se fosse o meno incostituzionale. La domanda posta alla corte era la seguente: “Does the Fourteenth Amendment require a state to license a marriage between two people of the same sex?”. La risposta della corte è stata, cito l'ultima riga della sentenza: “They [le coppie gay] ask for equal dignity in the eyes of the law. The Constitution grants them that right”.
Qui la morale non c'entra nulla, se non nella misura in cui, a volte, moralità e legge combaciano. Qui conta solo, e dovrebbe contare anche in Italia se avessimo giudici meno pavidi e democristiani, se una legge che proibisca il matrimonio tra persone omosessuali violi o meno la costituzione. In particolare il XIV emendamento dice che lo Stato non può “deny to any person within its jurisdiction the equal protection of the laws.” Non si possono trattare in maniera diversa situazioni identiche, a meno che non ci sia un preciso interesse dello Stato. Gli avvocati omofobi davanti alla Corte Suprema hanno fallito nel dimostrare sia che le coppie gay abbiano una qualche differenza rispetto alle etero che renda giustificabile che le coppie etero abbiano più tutele, sia hanno fallito nel dimostrare che questa discriminazione sia di qualche utilità per lo Stato.
E' tutto qui: ci vuole una ragione per trattare in maniera diversa, negando dei diritti, due situazioni omogenee, e questo non lo dice la morale, ma la Costituzione. Il resto è irrilevante in questa discussione. La domanda successiva, cioè se legalizzati i matrimoni gay allora dovremmo legalizzare i matrimoni poligami, visto che sempre di “legalizzare” si tratta, cioè di un problema giurisprudenziale, va ugualmente risolto chiedendoci se i principi giuridici che hanno legalizzato il matrimonio omosessuale possano legalizzare il matrimonio poligamico. Il matrimonio gay è stato legalizzato mostrando che non c'erano differenze tra coppie gay ed etero che giustificassero un riconoscimento di diritti maggiore alle coppie etero. Ciò di per sé non prova che lo stesso valga per le unioni poligame, qualora si dimostrasse che 1)Sono diverse dalle coppie a due etero ed omosessuali. 2)Questa differenza faccia sì che vi sia un interesse dello Stato a non legalizzare il loro matrimonio. Ad esempio come dicevo, se le unioni poligame e le coppie eterosessuali fossero diverse, potrebbero esserlo in virtù del fatto che le relazioni poligame e differenza di quelle a due confliggono col principio costituzionale dell'uguaglianza tra uomini e donne, in quanto nel matrimonio poliginico si crea un'asimmetria tra un uomo che può avere più mogli, e una donna non può invece avere più mariti.
Non è rilevante per una discussione della tipologia “se legalizziamo i matrimoni gay, dobbiamo legalizzare i matrimoni poligamici” farci domande del tipo “ma l'uguaglianza tra uomini e donne è un principio vero?”. La domanda se la legalizzazione del matrimonio gay comporti la legalizzazione del matrimoni poligamici non chiede se i principi costituzionali siano veri ma se, dati quei presupposti, la legalizzazione dei matrimoni gay comporti anche quella dei matrimoni poligami. E la risposta può essere no, se si mostra che le due tipologie di coppia sono diverse, e che la legalizzazione di una tipologia non va contro altri principi costituzionali, mentre quella dell'altra sì.
In Italia il discorso va invece attuato partendo dalla Costituzione italiana, e dunque la domanda se la legalizzazione del matrimonio gay comporti la legalizzazione del matrimonio poligamico va fatta ugualmente sulla base della Costituzione italiana. La domanda come ripeto infatti è per sua stessa natura inserita in un ambito legale: non si chiede se sia morale vietare il matrimonio poligamico, ma se la legalizzazione di matrimonio gay comporti la legalizzazione di quello poligamico.
“Certo. ma non si vede perché questa situazione possa essere moralmente inaccettabile visto che, abbiamo visto, la morale si basa sull'utilità di una certa situazione per lo Stato. E cosa c'è di più utile per uno stato se non avere la certezza che una grossa fetta di popolazione è facilmente dominabile poiché cresciuta nella consapevolezza di essere inferiore?”
Veramente è un danno infinito. Ma anche se non fosse un danno, sarebbe incostituzionale sia in America che in Italia. E' un danno perché quanto più gli individui si sentono liberi di fare ciò che vogliono, e non sono costretti a seguire i capricci del marito, tanto più una società evolve (anche a livello meramente economico). Le donne in Arabia stanno a casa a cucire, le nostre concorrono nella nostra società fornendole il loro ingegno, stando nei nostri laboratori, nelle nostre accademie, e sono motivate a fare il meglio perché è una società in cui possono realizzare se stesse e le loro aspirazioni in piena libertà. Il che mi ricorda un po' due cose, il fatto che allorché nel 2004 in Massachusetts fu legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, vi fu una migrazione di cervelli verso quella regione più elevata del solito, dovuta al fatto che banalmente una coppia di scienziati gay ha piacere ad abitare in uno stato che li riconosca, e l'amicus brief indirizzato alla Corte Suprema da vari colossi dell'economia tra cui Apple, Google, Facebook, Disney, Microsoft e altri 300 in cui si diceva alla corte che legalizzare il matrimonio gay avrebbe aumentato il benessere psicologico dei loro dipendenti omosessuali, o, da ultimo, il fatto che nessuno dei maggiori studi di avvocati USA volesse prendersi l'incarico di difendere la discriminazione davanti alla Corte Suprema, sia perché non c'erano argomentazioni credibili contro il matrimonio gay, ma, cosa che più ci interessa in questo frangente, perché nessuno studio se la sentiva di creare un clima di discriminazione verso i propri associati omosessuali se avesse sostenuto la causa avversa al matrimonio gay. Tutto questo per dire che uno stato dove si viene riconosciuti è uno Stato in cui una persona ha voglia di lavorare di più, e questo vale anche per la discriminazione basata sul sesso ovviamente, e per gli immigrati. Le politiche segregazioniste di Salvini &Co. sono quelle che ci producono i terroristi in casa, perché nessuno vuole integrarsi e lavorare per il bene di uno stato che non fa che darti porti in faccia. Invece l'accoglienza, il trattare da eguali, l'emancipazione senza distinzione di sesso, razza, orientamento sessuale, sono tutti fautori di promozione dell'economia. Ecco perché c'è un interesse dello Stato nel fatto che siano i migliori ad emergere, e non quelli che hanno il colore della pelle o il sesso giusto. Ma, come ripeto, tutto ciò è irrilevante. La parità tra uomo e donna è sancita dalla Costituzione, tanto la nostra quanto quella americana, dunque in un dibattito sulla legalizzazione poligamia il problema se questa interferisca o meno con la parità tra uomo e donna non richiede di fondare il presupposto della parità tra i coniugi.
“Ah, questo sarebbe interesse di uno Stato "ideale" che seguisse una morale diversa da quella sopra richiamata, non certo reale e nemmeno uno ideale che cerca suoi vantaggi. per quale motivo ci sarebbe reale interesse a "salvare" una poveretta invece che incitarne la resa? Se uno dicesse di ritenere presumibilmente più vantaggiosa l'idea islamica, come si fa a contrastare queste presunzioni sul futuro?!”
Lo Stato italiano com'è noto per sua Costituzione si impegna a promuovere la parità uomo e donna e a rimuovere gli ostacoli anche sociali che si frappongono a questa emancipazione e autorealizzazione dell'individuo:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” (ART. 3)

Finora mi pare documentato, come del resto faceva notare la Corte Suprema della Columbia Britannica, che queste richieste di matrimonio poligamo con richiesta di monogamia solo per donna vengano da gruppi religiosi intessuti di teologia maschilista come i mormoni che postulano una disuguaglianza tra maschio e femmina. Lo Stato non ha interesse ad avallare queste richieste per i motivi già detti: 1) non deve esporre le ragazze immigrate che vivono in Italia alla possibilità che i genitori insistano con loro per infilarle in un matrimonio poligamo. 2)Avendo lo Stato una Costituzione, e dunque dei principi, non può avallare delle richieste che partono da un'idea di asimmetria tra maschio e femmiona. Ed anzi, vietando queste pratiche deve lanciare un messaggio educativo.
La poligamia poliamorosa invece, che non è un retaggio religioso della superiorità maschile, ma discende al contrario da ideologie libertarie, cioè quella secondo cui anche la donna, una volta sposatasi, potrebbe contrarre più matrimoni, ha gli altri problemi che abbiamo elencato, cioè che non garantisce la stabilità di un nucleo familiare perché una donna deve dividersi su può famiglie, e dunque, se per ipotesi avesse 3 figli da 3 uomini diversi, dovrebbe stare 1/3 della settimana con ciascuno, e se si portasse dietro i figli invece, sarebbero i padri ad esserne privati.
“Come quella uscita dall'illuminismo francese (ahahah) o come quella cristiana (che, ahimé, pretende anche una precisa metafisica)?”
La nostra Costituzione ha una doppia matrice, sia cattolica sia illuminista. La fondazione di questi assiomi è irrilevante, una volta che siano nella Costituzione.
“Ripeto perché dovrebbero essere danneggiate visto che nessuno può con certezza dire che la donna islamica accetti la poligamia "per forza e dovere" e nemmeno che non si possa accettare un "ricatto morale" che non lede in alcun modo (secondo delle prospettive future) lo Stato. Anzi: a ben pensarci, proprio perché siamo andati avanti 2000 anni con una cultura cosiderata "maschilista" (e gli stati ne approfittavano), possiamo dire che cambiare porta ad un futuro incerto. Futuro incerto=possibili svantaggi per lo stato=è necessario chiedersi se tale pratica (abbandonare il maschilismo e la poligamia) sia morale.”
Sappiamo che sono le religioni a spingere le donne a volersi infilare in un matrimonio poligamo in cui esse devono essere monogame perché guarda caso simili richieste non arrivano da nessuna laica ma sempre e solo da questi gruppi. Alla mia argomentazione tra l'altro non occorre che si possa documentare in tutti i casi che le donne accettano sempre il matrimonio poligamo per costrizione, pressione psicologica, o indottrinamento. La letteratura sociologica, cui dà ampio spazio e documentazione la sentenza canadese, mostra che è così per lo più, e ciò è più che sufficiente. Lo Stato infatti dovendo proteggere queste categorie dal danno che deriverebbe loro dalla legalizzazione della poligamia può ben postulare che i pochi casi in cui la volontà non discenda da pressione psicologica siano sacrificabili.
Quanto al vantaggio per lo Stato di abbandonare una cultura maschilista, e di far sì che si entri in un mondo di piena uguaglianza, ho già risposto sopra ed ha già risposto la sentenza della Corte Suprema canadese. Tutti gli indicatori economici dicono che le società poligame sono meno ricche e meno prospere, ma, più in generale, qualsiasi società che non consenta a tutti i suoi membri di partecipare con pienezza alla vita sociale si trova con metà della mano d'opera e del genio motivato all'opera. Non è un caso che l'economia Europa sia schizzata in avanti con la fine dell'Ancien Règime e la promozione di una sempre maggiore mobilità sociale senza barriere di classe.
“E io farei rispondere che lo sono perchè tutti vedono tali nuclei famigliari come dei mostri da contrastare in tutti i modi e perché non ci sono aiuti dallo Stato.
Direbbero: "La colpa non è nostra, della coppia "larga" che scoppia, ma della società che è poligamofoba!"
Tale affermazione sarebbe infondata. Sia perché come si vede nella sentenza della Corte Canadese vengono elencati principi di instabilità del tutto endogeni, tra cui: “Competition for material and emotional access to a shared husband can lead to fractious co-wife relationships. These factors contribute to the higher rates of depressive disorders and other mental health issues that women in polygamous relationships face”, e anche: “These outcomes are likely the result of higher levels of conflict, emotional stress and tension in polygamous families. In particular, rivalry and jealousy among co-wives can cause significant emotional problems for their children. The inability of fathers to give sufficient affection and disciplinary attention to all of their children can further reduce children’s emotional security.”

Nessuno di questi fattori ha un qualche aggancio con l'esteriorità, e il tutto si basa sulla dinamica a tre della relazione. La stabilità della coppia e la salute dei figli è di interesse per lo Stato, e il matrimonio poligamico mina questo interesse. Si noti poi che l'islam, al pari dell'ebraismo, ammettono il divorzio, a differenza del cattolicesimo. Possiamo dunque andare a vedere la durata dei matrimoni islamici anche in stati a cultura maschilista e poligama per escludere ulteriormente, come se quanto già detto non bastasse, che l'instabilità della poligamia dipenda da fattori esogeni poligamofobi.

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Il paradiso delle Sentinelle in piedi c'è - ma funziona?
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Proviamo, per una volta, a non giudicare i progetti delle Sentinelle in piedi dal punto di vista morale, ma solo da quello dell'efficacia: quello che propongono funzionerebbe davvero? Proviamo allora ad immaginare uno stato in cui i loro sogni si realizzino e... Alt! A pensarci bene non serve la fantasia, perché stati così esistono già: niente educazione sessuale nelle scuole, fortissima distinzione tra i sessi, nessun riconoscimento delle coppie omosessuali (anzi!) e politici e media che spingono senza sosta le donne ad abbracciare un modello allo "sposati e sii sottomessa". Ecco a voi gli stati del Golfo. Guardiamo allora più da vicino questi paesi in cui la "famiglia tradizionale", eterosessuale e patriarcale... Come dite? I diritti delle donne... La parità... Eh no, i patti erano chiari! Abbiamo detto niente giudizi etici questa volta: vogliamo solo guardare se il modello funziona, che ci piaccia o no.

E allora guardiamo più da vicino questi paesi in cui la "famiglia tradizionale", eterosessuale e patriarcale, prospera senza le insidie della fantomatica "teoria del gender", in cui le persone fanno la fila per sposarsi e i matrimoni reggono al... Ma insomma, interrompete ancora? E basta! Come dite? Volete i dati? E va bene, aspettate un attimo, eh!

Dunque, dunque... Rimane nubile il 25% delle donne in età da matrimonio in Qatar, il 16% in Arabia Saudita, il 6% negli Emirati Arabi Uniti: numeri ancora inferiori all'Italia (dove comunque la quota è ben inferiore al 30%), ma in costante crescita da anni. Insomma, nel paradiso delle Sentinelle in piedi ci si sposa sempre meno. Ma soprattutto ci si sposa sempre peggio: secondo il Consiglio nazionale federale degli Emirati il tasso di divorzio ha raggiunto quota 70%, stesso dato rilevato in Qatar dal Consiglio demografico permanente. Stupefacente? Beh, tra i giovani con meno di 29 anni i numeri sono ancora più alti [thenational.ae]. In Italia, secondo l'ISTAT, il tasso si ferma al 17%.

I governi del Golfo stanno facendo di tutto per arginare questa crisi della famiglia e del matrimonio, ma, che ti diano un premio se ti sposi o che ti costringano a pagare multe salate se divorzi, non riescono a invertire la rotta e neppure a frenare la fuga dalle nozze. E neppure l'incentivo ai cosiddetti "matrimoni del viandante" [ilgrandecolibri.com] cambia la situazione. Molte donne chiedono il divorzio stanche delle violenze domestiche, la cui paura allontana tante altre dall'idea di sposarsi, ma l'ostacolo principale è un altro: il matrimonio segna troppo spesso un forte limite per la già scarsa indipendenza finanziaria e sociale delle donne, se non la sua fine.

La società evolve e le donne arabe iniziano a conquistarsi, pur a fatica e senza molta visibilità, sempre più spazi di emancipazione economica, lavorativa, intellettuale e morale [ilgrandecolibri.com]. Sulla stampa spuntano testimonianze di donne sposate che si lamentano che potevano spendere i propri soldi più liberamente quando erano nubili o di altre che hanno chiesto il divorzio stufe di mariti che le trattano da inferiori mentre sul posto di lavoro sono rispettate e apprezzate. Insomma, lo "sposati e sii sottomessa", modello antiquato imposto in società in evoluzione, crea l'effetto contrario a quello voluto: le famiglie non si formano e, quando si formano, esplodono più facilmente. Un dato che dovrebbe dar da pensare alle Sentinelle in piedi...

Ma spunti ancora più interessanti li potrebbero trarre dal Bahrein, dove, come ha comunicato il ministro della giustizia Khalid bin Ali Al-Khalifa, "il tasso di divorzio è sceso dal 19,7% del 2010 al 7,9% del 2014". Nel frattempo il numero dei matrimoni è salito del 32% [gulf-daily-news.com]. Come ha fatto il Bahrein a sfuggire al destino del resto del Golfo? Al posto dello "sposati e sii sottomessa" ha scelto una campagna per spiegare che entrambi i coniugi devono vedere riconosciuti i propri diritti e devono prendere le decisioni sulla propria famiglia di comune accordo e che, in fondo, il divorzio non è bello, ma vivere tra continui dissapori e litigi è molto peggio. Siamo ancora lontani dalla parità, ma basta allontanarsi di un passo dai modelli patriarcali tradizionali per vedere rifiorire le famiglie!

Come spiega Faris Al-Yahya, consulente legale del tribunale di Hail, in Arabia Saudita, troppe tradizioni non aiutano le famiglie: "Tutti i matrimoni che hanno come base le tradizioni non dureranno a lungo e alla fine crolleranno e andranno a pezzi" [alarabiya.net]. Le tradizioni possono offrire spunti alle famiglie, ma se vengono usate come strumenti per negare le libertà, per rifiutare l'evolvere della società e per umiliare i sentimenti alla fine danneggiano le famiglie.

Insomma, care Sentinelle, invece di stare ferme in piedi ad assistere all'imputridimento delle vostre famiglie, sgranchitevi le gambe e andate a fare un giro per scoprire la gioia dello stare insieme e nuovi modi di distribuire liberamente i ruoli e i compiti nelle coppie: le famiglie omosessuali sapranno sicuramente insegnarvi molto.
“ma questo è un apriori contemporaneo. Perché si dovrebbe accettare? In base a quale "legge naturale" io devo postulare che la disparità di trattamento tra uomo e donna non solo è inaccettabile ma perfino immorale? Forse perché lo dicono tutti e la maggioranza fa la forza? Ah, d'accordo. D'altra parte è perfettamente coerente con il relativismo.”
No, è un apriori del diritto positivo, e si deve accettare perché banalmente stiamo discutendo se, data la legalizzazione del matrimonio omosessuale, ne debba discendere la legalizzazione del matrimonio poligamico. Non sono interessato a discutere se esista una legge naturale che vieti la disparità uomo-donna perché è del tutto irrilevante. Fatto sta che, stante la verità che nella nostra Costituzione non è possibile possibile formulare un contratto che postuli la disparità uomo donna, nessuno potrebbe formulare un contratto matrimoniale in cui una donna abbia diritto ad un solo marito e un marito a più mogli. Oltre perché una richiesta simile viene da ambienti religiosi maschilisti che non si può avallare, per il semplice fatto che non è possibile fare una cosa simile così come non è possibile vendersi come schiavi. I propri diritti costituzionali non sono alienabili per contratto.
“Ah, d'accordo. D'altra parte è perfettamente coerente con il relativismo.”
Ma chi ha mai sostenuto una posizione relativista? Ho forse detto che tutti hanno ragione? Nel movimento di liberazione gay non c'è nessuna concessione alle ragioni dell'altro, si sostiene anzi che i veri principi non negoziabili non siano quelli di Ruini, ma quelli del movimento di liberazione gay, così come prima né neri né donne hanno accettato mediazioni prima di giungere alla piena uguaglianza giuridica. Faccio mia una citazione, del tutto anti-relativista, tratta dal Sentiro dei nidi di ragno di Calvino, dove due partigiani istruiti discutono tra di loro su quale sia la differenza tra coloro che si battono nelle milizie partigiane e coloro che si battono nella brigata nera fascista:
Ferriera mugola nella barba: “Quindi, lo spirito dei nostri… e quello della brigata nera… la stessa cosa?…”

“La stessa cosa, intendi cosa voglio dire, la stessa cosa…” Kim s’è fermato e indica con un dito come se tenesse il segno leggendo; “la stessa cosa ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini del Dritto [un capo partigiano N.d.R.], quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.”

Calvino dice qualcosa del tutto anti-relativista e che faccio mio: “Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato.” Quando la Corte Suprema canadese che ho citato condanna la poligamia, perché perpetua l'inferiorità femminile, o quando la Corte Suprema Usa distrugge i divieti dei matrimoni gay perché distruggono la dignità delle persone omosessuali, non lo fa mica partendo da un punto di vista relativistico. No, è l'esatto contrario, è il punto di vista che dice: noi siamo la civiltà, voi la barbarie. E' noto che noi di sinistra e occidentali abbiamo sempre avuto questo senso di superiorità intellettuale, e siccome nella storia abbiamo sempre avuto ragione, e le battaglie contro cui la destra ci ha sfidato le ha sempre perse, riuscendo al massimo a ritardarci di qualche decennio, si può ben dire che siamo i leader di questi sviluppo occidentale.
In questo caso la rivendicazione della piena uguaglianza giuridica non ha bisogno di invocare una fondazione delle proprie idee, che infatti viene cercata da vari pensatori in maniera diversa, dal diritto naturale alla teologia di liberazione gay. Ma in sede giuridica, sono discorsi irrilevanti: il fondamento sta nella Costituzione.
“esatto! Come può cambiare idea mia moglie in questo momento o il partner di un omosessuale in un altro. Se cambia idea una moglie di un matrimonio poliginico (o il marito di un poliandrico!) questo significa che può benissimo chiedere il divorzio e i figli nati dal matrimonio con il primo marito (o adottati fra loro due) dovranno seguire né più né meno le stesse regole degli altri”
Non è la stessa cosa, per i motivi già detti: lo stato non può permettere di formulare un contratto che sia in partenza discriminatorio. Nel caso di una coppia etero od omosessuale che divorzia, i due coniugi sono parificati, il che è diverso dal caso di un contratto che parta dall'inizio formulando una condizione di disparità tra uomo e donna. Dunque lo Stato se lagalizza la poligamia dovrà farlo sul modello poliamoroso, ma questo modello avrebbe gli altri problemi che si sono già visti, cioè lo sfaldamento dei nuclei familiari e la minore presenza dei genitori presso i figli.
“(vanno di solito ocn la madre, alimenti and so on).”
Uhm non più. Proprio per correggere la stortura dell'affidamento prioritario alla madre s'è fatta una riforma nel 2006 (la legge 54/2006) che prevede come l'affidamento congiunto debba essere, se possibile, la prima scelta da valutare.

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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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Messaggio da minstrel »

polymetis ha scritto:La fondazione di questi assiomi è irrilavante, una volta che siano nella Costuzione.
Molto bene, prendo atto.
Grazie Poly per la disputa.
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Messaggio da polymetis »

Preciso, come già spiegato, che è irrilevante solo all'interno della disputa "se legalizziamo i matrimoni gay, dobbiamo legalizzare anche la poligamia?", perché la domanda di che cosa sia legalizzabile in un determinato sistema di diritto ha come referente ultimo la Costituzione. Poi se vogliamo aprlare di cosa sia morale, il discorso è di natura del tutto diversa.
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