Apocatastasi e dintorni........

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Vieri
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Apocatastasi e dintorni........

Messaggio da Vieri »

Un grazie a Valentino.....

Ragazzi non sto scherzando e Valentino, invece di essere spesso polemico facendo arricciare subito il pelo senza poi spiegare gli argomenti anche per “i non addetti ai lavori”,... probabilmente troveremmo non dico dei punti di intesa ma sicuramente di dialogo.

L'ultima volta in corpo grande mi aveva postato queste parole che sicuramente aveva ripreso dal sito:

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e che poi gentilmente ha anche segnalato.
Il fatto è che la Bibbia è colma di passi contraddittori e per questo richiede un’idea superiore con cui leggerla, come da subito intuirono i Padri della Chiesa e come invece purtroppo oggi si tende a ignorare. Il che significa che ciò che realmente guida la lettura della Bibbia è la teologia che sta nella testa dell’interprete. Alla Bibbia si richiamano tutti: ortodossi, luterani, calvinisti, anglicani, valdesi, mormoni, testimoni di Geova, battisti, avventisti del settimo giorno, metodisti, cattolici e molti altri ancora, senza che essa sia in grado di produrre unità. E così è stato sempre nella storia della Chiesa, dove non è sorta eresia senza i suoi solidi fondamenti biblici.
Avevo risposto inizialmente che avevo gli occhiali per leggere anche in corpo normale, e per me rappresentavano una ovvia osservazione e chiuso il discorso.

Poi avendo tempo sono voluto andare a leggere praticamente tutto l'articolo “IL PROBLEMA DELL’APOCATASTASI” (di Vito Mancuso) che onestamente mi ha affascinato.

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L'idea di aprire un altro argomento mi sembrava logica dato che sul precedente trhead saremmo andati sicuramente fuori tema.

Cercando di fare una “opera buona”, dato che l'articolo è molto lungo e complesso mi sono permesso di riprendere i punti principali pregando successivamente chi aveva approfondito meglio tali scritti in precedenza, di fornire possibilmente le loro spiegazioni e correggere eventuali personali fallaci osservazioni.
Grazie.....
IL PROBLEMA DELL’APOCATASTASI” di Vito Mancuso

Apocatastasi (greco: ἀποκατάστασις, apokatástasis) è un termine dai molteplici significati a seconda degli ambiti (principalmente religiosi e filosofici) in cui è usato. Letteralmente significa "ritorno allo stato originario", "reintegrazione".[1

Anche se permangono alcune incertezze, nel cristianesimo dei primi secoli il principale sostenitore dell'apocatastasi è considerato Origene di Alessandria.[1][5] Secondo Origene, alla fine dei tempi avverrà la redenzione universale e tutte le creature saranno reintegrate nella pienezza del divino, compresi Satana e la morte: in tal senso, dunque, le pene infernali, per quanto lunghe, avrebbero un carattere non definitivo ma purificatorio. I dannati esistono, ma non per sempre, poiché il disegno salvifico non si può compiere se manca una sola creatura: "Noi pensiamo che la bontà di Dio, attraverso la mediazione di Cristo, porterà tutte le creature ad una stessa fine" (De principiis, I, IV, 1-3)

La dottrina dell'apocatastasi venne accolta da altri padri orientali fra cui Gregorio di Nissa, ma la sua affermazione come "dottrina certa" fu condannata come eresia nel V Concilio ecumenico, il Concilio di Costantinopoli del 553:[6]

In seguito si ritrova comunque, in varie forme, in diversi teologi e pensatori anche cattolici (senza che nessuno di essi fosse dichiarato eretico o scomunicato), tra cui Giovanni Scoto Eriugena o, in tempi più recenti, Friedrich Schleiermacher, Karl Barth, Hans Urs von Balthasar, Adrienne von Speyr, Adriana Zarri, Paolo De Benedetti, Luigi Lombardi Vallauri, Vito Mancuso. Tra le correnti religiose, l'apocatastasi è vicina alle idee dell'Anabattismo e dell'Universalismo. ..
Chi è Vito Mancuso
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Dal 2013 al 2014 è stato docente di "Storia delle Dottrine Teologiche" presso l'Università degli Studi di Padova[1]. È stato docente di teologia presso la Facoltà di filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele[2] di Milano dal 2004 al 2011. Dal 2009 collabora con il quotidiano La Repubblica[3] .
Nato il 9 dicembre 1962 a Carate Brianza da genitori siciliani, è dottore in teologia sistematica. Dei tre gradi accademici del corso teologico, ha conseguito il Baccellierato presso la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale di Milano, la licenza presso la Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale San Tommaso d'Aquino di Napoli, il dottorato a Roma presso la Pontificia Università Lateranense.
Nei suoi scritti Vito Mancuso dichiara di non accettare alcuni dogmi della fede cattolica: l'origine dell'anima come creata direttamente da Dio al momento del concepimento umano senza nessun concorso dei genitori; il peccato originale come stato di inimicizia con Dio nel quale nasce ogni essere umano a causa del peccato di Adamo; la risurrezione dei corpi nel giorno del giudizio universale e la loro sussistenza eterna; la dannazione eterna dell'Inferno come insuperabile stato di inimicizia in cui sono destinate irrimediabilmente separate da Dio le anime e i corpi dei malvagi. .
Origene, ovvero rigoroso teocentrismo
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Il termine greco apocatastasi, che significa ristabilimento o reintegrazione, viene dalla filosofia stoica e indica il compiuto movimento dell’essere che, una volta uscito dal logos-fuoco (così gli Stoici parlavano, molto appropriatamente, dell’energia) al divino logos-fuoco ritorna, per poi ricominciare un nuovo ciclo vitale, nell’eterno ritorno di ogni cosa.
Tale visione deriva da una necessità cosmologica e teologica, esprime cioè il perfetto compiersi del divino disegno dell’essere, che, se un ente non raggiunge il fine per cui è stato posto, si deve logicamente ritenere non compiuto. E per questo motivo che gli Stoici coniarono il concetto di reintegrazione finale o apocatastasi, per sostenere che tutto si ricostituirà esattamente com’era all’inizio. E la logicità del cosmo divino che l’impone.
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Il punto è piuttosto la definitiva sovranità di Dio sulla totalità dell’essere. Il problema non è antropologico, cioè come sarà possibile che tutti gli uomini si possano salvare, ma è prettamente teologico, cioè come sarà possibile che Dio possa essere veramente Dio, cioè sovrano e signore su ogni minimo aspetto dell’essere, visto che, scrive Origene, “egli ha fatto tutte le cose perché esistessero, e ciò che è stato fatto per esistere non può non esistere”. Tutte le cose significa anche il Diavolo, che per Origene si convertirà e sarà reintegrato, e con lui ovviamente tutti i dannati.
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E’ importante sottolineare che per Origene l’Inferno c’è, ed è anche bello, con tutte le sue pene e i suoi infelici abitatori, solo che non è destinato a rimanere per sempre. Esso in quanto baluardo dell’ultimo nemico, sarà distrutto, con la particolarità che il Diavolo “sarà distrutto non per non esistere più, ma per non essere più nemico e morte”. Se la reintegrazione è davvero tale, essa deve valere anche per il Diavolo e i dannati, in quanto anch’essi sono creature di Dio e il disegno divino non si può compiere se ne manca anche una sola all’appello. Del resto, non è propriamente questo il ragionamento di quello strano pastore che lascia le novantanove pecore per andare a cercarne una sola smarrita? Per uno che ragiona così, novantanove è uguale a uno.
Ne deduco quindi che secondo questa dottrina Dio è talmente buono che non si può permettere di non salvare tutti ( come il buon pastore che va alla ricerca della pecorella smarrita) e che alla fine anche i malvagi potranno avere una possibilità di salvezza uscendo dall'inferno
L’incomprensione di Agostino

Nella sua “disputa pacifica” con Origene, Agostino mostra di non cogliere per nulla il punto sollevato dal teologo alessandrino, ricondotto da lui “all’errore della misericordia di coloro che per umano affetto ritengono temporale l’infelicità degli uomini che sono stati condannati”. Anche poco più avanti Agostino dice di Origene e dei suoi seguaci che “evidentemente li muove soltanto un’umana misericordia verso gli uomini”, terribile pericolo da cui Agostino si teneva a distanza col suo considerare l’umanità “massa dannata”.

Non avendo compreso in modo corretto il punto sollevato da Origene, Agostino risponde semplicemente presentando due passi biblici, il primo dei quali è il testo in cui Cristo dice ai malvagi “via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il Diavolo e i suoi angeli” (Matteo 25 , 4 1), mentre il secondo è il passo dell’Apocalisse dove si parla dello “stagno di fuoco e zolfo” e si dice che i dannati vi “saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli” (Apocalisse 20, 10).

Non ci sono dubbi che i due testi biblici affermino l’eternità delle pene infernali, e questo basta ad Agostino per concludere che “poiché la vita eterna dei santi sarà senza fine, senza dubbio non avrà fine nemmeno il castigo eterno per coloro ai quali toccherà”.
Occorre notare che a questo riguardo Tommaso d’Aquino riprenderà pressoché letteralmente le argomentazioni di Agostino contro Origene”

Come pensare il compimento finale del disegno di quel Dio che va alla ricerca dell’unica pecorella, e se ne sta sulla soglia nell’attesa del figlio? Come pensare, visto che c’è un’alfa e un omega del tutto, che la pienezza del principio corrisponda alla pienezza della fine? La teoria dell’apocatastasi non nasce dalla tenerezza del cuore, come erroneamente ironizzava Agostino, ma dalla potenza sistematica della mente.
Pare qui che Sant'Agostino non sia d'accordo e che se uno è "santo" o "malvagio", lo sarà per l'eternità....
La condanna dell’apocatastasi da parte della Chiesa

La Chiesa ha seguito Agostino e ha condannato Origene, dichiarando eretica la teoria dell’apocatastasi. La condanna formale si ebbe nel 543, dopo oltre tre secoli dalla pubblicazione del De Principiis che è del 220. Il fatto è che le idee origeniane non avevano mai cessato di essere fatte proprie da molti cristiani, soprattutto da quelli più sensibili alla dimensione spirituale. Fu contro alcuni monaci origenisti provenienti da Gerusalemme che si rivolse nel 543 l’editto dell’imperatore Giustiniano, il quale l’anno prima aveva composto ad versus Origenem con un elenco di nove proposizioni desunte dalla lettura del De Principiis e dichiarate eretiche.
Quindi la Chiesa cattolica condanna origene e la sua dottrina e chi è all'inferno ci deve rimanere.....
L’apocatastasi nella teologia protestante contemporanea
L’ antica e ripetuta condanna magisteriale dell’apocatastasi non ha impedito alle più alte intelligenze teologiche, attratte dallo splendore della verità più che dalla pedissequa obbedienza, di essere sempre affascinate dalla densità teologica di questa dottrina. Come sottolineato, nell’apocatastasi non sono tanto in gioco sentimenti misericordiosi (sebbene, almeno così mi sembra, questi non siano vietati a un cristiano) quanto il punto di vista rigorosamente teocentrico che concerne l’esito del progetto divino alla base della creazione.
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Tutto il senso dell’evento di Cristo si spiega per Barth in prospettiva soteriologica, come dispiegamento della redenzione universale: “Credere in Gesù Cristo significa non poter più considerare come perduto nessuno di coloro che Dio ha consegnato alla sua collera”. Barth conosce il Dio capace di ira, non lo riduce a un sentimento compagno di viaggio incapace di severità, solo che tra l’ira divina e gli uomini che ne sono oggetto egli pone l’insuperabile barriera costituita dall’evento del Golgota.
In esso Gesù Cristo diviene “il riprovato per eccellenza”, perchè nessuno più, grazie a lui, lo possa essere. Persino per un caso limite come quello di Giuda Iscariota, il peccatore per eccellenza collocato da Dante tra le fauci di Satana, Barth afferma che vi è una luce e una speranza”. Cristo è colui che toglie interamente il peccato del mondo.
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Una cosa è certa: non è dato alcun diritto teologico di porre, da parte nostra, qualsivoglia limite alla bontà di Dio verso gli uomini che si è manifestata in Gesù Cristo. Il nostro impegno teologico è quello di vederla e di comprenderla come sempre più grande di quanto la vedessimo e comprendessimo in precedenza.
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Von Balthasar, grande amico di Barth, non esita a “smascherare” la teoria barthiana, dicendo che, sebbene Barth non usi il termine, la sua teologia è una chiara affermazione dell’apocatastasi.
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 .....egli scrive che il motivo più profondo per accettare l’idea dell’apocatastasi sembra a me il fatto che ogni cristiano deve essere consapevole di aver portato il peccato del mondo e perciò di essere legato alla colpa dell’umanità intera e di averne sulla propria coscienza le colpe. Non è concepibile una giustificazione e santificazione dell’uomo, se non gli è consentito avere la certezza che Dio trae a sé insieme con lui anche tutti quelli della cui colpa egli è responsabile
Secondo i protestanti se ho ben capito tutti gli uomini nascono peccatori e dato che poverini loro "questa colpa" se la sono trovata addosso, alla fine Dio sarà anche misericordioso con tutti non mandandoli all'inferno o solo mandandoli per un certo tempo.....Ho capito bene?
Apocatastasi nella teologia ortodossa contemporanea

Anche in Bulgakov è per una rigorosa e sistematica causa teologica che si pone l’apocatastasi non per un superficiale buonismo. Poi continua: “Ciò può avere come effetto che Satana diventi consapevole della propria impotenza e che quindi. . . si converta” (i puntini di sospensione sono dello stesso Bulgakov). La conclusione è stringente:
La potenza della redenzione o della salvezza è invincibile e irresistibile, in quanto dono della divinizzazione mediante l’incarnazione di Dio. E in questo senso si può in effetti identificare la redenzione e l’apocatastasi.
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Gli istinti di vendetta e di crudeltà hanno condotto gli uomini a costruire un’escatologia crudele e vendicativa. . . nemmeno l’Apocalisse cristiana è libera dall’escatologia di vendetta. Dante ne è stato ispirato. Si è persino costruita una dottrina sulla gioia dei giusti nel cielo alla vista dei supplizi comminati nell’Inferno ai peccatori… La dottrina dell’Inferno eterno è un dualismo senza uscita, assoluto, e comporta una sconfitta fatale non solo dell’uomo ma soprattutto di Dio, una sconfitta nella creazione del mondo, una sconfitta non nel tempo ma nell’eternità.
Qui chiedo lumi poiché mi sembra che anche gli ortodossi ti mandino all'inferno per sempre ma con qualche critica a Dio nella creazione del mondo o sbaglio?
L’apocatastasi nella teologia cattolica contemporanea

Per quanto concerne i teologi cattolici io annovero tra i sostenitori dell’apocatastasi lo svizzero Hans Urs von Balthasar, teologo universalmente noto per la monumentale trilogia teologica in sedici volumi
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 Per quanto egli si sforzi di essere equilibrato e di mantenere il dogma dell’eternità dell’Inferno, chi legge si rende conto con facilità che il cuore di von Balthasar è ultimamente a favore della prospettiva universalistica, al punto che “non è consentita la disperazione a riguardo di un solo peccatore, e ciò ha valore anche per Giuda”. Se il valore sotteso alla dannazione eterna è la salvaguardia divina della libertà umana, von Balthasar osserva che “gli uomini non sono liberi all’infinito” ma, aggiunge citando la mistica Adrienne von Speyr che fu il punto di riferimento del suo pensiero, “sono liberi all’interno della più grande libertà dell’uomo (come suppone la dannazione eterna), ma alla libertà di Dio che vuole realizzare il suo progetto di vita per tutti.

Dove comunque emerge in piena evidenza il favore che von Balthasar accorda alla dottrina della salvezza universale è nella critica alla dottrina del “doppio esito del giudizio finale” che egli giustamente riconduce ad Agostino, colpevole per von Balthasar di aver “ridotto la speranza cristiana al solo soggetto che spera, così che non sarebbe possibile sperare per altri e per la loro salvezza”.
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E qui che con maggiore chiarezza von Balthasar ha cercato di risolvere i problemi insolubili legati alla dannazione eterna mediante l’ipotesi dell’Inferno vuoto. E vero che egli attribuisce ad altri tale espressione che anzi sembra non gradire affatto (“Inferno vuoto, che razza di espressione!”), però nella sostanza è esattamente quanto afferma egli stesso quando polemizza contro coloro ai quali attribuisce il concetto di “Inferno popolato” o “Inferno pieno”.

La sua soluzione consiste nell’ammettere la realtà dell’Inferno come concreta possibilità per la libertà umana e al contempo nel ritenere più conforme al Cristianesimo, stante la volontà salvifica universale di Dio, la speranza di salvezza per tutti gli uomini, arrivando quindi a ipotizzare un Inferno necessariamente vuoto.
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Io mi chiedo, però, qual è la differenza sostanziale tra un Inferno vuoto e la teoria dell’apocatastasi, e non ho altra risposta se non“nessuna differenza”. Anzi, è molto probabile che Agostino avrebbe accusato von Balthasar di essere ancora più pericolosamente misericordioso e amico degli uomini di Origene perchè almeno questi faceva trascorrere ai malvagi un lungo e doloroso periodo di tempo nell’Inferno prima di iniziare l’ultima purificazione in vista della restaurazione finale, mentre von Balthasar (costretto dal voler rimanere fedele al dogma dell’eternità dell’Inferno) per ottenere la salvezza universale deve necessariamente pensare l’Inferno senza nessun abitante, vuoto, e quindi finisce per collocare tutti i malvagi direttamente in Purgatorio.

Tale idee elaborate dalla tradizione, e che oggi ripugnano alla coscienza spirituale oltre che al comune buon senso, vengono presentate in questo modo da von Balthasar:
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Che Dio raggiunge il suo scopo anche allorquando per mezzo dell’Inferno viene glorificato non il suo amore ma la sua giustizia. Oppure che egli continua ad amare eternamente i dannati, cosa che precisamente costituisce la loro pena. Oppure che egli sì li ama, ma non ha alcuna compassione per loro e anche a quelli che sono beati presso di Lui vieta di avere una simile compassione. Oppure, con Tommaso d’Aquino, che in Cielo non si può essenzialmente avere più alcuna compassione, poiché compassione presuppone una partecipazione al dolore dell’oppresso, cosa che diminuirebbe la beatitudine.
Qui onestamente sono un po' confuso fra l'inferno vuoto e quello "abitato"......si conferma allora la pena eterna? attendo lumi...penso proprio di si e l'invenzione del purgatorio alla fine penso che "salvi capra e cavoli"...... :sorriso:

Intermezzo sul pensiero di Sant'Agostino
Ancora più critico il monaco benedettino Evangelista Vilanova, il quale nella storia della teologia scrive che Agostino “ha introdotto fede cristiana il dualismo manicheo” e che il suo “pessimismo universale è una posizione indifendibile”.
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A più riprese nel De civitate Dei Agostino afferma che “tutta la stirpe umana è stata condannata”, che gli esseri umani sono irrimediabilmente cattivi, e che ciò “proviene dalla lue dell’errore e dall’amore perverso con cui nasce ogni figlio di Adamo”.
Quando nostro padre e nostra madre ci hanno generato unendosi sessualmente, hanno posto in atto un amore perverso, amor perversus. Quando noi abbiamo generato i nostri figli, abbiamo posto in atto un amore perverso. Siamo contaminati dal male fin dall’istante del concepimento, avvenuto mediante un amore concupiscente, in balìa del piacere, lussurioso, perversus. Questo insegna Agostino, e questo la dottrina della Chiesa ha ereditato da lui mediante il dogma del peccato originale.
De civitate Dei Agostino
Agostino afferma che la vita umana è dominata dall'alternativa fondamentale tra il vivere secondo la carne e il vivere secondo lo spirito, avendo quindi un'alternativa. Quest'ultima si svolge e divide in due città: la Civitas Terrena, ossia la città della carne, la città terrena, la città del diavolo, fondata da Caino che è Babilonia e la Civitas Dei, ossia la città dello spirito, la città celeste fondata da Abele. Importante notare anche la simbologia scritturistica in cui Caino è un contadino e in quanto tale strettamente legato alla terra, la deve far sua per avere da essa un guadagno; Abele invece è un pastore, sfrutta la terra ma non vi è legato in quanto passa sulla terra e non si stanzia, tende, per un certo verso, a una meta più ambita e fruttifera: il cielo.
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Ne viene per Agostino che il destino degli uomini è segnato fin dall’inizio ed è uno solo, la dannazione. Il peccato del primo uomo grava su tutti e non c’è alcuna via di scampo, se se solo per noi. Da questa massa dannata, però, la mano misericordiosa di Dio trae alcuni uomini, gli eletti, predestinandoli alla salvezza. Con quale criterio? Nessuno. Non c’è nessun criterio oggettivo a presiedere questa scelta, c’è solo la grazia assoluta, completamente gratuita, che sarebbe limitata se fosse vincolata a una qualsiasi oggettività.

Coloro che sono stati eletti non hanno alcun merito, godono solo di una fortuna immensa, così sfacciata, che forse sarebbe il caso di chiamarla con quel modo poco raffinato, ma abbastanza espressivo, che si usa di solito nell’italiano di tutti i giorni per casi dei genere. Qualcuno è in grado di intravedere anche solo una qualche lontana connessione col Dio quale Logos, di cui parla ripetutamente Benedetto xvi?
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Dio, nelle sue imperscrutabili vie, predestina alcuni traendoli dalla massa dannata, ma per la restante maggioranza dell’umanità non rimane altro che l’Inferno. Agostino, infatti, non ha dubbi che “molto più numerosi saranno i dannati”. A tutto ciò non c’è alcun rimedio, al punto che “se la Chiesa conoscesse con certezza chi sono quelli che, benché ancora in vita, sono stati predestinati al fuoco eterno con il Diavolo, non pregherebbe per essi”. E interessante notare che in questo passo Agostino sostiene una diretta predestinazione alla dannazione (predestinati sunt in aeternam ignem ire cum diabolo), teoria ripetutamente ribadita dai ferventi agostiniani dei secoli successivi come Calvino e Giansenio, pur nella loro diversità, e però sempre condannata dai Magistero.

Ciò non impedì tre secoli dopo ad un monaco tedesco fervente agostiniano, Godelasco, di riprendere la teoria della doppia predestinazione, per essere pure lui condannato nell’853 dal sinodo di Quiercy. Nel Decreto sulla giustificazione del Concilio di Trento nel 1547, vi sono due canoni contro la teoria della doppia predestinazione, allora insegnata da Giovanni Calvino.

Nel Decreto sulla giustificazione del Concilio di Trento nel 1547, vi sono due canoni contro la teoria della doppia predestinazione, allora insegnata da Giovanni Calvino. Uno di essi, il 17, dice: “Se qualcuno afferma che la grazia della giustificazione viene concessa solo ai predestinati alla vita e che tutti gli altri sono bensì chiamati ma non ricevono la grazia in quanto predestinati al male per divino volere: sia anatema".

Sul tema della, predestinazione al male ne è rimasto vittima lo stesso Tommaso d’Aquino, come risulta da un brano della Summa contra gentiles in cui egli sostiene esplicitamente la teoria, ripetutamente condannata dal Magistero già prima di lui, della doppia predestinazione.

Scrive Tommaso:
È necessario che la suddetta distinzione tra gli uomini sia stata predisposta da Dio fin dall’eternità. Di coloro che egli ha preordinato dall’eternità di guidarli all’ultimo fine, si dice che li ha predestinati. . . Di coloro, invece, ai quali dall’eternità egli dispose di non dare la grazia, si dice che li ha riprovati, oppure che li ha odiati.
Dubbi e domande in merito:
Riprendendo sopra:

"Agostino afferma che la vita umana è dominata dall'alternativa fondamentale tra il vivere secondo la carne e il vivere secondo lo spirito, avendo quindi un'alternativa. Quest'ultima si svolge e divide in due città: la Civitas Terrena, ossia la città della carne, la città terrena, la città del diavolo, fondata da Caino che è Babilonia e la Civitas Dei, ossia la città dello spirito....".

Oltre a questo pare che ci sia una categoria di "eletti" che vanno in Paradiso mentre per altri.....poichè la salvezza eterna non spetterebbe a noi ma a Dio stesso....ma se non mi sbaglio non è questo un concetto protestante ?
Mi date spiegazioni?

Posso sbagliarmi ma questo dualismo fra due mondi o due "città" e l'idea del peccato nel compiere l'atto sessuale lo ritroviamo nelle dottrine eretiche dei catari o albigesi, o mi sbaglio?

Ma che teorie professava allora questo santo che affermava delle eresie?
La dottrina dualistica degli albigesi (Catari)

I catari diffusero nel basso Medioevo, e in particolare tra il 1150 e il 1250, un'eresia dualista che si fondava essenzialmente sul rapporto oppositivo tra materia e spirito. La dottrina catara fu assimilata al suo apparire a quella del manicheismo e dei bogomili dei Balcani: con questi ultimi tuttavia aveva molti punti in comune. Le derivazioni gnostiche, manichee, pauliciane e bogomile dei catari erano forse giunte fino in Europa all'inizio del XII secolo, tramite l'Impero bizantino e i Balcani o tramite i crociati e i pellegrini che tornavano dalla Terra Santa: i fedeli catari erano infatti detti anche "bulgari".

Appoggiandosi ad alcuni passi del Vangelo, in particolare quelli in cui Gesù sottolinea l'irriducibile opposizione tra il suo regno celeste e il regno di questo mondo, i catari rifiutavano del tutto i beni materiali e tutte le espressioni della carne. Professavano un dualismo in base al quale il re d'amore (Dio) e il re del male (Rex mundi) rivaleggiavano a pari dignità per il dominio delle anime umane; secondo i catari, Gesù avrebbe avuto solo in apparenza un corpo mortale (docetismo).

Essi svilupparono così alcune opposizioni irriducibili, tra Spirito e Materia, tra Luce e Tenebra, tra Bene e Male, all'interno delle quali tutto il creato diventava una sorta di grande tranello di Satana (una sorta di Anti-Dio diverso dalla concezione cristiana) nel quale il Maligno irretiva lo spirito umano contro le sue inclinazioni rette, verso lo Spirito e verso il Tutto. Lo stesso Dio-creatore dell'Antico Testamento corrispondeva al Dio malvagio, a Satana.

Basandosi su questi principi rifiutavano il consumo dei cibi di carne e delle uova ma anche il coito: il sesso era infatti considerato cosa tanto malefica che perfino il matrimonio era per essi peccaminoso poiché serviva solo ad aumentare il numero degli schiavi di Satana
Stiamo per finire....
Annichilazione oppure apocatastasi?

L’apocatastasi suppone l’esistenza dell’Inferno e del Diavolo in esso solo che li pensa giustamente e logicamente nel tempo e quindi assegna loro, così come alla dannazione meritata dai malvagi, un termine. A un certo punto essi dovranno essere reintegrati nell’essere e nella sua positività, perché si compia il progetto divino di essere tutto in tutti, la ricapitolazione di tutte le cose. Questa prospettiva sostiene che, mentre il Paradiso rappresenta da subito l’ingresso nell’eternità, l’Inferno, al contrario, rappresenta uno stadio in cui si rimane legati nella maniera più dolorosa, al tempo.

La seconda prospettiva, da me sostenuta nel mio libro precedente, prevede per chi muore nel peccato contro lo Spirito la dissoluzione dell’anima, la morte definitiva e irreversibile. Questa visione sostiene che l’anima umana può morire, lo può nella misura in cui cade preda del disordine totale, il quale si esprime come devozione verso il male assoluto e odio verso il bene. L’anima che odia l’ordine ottiene il conseguente destino senza ordine, e quindi la disgregazione della sua preziosa energia personale. L’Inferno è il simbolo vuoto di questo oscuro destino.

Quale tra queste due teorie è più rispondente al vero?
A favore dell’annichilazione

A favore dell’annichilazione vi è il fatto che ottiene il medesimo risultato della dannazione eterna, cioè la reale punizione dei malvagi, senza cadere nelle aporie di quest’ultima. La dissoluzione dell’anima, infatti, non comporta la distruzione dell’energia divina che l’aveva resa possibile, ma solo la distruzione della configurazione che tale energia aveva assunto, cioè della coscienza personale scaturita dalla storia della libertà a cui l’energia aveva dato luogo. 

Quella stessa energia, una volta persa la configurazione personale, andrà a costituire altri esseri, stelle, piante, animali, e chissà che altro. Non si tratta della metempsicosi, perché la psyche, l’anima, la forma corporis, non c’è più.
 
La teoria della dissoluzione dell’anima, che esclude l’eternità dell’Inferno, non porta in alcun modo a negare la terribile serietà di ciò di cui l’Inferno è simbolo.

L’inferno si può razionalmente pensare come morte dell’anima, di cui la dannazione eterna coi diavoli e le fiamme di fuoco è un simbolo ingenuo, ma autentico. Quando muore un essere umano che ha peccato contro lo Spirito, esso viene definitivamente dissolto come principio personale, è la morte della sua anima, la scomparsa definitiva dell’Io

Ciò che la dottrina intende con pena del danno va inteso nel senso che la pena è tale da comportare l’annullamento definitivo di chi la subisce. 
A favore dell’apocatastasi

Vi sono argomenti, però, anche a favore dell’apocatastasi. Il primo di essi è l’esplicita volontà salvifica divina di essere universale. Dio salva tutti. Solitamente, si spiega la cosa in termini di misericordia. Ma non è così. Non si tratta di misericordia nel senso che Dio chiude un occhio, si pente, si impietosisce, si commuove, magari per l’intercessione della Madonna più tenera di lui (questa immagine di un Dio inflessibile e duro che viene placato dalla tenerezza femminile rimanda più alla sociologia delle famiglie patriarcali di un tempo che alla verità della riflessione teologica

Quando si parla della misericordia di Dio non la si può contrapporre alla sua giustizia, ma la si deve pensare insieme alla giustizia, come la stessa cosa della giustizia. La giustizia è uguale alla misericordia, e la misericordia è uguale alla giustizia

Ciò che per l’uomo immerso nel tempo è necessariamente separato, per l’eterno non lo è. La giustizia equivale alla misericordia e viceversa, nel senso che Dio esercitando la misericordia resta semplicemente fedele a se stesso, cioè alla sua natura essenziale di essere atto d’essere, principio della vita, donatore dell’esistenza, fonte dell’energia. Il giudizio divino sarà comunque finalizzato alla vita, perché Dio non conosce altro mestiere se non dare la vita.
Di fronte all’antinomia
Vi sono ragioni a favore dell’apocatastasi e quindi della salvezza universale, e ve ne sono a favore della morte dell’anima come annichilazione e quindi della salvezza non universale. Essendo però teorie tra loro contraddittorie, il pensiero non è soddisfatto e si chiede a quale delle due debba aderire, o se vi possa essere una possibilità di conciliarle. 
CONCLUSIONI dell'autore

Se mi domandi: “Allora ci saranno le pene eterne?”, risponderò: “Sì”. Ma se mi domandi: “Ci sarà una reintegrazione universale nella beatitudine? “ risponderò ancora una volta: “Sì”. Abbiamo una tesi e un’antitesi le quali sole possono soddisfare allo spirito e alla lettera della Sacra Scrittura e allo spirito degli scritti patristici. Ma di fronte all’antinomia è necessaria la fede.

Pur ammirando la profondità del pensiero, io tuttavia non riesco a comprendere quale beatitudine possa spettare a un essere umano la cui coscienza e il cui carattere sono stati dannati, non riesco a pensare una situazione nella quale una parte dell’anima venga sottoposta alle pene eterne e un’altra viva nella beatitudine, una situazione non dissimile da quella evocata già da sant’Ambrogio quando diceva in un commento a un salmo che “il medesimo uomo verrà salvato per una parte e verrà condannato per un’altra”. Mi è del tutto impossibile raffigurarmi quale beatitudine si possa dare nella reintegrazione universale per un essere umano la cui personalità brucia ininterrottamente nel fuoco eterno
.

Mie conclusioni di un povero cristianuccio......

A parte aver scoperto un sacco di cose interessanti mi sono detto:

- Dal punto di vista personale cattolico:

Ma era proprio il caso di spendere studi, discussioni e vite intere in questi ragionamenti senza poi avere nessuna certezza e nessuna verità poichè alla fine chi muore (degli umani) non è mai tornato indietro per raccontare poi che fine abbia fatto.....per dirci poi come stiano effettivamente le cose ?.... :ironico:

Quindi, io credo nella misericordia del Signore che nonostante i miei peccati cerchi di accogliermi nell'ultimo strapuntino dell'"ovile"...ma con la "porticina stretta" chiusa alle spalle..... :santo: :sorriso:

Per le altre "categorie".... sono liberi a questo punto di pensarla come vogliono ......basta che si comportino bene con il sottoscritto... :santo: :risata: :risata: :risata:

PS. visto che ho messo la mia buona volontà, nel riprendere questa "pappardella",prego "non sparare sul pianista" e di darmi una mano nel capire meglio questi studi ...
:grazie: buon ferragosto....
:salame:
Presentazione
Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente.
Bertolt Brecht
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