Sana & le altre: “La nostra lotta per l’indipendenza

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Sana & le altre: “La nostra lotta per l’indipendenza

Messaggio da Vieri »

Sana & le altre: “La nostra lotta per l’indipendenza
Cosa pensano le giovani pakistane di seconda generazione che si trovano a dover conciliare fede musulmana e quotidianità nei Paesi occidentali?
http://www.lastampa.it/2018/05/11/socie ... agina.html" onclick="window.open(this.href);return false;

Sana l’hanno uccisa. È stata strangolata così forte dalle mani del padre che le hanno procurato la frattura di alcune ossa del collo e infine la morte. Se dall’inizio della storia sulla morta di Sana Cheema, era doveroso usare il condizionale seppur erano presenti molti elementi per dubitare di quella morte “naturale”, oggi invece arriva la conferma definitiva sull’ omicidio. .

Sana Cheema era una giovane di origine pakistana ma era anche italiana. La sua integrazione era donna, una ribellione troppo sfrontata e di rottura di equilibri solidi seppur ingiusti. L’acquisizione della sua libertà e indipendenza economica, non le sono bastate per sfuggire alla barbarie di una morte crudele. Il suo corpo come sacrificio per sfamare retaggi culturali che si mischiano e rafforzano con interpretazioni religiose patriarcali e misogine difficili da estirpare. Sana Cheema, come Hina Saleem o Sanaa Dafani; le vittime del patriarcato misogino - che si mimetizza dietro l’alibi di culture, tradizioni e interpretazioni religiose differenti - in realtà ha un’unica ossessione: possesso e controllo della donna, dove nel momento in cui viene meno, solo la morte più violenta e brutale riesce a soddisfare.

Ma cosa ne pensano alcune giovani pakistane che vivono in Italia? E’ la domanda che si sono fatti in molti. La condanna sull’omicidio di Sana e la solidarietà è certamente arrivata e in varie forme, ma non basta per comprendere e approfondire ciò che si cela dietro alla storia di Sana, di una comunità complessa ma solida dentro un recinto di regole usi e costumi nel quale risulta difficile uscirne fuori e dove il collante principale rimane - dai numerosi racconti - la propria visione dell’Islam.

Nitasha Afzal, 20 anni, è arrivata in Italia quando ne aveva solo 5. Oggi si è trasferita in Inghilterra per proseguire i suoi studi, e nella conversazione via Wathsapp è un fiume in piena: “Quello che è successo a Sana è terribile - dichiara- Io stessa ho vissuto molta violenza da parte di mio padre. Ho avuto paura che mi uccidesse e ho pensato io stessa di ucciderlo per vedere finita la mia agonia e quella di mia madre, oggetto delle sue vessazioni, violenze fisiche e psicologiche - si sfoga. Era ossessionato dal controllo e dal dominio. Voleva che pregassimo e basta. Aveva un rapporto ossessivo con la religione. oltre che con noi. Non voleva che terminassi i miei studi, ma che vivessi segregata in casa. Ho dovuto fare una lunga battaglia per liberarmi e liberare mia madre e i miei fratelli dal suo giogo. Non vive più con noi perché lo abbiamo minacciato di denunciarlo ai servizi sociali e alla polizia che in Inghilterra è molto più attenta. Oggi studio e lavoro per mantenermi. Siamo tutti impegnati per essere indipendenti. l’indipendenza economica è fondamentale ed era anche quella che imprigionava mia madre e noi”.

Nitasha Afzal, racconta di aver scelto di trasferirsi in Inghilterra, confermando un trend portato avanti da molti altri pakistani che dall’Italia sono emigrati una seconda volta nel Regno Unito, non solo per “università migliori” per il futuro dei figli ma anche perché in Inghilterra c’è una piccolo Pakistan fatto di comunità che si auto-organizza per sviluppare e mantenere le proprie usanze anche lontane dal paese di origine. All’apice, l’ insegnamento della lingua, cultura e religione attraverso centri e congregazioni che tengono vive le tradizioni di provenienza. “In Italia questo è più difficile - e noi ci teniamo molto alle nostre specificità, racconta”.

Una delle specificità è anche il difficile superamento dei matrimoni combinati. Quelli poi con non musulmani è la linea rossa da non superare, chiedo a Nitasha: “Sì è vero, ma io intanto posso studiare, posso mettere non mettere il velo, esco anche con le mie amiche e alcune volte posso fare tardi all’ università studiando senza che mio fratello abbia nulla da dire. Sul matrimonio si vedrà, ma sicuramente è impensabile che io possa sposare una persona non musulmana perché la mia religione lo vieta e una scelta del genere non mi escluderebbe solo dalla mia religione ma anche dalla mia famiglia.”

Questa regola, così come altre sembra tenere molto ad ascoltare le diverse voci di ragazze pakistane, seppur nate e cresciute in Italia. Non c’è alcuna alternativa e nel momento in cui- come molte dicono - c’è di mezzo la religione, l’islam ( almeno secondo la interpretazione che a queste ragazze viene tramandata), non vi è possibilità alla trasgressione, che si paga con il ripudio e l’allontanamento dalla comunità. Punto.

Raccontare che vi sono altri paesi musulmani, dove non vi sono condanne così rigide verso i matrimoni misti, sino ad arrivare al caso tunisino, dove solo quest’anno sono anche legalmente permessi i matrimoni tra donne tunisine e “non musulmani” senza alcun pregiudizio o condanna, per molte ragazze pakistane non è contemplato, come se effettivamente vi sia una specificità pakistana e il resto conta solo nella narrativa. Le voci e le storie delle dissidenti ci sono ma sono coperte dall’anonimato la sofferenza e solidarietà da dichiarare a bassa voce perchè l’intransigenza delle regole riguardo ai matrimoni misti sono chiare e rappresentano ancora un muro invalicabile per molte.

Sana Aziz, 25 anni, proveniente anche lei da Gujrat come Sanaa Cheema e molti altri immigrati pakistani, anche lei fa parte della seconda generazione cresciuta sin da bambina in Italia. Studia all’università di Bologna e in Pakistan ci sarà andata al massimo cinque volte. Il suo futuro lo immagina soprattutto qui in Italia. E’ stata l’unica della famiglia a proseguire gli studi universitari. Simbolo ancora una volta di un percorso nuovo per queste giovani che per portarlo avanti fanno molti sacrifici.

“ Per mantenermi gli studi sono obbligata anche a lavorare , svolgere il servizio civile, e partecipare a borse di studio, perché ho perso mio padre qualche anno fa. Riconosco il fatto che rispetto a molte famiglie pakistane io ho avuto la fortuna di avere un padre molto vicino e comprensivo e il rispetto per la donna era fondamentale. I miei stessi genitori erano sposati per amore - racconta -.

Con loro c’è stato molto dialogo. Le mie scelte sono state tutte discusse. Mia madre veste alla pakistana, mentre io non ho voluto mettere il velo se non per un solo anno e questa scelta è stata graduale e non di scontro. fondamentale il rispetto reciproco perchè sono molto riconoscente verso i miei genitori e ho rispetto della mia cultura di origine. Certo, provo anche a fargli capire che io sono anche italiana ma riconosco i limiti da non superare. Sono pakistana italiana e musulmana credente. Non ho difficoltà a portare avanti questa mia identità mentre conosco storie di sofferenza di molte ragazze che vivono nell’ipocrisia perchè non c’è dialogo e c’è chiusura con i genitori, segregazione, senza la minima possibilità nemmeno allo studio.”

E se dovessi innamorarti di un italiano? “ Non penso di correre questo rischio - mi risponde Sana - adesso sono concentrata sullo studio ma conoscendomi, è più probabile che io mi innamori di una persona con il mio stesso background culturale e religioso. E poi la mia religione non lo permette e io sono una credente che rispetta la propria religione.”

Come dire, la vera conquista per queste giovani pakistane cresciute in Italia è già non vedersi sposate ancora minorenni ma tirare un sospiro di libertà sui libri nelle università, lavorare per la propria indipendenza, non essere obbligate a portare il velo, innamorarsi e scegliere il futuro sposo tra la comunità e non attraverso un matrimonio combinato. Se per noi è la normalità per loro è già è una conquista.

L’amore, frutto della contaminazione, quello misto e fuori dall’islam è ancora un frutto mortale. Una linea rossa che conoscono molto bene tutte con le sue conseguenze, dal ripudio alla violenza. Per questo, sono in molte a non contemplarla nemmeno, quasi fosse una disgrazia da evitare con consapevolezza e decisione, pur se inizia a scricchiolare una piccola minoranza, che paga sempre un prezzo troppo alto. Sana Cheema si aggiunge alla lista perché ha rifiutato un matrimonio combinato.
Per me la religione non deve rappresentare una "oppressione" per dover sempre rispettare regole e precetti assurdi ma "liberazione" dell'uomo nell'amore e nella condivisione e noto in questa semplice osservazione molte differenze ......
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deliverance1979
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Messaggio da deliverance1979 »

Nel momento in cui una religione si manifesta come rivelata, poi, il passo per imporre ogni minimo dettaglio comportamentale agli individui che la compongo è breve.

Il meccanismo che avviene in molti culti, o per eccessiva pressione psicologica dei vertici come nei TDG o per ignoranza come per molte altre religioni, alla fine impongono all'individuo uno stile di vita ideale ai precetti religiosi.

Per questo motivo, se vogliamo prendere l'esempio dei TDG, l'applicazione ossessiva delle scritture bibliche (testi di 2000 - 3500 anni fa) ad ogni aspetto della vita, a momento persino il gesto di pulirsi il c..o al bagno, fanno si di far vivere il fedele in un mondo pieno di regole su come dovrebbe o non dovrebbe comportarsi il cristiano in funzione delle norme bibliche.
E più si cerca di rispettare tali norme nella vita, più si sarà riconosciuti come cristiani eccellenti, meno lo si farà, e più si è visti come gente di "collo duro".

Quindi, oltre a tutte queste regole e regolette c'è anche la pressione psicologica di cosa pensano o dicano gli altri.

La stessa identica cosa accade per altre fedi con i loro bizzarri credi, dogmi, leggi e via dicendo che impongono al vero fedele di conformarsi sempre e comunque a quanto stabilito dalla famosa "rivelazione" di questo o quel profeta, maestro, guru e via dicendo...

E' la religione in se che non funziona....
« Senza aver visto la Cappella Sistina non è possibile formare un'idea apprezzabile di cosa un uomo solo sia in grado di ottenere. »
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Ciao Deliverance....

Messaggio da Vieri »

deliverance1979 ha scritto:Nel momento in cui una religione si manifesta come rivelata, poi, il passo per imporre ogni minimo dettaglio comportamentale agli individui che la compongo è breve.

Il meccanismo che avviene in molti culti, o per eccessiva pressione psicologica dei vertici come nei TDG o per ignoranza come per molte altre religioni, alla fine impongono all'individuo uno stile di vita ideale ai precetti religiosi.

Per questo motivo, se vogliamo prendere l'esempio dei TDG, l'applicazione ossessiva delle scritture bibliche (testi di 2000 - 3500 anni fa) ad ogni aspetto della vita, a momento persino il gesto di pulirsi il c..o al bagno, fanno si di far vivere il fedele in un mondo pieno di regole su come dovrebbe o non dovrebbe comportarsi il cristiano in funzione delle norme bibliche.
E più si cerca di rispettare tali norme nella vita, più si sarà riconosciuti come cristiani eccellenti, meno lo si farà, e più si è visti come gente di "collo duro".

Quindi, oltre a tutte queste regole e regolette c'è anche la pressione psicologica di cosa pensano o dicano gli altri.

La stessa identica cosa accade per altre fedi con i loro bizzarri credi, dogmi, leggi e via dicendo che impongono al vero fedele di conformarsi sempre e comunque a quanto stabilito dalla famosa "rivelazione" di questo o quel profeta, maestro, guru e via dicendo...

E' la religione in se che non funziona....
Mi sei piaciuto e concordo con te al 95 % e precisamente "quasi" fino all'ultimo rigo.....ma certamente NON l'ultimo rigo....

Se leggi bene, nelle mie conclusioni precedenti avevo scritto che la religione deve essere elemento di "liberazione" e non di "oppressione" e su tali parole permetti alcuni distinguo poichè la religione cattolica, anche se in passato era stata molto più rigida nel rispetto di alcune regole, NON ha mai raggiunto livelli di integralismo fino a questo punto.
Oggi in particolare, 21° secolo ritengo che le differenze tra altri culti in tema di libertà personali si siano anche maggiormente accentuate.
Non facciamo pertanto di tutta l'erba un fascio....
Buona giornata
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