ortodossia vs primato della chiesa romana

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teodoro studita
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In questa tua replica non hai minimamente tenuto conto delle osservazioni che avevo esposto nei post precedenti e che rendono la tua tesi non così "pacifica" come tu la vuoi far passare.
Certo, e né per caso né per omissione dolosa, ma per una precisa scelta che implica una netta critica al tuo metodo. Ciò che io sto facendo è rimettere quelle citazioni di 4-5 parole nel loro contesto nativo per capire realmente a cosa alludono. I frullati di pseudocitazioni e pastiche da manuali dell'ultramontanismo li lascio volentieri ad altri, a me (e spero a tutti) interessa sapere le cose come stanno, e per farlo le fonti vanno lette seriamente, non con citazioni smontate e rimontate artificiosamente ad usum delphini, che è ciò che ab initio stai facendo tu.

Per lo specifico caso della XIII,49(50) ciò di cui mi accusi è completamente difettoso dal punto di vista metodologico. Io ho letto quella lettera nel suo contesto nativo, quello cioè del blocco delle epp. XIII,47-50 e tu mi rimproveri di non aver letto quella singola frase alla luce delle altre mezze citazioni a mozziconi che ancora non abbiamo né visto nel dettaglio né contestualizzato. Menomale che non l'ho fatto, perché altrimenti avrei agito come uno sciocco e come un incompetente. Prima si leggono le fonti nella loro interezza, le si ricolloca nel loro contesto, e poi possiamo dare giudizi di merito. Allo stato dell'arte l'esame delle tue "citazioni" 3.30, 5.44 e 13.49(50) non ha evidenziato nulla che possa lasciare intendere quanto il tuo repertorio proponeva, il che ci obbliga a verificare puntualmente ogni sillaba, perché è chiaro l'intento di piegare le fonti a finalità che non hanno a che fare con la storia.

In quest'ottica vado avanti poco per volta, leggendo queste fonti nella loro interezza e nel miglior testo critico possibile (ricordiamoci che il pericolo di forgeries è sempre dietro l'angolo). Solo alla fine di un serio esame delle fonti si potrà tracciare una sintesi su quale fosse effettivamente la visione ecclesiologica di Gregorio Magno, quale la sua concezione del primato e del suo esercizio nel sistema pentarchico.
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E vabbè, lo abbiamo capito che la lettera e quelle che l'accompagnano riguardano una questione spagnola (del resto, anche io ho, nel frattempo, letto le medesime e mi sono pertanto accertato della cosa), la quale, in ottica pentarchica, comunque sarebbe stata di pertinenza del Vescovo di Roma in quanto Patriarca d'Occidente. Sta di fatto, però, che in tutto il suo epistolario Gregorio non fa mai riferimento a questa sua carica di responsabile della Chiesa d'Occidente ma parla sempre della Chiesa di Roma come quella che presiede “tutte” le Chiese, senza mai fare accenno ad eventuali limitazioni territoriale di suddetta autorità. In più, come dicevo, mi pare che Gregorio quando parla di “patriarchi”, in tutto il suo epistolario, lo fa sempre e comunque in riferimento ai quattro patriarchi orientali della pentarchia. Ergo, dato il climax ascendente del contesto in cui la “citazione” è inserita e venendo la sede apostolica, che viene descritta come colei che sta a capo di tutte le Chiese, dopo i “patriarchi”, è molto più probabile che Gregorio in questa stia parlando di un primato di Roma in senso generale più che in senso territoriale (a meno di non supporre che qui il medesimo per “patriarchi” non intendesse i patriarchi locali, il che sarebbe un unicum in tutto l'epistolario del Nostro, e non dare alcun peso al succitato climax ascendente che culmina proprio nella frase presa in esame).

PS
Come pensavo di aver chiarito, non ha senso accusare l'autore del mio repertorio di citazioni, il Dudden, di ultramontanismo, in quanto questi non era nemmeno un cattolico, bensì un pastore anglicano, accademico oxoniense e cappellano di Re Giorgio V. Semplicemente il Dudden, che conosceva bene tutta l'opera di Gregorio, estrapolò una quarantina di citazioni dalle sue lettere (io qui non ne ho riportate che alcune e nemmeno le più "scottanti") onde illustrare la sua posizione a riguardo del ruolo e della dignità del Vescovo di Roma in seno alla Chiesa. Il Dudden non aveva nessun interesse, in quanto anglicano, a dipingere Gregorio per un fautore del primato di Roma, questi si è limitato a descrivere le cose in modo obiettivo (non nascondendo, anzi, un filo di polemica verso l'ultramontanismo e facendo vedere come le posizione di Gregorio fosse molto lontana da questo). Domani, tempo permettendo, posterò la scansione di tutto il capitolo del secondo volume dello studio di questo autore dedicato a Gregorio, quello in cui questi si occupa della polemica sul titolo di "Patriarca Ecumenico" e del concetto che Gregorio aveva sul ruolo della sede apostolica all'interno della Chiesa.
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teodoro studita
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Ho finalmente trovato il tempo (sarò molto impegnato fino alla fine dei giugno) per vedere altre due delle citazioni che avevi proposto e che secondo te in qualche modo illustrerebbero una visione del primato di Gregorio che possa giustificare quella attuale.
Era questa, da V,37, il contesto è la disputa sul titolo di "universale" con cui si faceva chiamare il patriarca di Costantinopoli e contro il quale Gregorio protesta:

“Cunctis ergo euangelium scientibus liquet quod uoce dominica sancto et omnium apostolorum principi petro apostolo totius ecclesiae cura commissa est. Ipsi quippe dicitur: petre, amas me? Pasce oues meas. Ipsi dicitur: ecce satanas expetiit cribrare uos sicut triticum; et ego pro te rogaui, petre, ut non deficiat fides tua; et tu aliquando conuersus confirma fratres tuos. Ipsi dicitur: tu es petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praeualebunt aduersus eam; et tibi dabo claues regni caelorum, et quodcumque ligaueris super terram, ligatum erit et in caelo, et quodcumque solueris super terram, soluta erunt et in caelo. Ecce claues regni caelestis accipit, potestas ei ligandi et soluendi tribuitur, cura ei totius ecclesiae et principatus committitur”


Si tratta di una serie di rimandi neotestamentari ai principali passi dove Pietro appare in primo piano (i consueti Gv 21 e Mt 16), ma tu -o la tua fonte- hai interrotto l'ultima frase a metà (in perfetto stile WT!), dove dice proprio: "et tamen universalis apostolus non vocatur", cioè nonostante tutte queste cose che lascerebbero immaginare un qualche ruolo principale di Pietro sugli altri apostoli, "tuttavia l'apostolo non viene chiamato universale". Guarda come quattro parole alla fine di una frase rovesciano il senso del discorso. Abbiamo già visto questo modo di fare, e infatti è da un pezzo che non mi meraviglio.
Dopo questa frase papa Gregorio rinforza l'argomentazione che sta costruendo e aggiunge, sdegnato: "Quis iste est qui contra statuta evangelica, contra canonum decreta novum sibi usurpare nomen praesumit?Utinam vel sine inminutione unus sit, qui vocari appetit universus", cioè :"Chi è mai questi che contro i princìpi evangelici, contro i decreti dei canoni, ha la presunzione di arrogarsi un nuovo nome? Magari ci fosse uno che senza violazione (dei santi canoni, ndr) agognasse di farsi chiamare universale!", e segue ovvio l'ironico rimando ai Patriarchi di Costantinopoli eretici Nestorio e Macedonio. Segue il noto passo per cui un patriarca non si può chiamare universale perché se questi cade in eresia, ipso facto anche tutta la Chiesa cade con lui e dunque "si astenga il cuore dei cristiani da una simile blasfemia"

C'è ora l'altra riga che avevi citato:

“Certe pro beati petri apostolorum principis honore per venerandam chalcedonensem synodum romano pontifici oblatum est.”

Stesso registro della citazione precedente, e infatti anche qui la frase successiva è misteriosamente omessa: il seguito dice che nonostante a Pietro fosse stato tributato un particolare onore, nessuno ha mai acconsentito a che qualcuno potesse definirsi universale, e giù con le ovvie citazioni bibliche contro i superbi e chi si esalta.

Come si vede, dunque, ciò che emerge anche da questa fonte è l'esatto contrario di ciò che vorresti dimostrare. Qui Gregorio non sta difendendo il suo diritto ad avere un ruolo principale e universale sulla Chiesa e sugli altri Patriarchi, ma si sta scandalizzando e protestando formalmente con l'Imperatore Maurizio che qualcuno, cioè il Patriarca di Costantinopoli, si faccia chiamare "universale", dal momento che a nessuno è lecito farlo. Gregorio fornisce anche la motivazione: neanche a Pietro, per la saldezza della cui fede aveva pregato lo stesso Gesù, è stata data questa prerogativa, perché se esistesse un Patriarca universale (cioè al di sopra degli altri patriarchi e con un ruolo primaziale su tutta la Chiesa) se per ipotesi questi venisse meno alla retta fede, allora con lui cadrebbe l'intera Chiesa, e questo è da scongiurarsi ad ogni costo, nonché da evitarsi a prescindere in quanto blasfemo (parole sue).

_______________________________

Giunti fino a qui, prima di andare avanti con le altre fonti, facciamo un piccolo riassunto su quelle che abbiamo già ri-contestualizzato.

3,30. Si riferisce a un caso particolare di Milano e Genova, non alla chiesa universale => non c'entra col nostro discorso
5,44. Non si riferisce alla Chiesa universale => non c'entra col nostro discorso
13,49 Si riferisce a un caso particolare spagnolo => non c'entra col nostro discorso
5,37 Nessun vescovo può definirsi "universale", neanche lo stesso Pietro => questo è decisamente contro il primato come esercitato nel II millennio, non certo pro

Ne mancano ancora 5 da vedere, ma se sono tutte estrapolate dal loro contesto come le prime 4 per fargli dire ciò che non dicono non sarà difficile risolvere la questione.
A presto,
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Teodoro ha scritto:
Si tratta di una serie di rimandi neotestamentari ai principali passi dove Pietro appare in primo piano (i consueti Gv 21 e Mt 16), ma tu -o la tua fonte- hai interrotto l'ultima frase a metà (in perfetto stile WT!), dove dice proprio: "et tamen universalis apostolus non vocatur",
Guarda che la citazione gioca a favore e non contro il primato di Pietro (al cui successore, si dice testualmente, è stata affidata la cura di TUTTA LA CHIESA). Forse, però, a te la cosa sfugge perché leggi tutto con i paraocchi. Qui non ci sono sono tagli alla WTS, perché quello che conta qui è proprio quanto Gregorio sta dicendo a riguardo delle prerogative del vescovo di Roma come successore di Pietro (che non a caso egli chiama il Principe degli Apostoli). La lettera è legata alla polemica sul titolo di “universale” che si era attribuito il vescovo di Costantinopoli. Come sanno tutti (tranne te, a quanto pare), Gregorio rifiuta questo titolo perché per lui “universale” vuol dire “unico”. Qui sta proprio dicendo, per ridurre il suo discorso in soldoni: nemmeno al successore di Pietro, al quale spetta la cura di tutta la Chiesa, può essere detto “vescovo universale”, figuriamoci se può essere detto “vescovo universale” quello di Costantinopoli (che è sottomessa a Roma, come viene testualmente affermato nell'epistola 9.26).
Stesso registro della citazione precedente, e infatti anche qui la frase successiva è misteriosamente omessa: il seguito dice che nonostante a Pietro fosse stato tributato un particolare onore, nessuno ha mai acconsentito a che qualcuno potesse definirsi universale, e giù con le ovvie citazioni bibliche contro i superbi e chi si esalta.
Ma lo leggi quello che scrivo?
Citando questo brano avevo asserito:

“Qui Gregorio si riferisce al fatto che il titolo di "vescovo universale" fosse stato offerto al Romano Pontefice per il legame particolare che questi aveva con Pietro (a cui era stata concesso il potere su tutta la Chiesa). Non sembra, in effetti, che il Concilio in oggetto avesse offerto un tale titolo al Papa di Roma, quello che conta, però, in questo contesto, è il legame speciale che Gregorio vede tra il Vescovo di Roma e l'apostolo Pietro, tale da far sì che le prerogative del secondo si riflettano sul primo.”

Il discorso è sempre quello: se il titolo di “vescovo universale” non spetta al vescovo di Roma che è il successore del Principe degli Apostoli, quello a cui è stata demandata la cura di TUTTA LA CHIESA, non può certamente spettare al vescovo di Costantinopoli!


3,30. Si riferisce a un caso particolare di Milano e Genova, non alla chiesa universale => non c'entra col nostro discorso
Errato. Gregorio non usa mai l'espressione “universale” se non intendendola in senso negativo (vedi la succitata equivalenza tra “universale” ed “unico”). Qui Gregorio parla di tutta la Chiesa, senza che l'espressione possa farci presupporre che con quel “tutta” egli volesse intendere “una parte” della Chiesa (quella occidentale). Ergo, è necessario forzare la lettera del testo presupponendo che Gregorio usasse questa espressione avendo in mente un significato diverso (e, in un certo senso opposto a) da quello letterale per potervi leggere quello che vi vuoi leggere tu.
5,44. Non si riferisce alla Chiesa universale => non c'entra col nostro discorso
Idem con patate croccanti.
13,49 Si riferisce a un caso particolare spagnolo => non c'entra col nostro discorso
Come ampiamente spiegato, Gregorio quando usa l'espressione “patriarca” in tutto l'epistolario lo fa sempre in riferimento ai patriarchi orientali della pentarchia (non chiamando mai se stesso patriarca). Perché la tua lettura fosse giusta, bisognerebbe supporre che in questo contesto (discostandosi dall'uso che del termine questi fa sempre in tutte le altre lettere) qui con il termine “patriarca” Gregorio voglia intendere i patriarchi locali (e saremmo, come dicevo, al cospetto di un unicum nell'epistolario gregoriano) e, in più, parlando di “tutte le Chiese” voglia sottintendere un “d'Occidente” che nel testo non appare. Non si diceva una volta che l'ipotesi più semplice quella più probabile?
5,37 Nessun vescovo può definirsi "universale", neanche lo stesso Pietro => questo è decisamente contro il primato come esercitato nel II millennio, non certo pro
Al contrario. Un vescovo non può definirsi “universale” (che, come detto, per Gregorio sta per “unico”): nemmeno Pietro, a cui spetta la cura di TUTTA LA CHIESA (non della sua porzione occidentale), può definirsi “vescovo universale”, figuriamoci se questo titolo può spettare al vescovo di Costantinopoli!

Comunque, le citazioni del “papista” Dudden (che, come ho spiegato, era di confessione anglicana e, pertanto, al di là di ogni sospetto relativamente ad eventuali tendenze ultramontane) sono almeno un quarantina. Io qui ne ho riportate, come dicevo, solo alcune... e nemmeno delle più scottanti.
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Caro Trianello, inizierei da questo
Qui non ci sono sono tagli alla WTS
Strano, perché hai citato un intero paragrafo tagliando l'ultima frase a metà proprio quando Gregorio diceva che nessun vescovo può dirsi universale, potrei ammettere che si è trattato di una bizzarra svista (non aspettare neanche il punto è un po' strano) se non fosse che accade la medesima cosa nella citazione seguente, dove ometti la breve frase successiva che ripete lo stesso concetto.

Ora, indipendentemente dalla tua ermeneutica di questa fonte che da storico e filologo posso permettermi di ignorare, ciò che risulta evidente è che se nessun vescovo può dirsi universale (a maggior ragione quello di CP, è vero!) analogamente neanche il vescovo di Roma può farlo. Infatti, citando Gregorio, "neanche l'apostolo Pietro è detto universale". Mi chiedo come questo assioma così insistentemente tracciato da questo santo Padre possa affermare un'ecclesiologia del primato universale, come quella da Gregorio VII in poi.
Riguardo alle altre fonti viste fin'ora, le ho già discusse e a me pare indiscutibile che in nessuna appare un riferimento a una presunta autorità del papa di Roma su tutte le Chiese (il che farebbe di lui un vescovo universale, cadendo sotto il suo stesso anatema), ma si tratta sempre di casi all'interno del suo territorio canonico. Basta leggere le epistole per intero per afferrarlo immediatamente.
Inoltre, mentre tu stabilisci sulla base di una precomprensione anacronistica che gli ipotetici privilegi di Pietro siano automaticamente trasferiti al suo successore, o meglio al solo suo successore della sede romana (perché in linea strettamente logica il successore di Pietro per antonomasia è il Patriarca di Antiochia), Gregorio non fa nulla di tutto ciò, dove mai direbbe: «successore di Pietro, al quale spetta la cura di tutta la Chiesa» ?? Sono parole tue o di Gregorio?
Ora, i "paraocchi" sono semmai quelli che isolano una frase dal suo contesto per fargli affermare ciò che non dice, o in alcuni casi il contrario di ciò che dice. Io cerco di attenermi a ciò che dicono le fonti, non interpolando o inventando di sana pianta come pure vedo fare continuamente. Vediamo dunque dove Gregorio si definisce «il successore di Pietro, al quale spetta la cura di tutta la Chiesa», attendo con fiducia.
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Caro Teodoro, a parte il fatto che ignori tutto il fulcro del discorso consistente nel fatto che Gregorio non nega la validità del titolo “universale” per un vescovo non perché neghi il primato di un vescovo sugli altri, ma (come ho già detto e come sanno tutti, tranne gli storici ed i filologi evidentemente … ma a questo punto temo che noi si dia accezioni differenti a questi termini) perché per lui “universale” sta per “unico”. Quello che Gregorio scrive (ed il “nasconderti” dietro i titoli di storico e filologo non serve a far cambiare il senso logico del suo discorso) è proprio quello che sto dicendo io: se il titolo di “vescovo universale” non spetta al successore di Pietro non spetta a nessuno. Ergo, il successore di Pietro è il più importante degli apostoli.
Ho tagliato l’ultima frase proprio perché in questo contesto non c’entra. La questione relativa al titolo di vescovo universale è diversa da quella relativa al primato della sede apostolica su tutta la Chiesa.
Venendo all’interrogativo che poni, poi, nella lettera V, 37, parlando di Pietro, principe degli apostoli, egli scrive: “cura ei totius ecclesiae et principatus committitu” e poco sotto dice “Certe pro beati petri apostolorum principis honore per uenerandam chalcedonensem synodum romano pontifici oblatum est.” Ciò è segno evidente che Grgorio dà per un dato acquisito che la potestà concessa da Cristo a Pietro su tutta la Chiesa oggi spetti al suo successore, il vescovo di Roma, al quale (secondo Gregorio, che qui, evidentemente si rifà una qualche fonte spuria) il Concilio per questo voleva concedere il titolo di “vescovo universale”… titolo che fu rifiutato perché il vescovo di Roma, pur essendo il “primo” dei vescovi non è l’"unico" vescovo (proprio come Pietro, pur essendo il Principe degli apostoli non era l'unico apostolo).
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Non so da dove cominciare, ma direi dal fatto che non hai risposto affatto alla domanda. Io infatti chiedevo dove Gregorio:

1) definisca se stesso "successore di Pietro"
2) dica che al successore di Pietro spetta "cura e principato" di tutta la Chiesa

Perché a me pare che questi brani si riferiscano a Pietro come viene presentato nei vangeli (infatti ciò che precede sono citazioni verbatim dal NT, non ad un suo successore.
Trianello ha scritto:Gregorio non nega la validità del titolo “universale” per un vescovo non perché neghi il primato di un vescovo sugli altri
Naturalmente in una Chiesa disciplinata dal sistema pentarchico, è pacificamente ammessa una gerarchia anche nei ranghi episcopali: corepiscopi - vescovi - metropoliti - patriarchi. Certo non è questo il punto.
ma perché per lui “universale” sta per “unico”.
E da dove lo evinci? A me sembra piuttosto che per universale intenda un dominio primaziale sull'intera Chiesa (universa Ecclaesia), non solo in fatto di territorio canonico, ma anche di fede. Infatti l'esempio di Macedonio e Nestorio è per dimostrare che se esistesse un personaggio in grado di cambiare da solo la fede di tutta la Chiesa al primo capriccio, con lui cadrebbe tutta la Chiesa. Guarda caso è esattamente il sistema di Pio IX, in cui il papa da solo può fare ciò che la somma di tutti i vescovi del pianeta non può, cioè cambiare la fede. Il santo padre Gregorio rifiuta questa possibilità come totalmente inaccettabile, ed io con lui.
se il titolo di “vescovo universale” non spetta al successore di Pietro non spetta a nessuno.
Non al successore di Pietro, ma a Pietro. Gregorio non parla di "successori", si sta riferendo all'apostolo. Ogni congettura che vada oltre il testo è gratuita e come tale va respinta.
Ergo, il successore di Pietro è il più importante degli apostoli.
Mi sfugge francamente il nesso logico (ergo??) con ciò che precede, ma non avrei problemi ad ammettere che Pietro è il più importante tra gli apostoli. E allora? Da questo a Gregorio VII deve passare parecchia acqua sotto i ponti, e non mi sembra che Gregorio dia adito a fantasticherie che avallino il papato assolutista medioevale.
Ho tagliato l’ultima frase proprio perché in questo contesto non c’entra.
Come no, hai lasciato le premesse e tirato via l'affermazione principale, quella che ora, essendo venuta fuori, cerchi di piegare come puoi alla finalità del tuo discorso, ma è dura.
La questione relativa al titolo di vescovo universale è diversa da quella relativa al primato della sede apostolica su tutta la Chiesa.
Naturalmente, la prima è una questione previa. Se non può esserci un vescovo universale, ne consegue che neanche il vescovo di Roma può esserlo. Un po' più difficile spiegare perché mai ora i papi abbiano cambiato avviso.
il vescovo di Roma, pur essendo il “primo” dei vescovi non è l’"unico" vescovo
Ma questa storia di "unico" si smonta da sola. Nessuno nel VI secolo pensava che potesse esserci un vescovo "unico", gli altri cosa sarebbero stati? È ancora un anacronismo, solo col Decretum Gratiani si fa strada l'idea che i vescovi siano delegati del papa, che in fondo è l'unico vero vescovo, ma questa idea è totalmente assente dalla chiesa del VI secolo, tanto più da quella orientale. "Universale", come lo stesso nome suggerisce, vuol dire semplicemente un patriarca con giurisdizione e autorità in materia di fede da esercitarsi sull'intera Chiesa. Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora, perché complicarsi la vita con un'interpretazione del XII secolo quando ne hai pronta una comprensibile per il VI?

Chiunque, vedendo la tua raccolta di citazioni estrapolate dal loro contesto e giustapposte in bella mostra, non può non pensare al metodo geovese con cui si citano i Padri per farli passare come antitrinitari. Ma basta rimettere quelle frasi, spesso troncate a metà come l'ultima che hai presentato (non senza imprudenza, direi) nel loro contesto nativo e tutto diventa chiaro.
È ciò che bisogna fare, evidentemente.
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Teodoro ha scritto:
o infatti chiedevo dove Gregorio:

1) definisca se stesso "successore di Pietro"
2) dica che al successore di Pietro spetta "cura e principato" di tutta la Chiesa

Perché a me pare che questi brani si riferiscano a Pietro come viene presentato nei vangeli (infatti ciò che precede sono citazioni verbatim dal NT, non ad un suo successore.
E, invece ho risposto alla domanda. Ma vedo che sono costretto a ripetermi.

Allora, relativamente alla seconda parte del quesito Gregorio, nella più volte citata Epistola V,37, dapprima elenca quelle che a suo avviso sono le prerogative concesse da Cristo a Pietro, citando passi evangelici:

Cunctis ergo euangelium scientibus liquet quod uoce dominica sancto et omnium apostolorum principi petro apostolo totius ecclesiae cura commissa est. Ipsi quippe dicitur: petre, amas me? Pasce oues meas. Ipsi dicitur: ecce satanas expetiit cribrare uos sicut triticum; et ego pro te rogaui, petre, ut non deficiat fides tua; et tu aliquando conuersus confirma fratres tuos. Ipsi dicitur: tu es petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praeualebunt aduersus eam; et tibi dabo claues regni caelorum, et quodcumque ligaueris super terram, ligatum erit et in caelo, et quodcumque solueris super terram, soluta erunt et in caelo.”

E ricapitolando il tutto aggiunge, nota bene:

Ecce claues regni caelestis accipit, potestas ei ligandi et soluendi tribuitur, cura ei totius ecclesiae et principatus committitur.

Per Gregorio, quindi, Cristo aveva affidato a Pietro la cura ed il principato di tutta la la Chiesa.

Per venire alla prima parte del quesito, proprio poco sotto, Gregorio scrive:

Certe pro beati petri apostolorum principis honore per uenerandam chalcedonensem synodum romano pontifici oblatum est.

Il periodo dice testualmente che il Concilio voleva concedere al romano pontefice il titolo di “vescovo universale” in ragione del rispetto dovuto a Pietro (delle cui speciali prerogative, se vogliamo che il periodo abbia un senso, dobbiamo presupporre che Gregorio ritenesse erede il vescovo di Roma). Come ho già detto, a prescindere dal fatto che qui Gregorio si rifà ad una notizia spuria, quello che conta è che appare chiaro il legame tra Pietro e la sede romana, alla quale, evidentemente, spetta la cura ed il principato su tutta la Chiesa.
Come se non bastasse, comunque, abbiamo l'altra citazione, da me già riportata, tratta dall'epistola 37 del libro VIII e che recita:

Quis enim nesciat sanctam ecclesiam in apostolorum principis soliditate firmatam, qui firmitatem mentis traxit in nomine, ut petrus a petra uocaretur? Cui ueritatis uoce dicitur: tibi dabo claues regni caelorum. Cui rursum dicitur: et tu aliquando conuersus confirma fratres tuos et iterum: simon iohannis, amas me? Pasce oues meas. Vnde et, cum multi sint apostoli, pro ipso tamen principatu sola apostolorum principis sedes in auctoritate conualuit, quae in tribus locis unius est. Ipse enim sublimauit sedem, in qua etiam quiescere et praesentem uitam finire dignatus est”.

Come ho scritto nel post in cui ho riportato originariamente questa citazione, subito dopo, Gregorio parla delle sedi di Alessandria e di Antiochia come di quelle che, in un certo modo, condividono la posizione di Roma, ma come "illuminate" da questa, per così dire, poiché la prima Chiesa era stata fondata da Marco, che da Roma era partito, mentre la seconda era stata fondata da Pietro prima di recarsi a Roma.
E da dove lo evinci?
Non lo evinco io, ci mancherebbe! Come ho detto, io non sono un esperto in materia, quindi mi rifaccio agli scritti di chi, invece, alla questione ha dedicato anni di studio e ponderosi volumi. Ergo non mi rimane che rimandarti al II volume dell'opera del citatissimo Dudden, “Gregory the Great: his Place in History and Thought”, con particolare riferimento al capitolo X (in cui la questione viene affrontata in modo approfondito con una valanga di citazioni, anche di intere epistole, e di considerazioni da parte dell'autore); nonché al volume di R.A. Markus, “Gregory the great and his world”, e in particolare alle pp. 91-96, in cui si discute in modo più conciso della cosa.
Non al successore di Pietro, ma a Pietro. Gregorio non parla di "successori", si sta riferendo all'apostolo. Ogni congettura che vada oltre il testo è gratuita e come tale va respinta.
Come ho cercato di mostrarti, le cose non stanno propriamente così. Per Gregorio le prerogative di Pietro sono passate al vescovo di Roma e, in una qualche misura, ai vescovi di Antiochia e di Alessandria (data l'origine petrina delle loro cattedre). Per approfondire l'argomento ti rimando sempre al succitato capitolo X del volume II del libro del Dudden.
Naturalmente, la prima è una questione previa. Se non può esserci un vescovo universale, ne consegue che neanche il vescovo di Roma può esserlo. Un po' più difficile spiegare perché mai ora i papi abbiano cambiato avviso.
Non lo hanno cambiato, ma è meglio non mettere altra carne al fuoco, per il momento.
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Sta bene, mi andrò a vedere i riferimenti che hai segnalato. Credo tuttavia che si possa discutere almeno di questo, visto che il thread non è su Gregorio, ma sul primato. Avevo scritto:

«A me sembra piuttosto che per universale intenda un dominio primaziale sull'intera Chiesa (universa Ecclaesia), non solo in fatto di territorio canonico, ma anche di fede. Infatti l'esempio di Macedonio e Nestorio è per dimostrare che se esistesse un personaggio in grado di cambiare da solo la fede di tutta la Chiesa al primo capriccio, con lui cadrebbe tutta la Chiesa. Guarda caso è esattamente il sistema di Pio IX, in cui il papa da solo può fare ciò che la somma di tutti i vescovi del pianeta non può, cioè cambiare la fede. Il santo padre Gregorio rifiuta questa possibilità come totalmente inaccettabile, ed io con lui.»

L'esempio di Nestorio del resto senza questa chiave ermeneutica è incomprensibile, visto che non ho mai sentito parlare di "unico vescovo" prima del XII secolo.
Comunque non sarebbe il solo caso di deciso ripensamento ecclesiologico quello di Pio IX. Si pensi al papa Onorio condannato come eretico dal concilio Trullano e al principio, proveniente dalle false decretali ma ancora oggi esistente nel Corpus Iuris Canonici secondo cui la Prima Sede non è giudicata da nessuno. Interessante, non trovi?
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Questa discussione non mi sembra abbia sviluppato tutti gli argomenti di cui si parlava.

Peccato, era interessante.
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Gabriella Prosperi
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Messaggio da Gabriella Prosperi »

flabot ha scritto:Questa discussione non mi sembra abbia sviluppato tutti gli argomenti di cui si parlava.

Peccato, era interessante.
Si, sono della tua opinione, speriamo che Teodoro e Trianello trovino tempo ed energie per continuarla. :sorriso:
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francitk
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E' superiore il Concilio ecumenico o il Papa?

Messaggio da francitk »

Per la Chiesa Cattolica è superiore il Concilio ecumenico o il Papa?
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Trianello
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Messaggio da Trianello »

francitk ha scritto:Per la Chiesa Cattolica è superiore il Concilio ecumenico o il Papa?
Per la dottrina cattolica questa domanda è posta male. Il Papa gode dell'infallibilità, così come il Concilio Ecumenico. Le deliberazioni del Concilio Ecumenico, però, per essere valide, devono essere recepite dal Papa. Non si dà, pertanto, un Concilio Ecumenico senza il Papa.

Nel corso che ti ho segnalato nell'altra discussione, troverai ampie delucidazioni anche su questo punto.
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Messaggio da teodoro studita »

Invece io ritengo che sia posta benissimo, perché riesce nella sua semplicità a mettere in imbarazzo.
Il problema se lo posero già i vescovi d'oltralpe quando si accorsero che dopo che Roma si era staccata dalla Pentarchia ed era divenuta totalmente autoreferenziale, gli abusi erano aumentati in maniera esponenziale: compravendita delle indulgenze, interminabili e costosissimi processi canonici per l'attribuzione (=vendita) dei seggi episcopali, invenzioni dottrinali (leggasi purgatorio e indulgenze) a fini esclusivamente politici.
Non a caso il primo concilio a svolgersi con le nuove modalità (il papa che a suo nome prende delle risoluzioni approvate dai vescovi senza traccia di alcuna iniziativa o dibattito da parte del concilio stesso), è il Laterano I, nel 1123 sotto Callisto II; stessa cosa per il Laterano II, del 1139.
A Basilea-Costanza fu posto proprio il problema della superiorità del Concilio, largamente voluta da praticamente tutti i vescovi non-romani. Nella disputa tra il papa e il concilio di Basilea, la linea papale è sostenuta da Torquemada sull'unica base dei passaggi spuri di Anacleto, Clemente, il concilio di Calcedonia, Cirillo e altri falsi testimoni. A Costanza erano presenti 300 vescovi, delegati di 15 univeristà e 300 dottori, configurandosì così come il più vasto concilio di tutti i tempi. La famosa deliberazione della 4a e 5a sessione sulla superiorità del concilio ecumenico al papa fu votata all'unanimità. Il papa riuscì tuttavia a far espungere le deliberazioni del concilio e a far spostare l'assemblea, capovolgendo completamente il risultato.

Un bell'esempio dell'evoluzione del tema è rappresentato dalla sessione 11a, 19 Dic. 1516 della Bolla Pastor aeternus gregem:
...solo il romano pontefice regnante, in quanto ha una autorità superiore a tutti i concili, ha pieno diritto e potestà di convocare, trasferire, sciogliere i concili, come testimoniano chiaramente non solo la sacra Scrittura, le sentenze dei santi padri e degli altri pontefici romani nostri predecessori, i sacri canoni, ma anche le ammissioni degli stessi concili ...

... cum etiam solum Romanum pontificem pro tempore existentem tamquam auctoritatem super omnia concilia habentem conciliorum indicendorum transferendorum ac dissolvendorum plenum ius et potestatem habere nedum ex sacrae scripturae testimonio dictis sanctorum patrum ac aliorum romanorum pontificum etiam praedecessorum nostrorum sacrorum que canonum decretis sed propria etiam eorumdem conciliorum confessione manifeste constet quorum aliqua referre placuit reliqua vero utpote notoria silentio praeterire.
In Alexandrina enim synodo Athanasio ibidem existente Felici Romano pontifici ab eadem synodo scriptum fuisse legimus Nicaenam synodum statuisse non debere absque Romani pontificis auctoritate concilia celebrari.
Si noti qui che il "papa Felice" in questione è l'antipapa (non riconosciuto neanche dalla Chiesa Cattolica) ariano che Costanzo II mise al posto del legittimo papa Liberio nel 355. Da ciò si evince l'acribìa storica di tale citazione...

Quindi la risposta è molto chiara: a norma di diritto canonico, il papa da solo può fare ciò che l'intera Chiesa senza di lui non può fare. Nessun Concilio può essere indetto o può promulgare canoni senza il papa. Questi, viceversa può alzarsi la mattina e cambiare la fede della Chiesa senza bisogno di ascoltare nessuno, e può farlo infallibilmente.

Inutile dire che questa roba nella Chiesa del primo millennio non è mai esistita, è pura fantascienza.
È bene parlarne, che almeno chi si professa cattolico sappia a cosa deve credere.
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Sei ortodosso?

Messaggio da francitk »

Teodoro Studita sei ortodosso?
Teodoro Studita è un soprannome o è il tuo reale nome e cognome?

P.S: Può rispondermi anche qualcun altro.
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teodoro studita
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Messaggio da teodoro studita »

francitk ha scritto:Teodoro Studita sei ortodosso?
Teodoro Studita è un soprannome o è il tuo reale nome e cognome?
Sono ortodosso (Patriarcato di Mosca) e Teodoro in effetti è il mio nome ecclesiastico (non quello dell'anagrafe italiana), ma di certo non Studita. Quello solo nello spirito :santo:
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Messaggio da Trianello »

Teodoro ha scritto:
Quindi la risposta è molto chiara: a norma di diritto canonico, il papa da solo può fare ciò che l'intera Chiesa senza di lui non può fare. Nessun Concilio può essere indetto o può promulgare canoni senza il papa. Questi, viceversa può alzarsi la mattina e cambiare la fede della Chiesa senza bisogno di ascoltare nessuno, e può farlo infallibilmente.
Sì, vabbè... come dici tu.

Nel frattempo, se ti interessa, ho trovato una versione in on-line del da me citatissimo testo di Dudden, la trovi qui:

Volume Primo
http://www.archive.org/details/gregoryg ... 01dudduoft" target="_blank" target="_blank

Volume Secondo
http://www.archive.org/details/gregorygreathisp02dudd" target="_blank" target="_blank

La parte concernente l'argomento del nostro piccolo dibattito la trovi nel Volume II, anche se varrebbe la pena di leggere tutta l'opera.
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Messaggio da Citocromo »

Questi, viceversa può alzarsi la mattina e cambiare la fede della Chiesa senza bisogno di ascoltare nessuno, e può farlo infallibilmente.
Caro Teodoro, leggendo queste tue affermazioni mi sembra che tu tratti l’argomento con superficialità. Quale Papa, sano di mente, si alzerebbe la mattina a cambiare infallibilmente la fede? Suvvia! Il compito del Papa, al contrario, è quello di confermare il popolo di Dio nella fede. Sai benissimo che il dogma dell’infallibilità è stato usato per dichiarare verità di fede l’Immacolata Concezione e l’Assunzione di Maria e i Papi l’hanno fatto interpellando e consultando prima i Vescovi (altro che svegliarsi la mattina…). Per quanto riguarda il primato, il Concilio di Firenze (1439) chiarì il concetto di “primato”: è una missione di servizio alla Chiesa Universale e in base a ciò il Papa ha “il potere di pascere, reggere e governare”, senza danneggiare i privilegi e i diritti dei patriarchi d’oriente.
Comunque, la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa stanno dialogando (si dovranno ritrovare a settembre –se non erro- per discutere del primato del Papa nel 2° millennio). Lasciamo che sia lo Spirito Santo a ricostituire l’unità.
:grazie: :ciao:
Le verità della fede sono una collana di perle preziose, tenute insieme da un filo che è la divinità di Cristo. Tagliato il filo perdete tutta la collana. (padre A. Gasparino)
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Il canone dei russi ortodossi e il Purgatorio

Messaggio da francitk »

Avevo letto, mi sa su Wikipedia, che per quanto riguarda il canone dell'Antico Testamento, sopratutto ultimamente, la Chiesa ortodossa russa ha scelto di seguire il canone corto protestante ed ebraico, senza i deuterocanonici e gli altri libri in più presenti nella LXX.
Quindi Teodoro Studita dovrebbe avere il canone corto e inoltre, essendo ortodosso, non dovrebbe credere nel Purgatorio, essendo tipico solo del cattolicesimo.
O sbaglio?
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Messaggio da Trianello »

francitk ha scritto:Avevo letto, mi sa su Wikipedia, che per quanto riguarda il canone dell'Antico Testamento, sopratutto ultimamente, la Chiesa ortodossa russa ha scelto di seguire il canone corto protestante ed ebraico, senza i deuterocanonici e gli altri libri in più presenti nella LXX.
Quindi Teodoro Studita dovrebbe avere il canone corto e inoltre, essendo ortodosso, non dovrebbe credere nel Purgatorio, essendo tipico solo del cattolicesimo.
O sbaglio?
Non c'è nessun pronunciamento della Chiesa ortodossa sul Canone delle scritture che possa essere considerato vincolante in senso assoluto, anche se nel XVII secolo questa si pronunciò in modo sinodale a favore del Canone "lungo", comprendente cioè anche i deuterocanonici. Oggi come oggi, ci sono alcuni teologi ortodossi russi che prependono per il canone protestante, ma, per quanto ne so, le Bibbie stampate sotto l'egida del Patriarcato di Mosca contengono anche i deuterocanonici.
Per ciò che riguarda il purgatorio, gli ortodossi non condividono questa dottrina nella formulazione che le è stata data in Occidente, ma, così come i cattolici, pregano per i morti (e se consideri che la dottrina del purgatorio è stata elaborata proprio per dare un senso a questa pratica da sempre in uso nella Chiesa, ti renderai conto che la distanza tra cattolici ed ortodossi su questo specifico punto è molto più sulla forma che sulla sostanza, e questo nonostante il fatto che molti ortodossi vogliosi di far polemica a tutti i costi non perdano occasione per "anatemizzare" i cattolici su questo punto).

PS

Comunque, se hai domande da porre a Teodoro, ti consiglio di aprire una nuova discussione, perché qui sono fuori tema.
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Messaggio da teodoro studita »

Trianello ha scritto: Sì, vabbè... come dici tu.
Esatto, so fino a quanto posso spingere senza possibilità di essere contraddetto :santo:
Grazie per il Dudden, intanto
Citocromo ha scritto: Caro Teodoro, leggendo queste tue affermazioni mi sembra che tu tratti l’argomento con superficialità.
C'è differenza tra superficialità e capacità di sintesi. Trianello, che un po' di storia la conosce, sa benissimo che ciò che ho scritto è perfettamente vero.
Quale Papa, sano di mente, si alzerebbe la mattina a cambiare infallibilmente la fede?
Intanto, non c'è bisogno che sia sano di mente. Un papa che sta cominciando a perdere colpi per la vecchiaia ma che non si può definire clinicamente pazzo può fare benissimo ciò che vuole. Ma anche nel caso del papa pazzo la questione non è per niente facile da gestire. Chi gli dice che è pazzo? Dal momento che prima sedes a nemine iudicatur la cosa non è per niente scontata, anche in casi di pazzia più o meno conclamata. Inoltre la storia del II millennio è piena di episodi in cui i papi si sono alzati la mattina e tirato fuori dal cilindro teologia inesistente nella Scrittura e nella Tradizione. Proprio i due dogmi mariani che hai citato sono un caso di novità teologiche che, per stessa ammissione del papa, non sono sostenibili né con la Scrittura né con la Tradizione, ma vengono piuttosto dal "comune sentimento del popolo di Dio" (citazione non proprio letterale, ma andate pure a controllare le parole esatte). Questa è la famosa chiave che apre tutte le porte, e per ogni commento rimando al motto in calce alla mia firma.
Suvvia! Il compito del Papa, al contrario, è quello di confermare il popolo di Dio nella fede.
L'unico papa che conosco è il patriarca di Alessandria, cosa dica di se stesso il santo padre di biancovestito mi lascia del tutto indifferente.
Sai benissimo che il dogma dell’infallibilità è stato usato per dichiarare verità di fede l’Immacolata Concezione e l’Assunzione di Maria e i Papi l’hanno fatto interpellando e consultando prima i Vescovi (altro che svegliarsi la mattina…).
Questa è ai limiti delle risa, e dimostra come si possa essere fondamentalisti al modo dei nostri amici geovesi (o geoviani?). Quindi evinco che non hai neanche mai sentito parlare della commissione preparatoria della Ineffabilis Deus, e di quanti vescovi erano totalmente contrari all'Immacolata, alla faccia del "consenso", rispondo.
Per quanto riguarda il primato, il Concilio di Firenze (1439) chiarì il concetto di “primato”: è una missione di servizio alla Chiesa Universale e in base a ciò il Papa ha “il potere di pascere, reggere e governare”, senza danneggiare i privilegi e i diritti dei patriarchi d’oriente.
Come no, basta poterli fare e disfare, nominare tutti i vescovi del pianeta, rendere inutile (anzi superfluo!) il Concilio ecumenico, tanto basta il papa, etc, etc. Ecco, questo si, è superficiale, e denuncia una grossolana misconoscenza delle fonti del diritto e più in generale della storia della Chiesa. Ma io non ho di certo né voglia né tempo di farvi la scuola. Se vi stanno bene le favole, tenetevele pure (stessa risposta che fornisco puntualmente ai geovizzatori) ma la storia, quella è un'altra cosa.
Comunque, la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa stanno dialogando (si dovranno ritrovare a settembre –se non erro- per discutere del primato del Papa nel 2° millennio). Lasciamo che sia lo Spirito Santo a ricostituire l’unità.
Infatti bisogna pregare che i cattolici si rendano finalmente conto e tornino ad essere ortodossi.
Ciao,
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Messaggio da Trianello »

teodoro studita ha scritto:Esatto, so fino a quanto posso spingere senza possibilità di essere contraddetto :santo:
Fino all'infinito e oltre. Credo tu sappia come si dice a Roma a proposito di quelli a cui si deve dar sempre ragione. :mrgreen:
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Messaggio da teodoro studita »

Trianello ha scritto:Credo tu sappia come si dice a Roma a proposito di quelli a cui si deve dar sempre ragione. :mrgreen:
Che triste caduta di stile, di fronte ad una banale quanto imbarazzante verità non trovi nulla di meglio che darmi del "fesso" ?

Io ho detto:

[...]a norma di diritto canonico, il papa da solo può fare ciò che l'intera Chiesa senza di lui non può fare. Nessun Concilio può essere indetto o può promulgare canoni senza il papa. Questi, viceversa può alzarsi la mattina e cambiare la fede della Chiesa senza bisogno di ascoltare nessuno, e può farlo infallibilmente.

Sai benissimo che posso snocciolare tutti gli articoli di diritto canonico e i canoni conciliari relativi a ogni stico di questa frase, perché dunque ostinarsi tanto pervicacemente a negare l'evidenza quando basterebbe una semplice ammissione del tipo : "Per quanto possa apparire totalmente inverosimile e antistorico ogni buon cattolico è tenuto a credere a questa roba" ?
In fin dei conti il sottoscritto non ha nulla in contrario a che altri credano ciò che più gli piace, dai dischi volanti alle piramidi e alle pleiadi di russeliana memoria o financo ai puffi. Per me non c'è alcun problema in tal senso, ma se vuoi darmi del fesso (liberissimo, s'intende) dovresti come minimo spiegare il perché, altrimenti corri il rischio di fare una non brillante figura.
Ciao,
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Scusate se mi introduco in questa discussione ...volevo chiedere..chi sono i patriarchi ortodossi?
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Messaggio da Trianello »

Teodoro ha scritto:
Che triste caduta di stile, di fronte ad una banale quanto imbarazzante verità non trovi nulla di meglio che darmi del "fesso" ?
Caro Tedoro, noto che il tuo senso dell’umorismo ha dei seri limiti quando si esce dal novero delle battutine denigratorie nei confronti della Chiesa cattolica e delle sue gerarchie. La mia voleva evidentemente essere una battuta innocente (ci ho messo pure la faccina), battuta che tu mi avevi appena servito su un piatto d’argento. Mi spiace di essere stato frainteseo.

Comunque, come tu ben sai il Codice di Diritto Canonico raccoglie semplicemente le norme che regolano la vita della Chiesa ed è tutto tranne che irreformabile, potendo essere integrato o riscritto di sana pianta in qualsiasi momento. Senza contare che la filosofia del diritto che sta alla base di tutta la giurisprudenza cattolica appoggia le sue fondamenta sulla morale cristiana (così come questa è insegnata dalla Chiesa), dalla quale ricaviamo che, per ciò che riguarda la “norma”, principio supremo è quello dettato dalla virtù dell’epicheia.
Il Diritto Canonico è normativo, ma non ha valore dogmatico. Ora, è vero che l’odierno Codice di Diritto Canonico non comprende strumenti atti in qualche modo a “limitare” il potere dei pontefici, ma questo non toglie che la teologica cattolica non considera il potere del Romano Pontefice come illimitato, né da un punto di vista giurisdizionale, né da un punto di vista eminentemente teologico. Il potere del Papa è inteso (secondo la lettura che il Concilio Vaticano II, la quale ha superando ogni forma di ultramontanismo, ultramontanismo che ormai sopravvive solo nella testa di certi ortodossi) come avente una valenza fondamentalmente di tipo arbitrale. Per dimostrartelo ti cito una pagina tratta da uno dei più importanti saggi teologici sull’argomento usciti dopo il Concilio Vaticano II:

“Abbiamo segnalato come nel Vaticano II si scarterà un suggerimento di Paolo VI [alla faccia dell'onnipotenza papale n.d.r.]. Avrebbe desiderato che, riprendendo una vecchia formula, si dicesse del vescovo di Roma che è uni Domino devi(n)ctus e che non deve pertanto rendere conto che a Dio solo dell'esercizio del primato. La risposta della commissione teologica nel giustificare il proprio rifiuto dell'emendamento proposto sarà, un secolo più tardi, la spiegazione data da mons. Zinelli, il quale per parte sua avrebbe inclinato nel senso di Paolo VI ed avrebbe accolto l'inciso con gioia. Questo non è piaciuto alla commissione:

perché è una formula troppo semplicistica (nimis simplificata). Infatti il Romano Pontefice è tenuto ad osservare la Rivelazione stessa, la struttura fondamentale della Chiesa, i sacramenti, le definizioni dei primi concili, ecc. Il che è impossibile enumerare. Formule del genere che dicono `unicamente', `solamente' si devono trattare con grande cura; altrimenti suscitano innumerevoli difficoltà. Così, per evitare di essere in seguito costretti a dare lunghe e complicate spiegazioni di tale formula, la commissione ha giudicato che fosse meglio astenersene. C'è anche in questo una ragione di ordine psicologico: nell'intento di tranquillizzare alcuni occorre evitare di far nascere una nuova ansietà, soprattutto per quanto concerne i nostri rapporti con l'Oriente. [Testi in Constitutionis Lumen Gentium synopsis historica, Bologna 1975, 432, 456.]”

J.M. Tillard, "Il vescovo di Roma", p. 145
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Messaggio da teodoro studita »

Carissimo,
Comunque, come tu ben sai il Codice di Diritto Canonico raccoglie semplicemente le norme che regolano la vita della Chiesa ed è tutto tranne che irreformabile, potendo essere integrato o riscritto di sana pianta in qualsiasi momento. Senza contare che la filosofia del diritto che sta alla base di tutta la giurisprudenza cattolica appoggia le sue fondamenta sulla morale cristiana (così come questa è insegnata dalla Chiesa), dalla quale ricaviamo che, per ciò che riguarda la “norma”, principio supremo è quello dettato dalla virtù dell’epicheia.
Il Diritto Canonico è normativo, ma non ha valore dogmatico. Ora, è vero che l’odierno Codice di Diritto Canonico non comprende strumenti atti in qualche modo a “limitare” il potere dei pontefici, ma questo non toglie che la teologica cattolica non considera il potere del Romano Pontefice come illimitato, né da un punto di vista giurisdizionale, né da un punto di vista eminentemente teologico.
Ma io ho citato il CIC solo perché sistematizza la materia, non perché ne sia la fonte. Io ho fatto affermazioni precise, nella fattispecie:

1) Il papa da solo può fare ciò che l'intera Chiesa senza di lui non può fare.
2) Nessun Concilio può essere indetto o può promulgare canoni senza il papa.
3) Il papa può alzarsi la mattina e cambiare la fede della Chiesa senza bisogno di ascoltare nessuno, e può farlo infallibilmente.

Ognuna di queste asserzioni si basa su uno o più concili "ecumenici" (virgolette d'obbligo) e, come tali, irreformabili. I primi due sono l'eredità della serie che da Basilea va a Ferrara-Firenze, il terzo è il Vaticano I, che ne è anche la dimostrazione pratica, visto che nella sostanza è stato uno show privato di Pio IX (beato!!!).
Quindi la tua obiezione, fondata sul fatto che il CIC non sia irreformabile è irrilevante: possono riformarlo tutto, ma NON questi articoli, perché hanno alla base una dottrina irreformabile che -nel caso dell'infallibilità- gode addirittura dello stesso grado di dogmaticità della Trinità (altra cosa per me assurda ma che è così).
Il potere del Papa è inteso (secondo la lettura che il Concilio Vaticano II, la quale ha superando ogni forma di ultramontanismo, ultramontanismo che ormai sopravvive solo nella testa di certi ortodossi) come avente una valenza fondamentalmente di tipo arbitrale
Questa è una favola. Il Vaticano II è il primo (cosiddetto) concilio che non ha prodotto canoni, ma documenti che assommati sono più voluminosi di tutti i canoni di tutti i concili ecumenici dall'inizio della storia della Chiesa ad oggi. Il risultato è che questo concilio è carta straccia, perché è talmente vago da non aver nessuna incisività rispetto a quelli precedenti che viceversa erano estremamente precisi. Faccio proprio questo esempio: cosa vorrebbe dire, tradotto nell'operatività, che il potere del papa ha una valenza fondamentalmente arbitrale? Ti risulta essere cambiato qualcosa nell'esercizio del primato da Pio IX a Benedetto XVI? Il papa ha continuato a nominare tutti i vescovi del pianeta, a "usare" l'infallibilità (così almeno Giovanni Paolo II), etc., nulla è cambiato.
Si sono anche resi conto che lo strumento del concilio è inutile, vista la recezione del Vaticano II, e oggi si indice solo il Sinodo dei Vescovi, cioè una sorta di consiglio ristretto del papa, il che in effetti ha molto più senso dal punto di vista pratico e sic stantibus rebus.
In conclusione, a me pare che tu, e tanti come te, siate vittima di una pia illusione, e cioè che il Vaticano II (che, ricorda, ha accettato interamente il Vaticano I), possa cambiare uno status rerum che si è stratificato in mille anni di abuso di potere della sede romana, il che è semplicemente impossibile. Altrimenti elencami una sola differenza nell'esercizio del primato tra l'era post e pre-conciliare, e ne possiamo riparlare.
Ammesso che ne trovi, di certo non riguarda i dati che ho elencato all'inizio.
Auguri :timido:
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Messaggio da Mario70 »

opepo ha scritto:Scusate se mi introduco in questa discussione ...volevo chiedere..chi sono i patriarchi ortodossi?
Cosa vuoi sapere di preciso i nomi dei patriarchi attuali o la tua era una domanda generica sulla storia dei patriarcati?
"La cosa più triste è che molto spesso chi viene ingannato, o illuso, tende a rimanere strettamente ancorato a quello in cui crede nonostante le evidenze indichino chiaramente che la realtà è diversa. Forse è talmente affezionato alle sue credenze che preferisce chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a qualunque cosa possa farle vacillare."
(Torre di Guardia 1/9/2010 p 10)
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Messaggio da Tiziano »

Mario70 ha scritto:
opepo ha scritto:Scusate se mi introduco in questa discussione ...volevo chiedere..chi sono i patriarchi ortodossi?
Cosa vuoi sapere di preciso i nomi dei patriarchi attuali o la tua era una domanda generica sulla storia dei patriarcati?
Se non erro ...esistono diversi patriarchi..cioè ogni chiesa ha un suo patriarca...come mai questa suddivisione di chiese? e ogni patriarca a che si può paragonare rispetto alla chiesa cattolica?
Inoltre ..sempre se non sbaglio tra tutti questi patriarchi ve ne uno che ricopre una carica di maggior prestigio...perchè? e a chi si può paragonare sempre in ambito cattolico?
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Messaggio da peraskov »

Oggi, come 2000 anni fa, i discepoli ancora discutono su chi debba essere
il primo ed ancora oggi, come 2000 anni fa, essi non hanno affatto compreso
il senso vero del primato.
Eppure Gesù era stato molto chiaro: chi vuol essere il primo (nel Suo
regno), sia il servo di tutti; e poichè in ogni uomo il cristiano riconosce
Gesù stesso, per estensione essere primi significa semplicemente servire
meglio Gesù ed il suo Vangelo.
Ma per fare questo occorre cooperare, collaborare, non di certo
guerreggiare.
I discepoli invece, ancora oggi, in realtà guerreggiano tra di loro
Questo perché il loro cuore non è rivolto al Regno ma alla terra ed alle
sue lusinghe, il primato che essi cercano è un primato che soddisfi
l’orgoglio e le convenienze.
Certo, di tutto si può discutere, ma se l'atteggiamento fosse stato corretto
ci si sarebbe già incontrati da tempo.
Dietro tante parole elaborate si perpetua semplicemente questo tragico scandalo.
Sandro
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Dopo Darwin gli scienziati hanno smesso di pensare; carissimi, vi imploro, salvate la scienza dal buco nero dell'ideologia.
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Messaggio da teodoro studita »

La Chiesa Ortodossa funziona come la Chiesa antica, in cui ogni comunità locale si organizza individualmente mantenendo però la piena comunione di fede con le altre. Così era per le chiese di età apostolica di Corinto, Filippi, Sardi, Antiochia, etc...a meno che qualcuno non pensi che fossero una mega-federazione di chiese governate da san Pietro (nel qual caso rinuncio anche a discuterne).

Quanto al patriarchi, sono semplicemente i presidenti dei sinodi locali, non dei super-vescovi. Al massimo puoi paragonarli ai presidenti delle conferenze episcopali se proprio ami i paragoni (ma perché poi?)

Quanto a Peraskov, tutto molto poetico, un tipico esempio di discorso completamente condivisibile ma che non aggiunge niente a quanto sappiamo, né dà alcuna indicazione operativa. Prova a scrivere al papa di rinunciare alle sue pretese di dominio assoluto intergalattico, magari avrai fortuna (si si)

Cià cià,
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