Certo, e né per caso né per omissione dolosa, ma per una precisa scelta che implica una netta critica al tuo metodo. Ciò che io sto facendo è rimettere quelle citazioni di 4-5 parole nel loro contesto nativo per capire realmente a cosa alludono. I frullati di pseudocitazioni e pastiche da manuali dell'ultramontanismo li lascio volentieri ad altri, a me (e spero a tutti) interessa sapere le cose come stanno, e per farlo le fonti vanno lette seriamente, non con citazioni smontate e rimontate artificiosamente ad usum delphini, che è ciò che ab initio stai facendo tu.In questa tua replica non hai minimamente tenuto conto delle osservazioni che avevo esposto nei post precedenti e che rendono la tua tesi non così "pacifica" come tu la vuoi far passare.
Per lo specifico caso della XIII,49(50) ciò di cui mi accusi è completamente difettoso dal punto di vista metodologico. Io ho letto quella lettera nel suo contesto nativo, quello cioè del blocco delle epp. XIII,47-50 e tu mi rimproveri di non aver letto quella singola frase alla luce delle altre mezze citazioni a mozziconi che ancora non abbiamo né visto nel dettaglio né contestualizzato. Menomale che non l'ho fatto, perché altrimenti avrei agito come uno sciocco e come un incompetente. Prima si leggono le fonti nella loro interezza, le si ricolloca nel loro contesto, e poi possiamo dare giudizi di merito. Allo stato dell'arte l'esame delle tue "citazioni" 3.30, 5.44 e 13.49(50) non ha evidenziato nulla che possa lasciare intendere quanto il tuo repertorio proponeva, il che ci obbliga a verificare puntualmente ogni sillaba, perché è chiaro l'intento di piegare le fonti a finalità che non hanno a che fare con la storia.
In quest'ottica vado avanti poco per volta, leggendo queste fonti nella loro interezza e nel miglior testo critico possibile (ricordiamoci che il pericolo di forgeries è sempre dietro l'angolo). Solo alla fine di un serio esame delle fonti si potrà tracciare una sintesi su quale fosse effettivamente la visione ecclesiologica di Gregorio Magno, quale la sua concezione del primato e del suo esercizio nel sistema pentarchico.