Il fantastico viaggio di Paolo Apostolo a ROMA
Inviato: 19/09/2018, 10:18
Il libro degli Atti degli Apostoli è stato scritto ,ufficialmente, nel I° secolo ma molti eruditi in materia lo ascrivono al II° secolo. Dalle Lettere di Paolo, scritte molto prima naturalmente, sono state tratte alcune informazioni per imbastire i viaggi di Paolo nel Mediterraneo descritti appunto in Atti.
Il viaggio di Paolo a Roma è programmato da lui stesso come leggiamo in Atti 19/21:
“…Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l’Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: “ Dopo essere stato là devo andare anche a Roma…” Non aggiunge altro, forse gli interessava solamente vedere la capitale dell’Impero.
Velocemente diciamo, come scritto nel cap.20/10, che a Troade , già che era lì, Paolo resuscita un ragazzo morto dopo una caduta dal terzo piano. Una cosa da niente. Ma è nel cap.21 che iniziano i guai per Paolo. Lui è a Gerusalemme ma viene assalito e percosso dalla folla a causa della sua predicazione, viene salvato da un tribuno arrivato con dei soldati e lo arrestano.
Nel cap. 22 leggiamo che gli viene concesso di arringare la folla ma non porta a risultati; La folla urla: “ Non deve più vivere” e anche :” Insegna contro la Legge” riferito a Paolo naturalmente.
(E qui occorre aprire una parentesi. Nel cap.5 viene descritta la comparsa degli apostoli davanti al Sinedrio, accusati naturalmente di annunciare un messaggio contrario alla Legge e qui c’è l’intervento del famoso dottore della Legge a nome Gamaliele il quale , dopo aver parlato di Teuda e di Giuda il Galileo, invertendo erroneamente la cronologia dei due personaggi, Giuda sorse prima di Teuda e non viceversa, dice così:
“ ..non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria e questa attività è di origine umana verrà distrutta ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli, non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio”
In altre parole Gamaliele dice che può darsi che Dio abbia cambiato idea e che a noi non ci ha detto niente!!!! Può darsi, in altre parole ancora, che sia vero che Dio ha fatto mettere incinta una vergine che poi ecc. ecc. Abbiamo qui il dottore della Legge che mette in dubbio la completezza della Rivelazione data a Mosè sul Monte Sinai!
Se ci fosse veramente stata quella riunione del Sinedrio, questa sarebbe risultata la più importante di tutta la storia del Sinedrio stesso, ed il solito Giuseppe Flavio l’avrebbe ovviamente annotata ed enfatizzata.
Il fatto poi che, come visto sopra, gli ebrei volevano uccidere Paolo perché ‘insegnava contro la Legge’ significa che non c’era stata prima nessuna ordinanza da parte del Sinedrio di non interferire con gli apostoli; quindi quella riunione del Sinedrio non c’è mai stata. Un’altra ‘fiction’ quindi.)
Siamo ancora al cap.22 ove Paolo proclama la sua cittadinanza romana. Qui abbiamo un fulgido esempio di ‘ autocertificazione’. Una prassi che io credevo nata nelle democrazie garantiste di stile anglo-sassone invece risulta applicata addirittura sotto l’impero romano.
Infatti Paolo un “Giudeo , fariseo figlio di farisei” viene creduto all’istante senza esibire certificazioni anzi succede che : “ ..Il tribuno ebbe paura rendendosi conto che Paolo era un cittadino romano e che lui lo aveva messo in catene” E questo fa molto Bibbia, cioè le solite esagerazioni.
Ma rimane rinchiuso nella fortezza e qui gli appare in sogno il Signore che gli dice al cap.23/10: “ Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma” A Roma quindi! Ma per ora Paolo viene trasferito a Cesarea.
Ma il trasferimento del prigioniero Paolo a Cesarea risulta un trionfo! Sentite cosa scrive il fantasista in ‘Atti’ al v.23:
“…preparate duecento soldati per andare a Cesarea insieme con settanta cavalieri e duecento lancieri, tre ore dopo il tramonto, siano pronte anche delle cavalcature e fatevi montare Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice”
Finalmente al cap.25, il nuovo governatore Festo chiede a Paolo se vuole andare a Gerusalemme per essere giudicato in presenza dello stesso Festo ma lui risponde con la famosa frase : “ Io mi appello a Cesare” e Festo risponde : “ Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai” Finalmente è fatta! Paolo andrà a Roma, a spese della “Ditta”.
Ma Festo, uomo saggio e prudente, approfitta della presenza del Re Agrippa e consorte a Cesarea e gli sottopone il caso al cap.26. Altra discussione e arringa di Paolo dopo la quale Agrippa dice:
“Quest’uomo non ha fatto nulla che meriti la morte o le catene… costui poteva essere rimesso in libertà se non si fosse appellato a Cesare”
Ora anche Festo, come dice lui stesso al cap.25/19, aveva capito che il problema fra Paolo ed i giudei erano: “..alcune questioni relative alla loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù morto..” Quindi che ci azzecca Paolo con l’appello all’imperatore???? Nella vita reale se si fosse prospettato un caso del genere ad un governatore romano questi si sarebbe limitato a dare quattro legnate ad un simile rompiscatole e l’avrebbe mandato a casa a pedate nel sedere. Un governatore aveva il potere non solo dello ‘Jus Gladii’ , cioè uccidere , ma anche quello ovvio di filtrare richieste assurde di sedicenti cittadini romani.
Ma il nostro fantasista di ‘Atti’ fa apparire l’impero romano come una democrazia liberale garantista del XX° secolo per cui Paolo andrà a Roma.
Paolo parte per Roma quindi, accompagnato da un solo centurione per fare economia e , come sapete già, quel viaggio fu molto lungo e pieno di peripezie ma qui non ci interessa dilungarsi su questo e parliamo dell’arrivo in Italia.
Nel cap.28 vediamo che Paolo arriva a Pozzuoli. Interessante notare che lì, siamo negli anni ‘ 50 del I° secolo, già incontra alcuni fratelli in fede (v.13). Strabiliante notare con che velocità la ‘Buona Notizia’ era già diffusa nei piccoli centri prima ancora che arrivasse l’apostolo a Roma.
Ora Paolo è finalmente a Roma e gli viene concesso di abitare per conto suo con un soldato di guardia. Cerca di fare proselitismo presso gli ebrei ma con poco successo. A questo punto la Bibbia di Gerusalemme, che ho usato qui, in fondo alla pagina 343 scrive in grassetto : “Epilogo” e comincio a leggerlo:
“Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunziando il Regno di Dio e insegnando le cose riguardanti Gesù Cisto con tutta franchezza e senza impedimento”
Poi giro la pagina per continuare a leggere ma la pagina è bianca!!!!! Atti finisce lì! Troncato lì!!!
E L’APPELLO A CESARE??? Che fine ha fatto? Eh, il fantasista non se l’è sentita di fare come il suo omonimo che scrisse di Mosè in Egitto ai tempi dell’Esodo; eravamo nell’epoca lontana dei geroglifici, lo scrittore di allora si era permesso di scrivere sempre Faraone, faraone, faraone senza mai indicare come si chiamava appunto quel faraone che dialogava con Mosè.
Qui siamo in altra epoca, a Roma , ai tempi di Paolo c’erano accurati Archivi di Stato, un appello a Cesare, cioè all’imperatore in carica, si sarebbe annotato in archivio con tanto di nome del ‘Cesare’ stesso. Qui la balla non sarebbe passata inosservata nemmeno al più pio dei credenti.
Poi in genere, quando uno scrive fa un discorso compiuto, questa storia, da un punto di vista di tecnica letteraria è tronca, manca un finale. Probabilmente il fantasista è andato avanti a raccontare ancora favole ma la Chiesa ha preferito censurarle. Il troppo storpia. Comunque quanto scritto penso sia sufficiente per affermare che questo Paolo non è mai esistito.
E’ esistito il Paolo di alcune Lettere, quattro per alcuni , sei o sette per altri, ma questo è un altro discorso, interessante ed intrigante.
Il viaggio di Paolo a Roma è programmato da lui stesso come leggiamo in Atti 19/21:
“…Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l’Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: “ Dopo essere stato là devo andare anche a Roma…” Non aggiunge altro, forse gli interessava solamente vedere la capitale dell’Impero.
Velocemente diciamo, come scritto nel cap.20/10, che a Troade , già che era lì, Paolo resuscita un ragazzo morto dopo una caduta dal terzo piano. Una cosa da niente. Ma è nel cap.21 che iniziano i guai per Paolo. Lui è a Gerusalemme ma viene assalito e percosso dalla folla a causa della sua predicazione, viene salvato da un tribuno arrivato con dei soldati e lo arrestano.
Nel cap. 22 leggiamo che gli viene concesso di arringare la folla ma non porta a risultati; La folla urla: “ Non deve più vivere” e anche :” Insegna contro la Legge” riferito a Paolo naturalmente.
(E qui occorre aprire una parentesi. Nel cap.5 viene descritta la comparsa degli apostoli davanti al Sinedrio, accusati naturalmente di annunciare un messaggio contrario alla Legge e qui c’è l’intervento del famoso dottore della Legge a nome Gamaliele il quale , dopo aver parlato di Teuda e di Giuda il Galileo, invertendo erroneamente la cronologia dei due personaggi, Giuda sorse prima di Teuda e non viceversa, dice così:
“ ..non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria e questa attività è di origine umana verrà distrutta ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli, non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio”
In altre parole Gamaliele dice che può darsi che Dio abbia cambiato idea e che a noi non ci ha detto niente!!!! Può darsi, in altre parole ancora, che sia vero che Dio ha fatto mettere incinta una vergine che poi ecc. ecc. Abbiamo qui il dottore della Legge che mette in dubbio la completezza della Rivelazione data a Mosè sul Monte Sinai!
Se ci fosse veramente stata quella riunione del Sinedrio, questa sarebbe risultata la più importante di tutta la storia del Sinedrio stesso, ed il solito Giuseppe Flavio l’avrebbe ovviamente annotata ed enfatizzata.
Il fatto poi che, come visto sopra, gli ebrei volevano uccidere Paolo perché ‘insegnava contro la Legge’ significa che non c’era stata prima nessuna ordinanza da parte del Sinedrio di non interferire con gli apostoli; quindi quella riunione del Sinedrio non c’è mai stata. Un’altra ‘fiction’ quindi.)
Siamo ancora al cap.22 ove Paolo proclama la sua cittadinanza romana. Qui abbiamo un fulgido esempio di ‘ autocertificazione’. Una prassi che io credevo nata nelle democrazie garantiste di stile anglo-sassone invece risulta applicata addirittura sotto l’impero romano.
Infatti Paolo un “Giudeo , fariseo figlio di farisei” viene creduto all’istante senza esibire certificazioni anzi succede che : “ ..Il tribuno ebbe paura rendendosi conto che Paolo era un cittadino romano e che lui lo aveva messo in catene” E questo fa molto Bibbia, cioè le solite esagerazioni.
Ma rimane rinchiuso nella fortezza e qui gli appare in sogno il Signore che gli dice al cap.23/10: “ Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma” A Roma quindi! Ma per ora Paolo viene trasferito a Cesarea.
Ma il trasferimento del prigioniero Paolo a Cesarea risulta un trionfo! Sentite cosa scrive il fantasista in ‘Atti’ al v.23:
“…preparate duecento soldati per andare a Cesarea insieme con settanta cavalieri e duecento lancieri, tre ore dopo il tramonto, siano pronte anche delle cavalcature e fatevi montare Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice”
Finalmente al cap.25, il nuovo governatore Festo chiede a Paolo se vuole andare a Gerusalemme per essere giudicato in presenza dello stesso Festo ma lui risponde con la famosa frase : “ Io mi appello a Cesare” e Festo risponde : “ Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai” Finalmente è fatta! Paolo andrà a Roma, a spese della “Ditta”.
Ma Festo, uomo saggio e prudente, approfitta della presenza del Re Agrippa e consorte a Cesarea e gli sottopone il caso al cap.26. Altra discussione e arringa di Paolo dopo la quale Agrippa dice:
“Quest’uomo non ha fatto nulla che meriti la morte o le catene… costui poteva essere rimesso in libertà se non si fosse appellato a Cesare”
Ora anche Festo, come dice lui stesso al cap.25/19, aveva capito che il problema fra Paolo ed i giudei erano: “..alcune questioni relative alla loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù morto..” Quindi che ci azzecca Paolo con l’appello all’imperatore???? Nella vita reale se si fosse prospettato un caso del genere ad un governatore romano questi si sarebbe limitato a dare quattro legnate ad un simile rompiscatole e l’avrebbe mandato a casa a pedate nel sedere. Un governatore aveva il potere non solo dello ‘Jus Gladii’ , cioè uccidere , ma anche quello ovvio di filtrare richieste assurde di sedicenti cittadini romani.
Ma il nostro fantasista di ‘Atti’ fa apparire l’impero romano come una democrazia liberale garantista del XX° secolo per cui Paolo andrà a Roma.
Paolo parte per Roma quindi, accompagnato da un solo centurione per fare economia e , come sapete già, quel viaggio fu molto lungo e pieno di peripezie ma qui non ci interessa dilungarsi su questo e parliamo dell’arrivo in Italia.
Nel cap.28 vediamo che Paolo arriva a Pozzuoli. Interessante notare che lì, siamo negli anni ‘ 50 del I° secolo, già incontra alcuni fratelli in fede (v.13). Strabiliante notare con che velocità la ‘Buona Notizia’ era già diffusa nei piccoli centri prima ancora che arrivasse l’apostolo a Roma.
Ora Paolo è finalmente a Roma e gli viene concesso di abitare per conto suo con un soldato di guardia. Cerca di fare proselitismo presso gli ebrei ma con poco successo. A questo punto la Bibbia di Gerusalemme, che ho usato qui, in fondo alla pagina 343 scrive in grassetto : “Epilogo” e comincio a leggerlo:
“Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunziando il Regno di Dio e insegnando le cose riguardanti Gesù Cisto con tutta franchezza e senza impedimento”
Poi giro la pagina per continuare a leggere ma la pagina è bianca!!!!! Atti finisce lì! Troncato lì!!!
E L’APPELLO A CESARE??? Che fine ha fatto? Eh, il fantasista non se l’è sentita di fare come il suo omonimo che scrisse di Mosè in Egitto ai tempi dell’Esodo; eravamo nell’epoca lontana dei geroglifici, lo scrittore di allora si era permesso di scrivere sempre Faraone, faraone, faraone senza mai indicare come si chiamava appunto quel faraone che dialogava con Mosè.
Qui siamo in altra epoca, a Roma , ai tempi di Paolo c’erano accurati Archivi di Stato, un appello a Cesare, cioè all’imperatore in carica, si sarebbe annotato in archivio con tanto di nome del ‘Cesare’ stesso. Qui la balla non sarebbe passata inosservata nemmeno al più pio dei credenti.
Poi in genere, quando uno scrive fa un discorso compiuto, questa storia, da un punto di vista di tecnica letteraria è tronca, manca un finale. Probabilmente il fantasista è andato avanti a raccontare ancora favole ma la Chiesa ha preferito censurarle. Il troppo storpia. Comunque quanto scritto penso sia sufficiente per affermare che questo Paolo non è mai esistito.
E’ esistito il Paolo di alcune Lettere, quattro per alcuni , sei o sette per altri, ma questo è un altro discorso, interessante ed intrigante.