La Sindone riprodotta, bufala atea

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predestinato74

La Sindone riprodotta, bufala atea

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la WT:
*** w91 15/11 p. 4 Dio approva il culto delle reliquie? ***
la datazione col metodo del radiocarbonio ha dimostrato che la Sindone di Torino è un falso. È interessante notare la domanda posta dal noto vaticanista Marco Tosatti nel 1988, mentre infuriava la polemica sulla Sindone di Torino: “Se l’analisi scientifica applicata alla Sindone fosse estesa anche ad altri oggetti di devozione popolare, quale sarebbe il verdetto?” — Stampa Sera, 17 ottobre 1988.
È ovvio che nessuna persona saggia vorrebbe venerare una reliquia falsa.
La Sindone riprodotta, bufala atea
Di Giuliano Guzzo

L’ateismo, osservava Mathieu Delarue, non è una conclusione, bensì un punto di partenza. Ed è vero: molto spesso l’ateo aborrisce le grandi domande – che lo indurrebbero, in poco tempo, a comprendere quanto sia illogico negare Dio – mentre predilige le risposte iniziali, brevi ed immediate. E quando qualcosa osa minacciare il suo pensiero, rigidamente schematico, l’ateo non sa darsi pace: vuole assolutamente dimostrare che quel “qualcosa” è falso e illusorio.

Un curioso e recente esempio dell’infaticabile interesse di certi atei a dissacrare - anche umiliando la stessa ragione cui dicono di rifarsi - tutto ciò che potrebbe indurli a ripensare i propri pre-giudizi è la Sindone, “la più misteriosa reliquia in nostro possesso” per dirla con Valerio Massimo Manfredi. Quel telo - studiando il quale più di qualche scienziato ha trovato la fede - per anni ha rappresentato agli occhi di molti non credenti un interrogativo troppo ingombrante, da rimuovere ed evitare. Tuttavia, negli ultimi decenni, com’è noto, gli atei hanno avuto una parziale rivincita sul celebre sudario: la datazione medievale della Sindone, effettuata nel 1988.

Poco importa che 250 dei 300 studi scientifici sulla Sindone – che la rendono, fra l’altro, l’oggetto più esaminato della storia – depongano a favore della sua autenticità e poco importa che Michael S. Tite, uno degli esaminatori dell’88, abbia dichiarato in anticipo di essere assolutamente certo – alla faccia dell’imparzialità degli scienziati – che la Sindone non fosse autentica, la datazione al Carbonio 14 del 1988 per lo scettico non credente non si tocca: è sacra. E pensare che lo stesso Christopher Bronk Ramsey, direttore del laboratorio di Oxford, uno dei tre dove fu esaminato il sudario nell’88, ha recentemente riconosciuto che “chiunque abbia lavorato in questo settore, scienziati esperti di radiocarbonio ed altri esperti, debbano dare uno sguardo critico alle prove che hanno prodotto”.

A molti scettici le parole di Ramsey non fanno né caldo né freddo. E così l’articolo di “Nature” che già nell’89 mise in luce gli errori statistici del carbonio 14, gli studi del fisico Harry Gove, il padre della moderna datazione radiocarbonica - che in un lavoro pubblicato su “Nuclear Instruments and Methods in Physics Research” ammette che la presenza di funghi e batteri può aver contaminato il campione sindonico che fu datato -, e quelli del chimico Raymond Rogers, che su "Thermochimica Acta” ha dimostrato che nel campione datato c’era un rammendo invisibile che, di fatto, rende inattendibili gli esami dell’88.

Ma siccome gli scettici sono tutt’altro che sprovveduti, e hanno capito, anche se è impossibile per loro ammetterlo, che la datazione medievale della Sindone, in sé, fa acqua da tutte le parti, da qualche anno si sono rimessi all’opera con rinnovata grinta e una grandiosa ambizione: riprodurre il telo, realizzando così la definitiva e inappellabile confutazione della reliquia tanto cara ai cristiani, i quali – è bene precisarlo – non fondano la fede su di essa, anche se, indubbiamente, rappresenta se non una prova quanto meno un suggestivo indizio della risurrezione di Cristo. L’annuncio della presunta ri-produzione della Sindone è stato dato lo scorso 5 ottobre, quando il quotidiano “La Repubblica” ha dedicato un’intera pagina proprio a questo scoop:”Per la prima volta la Sindone è stata riprodotta in ogni singolo dettaglio”(La Repubblica, 5/10/09, p.31) erano le parole dell’autore dell’opera, il chimico Luigi Garlaschelli, docente di chimica organica all’Università di Pavia nonché membro del Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale.

Non fu da meno il quotidiano torinese “La Stampa”, che diede ampio risalto all’impresa:”Un telo di lino, un professore di chimica e un po’ di tecnologia colorata. Ecco una Sindone nuova di zecca, a grandezza naturale, del tutto simile a quella custodita a Torino” (La Stampa, 5/10/09). Anche “Focus Storia” di questo mese ha raccontano con entusiasmo manifesto il lavoro di Garlaschelli: “Il risultato è molto somigliante all’originale: un’immagine tenute, sfumata […] tutte caratteristiche che si dicevano irriproducibili, ottenute invece in un colpo solo” (Focus Storia n. 42, aprile 2010, p.17). Nota bene: l’autore dell’articolo di “Focus Storia” è Massimo Polidoro, co-fondatore, insieme a Piero Angela, Margherita Hack e Silvio Garattini, proprio del Cicap, il comitato cui aderisce Garlaschelli. Nessun dubbio, dunque, sulla sincerità delle sue lodi alle gesta del socio.

Ma torniamo alla copia della Sindone. Prima di verificare l’attendibilità dell’esperimento di Garlaschelli – finanziato, guarda caso, dall’UAAR: Unione degli atei e agnostici razionalisti -, dobbiamo precisare subito un “particolare”: se da un lato non possiamo escludere che il chimico, come afferma, abbia studiato con maniacale attenzione tutti i 300 studi eseguiti sulla Sindone, dall’altro è bene sottolineare - sempre rifacendoci a quanto dice lui stesso - che non ha mai avuto modo di analizzare in prima persona il sudario che ha poi voluto riprodurre: si è attenuto a delle semplici fotografie. Può apparire una sottolineatura polemica, invece non lo è affatto; va piuttosto considerata una precisazione doverosa, dato che sono davvero in tanti a considerare il manufatto di Garlaschelli non soltanto poco serio sperimentalmente, ma persino ridicolo.

Colpisce in particolare l’ostinazione con la quale l’autore della copia della Sindone abbia finora sottratto il suo manufatto ad analisi come la profondità submicrotetica della colorazione del suo telo: come mai tanta ritrosia? Sui “colori” utilizzati da Garlaschelli – strano ma vero - persino i seguaci dell’UAAR hanno espresso perplessità; consultando il blog più anticlericale d’Italia è possibile infatti apprendere della delusione di più di qualche ateo sulla metodologia sperimentale adottata dal chimico del Cicap: “Leggo che Garlaschelli ha usato dell’ocra. Eppure la presenza di sangue sul telo sembra sia indubbia. Perchè non ha usato il sangue di qualche animale?”. Del resto, anche Giulio Fanti, docente di Misure Meccaniche e Termiche all’Università di Padova ha chiesto addirittura davanti alle telecamere di “Porta a Porta” di poter analizzare il manufatto del Cicap: niente da fare. Paradossalmente, proprio quelli del Cicap - che tanto amano controllare le affermazioni sul paranormale - si rifiutano di sottoporre a verifiche le loro . E pensare che sarebbe davvero interessante vedere se l’immagine del manufatto di Garlaschelli è come quella della Sindone vera, che ha già mostrato resistenza a ben 25 solventi da laboratorio.

Tornando alla presenza del sangue - stranamente messa in discussione da Massimo Polidoro - meritano di essere sottolineati i numerosi studi che, negli ultimi decenni, l’hanno provata. Pensiamo al test positivo dell’emocromo, della bilirubina, della cianoemoglobina, dell’albumina e alla dimostrazione dell’esistenza di proteine (Esame di Heller ed Adler, 1978), oppure alla verifica della fibrinolisi interrotta dopo 36-40 ore (Esame di Brillante – Baima Bollone, 1982). Insomma, l’uomo della Sindone è stato indubbiamente torturato. Ragion per cui, chi sostiene l’autenticità della datazione medievale del celebre sudario deve prendersi la responsabilità delle proprie affermazioni e aver il coraggio di sostenere che il geniale falsario avrebbe anzitutto dovuto procurarsi il cadavere di un uomo trentenne crocifisso – impresa tutt’altro che semplice, nel Medioevo-, oppure crocifiggerlo egli stesso.

Inoltre avrebbe dovuto, anticipando l’invenzione del microscopio, aggiungere sul telo svariate decine di elementi invisibili a occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite e altro ancora; avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata la XIX secolo - perché la Sindone è un’immagine in negativo; avrebbe dovuto saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita e in altri con sangue post-mortale, rispettando inoltre, nella realizzazione delle colature ematiche sulle braccia, la legge di gravità, scoperta nel 1666. Insomma, il falsario della Sindone avrebbe dovuto essere un gigante della scienza, un genio assoluto; un genio del quale, stranamente, non si ha la benché minima traccia storica. Qualcuno ha fatto il nome di Leonardo da Vinci, dimostrando di non sapere che ci sono testimonianze plurime che attestano la presenza della Sindone in Europa, precisamente in Francia, 99 anni prima della nascita del celebre artista.

In ogni caso, l’ipotesi del falsario deve fare i conti con un altro dato inspiegabile, ossia il modo col quale l’uomo della Sindone sarebbe stato estratto dal telo: decine di dettagliate analisi hanno dimostrato che non c’è la minima traccia di trascinamento. Che la Sindone sia effettivamente inspiegabile, nel 2002, lo riconobbero persino i soci del Cicap che, in un loro convegno, riconobbero che “non è chiaro” come si sia formata quell’immagine. Non a caso, anni fa, un noto studioso fu costretto ad ammettere che, secondo le conoscenze scientifiche attualmente in nostro possesso, quel sudario “non dovrebbe esistere”. Poi, tutto ad un tratto, ecco sbucare Garlaschelli con la sua copia della Sindone realizzata servendosi di un bassorilievo sul quale è stata applicata della vernice a secco che avrebbe prodotto immagini negative, che sarebbero inspiegabili.

Peccato la teoria del bassorilievo, riscaldato, strofinato o verniciato, sia stata esclusa, giudicata impraticabile e quindi abbandonata da almeno tre decenni dopo che gli scienziati statunitensi dello “Shroud of Turin Research Project” pubblicarono dettagliatamente i loro risultati su prestigiose riviste internazionali. D’altronde, chi non ha nulla da temere fa bene a rendere noti metodologia ed esiti dei propri studi. Altri, invece, preferiscono fare annunci ad effetto celebrati con insolito favore dai mass media ma sostanzialmente privi di qualsivoglia valenza sperimentale. Perché la Sindone, di fatto, rimane inspiegabile. Un libro di Emanuela Marinelli, che, a differenza di tanti suoi critici, l’ha studiata in prima persona e che ha scritto decine di testo sul telo sindonico, si chiude con questa riflessione: “la Sindone è un documento sconvolgente: se è autentica, è frutto di un amore sovrumano; se non è autentica, è frutto di un genio sovrumano”.

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Trianello
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Messaggio da Trianello »

A parte tutte le considerazioni di carattere più tecnico (comprese quelle sulla datazione al radiocarbonio che oggi è messa in dubbio dagli stessi tecnici che la hanno realizzata), una cosa "sorprendente" della Sindone è la posizione dei buchi dei chiodi sull'uomo raffigurato. Se la Sindone fosse un falso medievale, infatti, non si spiegherebbe il motivo per cui i buchi dei chiodi non appiono sui palmi dell'uomo, ma sui suoi polsi. Nel Medioevo, infatti, e nel Rinascimento, l'iconografia rappresentava il crocefisso sempre con i chiodi infitti nei palmi delle mani e mai nei polsi. Un falsario medievale o rinascimentale ben difficilmente si sarebbe scostato, su una cosa tanto evidente, dall'iconografia imperante (anche ammesso che, per qualche ragione, avesse intuito che i polsi fossero, da un punto di vista storico, il luogo più appropriato su cui rappresentare i buchi dei chiodi).
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shanina
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Trianello ha scritto:A parte tutte le considerazioni di carattere più tecnico (comprese quelle sulla datazione al radiocarbonio che oggi è messa in dubbio dagli stessi tecnici che la hanno realizzata), una cosa "sorprendente" della Sindone è la posizione dei buchi dei chiodi sull'uomo raffigurato. Se la Sindone fosse un falso medievale, infatti, non si spiegherebbe il motivo per cui i buchi dei chiodi non appiono sui palmi dell'uomo, ma sui suoi polsi. Nel Medioevo, infatti, e nel Rinascimento, l'iconografia rappresentava il crocefisso sempre con i chiodi infitti nei palmi delle mani e mai nei polsi. Un falsario medievale o rinascimentale ben difficilmente si sarebbe scostato, su una cosa tanto evidente, dall'iconografia imperante (anche ammesso che, per qualche ragione, avesse intuito che i polsi fossero, da un punto di vista storico, il luogo più appropriato su cui rappresentare i buchi dei chiodi).
A me fa pensare anche il caschetto di spine che l'uomo della Sindone,porta sul capo.Nell'iconografia medievale,non mi pare di avere mai visto raffigurato il Cristo con un caschetto di spine in testa,ma sempre con una fila di spine,a mò di corona,che lasciavano scoperta la sommità della testa.
Toni21
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Messaggio da Toni21 »

Io mi chiedo: se nel medioevo, con le pochissime conoscense scientifiche e scarsi strumenti a disposizione, qualcuno è stato capace di creare un falso così perfetto, oggi che abbiamo raggiunto un grande livello di conoscenze scientifiche, siamo in grado di analizzare tutti i materiali, di datare i reperti ritrovati, abbiamo dei computer così potenti che permettono di fare di tutto, sappiamo manipolare il raggio laser per creare degli ologrammi, ecc..., non saremmo in grado di creare un falso alla pari della Sindone? Io mi aspetterei qualcosa di più. Allora è stato un bravissimo genio il presunto falsario della Sindone? Oppure siamo una frana tutti noi uomini contemporanei, che, con tutti gli strumenti e conoscenze a disposizione, non sappiamo riprodurre un falso identico alla Sindone?
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shanina
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Messaggio da shanina »

Toni21 ha scritto:Io mi chiedo: se nel medioevo, con le pochissime conoscense scientifiche e scarsi strumenti a disposizione, qualcuno è stato capace di creare un falso così perfetto, oggi che abbiamo raggiunto un grande livello di conoscenze scientifiche, siamo in grado di analizzare tutti i materiali, di datare i reperti ritrovati, abbiamo dei computer così potenti che permettono di fare di tutto, sappiamo manipolare il raggio laser per creare degli ologrammi, ecc..., non saremmo in grado di creare un falso alla pari della Sindone? Io mi aspetterei qualcosa di più. Allora è stato un bravissimo genio il presunto falsario della Sindone? Oppure siamo una frana tutti noi uomini contemporanei, che, con tutti gli strumenti e conoscenze a disposizione, non sappiamo riprodurre un falso identico alla Sindone?
Per giunta,di questo genio,non ci è stata lasciata nessuna traccia storica.............
predestinato74

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Toni21 ha scritto:Io mi chiedo: se nel medioevo, con le pochissime conoscense scientifiche e scarsi strumenti a disposizione, qualcuno è stato capace di creare un falso così perfetto, oggi che abbiamo raggiunto un grande livello di conoscenze scientifiche, siamo in grado di analizzare tutti i materiali, di datare i reperti ritrovati, abbiamo dei computer così potenti che permettono di fare di tutto, sappiamo manipolare il raggio laser per creare degli ologrammi, ecc..., non saremmo in grado di creare un falso alla pari della Sindone? Io mi aspetterei qualcosa di più. Allora è stato un bravissimo genio il presunto falsario della Sindone? Oppure siamo una frana tutti noi uomini contemporanei, che, con tutti gli strumenti e conoscenze a disposizione, non sappiamo riprodurre un falso identico alla Sindone?
:quoto100:

ma chissà prima o poi salterà fuori qualcuno che parlerà di conoscenze segrete andate perdute, alieni rettiliani ecc :risata:
Toni21
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Messaggio da Toni21 »

predestinato74 ha scritto:ma chissà prima o poi salterà fuori qualcuno che parlerà di conoscenze segrete andate perdute, alieni rettiliani ecc :risata:
E già! Chissà perchè tutte le fantasie più strane vengono bene accette, e le verità storiche vanno negate a tutti i costi!!
flabot
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Messaggio da flabot »

Ecco un assaggio di pensieri diversi, uno dice che è un falso, l'altro dice che non lo sa e non gli importa di saperlo





Caro don Ghiberti, propongo di iniziare questo nostro scambio sulla Sindone partendo da lontano: cioè, dal tempo in cui conosciamo la sua esistenza. Che, comunque, non è così lontano quanto quello al quale vorrebbero
risalire coloro che la ritengono autentica.
Mi permetto di ricordare, che la conquista di Costantinopoli del 1204 rivelò all’Occidente la cornucopia di reliquie conservate nei santuari di Bisanzio. Comprate o trafugate dai Crociati, in breve tempo esse andarono ad arricchire il patrimonio di meraviglie sacre conservate nelle chiese medievali, per l’elevazione spirituale dei fedeli e materiale del clero, e furono sbeffeggiate dal Belli nel sonetto La mostra de l’erliquie. […] Benché alcune di queste reliquie siano (state) conservate nelle basiliche più sacre della cristianità, da Santa Maria Maggiore a San Giovanni in Laterano, chiunque argomentasse seriamente oggi a favore della loro attendibilità storica verrebbe quasi sempre preso per matto. Quasi, ma non sempre, almeno a giudicare dai milioni di fedeli che accorrono a Torino a vedere la Sindone. O meglio, una delle quarantatré sindoni di cui si ha notizia: alcune con immagini, altre no. Molte andate distrutte da incendi e, come già ironizzava Calvino, prontamente rimpiazzate. Una, quella “m i ra c o l o s a ” di Besançon, distrutta per ordine del Comitato di salute pubblica durante la Convenzione nazionale della Rivoluzione francese.
La Sindone di Torino, un telo di lino di circa quattro metri per uno, apparve per la prima volta nel 1353 presso Troyes, nel cuore della regione di Chartres e Reims, famose per le loro cattedrali. Il telo reca una doppia immagine, fronte e retro, di un cadavere nudo, rappresentato secondo i canoni e le proporzioni dell’arte gotica dell’epoca: figura rigidamente verticale, gambe e piedi paralleli, tratti del viso più caratterizzati di quelli del corpo. La presenza di segni di ferite in perfetto accordo con il racconto evangelico della passione poteva far supporre che
quella fosse un’immagine impressa dal corpo di Cristo sepolto, stranamente mai menzionata nei testi sacri, né rappresentata iconograficamente nel Primo millennio.
Nel 1389 il vescovo di Troyes inviò però un memoriale al Papa, dichiarando che il telo era stato “artificiosamente dipinto in modo ingegnoso”, e che “fu provato anche dall’artefice che lo aveva dipinto che esso era fatto per opera umana, non miracolosamente prodotto”. Nel 1390 Clemente VII emanò di conseguenza quattro bolle, conle quali permetteva l’ostensione ma ordinava di “dire ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola
fatta a raffigurazione o imitazione del Sudario”.
Alla testimonianza storica del Pontefice di allora, evidentemente diverso dai suoi successori di oggi, possiamo ormai aggiungere la conferma scientifica della datazione al radiocarbonio effettuata nel 1988 da tre laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, su incarico della diocesi di Torino e del Vaticano: la data di confezione della tela si situa
tra il 1260 e il 1390, e l’immagine non può dunque essere anteriore.
Stabilito che la Sindone è un artefatto, rimane da scoprire come sia stata confezionata. L’immagine è indelebile, essendo sopravvissuta sia a ripetute immersioni in olio bollente e liscivia effettuate nel 1503 in occasione di un incontro tra l’arciduca Filippo il Bello con Margherita d’Austria, sia al calore di un incendio del 1532, che la danneggiò in più punti. Inoltre, è negativa (le parti in rilievo sono scure, quelle rientranti chiare), unidirezionale (il colore non è spalmato), tridimensionale (l’intensità dipende dalla distanza tra la tela e la parte rappresentata), e ottenuta per disidratazione e ossidazione delle fibre .
Siamo dunque di fronte non a una pittura ma a un’impronta , che certo non può essere stata lasciata da un cadavere. Dal punto di vista anatomico, infatti, le immagini frontale e dorsale non hanno la stessa lunghezza (differiscono di quattro centimetri), ma hanno la stessa intensità, benché il peso avrebbe dovuto essere tutto scaricato sul retro. L’avambraccio destro è più lungo del sinistro. Le braccia sono piegate, ma le mani ricoprono il pube, il che richiederebbe una tensione delle braccia o una legatura delle mani. Le dita sono sproporzionate, e l’indice e il medio sono uguali.
Posteriormente si vede l’impronta del piede destro, benché le gambe siano allungate. Dal punto di vista geometrico, l’impronta stereografica lasciata da un corpo o da una statua sarebbe distorta e deformata, soprattutto nella faccia: esattamente come accade per la famosa “maschera di Agamennone”, che è distorta proprio perché
aderiva al volto del defunto, e contrasta apertamente con la raffigurazione veristica della Sindone. Solo un bassorilievo di poca profondità può lasciare un’impronta simile.[...]
A ciascuno dei fatti oggettivi che ho esposto è naturalmente possibile opporre opinioni soggettive, invocanti cause naturali o soprannaturali, nel tentativo di ricondurre la ragione alla fede. La più fantasiosa fra quelle avanzate, tra pollini e monetine, è certamente l’ipotesi che imprecisati fenomeni nucleari avvenuti all’atto della resurrezione
atomica di Cristo abbiano modificato la struttura del telo, cospirando a falsarne la datazione in modo da farla coincidere proprio con il periodo della sua apparizione storica. Evidentemente, non c’è peggior sordo di chi non
vuol sentire. Coloro che invece hanno orecchie per intendere, intendono che il fatto miracoloso non sussiste.
Per me, dunque, il caso è chiuso. Ma sono curioso di conoscere la sua opinione sull’argomento: quello oggettivo che ci presenta la Sindone, ma anche quello soggettivo che ho esposto io.
Piergiorgio Odifreddi


Caro professor Odifreddi, vedo che siamo ambedue nativi della provincia di Cuneo e questo mi dà gioia e mi provoca simpatia. I cuneesi sono “quelli del gozzo” (quante bisticciate da ragazzo con quelli della provincia di Torino), ma anche se non si fanno tanti complimenti, per lo più finiscono per capirsi. […] A me sembra innegabile che l’immagine presente sulla Sindone raffiguri un uomo morto a causa della tortura della crocifissione.
Lei ha enumerato parecchie anomalie presenti nella figura sindonica, ma queste aumentano la stranezza misteriosa del reperto, senza però impedire la constatazione di fondo che dicevo: immagine di un uomo morto per crocifissione. La reazione di chi guarda questa immagine può essere varia: una persona con un po’ di cuore sente compassione per tanta sofferenza e indignazione per quella dimostrazione di crudeltà raffinata; sorge intanto la curiosità di capirci qualcosa. Chi ha un po’ di conoscenza della vicenda di Gesù di Nazareth si rende facilmente conto della corrispondenza che passa tra la vicenda dell’uomo della Sindone e quella che ha portato Gesù alla morte: glielo dice una tradizione di devozione, ma soprattutto ne ha conferma da quel poco o tanto che conosce dei racconti evangelici della passione di Gesù. A questo punto, se chi guarda ha la fede, nasce un sentimento spontaneo di interesse affettuoso per un oggetto testimone di un evento tanto importante per la sua vita.
Mi sembra che questo sentimento sia di natura prescientifica, perché viene prima che siano state poste e affrontate tutte le domande che il reperto suggerisce. Queste domande sorgono ben presto e io che guardo ci vado dietro con molto interesse, ma non mi sento condizionato dalle risposte che posso udire, perché la funzione di segno comunque è svolta da quell’oggetto, qualunque cosa possa pensare della datazione della sua origine e della modalità di formazione della sua immagine (che sono poi le due domande fondamentali provocate da quel reperto).
Penso che questa lettura sia determinante, perché relativizza non solo la scienza ma la Sindone stessa: il suo interesse fondamentale consiste nell’essere unsegno e questo funziona indipendentemente dalla consistenza
della sua natura (la scritta “senso unico” ha la stessa forza di segno sia che la trovi incisa su una lastra di metallo prezioso sia che l’abbiano stampata su cartongesso). La povertà di certezze è la forza della Sindone, e a me personalmente la rende anche cara. Partendo da questa lettura delle cose, non mi sento condizionato al discorso
dell’autenticità. C’è chi dice: per continuare a proporre la devozione alla Sindone, la Chiesa deve decidersi a definirne l’autenticità; e c’è chi dice: l’autenticità è del tutto esclusa e quindi la Sindone deve essere eliminata.
Non condivido nessuno dei due presupposti: che sia stata detta l’ultima parola sull’autenticità oppure che siano state portate prove definitive della non autenticità; e comunque non mi sento condizionato né dall’uno né dall’altro, perché nel primo caso comunque non avrebbe senso parlare di definizione (la Sindone non è un articolo di fede) e nel secondo caso resterebbe immutata la sua efficacia di segno. Il discorso a questo punto è tutt’altro che finito, ma può svolgersi in uno stato d’animo sereno. M’interessa molto sapere se questo lenzuolo ha veramente avvolto il cadavere di Gesù. [...] Certo è la causa di Gesù che viene in gioco con la Sindone. Se non fosse così, i misteri che essa porta in sé interesserebbero sì gli scienziati, ma verrebbero discussi in un loro gremio ristretto, se ne scriverebbe su qualche rivista letta da una dozzina di lettori, e tutto finirebbe lì. Certo la Chiesa ha la sua parte in questa proposta devozionale, ma credo proprio di poter dire – dall’esperienza delle tre ostensioni di cui ho avuto una particolare responsabilità – che il tono apologetico è stato evitato il più possibile, a costo anche di essere decisi nel determinare un orientamento corrispondente a chi avesse voluto pronunciamenti impropri.
Ognuno ha il suo modo di sentire, ma l’impostazione fondamentale ha cercato di essere coerente e ha avuto la gioia di sentirsi confermata dall’insegnamento del Papa, quando venne in pellegrinaggio nel 1998. Per conto nostro si ripeteva spesso che la Sindone non ha bisogno delle nostre esagerazioni; ciò che conta è l’attenzione e la disponibilità di vita di fronte al suo messaggio.
Giuseppe Ghiberti
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Una cosa particolarmente curiosa: il cosiddetto "volto santo" che si trova a Manoppello, se sovrapposto al volto impresso sulla Sindone, coincide in tutti i particolari anatomici...

http://www.voltosanto.it/Italiano" target="_blank

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Messaggio da flabot »

Achille Lorenzi ha scritto:Immagine

Una cosa particolarmente curiosa: il cosiddetto "volto santo" che si trova a Manoppello, se sovrapposto al volto impresso sulla Sindone, coincide in tutti i particolari anatomici...

http://www.voltosanto.it/Italiano" target="_blank" target="_blank

Achille


E questo, sarebbe secondo te, un argomento a favore o contro all'autenticità della Sindone? :boh: :boh: :boh: :boh: :boh: :boh:
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flabot ha scritto:E questo, sarebbe secondo te, un argomento a favore o contro all'autenticità della Sindone?
Ho solo parlato di un particolare curioso...
Tempo fa ho visto una foto del "volto di Manoppello" con allegata una velina trasparente della Sindone che si sovrapponeva perfettamente alla foto e ne rimasi colpito.
Non ho approfondito l'argomento, però mi pare quanto meno una coincidenza strana...
Che la Sindone sia stata copiata dal "volto santo"?
Oppure viceversa, che il "dipinto" di Manoppello si sia ispirato alla Sindone?
Anche questo dipinto (il volto di Manoppello) è oggetto di studi approfonditi che cercano di spiegarne l'origine, che sembra non essere tanto ovvia (un comune dipinto):
http://www.voltosanto.it/Italiano/detta ... .php?x1=15" target="_blank

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flabot ha scritto:Stabilito che la Sindone è un artefatto, rimane da scoprire come sia stata confezionata.
E chi lo ha stabilito?
flabot ha scritto:Siamo dunque di fronte non a una pittura ma a un’impronta
Se fosse un'impronta ci dovrebbero essere tracce di pigmento, ma visto che non ce ne sono bisogna considerare altre ipotesi: immaggine fotografica, energia nucleare, ecc..
flabot ha scritto: Dal punto di vista anatomico, infatti, le immagini frontale e dorsale non hanno la stessa lunghezza (differiscono di quattro centimetri)
Non sappiamo come si sia formata l'immagine, come si può stabilire se le proporzioni siano giuste?
flabot ha scritto: ma hanno la stessa intensità, benché il peso avrebbe dovuto essere tutto scaricato sul retro.
Questa considerazione va fatta solo se si è certi che sia un'impronta fatta con del pigmento.

Questo discorso del professor Odifreddi mi sembra un discorso a senso unico, cioè considerando solo l'ipotesi che si tratti di un'impronta, mi piacerebbe sentire il parere di altri esperti.
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Messaggio da Toni21 »

Aggiungo che, ammesso che si tratti di un'impronta fatta con un bassorilievo, ci sono dei punti di non poco conto da spiegare: come avrebbe potuto fare il falsario medioevane a riprodurre questa impronta? Avrebbe potuto cospargere il bassorilievo con del pgmento da entrambe i lati, poi adagiare il bassorilievo su una parte del lenzuolo, ripiegare l'altra parte del lenzuolo sulla parte frontale, e infine rimuovere il tutto. In questo caso le immagini fronte retro potrebbero avere le dimensioni rilevate nella Sindone, ma le intensità risulterebbero diverse, infatti, leggero quanto possa essere un bassorilievo, ha pur sempre un peso diverso dal semplice lenzuolo poggiato sopra; avrebbe potuto eseguire l'impronta in due fasi successive in modo da dare un'identica pressione da entrambi i lati, ma in questo caso le dimensioni dovrebbero essere identiche da entrambi i lati. E poi come ha fatto a non lasciare nessun segno di colatura, e nessun segno di rimozione del bassorilievo?
Inoltre il professor Odifreddi dovrebbe spiegarci come abbia fatto il falsario medioevale a cospargere sangue arterioso, sangue di cadavere e siero nei punti giusti e con le esatte colature secondo una precisa lagge di gravità, tutte nozioni sconosciute a quei tempi, e i segni di falgellazione? Se proprio ci sia stato un falsario, mi sembra molto più semplice che abbia usato un vero cadavere realmente flagellato, percorso e crocifisso a quella maniera, che un bassorilievo.
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