“Ciao Polymetis, mi ha colpito la tua affermazione che quando PAolo dice che......similmente anche le donne hanno cambiato il loro uso in uno contro natura , quello si riferisse alla pratica di sesso Anale.”
Per essere precisi la mia frase era stata: “In effetti c'è un versetto che alcuni contemporanei riferiscono all'omosessualità femminile, in Rm 1, ma si tratta di un'esegesi assai contemporanea e viziata dai nostri occhi moderni, visto che se andiamo a vedere le letture antiche vediamo che la gente leggendo quel versetto capiva che trattava di donne eterosessuali che avevano un comportamento "contro natura" in quanto facevano sesso anale coi loro mariti, e dunque il lesbismo non c'entra nulla.”
Qui affermo che le letture antiche vedevano in questo versetto un riferimento al sesso anale femminile, ed è così, in particolare Agostino e Clemente Alessandrino. Il primo autore di cui ho notizia che riferisce il passaggio ad una donna che va con una donna è Giovanni Crisostomo. Ma, da capo, anche qui si parla di una donna che va con una donna, e non di una lesbica che va con una lesbica, perché la categoria psichica di lesbismo non era nota.
Vorrei però dissipare alcuni equivoci che potrebbero sorgere da queste affermazioni, perché il modo in cui alcuni hanno reagito a quanto sto affermando mi fanno intendere che il mio pensiero è stato inquadrato all’interno di categorie filosofiche superflue al mio discorso. Ho rintracciato due difficoltà principali:
1)La mia lettura si inserirebbe in quelle che svalutano la parola di Dio, perché affermerebbe che se un testo dice qualcosa di poca attuale o poco politicamente corretto, vada “contestualizzato” nel senso dire guardare con commiserazione l’ignoranza dell’autore sacro e infischiarcene visto che noi siamo più evoluti. In sinstesi: io non prenderei la Bibbia sul serio trattandola come se dovessi cogliere i limiti storici di un testo religioso pagano, es. l'Iliade.
2)La seconda obiezione è che non ha nessuna rilevanza se l’orientamento sessuale fosse conosciuto o meno, perché, nel mondo in cui si condanna un atto sessuale in sé , le motivazioni per cui questo atto viene compiuto divengono irrilevanti. Questa condanna vale sia che l’atto lo compia un gay o un etero, visto che è l’atto esterno ad essere condannato.
Queste obiezioni sono da ribaltare. Quando dico che la Bibbia non è applicabile agli omosessuali contemporanei e alle loro storie d’amore non sto affermando che Paolo parli anche di loro, ma che la sua condanna sia poco moderna, e dunque da cancellare. La mia tesi invece vuole essere prettamente aderente al testo, cioè sto dicendo che se il testo di Romani non è applicabile agli omosessuali moderni non è perché dobbiamo infischiarcene delle pagine bibliche eticamente stantie, ma proprio perché il testo non parla di quello. La mia tesi dunque non è progressista, è una lettura che vuole essere letteralista della lettera ai Romani. Quello che sostengo è che siano i lettori di Romani che usano il testo in chiave omofoba ad essere infedeli al testo, e a fargli dire cose che non dice. Vale a dire che la mia lettura è quella aderente al testo e che rispetta le intenzioni di Paolo, la loro è una rilettura moderna campata per aria. Dunque le accuse sono da ribaltare: non io do una lettura moderna del testo, ma loro la danno.
I due fraintendimenti di cui ho parlato in realtà si richiamano circolarmente, ed è difficile stabilire da quale iniziare i miei chiarimenti.
Il primo punto, sul quale ogni esegeta sarebbe d’accordo, per ricostruire il significato di un brano, è di stabilire il contesto storico di un testo, e dunque di che cosa stia parlano, altrimenti non si fa un favore alla parola di Dio, ma la si violenta. La tesi che avevo qui sostenuto è che i rapporti di “un uomo con un uomo” che conosceva Paolo erano di un certo tipo, e solo di un certo tipo, cioè legati a pratiche o idolatriche, adulterine, o pederastiche, e che dunque poiché questi atti erano sempre abbinati a qualcosa di negativo, la condanna all’atto omoerotico venisse di riflesso al fatto che esso essa non poteva esplicarsi in un uso sano. Infatti questi rapporti tra maschi non si davano in coppie stabili come quelle che ora vogliono accedere al matrimonio ma erano ad esempio quelli della tipologia maestro-allievo, padrone (magari sposato)-schiavo, ecc.
L’idea alla base di questa argomentazione rende quasi superfluo chiedersi se Paolo conoscesse o meno l’idea di “omosessualità” e di “orientamento sessuale”, il punto è che nella società che lui vedeva queste relazioni tra persone dello stesso sesso non si davano in contesti dove la gente voleva costruire una famiglia ma per l’appunto solo come pratiche di sfogo sessuale parallelo alla vita matrimoniale con le donne. L’idea di coppie e famiglie gay è estranea sia alla società greca che a quella romana: la gente poteva avere un amante dello stesso sesso e l’idea era che questo fosse una cosa in parallelo alla sua vita matrimoniale con una donna, un modo per sfogare degli istinti o darsi a qualche pratica idolatrica strana. In questa prospettiva l’idea che avanzavo è che se Paolo condanna un rapporto di un uomo con un altro uomo è perché nella società che ha davanti questa tipologia di relazione si concretizzava sempre ed unicamente nelle tipologie sopra iscritte, e dunque, essendo inestricabilmente legata ad esse, ereditava per associazione la condanna che cadeva su di esse (ad esempio la condanna dell’idolatria, se il rapporto omoerotico era funzionale ad un culto orgiastico pagano). Il punto è che se Paolo condanna il rapporto omoerotico, è perché per l’appunto non conosce alcuna concretizzazione buona di questo rapporto. Sarebbe come se io scrivessi una frase in cui dico “giovani, astenetevi dall’eroina”. Perché scrivo questa frase? Perché io non conosco alcun uso buono dell’eroina, e nella mia epoca l’eroina si usa per drogarsi e basta. Ma ipotizziamo che fra 2 secoli si scopra che una piccola dose di eroina, combinata con altri farmaci, è una cura per il cancro. In quel caso la mia condanna dell’eroina pronunciata due secoli prima come va interpretata? Chi si rifacesse al mio pensiero, dovrebbe astenersi dall’eroina usata per curare il cancro? Il mio modesto parere è un no, ed anzi, si tradirebbe il mio pensiero se si evitasse di usare l’eroina. Il motivo per cui io davo una valutazione negativa dell’eroina è perché nella mia epoca serve solo per una cosa, cioè a drogarsi, quindi è vista negativamente perché sempre e solo associata a qualcosa di negativo. Ma nel momento in cui sorgesse un altro uso dell’eroina, sarebbe sciocco chi volesse cercare nei miei testi di due secoli prima una condanna di questo uso nuovo, perché io di quell’uso non ne sapevo niente, e la mia condanna della sostanza in questione derivava dal fatto che alla mia epoca aveva solo usi negativi, ed altri non se ne conoscevano. Similmente allora perché voler leggere in Paolo una condanna dell’amore delle coppie gay contemporanee, sulla base che si tratta sempre di atti tra due maschi, se noi sappiamo che la sua condanna dipende dal fatto che all’epoca di Paolo non esisteva una concretizzazione positiva di questa possibilità di vita a due, esattamente come nel mio esempio non esisteva un uso buono dell’eroina nell’epoca in cui scrivevo il mio oracolo profetico contro questa droga? Quando dico che la gente tradisce Paolo dandone letture omofobe, sono molto convinto di quello che dico, perché conoscendo la cultura greca e romana conosco bene le tipologie di rapporto che aveva in mente Paolo, e che dunque egli non parla delle tipologie di rapporti che interessano a noi.
Vorrei fare un esempio biblico di come sia scemo mettersi a condannare un atto in sé, senza conoscere le motivazioni che vi stanno dietro. C’è un passo di Giobbe abbastanza interessante di cui abbiamo discusso in questo forum tempo fa, perché la TNM vi dedica una tradizione tra le più illeggibili del suo corpus. In questo passo sostanzialmente una persona giusta si lamenta dicendo che la sua vita è stata corretta, ed egli non ha commesso delitti contro Dio. Tra i delitti che non ha commesso, e che sarebbero stati degni di un tribunale, figura un misterioso “mandare baci con la mano alla bocca”.
Giobbe 31, 24-27: Se ho riposto la mia speranza nell'oro e all'oro fino ho detto: «Tu sei la mia fiducia»; se godevo perché grandi erano i miei beni e guadagnava molto la mia mano; se vedendo il sole risplendere e la luna chiara avanzare, si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio, anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale. (CEI)
Ora, di che cosa sta parlando l’autore, e perché elenca tra le cose sgradite a Dio una faccenda tanto innocente come mandare baci con la mano alla bocca? Il punto è che all’epoca tale pratica era un gesto idolatrico, perché con la mano alla bocca si mandavano baci agli idoli, e abbiamo anche delle belle figurine mediorientali intente in questo atto di adorazione pagana.
Il punto è questo: avrebbe senso che noi oggi ci astenessimo dal mandare baci con la mano alla bocca dinnanzi al nostro amato? Io mi chiedo chi, sano di mente, risponderebbe che è sensato abolire i baci con la mano alla bocca. Infatti l’origine di tale condanna sta evidentemente del fatto che l’uso di quell’atto allora era idolatrico, e usato per il culto pagano, e anzi, era l’unico uso. Oggi invece nessuno facendo questo gesto ha in mente quest’uso, e dunque non avrebbe senso continuare a vietarlo. Lo stesso discorso vale per Paolo: se gli atti che lui vede sono sempre e solo connotati dall’abbinamento con pratiche idolatriche, pederastiche o adulterine, è ovvio che il gesto gli risulti negativo perché inserito in un determinato contesto. Ma non ha senso oggi usare quelle parole per condannare pratiche che Paolo non aveva in mente e non conosceva, perché farlo vuol dire tradire la Scrittura.
L’obiezione che la Scrittura debba per forza parlare anche dell’omosessualità moderna è certamente la più stupida. Noi rileviamo che in questi passi non se ne tratta, perché non era un problema che esistesse allora quello delle coppie che intente a voler costituire una famiglia, mentre si parla di rapporti omoerotici inseriti in altri contesti. E non si vede da dove dovrebbe sorgere la necessità che la Bibbia debba parlare di tutto, e dunque per forza ci debba essere anche un passo che parli di omosessuali. Non ne parla così come non parla di bioetica e statuto ontologico dell’embrione, trapianti di organi, donazioni di sangue, e tutta un’altra serie di questioni che semplicemente gli autori antichi non potevano neppure sognarsi. L’idea che la Bibbia tratti di tutto e sia in sé sufficiente per parlare di tutto è frutta di una deformazione protestante figlia di quell’astorica e ridicola dottrina che va sotto il nome di Sola Scriptura, dottrina che, paradossalmente, è essa stessa assente nella Scrittura, e dunque viene da chiedersi come i seguaci di tale ermeneutica possano credere a questa dottrina visto che dicono di trarre teologia solo dalla Bibbia ma nella Bibbia non c’è traccia di questa presa di posizione. So che i poveri TdG sono convinti del contrario, ma abbiamo già analizzato molte volte i passi in cui essi si illudono di trovare questa dottrina (es. Mc 7,1-13; 1Cor 4,6; 2Tm 3,16), mostrando che prendono delle cantonate. Ciò richiede però un altro discorso.
Ad maiora