Ego eimi.

La Bibbia dei Testimoni di Geova è davvero una traduzione fedele ed accurata delle Sacre Scritture?

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shanina
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Ego eimi.

Messaggio da shanina »

Il verbo Ego eimi,significa esclusivamente io sono,o può significare anche io ero?
Se Ego eimi ,significa soltanto ed esclusivamente io sono,quale è il verbo che signifca io ero?
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Trianello
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Messaggio da Trianello »

Significa "io sono". Non può significare "io ero": la prima persona dell'imperfetto greco del verbo essere suona en non eimi.
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shanina
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Messaggio da shanina »

Ne ero convita,perchè avevo letto alcune cose proprio su questo sito.Adesso sono sicura ,e domani sarò più agguerrita che mai hihihihihi

Grazie!
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Considera il fatto che l'uso che la locuzione "io sono" che fa Giovanni nel suo Vangelo, attribuendola sempre e comunque solo a Gesù e facendogliela usare anche in contesti in cui avrebbe dovuto coniugare il verbo in modo diverso, è una delle prove più stringenti del fatto che l'evangelista pensasse a Gesù quale Dio incarnato (visto il senso che tale locuzione aveva nella Settanta e, più in generale, nella tradizione ebraica).
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shanina
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Messaggio da shanina »

Trianello ha scritto:Considera il fatto che l'uso che la locuzione "io sono" che fa Giovanni nel suo Vangelo, attribuendola sempre e comunque solo a Gesù e facendogliela usare anche in contesti in cui avrebbe dovuto coniugare il verbo in modo diverso, è una delle prove più stringenti del fatto che l'evangelista pensasse a Gesù quale Dio incarnato (visto il senso che tale locuzione aveva nella Settanta e, più in generale, nella tradizione ebraica).
In aggiunta,mi è stato citato questo:"New Strong's Concise Dictionary of the Words in the Greek Testament 1995 p.26.".

Dicono che qui,il verbo ego eimi,significa sia io sono,io sono stato,io ero :boh:
Non conosco questo dizionario,purtroppo. :triste:
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polymetis
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In greco il tempo delle frasi collegate tra loro da legami sintattici viene influenzato vicendevolmente, anche in italiano è così. Se dico "prima che tu andasti a fare la spesa, io vado a sciare", sentiamo subito che il secondo verbo è al tempo sbagliato, avrebbe dovuto essere "prima che tu andasti a fare la stesa, io andai a sciare". Nel passo di Giovanni avviene per l'orecchio del lettore greco qualcosa di simile a quello che ho prodotto io col mio esempio italiano, quell'uso di "ego eimi" è sbagliato, non rispetta la consecutio temporum delle frasi, e infatti anche in italiano stona "prima che Abramo fosse, io sono". L'agiografo non vuole dunque semplicemente dire che Gesù esisteva prima di Abramo, ma sceglie il tempo presente con il preciso scopo di sottolineare qualcosa. I più ritengono che ci sia un parallelo voluto con Es 3,14 della LXX, dove Dio si definisce "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν" (Io sono colui che sono\io sono colui che è). Gesù dunque starebbe contemporaneamente sia dicendo che egli era prima di Abramo, sia che Egli è, dando una valenza atemporale ed assoluta alla frase. Non è che lui semplicemente fosse prima di Abramo, perché Egli non è né prima né dopo,"è" e basta, come s'addice a chi è l'assoluto fuori dal tempo. Alcuni potrebbero replicare che però in Esodo Dio non si definisce "Ἐγώ εἰμι", bensì che il nome sarebbe "ὁ ὤν", infatti dice "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν". Ma questa risposta non coglie è l'intero sintagma il "nome", cioè è l'intero sintagma a dare l'atemporalità dell'affermazione: "io sono...", ma cosa? "Colui che è". SI identifica ciò che Dio è, con ciò che Dio è: Dio è pura identità con sé stesso senza mutamento o divenire. Ed è a questo che mira la frase di Gesù in Giovanni. La discrepanza di "Ἐγώ εἰμι" risetto alla consecutio temporum dei verbi assolve alla stessa funzione di dare alla frase un sapore di atemporalità che svolgeva "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν". Vale a dire che in quel contesto, con quell'antecedente, l' ""Ἐγώ εἰμι" sulla bocca di Gesù è identico all' "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν" di Es 3,14 LXX.
A questo punto ti potrebbero replicare che in Es 3,14 non c'è affatto scritto "io sono colui che sono", perché in ebraico non esiste il verbo essere al presente, e dunque trattasi di un futuro. Ma intesero la frase come significativa di una metafisica dell'Esodo (come la chiamava Gilson) già i traduttori ebrei della LXX che infatti resero col presente. Inoltre, il punto non è cosa dica l'ebraico, ma cosa dica il greco. Il Nuovo Testamento cita più dalla LXX che dal testo ebraico, e dunque è sulla LXX che si basano le disquisizioni profetiche che gli scrittori sacri ogni tanto tirano fuori dal cilindro, profezie che magari nel testo ebraico non ci sono. E non ha neppure senso replicare che se che il NT scrive in greco e cita la LXX per lo più, Gesù conosceva l'ebraico e dunque non si sarebbe basato per fare un gioco di parole sulla frase del greco dei LXX. Questa argomentazione non avrebbe senso perché metà delle cose che Gesù dice in Giovanni non sono riconducibili al Gesù storico ma sono semplicemente il tentativo da parte dell'agiografo di esplicitare chi Gesù veramente fosse mettendogli in bocca delle affermazioni che chiarissero il suo ministero, e, giacché l'agiografo fu ispirato da DIo, queste affermazioni possono essere usate per fare teologia indipendentemente dal fatto che Gesù le abbia o meno realmente pronunciate.

In aggiunta,mi è stato citato questo:"New Strong's Concise Dictionary of the Words in the Greek Testament 1995 p.26.".

Non so cosa dica questo dizionario, ma è possibilissimo che Ἐγώ εἰμι all'interno di una consecutio temporum particolare, e dunque non usato sciolto da legami, assuma i significati di altri tempi italiani, perché il sistema verbale greco e quello italiano non sono sempre combacianti. Il verbo in greco ha un valore aspettuale, vale a dire che più che significare quando un'azione è stata compiuta, esprime la durata dell'azione. Ma non è che Ἐγώ εἰμι abbia preso a significare "io ero", semplicemente per motivi sintattici non si può che renderlo così in alcune lingue d'arrivo.

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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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Trianello
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Aggiungo la lista di alcuni versetti di Giovanni in cui appare questa locuzione:

Gv 8,24 “ … se infatti non crederete che Io Sono, morirete nei vostri peccati”
Gv 8,28 “Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e …”
Gv 8, 58 “Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono»”
Gv 13,19 “Ve lo dico fin d’ora prima che accada, perché quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono
Gv 18,5 "Gli risposero: "Gesù, il Nazareno". Disse loro Gesù: Io Sono. Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse "Io Sono", indietreggiarono e caddero a terra."

E' evidente che l'uso che l'evangelista fa di questa espressione sottintende l'identità sostanziale tra Gesù, quale Dio incarnato, e JHWH, l' "Io-Sono" dell'Esodo.
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shanina
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Messaggio da shanina »

Ok,tutto chiaro...........affilo i coltelli per domani. :balla:
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Messaggio da Mario70 »

shanina ha scritto:Ok,tutto chiaro...........affilo i coltelli per domani. :balla:
Quando ero non trinitario rispondevo a questa accusa citando questo:
LND Giovanni 9:9 Alcuni dicevano: "È lui". Altri: "Gli assomiglia". Ed egli diceva: "Io sono".
e rispondevo dicendo che anche il paralitico era Geova?

Anche quì compare ego eimi.
Diciamo questo che è anche il contesto ad indirizzarci nell'attribuire al figlio l'Io sono di esodo, perchè mai i giudei volevano lapidarlo dopo aver sentito queste parole?

Ciao
"La cosa più triste è che molto spesso chi viene ingannato, o illuso, tende a rimanere strettamente ancorato a quello in cui crede nonostante le evidenze indichino chiaramente che la realtà è diversa. Forse è talmente affezionato alle sue credenze che preferisce chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a qualunque cosa possa farle vacillare."
(Torre di Guardia 1/9/2010 p 10)
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Trianello
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Non solo dal contesto, ma anche dalla semplice struttura sintattica della frase in cui spesso appare.
Questa frase, per esempio, non avrebbe alcun senso se non sottintendesse la deità di Gesù.

"Ve lo dico fin d’ora prima che accada, perché quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono” (Gv 13,19)
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Luciano
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Messaggio da Luciano »

consideriamo anche l'escamotage di invertire soggetto e verbo, da "IO SONO" a "SONO IO", per sviare l'attenzione dall' "IO SONO" di esodo.

Nel greco la costruzione è "ego eimi" e non "eimi ego".
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Tiziano
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Messaggio da Tiziano »

shanina ha scritto:Ok,tutto chiaro...........affilo i coltelli per domani. :balla:
Tutto chiaro da te...qui a Imperia sono le 21 e 26 e fa buio :mrgreen: ho provato ad accendere la luce ma per me è sempre buio pesto
Cerco di spiegarmi..mi è chiaro il concetto per cui Giovanni riporta "Io sono",identificare Gesù con Dio ma mi resta difficile capire queste parole di polymetis
Alcuni potrebbero replicare che però in Esodo Dio non si definisce "Ἐγώ εἰμι", bensì che il nome sarebbe "ὁ ὤν", infatti dice "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν". Ma questa risposta non coglie è l'intero sintagma il "nome", cioè è l'intero sintagma a dare l'atemporalità dell'affermazione: "io sono...", ma cosa? "Colui che è". SI identifica ciò che Dio è, con ciò che Dio è: Dio è pura identità con sé stesso senza mutamento o divenire. Ed è a questo che mira la frase di Gesù in Giovanni. La discrepanza di "Ἐγώ εἰμι" risetto alla consecutio temporum dei verbi assolve alla stessa funzione di dare alla frase un sapore di atemporalità che svolgeva "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν". Vale a dire che in quel contesto, con quell'antecedente, l' ""Ἐγώ εἰμι" sulla bocca di Gesù è identico all' "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν" di Es 3,14 LXX.
Chi mi illumina per piacere
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Luciano
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Messaggio da Luciano »

Questo è quello che ho capito:
Giovanni 8:58: prima che Abraamo fosse nato, io sono
I due verbi non concordano, quindi l'IO sono è atemporale.
Gesù con questa sua affermazione non colloca la sua esistenza in un determinato periodo, ma la ammanta di immutabilità ed eternità.
Egli è allora, oggi e in eterno; sempre uguale a se stesso di eternità in eternità, da infinito a infinito.
Esodo 3:14: Io sono colui che sono
Il SIGNORE di esodo identifica sè con sè stesso in una dimensione fuori del tempo, non soggetto ad esso quindi immutabile.
Egli era, è e sarà sempre "Colui è".
Pertanto le due affermazioni hanno la stessa valenza; si tratta di due persone con lo stesso regale e divino attributo o addirittura della stessa persona.
Diversamente un uomo o una creatura può dire "io sono"con riferimento solo a quel delimitato momento.
Spero di non averti ulteriomente confuso.
Luciano
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Mario70
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Messaggio da Mario70 »

opepo ha scritto:
shanina ha scritto:Ok,tutto chiaro...........affilo i coltelli per domani. :balla:
Tutto chiaro da te...qui a Imperia sono le 21 e 26 e fa buio :mrgreen: ho provato ad accendere la luce ma per me è sempre buio pesto
Cerco di spiegarmi..mi è chiaro il concetto per cui Giovanni riporta "Io sono",identificare Gesù con Dio ma mi resta difficile capire queste parole di polymetis
Alcuni potrebbero replicare che però in Esodo Dio non si definisce "Ἐγώ εἰμι", bensì che il nome sarebbe "ὁ ὤν", infatti dice "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν". Ma questa risposta non coglie è l'intero sintagma il "nome", cioè è l'intero sintagma a dare l'atemporalità dell'affermazione: "io sono...", ma cosa? "Colui che è". SI identifica ciò che Dio è, con ciò che Dio è: Dio è pura identità con sé stesso senza mutamento o divenire. Ed è a questo che mira la frase di Gesù in Giovanni. La discrepanza di "Ἐγώ εἰμι" risetto alla consecutio temporum dei verbi assolve alla stessa funzione di dare alla frase un sapore di atemporalità che svolgeva "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν". Vale a dire che in quel contesto, con quell'antecedente, l' ""Ἐγώ εἰμι" sulla bocca di Gesù è identico all' "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν" di Es 3,14 LXX.
Chi mi illumina per piacere
Esodo è scritto in ebraico e troviamo eyeh asher eieh (non ricordo bene le parole ma più o meno suona così) e può essere tradotto oltre con "io sono colui che sono" con "io sarò quel che sarò".
La LXX greca ha tradotto l'ebraico che abbiamo visto sopra, con" ego eimi ho on" (io sono colui che è o io sono l'essente) i tdg spiegano che non è" Io sono" il nome di Dio ma "colui che è" ovvero non ego eimi ma ho on.
Poly spiega che non è proprio così, e che il nome è l'insieme di quelle parole e nel caso di Gesù dicendo solo la prima parte sott'intendeva l'intera frase.
Oltre a questo si può dire che anche Cristo è chiamato l'ho on e nel mio trattato l'ho scritto più volte, inoltre isaia chiama YHWH "ani hu" ovvero" io sono lui", altra conferma al nome divino.
Comunque dal momento che questo tema non è facile da spiegare e sono possibili altre spiegazioni, io mi indirizzerei ad altro.
ciao
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Tiziano
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Messaggio da Tiziano »

Grazie...ora mi è più chiaro...ma che cosa fa dire ai tdg che il "nome" è ho on?
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Messaggio da Trianello »

In questa interessante pagina del Sito di Achille si parla anche di questo:

http://www.infotdgeova.it/nome.html" target="_blank
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Mario70
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Messaggio da Mario70 »

Una domanda ai grecisti:
Il fatto che ego eimi sia stato scritto a fine frase è rilevante da un punto di vista grammaticale?
Mi spiego meglio, se in greco fosse stato sritto ad eempio all'inizio della frase, sarebbe cambiato qualcosa?
E' possibile attribuire maggiore enfasi osservando la posizione in cui queste parole sono state inserite?
"La cosa più triste è che molto spesso chi viene ingannato, o illuso, tende a rimanere strettamente ancorato a quello in cui crede nonostante le evidenze indichino chiaramente che la realtà è diversa. Forse è talmente affezionato alle sue credenze che preferisce chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a qualunque cosa possa farle vacillare."
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Messaggio da Adelfos »

Mario70 ha scritto:Una domanda ai grecisti:
Il fatto che ego eimi sia stato scritto a fine frase è rilevante da un punto di vista grammaticale?
Mi spiego meglio, se in greco fosse stato sritto ad eempio all'inizio della frase, sarebbe cambiato qualcosa?
E' possibile attribuire maggiore enfasi osservando la posizione in cui queste parole sono state inserite?
Stavo leggendo questa ormai datata discussione, però sarebbe stato interessante leggere una risposta dei grecisti alla domanda di mario
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

Mario70 ha scritto:Una domanda ai grecisti:
Il fatto che ego eimi sia stato scritto a fine frase è rilevante da un punto di vista grammaticale?
Mi spiego meglio, se in greco fosse stato sritto ad eempio all'inizio della frase, sarebbe cambiato qualcosa?
E' possibile attribuire maggiore enfasi osservando la posizione in cui queste parole sono state inserite?
Sì è in enfasi, ma questo perché sta a fine frase senza un predicato, quindi quel "Io sono" resta lì, come un masso erratico, in tutta la sua deflagrante potenza.
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Messaggio da Lizzy75 »

Ma come si può dimostrare che sia questo il significato se non ci credono? Una volta parlai di questo con un tdg internettiano, ma lui sosteneva che Gesù era sì un theos e non uno dei tanti theos della bibbia ma un theos superiore e non il Theos come lo è ontologicamente con il Padre. I testimoni di Geova credono che il Logos è theos, come lo era anche per gli apostoli e per i giudei che cercarono di lapidarlo, che lo accusavano di essere theos, sempre nel senso di “filiazione adottiva”, non “divina”,di cui gli ebrei erano a conoscenza, per cui i capi religiosi lo considerarono un impostore e un bestemmiatore: la bestemmia di cui fu accusato Gesù in Matteo 26:63-65 era che questi giudei riconoscevano che il Cristo era il Figlio di Dio nel senso di filiazione adottiva quale Re Messianico, invece Gesù andò oltre, riconoscendosi in un re Messianico di origine celeste, mentre i giudei si aspettavano, un Re Messianico terreno, che li avrebbe liberati instaurando un regno Messianico. Questo tdg sosteneva di aver studiato greco al liceo per cui sosteneva che il termine theos per Gesù, non assume un valore assoluto, come quando è riferito al Padre Geova , ma un valore relativo perchè per i tdg Gesù lo spiega citando il Salmo 82:6: “Non è scritto nella vostra Legge: “Ho detto: voi siete dei” (Gv. 10:34). Se sono chiamati dei i giudici d' Israele, non posso essere chiamato io “Figlio di Dio” (Gv. 10:36). Continuava in tal senso che Gesù pur essendo uno con il Padre è uno nel senso di unità, d' azione, d' intenti e non di unità ontologica. Poi diceva che nel Sinedrio i capi religiosi giudei convocarono tanti falsi testimoni, per condannare a morte Gesù, ma non trovarono nulla, se in Gv. 8:58 Gesù si fosse eguagliato ontologicamente a Dio, sarebbe bastato che uno dei testimoni fosse andato a dire al sinedrio che Gesù si era fatto “uguale a Dio” dicendo “ego eimi” , e sarebbe stato messo subito a morte ma ciò non successe… . Per i tdg non ci sarebbe scritto "io sono" [ego eimi] ma semmai se si guarda alla LXX "l'essente" [ho on]. Di fronte a queste così radicate convinzioni, voi che siete esperti del greco Koinè come si può ribattere dimostrando il contrario?
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Messaggio da polymetis »

Vedi, discutere coi TdG è problematico perché, viste le loro radicali convinzioni fondamentaliste circa il testo biblico, per farli contenti occorrerebbe scendere ad un livello di scientificità molto basso, e non è detto che uno studioso serio sia in grado di discutere provando a fare il fondamentalista. La risposta al perché nel Salmo si usa elohim per dei giudici umani è che banalmente elohim è il plurale di eloah, che significa giudice. Per di più il termine elohim passò ad indicare qualsiasi essere potente, ed in seguito, con la rivoluzione monoteistica dell'epoca del deutero-Isaia, fu ristretto nell'uso al solo Dio. Sicché il motivo per cui elohim a volte è applicato a uomini potenti, mentre nelle fasi successive della rivelazione ai soli dèi come li intendiamo noi, si deve ad un mutamento di significato del termine, dovuto anche al cambiamento di teologia avuto in Israele, cioè un passaggio dalla monolatria al monoteismo.
Qui dunque ci sono due cose difficili da far digerire a chi si accosti alla Bibbia in maniera pre-scientifica come fanno i TdG:
1)La prima è che l'ebraico non è una lingua omogenea nei secoli, come non lo è l'italiano. Se per ipotesi io oggi dicessi a qualcuno "sei proprio un duce!", cosa starei dicendo? Il riferimento sarebbe senz'altro al duce Mussolini, al quale verrebbe paragonata la persona di cui parlo, magari perché ha sempre voglia di comandare. Il punto è che in italiano medievale, ed anche in Dante, "duce" non vuol dire questo, bensì ha il senso del termine latino da cui deriva "dux" (cioè "guida", "colui che conduce"). Dante nell'Inferno chiama Virgilio duca\duce, e non ha in mente né titoli nobiliari né un brutto carattere imperioso di Virgilio, semplicemente la parola all'epoca significava quello.
Ora i TdG sono simili a chi, in una causa di tribunale dove il mio amico mi ha citato per vilipendio perché l'ho chiamato "duce", volessero impostare una difesa davanti al giudice citando Dante, e mostrando che nella Divina Commedia "duce"\"duca" vuol dire "guida", e dunque io non avrei offeso il mio amico.
Chiunque sappia l'italiano capirebbe subito che è un grossolano sofisma: i testi sono stati scritti a secoli e secoli di distanza, e il significato antico non era più attuale. Lo stesso per elohim. Non solo cambiò significato, ma per di più, dove non lo cambiò, la sua presenza riferita ad altri esseri diversi da YHWH si spiega con un culto monolatrico, che poi divenne monoteista. La monolatria si caratterizza per la presenza di piccoli dèi minori che attorniano un Dio maggiore, cioè Yhwh. I TdG con la loro buffa teologia hanno fatto regredire il cristianesimo a questa fase monolatrica, che l'ebraismo aveva superato all'epoca del deutero-Isaia, allorché Yhwh poteva dire "Prima di me non fu formato alcun dio né dopo ce ne sarà" e anche "Io sono il primo e io l'ultimo; fuori di me non vi sono dèi (elohim)." (Is 44,6-8)
Non ci sono elohim fuori di Yahweh. Questa è forse una contraddizione con passi precedenti della Bibbia dove elohim è applicato a uomini? Non necessariamente, perché nel frattempo elohim aveva cambiato di significato.
Al resto rispondo dopo pranzo, mi chiamano a tavola.

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Messaggio da polymetis »

Continuiamo la rassegna del perché è impossibile fare una discussione seria su basi scientifiche coi TdG. L'argomentazione del TdG in questione si chiedeva come fosse possibile che, al processo per bestemmia di Gesù, non sia saltato fuori qualcuno a testimoniare la frase di Gv 8,58 se questa significasse che Gesù si faceva Dio (cosa tra l'altro affermata esplicitamente da Giovanni (Gv 5,18).
A questa obiezione si possano dare due risposte, una scientifica, e una ad uso e consumo dei fondamentalisti che non sanno distinguere i piani. La risposta scientifica è che l'episodio di Gv 8,58 avrebbe avuto rilevanza al processo se quelle frasi fossero proprie del Gesù storico, ma siccome gran parte degli esegeti ritiene che i discorsi giovannei, proprio per la loro cristologia alta, non siano riconducibili al Gesù storico, chiedersi perché non siano stati rinfacciati a Gesù durante il processo è un falso problema.
Per capire quest'obiezione ovviamente il TdG in questione dovrebbe fare un totale riorientamento gestaltico dei suoi concetti base, in particolare del concetto di ispirazione, e capire che "ispirazione" non vuol dire "storicità", ma vuol solo dire che Dio ha voluto che quel brano fosse scritto così. Dunque quel brano può insegnare genuinamente che Gesù era Dio a prescindere dal problema se Geù l'abbia o meno pronunciato: se anche non l'avesse mai fatto, il punto è che comunque con tale brano l'evangelista voleva insegnarci che Gesù è Dio.
La risposta ad usum dei fondamentalisti invece è la seguente: nessuno durante il processo per bestemmia di Gesù gli ha rinfacciato quell'espressione perché il caso volle che nessuno dei presenti al processo fosse presente anche il giorno che Gesù pronunciò Gv 8,58, o che, se anche fosse stato presente, non ebbe il coraggio di farsi avanti al processo.
Comunque sia, è irrilevante, quello che disse Gesù era davvero un capo d'accusa che avrebbe potuto costare la lapidazione a Cristo, e lo sappiamo dal fatto che i giudei dopo quella frase tentano di lapidarlo. E' dunque possibile inferire che se i sinedriti avessero sentito quella medesima frase ripetuta al processo da un testimone avrebbero fatto lo stesso.

.
Per i tdg non ci sarebbe scritto "io sono" [ego eimi] ma semmai se si guarda alla LXX "l'essente" [ho on].
Ho risposto a questa stessa obiezione in uno dei post precedenti:
"Alcuni potrebbero replicare che però in Esodo Dio non si definisce "Ἐγώ εἰμι"[ego eimi], bensì che il nome sarebbe "ὁ ὤν"[ho on], infatti dice "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν"[ego eimi ho on]. Ma questa risposta non coglie che è l'intero sintagma il "nome", cioè è l'intero sintagma a dare l'atemporalità dell'affermazione: "io sono...", ma cosa? "Colui che è". SI identifica ciò che Dio è, con ciò che Dio è: Dio è pura identità con sé stesso senza mutamento o divenire. Ed è a questo che mira la frase di Gesù in Giovanni. La discrepanza di "Ἐγώ εἰμι" risetto alla consecutio temporum dei verbi assolve alla stessa funzione di dare alla frase un sapore di atemporalità che svolgeva "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν". Vale a dire che in quel contesto, con quell'antecedente, l' ""Ἐγώ εἰμι" sulla bocca di Gesù è identico all' "Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν" di Es 3,14 LXX. "

Vale a dire: chi legga i LXX percepisce la frase come un "io sono colui che sono" o "io sono l'essente", e lo stesso effetto sortisce la frase di Gesù in Gv 8,58, perché quel presente è grammaticalmente sbagliato, tanto in greco quanto in italiano, e sta lì apposta per segnalare che Gesù non è qualche "x", ma "è" e basta.

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Lucifero il Figlio dell'Aurora
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Messaggio da Lucifero il Figlio dell'Aurora »

Vorrei fare una considerazione sulla lista di passi portati da Trianello dove Gesù dice di essere semplicemente "Ego Eimi" (senza complemento), e quella di Mario dove dice che è il contesto a far capire come dovrebbe essere considerato un determinato passo.

Prendiamo ad esempio Gv 13:19. Perchè non viene dato risalto al fatto che Gesù abbia detto di essere Dio, ma quel "Ego Eimi" sia stato detto come per en passant in un discorso più ampio senza che venga spiegato ulteriormente cosa sia o ci sia la minima passibilità di reazione da parte dei discepoli? Addirittura, per la Nuova Diodati Gesù in quel passo voleva dire semplicemente " Ve lo dico fin d'ora prima che avvenga, affinché quando sarà avvenuto, crediate che io sono il Cristo" e quindi ad ordinare di credere in lui in quanto Messia e non in quanto Dio.

Ed ancora più perplesso mi lasciano gli "Ego Eimi" citati al cap. 8. Se i farisei volevano veramente lapidare Gesù perchè con quel "Ego Eimi" aveva dichiarato di essere Dio, come mai Gesù ha potuto pronunciarlo all'interno del capitolo per altre ben due volte senza che i farisei avessero immediatamente preso le pietre per lapidare Gesù? Addirittura quando Gesù dice "se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati" i farisei gli rispondono "e tu chi sei?". Cioè è chiaro che per i farisei l'udire di essere "l'Ego Eimi" da parte di Cristo non suscitava in loro alcuna reazione non avevano la più pallida idea che significasse che Gesù avesse voluto equipararsi a Dio citando Esodo 3:14. Ma avesse semplicemente quel significato basilare che usiamo pure in Italiano.

Ora, è certamente vero che i farisei volevano lapidare Gesù anche perchè credevano che si facesse uguale a Dio, ma non era l'unico motivo principale...i farisei volevano ucciderlo perchè violava il sabato, perchè aveva detto di distruggere il tempio di Gerusalemme, perchè compiva i miracoli per mezzo del Diavolo...sempre secondo la loro comprensione, ovviamente. E non viene detto per quale motivo i farisei volevano lapidare Gesù alla fine del cap.8 viene semplicemente riportato il fatto, senza nessun commento da parte del narratore. Concludere automaticamente che i farisei volevano lapidarlo perchè aveva dichiarato di essere Dio mi sembra una presunzione indebita, sopratutto considerato il contesto precedente mostrato prima. Ma Gesù in quell'occasione aveva detto di essere superiore ad Abramo, il patriarca con cui Dio ha stilato la sua alleanza. Solo questo già meriteva di essere motivo di lapidazione.
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Lidia
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SE AI MIEI TEMPI AVESSI TRADOTTO...

Messaggio da Lidia »

shanina ha scritto:Il verbo Ego eimi,significa esclusivamente io sono,o può significare anche io ero?
Se Ego eimi ,significa soltanto ed esclusivamente io sono,quale è il verbo che signifca io ero?
..".ego eimi " con l' imperfetto italiano "IO ERO" :sor: , mi sarei presa un bel frego blu sottolineato 2 volte e il commento: SEI UNA MICCIA. :risata:
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Achille
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Messaggio da Achille »

«Non è che ai tempi di Gesù i Giudei prendessero a sassate chiunque dicesse qualcosa che non garbava loro! La legge ebraica indica cinque casi in cui la morte per lapidazione era riconosciuta legale, ed è il caso di ricordare che i Giudei erano ossequienti alle leggi. Questi casi erano: 1) Spiriti indovini (Lev. 20,27); 2) Bestemmia (Lev, 24,10 e 23); 3) Falsi profeti che incitano all'idolatria (Deut. 13;5-10); 4) Figliuoli ribelli (Deut. 21,18-21); 5) Adulterio e violenza carnale (Deut. 22,20-24 e Lev. 20,10).
Nel nostro caso l'unica base giuridica che i Giudei avrebbero avuto è quella di bestemmia, d'altronde è lo stesso Gesù a confermarci quanto detto, in Giov. 10,33: "Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un opera buona, ma per bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio"", a sua volta Gesù disse: "...voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?" Giov. 10,36. Gesù associa l'accusa dei Giudei di farsi Dio e l'essere il Figlio di Dio, evidentemente per lui era la stessa cosa. Il motivo perché i Giudei volevano lapidare Gesù sta nel fatto che videro, nell'affermazione "Io sono", un chiaro riferimento a Es. 3,14 e a Is. 43,10-13, capirono che Gesù affermava di essere l'Eterno dichiarando la propria deità. Affermare altri motivi come "aver visto Abraamo, benché, non avesse ancora 50 anni" non trova riscontro né nella legge e né nei fatti».
Da http://www.infotdgeova.it/dottrine/pastore4.php" onclick="window.open(this.href);return false; (commento al punto 116).
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Messaggio da polymetis »

“Prendiamo ad esempio Gv 13:19. Perchè non viene dato risalto al fatto che Gesù abbia detto di essere Dio, ma quel "Ego Eimi" sia stato detto come per en passant in un discorso più ampio senza che venga spiegato ulteriormente cosa sia o ci sia la minima passibilità di reazione da parte dei discepoli? Addirittura, per la Nuova Diodati Gesù in quel passo voleva dire semplicemente " Ve lo dico fin d'ora prima che avvenga, affinché quando sarà avvenuto, crediate che io sono il Cristo" e quindi ad ordinare di credere in lui in quanto Messia e non in quanto Dio.”
Non capisco quale sia il problema:
(1)La consecutio temporum è diversa da 8,58, per valutare il modo in cui tradurre bisogna vedere il tempo della reggente e quello della subordinata. Questa costruzione non è irregolare.
(2) Gesù qui parla ai discepoli, i quali notoriamente capiscono solo 1/4 di quello che Egli rivela, e ancor meno rispondono.
(3) Molte scene del vangelo di Giovanni sono scenari fittizi perché comprensioni della teologia post-pasquale allorché la resurrezione del maestro fu compresa. Oppure, se sono scene con frasi autentiche, potrebbero essere una silloge di diversi raccolti come nelle Beatitudini.
“Ed ancora più perplesso mi lasciano gli "Ego Eimi" citati al cap. 8. Se i farisei volevano veramente lapidare Gesù perchè con quel "Ego Eimi" aveva dichiarato di essere Dio, come mai Gesù ha potuto pronunciarlo all'interno del capitolo per altre ben due volte senza che i farisei avessero immediatamente preso le pietre per lapidare Gesù? Addirittura quando Gesù dice "se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati" i farisei gli rispondono "e tu chi sei?". Cioè è chiaro che per i farisei l'udire di essere "l'Ego Eimi" da parte di Cristo non suscitava in loro alcuna reazione non avevano la più pallida idea che significasse che Gesù avesse voluto equipararsi a Dio citando Esodo 3:14. Ma avesse semplicemente quel significato basilare che usiamo pure in Italiano.”
1) La consecutio temporum è diversa da 8,58. Non sono irregolari queste due costruzioni.
2) Gesù stesso dopo questi 2 “ego eimi” proclama che i Giudei non avevano capito niente: “Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole” (Gv 8,53).
Sicché la lapidazione che avviene alla III ripetizione non ha nulla di sconvolgente: anche qualora Gesù avesse per ipotesi affermato di essere Dio nelle prime 2 ricorrenze di "Io sono", semplicemente i giudei non avevano inteso, mentre il III terzo tentativo, indicando che Gesù era fuori dal tempo, non poteva essere frainteso.
3) La scena potrebbe comunque essere parte di una costruzione post-pasquale, visto il tono dei discorsi è estraneo ai sinottici, cioè non ha valida come storicità, ma è valido per la sua teologia.
4) La volontà di Giovanni è mostrare la cecità crescente dei farisei, e infatti costruisce una scena dove mostra l’oscuramento mentale dei giudei, perché essi capiscono solo alla fine la sua intenzione.
“Ora, è certamente vero che i farisei volevano lapidare Gesù anche perchè credevano che si facesse uguale a Dio, ma non era l'unico motivo principale...i farisei volevano ucciderlo perchè violava il sabato, perchè aveva detto di distruggere il tempio di Gerusalemme, perchè compiva i miracoli per mezzo del Diavolo.”
Ma secondo te, violare il sabato o dire di voler distruggere il tempio sarebbe più gravi che farsi Dio?
“Concludere automaticamente che i farisei volevano lapidarlo perchè aveva dichiarato di essere Dio mi sembra una presunzione indebita, sopratutto considerato il contesto precedente mostrato prima. Ma Gesù in quell'occasione aveva detto di essere superiore ad Abramo, il patriarca con cui Dio ha stilato la sua alleanza. Solo questo già meriteva di essere motivo di lapidazione.”
No. Non c’è niente di indebito nel dire di esistere da prima di Abramo, anche perché il messia poteva essere più grande di Abramo, né tanto meno comporta bestemmia paragonarsi a lui.
I giudei avevano già capito che Gesù s’era paragonato ad Abramo, infatti gli chiedono come sia possibile che l’abbia visto se non ha neppure 50 anni. Il tentativo di lapidarlo avviene dopo, dopo l’ulteriore replica di Gesù che dice “prima che Abramo fosse, Io sono”. Ma se questa frase volesse significare solo ciò che Gesù aveva già detto prima, cioè che era da prima di Abramo, allora non si capisce perché i Giudei non l’avessero già lapidato.

Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò». Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui. “ (Gv 8, 57-58)

Da ultimo, qui l’inf. aoristo γενέσθαι non può reggere “ἐγὼ εἰμί”. Sia in greco, sia in latino, come pure in italiano, ci sarebbe voluto un imperfetto, così la frase di Giovanni avrebbe potuto intendersi come una brachilogia: “prima che Abramo nascesse , io (ero già e tuttora) sono”; se invece l’evangelista costruisce con un presente è per collegarsi ad Es. 4,14 e mostrare l’assolutezza atemporale di Gesù.

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Messaggio da Lucifero il Figlio dell'Aurora »

Achille Lorenzi:
è il caso di ricordare che i Giudei erano ossequienti alle leggi
Se i farisei erano cosi' ossequienti alle leggi perchè sostenevano che Gesù violasse il Sabato se Gesù stesso aveva dimostrato bibbia alla mano che avevano torto e che era la stessa Legge a consentire di fare determinate azioni nel Sabato? La risposta da parte mia è semplice : cercavano semplicemente un pretesto per farlo fuori. Anche quando Gesù aveva risorto Lazzaro non aveva commesso nessuna infrazione della legge mosaica. Tuttavia da quel momento i capi del sinedrio si erano decisi a farli fuori. Dunque non ha la minima rilevanza cosa la legge ordinasse o permettesse perchè è evidente che i farisei e capi del sinedrio hanno voluto mettere a morte Gesù con il mero pretesto di volerlo fare. Lo stesso processo di Gesù al sinedrio si è svolto contro numerose violazioni alle leggi ebraiche.
, d'altronde è lo stesso Gesù a confermarci quanto detto, in Giov. 10,33: "Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un opera buona, ma per bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio"",
A parte che qua non è Gesù a parlare ma sono i farisei a farlo, il contesto è diverso. I farisei qui hanno accusato Gesù non per il fatto che abbia detto "io sono", ma perchè ha detto "io e il Padre siamo uno". E Gesù aveva chiaramente spiegato in Gv 17 che questa espressione non indica unità ontologica letterale ed unica con il Padre, ma unità metaforica di intenti che può essere condivisa anche tra gli esseri umani. Gesù ha detto ai loro discepoli "siate uno come io e il Padre siamo uno". Cioè siate uniti nelle intenzioni e nell'obbedienza alla volontà divina, ad Imitatio Christi : "non sia fatta la mia, ma la tua volontà".
a sua volta Gesù disse: "...voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?" Giov. 10,36. Gesù associa l'accusa dei Giudei di farsi Dio e l'essere il Figlio di Dio, evidentemente per lui era la stessa cosa
Veramente se leggiamo per intero il contesto Gesù dichiara tutto il contrario. Gesù aveva infatti fatto notare ai farisei che persino i giudici umani israeliti erano chiamati Dèi citando il Salmo 82. Quindi Gesù dice in sostanza, come posso aver bestemmiato di farmi Dio se Dio stesso nella Bibbia ha chiamato altri esseri umani Dèi? E, come posso aver bestemmiato di farmi Dio se io è da tutto il tempo che ripeto che sono stato mandato e consacrato dal Padre al mondo (mettendosi dunque in una posizione di subordinazione e non di uguaglianza rispetto a Dio)? Ecco, leggendo per intero dunque le parole di Gesù possiamo capire che Gesù abbia dichiarato di essere figlio di Dio proprio per smentire l'accusa che fosse Dio stesso e non per confermarla.


Polymetis


a)
1) Dunque la CEI qua rende quel "Io Sono" con le maiuscole per pregiudizio dottrinale che li' Gesù abbia dichiarato di essere Dio? Perchè se la costruzione, come dici tu, non è irregolare, non c'era motivo per non renderla semplicemente con le minuscole o con una parafrasi come fa la Diodati.
2) Se non capiscono i discepoli non si capisce allora per quale motivo dovrebbero capire meglio i farisei.
3) Ma ai fini di quanto sostenuto non ha nessuna rilevanza ed è contingente che il discorso di Gesù sia storico o un artificio letterario dell'evangelista. Perchè anche nel secondo caso si ripone sempre lo stesso nocciolo del problma : Perchè l'evangelista non ha dato nessun rilevo al fatto che Gesù abbia rivelato in quel punto di essere nientepopodimeno che il Dio onnipotente sceso in Terra, ma sia stato citato come "en passant" come se non avesse la minima importanza chi abbia detto di essere Gesù con quel "io sono", ma ciò che conta è che semplicemente si creda in lui e basta?


b)
1) Come nel punto 1a.
2) In quel caso l'unica cosa che non poteva essere fraintesa è che Gesù esistesse prima di Abramo ed esista tutt'ora sempre con la stessa identità. Dicendo "prima che Abramo fosse, io ero", era possibile capire che Gesù prima esisteva ed ora magari non più. Comunque penso che Gesù avesse potuto dire anche con il banale senso di "prima che Abramo fosse io sono stato". Anche in Gv 15:27 Gesù parla in greco al presente, ma in Italiano le Bibbie rendono senza problemi con il passato prossimo.
3) Come nel punto 3a
4) E chi ti dice che la cecità dei farisei che Giovanni volesse mostrare non fosse totale e cioè che nemmeno alla fine abbiano capito cosa intendesse Gesù? I farisei dei vangeli sia sinottici che non, non ne azzeccano mai una su ciò che vuole dire e fare Gesù mi sembrerebbe strano che solo su questo punto avrebbero capito, solo perchè torna comodo alla teologia trinitaria.



Saluti
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

Scusate se sarò stringato, ma stasera ho un brutto mal di testa ed ho difficoltà a concentrarmi e a scrivere...
“Dunque la CEI qua rende quel "Io Sono" con le maiuscole per pregiudizio dottrinale che li' Gesù abbia dichiarato di essere Dio? Perchè se la costruzione, come dici tu, non è irregolare, non c'era motivo per non renderla semplicemente con le minuscole o con una parafrasi come fa la Diodati.”
Temo non mi interessi molto cosa fa la CEI, non leggo solitamente traduzioni italiane.
Il ragionamento, se provo a divinare cos’è passato nella mente dei traduttori, dev’essere stato questo: l’ultimo uso di “Io Sono” prima della lapidazione prova che quella è una designazione a causa della consecutio temporum sballata che ci sta dietro, e che proietta la frase nell’atemporalità. Sicché, giacché quella stessa espressione compare in Giovanni varie volte, si è vista in essa, sulla base di Gv 8,58, un auto-designazione di Cristo. Ovviamente, il fatto che le altre occorrenze non abbiano la consecutio temporum irregolare come in Gv 8,58, non implica che allora là Gesù non la stia usando, vuol solo dire che sebbene essa si possa usare in una varietà di costrutti, soltanto in Gv 8,58 possiamo vederla per via dell’anomalia sintattica. Ed è sulla base di quest’ultima che noi possiamo vedere come essa possa avere un senso peculiare in Giovanni, e dunque regolarsi sulla base di esse per tradurre altri passi, dove invece pur essendosi non sarebbe possibile vederla con sicurezza, sebbene ci sia, perché in quelle occasioni mancano i marcatori sintattici. Come dire: è una sorta di nomina sacra, ma in Gv 8,58 ciò è trasparente perché l’autore ha la possibilità di costruire una subordinata temporale con un “prin”.
“Se non capiscono i discepoli non si capisce allora per quale motivo dovrebbero capire meglio i farisei.”
Molte volte i discepoli non capiscono, molte volte non capiscono i farisei, molte volte i discepoli capiscono, molte volte capiscono i farisei. Non c’è alcuna regola. Anche perché i grandi discorsi giovannei potrebbero essere trattati cronologicamente se fossero storici, mentre com’è noto la loro estraneità ai sinottici fa presumere che siano dei discorsi messi in bocca a Gesù dell’evangelista per comunicare qualcosa. Sicché leggendo i discorsi si deve badare a cosa voglia comunicare l’evangelista in quel particolare discorso, e non stupirsi se un discorso non concordi con un altro. Essi infatti possono essere diversi perché l’obiettivo di ciascun discorso è diverso, e perché entrambi sono inventati.
Inoltre, non c’è nessun motivo, a priori, per immaginare che, se anche i discorsi fossero storici, qualche farisei non fosse più perspicace di alcuni discepoli.
“Ma ai fini di quanto sostenuto non ha nessuna rilevanza ed è contingente che il discorso di Gesù sia storico o un artificio letterario dell'evangelista. Perchè anche nel secondo caso si ripone sempre lo stesso nocciolo del problma : Perchè l'evangelista non ha dato nessun rilevo al fatto che Gesù abbia rivelato in quel punto di essere nientepopodimeno che il Dio onnipotente sceso in Terra, ma sia stato citato come "en passant" come se non avesse la minima importanza chi abbia detto di essere Gesù con quel "io sono", ma ciò che conta è che semplicemente si creda in lui e basta?”
Nel II caso, quello di Gv 8.58, l’effetto c’è stato eccome, l’hanno lapidato.
Nel primo caso invece parlava coi discepoli: se l’episodio è storico, essi possono non aver reagito per vari motivi: 1) Gesù aveva già dichiarato loro una cosa simile, e dunque non avevano di che stupirsi nell’episodio riportato da Giovanni 13, perché avevano già vissuto quell’esperienza. È proprio l’evangelo di Giovanni che nella sua chiusa afferma di non avere nessuna pretesa di completezza.
Se l’episodio invece non è storico, allora si può liquidare la cosa dicendo che all’autore non interessava la reazione dei discepoli, ma solo riportare il discorso di Gesù.
Da ultimo, non è affatto detto che Gv 13 stabilisca la divinità di Cristo, e dunque chicchessia dovesse scandalizzasi. Quest’autoaffermazione di divinità è chiara in Gv 8, 58, non in Gv 13.
“1) Come nel punto 1a.”
Il significato degli altri “Io sono” nel discorso Gv 8 è stato ricavato dal significato di “Io sono” in Gv 8,58, in quale illumina retrospettivamente gli altri.
“ In quel caso l'unica cosa che non poteva essere fraintesa è che Gesù esistesse prima di Abramo ed esista tutt'ora sempre con la stessa identità. Dicendo "prima che Abramo fosse, io ero", era possibile capire che Gesù prima esisteva ed ora magari non più.”
Ma com’è possibile intendere che Gesù forse era al tempo di Abramo, ma ora non c’era più? Ce l’avevano davanti e gli parlavano. Infatti gli chiedono “Hai 50 anni e hai già visto Abramo?”. Sicché avevano capito che Gesù parlava di se stesso, ed essendo gli lì davanti a loro, non poteva essere certo morto.
No, l’accusa di bestemmia scatta quando usa quella frase che indica atemporalità, calcata sull’auto-designazione di Dio nell’Esodo.
“Comunque penso che Gesù avesse potuto dire anche con il banale senso di "prima che Abramo fosse io sono stato". Anche in Gv 15:27 Gesù parla in greco al presente, ma in Italiano le Bibbie rendono senza problemi con il passato prossimo.”
Non è in alcun modo possibile.
1)Se così fosse non si capisce cosa avrebbe la frase di 8,58 di diverso da quanto aveva già detto prima, e dunque non si comprende perché mai i farisei non l’avessero già tentato di lapidare, visto che della sua esistenza al tempo di Abramo aveva già parlato. E infatti i farisei gli rispondono “hai 50 anni e hai già visto Abramo”? Se dunque i farisei già sapevano che Gesù aveva appena dichiarato che esisteva al tempo di Abramo, la ulteriore replica di Cristo tradotta come fai tu non avrebbe detto nulla di nuovo, e non si spiega dunque perché sono dopo l’ultima battuta di Gesù i farisei tentino di lapidarlo. E’ evidente che aveva aggiunto altro; lui o l’evangelista ovviamente, a seconda che l’episodio fosse o non fosse storico.

Comunque penso che Gesù avesse potuto dire anche con il banale senso di "prima che Abramo fosse io sono stato". Anche in Gv 15:27 Gesù parla in greco al presente, ma in Italiano le Bibbie rendono senza problemi con il passato prossimo.”
Il verbo greco non è un tempo ma un aspetto. Come già detto si traduce in base al rapporto tra le subordinate e la principale, perché non esiste un unico modo di rendere il presente, tutto dipende dalla consecutio temporum, che varia sia a seconda dei tempi in sovraordinate e subordinate, sia a seconda del tipo di subordinata.
Il costrutto del cap. 15,27 esiste ed indica l’aspetto durativo, il costrutto di Gv 8,58 invece non esiste perché l’infinito doveva reggere un imperfetto.
“3) Come nel punto 3°”
Non capisco quale sia la risposta. In Gv 8,58 non è affatto en passant. Infatti appena i farisei capiscono la portata delle sue affermazioni tentano di lapidarlo.
“E chi ti dice che la cecità dei farisei che Giovanni volesse mostrare non fosse totale e cioè che nemmeno alla fine abbiano capito cosa intendesse Gesù”
È certo possibile, ed è uno dei motivi per cui il Sola Scriptura è un’idea bislacca. Infatti un cattolico può non essere interessato a discutere sulla base del Sola Scriptura, ma non perché la propria interpretazione sia sbagliata, bensì perché tante altre sono possibili.
Comunque, che i farisei siano ciechi sino ai 3/4 lo attesta Gesù stesso quando rinfaccia loro di non comprendere le sue parole, e dunque fino a quel punto del dialogo è certificata la loro incapacità di capire. Il loro accecamento anche a proposito frase di Gesù non è invece certificato.
“Se i farisei erano cosi' ossequienti alle leggi perchè sostenevano che Gesù violasse il Sabato se Gesù stesso aveva dimostrato bibbia alla mano che avevano torto e che era la stessa Legge a consentire di fare determinate azioni nel Sabato? “
Stranamente l’argomentazione di Gesù contiene pure un errore di citazione. Comunque sia, il punto non è se Gesù violasse la legge, ma sei i farisei credevano che la violasse. La giurisprudenza è spesso fatta di letture contraddittorie della legge. Alcune cosa poi, stando a tutti i sinottici, sono davvero illegali, come il rendere mondi tutti gli alimenti. Infatti i nuovi fanatici del “Gesù ebreo” si sono affrettati a spiegare che non trattavasi di rendere puri tutti gli alimenti, ma solo dell’affermazione che fosse lecito mangiare con le mani senza rendere impuri i cibi. Ed è certamente questa la questione posta dai farisei, sebbene la risposta di Cristo, come sempre vada ben oltre.
“ La risposta da parte mia è semplice : cercavano semplicemente un pretesto per farlo fuori.”
Questo è certo, ma non è il caso del raccogliere grano di sabato a porlo dimostrare, lì può invece trattarsi di una genuina discordia nell’interpretazione halachica di un precetto.
“Tuttavia da quel momento i capi del sinedrio si erano decisi a farli fuori. Dunque non ha la minima rilevanza cosa la legge ordinasse o permettesse perchè è evidente che i farisei e capi del sinedrio hanno voluto mettere a morte Gesù con il mero pretesto di volerlo fare.”
Certo alcune azioni possono essere criminali, ma ciò non implica che quest’atteggiamento abbia riguardato la folla, né che in questo particolare caso la folla abbia inteso male. Anche perché come ripeto nella tua lettura il v. 58 non aggiungerebbe nulla più di ciò che Cristo aveva già detto prima, e non spiegherebbe dunque perché i farisei tentino di lapidarlo solo dopo l’ultima sua battuta.
“ Lo stesso processo di Gesù al sinedrio si è svolto contro numerose violazioni alle leggi ebraiche.”
Forse sì, e forse no. Non è facile prendere posizione. I dati su come si svolgesse il sinedrio non le abbiamo da una fonte coeva, ma solo dai tardi trattati del Talmud. Su questo si può vedere il classico capitolo del Blinzler nella sua ben nota monografia sul processo di Gesù.
Ti scrivo quello che sostiene il Blinzler, per brevità ometto le note a piè pagina:


“ (…) Altri prendono occasione dalle irregolarità processuali per sospettare le narrazioni evangeliche. Convinti che nessun tribunale ebraico poteva passare sopra in maniera così flagrante alle prescrizioni del suo proprio sistema giuridico, essi considerano le informazioni dei Vangeli in proposito come invenzioni antiebraiche (così soprattutto vari autori ebrei). Contro questa opinione superficiale, l'ebreo inglese Montefiore ha esattamente obiettato che in ogni tempo vi sono stati processi illegali e a nessuno è mai venuto in mente di rifiutarne sbrigativamente i resoconti. Ciò che i Vangeli riportano circa la mancata ritenzione dei testi non può in nessun modo, d'altronde, apparire come un'invenzione antiebraica. (…) Secondo Ernst Bammel, le difficoltà spariscono se ci si decide a guardare il problema non dal punto di vista della storia del diritto, ma da quello della politica reale. Durante il pontificato di Caifa, come si può riconoscere dal giudizio indignato del Talmud su questo sommo sacerdote, le violazioni della legge sarebbero state all'ordine del giorno. Anche nel caso di Gesù da un uomo simile ci si dovrebbe aspettare un atteggiamento non conforme alle regole del diritto, ma solo conforme a considerazioni opportunistiche. Caifa si sarebbe impadronito dell'affare di Gesù e l'avrebbe condotto senza alcun riguardo le prescrizioni legali, perché da un lato, mediante la condanna, poteva migliorare i suoi rapporti con i farisei che, orientati nazionalisticamente, lo respingevano come filoromano, e dall'altro perché Gesù con la cacciata dei mercanti dal tempio aveva messo il dito sugli sporchi affari di cui il vestibolo del santuario era la sede ed era divenuto anche un pericolo per la casta sacerdotale, alla quale quei banchi di cambio appartenevano. (…) Oppure il problema sarebbe presto risolto se si potesse ammettere che nel procedimento contro Gesù il Sinedrio si fosse attenuto al principio che circostanze straordinarie giustificano anche misure straordinarie. Il Talmud parla spesso di questa procedura eccezionale, detta "comandato dell’ora" [horaath shaah] (BILLERBECK, II 821 sg.). Etherlbert Stauffer è convinto che il procedimento contro Gesù fu un procedimento eccezionale del genere. Un abile stratega processuale come Caifa con l'aiuto di questa legge dei pieni poteri poté ben ottenere tutto ciò che voleva. Così cadrebbero tutti sospetti contro la validità storico-giuridica del racconto marciano. (…) Parecchi autori pensano poi di risolvere il problema ammettendo che il dibattimento notturno contro Gesù non costituisse affatto un processo nel vero senso della parola. Alcuni parlano di processo fittizio, che sarebbe stato inscenato da alcuni sacerdoti fanatici. Ciò insostenibile; il procedimento fu senza alcun dubbio intentato e condotto dal collegio dei giudici qualificati. Piuttosto si può ammettere che il sinedrio competente si sia, sì, riunito, ma non per rendere giustizia, bensì solo per raccogliere in una inchiesta preliminare il materiale d'accusa da trasmettere al procuratore. (…) Tuttavia tutti i fautori delle opinioni precedenti presuppongono più o meno esplicitamente che le prescrizioni della Mishna fossero vincolanti per il sinedrio al tempo di Gesù. Tale presupposto non si può provare. La Mishna fu redatta verso il 200 d.C. da Rabbi Jehuda ha-Nasi e rispecchia le condizioni del secondo secolo, come dimostra tutta una serie di osservazioni particolari. Dopo il crollo dello Stato ebraico nel 70 d.C. il sinedrio di Gerusalemme aveva cessato di esistere, ed era stato sostituito dalla corte di giustizia di Jamnia, il cosiddetto Beth-Din. Quando la Mishna parla del Sinedrio, essa intende sempre, o almeno spesso, quest'istituzione posteriore, che non è affatto la stessa cosa del vecchio sinedrio. (…) Mentre nell'antico sinedrio di Gerusalemme accanto ai farisei facevano sentire la loro influenza anche i sadducei, che disponevano di un proprio codice penale, la corte di giustizia di Jamnia era un collegio di scribi di concezione giuridica puramente farisea: la dottrina sadducea era scomparsa col tempio. Già lo Schurer ha attirato l'attenzione sulla necessità di tenere ben distinte le due istituzioni. La tesi che il diritto penale della Mishna si è essenzialmente il prodotto di speculazioni accademiche e non permette nessuna deduzione circa le reali condizioni del diritto nell'epoca del secondo tempio è stata espressa per la prima volta in forma precisa e con fondata motivazione dallo studioso inglese Herbet Danby. Le obiezioni sollevate da Israel Abrahms, talmudista di Cambridge, dimostrano bensì che qua e là nella Mishna possono essere contenute anche antiche prescrizioni, ma non significano nulla contro l'esattezza fondamentale della tesi. Nell'excursus VII dimostreremo positivamente, riprendendo gli argomenti del Danby, che il sinedrio dei tempi di Gesù era legato al diritto penale sadduceo. In base alla Mishna non si può dunque provare nulla quanto la legalità o all'illegalità del processo contro Gesù.”(J. Blinzler, Il processo di Gesù, Brescia, 1966, Paideia, pp. 168-174).

Segue poi l'excursus VII di cui parla l'autore e che ovviamente io non vi riporto perché troppo lungo, comunque invito tutti coloro che fossero interessati a leggerlo.
“A parte che qua non è Gesù a parlare ma sono i farisei a farlo, il contesto è diverso. I farisei qui hanno accusato Gesù non per il fatto che abbia detto "io sono", ma perchè ha detto "io e il Padre siamo uno".”
Il che comunque implica che per l’evangelista i farisei l’avessero preso per uno che si fa Dio. Se poi questo fosse vero, saranno altre fonti a potercelo dire.
“E Gesù aveva chiaramente spiegato in Gv 17 che questa espressione non indica unità ontologica letterale ed unica con il Padre, ma unità metaforica di intenti che può essere condivisa anche tra gli esseri umani. Gesù ha detto ai loro discepoli "siate uno come io e il Padre siamo uno". Cioè siate uniti nelle intenzioni e nell'obbedienza alla volontà divina, ad Imitatio Christi : "non sia fatta la mia, ma la tua volontà". “
L’interpretazione secondo cui questo “essere uno” si riferisse ad una mera identità d’intenti è stata fatta propria da molti esegeti, specie nel periodo in cui andava di moda una cristologia bassa. Sebbene questa lettura interpretativa sia attestata nel mondo accademico, non credo abbia alcun diritto di prelazione rispetto alla lettura più letterale. Troppi passi dove la divinità di Cristo è sin troppo chiara sono stati annullati con interpretazioni fantasiose estranee ai testi. Per di più nulla ci sarebbe di strano nel trovare una dichiarazione di divinità da parte di Cristo in un vangelo come quello di Gv che si apre con la divinità di Gesù (Gv 1,1-3) e con essa si chiude (Tommaso in Gv 20,28), come una perfetta ring composition.
L’argomentazione secondo cui non può trattarsi di un’identità ontologica tra Padre e Figlio, perché poi Gesù quella stessa identità la attribuisce alla comunione Sua e del Padre con tutti i credenti, è prima di senso. I motivi sono i seguenti:
1)Anche in una lettura letterale, non c’è nulla contro la dottrina cattolico nell’idea che i credenti siano deificati. L’idea infatti che è la theiosis dei credenti si verifichi per l’appunto in quanto essi partecipano al Corpo mistico di Cristo, e dunque dopo la resurrezione il credente sia deificato ed entri a far parte della divinità. Anche un’epistola giovennea esprime lo stesso concetto: “Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.” (1 Gv 3)
La visio Dei , incorporazione nel corpo mistico di Cristo, deificano l’uno. Non c’è dunque nulla contro la Trinità in Gv 14,20 ed altri passi simili dove Gesù pronostica che Dio e i suoi discepoli siano uno.

Gesù è infatti il perno, il ponte tra Dio e l’uomo, che nella Sua unione ipostatica tra umano e divino rende possibile questa riconciliazione dell’uomo a Dio e questa glorificazione finale dell’uomo. Infatti sta scritto che Cristo e il Padre “sono una cosa sola”, mentre riguardo ai discepoli Gesù prega il Padre dicendo “siano essi IN NOI una cosa sola”(Gv 17,20), vale a dire che la divinizzazione dell’uomo passa per una superiore unità trascendente tra Cristo e il Padre. Anzi, il fatto che gli uomini potranno partecipare alla natura divina è possibile grazie alla loro adesione al Corpo Mistico di Cristo solo in quanto il Cristo è sia vero Dio sia vero uomo, e per questo può unire i due poli. L'uomo non potrà mai divenire Dio aderendo a Cristo se Cristo non fosse Dio, perché Gesù non potrebbe operare alcuna riconciliazione cosmica tra i due poli della relazione teandrica (Dio e l'uomo) se non appartenesse ad entrambi gli estremi. Come dice Atanasio: Dio s'è fatto uomo perché l'uomo potesse diventare Dio.
Si noti l’Omelia 75 di Agostino dove il fatto che Cristo sia detto uno coi credenti non dà nessuno scandalo, perché si tratta di passaggi verso la perfezione dalla visio Dei resa possibile dall’adesione a Cristo:
In quel giorno voi conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi (Gv 14, 20). In quale giorno? Nel giorno di cui ha parlato prima quando ha detto: e voi vivrete. Allora noi potremo finalmente vedere ciò che ora crediamo. Infatti, anche ora egli è in noi e noi siamo in lui; ma questo ora noi lo crediamo, mentre allora ne avremo la piena conoscenza. Ciò che ora conosciamo credendo, allora conosceremo contemplando. Finché, infatti, siamo nel corpo come è adesso, cioè corruttibile e che appesantisce l'anima, siamo esuli dal Signore; camminiamo infatti nella fede e non per visione (cf. 2 Cor 5, 6). Allora, quando lo vedremo così come egli è, lo vedremo faccia a faccia (cf. 1 Io 3, 2.). Se Cristo non fosse in noi anche ora, l'Apostolo non direbbe: Se Cristo è in noi, il corpo è bensì morto per il peccato, lo spirito invece è vita per la giustizia (Rm 8, 10). Egli stesso apertamente afferma che fin d'ora noi siamo in lui, quando dice: Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15, 5). In quel giorno, dunque, quando vivremo quella vita in cui la morte sarà stata assorbita, conosceremo cheegli è nel Padre, e noi in lui e lui in noi; perché allora giungerà a perfezione quanto per opera sua è già cominciato: la sua dimora in noi e la nostra in lui.” (Agostino, Omelia 75, 4)
“Cioè siate uniti nelle intenzioni e nell'obbedienza alla volontà divina, ad Imitatio Christi : "non sia fatta la mia, ma la tua volontà". “”
Essendo le operazioni ad extra delle Trinità all’unisono, non sarebbe possibile una risoluzione diversa del Padre e del Figlio, perché altrimenti ciò implicherebbe una divisione d’intenti nella Trinità divina. Gesù obbedisce al Padre perché non sarebbe possibile diversamente. Ciò ovviamente non implica non sia possibile la tentazione, infatti non è chiaro in che misura Gesù, in ogni stato della sua vita, fosse consapevole della propria incapacità a sbagliare.
“Veramente se leggiamo per intero il contesto Gesù dichiara tutto il contrario. Gesù aveva infatti fatto notare ai farisei che persino i giudici umani israeliti erano chiamati Dèi citando il Salmo 82. Quindi Gesù dice in sostanza, come posso aver bestemmiato di farmi Dio se Dio stesso nella Bibbia ha chiamato altri esseri umani Dèi?”


Su questo s’è già detto molte volte… Ho paura che tu non colga la profonda ironia di Gesù, e come Egli, similmente al caso della prostituta che stava per essere lapidata, non risponda affatto all’aut-aut impostogli dal suo pubblico (va lapidata o no?), ma al contrario prenda una terza via (chi fra voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro i lei).
Questo caso è simile. Elohim all’epoca non poteva più riferirsi ad altri esseri potenti fuorché le divinità stesse (false come quelle dei pagani, o vere come Yhwh). Si trattava cioè di un termine che si riferisce a dèi, e non più ad angeli, giudici, superumani e simili. Anziché all’epoca persino una Figliolanza naturale da Dio come quella proposta da Gesù era inconcepibile, perché si credeva avrebbe compromesso il monoteismo.
Che elohim non potesse significare più queste cose all’epoca di Cristo, non implica ovviamente che non avessero significato questi “esseri potenti” in generale nell’epoca precedente al deutero-Isaia, cioè allorché Israele era ancora monolatra e invece monoteista come sarà in futuro.
Che all’epoca di Cristo elohim non potesse più designare gli esseri potenti in generale, lo sappiamo proprio dalle proteste dei farisei, che avevano ben capito sentendo la parola elohim cosa significasse, visto che voleva dire solo quello. Allora cosa significa la risposta di Gesù e il suo appello a quel “voi siete elohim” dell’Antico Testamento?
È assai semplice: Gesù incastra gli interlocutori facendosi beffe di loro, con un ragionamento del tutto logico.


Qui Cristo argomenta in modo diacronico, cioè in base ai due sensi di elohim e tenendoli insieme. Lo accusano di bestemmiare perché si fa Dio (appunto perché elohim in quel periodo designava Dio e non più come nell'epoca pre-esilica gli esseri potenti in generale), lui però risponde loro che se la Scrittura chiama elohim/dèi anche degli uomini potenti, allora a maggior diritto può farlo lui. Gesù usa cioè l'ambivalenza del termine rifacendosi al vecchio significato per metterli nel sacco, usa il loro letteralismo contro di loro. Gesù sapeva che i farisei avevano ragione a dire che alla sua epoca elohim significava solo Dio, ma li beffa citando la Scrittura, dove invece s’è il significato desueto di “esseri potenti” a causa dell’antichità del brano, e in questo modo li costringe ad accettare che quel quell’attribuzione del titolo a lui medesimo è lecita perché nella Parola di Dio era stata riferita ad umani.
C'è poi una chiara nota di derisione perché la Scrittura che cita chiamava i giudei iniqui "dèi" in senso di derisione, cioè si fanno dèi ma in realtà sono degli operatori di iniquità, e così anche i farisei.
Se loro (che poi surrettiziamente sono identificati coi farisei là davanti) possono essere chiamati dèi, perché non lui che a maggior ragione è Dio? Questa è l’ironia, non certo ribadire ciò che loro hanno detto. E infatti subito dopo vogliono lapidarlo.
Per questo tra l’altro quando leggiamo “Figlio di Dio” riferito a Gesù esso ha un significato del tutto diverso da quello dell’Antico Testamento, tutti infatti siamo Figli di Dio, ma come dice Paolo per adozione, spiritualmente, mentre i farisei intendevano quella pretesa di Gesù di farsi Figlio di Dio in tutt’altra maniera. Si legga questo brano di Giovanni: “Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».(Gv 19,6-7)

Se nell’AT Figlio di Dio era un titolo assai neutro, per i farisei di allora era invece indice di bestemmia. Anche qui, occorre concepire l’evoluzione nel monoteismo israelitico.
“E, come posso aver bestemmiato di farmi Dio se io è da tutto il tempo che ripeto che sono stato mandato e consacrato dal Padre al mondo (mettendosi dunque in una posizione di subordinazione e non di uguaglianza rispetto a Dio)? “
Non si vede come la subordinazione possa escludere l’uguaglianza di natura col Padre. Tutti gli uomini sono uguali per natura, eppure alcuni sono subordinati agli altri, così come un capoufficio ha sotto di sé i suoi segretari. La “subordinazione” è cioè del tutto diversa dall’ “inferiorità”, perché la seconda parola riguarda la natura, mentre la prima solo il ruolo che decidiamo di assumere.

Il subordinazionismo dovuto alla priorità fontale del Padre è da sempre dichiarato dai trinitari, ma ciò non implica una diversità della natura divina tra i due. Nella Trinità infatti a distinguere sono le relazioni che interocorrono tra una persona e l’altra, e non la natura. La cosiddetta monarchia del Padre riguardo per l’appunto la priorità fontale del Padre, che è la sorgente unica di tutto l’essere trinitario.
“Ecco, leggendo per intero dunque le parole di Gesù possiamo capire che Gesù abbia dichiarato di essere figlio di Dio proprio per smentire l'accusa che fosse Dio stesso e non per confermarla.”
L’ha confermata invece, semplicemente riallacciandosi all’antico significato di Elohim presente nel Salmo li ha derisi facendolo loro capire che, sebbene avessero capito benissimo, con quell’argomentazione non potevano sperare di accusarlo perché egli avrebbe citato passi nella Scrittura dove Elohim aveva il vecchio significato. Egli infatti voleva far capire loro quello che diceva, e al contempo togliergli ogni possibile prova per poterlo condannare, finché almeno non avesse finito la sua missione.

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Messaggio da Trianello »

polymetis ha scritto:Scusate se sarò stringato, ma stasera ho un brutto mal di testa ed ho difficoltà a concentrarmi e a scrivere...
Dopo aver letto la tua dissertazione sono tornato all'incipit e ho pensato: per fortuna è stato stringato!

:ironico: :ironico:

PS

In verità mi rendo conto che stringato lo sei stato anche troppo. Gv 8,58 assume senso pieno solo nel contesto più ampio in cui è inserito e dal climax ascendente di cui è il culmine. Per parlare di queste cose, però, bisognerebbe scrivere pagine e pagine, così come fanno gli esegeti seri nei loro commentari. Ecco uno dei motivi per cui mi sono astenuto dall'intervenire in questa discussione.
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Messaggio da arwen »

Trianello ha scritto:
polymetis ha scritto:Scusate se sarò stringato, ma stasera ho un brutto mal di testa ed ho difficoltà a concentrarmi e a scrivere...
Dopo aver letto la tua dissertazione sono tornato all'incipit e ho pensato: per fortuna è stato stringato!

:ironico: :ironico:
L'ho pensato anch'io!!. :risatina: Non lo ferma niente a Polymetis........indistruttibile !. :risata: :bravo: :ciao:
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" Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro si allontana.
Oh no !. Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio;
Se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato. "
William Shakespeare
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