Quixote ha scritto:Necessitano ben altri dizionari, ben specifici, che lo Zingarelli a spiegar la Bibbia, a meno che uno proprio non voglia fraintenderla. ‘grazia’ dal greco charis, è usato in accezione assai simile fin da Omero, ove Atena infonde la sua grazia divina su Odísseo. Naturalmente il senso era più corporeo, e si spiritualizzerà nella traduzione dei Settanta, da cui deriverà ai Vangeli. Che solo Maria sia definita ricolmata di grazia da Dio, e che nessun altro possa esserlo come lei, è semplicemente ovvio, in quanto unica a potersi definire madre di Dio. E comunque non è veramente un unicum, perché il verbo charitoo è usato anche in Eph. 1, 6 (ma charis ricorre oltre 150 volte nel NT). «piena di grazia», o «altamente favorita», ove in verità io non scorgo gran differenza, è la traduzione di kecharitomene, che propriamente è un participio perfetto medio-passivo. Tradotto letteralmente vale ‘gradita (a Dio)’. La valenza di questo gradimento non va cercata nei dizionari, ma nella propria fede.
Forse non sono stato abbastanza chiaro nell’impostazione di questo 3D e se è così me ne scuso, ma io intendevo solamente esplicitare il fatto che, a prescindere dai dizionari, i termini usati nella Bibbia, così come nei componimenti classici, hanno oggi accezioni diverse da quelle che l’autore di un determinato scritto (nel nostro esempio Luca) intendeva passare. Per Dante, per fare un banalissimo esempio, “canzonare” significava comporre delle canzoni, così che io oggi, a fronte di questo termine, se scrivo qualcosa da sottoporre a tutti, non scriverò “canzonare”, a prescindere dal fatto che qualcuno sia invece a conoscenza di questa sottigliezza.
Nel 3D similare su Maria faccio, fra i tanti, l’esempio del termine “anima” che nella Bibbia ha diverse e svariate sfumature, ma che sappiamo benissimo che oggi, chiedendo a 100 persone, 99 risponderebbero che è la parte spirituale dell’essere umano, Il non tener conto di questo ci porta, a parer mio giustamente, alla critica della traduzione della TNM. Per coerenza, non possiamo fare determinate critiche per il disinvolto uso di termini polivalenti come “anima”, oppure “ogni sorta”, ecc. per poi fare noi la stessa cosa.
Se a queste stesse 100 persone chiedessimo ragione del termine “grazia” in senso religioso, 99 se non tutte e 100 darebbero più o meno la risposta tratta dal Zingarelli, come da qualsiasi altro vocabolario. Non è perciò una questione di vocabolari, ma di traduzioni che tengano conto dell’evolversi della lingua nell’accezione popolare. Non possiamo infatti pretendere che le persone abbiano una approfondita conoscenza di ogni termine usato nella Bibbia e nei classici.
L’ovvietà alla quale ti chiami, è materia soggettiva e non penso che possa essere presa come base per tutti.
Anche nella tua citazione su Omero, il termine “grazia” viene presentato nel senso di “protettrice”, perciò più vicino al significato dell’”altamente favorita” di Luca che al significato odierno di “grazia” (sempre in senso religioso).
Per quanto riguarda Eph. 1,6, e tutte le altre volte in cui ricorre il termine in questione, è sufficiente leggere le note della BJ che, ti ricordo, per Luca 1,28 citano: “piena di grazia – alla lettera «tu che sei stata e rimani colmata dal favore divino»”, e per Eph. 1.6: “grazia: il termine greco charis designa qui il favore divino nella sua gratuità, nozione che include, ma sorpassa, la «grazia» nel senso di dono santificante e intrinseco all’uomo. Esso manifesta la «gloria» stessa di Dio….”. Qui si parla dello stesso Gesù, perciò il termine «grazia» assume tutte le sue piene connotazioni, non di protezione o di favore, ma della gloria stessa di Dio.
A me sembra che vi sia non una grande, ma una abissale e incommensurabile differenza che, e qui sono d’accordo con te, solo la fede può indagare e sviluppare nel cuore di ognuno di noi.