Di questa frase di Agostino si possono fare valutazioni sotto vari punti di vista, sia storici che teologici. Dal punto di vista teologico Agostino, come qui scrive, ritiene che il canone si fondi sulla garanzia data dall’infallibilità della Chiesa, proprio perché la Chiesa, tramite successione apostolica, risale agli apostoli. Sono noti i passi in cui Agostino dice, in maniera diametralmente opposta al punto di vista protestante, che egli conosce quali libri siano canonici solo grazie alla garanzia della Chiesa. La Chiesa infatti è “colonna e sostegno della verità” (1Τm 3, 15) infatti dice Agostino: "Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa cattolica” (Contra ep. man. 5, 6)“Poly potrei sapere la tua opinione su questa dichiarazione di Agostino in merito al canone:
"Questo genere di letteratura va letto non per un'esigenza di fede, ma con libertà di giudizio. Per evitare tuttavia che a tale letteratura fosse tolto spazio e che i posteri fossero privati della saluberrima fatica della lingua e dello stilo nel trattare e nell'esporre questioni difficili, fu ben distinta dai libri posteriori l'eccellenza dell'autorità canonica del Vecchio e del Nuovo Testamento, autorità che, confermata al tempo degli apostoli, grazie alla ininterrotta successione dei vescovi e la propagazione delle chiese, fu collocata in una posizione di altissimo prestigio in modo che a lei si inchinasse ogni intelletto pio e fedele." (cit. dal "Contro Fausto" 11,5)”
Anche nel De Doctrina Christiana, in un’epoca in cui il canone era già relativamente stabile nella Grande Chiesa, afferma che l’autorità della Scrittura, e la sua accettazione stessa, dipendono dal consenso ecclesiale, e, per inciso, questo è anche il brano dove elenca il canone delle Chiese nel suo periodo storico, e i deuterocanonici ci sono ovviamente:
“Quanto a noi, riportiamo la considerazione a quel terzo gradino del quale avevamo stabilito di approfondire ed esporre ciò che il Signore si fosse degnato di suggerirci. Pertanto sarà diligentissimo investigatore delle divine Scritture colui che, prima di tutto, le legge per intero e ne acquista la conoscenza e, sebbene non le sappia penetrare con l'intelligenza, le conosce attraverso la lettura. Mi riferisco esclusivamente alle Scritture cosiddette canoniche, poiché, riguardo alle altre le legge con tranquillità d'animo chi è ben radicato nella fede cristiana, per cui non succede che gli disturbino l'animo debole e, illudendolo con pericolose menzogne e fantasticherie, gli distorcano il giudizio in senso contrario alla retta comprensione. Nelle Scritture canoniche segua l'autorità della maggior parte delle Chiese cattoliche, tra le quali naturalmente sono comprese quelle che ebbero l'onore di essere sede di un qualche apostolo o di ricevere qualche sua lettera. Riguardo pertanto alle Scritture canoniche si comporterà così: quelle che sono accettate da tutte le Chiese cattoliche le preferirà a quelle che da alcune non sono accettate; in quelle che non sono accettate da tutte preferirà quelle che accettano le Chiese più numerose e autorevoli a quelle che accettano le Chiese di numero inferiore e di minore autorità.
Questo è quello che intendevo dicendo che per la mentalità del cristianesimo antico è la Chiesa la garante dall’autorità della Scrittura. La Scrittura, ancora in questo periodo quando il canone è già relativamente solido, non si può riconoscere da se stessa bensì solo perché la Chiesa ti indica qual è il canone, ed è sull'autorità delle Chiese apostoliche che è da ritenersi vero proprio quel canone e non un altro.
In Agostino non solo è presente il concetto che il canone si basa sull’infallibilità della Chiesa, ma si rigetta anche esplicitamente il Sola Scriptura “'Quanto invece alle prescrizioni non scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della tradizione e sono osservate in tutto il mondo, ci è facile capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi Apostoli o dai Concili plenari, la cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di tale genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della Passione, Risurrezione e Ascensione del Signore, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa Cattolica ovunque essa è diffusa” (Le lettere, 54,1,1)
Passiamo ora alla valutazione storica delle frasi di Agostino. Com’è noto la dottrina cattolica insegna che la Rivelazione s’è chiusa con Gesù Cristo, o, come direbbero i Testimoni di Geova, con la morte dell’ultimo dei dodici apostoli. Non è dunque possibile che si aggiungano dottrine ulteriori rispetto a quelle insegnate già nel I secolo. Si legga a questo proposito quanto scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica:
Se non esiste una rivelazione ulteriore oltre a quella che ha dato Cristo, alcuni ingenui potrebbero pensare che la Chiesa Cattolica stia auto-squalificando sia la possibilità stessa per dei Concili Ecumenici del IV secolo di introdurre parole come “consustanziale” per definire il rapporto del Figlio col Padre, sia questi ingenui potrebbero sempre pensare che si auto-squalifichi l’idea che il canone risalga al IV secolo, altrimenti ipso facto non andrebbe accettato, se la rivelazione s’è chiusa con Gesù Cristo.“65 « Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio » (Eb 1,1-2). Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che quella. San Giovanni della Croce, sulle orme di tanti altri, esprime ciò in maniera luminosa, commentando Eb 1,1-2:
« Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola e non ha più nulla da dire. [...] Infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, ce l'ha detto tutto nel suo Figlio, donandoci questo tutto che è il suo Figlio. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse o novità al di fuori di lui ». (San Giovanni della Croce, Subida del monte Carmelo, 2, 22, 3-5)
Non ci sarà altra rivelazione
66 « L'economia cristiana, in quanto è Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai e non c'è da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo ».( Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 4)”
A questo proposito, si dovrà replicare che considerazioni simili sarebbero frutto di un banale fraintendimento: la mentalità da Sola Scriptura dei protestanti infatti fa loro confondere ancora una volta "Scrittura” con “Rivelazione”. Infatti la fede della Chiesa Cattolica insegna semplicemente che la Rivelazione s’è chiusa con Gesù Cristo, cioè che l’insegnamento in sé non potrà subire ulteriori aggiunte. Da questo punto di vista la Scrittura col suo canone non è affatto un’aggiunta: i cattolici credono infatti che la Tradizione apostolica contenga già tutto, e che le Scritture neotestamentarie siano semplicemente una sua trascrizione parziale. Sicché, riconoscere come ispirati dei libri nel IV secolo o nel X, non avrebbe fatto nessuna differenza, perché la Chiesa Cattolica credeva già a quanto contenuto in quei libri sin dall’inizio della sua storia. Cioè, siccome quei libri sono solo una trascrizione parziale della Traditio, il riconoscerli come ispirati nel IV secolo non ha aggiunto dottrine al cattolicesimo, perché la Chiesa non deriva le sue dottrine da quei libri, bensì crede a ciò che crede a prescindere da quei libri, da prima di avere quei libri, e soprattutto sono quei libri che si basano sulla dottrina della Chiesa di cui sono una trascrizione, e non viceversa.
Sicché, dire che la Rivelazione s’è conclusa con Cristo, non nega la possibilità di creare un canone del Nuovo Testamento nel IV secolo, nella misura in cui quel canone secondo i cattolici non aggiunge nulla alla Rivelazione già creduta dalla Traditio della Chiesa, ma semplicemente quei libri sono alcuni tra i testimoni della Rivelazione, che comunque sarebbe identica anche senza di loro.
Questo però non vuol dire che nel I secolo ci fosse già l’attuale canone del Nuovo Testamento, vuol solo dire che le dottrine rappresentate ed esemplificate nei libri dell’attuale canone erano già professate dalla Chiesa del I secolo a prescindere da quei libri, e sulla base dell’insegnamento apostolico orale.
Altro punto da esplicitare: s’è detto che i libri del canone, fissati nel IV secolo, non aggiungono niente al depositum fidei precedente della Chiesa, perché ne sono solo una parziale trascrizione. Ma che dire di innovazioni terminologiche come quelle nicene del IV secolo, in cui si afferma che il Figlio è consustanziale al Padre? E’ ragionevole credere infatti che una simile parola non fosse nota nel I secolo. Si tratta dunque di aggiunge alla Rivelazione?
La risposta ce la dà sempre il Catechismo, il quale ci illumina sul corretto modo di intendere il rapporto tra la definitività della Rivelazione in Gesù Cristo, e quelle che a noi paiono innovazioni:
La chiave di questo brano del Catechismo sta dove c’è scritto: “la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata”. Vale a dire che se ipotizziamo che nella Traditio ci siano le due frasi “Socrate è un uomo”, e “tutti gli uomini sono mortali”, l’esplicitazione equivarrebbe al trarre la conclusione: “Dunque Socrate è mortale”. E’ vero che la proposizione “Socrate è mortale” non faceva parte della Tradizione, ma è tuttavia la mera esplicitazione di quanto già contenuto implicitamente in essa. Vale a dire che la riflessione della Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, non può aggiungere o contraddire quanto creduto precedentemente, ma può esplicitare quanto contenuto in nuce, cioè approfondire quali siano le conseguenze della propria fede. Un caso eclatante potrebbe essere quello di Maria dichiarata dogmaticamente Madre di Dio ad Efeso: se Gesù è Dio, e Maria è sua Madre, Maria è la Madre di Dio.“66. Tuttavia, anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli.
67 Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate « private », alcune delle quali sono state riconosciute dall'autorità della Chiesa. Esse non appartengono tuttavia al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello di « migliorare » o di « completare » la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica. Guidato dal Magistero della Chiesa, il senso dei fedeli sa discernere e accogliere ciò che in queste rivelazioni costituisce un appello autentico di Cristo o dei suoi santi alla Chiesa.
La fede cristiana non può accettare « rivelazioni » che pretendono di superare o correggere la Rivelazione di cui Cristo è il compimento. È il caso di alcune religioni non cristiane ed anche di alcune recenti sette che si fondano su tali « rivelazioni ».”
Certo, la cosa non fu così immediata, perché si dovette capire perché, benché da Maria provenisse solo la natura umana di Cristo e non la natura divina, ella potesse tuttavia essere definita comunque Madre di Dio, e la ragione com’è noto risiede nel fatto che non ci sono due Gesù, due persone, una dio e uno uomo, ma una sola persona in cui coesistono due nature, vero Dio e vero Uomo, sicché Maria, pur non essendo genitrice della natura divina, essendo tuttavia genitrice dell’unica persona di Cristo, che è vero Dio, poteva legittimamente essere chiamata Madre di Dio.
Questo piccolo esempio di dibattito filosofico sulla maternità divina di Maria mostra bene come, dietro ai nostri attuali articoli del Credo, ci siano secoli di tentativi di chiarire che cosa sia davvero contenuto implicitamente nel depositum fidei della Chiesa, e che cosa invece sarebbe ingiustificato trarne. Da qui la necessità logica di un magistero infallibile che possa dirimere le dispute.
Tornando dunque al brano di Agostino, esso è un tentativo di esplicitare la appena spiegata dottrina cattolica secondo cui la Rivelazione si conclude con Cristo, e non è possibile aggiungervi nulla.
Agostino, da buon Padre della Chiesa, è raffinato quando si parla di teologia, ma un uomo del suo tempo, sottoposto a tutte le contingenze del caso, quando si parla di storia. Ecco perché i Padri della Chiesa sono una buona fonte quando parlano della storia a loro coeva, mentre l’affidabilità di quello che dicono quando parlano del passato va valutata caso per caso, magari incrociando più testimonianze, e questo per un fatto che gli antropologi del mondo antico hanno più volte evidenziato, e cioè: nel mondo antico non c’è una storiografia come la intendiamo noi oggi, ed in generale non c’è una percezione chiara del proprio passato, se si rimonta indietro di vari secoli, proprio perché non c’è il tipo di cultura documentaristica che esiste in Occidente dall’Ottocento.
Agostino scrive il Contro Fausto alle soglie del V secolo, nel 397, allorché il canone nella Grande Chiesa era quello attuale, nella Chiesa africana e romana in particolare. Agostino nel Contro Fausto applica il principio teologico di cui abbiamo parlato sopra, cioè che non vi può essere un ampliamento della Rivelazione, per dedurne che dal punto di vista storico il canone debba risalire all’epoca apostolica anch’esso. La premessa teologica è corretta, ma la conclusione storica è errata, Agostino infatti sembra non rendersi conto che, se anche il canone fosse stato fissato nel IV secolo, ciò non avrebbe aggiunto alcunché alla Fede della Chiesa, perché quanto contenuto in quel canone è già previamente contenuto nella Tradizione. La conclusione storica di Agostino, che si basa su una premessa teologica corretta, fa dunque però un’inferenza teologica errata, cioè crede che per mantenere invariata la fede apostolica occorra postulare che il canone stesso risalga all’epoca degli apostoli. Agostino come dicevamo, al pari di tutti gli uomini della sua epoca, non ha un’idea molto chiara, a livello di come potremmo averla noi ora a proposito del 1700, circa l’epoca apostolica, e questo per la mancanza dell’idea documentaria di storia propria dell’epoca antica. Che Agostino abbia storicamente torto lo possiamo sapere proprio interrogando le testimonianze delle epoche precedenti, ma pure facendo alcuni ovvi ragionamenti: non possono essere stati gli apostoli a definire un canone neotestamentario, infatti essi morirono prima che i libri oggi ivi contenuti venissero alla luce. Nessuno degli apostoli dunque poteva pensare ad un Nuovo Testamento. Ad esempio è noto come 2Pt risalga ai primi decenni del II secolo.
Inoltre, proprio interrogando le fonti storiche tra II e IV secolo, vediamo che nessuna ha il canone attuale, ed anzi liste canoniche esplicite, come il canone muratoriano, omettono libri che per noi oggi sono canonici. Sicché dal punto di vista storico, la testimonianza di Agostino su una presunta autorità del Nuovo Testamento già all’epoca apostolica, è da considerarsi anacronistica. Invece è del tutto utile, quale testimone della sua epoca, riportare le sue considerazioni teologiche sul fatto che la riconoscibilità del canone si basi sulla Chiesa. Per usare una metafora, potremmo dire che i libri canonici siano dei diamanti, e lo sarebbero anche senza che la Chiesa li riconoscesse come tali, tuttavia solo la Chiesa permette di riconoscerli come diamanti, e dunque sapere quali siano le vere gemme, senza la Chiesa infatti, senza il gioielliere, non avremmo alcun criterio per poterli distinguere da dei fondi di bottiglia. E’ dunque da dire che non è il riconoscimento della Chiesa che rende un libro ispirato, perché è Dio che lo rende tale, il riconoscimento della Chiesa però, tramite la selezione di quel libro anziché di altri, è l’unico strumento che ci consenta di discernere il libro ispirato da quello non ispirato. Serve infatti una Chiesa infallibile, per sfuggire al rischio che altri criteri letterari applicati, in quanto applicati da uomini fallibili, siano aleatori e dunque ci lascino nell’incertezza. Per chi cioè non riconosce la necessità di una Chiesa infallibile, e pretende di rifarsi solo all’autorità della Scrittura, è impossibile fornire un criterio che permetta di discernere quale sarebbe questa Scrittura.
Possiamo porci alcune domande di approfondimento:
-quali correnti cristiane sono entrate nel attuale canone del nuovo testamento?
- e quale libro fra i presunti apocrifi sia stato ingiustamente escluso ?
Quanto alla prima domanda, occorre distinguere tra due sensi possibili. Si potrebbe intendere: "quali correnti hanno concorso a scegliere gli attuali libri del Nuovo Testamento", oppure intendere "i libri di quali correnti sono finiti nel Nuovo Testamento"?
La risposta è sempre la stessa: la Grande Chiesa, cioè gli antenati dei cattolici e degli ortodossi. Il canone si fissa nel modo attuale nel IV secolo, quando ha certamente senso vedere in quella Chiesa l'antenata delle attuali chiese cattolica e ortodossa. E quanto ai libri scelti, siccome è probabile che le persone scelgano i libri in base ad un confronto con quanto essi stessi credono, mi sembra ovvio che questa corrente che ha selezionato i testi neotestamentari abbia scelto testi che le piacevano perché provenivano da essa stessa.
Libri ingiustamente esclusi? Esclusi in base a che criterio?
Se il criterio per dire cosa è canonico è l'infallibilità della Chiesa che li ha selezionati, allora non c'è nessun ingiustamente escluso.
Se il criterio invece fosse la storicità di tali libri, o la loro vicinanza al Gesù storico, allora non staremmo parlando di un criterio per definire l'ispirazione ma per definire la storicità di un testo. Si può infatti essere testi perfettamente storici, perché redatti da degli storici accurati, senza per questo postulare che sia intervenuto Dio nella stesura di questi testi. Sicché ispirazione e storicità sono cose diverse.