“ io dico che Eusebio da Cesarea ha letto gli Annales di Tacito ma non ha trovato quel Testimonium su Gesù Cristo perché non c’era, e la risposta è, in base al ‘argumentum ex silentio’ , dire che è possibile che il silenzio di Eusebio sia dovuto al fatto che lui non lesse “
No, la definizione di argumentum ex silentio è il contrario. Non è la mia risposta l’argumentum ex silentio, ma la tua affermazione. Con argumentum ex silentio ci si riferisce al modo di argomentare di chi dice che se qualcuno non cita qualcosa, allora quella cosa non esisteva. Rispondere invece che, se qualcuno non cita qualcosa, forse è perché 1)”Non la conosce”. 2)S”e la conosce non l’ha letta”. 3)”Se l’ha letta, non gli interessava citarla nell’opera”, sono tutte risposte all’argumentum ex silentio.
“Messa così l’Argumentum ex silentio è molto comodo da utilizzare;”
No ripeto, è il tuo che si definisce in retorica “argumentum ex silentio”, non la mia risposta.
“Eusebio visse appunto a Cesarea nel IV° secolo. Tacito era del I° secolo; il tempo che gli Annales di Tacito arrivassero a Cesarea c’era tutto. Lì Eusebio era un sapiente arcivescovo; c’era scuola di teologia famosa, con annessa biblioteca con 30.000 manoscritti. Non c’era il manoscritto degli Annales? Pazienza. Eusebio poi arriva a Roma, diventa socio fondatore di Costantino della Chiesadi Roma. Suo consulente; naturalmente ha accesso a tutti gli Archivi di Stato, tutto. A questo punto le probabilità che Eusebio non abbia letto gli Annales sono uguali a zero.”
Questi argomenti sono privi di senso. Non so donde tu abbia tratto il dato del numero di manoscritti della biblioteca di Cesarea, visto che, come in tutti i tuoi post, copi da internet citando solo fonti secondarie senza alcun rimando a fonti primarie, e dunque ti bevi qualunque cosa. Io non ho mai detto che Eusebio non avesse a disposizione gli Annales, ma che non ho nessuna prova né che li avesse letti, né che, se li aveva letti, era interessato a loro. La letteratura greca e latina contava una quantità sterminata di opere, il fatto che un’opera fosse nota, forse addirittura di fama, non implica che qualcuno l’abbia letta. Ad esempio voi avete mai letto Moby Dick? Io no. Eppure ragionando come fa Virtesto dovremmo dire di sì. Infatti la biblioteca del mio paese ce l’ha, e dunque se ce l’ha, per qualche strano motivo io devo averlo letto, così come dovrei aver letto tutti i classici. Tra l’altro i grecofoni come Eusebio, come tutti i greci, avevano in autentica antipatia il latino e la letteratura latina considerandola di serie B e scritta in una lingua barbara, dunque se Eusebio aveva nella sua mente una lista di classici da leggere, quelli latini stavano all’ultimo posto. Questa è una faccenda da non sottovalutare: i padri latini tendono a citare opere in latino ed i padri in greco opere in greco, alcuni dottissimi poi, come fa Agostino nelle Confessioni ci raccontano con amarezza di come odiassero il greco a scuola, e di non essere mai riusciti ad impadronirsene. Ciò spiega il perché tra autori greci e latino spesso ci sia una specie di compartimento stagno: non necessariamente un grecofono era in grado di leggere il latino, o, se era in grado, lo reputava interessante.
“SAREBBE STATA L’UNICA PROVA EXTRA-BIBLICA CHE AFFERMAVA L’ESISTENZA DI GESU’. Sarebbe stato il passo più importante della Storia Ecclesiastica! Ma quel passo di Tacito non c’era, è un falso!”
Te l’ho già spiegato. Né ad Eusebio né ad alcun altro cristiano importava di dimostrare l’esistenza storica di Gesù per la banalissima ragione che NESSUNO ha mai negato la sua esista prima del XVIII secolo. E’ una paranoia del tutto moderna. I romani non hanno mai messo in dubbio che Gesù fosse esistito, nessuno dei polemisti lo fa, né Celso né Luciano. Accusano i cristiani di un mucchio di cose, ma nessuno di una cosa tanto stupida come quella che immagina Virtesto. Ecco ad esempio cosa scrive Luciano di Samosata (120-180) nella sua opera Vita di Peregrino Proteo, dove fa la satira di questo santone, Peregrino, dicendoci che, tra una religione e l’altra, finì per diventare un idolo tra i cristiani grazie alla sua favella:
“
Allora Proteo venne a conoscenza della portentosa dottrina dei cristiani, frequentando in Palestina i loro sacerdoti e scribi. E che dunque? In un batter d’occhio li fece apparire tutti bambini, poiché egli tutto da solo era profeta, maestro del culto e guida delle loro adunanze, interpretava e spiegava i loro libri, e ne compose egli stesso molti, ed essi lo veneravano come un dio, se ne servivano come legislatore e lo avevano elevato a loro protettore a somiglianza di colui che essi venerano tuttora, l’uomo che fu crocifisso in Palestina per aver dato vita a questa nuova religione. […] Si sono persuasi infatti quei poveretti di essere affatto immortali e di vivere per l’eternità, per cui disprezzano la morte e i più si consegnano di buon grado. Inoltre il primo legislatore li ha convinti di essere tutti fratelli gli uni degli altri, dopoché abbandonarono gli dei greci, avendo trasgredito tutto in una volta, ed adorano quel medesimo sofista che era stato crocifisso e vivono secondo le sue leggi. Disprezzano dunque ogni bene indiscriminatamente e lo considerano comune, seguendo tali usanze senza alcuna precisa prova. Se dunque viene presso di loro qualche uomo ciarlatano e imbroglione, capace di sfruttare le circostanze, può subito diventare assai ricco, facendosi beffe di quegli uomini sciocchi” (Luciano, De morte Per. XI-XIII)
Anche il polemista Celso verso il 180 d.C. compone un opera chiamata Alethes Logos (il discorso vero), dove accusa Gesù e i cristiani di molte cose, ma non dell’inesistenza di Gesù. Ecco le accuse di Celso sulla misera vita di Gesù, descritto come un ciarlatano figlio di un’adultera:
“
Maria madre di Gesù, scacciata dall’artigiano che l’aveva maritata, accusata di adulterio, messa incinta da un certo soldato di nome Panthera” (Contra Celsum, I, 32)
“
Spinto dalla miseria andò in Egitto a lavorare a mercede, ed avendo quindi appreso alcune di quelle discipline occulte per cui gli Egizi son celebri, tornò dai suoi tutto fiero per le arti apprese, e si proclamò da solo Dio a motivo di esse” (Ivi, I, 28)
“
Gesù raccolse attorno a sé dieci o undici uomini sciagurati, i peggiori dei pubblicani e dei marinai, e con loro se la svignava qua e là, vergognosamente e sordidamente raccattando provviste” (Ivi, I, 6)
Come si vede il dibattito tra Celso ed Origine che gli risponderà non è sull’esistenza storica di Gesù, ma sul alcuni particolari della vita di Gesù. Lo stesso dicasi nel Dialogo con Trifone giudeo di Giustino. Il problema non è convincere Trifone che Gesù sia esistito, ciò di cui nessuno dubitava, ma solo se Gesù fosse o meno il messia promesso. E lo stesso si può dire di tutte le opere degli apologisti antichi, dall’Apologeticum di Tertulliano all’Octavius di Minucio Felice. Nessuno risponde a critiche sull’esistenza di Gesù per la banalissima ragione che nessuno aveva obiezioni su questo.
Quindi lo ripeto: perché mai a Eusebio doveva importare, addirittura importare enormemente, di dimostrare l’esistenza di Gesù, visto che a nessun romano era mai passato neppure per l’anticamera del cervello di dubitare della sua esistenza? Sai darmi documentazione di un dibattito tra cristiani e pagani in questo senso? Sai fornirmi anche una sola citazione di qualcuno che abbia dubitato dell’esistenza storica di Gesù? E dunque, visto che era una cosa di cui nessuno dubitava, perché cavolo avrebbe dovuto servire a Eusebio argomentare di una cosa ovvia, che solo per te e qualche altro malato di paranoia ermeneutica nel XXI secolo costituisce un problema?
“Dopo aver scritto la sua Storia senza la citazione di Tacito, Eusebio la mostra agli intellettuali romani; il primo, od il secondo che la legge gli avrebbe detto:” Ma perché non hai citato Tacito che negli Annales scrive che ecc.ecc.?” “
E perché avrebbero dovuto chiedergli degli Annales di Tacito? Oltre al fatto che di solito Eusebio non cita autori pagani, sono un’opera di nessuna rilevanza per gli scopi argomentativi della sua opera. Per parlare della persecuzione di Nerone cita altri, autori cristiani, e dunque l’obiettivo di parlare della persecuzione di Nerone era già coperto, e, quanto al dimostrare l’esistenza di Gesù, siccome a nessuno era mai passato per l’anticamera del cervello di negarla, non si vede che interesse avrebbe dovuto avere a citarla. Il fatto che a noi, col naufragio della letteratura antica, un passo sembri molto importante e conosciuto perché è uno dei pochi che abbiamo, non implica che all’epoca, con tutta la letteratura greca e latina presente, quel passo costituisse qualcosa di speciale o un unicum.
“Polymetis scrive che Eusebio ha quella forma mentis di non citare autori pagani; ecco cosa scrive Cathopedia:
“…Esso (qui parliamo del Testimonium Flavianum) inoltre è già citato da Eusebio di Cesarea (265-340) nel IV secolo, nella DIMOSTRAZIONE EVANGELICA III,3,105-106, NELLA STORIA ECCLESIASTICA I,11 E NELLA TEOFANIA.
(Se io cito Wikipedia, subendo le critiche di Polymetis in quanto tutti, secondo lui, potrebbero correggere, e ora anche Cathopedia, è per la semplice ragione che sono sulla prima pagina sempre di Google, quindi non perdo tempo. Se la citazione di Cathopedia fosse stata errata, il Vaticano l’avrebbe corretta….)
Si nota che quando serve, per la ‘causa’, citare un autore ebreo si può, Eusebio lo ha fatto citando Giuseppe Flavio.”
Questa argomentazione ha due sciocchezze. La prima è che se dico che Eusebio preferisce non citare autori pagani (ovviamente parlo di statistica), non si vede che contraddizione a questa tesi dovrebbe essere il citare Flavio Giuseppe, infatti Flavio Giuseppe non è pagano, perché gli ebrei non sono pagani.
In secondo luogo la frase un po’ ridicola “il Vaticano lo avrebbe corretto” riferendosi a Cathopedia, che fa trasparire che secondo la complottista mentalità di Virtesto Cathopedia sia un’emanazione del Vaticano e che il Vaticano sia un conciliabolo di complottisti intenti ad insabbiare chissà quale profonda verità. La verità è che qualsiasi antichista leggendo quello che scrive Virtesto si farebbe solo due risate per la totale mancanza di metodo che lo caratterizza e la smaccata imperarazione antichistica che trasuda da ogni riga.
“Fra l’altro, contrariamente a quanto afferma Polymetis, la ‘Storia’ di Eusebio si sofferma moltissimo a parlare di Gesù Cristo per cui inserimenti che confermerebbero la sua esistenza reale sono ovviamente utili.”
Ma io non ho mai detto che la Storia Ecclesiastica non parli di Gesù. Ho solo dello che ne parla come ne parla qualsiasi cristiano, cioè dando per scontata la sua esistenza, perché come ripeto non era un problema né per i cristiani né per i pagani. A Eusebio può interessare parla di Gesù per delucidare qualche particolare della sua vita, ma non gli interessa minimamente citare delle fonti con lo scopo di dimostrare la sua esistenza perché come ripeto nessuno ne dubitare e dunque non era un problema. Non ha senso citare fonti che non sono informative dei particolari che ci interessano, e che magari hanno come unica menzione di Gesù il fatto che fu ucciso e crocifisso, perché questi particolari Eusebio li aveva già dai Vangeli e dalle fonti cristiane, e nessun pagano li metteva in dubbio, quindi non gli fregava nulla il citare una fonte (per lui) tanto inutile. Già ho detto che dal nostro punto di vista Tacito può essere una fonte preziosa, perché abbiamo perso il 90% e più della letteratura antica, ma per Eusebio non era rilevante, e a dire il vero non lo è neppure per noi, visto che ci dà informazioni sulla biografia di Gesù che abbiamo giù dalle fonti cristiane. Per i biografi accademici di Gesù dimostrare la sua esistenza è stato un problema per circa due secoli, dal XVIII al XX secolo circa, prima non lo era mai stato, e, a livello accademico, a tornato a non essere un problema, perché le ipotesi sull’inesistenza di Gesù in ambito accademico sono inesistenti, cosicché nessuno che voglia fare della produzione diretta ai propri colleghi si sognerebbe di confutare qualcosa che è già dato per assodato. Al massimo si può fare della letteratura divulgativa, come fa ad Ehrman, ad uso dei caproni su internet, per spiegare ciò che nel mondo accademico non è neppure più oggetto di discussione.
“Ma come??? Eusebio inserisce il Testimonium di quel ebreo di Giuseppe Flavio nella sua Storia e poi evita di inserire quello di Tacito???? Qui Polymetis mi obbietta che quella citazione di Tacito non era adatta per essere inserita nella Storia Ecclesiastica. Bene. La poteva inserire nella ‘Dimostrazione Evangelica’ o nella ‘Teofania’, ovunque ma sarebbe stato indispensabile citare uno storico non cristiano che conferma l’esistenza in vita di Gesù, perché Tacito, soprattutto, sarebbe stato l’unico.
Il Testimonium Flavianum infatti è un falso congegnato dallo stesso Eusebio, non scritto da quel ebreo di Giuseppe ed è per questo che sopra dicevo che quel Testimonium di Tacito, se c’era, era l’unica prova che testimoniava Gesù Cristo.”
No, non è un falso inventato da Eusebio (265-340) perché già Origene (185 – 254) dice che Flavio Giuseppe, pur non credendo a Gesù quale messia, parla del martirio di Giacomo (Commentarium in Matthaeum, X,17). Quindi almeno Origene conosceva il passo delle antichità in cui si dice: ““Anano […] convocò il sinedrio a giudizio e vi condusse il fratello di Gesù, detto il Cristo, di nome Giacomo, e alcuni altri, accusandoli di trasgressione della legge e condannandoli alla lapidazione” (Ant. XX, 200).
Come ripeto non interessava a Eusebio dimostrare l’esistenza di Gesù, perché nessuno ne dubitava, ed infatti neppure Giuseppe Flavio è citato con questo scopo. Eusebio parla di Gesù per caso, stava parlando infatti di che cosa raccontavano le fonti su Giovanni Battista, e poi aggiunge, en passant, che Flavio oltre a parlare di Giovanni Battista parla anche di Gesù. L’obiettivo non è dimostrare né l’esistenza dell’uno né quella quell’altro. Nel caso della citazione di Gesù essa serve ad Eusebio per veicolare al lettore l’idea che Giuseppe sia uno storico assai completo, e dunque le sue parole su Giovanni il Battista siano degne di fede. Ma perché Eusebio ci parla di Giuseppe Flavio e ci racconta di quello che Flavio afferma su Giovanni il Battista e su Gesù? La risposta è che vuole usare Giuseppe Flavio contro un’opera anticristiana. Tra il 306 e il 310, poco prima dell’avvento di Costantino al potere, l’imperatore e persecutore Massimino Daia face circolare nelle scuole dell’impero un’opera nota come Atti di Pilato in cui, negli scopi dell’autorità imperiale, si doveva dimostrare agli studenti l’assurdità della venerazione di questo ebreo crocifisso come Dio (Eus., H.E. IX, 7, 1). Non sappiamo bene cosa contenesse questo testo, e se sia stato redatto ex novo o se sia la manipolazione di un testo cristiano apocrifo precedente chiamato Atti di Pilato. Il punto è che Eusebio per smascherare questo testo imposto a scuola dell’autorità imperiale come falso fa notare che la data del supplizio di Gesù sotto Ponzio Pilato data da questo testo anti-cristiano è il 21 d.C., ma ciò è impossibile, dice Eusebio, perché Giuseppe Flavio, un ebreo del I secolo, ci dice che Pilato all’epoca non era ancora in carica, dunque gli Atti di Pilato in quanto smentiti da Flavio sono falsi. Ecco che dice Eusebio:
“
Lo stesso storico, nel diciottesimo libro delle Antichità, attesta che Ponzio Pilato divenne governatore della Giudea nel dodicesimo anno del regno di Tiberio (cioè 26 d.C.) (quest'ultimo ereditò la guida dell'impero da Augusto, che l'aveva detenuta per cinquantasette anni), e ricoprì questa carica per dieci anni interi, fino alla morte dell'imperatore. Dunque si smaschera facilmente la falsificazione di coloro che in passato hanno scritto Memorie contro il nostro Salvatore (= gli Atti di Pilato): già da solo infatti il tempo indicato nel titolo basta a dimostrare che i loro autori hanno raccontato il falso. Essi infatti pongono sotto il quarto consolato di Tiberio, che coincide col settimo anno del suo regno (cioè il 21 d.C.), i supplizi che i Giudei osarono infliggere al nostro Salvatore. In quel periodo però Pilato non era ancora stato designato governatore della Giudea, se si deve prestare fede alla testimonianza di Giuseppe, che indica chiaramente, nel libro già citato, che tale designazione avvenne nel dodicesimo anno del regno di Tiberio.” (Eusebio, H.E., I, 9, 2-4)
Eusebio cita poi i brani su Giovanni il Battista e su Gesù di Flavio, in particolare, poiché gli interessa smentire la datazione degli Atti di Pilato sul processo di Gesù, i brani che cita servono a mostrare 1)Le date di Pilato indicate da Flavio sono successive a quelle indicate dagli Atti di Pilato. 2)Che sempre secondo Flavio Gesù fu ucciso sotto Ponzio Pilato: “fu condannato alla crocifissione da Pilato”.
Conclusione del sillogismo: stando alle testimonianza di Flavio se Gesù fu ucciso da Pilato, e Pilato non regnava nel 21 d.C., gli Atti di Pilato fatti girare da Massimino Daia sono dei falsi.
Questa è l’argomentazione di Eusebio, che immediatamente dopo aver citato il Testimonium Flavianum infatti torna subito a parlare degli Atti di Pilato per dirci che ci ha appena dimostrato la loro falsità:
“
Poiché è uno storico di origine ebraica a dire, nella sua opera, queste cose su Giovanni Battista e sul nostro Salvatore, quale sotterfugio potrebbe esserci per non definire meschini quegli uomini che su costoro hanno detto il falso nelle loro Memorie (=Gli atti di Pilato)?” (Eusebio, H.E. I, 11, 9).
Quindi ricapitoliamo: perché Eusebio cita Flavio? Per dimostrare che Gesù era davvero esistito? Ma no, non gliene fregava niente. Lo cita perché deve smascherare gli Atti di Pilato fatti diffondere nelle scuole da Massimino Daia e in Giuseppe Flavio trova al contempo la doppia informazione di quando Pilato è stato governatore e che ha processato Gesù, quindi gli Atti di Pilato sono falsi. Perché Eusebio non cita Tacito? Perché o non lo conosceva o, se anche l’avesse conosciuto, non gli serviva a nulla, visto che in quel brano degli Annales non dice le date del governatorato di Pilato e dunque il brano non poteva essere usato per smentire le affermazioni degli Atti di Pilato.
Comunque vorrei far notare a Virtesto, che immagina il povero Eusebio intento a ricercare pagani che parlino dell’esistenza di Gesù per dimostrare la sua esistenza, che i Romani erano così lontani dal dubitare che Gesù fosse esistito da far anzi leggere a scuola atti del processo di Gesù falsi, in modo da scoraggiare le conversioni al cristianesimo sin dalla scuola. Dunque come si veda a nessun romano passava per l’anticamera del cervello che Gesù non fosse mai esistito, ed anzi, usavano la sua esistenza come prova a danno del cristianesimo, dicendo ai giovani studenti che era assurdo venerare come Dio un criminale crocifisso.
“Il T.F. ,inserito nelle Antichità Giudaiche del i° secolo , appare per la prima volta nel IV° secolo nelle opere di Eusebio appunto. Nessun Padre della Chiesa, nessun apologeta cristiano lo conosceva prima di Eusebio. E’ strano vero??”
Innanzitutto non si può dire che nessuno lo conoscesse, ma semmai che nessuno di quelli che si sono stati tramandati lo cita
verbatim. Il tuo uso farlocco dell’argumentum ex silentio continua a far danni, perché presuppone che quello che non ci è pervenuto non sia mai esistito. Ma anche se ci fosse stata tramandata tutta la produzione cristiana dei primi secoli, no, non è strano che nessuno lo citi: banalmente sono pochi i Padri della Chiesa precedenti ad Eusebio, almeno quelli pervenuti sino a noi (che sono solo un’infima percentuale del totale), ad avere la sua erudizione, e dunque ad interessarsi di autori non cristiani per scrivere opere di storia. Origene è un’eccezione, ed infatti Origene, pur non citando il testimonium flavianum letteralmente, ci dice due volte che Giuseppe Flavio parla di Gesù (Commentarium in Matthaeum, X,17, Contra Celsum, I,47).
“Ancora: “ ..Nella sua ‘preparatio evangelica (XII,31) Eusebio tratta in una sezione dell’uso delle menzogne (pseudos) come una ‘medicina’ che sarebbe stato ‘legale ed appropriato da utilizzare’. Tenendo a mente tutto ciò, risulta difficile accertare le conclusioni e la veridicità di Eusebio confrontandolo con i suoi predecessori e contemporanei. I testi degli scrittori precedenti di cronache, soprattutto Papia, che lui denigrava, ed Egesippo, sul quale invece si basava, non ci sono infatti giunti, e sopravvivono principalmente sotto forma di citazioni del loro lavoro scelte da Eusebio stesso, che può benissimo avere selezionato le parti adatte per supportare le sue tesi”
La Chiesa di Roma è stata fondata da quel personaggio spiegato sopra.”
Hai copiato questa autentica minchiata da wikipedia, ovviamente senza citare la fonte, che è wikipedia. La quale in questo caso è stata manipolata da qualche dilettante internettiano. Devo notare che con questa storiella dell’attribuire ad Eusebio una dottrina della “pia frode” sei recidivo, perché avevi già citato questo brano di wikipedia in una vecchia discussione, venendo già allora clamorosamente smentito. Ma figurarsi se può essere plausibile che uno storico, intento a scrivere un’opera di storia, si dia del falsario da solo dicendo che si ritiene autorizzato a manipolare cronache storiche ed inventare come gli aggrada. La cosa è abbastanza ridicola e prima di riportare cose tanto enormi sarebbe il caso di andare a vedere i passi citati, in questo caso un brano della praeparatio evangelica.
Siccome Virtesto come un disco rotto ci riporta sempre i soliti falsi che trova su internet (mai una volta che si possa discutere con fonti accademiche!), posso riutilizzare ciò che gli risposi già in questa discussione:
viewtopic.php?f=18&t=16627&p=268795&hilitCosì scrissi:
“
Qui la citazione è così falsa da rasentare l’assurdo. In quelle righe come è già stato detto non sta parlando Eusebio, ma è Eusebio che cita un testo dalle Leggi di Platone! Il passo ed il suo conteso mi sono ben noti, perché il caso vuole che la mia prima laurea l’abbia presa proprio portando come tesi la dottrina religiosa delle Leggi di Platone. In quel passo il filosofo ateniese stava dicendo che non è bene insegnare ai giovani gli episodi più sconci della vita degli dèi greci, ad esempio che Zeus era un donnaiolo, perché c’è il rischio che i giovani pretendo l’esempio dai loro dèi si comportino in modo altrettanto sconcio. E’ dunque una menzogna a fine educativo per crescere i bambini in modo sano, che Platone non applicava certo al modo di fare storia. Perché Eusebio lo cita? Perché Eusebio sta spiegando come mai nell’Antico Testamento ci sia spesso scritto che Dio è “geloso” e punitivo, attributo che sarebbe incompatibile con la maestà e la perfezione divina. Al che Eusebio spiega che i governanti degli Ebrei hanno detto al loro popolo che Dio era irritabile proprio perché con questa menzogna pensavano di educarli al timor di Dio.
Tutto qui. Eusebio sta semplicemente spiegando una sua idea del perché nell’Antico Testamento ci sarebbero degli attribuiti mendaci riferiti alla natura divina, e spiega che i governanti ebrei hanno dipinto Dio con questi attribuiti solo per spaventare il popolo e farlo rigare dritto.
Il testo dunque non esprime alcuna teoria di Eusebio su come si debba scrivere la storia, e, per essere precisi, le righe citate non sono di Eusebio ma di Platone, il quale parlava delle bugie da dire ai bambini da educare. Il tutto è un dibattito teologico sul perché nell’Antico testamento ci siano attributi di Dio spaventevoli, non una giustificazione alla menzogna storiografica rivendicata da Eusebio per se stesso.”“La Chiesa di Roma è stata fondata da quel personaggio spiegato sopra.”
No, non si vede che cosa c’entri Eusebio con la Chiesa di Roma. Eusebio è uno scrittore ecclesiastico del IV secolo, tra l’altro di non limpida ortodossia, e con la sede episcopale di Roma non c’entra nulla. Questa tendenza dei dilettanti a confondere i concetti di “Chiesa cattolica” e “chiesa di Roma” mi stupisce sempre. Inoltre Eusebio non ha fondato né la Chiesa Cattolica né tantomeno la Chiesa di Roma. In che modo le avrebbe fondate? Nel IV secolo, quando opera Eusebio, la Chiesa è già una realtà che esiste da 4 secoli, diffusa in tutto l’impero, con una gerarchia riconoscibile basata sulla successione vescovile.
“Purtroppo la religione, l’ho già scritto, si basa sulle balle, le favole.”
Le uniche balle che vedo finora sono i tuoi tentativi di fare dell’antichistica copiando a caso informazioni prese da internet opera di altri dilettanti capaci solo di fare pastrocchi come te. Tipo questa perla:
“Eusebio venne accusato dagli stessi cristiani di FALSIFICARE scritti storici o dottrinali e di INVENTARE storie leggendarie al solo scopo di acquistare potere temporale e ricchezze materiali di cui era bramoso; Il vescovo Eustazio di Antiochia lo denunciò ufficialmente durante il Concilio di Nicea nel 325, accusandolo di manipolare l’intera dottrina paleocristiana e ariana e di fabbricare testimonianze per avallare le su tesi””
La notizia è completamente travisata, perché non chiedi ai tuoi amici intenettiani quale sarebbe la fonte antica dove viene raccontato questo episodio? Tu scambi un fatto vero, cioè i dissapori tra Eustazio e Eusebio su come andasse interpretato il Credo niceno, con accuse di falsificazioni storiche. Eustazio era il più intransigente difensore dell’ortodossia, e si scontrò con Eusebio sia a Nicea che in un sinodo ad Antiochia. Eustazio accusava Eusebio d’aver tradito la fede nicena, Eusebio accusava Eustazio di essere un sabelliano e di avere una figlia illegittima. Ciò è tutto, dispute di cristologia. Se mi citi il passo dove Eustazio avrebbe accusato Eusebio di manipolare documenti storici sarei felice di leggerlo. Questa non è una domanda per prendere in giro: il fatto che io conosca diverse fonti del Concilio di Nicea, e in nessuna di queste venga riportata la disputa tra Eustazio ed Eusebio nei termini in cui tu la descrivi, non significa che la tua descrizione sia inesistente. Può esistere una fonte da me non conosciuta che riporti altre parole di Eustazio a me ignote. Ma finché non si dice quale sarebbe la fonte antica che fa questo resoconto quello che dici è da ritenersi inventato.
“Ora sappiamo che anche l’ebraismo si basa su dei miti: il mito di Mosè, dell’Esodo, della Legge data da Dio direttamente a Mosè, della Conquista, della migrazione di Abramo ecc. e cosa pretendete? Che la religione cristiana, figlia dei miti ebraici, non sia anch’essa mitica???”
E’ oggetto di discussione in che misura i personaggi dell’antico testamento siano mitici, ma col cristianesimo la cosa è alquanto diversa perché i fatti che racconta non si perdono nelle nebbie del tardo bronzo e della prima età del ferro, dove le nostre fonti letterarie sono poche o inesistenti, ma su qualcosa avvenuto nel I sec. della nostra era, cioè un’epoca come quella dell’impero romano che non c’è oscura come può esserlo la Palestina del 1300 a.C. bensì meglio conosciuta, e soprattutto i testi che abbiamo sono molto vicini ai fatti che raccontano. Mentre passano secoli e secoli tra Abramo, Mosè, Giosuè e la stesura dei libri coi fatti che ci raccontano le loro vite, e ancor più tempo passa tra la stesura di questi libri e il primo testimone manoscritto che ce li tramanda, col Nuovo Testamento è tutto diverso. Paolo scrive negli anni ’50, 20 anni dopo la morte di Gesù, e ci informa d’aver preso le sue informazioni dai discepoli della prima ora e dalla famiglia di Gesù conosciuti da lui personalmente a Gerusalemme. Poi vengono i Vangeli, composti in un arco di tempo tra il 70 e il 100. Quanto ai primi testimoni di questi testi, come già spiegato il nostro più antico frammento è un pezzo di Giovanni, del 125 d.C.
Questo è qualcosa di straordinario, perché nessun’opera dell’antichità classica, che si tratti di Giulio Cesare, Cicerone, o chiunque altro ha manoscritti superstiti così vicini alla stesura delle loro opere. Di solito passano in media 6-8 secoli. Nel caso di Giovanni invece il primo manoscritto dista dall’originale soli 25 anni. Il che è qualcosa, per gli standard della filologia classica, che fa del Nuovo Testamento il testo meglio tramandato dell’antichità per numero di manoscritti e loro antichità. Questo è difficile da fare entrare in testa ai complottisti, che, non sapendo quanto in media passa tra la stesura di un testo classico e il suo primo manoscritto, si stupiscono di sapere che abbiamo papiri dei Vangeli del II e del III secolo ma non del primo (con l’eccezione di un frammento di Marco non ancora pubblicato), ecco, quanto sarebbero ancora più stupite queste persone se sapessero che quasi l’integralità della letteratura greca e latina superstite ci proviene solo da manoscritti medievali, e che il Nuovo Testamento è in assoluto l’opera tra quelle antiche che ha manoscritti più prossimi ai propri originali.
Ad maiora