Seneca, Pietro e la fine del mondo

Sezione dove porre domande sulla Bibbia e sulla sua interpretazione

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Socrate69
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Seneca, Pietro e la fine del mondo

Messaggio da Socrate69 »

Chiedo un parere.
Non è che il passo di 2 Pietro 3, 10-12-13 (e altre visioni apocalittiche note a chi conosce gli scritti del cosidetto Nuovo Testamento) - (TNM)"Tuttavia il giorno di Geova*+ verrà come un ladro,+ in cui i cieli passeranno+ con rumore sibilante,+ ma gli elementi,* essendo intensamente caldi, saranno dissolti,*+ e la terra+ e le opere che sono in essa saranno scoperte/aspettando+ e tenendo bene in mente* la presenza* del giorno di Geova,*+ mediante cui cieli essendo infuocati saranno dissolti+ e [gli] elementi essendo intensamente caldi si fonderanno! 13 Ma secondo la sua promessa noi aspettiamo nuovi cieli+ e nuova terra,+ e in questi dimorerà la giustizia.+" - si fosse per caso ispirato alla visione stoica della "fine" del mondo, specie quella di Seneca (in Consolatio ad Marciam) - "Nulla resterà nel luogo in cui è (ora), il tempo tutto abbatterà e trascinerà con sé. E si prenderà gioco non soltanto degli uomini - quale piccola parte della potenza della sorte è infatti codesta? -, ma dei luoghi, delle regioni, dei continenti1. Spianerà intere montagne e, altrove, farà sorgere2 nuove rupi; prosciugherà i mari, devierà i fiumi e, interrotto il rapporto fra i popoli, dissolverà la convivenza e l'unione del genere umano; altrove inghiottirà città in profonde voragini, (le) scuoterà con terremoti, erutterà dal profondo aliti pestilenziali, cancellerà con inondazioni ogni luogo abitato3, sterminerà ogni essere vivente sommergendo il mondo e con immensi incendi brucerà ed incenerirà le cose mortali. E quando sarà giunto il tempo in cui il mondo si estinguerà per rinnovarsi, queste cose si distruggeranno con le loro stesse forze, e le stelle cozzeranno contro le stelle, e, mentre brucia tutta la materia, tutto ciò che ora brilla al suo posto arderà in un sol fuoco. Anche noi, anime felici e che abbiamo avuto in sorte l'eternità, quando a Dio sembrerà giusto ricostruire di nuovo queste cose, mentre tutto crolla, noi stesse4 piccola appendice dell'enorme rovina, torneremo agli elementi primordiali." (http://www.latinovivo.com/versioni/Finemondo.htm" onclick="window.open(this.href);return false;) ?
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

Non mi pare che i due testi si somiglino molto se non per la considerazione che, in ambo i casi, alla fine del mondo dovrebbe fare molto caldo... :risata: è la dottrina stoica dell'ekpyrosis, la conflagrazione finale. Non credo che occorra vedere contatti tra stoici e cristiani per spiegare questa somiglianza, semplicemente tutte le persone fanno esperienza, anche senza conoscersi, del potere distruttivo del fuoco, e dunque, quando devono immaginare la distruzione, lo tirano in ballo.
Comunque se ti interessa qualcuno in passato ha provato a sostenere che ci furono contatti tra Seneca e i cristiani, prova ne sarebbe un epistolario tra Seneca e San Paolo che c'è giunto. Sfortunatamente è considerato spurio da tutti, con l'eccezione, in Italia, di alcuni studiosi: il Franceschini (che litigò col Momigliano su questo), Marta Sordi, Ilaria Ramelli. I primi due sono morti.

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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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Quixote
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Messaggio da Quixote »

Ma siccome i mortali, se bene in sul primo tempo di ciascun giorno racquistano alcuna parte di giovanezza, pure invecchiano tutto dì, e finalmente si estinguono; così l’universo, benchè nel principio degli anni ringiovanisca, nondimeno continuamente invecchia. Tempo verrà, che esso universo, e la natura medesima, sarà spenta. E nel modo che di grandissimi regni ed imperi umani, e loro maravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi segno nè fama alcuna; parimente del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empieranno lo spazio immenso. Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato nè inteso, si dileguerà e perderassi.
(Leopardi, Cantico del gallo silvestre)

Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.
(Svevo, La coscienza di Zeno)
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
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Socrate69
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Per Poly

Messaggio da Socrate69 »

Quella della distruzione con il fuoco del cosmo non è l'unica somiglianza, se ci facciamo caso.
Anche questa conclusione è pressoché simile a quella di Pietro :
Anche noi, anime felici e che abbiamo avuto in sorte l'eternità, quando a Dio sembrerà giusto ricostruire di nuovo queste cose, mentre tutto crolla, noi stesse4 piccola appendice dell'enorme rovina, torneremo agli elementi primordiali.
Cioè, in ambo i testi, prima la distruzione col fuoco poi la ri-creazione di tutto quanto.

Questa domanda mi è venuta mentre stavo visionando un documentario sulle possibili fini del mondo (inteso l'universo e la terra), e nel quale parlava di come la vedevano i romani (specie Seneca) - cioè con elementi come l'acqua e il fuoco.

Io ci ho visto subito un parallelo, ma sarà anche come dici tu.
Il passo di Pietro, comunque, mi è sempre parso in contraddizione con il libro di Apocalisse, nel quale, pur essendo fatto di simbolismi, non si parla minimamente di distruzione totale e nuovo universo, come appunto lo si fà in Pietro.
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

I greci hanno l'idea che la storia non sia lineare ma circolare, che dopo la distruzione il mondo ricominci, e i filosofi romani sono influenzati da questa visione. Quanto all'epistola petrina, mi pare più sensato vedere i paralleli circa la palingenesi del cosmo nell'Antico Testamento. Pietro ha mischiato il tema apocalittico, presente nel medio-giudaismo, con l'idea di una restaurazione sulla terra della pace di Yhwh, quale la possiamo vedere in Isaia.
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Ray
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Messaggio da Ray »

Chissà perché mi piace la parte razionale delle persone. :ironico:
PALINGENESI (dal gr. παλιγγενεσία "rinascita"). - Questo vocabolo ha subito nello svolgersi del pensiero religioso-filosofico dei Greci diverse significazioni, passando specialmente da un significato individuale a un significato cosmico, per assumere da ultimo un valore puramente simbolico ed etico...
Nel Nuovo Testamento la parola palingenesi indica la nuova situazione che si verificherà dopo l'avvento del regno di Dio (Matteo, XXVI, 29); espressioni affini sono "restituzione delle cose", ἀποκατάστασις πάντων (Atti, III, 21) e il "cielo nuovo e terra nuova" di cui parlano II Pietro, III, 13 e Apocalisse, XXI, 1 segg.
http://www.treccani.it/enciclopedia/palingenesi_(Enciclopedia-Italiana" onclick="window.open(this.href);return false;)/
Ray

Le falsificazioni e le varianti involontarie si accumulano man mano che un testo è ricopiato attraverso i secoli. Ogni scriba riproduce gli errori degli scribi precedenti e ne aggiunge di propri. Non possediamo alcun originale dei libri del nuovo testamento, ma neppure copie eseguite direttamente sugli originali, né copie di copie...Bart D. Ehrman
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Messaggio da enkidu »

polymetis ha scritto:Non mi pare che i due testi si somiglino molto se non per la considerazione che, in ambo i casi, alla fine del mondo dovrebbe fare molto caldo... :risata: è la dottrina stoica dell'ekpyrosis, la conflagrazione finale. Non credo che occorra vedere contatti tra stoici e cristiani per spiegare questa somiglianza, semplicemente tutte le persone fanno esperienza, anche senza conoscersi, del potere distruttivo del fuoco, e dunque, quando devono immaginare la distruzione, lo tirano in ballo.
Comunque se ti interessa qualcuno in passato ha provato a sostenere che ci furono contatti tra Seneca e i cristiani, prova ne sarebbe un epistolario tra Seneca e San Paolo che c'è giunto. Sfortunatamente è considerato spurio da tutti, con l'eccezione, in Italia, di alcuni studiosi: il Franceschini (che litigò col Momigliano su questo), Marta Sordi, Ilaria Ramelli. I primi due sono morti.

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Ciao Poly, ti disturbo qui invece che su fb con le mie teorie strampalate :)
cosa ne pensi degli studi ( non ricordo se della sordi o della ramelli) della conoscenza di Petronio di Marco? E della Cherea e Calliroe? Io li trovo cnvincenti. Ce lo vedo
Petronio prendere in giro i questi strani ( per lui ) racconti.
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Socrate69
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Messaggio da Socrate69 »

Ringrazio tutti quanti per i vostri interventi.
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Quixote
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Messaggio da Quixote »

enkidu ha scritto: Ciao Poly, ti disturbo qui invece che su fb con le mie teorie strampalate :)
cosa ne pensi degli studi ( non ricordo se della sordi o della ramelli) della conoscenza di Petronio di Marco? E della Cherea e Calliroe? Io li trovo cnvincenti. Ce lo vedo
Petronio prendere in giro i questi strani ( per lui ) racconti.
Non conosco la Sordi, ma la Ramelli ha scritto su entrambi gli argomenti; interessante sí, ma convincente non direi proprio, dato che parliamo di ipotesi su ipotesi, e nemmeno quella di un Petronio coevo a Nerone è convincente, ma solo probabile. La certezza della letteratura antica si misura spesso in secoli, e di Caritone non l’abbiamo. Francamente un Petronio a deridere i proto-cristiani ci può stare, ma non ce lo vedo.

PS — Poiché si è parlato anche di cicli cosmici alla maniera greca integro le citazioni precedenti, con il Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco del conte Leopardi:

Venuti meno i pianeti, la terra, il sole e le stelle, ma non la materia loro, si formeranno di questa nuove creature, distinte in nuovi generi e nuove specie, e nasceranno per le forze eterne della materia nuovi ordini delle cose ed un nuovo mondo. Ma le qualità di questo e di quelli, siccome eziandio degl’innumerabili che già furono e degli altri infiniti che poi saranno, non possiamo noi nè pur solamente congetturare.
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Messaggio da polymetis »

Qui un riassunto per chi non sapesse di cosa parliamo:

http://www.christianismus.it/modules.ph ... =2&page=15" onclick="window.open(this.href);return false;

I dati sono questi, credere o meno ad un'interdipendenza è una scelta personale, i dati non sono conclusivi.
Posso solo dire che a livello di sensazione, non di certezza filologica, trovo questi paralleli plausibili.

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polymetis ha scritto:Qui un riassunto per chi non sapesse di cosa parliamo:

http://www.christianismus.it/modules.ph ... =2&page=15" onclick="window.open(this.href);return false;

I dati sono questi, credere o meno ad un'interdipendenza è una scelta personale, i dati non sono conclusivi.
Posso solo dire che a livello di sensazione, non di certezza filologica, trovo questi paralleli plausibili.
Effettivamente sono assai critico – forse a torto – su ipotesi che saranno anche allettanti, ma che trovo non risolutive, come l’unguento al nardo o il canto del gallo. Ci sento a istinto la studiosa che calca su dati non probanti. Paradossalmente lo sento meno in una nota, che mi pare lei stessa abbia sottostimato:
«In Satyr. Ill, 6 compaiono infatti dei crocifissi condannati da un governatore di provincia (111, 5) e vegliati da un soldato perche nessuno ne trafughi i corpi, come invece accade: il terzo giorno (112, 3) uno di essi viene portato via e poi sostituito con un altro, suscitando cosi lo stupore della gente che si chiede come mai un morto abbia potuto muoversi (112, 4). Oltre ad alcune evidenti somiglianze con il Vangelo, si noti che al tempo di Nerone vigeva nei confronti dei Cristiani l'accusa di aver trafugato la salma di Gesu: Mt 28,15 e inequivocabile al proposito ed inoltre l'editto di Nazareth, che condanna con estrema severita coloro che «dolo malo» hanno trafugato i corpi dei defunti, dev'essere stato applicato proprio da Nerone contro i Cristiani, in seguito alia svolta del 62 (cfr. M. Sordi, ecc…»
Ilaria Ramelli, Petronio e i Cristiani: Allusioni al Vangelo di Marco nel “Satyricon”?, in «Aevum», Anno 70, fasc. 1 (genn-apr. 1996, pp. 75-80: 80, n. 21)
Ora, secondo me, la seconda parte della nota è tipica della timidezza filologica dei nostri tempi; qui si poteva insistere sulla suggestione neotestamentaria dei tre giorni, e della sparizione del corpo, che mi è difficile non collegare all’episodio della presunta resurrezione. Naturalmente questo non significa che Petronio, o chi per lui scrivesse sotto Nerone, o cent’anni dopo; a maggior ragione, se un secolo dopo fosse, penserei che l’autore alludesse a Cristo. Va però da sé che cosí cadrebbe il parallelismo con Marco, che è tanto intrigante, quanto ipotetico.
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Messaggio da Simone Emili »

polymetis ha scritto:Qui un riassunto per chi non sapesse di cosa parliamo:http://www.christianismus.it/modules.ph ... =2&page=15 I dati sono questi, credere o meno ad un'interdipendenza è una scelta personale, i dati non sono conclusivi. Posso solo dire che a livello di sensazione, non di certezza filologica, trovo questi paralleli plausibili. Ad maiora
Finalmente ho l'occasione di fare una domanda al grande Polymetis! :-)
Nella mia ignoranza, mi sembra che le considerazioni della Ramelli siano molto ragionevoli: "Trimalcione afferma di aver consultato un astrologo, che gli ha predetto la morte dopo altri trent’anni, cosa della quale egli è persuaso; poiché dunque non vi è alcuna imminenza della morte per lui, l’ipotesi della parodia del racconto evangelico non pare così azzardata".

Il particolare che poi mi colpisce di più è quello del nardo, che accomuna entrambi gli episodi. Non trovi stupefacente (ossia inverosimile) che a due narratori siano venute in mente due scene così simili anche nei dettagli, in maniera del tutto autonoma?

Aggiungerei una considerazione. Gli esperti ritengono improbabile una datazione di Marco agli anni 50, e ne prendo atto: avranno le loro buone ragioni e non ho la minima competenza per sindacare un simile giudizio. Però non è detto che Petronio faccia la parodia di Marco, può darsi benissimo che ciò che è scritto in Marco circolasse già in ambiente romano oralmente, prima che l'evangelista lo fissasse per iscritto. Quindi Petronio potrebbe non dipendere da Marco ma dalla tradizione orale alla base del suo Vangelo. Che ne pensi?
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Messaggio da polymetis »

O da Marco, o, banalmente, racconti pasquali sulla morte di Gesù trasmessi oralmente, senza bisogno di chiamare in ballo un evangelista che pure, secondo la tradizione, stava a Roma ed era l'interprete di Pietro.

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Messaggio da Simone Emili »

polymetis ha scritto:O da Marco, o, banalmente, racconti pasquali sulla morte di Gesù trasmessi oralmente, senza bisogno di chiamare in ballo un evangelista che pure, secondo la tradizione, stava a Roma ed era l'interprete di Pietro. Ad maiora
Grazie della risposta. Dunque mi pare di capire che la pensi come me. Soprattutto in forza di quel particolare dell'olio di nardo, a me pare indiscutibile che Petronio stia facendo un riferimento ai racconti pasquali. Cosa spinge i filologi a dubitare di un'interdipendenza?
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