"Ciao, Luce in fondo al tunnel. Solo ora ho letto il tuo thread e ho pensato di aggiungere le seguenti considerazioni.Mosè dice: “Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”; mi diranno: qual è il suo nome? Ed io che cosa risponderò loro?” (Es.3,13). Dio disse a Mosè, v.14: “io sono colui che sono!”. Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono” mi ha mandato a voi……… per liberarvi e portarvi verso la terra dove scorre latte e miele” (è la “terra promessa” di cui parleremo nel 5° incontro).
L’ebraico si legge da destra a sinistra e Jahvè è stato chiamato il tetragramma (=parola di 4 lettere) sacro, che nella Bibbia ricorre ben 6.828 volte!
Da destra c’è una i (iod in ebraico)che corrisponde alla i lunga, poi una specie di acca che in ebraico è la “he”, poi la vav, che corrisponde alla w nostra, e ancora la he.
Qualcuno potrebbe giustamente obiettare: come si fa a leggere Jahvè, dal momento che ci sono le lettere “i h w h”, senza vocali? Infatti l’ebraico scrive solo le consonanti. Proprio per ragioni di spazio l’ebraico antico (e anche moderno) è scritto solo con le consonanti e le vocali si intuiscono perché le parole, quando fu scritto il testo, si conoscevano bene tutte.
Ora, queste lettere esprimono in ebraico la 3° persona singolare del verbo “essere/divenire” al tempo imperfetto/futuro secondo una forma arcaica, verbo che significa “presenza efficace qui/ora”.
Dio dice di sè “io sono colui che sono” (Jahvè). Noi, con la nostra mentalità molto scaltrita, sviluppata dalla filosofia, pensiamo l’essere in senso astratto, assoluto.
Invece gli Ebrei non avevano affatto questa mentalità astratta e filosofica, la filosofia doveva ancora nascere e quindi per loro l’ “essere” era molto più concreto.
“Jahvè” per loro è “colui che è concreto”, quindi il tetragramma significava “io sono colui che è sempre attento a voi, è sempre con voi, ed è sempre a vostra disposizione, ieri, oggi, domani”. Il nome dice molto bene questa realtà di Dio, che è un Dio a favore dell’uomo, che lo vuole aiutare, che è sempre presente.
Non dimentichiamo che, siccome gli ebrei erano vissuto a lungo in Egitto (ormai era passato più di un secolo, perché dal tempo di Giuseppe, nel 1350 a. Cr., adesso siamo nel 1225 circa), essi avevano ben conosciuto le miriadi di idoli degli egiziani, che adoravano anche degli animali e quindi questa denominazione vuole innanzitutto sostenere di fronte agli egiziani che il Dio che manda Mosè è l’unico vero Dio, contrapposto agli idoli che non sono niente, sono invenzione dell’uomo.
Ancora, il tetragramma “Jahvè - JHWH” vuol dire “io sono colui che vi mostrerò”; “io vi farò vedere chi sono” nell’agire in concreto, come sarà tutta la storia della salvezza in cui si vede Dio che agisce in concreto a favore degli uomini. Insomma chi è Dio lo si vedrà nelle sue opere.
Ritroviamo questo nome, tra l’altro, anche in Esodo 20,1: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile”, come intestazione del famoso Decalogo. Visto questo accostamento alla vicenda dell’Egitto, possiamo così sintetizzare il significato dell’espressione: “Io sono JHWH, colui che è presente “qui-ora” per liberarvi dalla schiavitù d’Egitto”.
A proposito del nome sacro notiamo ancora una cosa che è estremamente interessante.
Abbiamo cercato di rendere in italiano il significato del tetragramma ebraico, ma questo rimane in realtà misterioso; per due ragioni, primo perché per i Semiti, il nome non era soltanto una convenzione come per noi e quindi c’era la convinzione radicata che, se io conoscevo il nome di una persona, potevo in qualche modo impossessarmi di lei, cioè manipolarla, condizionarla. Ricordate la magia: se io punzecchio il pupazzetto, lancio il maleficio contro la persona che questo pupazzetto rappresenta. Quindi c’era questa idea, di poter manipolare la persona con un determinato nome. Ora, Dio non ha un nome preciso, così che nessuno possa impossessarsene.
In secondo luogo, se il nome Jahvè compare già in Genesi 4, 26 (solo secondo alcuni codici, mentre la maggior parte pone la rivelazione al tempo di Mosè), quando si dice che gli uomini cominciarono ad invocare Jahvè [o "il Signore", questa è la prima volta che viene rivelato volutamente da Dio, ma è una rivelazione diciamo così “a metà”: Dio dice e nello stesso tempo non dice.
Questo fatto di tenersi un po’ sempre misterioso ha la seguente motivazione: Dio vuol fare capire che Lui è sì il Dio degli ebrei, ma non solo degli ebrei, è il Dio di tutti i popoli, proprio perché non vuole che nessuno si accaparri, come dire, il possesso di Lui come divinità. Allora ogni popolo aveva il suo dio, il babilonese aveva Baal, gli egiziani Iside, Osiride etc. e sembrava che gli ebrei avessero Jahvè. Sì, Jahvè si rivela loro, li sceglie come popolo eletto perché attraverso di loro vuole rivelare il suo amore a tutta l’umanità; ma non è solo il Dio degli ebrei, è il Dio di tutti i popoli. " Per non farla troppo lunga, mi sono fermata qui. Ma il testo prosegue sul tetragramma e la sua lettura errata (Geova). Queste pagine fanno parte del mio "Sussidio per una lettura approfondita della Bibbia" (515 pagg. A 4) scaricabile gratuitamente dalla Home del mio sito
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