ESODO 20,4-5

Sezione dove porre domande sulla Bibbia e sulla sua interpretazione

Moderatore: Achille

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INFOTDG
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ESODO 20,4-5

Messaggio da INFOTDG »

Vorrei delle lucide spiegazioni su questo passo della Bibbia. Bisogna adorarle o no? :bb:
Non Temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che puo mandare anima e corpo all'inferno.
( Matteo 10,28 )
Bicchiere mezzo pieno
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Messaggio da Bicchiere mezzo pieno »

No. Le statue e gli idoli non vanno adorati.
Infatti la Chiesa è ben specifica sulla distinzione fra adorazione e venerazione. L'inginocchiarsi di fronte a una statua rappresentativa di un santo è un atto di omaggio nei suoi confronti ma non adorazione. E' simile a quando gli Ebrei su inginocchiavano di fronte al Re di Israele come atto di rispetto, ma aassolutamente non si può rendere culto di aorazione a nessuna creatura. L'adorazione va solo a Dio.
Per quanto concerne la venerazione dei santi, ti rimando a questo link dove vengono presi in rassegna i passi scritturali (comprensivi proprio dim quelli che hai indicato tu) e anche la storia della chiesa primitiva dei primi secoli dove la venerazione dei santi era ancora più antica della stessa formazione del canone delle Sacre Scritture:

http://apologetica.altervista.org/culto ... _sacre.htm
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Dnick
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Messaggio da Dnick »

Per il tipo di lavoro che faccio mi trovo spesso
nel realizzare e o rappresentare immagini.
Spesso i TDG mi hanno puntato il dito contro
come un idolatra.
Tempo fà (ero ancora ateo) realizzai un cristo
che venne posto in un luogo di culto,
finita la posa stetti li ad osservare il lavoro pavoneggiando un pò
al chè entra una persona vi si inginocchia fece il segnò della croce
e se ne andò, io li a guardare ma lui non mi rivolse neanche uno sguardo,
dissi al mio collaboratore ma come forse la mia opera era più importante
di me?. Sinceramente il mio collaboratore mi mandò a quel paese.
Detto questo e sbagliato ADORARE immagini come è scritto
in esodo però ora da credende vedo anche le varie sfumature dietro le immagini,
cioè, anche se io non sono bravo con la scrittura o con le parole ,
rappresentare un immagine, una scena, anche biblica a volta può
valere più di mille parole perchè si agisce con le emozioni, sensazioni,
impatti visivi e cromatici ad esempio: se nelle cattedrali
troverai delle vetrate artistiche noterai una prevalenza di colori intensi
che a seconda degli artisti prediligono colori tipo il blu acceso il porpora il rosso
e questi colori ben accoppiati evocano un certo senso di revereza mistica
come i colori aranci rosso e giallo evocano un senso di calore .
Quindi in quelle cattedrali o chiese ci sembrerà ci sia la presenza di Dio
per i soli colori e gli accoppiamenti di essi
mentre in altre chiese dove non vengono utilizzate addobbi
ci sembrerà più freddo.
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

COnsiglio quest'agile lettura.

DOMANDE E RISPOSTE SULLE ICONE
di Fr. John Whiteford (diacono cristiano ortodosso)

1. Che cos’è un’Icona?

Un’icona (dal termine greco eikòna, “immagine”) è un’immagine - di solito bidimensionale - di Cristo, dei Santi, degli Angeli, o di importanti eventi biblici, parabole, o eventi nella storia della Chiesa. San Gregorio il Dialogo (Papa di Roma attorno agli anni 590-604), parla delle icone come di Sacra Scrittura per gli analfabeti: “Ciò che uno scritto presenta ai lettori, una raffigurazione lo presenta agli illetterati che la contemplano, poi che in essa anche gli ignoranti vedono ciò che dovrebbero seguire; in essa gli analfabeti leggono” (Epistola al Vescovo Sereno di Marsiglia, NPNF 2, Vol. XII, p. 53). A quanti vorrebbero suggerire che ciò non ha più alcuna rilevanza nella nostra era illuminata, vorremmo far considerare quanto è alto il nostro tasso di “analfabetismo di ritorno”, e il fatto che anche le società più colte hanno un notevole segmento di analfabeti: i loro bambini piccoli! Le icone elevano le nostre menti dalle cose terrene a quelle celesti. San Giovanni Damasceno scrive: “siamo condotti da icone percettibili alla contemplazione di quelle divine e spirituali” (PG 94:1261°). E mantenendo di fronte a noi la loro memoria attraverso le icone, siamo pure ispirati a imitare la santità di quanti vi sono raffigurati. San Gregorio di Nissa (ca. 330-395) parlava di come non potesse passare “senza lacrime” di fronte a un’Icona di Abramo che sacrifica Isacco (PG 46: 572). Commentando su questo passo, fu notato nel Settimo Concilio Ecumenico, “Se a un simile Dottore l’immagine era d’aiuto e procurava lacrime, quanto più nel caso di persone ignoranti o semplici porterà compunzione e beneficio.” (NPNF2, Vol.4, p. 539).


2. I cristiani cattolici ed ortodossi pregano le icone?

I cristiani pregano in presenza di icone (così come gli Israeliti pregavano in presenza di icone nel Tempio), ma noi non preghiamo “le” immagini.


3. Le icone fanno miracoli?

Per mettere questa domanda nella giusta prospettiva, consideriamo alcune altre domande:


*L’Arca dell’Alleanza faceva miracoli? (Gs 3: 15s; 1 Sam 4-6; 2 Sam 11-12)

*Il Serpente di Bronzo guariva chi era stato morso dai serpenti? (Num 21 :9)

*Le ossa del Profeta Eliseo risuscitarono un uomo dai morti? (2 Re 13:21)

*L’ombra di San Pietro guariva i malati? (At 5:15)

*I grembiuli e fazzoletti toccati da San Paolo guarivano gli infermi e scacciavano gli spiriti maligni? (At 19:12)

La risposta a queste domande è: sì, in un certo senso. Nondimeno, per essere precisi, era Dio che operava miracoli attraverso queste cose. Nel caso dell’Arca e del Serpente di Bronzo, abbiamo immagini che vengono usate per operare miracoli. Dio operò miracoli attraverso le reliquie del Profeta Eliseo, attraverso l’ombra di un Santo, e attraverso oggetti che avevano appena toccato un santo. Perché? Perché Dio onora quanti lo onorano (1 Sam 2:30), e perciò si compiace di operare miracoli attraverso i suoi Santi, anche attraverso questi mezzi indiretti. Il fatto che Dio possa santificare oggetti materiali non dovrebbe sorprendere alcuna persona che sia familiare con le Scritture. Per esempio, non solo l’Altare del Tempio era santo, ma pure tutto ciò che lo toccava era santo (Eso 29:37). Rifiutare la verità che Dio opera attraverso le cose materiali significa cadere nello gnosticismo. Perciò sì, in senso lato, le icone possono fare miracoli -ma per essere precisi, è Dio che opera miracoli attraverso le icone, perché Egli onora quanti lo hanno onorato.

4. I cristiani cattolici ed ortodossi adorano le icone? Qual’è la differenza tra “adorazione” e “venerazione”?

I cristiani cattolici ed ortodossi non adorano le icone nel senso in cui la parola “adorazione” si usa comunemente in italiano. In traduzioni antiche (e in alcune traduzioni più recenti in cui i traduttori insistono a usare questa parola nel senso originale), si trova la parola “adorare” usata per tradurre il verbo greco proskyneo (letteralmente, “prosternarsi”). Nondimeno, bisogna comprendere che tale uso era molto più ampio di quello odierno. Spesso si usava questo verbo per indicare l’atto di onorare, venerare, riverire. Oggi si restringe il temine “adorazione” al senso del termine greco latrìa , che il Settimo Concilio Ecumenico (787) aveva precisamente stabilito come culto che si deve solo a Dio, a differenza della dulia o venerazione dovuta alla Vergine, ai Santi, alle Sante Scritture, alla Croce, alle Reliquie e a tutto il materiale liturgico. I cristiani cattolici ed ortodossi venerano le icone, vale a dire, rendono loro rispetto poiché sono oggetti santi, e poiché onorano ciò che le icone raffigurano. Noi non adoriamo le icone più di quanto un patriota non adori la sua bandiera. Il saluto alla bandiera non è esattamente lo stesso tipo di venerazione che diamo alle icone, ma è proprio un tipo di venerazione. E così come non veneriamo il legno e la vernice, ma piuttosto le persone dipinte nelle icone, i patrioti non venerano il tessuto e le tinture, ma piuttosto il paese rappresentato dalla bandiera. Queste furono le conclusioni del Settimo Concilio Ecumenico, che stabilì nel proprio Oros (decreto) quanto segue: “Poiché questo è il caso in questione, seguendo il sentiero regale e l’insegnamento divinamente ispirato dei nostri santi Padri e della Tradizione della Chiesa cattolica - poiché sappiamo che essa è ispirata dal Santo Spirito che in essa vive - decidiamo in tutta correttezza e dopo un completo esame che, così come la santa e vivifica Croce, allo stesso modo le sante e preziose icone dipinte con colori, ornate con piccole pietre o con quant’altro è utile a questo scopo (epitedeios), debbano essere poste nelle sante chiese di Dio, sui vasi e paramenti sacri, su muri e tavole, nelle case e nelle strade, sia che esse siano icone del nostro Dio e Salvatore, Gesù Cristo, o della nostra intemerata Signora e Sovrana, la santa Madre di Dio, o dei santi angeli e di santi e pii uomini. Ogni volta, infatti, che vediamo le loro rappresentazioni in immagine, siamo condotti, mentre le contempliamo, a rammentare i prototipi, progrediamo nell’amore per loro, e siamo indotti a venerarli ulteriormente baciando le icone e testimoniando la nostra venerazione (proskenesin), non la vera adorazione (latreian) che, secondo la nostra fede, è appropriata solo per l’unica natura divina, ma nello stesso modo in cui veneriamo l’immagine della preziosa e vivifica Croce, il santo Vangelo e gli altri oggetti sacri che onoriamo con incenso e lumi di candela secondo la pia usanza dei nostri antenati. L’onore reso all’immagine va infatti al suo prototipo, e la persona che venera un’Icona venera la persona che vi è rappresentata. Invero, tale è l’insegnamento dei nostri santi Padri e della Tradizione della santa Chiesa cattolica che ha propagato il Vangelo da un capo all’altro della terra.” Gli ebrei capiscono la differenza tra venerazione e adorazione. Un pio ebreo bacia la Mezuzà sugli stipiti della sua porta, bacia il suo scialle da preghiera prima di indossarlo, bacia i tallenin (filatteri), prima di legarli alla fronte e al braccio. Bacia la Torah prima di leggerla nella Sinagoga. Senza dubbio Cristo fece le stesse cose, quando leggeva le Scritture in Sinagoga. Anche i primi cristiani capivano questa distinzione.


5. Il secondo comandamento non proibisce le icone?

Il problema relativo al secondo comandamento dipende da com’è tradotta la parola che indica le immagini. Se essa significa mere raffigurazioni, allora le immagini nel Tempio sarebbero violazioni di questo comandamento. La nostra guida migliore al significato della parola ebraica, tuttavia, è ciò che essa significava per gli ebrei: quando gli ebrei tradussero la Bibbia in greco, tradussero questo termine semplicemente come “eidoloi” , ovvero “idoli.” Per di più, la parola ebraica "pesel"non viene mai usata in riferimento a qualsivoglia immagine nel Tempio. Perciò è chiaro che qui ci si riferisce a immagini pagane piuttosto che alle immagini in generale. Guardiamo più attentamente il passo scritturale in questione: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prosternerai davanti a loro e non li servirai.” (Eso 20:4-5°). Ora, se prendiamo questo passo come riferimento a immagini di ogni genere, allora chiaramente i cherubini nel tempio violano questo comandamento. Se ci limitiamo ad applicarlo solo agli idoli, non esiste alcuna contraddizione. Inoltre, se il termine si applica a tutte le immagini - allora anche la foto sulla carta d’identità viola il comandamento, ed è un idolo. Così, o tutti i protestanti con la carta d’identità sono idolatri, oppure le icone non sono idoli. Lasciando da parte, per il momento, le sfumature del termine “immagini”, limitiamoci a osservare che cosa ne dice il testo. Non farai x, non ti prosternerai a x, non adorerai x. Se x = immagini, allora il Tempio stesso viola il comandamento. Se x = idoli e non tutte le immagini, allora questo verso non contraddice le icone nel Tempio, né le icone ortodosse.

6. Deuteronomio 4:14-19 non vieta forse le immagini di Dio? Come potete allora avere icone di Cristo?

Questo passo istruisce gli ebrei a non farsi immagini (false) di Dio, poiché essi non hanno visto Dio. Come cristiani, tuttavia, noi crediamo che Dio si è incarnato nella persona di Gesù Cristo, e così possiamo raffigurare “ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi” (1 Gv 1:1). Come disse San Giovanni Damasceno: “Fin dai tempi antichi, Dio l’incorporeo e l’incircoscritto non fu mai raffigurato. Ora, tuttavia, Quando Dio è stato visto rivestirsi di carne, e conversare con gli uomini, io faccio un’immagine del Dio che io vedo. Io non adoro la materia, adoro il Dio della materia, che per me è divenuto materia, e si è degnato di abitare nella materia, e ha portato la mia salvezza attraverso la materia. Non cesserò di onorare quella materia che opera la mia salvezza. La venero, seppure non come Dio. Come potrebbe Dio essere nato nel mondo da cose senza vita? E se il corpo di Dio è Dio per unione, allora è immutabile. La natura di Dio rimane la stesa di prima, mentre la carne creata nel tempo è vivificata da un’anima logica e razionale.”



7. Ma considerata la violenta opposizione che gli ebrei avevano per le immagini, come è possibile che i primi cristiani abbiano accettato le icone?

Non solo si trova iconografia in tutte le catacombe cristiane, ma anche nelle catacombe ebraiche dello stesso periodo. Abbiamo anche le icone ebraiche ben conservate di Dura-Europos, in una città distrutta dai persiani a metà del III secolo (cosa che mette ovviamente un limite a quanto recenti potessero essere queste icone). Spesso si prendono le vedute di Giuseppe Flavio sull’iconografia come la norma delle vedute ebraiche in materia, ma questo è scorretto e chiaramente inappropriato. Un testo specifico che è solitamente citato è un passo che si riferisce a un tumulto scoppiato quando i romani posero un’aquila imperiale sul cancello del Tempio. Questa storia non è così bianca e nera come alcuni vorrebbero pensare. Questi erano zeloti. Giuseppe Flavio, anche lui un ribelle, per quanto in seguito avesse cambiato bandiera e aiutato i romani, ne narra gli eventi. Giuseppe racconta come i romani avessero montato l’aquila sopra l’ingresso del Tempio, e il popolo la strappò come sacrilega - ma erano le immagini di animali per se a essere in questione, o piuttosto l’aquila romana sull’ingresso del Tempio? Il punto di vista di Giuseppe a proposito era così estremista che egli pensò che le statue di animali connesse al Tempio di Salomone fossero un peccato (Antichità, VIII, 7,5). L’attitudine globale degli ebrei verso l’arte religiosa non era neppure in parte così iconoclasta. Il Talmud Palestinese narra (in Abodah Zarah 48d) “Nei giorni di Rabbi Jochanan gli uomini incominciarono a dipingere figure sulle pareti, ed egli non lo impedì,” e “Nei giorni di Rabbi Abbun gli uomini incominciarono a fare disegni a mosaico, ed egli non lo impedì.” Inoltre, il Targum dello Pseudo-Gionata ripete il comandamento contro gli idoli, ma poi dice “nei vostri santuari potete tuttavia fare colonne di pietra incise con immagini e figure, ma non per adorarle.” Inoltre, i libri sacri degli ebrei sono stati illustrati fin dai più antichi esemplari che abbiamo. Essi contengono illustrazioni di scene bibliche, molto simili a quelle ritrovate nella Sinagoga di Dura-Europos (e anche nella chiesa cristiana che si trovava nelle vicinanze). È importante notare che le più antiche icone delle catacombe erano per la maggior parte scene dell’Antico Testamento, e icone di Cristo. Il predominio di scene dell’Antico Testamento mostra come questa non era una pratica pagana cristianizzata dai convertiti, ma una pratica ebraica adottata dai cristiani.

8. Se le icone sono così importanti, perché non le troviamo nelle Scritture ?

Ah, ma noi le troviamo davvero nelle Scritture: e ne troviamo un sacco! Considerate quante se ne trovano nel Tabernacolo e quindi nel Tempio. C’erano immagini di cherubini:


*Sull’Arca - Eso 25:18

*Sui veli del Tabernacolo - Eso 26: 1

*Sul velo del Santo dei Santi - Eso 26:31

*Due grandi Cherubini nel Santuario - 1 Re 6:23

*Sulle pareti - 1 Re 6:29

*Sulle porte - 1 Re 6:32

*Sul mobilio - 1 Re 7:29,36

In breve, c’erano icone dovunque uno si girasse.

9. Perché c’erano solo icone di Cherubini, e non di Santi?

Il Tempio era un’immagine del Cielo, come rende chiaro San Paolo: “ attendono a un servizio che è una copia e un’ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè, quando stava per costruire la Tenda: Guarda, disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.” (Eb 8:5; cfr. Eso 25:40). Prima che Cristo venisse nella carne trionfando sulla morte con la sua Risurrezione, i Santi dell’Antico Testamento non erano in presenza di Dio nel Cielo, ma erano nello Sheol (spesso tradotto come “la tomba”, e tradotto “hades” (Ade) in greco). Prima della Risurrezione di Cristo, lo Sheol era il destino dei giusti e degli ingiusti (Gen 37:35; Is 38:10), anche se le loro condizioni non erano in alcun modo le stesse. Le possiamo vedere nella parabola raccontata da Cristo del ricco e di Lazzaro (Lc 16:19-31) e in Enoch 22: 8-15 (anche se il Libro di Enoch non è incluso nel Canone delle Sacre Scritture, è una parte venerabile della Santa Tradizione, ed è citato nell’Epistola di San Giuda, oltre che in molti scritti dei santi Padri): c’era un abisso che separava i giusti dagli ingiusti, e i giusti erano in uno stato di beatitudine, i malvagi erano (e sono) in uno stato di tormento - i giusti aspettavano la loro liberazione attraverso la Risurrezione di Cristo, mentre i malvagi aspettavano con paura il loro giudizio. E così, sotto l’antica alleanza, si dicevano preghiere solo per i dipartiti, poiché essi non erano ancora in cielo a intercedere per noi. Come disse San Paolo agli Ebrei mentre parlava dei Santi dell’Antico Testamento, “Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi” (Eb 11:39-40). In Ebrei 12, San Paolo procede a mettere in contrasto la natura dell’Antica Alleanza (12:18s) con quella della Nuova (12:22s) - e tra le distinzioni che fa, dice che nella Nuova Alleanza “Voi vi siete invece accostati... agli spiriti dei giusti portati alla perfezione” (12:22-23). Come ci dicono sia le Scritture che il resto della Santa Tradizione, mentre il corpo di Cristo giaceva nella tomba, il suo spirito discese nello Sheol e proclamò la libertà ai prigionieri (Ef 4:8-10; 1 Pt 3:19,4:6; cfr. Mt 27:52-53). E questi Santi che hanno trionfato su questo mondo, ora regnano con Cristo nella Gloria (2 Tim 2: 12), e offrono continuamente preghiere per noi di fronte al Signore (Ap 5:8; cfr. il Martirio di Sant’Ignazio, cap 7: Sant’Ignazio era uno dei discepoli dell’Apostolo Giovanni, e fu fatto da lui Vescovo di Antiochia). E così, mentre nell’Antico Testamento il Tempio era immagine del cielo con i soli Cherubini a servire il Signore, nella Nuova Alleanza, i nostri Templi sono immagini del cielo con la grande nube dei testimoni che ora vi risiedono nella gloria.

10. Va bene, ammettiamo che vi siano icone di un certo tipo nelle Scritture, ma dov’è che agli Israeliti viene detto di venerarle?

Le Scritture comandano agli Israeliti di prosternarsi di fronte all’Arca, che aveva due prominenti immagini di cherubini. Nel Salmo 99:5, c’è il comando: “inchinatevi di fronte allo sgabello dei suoi piedi...” Dovremmo notare prima di tutto che la parola usata per “inchinarsi” qui, è la stessa parola usata in Esodo 20:5, dove di dice di non prosternarsi agli idoli. E che cos’è lo “sgabello dei suoi piedi”? In 1 Cronache 28:2, Davide usa questa frase in riferimento all’Arca dell’Alleanza. Il Salmo 99 [98 nella Septuaginta] inizia parlando del Signore che “dimora sui Cherubini” (99:1), e termina con un invito ad “adorare sul suo monte santo” - cosa che rende ancora più chiaro che in tale contesto si sta parlando dell’Arca dell’Alleanza. Questa frase appare di nuovo nel Salmo 132:7, dove è preceduta dalla frase: “Andremo ai suoi tabernacoli” ed è seguita dalla frase: “Sorgi, Signore, nel luogo del tuo riposo; tu e l’Arca della tua forza.” Curiosamente, questa frase si applica alla Croce negli offici della Chiesa, e la connessione non è accidentale - infatti era sull’Arca, sul seggio della grazia tra i Cherubini, che il sangue sacrificale era asperso per i peccati del popolo (Eso 25:22, Lev 16:15).

11. Ma che dire del Serpente di bronzo? Non fu distrutto precisamente perche il popolo iniziò a venerarlo?

Se guardate il passo in questione (2 Re 18:4), vedrete che il Serpente di bronzo non fu distrutto solo perché il popolo lo onorava, ma perché lo aveva trasformato in un dio serpente, chiamato “Nekushtan.”

12. Non vi furono iconoclasti nella Chiesa, ben prima che venissero alla luce i protestanti?

È importante tenere a mente, quando si considera la questione delle icone (e pertanto anche l’iconoclasmo), che questa comprende due questioni separate, che spesso vengono confuse:

1) È ammissibile fare o avere icone?

2) È ammissibile venerarle?

E chiaro, a partire dall’Antico Testamento, che la risposta a entrambe le domande è sì. Mentre i protestanti, comunque, hanno obiezioni alla venerazione delle icone, tipicamente non hanno da ridire sulla creazione o il possesso di immagini. Se lo facessero, non avrebbero opuscoli biblici illustrati, televisioni, o quadri... ma a parte gli Amish, si farebbe fatica a trovare un altro gruppo di protestanti che esclude regolarmente le immagini. I protestanti tipicamente hanno obiezioni alla venerazione delle immagini, ma curiosamente il tipo di argomentazioni e prove che usano si ritorcono quasi sempre contro ogni tipo di immagine, se la logica della loro linea di argomenti viene portata fino in fondo. Gli iconoclasti, spesso citati dai protestanti come sostenitori della loro posizione in materia, di fatto hanno argomenti che si oppongono ai loro. Da un lato, gli iconoclasti scomunicavano tutti quanti “si azzardavano a rappresentare con colori materiali...” Cristo o i Santi - una cosa che quasi tutti i protestanti fanno a loro volta. D’altro canto, scomunicavano anche tutti quanti “non confessano la santa e semprevergine Maria, veramente e realmente Madre di Dio, come più alta di ogni creatura visibile e invisibile, e non cercano con fede sincera le sue intercessioni, come colei che ha confidenza con Dio per averlo partorito...” e scomunicavano anche tutti quanti “negano il profitto dell’invocazione dei Santi...” (NPNF2, Vol. 14, p. 545s). Così, di fatto, i protestanti si trovano sotto un maggior numero di anatemi degli iconoclasti di quanti ne abbiano gli ortodossi. I protestanti potrebbero desiderare di trovare un certo sollievo nel fatto che per lo meno gli iconoclasti erano opposti alla venerazione delle immagini, ma la venerazione non fu mai una questione a se stante per gli iconoclasti. Essi erano opposti alla venerazione delle icone, solo perché erano opposti alle icone. Non si opponevano alla venerazione di oggetti sacri: gli iconoclasti veneravano la Croce, e non ne facevano mistero. I protestanti citano anche alcuni altri primi padri e primi scrittori ecclesiastici in sostegno della loro posizione. La maggior parte di queste citazioni sono semplici denuncie dell’idolatria, e non hanno nulla a che fare con le icone. In quei pochi casi in cui le citazioni potrebbero essere plausibilmente interpretate come condanne delle icone (e alcune delle quali, si può argomentare, sono interpolazioni iconoclastiche successive), una interpretazione coerente richiederebbe che non siano fatte immagini di alcun tipo... poiché, ancora una volta, l’obiezione che si trova in questi testi è rivolta alla creazione e al possesso di immagini. Nessuno di questi testi prende neppure in considerazione il tema della venerazione. I Canoni del Sinodo di Elvira sono spesso citati a sostegno di una posizione iconoclasta. Nel suo Canone 36, il concilio decretava: “Si ordina che non vi siano pitture nelle chiese, così che ciò che è venerato e adorato non sia raffigurato sulle pareti.” Ma anche gli studiosi protestanti riconoscono che il significato del canone non è così chiaro come gli apologeti protestanti spesso suggeriscono: non è chiaro quale fosse l’occasione di questo canone, e non è chiaro che cosa cercasse di prevenire. A causa delle parole stesse del canone, è quasi certo che non si tratti di un bando assoluto alle immagini. Non è chiaro che cosa si proibisce, e soprattutto a quale fine. Le interpretazioni plausibili vanno da un mero divieto di immagini in chiesa, a una misura di precauzione per proteggere le icone dai pagani (dato che il canone fu composto in tempi di persecuzione, ciò è certamente possibile). In ogni caso, il fatto è che le icone erano in uso nelle chiese della Spagna prima del Sinodo di Elvira, e continuarono a essere usate in seguito, senza alcuna ulteriore prova di controversie. Inoltre, questo Sinodo ebbe un carattere meramente locale e non venne mai menzionato a livello ecumenico.

13. Come sapete che non fossero gli iconoclasti quelli che mantenevano la più antica tradizione cristiana sulle icone?

Da un lato, l’iconoclasmo avrebbe dovuto fiorire nei territori a dominio islamico... ma non lo fece. Il primo scoppio di iconoclasmo iniziò in territorio musulmano, anche se non si trattava di cristiani che distruggevano immagini, ma di musulmani che distruggevano immagini cristiane. C’è anche ragione di pensare che un’influenza musulmana ispirò gli imperatori iconoclasti (tutti provenivano da aree dell’impero in cui i musulmani avevano preso il sopravvento), ma il fatto è che le uniche parti della Chiesa in cui l’iconoclasmo prese piede furono quelle in cui gli imperatori iconoclasti poterono imporre la loro eresia sul popolo. In tutte le aree della Chiesa al di fuori della portata degli eserciti imperiali, la Chiesa si oppose agli iconoclasti e ruppe la comunione con loro. Uno degli oppositori più aperti degli iconoclasti fu San Giovanni Damasceno, che visse sotto il dominio musulmano, e per conseguenza ebbe a soffrire persecuzioni. Se la visione degli iconoclasti fosse stata davvero quella tradizionale, ci saremmo dovuti aspettare di vedere tale opinione come dominante tra i cristiani che vivevano sotto il dominio musulmano. Per lo meno, ci saremmo aspettati qualche iconoclasta sorto in mezzo a questi cristiani, ma di fatto era vero il contrario - non si udirono voci iconoclastiche dai territori sotto il dominio musulmano, nonostante gli ovvi vantaggi che tali cristiani avrebbero avuto con i loro governanti. Inoltre, prima della controversia iconoclasta, abbiamo ampie prove archeologiche che le icone erano usate ovunque nella Chiesa, e se questa fosse stata una deviazione dalla Tradizione apostolica, ci dovremmo aspettare di trovare un’ampia controversia in materia dal primo momento in cui le icone entrarono in uso, e che avrebbe dovuto intensificarsi mentre il loro uso diventava più comune. Tuttavia, non troviamo niente del genere. Di fatto, trenta anni prima della controversia iconoclasta, il Concilio Quinisesto stabilì un canone (Canone 82) riguardo a ciò che dovrebbe essere dipinto in certe icone, ma senza il più pallido accenno a una controversia sulle icone per se. Vi sono molte altre cose che mostrano la completa novità dell’eresia degli iconoclasti: essi si opponevano al monachesimo, nonostante il fatto che esso fosse stato indiscutibilmente accolto dalla Chiesa per secoli, si dilettavano a derubare i monaci, prendere le loro terre, forzarli a sposarsi, a mangiare carne, e a partecipare agli spettacoli pubblici (e quanti resistevano spesso erano gli spettacoli pubblici), contrariamente alle pratiche monastiche ben stabilite. Anche gli storici protestanti sono forzati ad ammettere che i santi uomini e donne del tempo erano sostenitori della venerazione delle icone, e che gli Iconoclasti erano un partito piuttosto immorale e spietato. Si può essere iconoclasti solo se si crede - contrariamente a quanto dicono le Scritture - che la Chiesa possa cessare di esistere, poiché non c’è dubbio che la Chiesa abbia respinto l’iconoclasmo e usato icone da tempi remoti almeno come quelli dell’uso delle catacombe (che sono piene di icone cristiane). E questa opzione della Chiesa che cessa di esistere è di solito rifiutata dagli Evangelici ragionevoli.

14. Come considerano i cristiani la croce?

Nei confronti della croce esistono ben quattro posizioni diverse: a) i testimoni di Geova guardano con orrore alla croce, vista come strumento di morte, considerano la croce di ambiguo valore cultuale e simbolico e dubitano della sua forma tradizionale (Cristo sarebbe morto su un legno che potrebbe avere tanto forma di croce che forma di palo); b) i protestanti evitano di tributare forme di culto al crocifisso, pur riconoscendo il valore simbolico della croce, che peraltro preferiscono utilizzare vuota, sottolineando così la risurrezione di Nostro Signore e la sua vittoria sulla morte; c) gli ortodossi venerano la Santa Croce ed il Crocifisso come una Santa Icona. Il segno della Croce è un gesto che il cristiano ortodosso compie nella sua preghiera e in ogni momento della giornata per ricordare Dio. Il gesto è una confessione e, nello stesso tempo, una preghiera. Con il segno della Croce si confessa che la morte è stata sconfitta dalla morte e dalla risurrezione di Cristo. La Croce non è dunque un segno di morte e di finitezza ma di vita perché unisce veramente i credenti con la sorgente della vita stessa. Il segno della Croce è anche una preghiera con la quale si chiede la partecipazione a quella vita trasfigurata anticipata dalla Resurrezione di Cristo, vita che non conosce termine. Nella Chiesa Ortodossa il segno della Croce si fa tenendo tre dita della mano destra unite e le altre due libere. Questo gesto è la confessione dell'unità e trinità di Dio e delle due nature (umana e divina) unite in Cristo senza essere confuse tra loro (Dogma del Concilio di Calcedonia). La mano così disposta tocca la fronte (Nel nome del Padre), l'ombelico (del Figlio), la spalla destra (e del Santo) e la spalla sinistra (Spirito). d) i cattolici riconoscono come gli ortodossi la liceità della devozione alle icone e distinguono sia tra adorazione (al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo) e venerazione (alla Vergine Maria, ai Santi e agli Angeli) che tra "devozione diretta" (da tributare alle persone divine, alla Vergine, ai Santi ed agli Angeli) e "culto relativo" (da tributare alle Sante Scritture, alle Sante Icone ed alle reliquie). La devozione ad un’icona di Maria sarebbe pertanto una “venerazione relativa”, mentre la devozione al crocifisso sarebbe un’”adorazione relativa”, in quanto rivolta alla seconda persona della Trinità. Quanto alla croce vuota senza il crocifisso il "culto relativo" sarebbe ammissibile solo sotto l’ipotesi che si tratti di un’icona semplificata del Cristo Crocifisso. I cattolici (come del resto gli ortodossi) hanno comunque sempre preferito l’icona del Cristo Crocifisso alla croce vuota, proclamando con chiarezza che: “Adoremus Te Christe et benedicimus Tibi quia per Sancta crucem tuam redemisti mundum”.

Ad maiora
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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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Cento
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Messaggio da Cento »

Più chiaro di così...!! Grazie polymetis
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Le mani che aiutano, sono più sacre delle bocche che predicano.. facebook in principio
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Vittorino
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Grazie Polymetis, leggo ... e copio, sempre con molto interesse i tuoi preziosi interventi. :bravo: :ciao:
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Topsy
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Messaggio da Topsy »

Non conosco Fr. John Whiteford, ne intendo contestare ai crisitiani la tradzione dei loro Padri, ma in alcune sue affermazioni vedo una evidente forzatura. Che l'uso di immagini ad uso decorativo sia permesso presso l'ebraismo e' cosa nota, oggi come in tempi biblici i luoghi di culto le prevedono. Sono permessi persino mosaici e dipinti che rimandano a simbologie che potremo considerare addirittura "profane", come i segni zodiacali, ad esempio. Ma e' espressamente proibito rendere loro culto. La Legge Mosaica proibisce l'avodah zerah, il "culto straniero", che non implica il "non adorare" così come inteso dalla tradizione religiosa cristiana, ma include la proibizioni di atti cultuali estranei alla Torah e da essa condananti. Farsi un immagine o una scultura del patriarca Abramo o di Mosè e prostarsi dinnanzi ad esse, accendendo lumini, bruciando oli profumati o incenso, facendo offerte di ogni genere, portarle in processione o raccogliersi in preghiera ai loro piedi, è avodah zerah, a prescindere dalla circostanza che il pio ebreo sappia benissimo di non adorare altri che il Dio di Israele.

Il serpente di bronzo venne distrutto perchè gli ebrei iniziarono a rendergli culto secondo modalià espressamente proibite: recarono offerte e gli diedero un nome, Necustan. Non è detto nel testo che "fu trasformato in un dio serpente, chiamato Nekushtan". Assegnare un nome, nella mentalità ebraica, significa donare un identità ben definita al suo destinatario; è attraverso il nome che un essere si manifesta, da qui la possibilita di invocarlo. Una cosa simile è accaduta per il nome degli angeli. Un malach è un inviato, chiunque reca con sè un messaggio da Dio. Dunque anche un profeta, un messia (un unto), un sacerdote, può essere un malach, ovvero un angelo.
Da ritorno da babilonia gli ebrei elaborarono l'idea di una corte celeste, con Dio Re e un esercito di ministri attorno, servi dell'Altissimo. Il motivo di questa elaborazione era la glorificazione di Dio. Quanto più sfarzosa era la corte del monarca e piu numeroso il suo seguito, tanto maggiore era l'ammirazione che Egli desteva. Ma nacque in mezzo al popolo l'abitudine di invoacare gli angeli per nome. Nomi di angeli non si trovano nella Bibbia, se non con il libro di Daniele (vedi i nomi Gabriele e Michele). I maestri si opposero alla prassi di dare un nome agli angeli, essi sostenevano che "I nomi degli angeli vennero a Israel da Babilonia". L'ebreo adorava solo il Dio di Israele, Creatore del Cielo e della terra e Padre dell'umanità, e quando invocava il nome dell'angelo non l'aveva trasformato in un dio, tuttavia dandogli un nome proprio, per poi invocarlo, si era resougualmente colpevole di avodah zerah, un culto proibito dalla Torah.

Lo stesso accade per il serprente di bronzo. Non era affatto necessario adorarlo come si adora un dio, per commettere un azione proibita dalla Legge Mosaica, era sufficente molto meno, come dargli un nome e recargli delle offerte.
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Trianello
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Messaggio da Trianello »

Riporto anche questo breve brano divulgativo sull'argomento che, nonostante alcune imprecisioni, è abbastanza valido in riferimento all'uso delle immagini nel culto cristiano:

LA BIBBIA PROIBISCE L'USO DI IMMAGINI?


Il comandamento che manca

I cattolici spesso si sentono in imbarazzo quando, parlando con cristiani protestanti o membri di qualche setta, vengono rimproverati per l'uso delle immagini di Gesù Cristo, della Vergine Maria o dei Santi, sia nel culto come nella devozione privata. Dicono che è proibito dalla Bibbia e dalla Legge di Dio.
È vero questo? Per rispondere dobbiamo prima vedere cosa dice la Bibbia.
Racconta il libro dell'Esodo che quando Mosè, dopo aver guidato il popolo d'Israele nel deserto, giunse ai piedi del monte Sinai, Jahveh si presentò a lui in mezzo a tuoni, fulmini, tremore della terra e dense nubi, e gli diede i dieci comandamenti.
Tutti ne conosciamo più o meno l'elenco. Pochi però sanno che in realtà il secondo comandamento diceva: "Non ti farai scultura e alcuna immagine né di quello che è su in cielo, né di quello che è quaggiù sulla terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso" (Es 20,4-5).
Allora era vero?


Ciò che diceva la legge

Se proseguiamo la lettura della Bibbia, questo sembra trovare conferma. Infatti, in molte altre occasioni viene proibito agli israeliti di fabbricare immagini e figure, tanto di Jahveh che di qualsiasi altra divinità. Il Levitico, ad esempio, terzo libro della Bibbia, ordinava: "Non fatevi idoli, non erigetevi statue o stele; non ponete nella vostra terra pietre lavorate per prostrarvi davanti ad esse" (Lv 26, l ).
In un'altra parte della Bibbia si parla ancor più ampiamente: "Non prevaricate facendovi una figura scolpita di qualsiasi simulacro, immagine di maschio o di femmina, immagine di qualsiasi animale terrestre, immagine di qualsiasi uccello che vola nel cielo, immagine di qualsiasi rettile che striscia sul suolo, immagine di qualsiasi pesce che si trova nell'acqua, sotto la terra" (Dt 4,16-18). Era così grave questo fatto, da venir colpito con una maledizione: "Maledetto colui che fa un idolo scolpito e fuso, abominio per il Signore" (Dt 27,15).
Come si vede, era proibita dalla Legge di Dio ogni raffigurazione di piante, di animali o di esseri umani nel culto.
Seguendo questo precetto, molte chiese cristiane attualmente respingono le immagini nel loro culto e biasimano coloro che ne fanno uso.


Ciò che il popolo viveva

Nonostante le categoriche disposizioni bibliche, il popolo ebraico non fece del tutto a meno delle immagini. Vari passi della Bibbia stanno a indicare che erano tollerate, e persino permesse nell'Antico Testamento. Più ancora: in alcuni casi Dio stesso ha prescritto la costruzione di immagini sacre..
Per esempio durante Ia traversata del deserto, allorché Jahveh comandò di costruire l'arca dell'alleanza in cui venivano custodite le tavole della Legge, ordinò che da ciascun lato si collocasse l'effige dorata di un cherubino, essere angelico con fattezze metà di animale e metà di essere umano (Es 25,18). Anche il candelabro di sette braccia, collocato all'interno della Sacra Tenda, aveva incisioni con fiori di mandorlo (Es 25,33).
Queste opere non erano frutto di decisioni umane. Secondo la Bibbia era stato Dio a riempire del suo Spirito l'artista Bezaleel fornendogli abilità e talento per idearle (Es 31,1-5).
In altri episodi della storia d'Israele vediamo pii personaggi utilizzare per il culto, senza alcuna riserva, immagini e oggetti con figure. Gedeone, ad esempio, uno dei giudici più importanti d'Israele, fabbricò con anelli e altri oggetti d'oro una figura di Jahveh, alla quale gli israeliti tributavano culto (Gdc 8,24-27). E Mica, un ardente e pio jahvista, fece un'effige d'argento di Jahveh e fondò un santuario per tributarle culto (Gdc 18,3 I). Persino lo stesso re Davide, amato e benedetto da Dio, teneva tranquillamente in casa immagini della divinità (1 Sam 19,11-13).


Un tempio senza prevenzioni

Dalle descrizioni bibliche il maestoso tempio di Gerusalemme costruito da Salomone, sembra essere stato ornato con raffigurazioni e sculture, a cominciare dalla stanza interna più sacra, chiamata Santo dei Santi, dove due enormi cherubini scolpiti nel legno più pregiato si ergevano accanto all'arca dell'alleanza (I Re 6,23).
L'interno era completamente decorato con immagini di cherubini, oltre che di palme e di altri ornamenti arborei (1 Re 6,29). E per sostenere il grande deposito di acqua per le purificazioni all'ingresso del tempio, vennero costruiti dodici magnifici tori di metallo rivolti ai quattro punti cardinali (1 Re 7,26).
I capitelli delle colonne del Tempio avevano forma di gigli e duecento melagrane scolpite si aggrappavano attorno a ciascuna (1 Re 7,18-2O). I recipienti per le abluzioni liturgiche erano rivestiti con immagini di leoni, buoi e cherubini (1 Re 7,29). Il tutto con l'approvazione di Dio stesso.
E come se non bastasse, il grande serpente di bronzo che Mosè aveva foggiato nel deserto per ordine di Jahveh, per guarire quanti, morsi dai serpenti, l'avessero guardato, rimase per duecento anni esposto nel Tempio fino a che non venne eliminato dal re Ezechia (2 Re 18,4).
Quando il tempio di Gerusalemme fu distrutto nel secolo VI a.C., il profeta Ezechiele ebbe una visione del futuro tempio. Di esso descrive i cherubini e le palme che Io avrebbero ornato (Ez 41,18).
La quantità di immagini, pitture, statue e decorazioni che riempivano il grandioso tempio di Dio in Gerusalemme, era addirittura incredibile.


Non una sola voce

Nonostante il secondo comandamento, nella Bibbia non troviamo alcun profeta antico che censuri le immagini. Essi, che erano le sentinelle di Dio, ed alzavano la voce contro qualsiasi peccato del popolo, e non concedevano la più piccola deviazione, rimasero in silenzio per secoli.
Neppure i grandi Elia ed Eliseo, acerrimi difensori dell'ortodossia, le riprovarono. Nemmeno Amos, la cui unica missione fu quella di andare a predicare presso il tempio della città di Betel, dov'era stata collocata la statua di un toro che adornava l'altare di Jahveh, parlò contro le immagini. Recriminò soltanto contro il lusso, l'avarizia e la crudeltà del popolo, senza fare cenno al vitello del Tempio.
Come la mettevano allora con la proibizione? Sembrava non essere in vigore. O perlomeno non era così assoluta.
Qual era la motivazione che fondava il rifiuto delle immagini? La Bibbia in realtà non dà alcuna ragione e il popolo d'Israele non disse mai di conoscerne i motivi. Un solo testo, nel libro del Deuteronomio, cerca di dare una spiegazione: "Poiché dunque non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull'Oreb dal fuoco, state bene in guardia per la vostra vita" (4,15). Vale a dire, quando Dio aveva loro parlato dalla montagna, udirono soltanto la sua voce senza vedere alcuna immagine.
Questa però non è una vera spiegazione. É solo un motivo storico, che ci porta di nuovo a chiedere: perché non apparve quel giorno nessuna immagine sul monte Sinai? E non c'è risposta.


Si sospetta una ragione

Anche se la Bibbia non lo dice, possiamo ipotizzare il motivo della proibizione delle immagini grazie alla conoscenza dell'ambiente religioso antico.
Tutti i popoli che erano in contatto con Israele ritenevano che l'immagine non solo fosse un simbolo della divinità, ma che questa abitasse lì realmente. L'immagine era in un certo modo lo stesso Dio che rappresentava.
Così, secondo la mentalità orientale primitiva, nell'immagine della divinità risiedeva un Fluido personale divino.
Quando qualcuno creava un'immagine, il dio doveva venire a risiedere in essa, dal momento che ogni immagine costituiva in certo senso una epiclesis, cioè una invocazione a Dio perché venisse ad abitarla. Era una specie di "doppione" della divinità simbolizzata.
Per questo la Bibbia racconta che quando Rachele. sposa di Giacobbe, rubò gli idoli al padre Labano, egli si lamentò perché gli avevano sottratto i suoi dei, non le immagini (Gli 31,30). E Mica, già ricordato, accusa la tribù dei dainiti di avergli rubato il suo dio, mentre essi se ne sono andati soltanto con un'immagine (Gdc 18,24).


La voce, sì

Si capisce allora, quanto fosse facile cadere in un'idea magica della divinità. Disporre dell'immagine era come avere i poteri del dio, esercitare una specie di dominio su di lui, manipolarlo a proprio piacimento, possedere un dio a misura d'uomo.
Questo poteva mettere seriamente in pericolo l'identità di Jahveh. Egli si manifestava liberamente e spontaneamente dove voleva, molto al di sopra delle forze delle sue creature, e indirizzava il corso della storia secondo la sua volontà.
Fin tanto che questa idea non era in pericolo, non ci furono difficoltà. Ma a partire dal secolo VIII a.C., il popolo d'Israele cadde fortemente nelle tentazioni. Allora i profeti si fecero sentire. Eccome!
Osea fu il primo a denunciare i sacrifici e l'incenso offerti dal popolo alle immagini delle divinità straniere, per ottenerne i favori.
Isaia, un po' più tardi, userà feroce ironia nei confronti del culto magico. Con la metà di una pianta, dice, accendono un fuoco per scaldarsi e cuociono un arrosto per saziarsi e con l'altra metà fanno un dio, che adorano e pregano: "Salvami, perché sei tu il mio dio". La satira è spietata.
Geremia ed Ezechiele, nei secoli VII e VI a.C., censurarono anche il più piccolo simbolo della divinità, come una pietra o un pezzo di legno, perché non s'illudessero di poterlo manipolare.
Non era ancora giunto il tempo in cui l'uomo avrebbe potuto adorare Dio in forma umana.


Quando Dio fabbrica immagini

Passarono i secoli. L'ambiente greco andò formando persone meno dedite alla magia e più influenzate dal pensiero filosofico e razionale. Questo contribuì a ridurre la concezione feticista delle immagini divine.
Inoltre, Israele venne a comprendere che Jahveh era l'unico Dio di tutti i popoli e non esistevano divinità distinte per le altre nazioni. Pertanto qualsiasi immagine, altare, preghiera o culto che si fosse celebrato in qualsiasi luogo e lingua, era destinato solo a lui. Così, il pericolo che si adorassero divinità diverse scomparve.
Lo stesso Dio, che si era mantenuto invisibile fino a quel momento, di fronte ad una tappa più matura dell'umanità volle farsi un'immagine perché tutti lo potessero contemplare. E se nell'Antica Alleanza si era rivelato al popolo senza alcuna immagine, nella Nuova Alleanza ritenne necessario averne una ed essere visto. Per questo nella notte di Natale gli angeli daranno ai pastori questo segno della nuova rivelazione: "Troverete un bambino avvolto in panni e adagiato in una mangiatoia" (Lc 2,12).
Dio stesso volle, ora che non c'era più pericolo, avvicinarsi agli uomini attraverso una figura, quella di Cristo, perché lo vedessero, ascoltassero, toccassero e percepissero.


Non è più necessario

San Paolo, che era vissuto per un periodo sotto la Legge antica, comprese molto bene la nuova disposizione e poté parlare di Cristo come dell'”immagine di Dio" (2 Cor 4,4). In uno splendido inno canta Cristo "immagine del Dio invisibile" (Col 1.15). Gesù, parlando un giorno con l'apostolo Filippo, gli aveva anticipato: "Chi vede me, ha visto il Padre" (Gv 14,8).
Dunque, se Dio stesso ha voluto non continuare a restare celato e farsi vedere attraverso un'immagine, chi siamo noi per proibire la sua raffigurazione?
Come si vede, il comando circa le immagini nell'Antico Testamento aveva uno scopo pedagogico e pertanto era temporaneo.
Trascorsi i secoli e venuto meno il pericolo passò anche il comandamento. Così intesero la cosa i cristiani fin dall'antichità. Per questo iniziarono a fare immagini di Cristo e a rappresentare scene della sua vita, come aiuto al popolo per accostarsi a Dio. I cimiteri, le chiese e i templi si popolarono di figure per l'importanza che avevano sul piano psicologico, come aiuto nella preghiera. Con l'andar del tempo divennero la Bibbia dei bambini e degli analfabeti. […]


Lutero stesso

I protestanti, quando si separarono dalla Chiesa cattolica nel secolo XVI, reagirono contro le esagerazioni nel culto delle immagini e provocarono la distruzione di molte di esse. Senza dubbio, Lutero, l'iniziatore di questo movimento, non fu così intollerante. Al contrario, riconobbe la loro importanza, in una lettera del 1528 scriveva: "Penso che quanto riguarda le immagini, i simboli e le vesti liturgiche... e cose simili, lo si debba lasciare alla libera scelta. Chi non le vuole, le lasci in disparte. Quantunque, le immagini ispirate alla Scrittura o a storie edificanti mi sembrano molto utili". E in un altro passo affermava che le immagini erano "il vangelo dei poveri".
Lutero intuì molto bene ciò che molti protestanti non vogliono capire: non si tratta di adorare un'immagine, ma di adorare Dio attraverso l'incentivo che l'immagine può offrire. Credere che quando uno s'inginocchia davanti a un'immagine stia sciupando l'adorazione che deve offrire a Dio solo, è avere una mentalità primitiva, continuando a pensare che abbia il fluido di altre divinità, e non si è ancora venuti fuori dall'Antico Testamento.
Se vogliamo applicare a oltranza il secondo comandamento, non possiamo neppure accendere la televisione, perché in tal modo vengono prodotte immagini con l'aiuto della moderna tecnologia.


L'immagine obbligata

Quando Gesù, il Figlio di Dio, prese forma umana. mostrò la dimensione temporale del comandamento in questione e l'utilità delle raffigurazioni tangibili per la catechesi e la preghiera. Ciò che colpì i contemporanei di Cristo fu il fatto di averlo visto, contemplato e toccato, come diceva Giovanni (l Gv 1,1).
Se è necessario evitare la superstizione e gli errori nell'uso delle immagini, non lo si può fare basandosi sulla loro proibizione nella Bibbia, come erroneamente pensano alcune sette e chiese. Ma c'è un'immagine che non possiamo far a meno di costruire: quella di Cristo in noi.
Paolo scrivendo ai Romani dichiarava che "coloro che da sempre egli [Dio] ha fatto oggetto delle sue premure, li ha anche predeterminati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo" (8,29). Non coltivare questa immagine vorrebbe dire sciupare il nostro destino.
Ogni azione, ogni opera che realizziamo, ogni contributo alla giustizia nel mondo, al bene comune, alla solidarietà, va cesellando in modo luminoso ed esatto l'immagine di Gesù Cristo nelle nostre vite. Alla fine deve riuscire quasi perfetta. Gesù stesso lo aveva chiesto: "Voi dunque sarete perfetti, come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5,48).


Nota:

Tratto da A. A. Valdés, Cosa sappiamo della Bibbia? Vol. 2, pp. 45-54
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Topsy
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Con queste considerazioni si rischia la sovrapposizione di due distinti sistemi cultuali. Una cosa è sostenere che le prescrizione della Legge Mosaica non fanno testo per i cristiani ( difatti valgono esplicitamente per il popolo ebraico) un'altra invece è volere rintracciare nella Legge Mosaica e da parte ebraica una legittima giustificazione al culto delle immagini e sculture sacre.

1. La Bibbia Ebraica permette l'uso di immagini e sculture?
Per uso decorativo, sono permesse persino in sinagoga oggi come un tempo, e lo erano al Santuario di Gerusalemme. In alcuni specifici ed eccezionali casi il loro uso è, per espresso comando divino, volto ad assolvere uno specifico scopo. Ma il loro uso cultuale è categoricamente proibito.


2. Cosa significano le espressioni ricorrenti come: non prostarti dinnazi ad esse, non servirle, non devi rendere loro culto?
Presso la cultura religiosa ebraica esse indicano il divieto di compiere avodah zerah (culto straniero). Rientrano nel culto straniero l'atto di farsi delle rappresentazioni di persone ed animali sotto forma di immagini e sculture dinnanzi a cui inginocchiarsi (prostarsi) al fine di servirle ovvero rendendere loro servizio con offerte (incenso, olii ed offerte), ai piedi dei quali pregare (o rivolgersi in preghiera a coloro che esse rappresentano) portarle in processione, ect. indipendentemente dalla circostanza che si riconosca di adorare un solo Dio. Si tratta di atti cultuali sconosciuti alla Legge Mosaica, ad essa estranei.


3. E il serpente di rame?
Il serpente di rame fu fabbricato da Mosè per espresso comando divino, e non lasciato alla discrezione del singolo ebreo, nè il comando includeva un suo uso cultuale. Allorchè fu impropriamente destinato a tale uso, venne, a motivo di ciò, distrutto.

4.E i cherubini posti sul coperchio dell'Arca dell'Alleanza, erano sculture destinate al culto?
No, non viene ordinato di prestare culto alle due figure alate poste sul coperchio dell'Arca, che fungevano da recettacolo. Anche in questo caso la fabbricazione dell'Arca e la posizione dei due keruvim (essere simbolici e non reali) è espressamente comandata (persino nei minimi particolari) da Dio e non lasciata alla libera dicrezionalità religiosa dell'ebreo. Esattamente al di sopra del coperchio fra i due keruvim l'uno di faccia all'altro, con il volto diretto verso il basso, le ali volte verso l'alto, con le quali dominano il coperchio, Dio si sarebbe manifestato e avrebbe comunicato i suoi comandi per i figli d'Israele.

Cosi come per il serpente di rame, la fabbricazione dei Keruvim è specificamente comandata da Dio ed è destinato ad una particolare funzione, che non è quella di permettere il culto di immagini o sculture sacre, culto piu volte categoricamente proibito dalla Legge Mosaica.
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Messaggio da Trianello »

Ho definito il brano di Valdés come contenente imprecisioni proprio per questo motivo. Il brano in oggetto, infatti, non prende in considerazione la stratificazione storica dei testi e, pertanto, il fatto che i testi che fanno riferimento agli avvenimenti relativi all'Israele pre-esilico sono nati in una situazione religiosa molto diversa da quella dell'Israele post-esilico. Credo però che l'autore adotti questa strategia di proposito, proprio per ritorcere contro i fondamentalisti biblici cristiani il loro stesso letteralismo.
Ovviamente, come si è detto più volte in questo Forum, nessuno contesta agli ebrei il divieto delle immagini (ci mancherebbe!), quello che qui si vuol contestare è che questo divieto valga per i cristiani, i quali (come emerge dalla parte finale dello scritto che ho postato) credono in un Dio che si è fatto uomo e, pertanto, in un uomo (Cristo) immagine di Dio.
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Messaggio da polymetis »

he l'uso di immagini ad uso decorativo sia permesso presso l'ebraismo e' cosa nota, oggi come in tempi biblici i luoghi di culto le prevedono. Sono permessi persino mosaici e dipinti che rimandano a simbologie che potremo considerare addirittura "profane", come i segni zodiacali, ad esempio. Ma e' espressamente proibito rendere loro culto. La Legge Mosaica proibisce l'avodah zerah, il "culto straniero", che non implica il "non adorare" così come inteso dalla tradizione religiosa cristiana, ma include la proibizioni di atti cultuali estranei alla Torah e da essa condananti. Farsi un immagine o una scultura del patriarca Abramo o di Mosè e prostarsi dinnanzi ad esse, accendendo lumini, bruciando oli profumati o incenso, facendo offerte di ogni genere, portarle in processione o raccogliersi in preghiera ai loro piedi, è avodah zerah, a prescindere dalla circostanza che il pio ebreo sappia benissimo di non adorare altri che il Dio di Israele.
Vorrei sapere se ti convince l'esegesi del fratello ortodosso da me postata sul fatto che ci si prostrasse all'arca dell'Alleanza, in quanto sgabello dei piedi di Dio, e dunque, ovviamente, non volendosi prostrare all'arca in quanto tale ma alla presenza di Dio. Una cosa simile fanno i cattolici, non volendo render culto alla statua ma a chi v'è rappresentata.

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Trianello ha scritto:Ho definito il brano di Valdés come contenente imprecisioni proprio per questo motivo. Il brano in oggetto, infatti, non prende in considerazione la stratificazione storica dei testi e, pertanto, il fatto che i testi che fanno riferimento agli avvenimenti relativi all'Israele pre-esilico sono nati in una situazione religiosa molto diversa da quella dell'Israele post-esilico. Credo però che l'autore adotti questa strategia di proposito, proprio per ritorcere contro i fondamentalisti biblici cristiani il loro stesso letteralismo.
Ovviamente, come si è detto più volte in questo Forum, nessuno contesta agli ebrei il divieto delle immagini (ci mancherebbe!), quello che qui si vuol contestare è che questo divieto valga per i cristiani, i quali (come emerge dalla parte finale dello scritto che ho postato) credono in un Dio che si è fatto uomo e, pertanto, in un uomo (Cristo) immagine di Dio.

Difatti non oso contestare alcunchè alla teologia cristiana-cattolica circa il culto delle immagini, icone o sculture sacre. Ho sempre trovato illuminanti le parole di un rabbino ortodosso americano assai noto, Rav Soloveitchik: "Ogni fede, nella propria sfera religiosa specifica, possiede delle parole e delle forme che sono solamente sue proprie, che riflettono il suo specifico approccio filosofico e che possono risultare anche totalmente incomprensibili a persone di fede diversa".

Non trovo però coerente, nè corretto da un punto di vista metodologico volere persuadere i cristiani che un tale sistema cultuale fosse approvato dalla Legge Mosaica, legislazione rivolta specificamente agli ebrei, citando gli episodi sopra illustrati. All'ebreo è proibita una tale venerazione oggi, come un tempo. Non c'è alcuna possibilita di ritenere che fosse comandata o permessa. Gli esempi sopra riportati, l'episodio del serpente di rame o i Keruvim in cima all'Arca dell'Alleanza, non sono pertinenti, poichè non è possibile equiparere il loro utilizzo con ciò che può oggi rappresentare per il singolo cristiano l'icona di Maria, un crocifisso in un luogo di culto.
predestinato74

Messaggio da predestinato74 »

Topsy ha scritto:

Difatti non oso contestare alcunchè alla teologia cristiana-cattolica circa il culto delle immagini, icone o sculture sacre. Ho sempre trovato illuminanti le parole di un rabbino ortodosso americano assai noto, Rav Soloveitchik: "Ogni fede, nella propria sfera religiosa specifica, possiede delle parole e delle forme che sono solamente sue proprie, che riflettono il suo specifico approccio filosofico e che possono risultare anche totalmente incomprensibili a persone di fede diversa".
anche Jacob Neusner ripete in modo quasi ossessivo nel suo libro "Ebrei e Cristiani" pp.11 che
"ebraismo e cristianesimo sono religioni completamente diverse, non differenti versioni di una religione (quella dell' "Antico Testamento" o "Torah scritta", come la chiamano gli ebrei).
Le due fedi rappresentano gente diversa che parla di cose diverse a gente diversa."
Diverse volte ricorre nel libro l'espressione "Gente diversa che parla di cose diverse a gente diversa".
predestinato74

Messaggio da predestinato74 »

sempre di Neusner mi piace questa parte che parla di un errore teologico fondamentali nato inseno al protestantesimo:
"
Il cristianesimo non doveva presentarsi come una riforma dell'ebraismo, non avendo niente a che fare con nessun altra formazione all'interno di Israele, primo amore di Dio.
Il cristianesimo non era una forma di ebraismo: era il vero ebraismo, essendo cristianesimo dalla Pasqua in poi. Questa, credo, fosse la comprensione della chiesa, e come conseguenza di ciò, nei periodi successivi fece nascere la Bibbia nella propria tradizione.
Quando si presenta il cristianesimo come un movimento di riforma all'interno di un ebraismo antecedente e perdurante, si accantona tale asserita autocomprensione della chiesa. E, sono propenso a ritenere, il nostro secolo è stato testimone di un errore teologico fondamentale che ha, come dato di fatto, condotto anche a ermeneutiche errate. Parlando apertamente, si tratta, per di più, di un errore protestante.
L'errore teologico fu quello di rappresentare il cristianesimo come una riforma storica, una continuazione dell'ebraismo nei termini dell'ebraismo. Il Nuovo Testamento sarà letto allora alla luce dell'Antico, piuttosto che l'Antico alla luce del Nuovo.
E ciò costituisce l'ermeneutica allora predominante. Rivolgiamoci agli scritti giudaci del periodo, o dei periodi successivi, per scoprire il contesto nel quale nacque il cristianesimo. Allora si comprende il cristianesimo come rappresentato dalla Bibbia, o in particolare dal Nuovo Testamento: divenne perciò un problema di come rileggere le scritture, non di come vagliare l'eredità della tradizione trasmessa dalla chiesa.
L'errore teologico di vedere il cristianesimo come continuo e immanente, piuttosto che come un intervento divino nella storia e come soprannaturale, non influenzò solo la comprensione cristiana del cristianesimo: comportò anche una teoria di chi sia Israele, Israele secondo la carne, che contraddiceva l'antecedente posizione della chiesa."
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Gabriella Prosperi
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Messaggio da Gabriella Prosperi »

predestinato74 ha scritto: Il Nuovo Testamento sarà letto allora alla luce dell'Antico, piuttosto che l'Antico alla luce del Nuovo.
E ciò costituisce l'ermeneutica allora predominante. Rivolgiamoci agli scritti giudaci del periodo, o dei periodi successivi, per scoprire il contesto nel quale nacque il cristianesimo. Allora si comprende il cristianesimo come rappresentato dalla Bibbia, o in particolare dal Nuovo Testamento: divenne perciò un problema di come rileggere le scritture, non di come vagliare l'eredità della tradizione trasmessa dalla chiesa.
L'errore teologico di vedere il cristianesimo come continuo e immanente, piuttosto che come un intervento divino nella storia e come soprannaturale, non influenzò solo la comprensione cristiana del cristianesimo: comportò anche una teoria di chi sia Israele, Israele secondo la carne, che contraddiceva l'antecedente posizione della chiesa."
[/quote]
Questo principio, sostenuto dal III protestantesimo e insito nella dottrina geovista, stravolge il senso della dottrina cristiana facendo di tale culto un papocchio che si sforza di scimmiottare il cristianesimo cattolico/ortodosso e il protestanesimo.
Gabriella
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Topsy
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Messaggio da Topsy »

polymetis ha scritto:
he l'uso di immagini ad uso decorativo sia permesso presso l'ebraismo e' cosa nota, oggi come in tempi biblici i luoghi di culto le prevedono. Sono permessi persino mosaici e dipinti che rimandano a simbologie che potremo considerare addirittura "profane", come i segni zodiacali, ad esempio. Ma e' espressamente proibito rendere loro culto. La Legge Mosaica proibisce l'avodah zerah, il "culto straniero", che non implica il "non adorare" così come inteso dalla tradizione religiosa cristiana, ma include la proibizioni di atti cultuali estranei alla Torah e da essa condananti. Farsi un immagine o una scultura del patriarca Abramo o di Mosè e prostarsi dinnanzi ad esse, accendendo lumini, bruciando oli profumati o incenso, facendo offerte di ogni genere, portarle in processione o raccogliersi in preghiera ai loro piedi, è avodah zerah, a prescindere dalla circostanza che il pio ebreo sappia benissimo di non adorare altri che il Dio di Israele.
Vorrei sapere se ti convince l'esegesi del fratello ortodosso da me postata sul fatto che ci si prostrasse all'arca dell'Alleanza, in quanto sgabello dei piedi di Dio, e dunque, ovviamente, non volendosi prostrare all'arca in quanto tale ma alla presenza di Dio. Una cosa simile fanno i cattolici, non volendo render culto alla statua ma a chi v'è rappresentata.

Ad maiora
Non lo trovo pertinente e ti spiego il perchè.
L'Arca dell'Alleanza, non costituiva la rappresentazione di persona o animale a cui destinare di una specifica venerazione. Non si veneravano i keruvim (figure alate simboliche) poste in cima al coperchio. L'Arca costituiva, come accennavo poco sopra, un vero e proprio recettacolo; attraverso i Keruvim, la Presenza Divina parlava e veniva ascoltata da Mosè; essa costituiva il punto focale della spiritualità ebraica, così come il Miskhan, il Tabernacolo, luogo in cui la divinità era invitata a risiedervi; la Gloria divina (così la chiama la Torah) lo pervadeva, sotto forma di nube; la presenza divina era talmente pesante (kavod) che non concede a Mosè neppure lo spazio per entrarvi. Ciò rendeva l'Arca dell'Alleanza anche molto pericolosa, il senso di gravita o pregnanza in riferimento alla presenza divina poteva costare davvero caro, vedi l'episodio di Uzzà narrato in 1 Cronache; egli, dato che i buoi facevano barcollare l'Arca, istintivamente stese la mani per trattenerla e rimase fulminato all'istante.

Sfogliando la Bibbia ebraica vengono indicate come "lo sgabello dei suoi piedi" (di Dio) di volta in volta: la terra, Gerusalemme, il Tempio, ed anche l'Arca dell'Allenza. In Salmo 99:5 è rivolto l'invito a prostarsi allo "sgabello dei suoi piedi", ma non è specificato a cosa ci si riferisca nello specifico, se all'Arca o al Monte Sion, più di seguito è aggiunto difatti: "Esaltate il Signore, nostro Dio, prostratevi davanti alla sua santa montagna, perché santo è il Signore, nostro Dio!" (Salmo 99,9). In tutti questi casi cmq è il contesto che ci suggerisce il senso di questo "prostarsi", che non può essere altro che un rendere onore ad un luogo santo, un luogo in cui la presenza divina si manifesta, ed essa puo manifestarsi in luoghi molto circoscritti.

La domanda che rivolegerei all'autore dell'articolo sopra riportato è questa:
I cristiani credono che l'immagine o la scultura ai piedi ai quali si raccolgono in preghiera o dinnanzi ai quali di prostrano o portano in processione, costituiscano un recettacolo della Gloria divina, attraverso i quali la Sua presenza vi dimori (anche solo temporaneamante)?
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