«Noi che abbiamo scelto di battezzarci da grandi»

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Achille
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«Poi ho urlato, se ci sei, dammi un segno»
Ai corsi di catecumenato, l’età media è di circa trent’anni. L’«effetto papa Bergoglio» si sente. A Sonia Di Santo, 36 anni, di Roma, piace l’ecumenesimo di questo pontefice: «La salvezza è per tutti e lui l’ha detto chiaro e forte». Lei si è battezzata tre anni fa. Viene da una famiglia di Testimoni di Geova. «Non tolleravo le regole. A 16 anni, sorpresa con un ragazzo, fui convocata da un comitato giudiziario di sette uomini e costretta confessare di aver fatto petting. Ne uscii “segnata”, cioè amici e familiari non potevano più parlarmi. A 18 anni, siccome non mi pentivo, fui “disassociata”: dovetti andarmene di casa, mantenermi da sola. Finii il liceo lavorando in un pub e dividendo una stanza con altri studenti». Sonia era arrabbiata, ma anche felice. «Ero ebbra di libertà. Iniziai a girare l’Europa facendo teatro, ma caddi nelle droghe leggere, poi pesanti. Capii che la libertà non significava felicità». Tornò a Roma, per lavorare in un caffè letterario: «Litigavo sempre con una collega cattolica, detestavo le religioni. Le discussioni s’inasprirono quando morì Chiara Corbella». Era il 2012, Corbella, una giovane romana profondamente cristiana, moriva di tumore dopo aver scelto fra la sua vita e quella del bimbo che portava in grembo. C’era chi la voleva santa subito. Sul suo blog, delle donne sostenevano di essere rimaste incinte pregandola. «Io, su quel blog, scrivevo che Chiara era un’invasata. Passavo un periodo brutto: fra me e il mio ragazzo non funzionava e mi ero convinta che solo un figlio potesse salvarci. Paradossalmente, mi scoprii a pregare Chiara Corbella e dopo dieci giorni ero incinta. Lui mi lasciò. Io persi il bambino. Oggi, dico che, lì, Dio, tagliò il primo ramo secco. In quel momento, però, stavo male, persi anche il lavoro. Iniziai a stramangiare, arrivai a pesare 120 chili. Pianificavo il suicidio. Una notte, disperata, mi sono detta: prova a pregare per l’ultima volta. Ho urlato: “Ciao, sono io. Ti chiamavo Geova, ma se anche Kant non ha potuto fare a meno di te, chi sono io per dire che non esisti? Se ci sei, dammi un segno, ma un segno scritto”. La mattina dopo, la collega cattolica che detestavo mi invitò via Facebook a un corso ad Assisi, dai francescani. Mi prese un colpo: era un segno, e scritto». Sonia trova ad attenderla fra Francesco Piloni: «Mi conquistò dicendo: “Tu non devi fare niente, è Dio che viene da te. Dio ti ama così come sei”». La fede, racconta Sonia, l’ha guarita dentro e fuori: «Ho perso 60 chili, fra poco mi laureo. Ma sono sempre io: il Signore non cambia ciò che sei, ma rende nuove le cose che fai. Oggi, è lo spirito santo che guida la mia vita, non il narcisismo. Di lavoro, faccio teatro-terapia con i disabili, ma prima lo facevo per sentirmi brava, oggi perché so che il tempo va santificato negli altri». (Sotto, Sonia Di Santo).
"Tantum religio potuit suadere malorum".
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