Alcune altre osservazioni su questo articolo. Il fatto che la bambina ribadisse di non volere le trasfusioni non ha alcun valore giuridico: un bambino non può, infatti, prendere decisioni di questo genere, che riguardano la sua sopravvivenza. Anche perché i figli dei Testimoni di Geova (TdG), sin dalla più tenera età, vengono sottoposti ad un indottrinamento martellante; viene loro inculcato il concetto che le trasfusioni sono condannate da Dio e che accettare una trasfusione necessaria a salvare la vita sarebbe come lasciarsi violentare sessualmente. Inoltre a questi piccoli - come del resto anche agli adulti, ma nel loro caso dovrebbe esserci una maggiore capacità di giudizio… - viene detto che accettando una trasfusione volontariamente si perde “il favore di Geova” e la possibilità di ricevere la vita eterna, a meno che non ci si penta per il “peccato” commesso. Questi bambini hanno sentito solo la versione "dottrinale" dei TdG, non hanno mai avuto la possibilità di confrontarsi con altre interpretazioni dei testi biblici, più ragionevoli e meno estremiste. Giustamente i medici, come pure il giudice, non hanno tenuto in nessun conto il rifiuto della bambina, come pure quello dei genitori.
La conclusione dei TdG è che la trasfusione non fosse necessaria in quanto la bambina non era in pericolo di vita. Su cosa si basa questa loro “diagnosi”? Sul fatto che i medici, anziché praticare immediatamente la trasfusione, si sono rivolti al giudice per ottenere l’autorizzazione a trasfondere. Questo, scrivono i TdG, “fa pensare” (sic) che la bambina non fosse in pericolo di vita. In realtà quello che si può invece pensare è che i medici, a fronte del rischio di subire una denuncia da parte dei TdG (come avviene spesso) per aver praticato la trasfusione, si siano voluti semplicemente tutelare, ottenendo preventivamente il benestare del giudice.
Per quanto riguarda poi il fatto che le trasfusioni siano solo ”uno dei diversi trattamenti medici praticabili in situazioni di emergenza” riporto le parole di un medico che opera nel centro ospedaliero di Melegnano, ospedale a cui i TdG si rivolgono spesso in quanto la struttura è disponibile in molti casi a operare e curare i TdG senza far uso di trasfusioni. Il dott. Ruggero Rocchi, direttore sanitario pro-tempore di questa Azienda ospedaliera, ha sottolineato che «in caso di necessità, cioè quando la persona si trova in pericolo di vita o in stato di totale incoscienza, il ricorso alla trasfusione diventa però inevitabile, non ci sono alternative di sorta». Qui l’articolo in cui viene riportata tale dichiarazione:
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Per quanto riguarda infine le osservazioni della Congregazione secondo cui «in materia di cure mediche, le decisioni prese dai singoli testimoni di Geova sono assolutamente personali e libere: non vengono affatto imposte dalla confessione», ci sarebbero da fare delle precisazioni. Una scelta davvero libera e del tutto volontaria e spontanea dovrebbe essere del tutto esente da forme di pressione e di sanzioni disciplinari di alcun genere. In altre parole, se un TdG accettasse una trasfusione di sangue, necessaria a salvare la sua vita, non dovrebbe cambiare niente nei suoi rapporti con la congregazione geovista. In realtà, se un Testimone accetta una trasfusione, e di ce di averlo fatto consapevolmente, senza mostrare segni di pentimento, viene a trovarsi escluso (dissociato) dalla comunità. La dissociazione comprometterà in maniera gravissima i rapporti sociali che aveva avuto fino a quel momento con i membri del gruppo: tutti costoro infatti cesseranno di avere con lui qualsiasi rapporto, smetteranno di salutarlo e di rivolgergli la parola. Anche i parenti e familiari (figli o genitori compresi) nel caso il “peccatore” non vivesse sotto lo stesso tetto, non lo frequenteranno più. Una situazione davvero drammatica, in quanto la vita sociale dei TdG si svolge prevalentemente all’interno del gruppo. Essere un dissociato significa quindi trovarsi completamente isolati, una sorta di “morti viventi” per gli altri membri della congregazione. Per cui, dire che il rifiuto della trasfusione è una scelta assolutamente libera contrasta con la realtà dei fatti. Cito a questo proposito la testimonianza di una donna, che avendo accettato una trasfusione salvavita, viene evitata perfino dalle stesse figlie rimaste nella congregazione:
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