Libri sul Canone Biblico

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Vincy
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Libri sul Canone Biblico

Messaggio da Vincy »

Qualcuno, tipo Trianello o Poly o qualcun altro, potrebbe indicarmi un buon libro (più obiettivo e documentale possibile) che analizzi la storia di come si pervenne all'attuale canone biblico?
L'avevo già chiesto in qualche post ma non mi pare di aver ricevuto attenzione e risposta. O mi è sfuggita.
Grazie per l'aiuto.
"La mente che rinuncia, una volta per tutte, ad una speranza inutile, riceve come ricompensa una serenità crescente." - Raymond Victor FRANZ.
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

B. M. METZGER, Il canone del Nuovo Testamento. Origine, sviluppo e significato, Brescia, Paideia, 1997.
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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
NILO
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Messaggio da NILO »

Domanda: "Come e quando fu messo insieme il canone biblico?"

Risposta: Il termine "canone" viene impiegato per descrivere i libri che sono divinamente ispirati e che, pertanto, appartengono alla Bibbia. L’aspetto difficile nel fissare il canone biblico è che la Bibbia non ci dà un elenco dei libri che le appartengono. La fissazione del canone fu un processo, per prima compiuto dai rabbini e dagli studiosi ebrei, e poi, successivamente, dai primi cristiani. In definitiva, fu Dio a decidere quali libri appartenevano al canone biblico. Un libro della Scrittura apparteneva al canone dal momento in cui Dio ne aveva ispirato la scrittura. Si trattava semplicemente del fatto che Dio convincesse i Suoi seguaci umani di quali libri includere nella Bibbia.

In confronto al Nuovo Testamento, ci fu pochissima controversia sul canone dell’Antico Testamento. I credenti ebrei riconobbero i messaggeri di Dio e ne accettarono gli scritti come ispirati da Dio. Ci fu innegabilmente qualche dibattito rispetto al canone veterotestamentario. Tuttavia, entro il 250 a.C. ci fu quasi un consenso generale sul canone delle Scritture ebraiche. L’unico problema che rimase fu quello degli apocrifi… con alcuni dibattiti e discussioni che continuano ancora oggi. La stragrande maggioranza degli studiosi ebrei considerava gli apocrifi dei buoni documenti storici e religiosi, ma non allo stesso livello delle Scritture ebraiche.

Per il Nuovo Testamento, il processo di ricognizione e raccolta cominciò nei primi secoli della Chiesa cristiana. Fin dai primissimi inizi, vennero riconosciuti alcuni libri del Nuovo Testamento. Paolo considerava gli scritti di Luca autorevoli quanto l’Antico Testamento (1 Timoteo 5:18; cfr. anche Deuteronomio 25:4 e Luca 10:7). Pietro riconosceva gli scritti di Paolo come Scrittura (2 Pietro 3:15-16). Alcuni libri del Nuovo Testamento erano in circolazione fra le chiese (Colossesi 4:16; 1 Tessalonicesi 5:27). Clemente Romano menzionò almeno 8 libri neotestamentari (95 d.C.). Ignazio di Antiochia riconobbe circa 7 libri (115 d.C.). Policarpo, un discepolo dell’apostolo Giovanni, riconobbe 15 libri (108 d.C.). Successivamente, Ireneo menzionò 21 libri (185 d.C.). Ippolito riconobbe 22 libri (170-235 d.C.). Gli scritti del Nuovo Testamento più controversi furono Ebrei, Giacomo, 2 Pietro, 2 e 3 Giovanni. Il primo “canone” fu il canone muratoriano, che fu compilato nel 170 d.C. e includeva tutti i libri del Nuovo Testamento eccetto Ebrei, Giacomo e 3 Giovanni. Nel 363 d.C., Il Concilio di Laodicea affermò che nelle chiese dovevano essere letti solo l’Antico Testamento (insieme agli apocrifi) e i 27 libri del Nuovo Testamento. Anche il Concilio di Ippona (393 d.C.) e il Concilio di Cartagine (397 d.C.) affermarono che quegli stessi 27 libri erano autorevoli.

I concili seguirono qualcosa di simile ai seguenti princìpi per stabilire se un libro del Nuovo Testamento fosse davvero ispirato dallo Spirito Santo: 1) l’autore era un apostolo o aveva una stretta relazione con un apostolo? 2) Il libro era accettato dal Corpo di Cristo in generale? 3) Il libro conteneva coerenza di dottrina e insegnamento ortodosso? 4) Il libro dava prova di alti valori morali e spirituali che riflettessero un’opera dello Spirito Santo? Ancora una volta, è di cruciale importanza ricordare che non è stata la chiesa a stabilire il canone. Nessun concilio della chiesa antica decise sul canone. È stato Dio, e Dio soltanto, a stabilire quali libri appartengono alla Bibbia. È toccato semplicemente a Dio convincere i Suoi seguaci di quanto Egli aveva già deciso. Il processo umano di raccolta dei libri della Bibbia è stato imperfetto, ma Dio, nella Sua sovranità, nonostante la nostra ignoranza e caparbietà, ha portato la chiesa antica al riconoscimento dei libri da Lui ispirati.
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Gabriella Prosperi
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Per Nilo

Messaggio da Gabriella Prosperi »

Mhmm, non discuto l'ispirazione divina, ma le cose sono un pochino più complesse.
Ti rimando a questa vecchia discussione:
http://freeforumzone.leonardo.it/discus ... dd=8369104" target="_blank" target="_blank
Se avrai tempo e pazienza di leggerla capirai che non tutto filò liscio come vi è insegnato.
Gabriella
La cosa più difficile a questo mondo? Vivere! Molta gente esiste, ecco tutto.Oscar Wilde
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

"Tuttavia, entro il 250 a.C. ci fu quasi un consenso generale sul canone delle Scritture ebraiche. "
Scusa dove hai letto questa favola? Nel 250 a.C. alcuni libri dell'AT neppure erano stati ancora scritti. Che il canone dell'AT sia più antico del I secolo, e risalga addirittura all'epoca di Esdra, è una favola che viene da un apocrifo, cioè 4Esdra, e recepita da alcuni autori coevi come Giuseppe Flavio. Tuttavia i filologi, cattolici e protestanti, sono concordi nel ritenere che questa tradizione tarda non abbia alcuna base storica.
" L’unico problema che rimase fu quello degli apocrifi… con alcuni dibattiti e discussioni che continuano ancora oggi. La stragrande maggioranza degli studiosi ebrei considerava gli apocrifi dei buoni documenti storici e religiosi, ma non allo stesso livello delle Scritture ebraiche."
Con apocrifi suppongo sia da leggere quello che i cattolici chiamano "deutero-canonici", che sono l'espressione non di un canone meno ebraico del canone palestinese, ma semplicemente della sensibilità ebraica della diaspora.
"I concili seguirono qualcosa di simile ai seguenti princìpi per stabilire se un libro del Nuovo Testamento fosse davvero ispirato dallo Spirito Santo: 1) l’autore era un apostolo o aveva una stretta relazione con un apostolo? 2) Il libro era accettato dal Corpo di Cristo in generale? 3) Il libro conteneva coerenza di dottrina e insegnamento ortodosso? 4) Il libro dava prova di alti valori morali e spirituali che riflettessero un’opera dello Spirito Santo? Ancora una volta, è di cruciale importanza ricordare che non è stata la chiesa a stabilire il canone. Nessun concilio della chiesa antica decise sul canone. È stato Dio, e Dio soltanto, a stabilire quali libri appartengono alla Bibbia"
E' incredibile come ci si possa contraddire in due righe. Come ha fatto Dio a stabilire quali erano i libri canonici? Li ha fatti scintillare da soli? No, come tu stesso hai scritto il canone è frutto di un dibattito, cioè dipendeva dal fatto che chi dibatteva riconoscesse o meno in questi libri la dottrina da lui professata. Se li riteneva consoni al suo pensiero, li metteva pure sotto il manto protettivo di un apostolo attribuendogli la paternità dello scritto. Quindi la Chiesa è stata il metro di misura dell'ortodossia di questi scritti, perché in base a quello che la Chiesa credeva si scelse quali libri fossero canonici e quali non a seconda che rispecchiassero o meno la fede della Chiesa. La favola protestante del "canone che si impone da solo", è per l'appunto insensata, perché non spiega perché, se la canonicità di certi scritti sia così chiara, allora ci siano stati 4 secoli di dibattito su molti libri.
E' dunque vero che DIo ha stabilito il canone, ma questo può dirlo solo chi crede che la Chiesa che l'ha creato fosse la Chiesa di Dio e dunque fosse legittimata ad agire in sua vece. Chi non crede a questo, come gli eretici protestanti, è costretta a dire che il canone è un collage di testi frutto delle opinioni e dei dibattiti di soggetti umani del tutto fallibili.

Ad maiora
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NILO
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Messaggio da NILO »

Infatti è una favola, l'ho trovata su un sito strano e infatti non mi convince mica! Ero curioso di leggere le vostre risposte... :risata:
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Voyager65
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Messaggio da Voyager65 »

NILO ha scritto:Infatti è una favola, l'ho trovata su un sito strano e infatti non mi convince mica! Ero curioso di leggere le vostre risposte... :risata:
Che non era farina del tuo sacco lo avevo capito dal fatto che era scritto Spirito Santo con le "S" maiuscole! :blu:
Se la sapienza di questo mondo è stoltezza presso Dio, l'ignoranza lo è ancora di più!
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

NILO ha scritto:Infatti è una favola, l'ho trovata su un sito strano e infatti non mi convince mica! Ero curioso di leggere le vostre risposte... :risata:
Per la precisione questo:
http://www.gotquestions.org/italiano/Bibbia-canone.html" target="_blank
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Vincy
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Messaggio da Vincy »

polymetis ha scritto:B. M. METZGER, Il canone del Nuovo Testamento. Origine, sviluppo e significato, Brescia, Paideia, 1997.
Grazie mille Poly.
Lo acquisterò.
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lovelove84
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Messaggio da lovelove84 »

bhe, vediamo che favola racconta la wts invece....

CANONE
(della Bibbia).
In origine la canna (ebr. qanèh) fungeva da regolo o strumento per misurare. (Ez 40:3-8; 41:8; 42:16-19) L’apostolo Paolo applicò il termine kanòn sia al “territorio” assegnatogli che alla “regola di condotta” mediante la quale i cristiani dovevano misurare il loro modo di agire. (2Co 10:13-16; Gal 6:16) Il “canone biblico” venne così a indicare il catalogo dei libri ispirati, degni di essere usati come regola di fede, dottrina e condotta. — Vedi BIBBIA.
Il semplice fatto che un libro religioso venga scritto, preservato per centinaia d’anni e tenuto in gran conto da milioni di persone non è di per sé una prova che esso sia di origine divina o canonico. Deve avere credenziali attestanti che è stato ispirato da Dio. L’apostolo Pietro afferma: “La profezia non fu mai recata dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini parlarono da parte di Dio mentre erano sospinti dallo spirito santo”. (2Pt 1:21) Un esame del canone biblico mostra che il suo contenuto soddisfa completamente questo criterio.

Scritture Ebraiche. La stesura della Bibbia cominciò nel 1513 a.E.V. con gli scritti di Mosè. In essi sono preservati i comandamenti e i precetti dati da Dio ad Adamo, Noè, Abraamo, Isacco e Giacobbe, come pure le norme del patto della Legge. Il cosiddetto Pentateuco è formato da cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Il libro di Giobbe, a quanto pare scritto anch’esso da Mosè, narra avvenimenti accaduti dopo la morte di Giuseppe (1657 a.E.V.) e prima che Mosè stesso mostrasse di essere un integro servitore di Dio, riguardanti un periodo in cui ‘non c’era nessuno come Giobbe sulla terra’. (Gb 1:8; 2:3) Mosè scrisse anche il Salmo 90 e forse il 91.

Le prove intrinseche non lasciano dubbi sul fatto che questi scritti di Mosè fossero di origine divina, ispirati da Dio, canonici, e che costituissero una guida sicura per la pura adorazione. Mosè non divenne condottiero e comandante degli israeliti di sua propria iniziativa: dapprima anzi si tirò indietro. (Eso 3:10, 11; 4:10-14) Fu Dio a suscitare Mosè e a conferirgli poteri così miracolosi che perfino i sacerdoti del faraone che praticavano la magia furono costretti a riconoscere che Mosè era stato davvero mandato da Dio. (Eso 4:1-9; 8:16-19) Mosè non divenne quindi oratore e scrittore per ambizione personale. Piuttosto, in ubbidienza al comando di Dio e con le credenziali divine dello spirito santo, fu spinto prima a pronunciare e poi a mettere per iscritto una parte del canone biblico. — Eso 17:14.
Geova stesso stabilì un precedente in quanto a mettere per iscritto leggi e comandamenti. Dopo aver parlato a Mosè sul monte Sinai, Geova “dava a Mosè le due tavolette della Testimonianza, tavolette di pietra scritte col dito di Dio”. (Eso 31:18) In seguito si legge che Geova disse a Mosè: “Scriviti queste parole”. (Eso 34:27) Fu Geova quindi a mettersi in contatto con Mosè e a dirgli di mettere per iscritto i primi cinque libri del canone biblico e di conservarli. Nessun concilio umano li rese canonici; essi ebbero fin dall’inizio l’approvazione divina.

“Appena Mosè ebbe terminato di scrivere in un libro le parole di questa legge”, comandò ai leviti: “Prendendo questo libro della legge, lo dovete mettere al lato dell’arca del patto di Geova vostro Dio, e lì deve servire come testimone contro di te”. (De 31:9, 24-26) È degno di nota che Israele riconobbe come autentico questo documento dell’attività di Dio e non negò quei fatti. Dato che in molti casi il contenuto di questi libri andava a discredito della nazione in generale, c’è da ritenere che, se fosse stato possibile, il popolo li avrebbe rigettati, ma non sembra che sia mai stato fatto un tentativo del genere.
Come Mosè, la classe sacerdotale fu impiegata da Dio sia per preservare questi comandamenti scritti che per insegnarli al popolo. Quando, quasi 500 anni dopo che Mosè aveva cominciato a scrivere il Pentateuco, l’Arca fu portata nel tempio di Salomone (1027 a.E.V.), le due tavolette di pietra erano ancora nell’Arca (1Re 8:9), e 385 anni dopo, quando nel 18° anno di Giosia (642 a.E.V.) fu trovato nella casa di Geova “il medesimo libro della legge”, venne mostrato per esso lo stesso grande riguardo. (2Re 22:3, 8-20) Ci fu similmente “grande allegrezza” quando, dopo il ritorno dall’esilio babilonese, Esdra lesse dal libro della Legge nel corso di un’assemblea di otto giorni. — Ne 8:5-18.

Dopo la morte di Mosè vennero aggiunti gli scritti di Giosuè, Samuele, Gad e Natan (Giosuè, Giudici, Rut, 1 e 2 Samuele). Anche il re Davide e il re Salomone contribuirono ad ampliare il canone degli Scritti Sacri. Vennero poi i profeti da Giona a Malachia. Ciascuno di loro diede il proprio contributo al canone biblico, avendo ricevuto da Dio una miracolosa capacità profetica e soddisfacendo i requisiti stabiliti da Geova per i veri profeti: parlarono cioè nel nome di Geova, la loro profezia si avverò ed essi indirizzarono le persone a Dio. (De 13:1-3; 18:20-22) Quando Hanania e Geremia furono messi alla prova riguardo agli ultimi due aspetti (entrambi avevano parlato nel nome di Geova), solo le parole di Geremia si avverarono. Così Geremia dimostrò di essere il profeta di Geova. — Ger 28:10-17.
Visto che ispirò degli uomini a scrivere, è logico pensare che Geova abbia guidato e sorvegliato la raccolta e la preservazione di questi scritti ispirati, affinché l’umanità avesse una stabile norma canonica per la vera adorazione. Secondo la tradizione ebraica, Esdra pose mano a quest’opera dopo che gli ebrei esiliati si erano ristabiliti in Giuda. Egli era senz’altro all’altezza del compito, essendo uno degli ispirati scrittori biblici, un sacerdote e anche “un esperto copista della legge di Mosè”. (Esd 7:1-11) A questo punto mancavano solo i libri di Neemia e Malachia. Perciò per la fine del V secolo a.E.V. il canone delle Scritture Ebraiche era ben stabilito e conteneva gli stessi scritti che abbiamo oggi.

Il canone delle Scritture Ebraiche era tradizionalmente diviso in tre parti: la Legge, i Profeti e gli Scritti, o Agiografi, per un totale di 24 libri, come indicato nel prospetto. Raggruppando poi Rut con Giudici, e Lamentazioni con Geremia, alcune fonti ebraiche ne contavano 22, pari al numero delle lettere dell’alfabeto ebraico. Nel prologo ai libri di Samuele e Re, Girolamo, pur favorendo sembra la suddivisione in 22 libri, dice: “Alcuni includerebbero Rut e Lamentazioni fra gli Agiografi . . . si avrebbero così ventiquattro libri”.
Lo storico ebreo Giuseppe Flavio, rispondendo agli avversari nella sua opera Contro Apione (I, 38-40 [8]) verso il 100 E.V., conferma che a quell’epoca il canone delle Scritture Ebraiche era già fissato da lungo tempo. Egli scrive: “Non possediamo miriadi di libri incoerenti, in conflitto fra loro. I nostri libri, quelli giustamente riconosciuti, sono solo ventidue, e contengono la storia di tutti i tempi. Di questi, cinque sono i libri di Mosè, comprendenti le leggi e la storia tradizionale dalla nascita dell’uomo fino alla morte del legislatore. . . . Dalla morte di Mosè ad Artaserse, che succedette a Serse quale re di Persia, i profeti posteriori a Mosè scrissero la storia degli avvenimenti dei loro tempi in tredici libri. I rimanenti quattro libri contengono inni a Dio e precetti su come gli uomini devono condursi nella vita”.

La canonicità di un libro, quindi, non dipende minimamente dal fatto che un concilio, un comitato o una comunità lo accettino o lo respingano. La voce di tali uomini non ispirati ha valore solo come testimonianza di ciò che Dio stesso ha già fatto tramite i suoi rappresentanti accreditati.
L’esatto numero dei libri delle Scritture Ebraiche non è importante (cioè il fatto che due libri siano uniti o lasciati separati), né lo è l’ordine in cui si susseguono, dato che i libri rimasero rotoli separati per molto tempo dopo il completamento del canone. Gli antichi cataloghi differiscono nell’ordine in cui elencano i libri: in un elenco, ad esempio, Isaia si trova dopo il libro di Ezechiele. Ciò che più conta invece è quali libri sono inclusi. In effetti soltanto i libri che attualmente compongono il canone hanno un solido fondamento di canonicità. Dai tempi antichi i tentativi di includere altri scritti sono stati respinti. Due concili tenuti dagli ebrei a Yavne o Jamnia, poco a S di Ioppe, rispettivamente verso il 90 e il 118 E.V., esclusero categoricamente gli scritti apocrifi.
Giuseppe Flavio conferma che questo era il parere degli ebrei in generale sugli apocrifi, quando dice: “Dal tempo di Artaserse fino al nostro è stata scritta una storia completa, ma non è stata ritenuta dello stesso valore dei documenti precedenti, perché manca l’esatta successione dei profeti. Abbiamo dato una dimostrazione pratica della nostra riverenza per le nostre stesse Scritture. Poiché, nonostante siano ora passati molti secoli, nessuno si è permesso né di aggiungere, né di togliere, né di modificare una sola sillaba; ed è istintivo per ogni ebreo, dal giorno della sua nascita, considerarle come decreti di Dio, attenervisi e, se necessario, morire con gioia per esse”. — Contro Apione, I, 41-43 (8).
Questo radicato e documentato atteggiamento degli ebrei nei confronti del canone delle Scritture Ebraiche è molto importante, se si tiene conto di ciò che Paolo scrisse ai romani. L’apostolo dice che agli ebrei “furono affidati i sacri oracoli di Dio”, il che comprendeva la stesura e la preservazione del canone biblico. — Ro 3:1, 2.

Il canone biblico sancito dallo spirito santo fu riconosciuto — ma non certo stabilito — da antichi concili (Laodicea, 367 E.V.; Calcedonia, 451 E.V.) e dai cosiddetti padri della chiesa, che furono eccezionalmente unanimi nell’accettare il tradizionale canone ebraico e nel rigettare gli Apocrifi. Fra questi uomini ci furono Giustino Martire, apologista cristiano (morto nel 165 E.V. ca.); Melitone, “vescovo” di Sardi (II secolo E.V.); Origene, erudito biblico (185?-254? E.V.); Ilario, “vescovo” di Poitiers (morto nel 367? E.V.); Epifanio, “vescovo” di Costanza (dal 367 E.V.); Gregorio (257?-332 E.V.); Rufino di Aquileia, “il dotto traduttore di Origene” (345?-410 E.V.); Girolamo (340?-420 E.V.), erudito biblico della chiesa latina e compilatore della Vulgata. Nel suo prologo ai libri di Samuele e Re, dopo avere elencato i 22 libri delle Scritture Ebraiche, Girolamo dice: “Tutto ciò che è al di fuori va incluso negli apocrifi”.
La testimonianza più autorevole sulla canonicità delle Scritture Ebraiche è l’indiscutibile parola di Gesù Cristo e degli scrittori delle Scritture Greche Cristiane. Anche se in nessun luogo essi menzionano il numero esatto dei libri, da ciò che dissero si trae la conclusione certa che il canone delle Scritture Ebraiche non conteneva gli Apocrifi.

Se non fosse esistita una raccolta ben definita di Scritti Sacri nota ed accettata da loro e da quelli ai quali parlavano e scrivevano, essi non avrebbero usato espressioni come “le Scritture” (Mt 22:29; At 18:24), le “sacre Scritture” (Ro 1:2), “gli scritti sacri” (2Tm 3:15), la “Legge”, spesso intesa come tutto l’insieme delle Scritture (Gv 10:34; 12:34; 15:25), “la Legge e i Profeti”, espressione generica usata per indicare tutte le Scritture Ebraiche e non semplicemente la prima e la seconda parte di tali Scritture (Mt 5:17; 7:12; 22:40; Lu 16:16). Nel riferirsi alla “Legge”, Paolo citò Isaia. — 1Co 14:21; Isa 28:11.
È assai improbabile che in origine la Settanta greca contenesse gli Apocrifi. (Vedi APOCRIFI). Ma anche se alcuni di questi scritti di dubbia origine furono introdotti in copie successive della Settanta in uso ai giorni di Gesù, né lui né gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane, benché utilizzassero la Settanta, li citarono; non citarono mai nessuno scritto apocrifo come parte delle “Scritture” o come opera dello spirito santo. Perciò nel caso degli Apocrifi mancano non solo le prove intrinseche dell’ispirazione divina e le testimonianze di antichi scrittori ispirati delle Scritture Ebraiche, ma manca anche il crisma dell’approvazione da parte di Gesù e dei suoi apostoli accreditati da Dio. Gesù invece approvò il canone ebraico, riferendosi alle intere Scritture Ebraiche quando parlò di “tutte le cose scritte . . . nella legge di Mosè e nei Profeti e nei Salmi” (i Salmi erano il primo libro, e anche il più lungo, della parte chiamata Agiografi o Scritti Sacri). — Lu 24:44.
Anche le parole di Gesù in Matteo 23:35 (e in Lu 11:50, 51) sono molto significative: “Affinché venga su di voi tutto il sangue giusto versato sulla terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria figlio di Barachia, che voi assassinaste fra il santuario e l’altare”. Sotto il profilo cronologico, va notato che il profeta Urija fu messo a morte durante il regno di Ioiachim, più di due secoli dopo che Zaccaria era stato assassinato verso la fine del regno di Ioas. (Ger 26:20-23) Se dunque Gesù voleva abbracciare l’intera serie dei martiri, perché non disse ‘da Abele a Urija’? Evidentemente perché l’episodio riguardante Zaccaria si trova in 2 Cronache 24:20, 21, e quindi verso la fine del canone ebraico tradizionale. Sotto questo aspetto, perciò, la frase di Gesù includeva in effetti tutti i testimoni di Geova assassinati di cui si parla nelle Scritture Ebraiche, da Abele, menzionato nel primo libro (Genesi) a Zaccaria, menzionato nell’ultimo libro (Cronache), il che, come modo di dire, equivarrebbe alla nostra frase “da Genesi a Rivelazione”.

Scritture Greche Cristiane. Sia la stesura che la raccolta dei 27 libri che compongono il canone delle Scritture Greche Cristiane ricalcarono il modello delle Scritture Ebraiche. Cristo “diede doni negli uomini”, sì, “diede alcuni come apostoli, alcuni come profeti, alcuni come evangelizzatori, alcuni come pastori e maestri”. (Ef 4:8, 11-13) Guidati dallo spirito santo di Dio, essi esposero la sana dottrina per la congregazione cristiana e, “alla maniera di un rammemoratore”, ripeterono molte cose già contenute nelle Scritture. — 2Pt 1:12, 13; 3:1; Ro 15:15.
Testimonianze esterne alle Scritture stesse indicano che, già verso il 90-100 E.V., almeno dieci delle lettere di Paolo erano state raggruppate insieme. Si sa con certezza che in epoca molto antica i cristiani andavano raccogliendo gli scritti cristiani ispirati.

Leggiamo che “verso la fine del I sec., Clemente vescovo di Roma conosceva la lettera di Paolo indirizzata alla chiesa di Corinto. Dopo di lui le lettere sia di Ignazio vescovo di Antiochia che di Policarpo vescovo di Smirne attestano la diffusione delle lettere paoline entro il secondo decennio del II secolo”. (The International Standard Bible Encyclopedia, a cura di G. W. Bromiley, 1979, vol. 1, p. 603) Tutti questi antichi scrittori — Clemente di Roma (30?-100? E.V.), Policarpo (69?-155? E.V.) e Ignazio di Antiochia (fine I e inizio II secolo E.V.) — inclusero nei loro scritti citazioni e brani di vari libri delle Scritture Greche Cristiane, mostrando così di conoscere bene quegli scritti canonici.

Giustino Martire (morto nel 165 E.V. ca.), nel suo Dialogo con Trifone (XLIX), usa l’espressione “è scritto” nel citare Matteo, così come fanno i Vangeli stessi quando citano le Scritture Ebraiche. La stessa cosa fa una precedente opera anonima, la “Lettera di Barnaba” (IV). Giustino Martire nella “I Apologia” (LXVI, LXVII) chiama “vangeli” le “memorie degli Apostoli”.

Teofilo di Antiochia (II secolo E.V.) dichiarò: “Circa la giustizia comandata dalla legge, espressioni di conferma si trovano sia fra i profeti che nei Vangeli, perché tutti parlarono mentre erano ispirati dal medesimo Spirito di Dio”. Teofilo usa quindi espressioni come ‘il Vangelo dice’ (citando Mt 5:28, 32, 44, 46; 6:3) e “la parola divina ci dà istruzioni” (citando 1Tm 2:2 e Ro 13:7, 8). — Ad Autolycum (XII, XIII).

Per la fine del II secolo non c’erano dubbi sul fatto che il canone delle Scritture Greche Cristiane era stato completato, e troviamo che personaggi come Ireneo, Clemente di Alessandria e Tertulliano riconoscono agli scritti che compongono le Scritture Cristiane la stessa autorità di quelli delle Scritture Ebraiche. Parlando delle Scritture, Ireneo cita non meno di 200 volte le lettere di Paolo. Clemente dice che risponderà ai suoi avversari “confutandoli proprio con il ricorso alle Scritture” che “sono garantite dall’autorità dell’Onnipotente”, il quale è stato “predicato dalla legge, dai profeti e inoltre dal Vangelo della beatitudine”. — Stromati [o Miscellanea] (IV, 1).
La canonicità di certi libri delle Scritture Greche Cristiane è stata contestata da alcuni, ma i loro argomenti sono molto aleatori. Rigettare ad esempio, come fanno certi critici, il libro di Ebrei solo perché non porta il nome di Paolo e perché il suo stile è leggermente diverso da quello delle altre lettere paoline significa ragionare in maniera superficiale. B. F. Westcott osservò che “l’autorità canonica dell’Epistola è indipendente dal fatto che Paolo ne sia l’autore”. (The Epistle to the Hebrews, 1892, p. lxxi) L’obiezione basata sulla non menzione del nome dello scrittore scompare di fronte alla presenza di Ebrei nel papiro Chester Beatty II (P46) (datato a nemmeno 150 anni dalla morte di Paolo), che lo elenca insieme ad altre otto lettere paoline.

A volte la canonicità di piccoli libri come Giacomo, Giuda, 2 e 3 Giovanni e 2 Pietro è messa in dubbio per il fatto che questi libri vengono citati molto raramente dagli scrittori antichi. Tutti insieme, però, essi costituiscono solo la trentaseiesima parte delle Scritture Greche Cristiane, per cui era meno probabile che venissero citati. A questo riguardo si può osservare che 2 Pietro è citato da Ireneo che lo considera canonico quanto il resto delle Scritture Greche. Lo stesso può dirsi di 2 Giovanni. (Contro le Eresie, I, 16; III, 16; V, 28) Rivelazione (Apocalisse), anch’essa rigettata da alcuni, è menzionata da molti antichi commentatori, fra cui Papia, Giustino Martire, Melitone e Ireneo.

La vera prova di canonicità, tuttavia, non è quante volte un certo libro sia stato citato da uno degli scrittori non apostolici o quale di questi scrittori l’abbia citato. Il contenuto del libro in sé deve dar prova di essere opera dello spirito santo. Di conseguenza il libro non può contenere superstizioni o demonismo, né può incoraggiare il culto delle creature. Dev’essere completamente in armonia col resto della Bibbia, additando così Geova Dio quale suo autore. Ogni libro deve conformarsi al divino “modello di sane parole” ed essere in armonia con gli insegnamenti e le attività di Cristo Gesù. (2Tm 1:13; 1Co 4:17) Gli apostoli avevano chiaramente l’approvazione di Dio e testimoniarono a favore di altri scrittori come Luca e Giacomo, fratellastro di Gesù. Mediante lo spirito santo gli apostoli avevano “discernimento di espressioni ispirate”, essendo quindi in grado di dire se venivano da Dio o no. (1Co 12:4, 10) Con la morte dell’ultimo apostolo, Giovanni, questa fidata catena di uomini ispirati da Dio si interruppe, e quindi il canone biblico si chiuse con Rivelazione, il Vangelo di Giovanni e le sue epistole.
I 66 libri canonici della Bibbia, con la loro armonica unità e il loro equilibrio, attestano l’unicità e la completezza della Bibbia, raccomandandocela come vera Parola di verità ispirata da Geova, preservata fino ad oggi nonostante tutti i suoi nemici. (1Pt 1:25) Per un elenco completo dei 66 libri che formano il canone biblico, dei loro scrittori, del tempo in cui furono completati e del periodo al quale si riferiscono, vedi il prospetto “I libri della Bibbia in ordine di compilazione”, alla voce BIBBIA. — Vedi anche i singoli libri biblici sotto le rispettive voci.

p.s volevo sottolineare alcune cose ma non ci riescoperchè la pagina mi sale sempre su...buu!
SI DEVE INSEGNARE A PENSARE, E NO A COSA PENSARE..
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Mario70
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traditio e canone

Messaggio da Mario70 »

A proposito di questo argomento volevo incollarvi un bel post fatto dal mio amico Teodoro studita che scrisse tempo fa in altri lidi (conoscendolo personalmente credo sarà contento che lo citi) dove sono riportati testi fondamwentali per avere le basi per approcciarsi a questo mondo:

"Il Nuovo Testamento è una manifestazione della Tradizione orale che parte da Gesù, viene trasmessa prima a gli apostoli e poi ai loro successori. Il consenso pone gli ultimi scritti del NT (ad es. 2Pt) quasi alla metà del II secolo, quindi bisogna immaginare che per almeno un secolo la Chiesa è stata priva di questo testo. In un secondo momento hanno cominciato a circolare raccolte di alcune lettere paoline e un vangelo, e solo molto più tardi (siamo ormai nel IV secolo suonato) tutta la raccolta come ora tutti la conosciamo. Per la descrizione di questo processo ti consiglio:

http://www.ibs.it/code/9788839407153/ga ... nella.html

Ah, neanche a dirlo, l'AT che la Chiesa delle origini usava era la LXX, non il testo ebraico {con i deuterocanonici e gli apocrifi}. Anche questo è un punto di meditazione. Su questo puoi leggere:

http://www.ibs.it/code/9788839405890/fe ... zione.html

Quindi questa Chiesa viveva senza una virgola della Bibbia che tu hai oggi in mano, che per l'AT si rifà a un canone ed un testo ebraico, e per il NT a un testo che nei primi decenni anni non esisteva proprio. Come la mettiamo allora? Su quali insegnamenti si basavano? Basta leggere gli scritti della seconda generazione cristiana, ad es. 1Timoteo, in cui emerge le centralità del vescovo, figura in grado insieme di insegnare e trasmettere l'insegnamento a sua volta ricevuto. Sempre la Traditio.

Parallelamente si forma il canone, ma chi decide cosa è canonico e cosa no? Sempre la Chiesa! Il criterio per la canonicità è in primis l'uso ecclesiale, cioè se un testo veniva letto in chiesa oppure no. Per questo puoi leggere il classico:

http://www.ibs.it/code/9788839405517/me ... mento.html

Per quanto attiene poi alle fonti del NT, critica testuale, redazioe, etc, il superclassico:

http://www.ibs.it/code/9788839405371/me ... uovo-.html

che comincia ad essere un po' datato ma come introduzione va bene.

Quelle poche cose che ci sono rimaste della letteratura cristiana dei primi 2 secoli sono in gran parte scritti filosofici. Proprio per la loro natura questi testi potevano avere una ragione per essere copiati e dunque trasmessi. Ma sappiamo che il criterio di base, quello veramente indicativo della fede risiedeva nei testi liturgici, che non ci sono arrivati perché una liturgia "vecchia" veniva sostituita da una nuova e quindi la si smetteva di copiare. Quindi ci manca un'enorme fetta di testi fondamentali per capire quale fosse veramente lo status rerum sulla riflessione cristologica. Guarda i riflessi di questa faccenda nei testi che hai letto: Ignazio, che è il vescovo di Antiochia, e quindi il successore di Pietro, non ha dubbi sulla divinità di Cristo, tanto che la da quasi per scontata; un Atenagora, o un Tertulliano hanno un approccio molto più filosofico: sanno teorizzare e sistematizzare ma spesso vanno fuori strada. È chiaro che mano mano che si va avanti (e nel mondo antico non si comunicava con la velocità di oggi) ci si fanno delle domande, che causano un approfondimento. Ad esempio, la formula battesimale e le altre 2 formule triadiche del NT: che senso ha mettere sullo stesso piano Padre, Figlio e Spirito Santo se uno è una creatura e l'altro addirittura non ha neppure una sussistenza propria e personale? È una storia lunga e complessa, e sulla quale secondo me non esiste un testo veramente buono.
Puoi leggere:

http://www.ibs.it/code/9788842025993/pi ... ntico.html

http://www.ibs.it/code/9788842091219/si ... mpero.html


Questi per avere una buona introduzione storica. MA per la teologia non vanno granché. Però devi partire dalla storia, e usare testi accademici e non confessionali.
...

Esiste un testo scritto dalla Chiesa e per la Chiesa, interpretato dalla Chiesa. Per me sapere se un certo detto è ipsissima vox Iesu è una curiosità intellettuale, non si può separare nel testo la predicazione autentica di Gesù da quella della Chiesa, perché la Tradizione precede la Scrittura. Se la Chiesa che ha messo in bocca a Gesù i detti ich worte parafrasando il deuteroisaia è perché credeva che fosse Dio, e se lo credeva prima di avere il NT, evidentemente ci sarà un motivo. È questo che mi interessa. Fin quando non vi libererete dalla mentalità della religione del libro piovuto dal cielo questa cosa ti rimarrà del tutto incomprensibile.
Io credo che Gesù fosse vero Dio e vero uomo, simile in tutto a noi ad eccezione del peccato, secondo l'insegnamento dei santi concili. Sic stantibus rebus non vedo nessun problema ad ammettere che il Gesù non fosse infallibile. Anche lui sarà inciampato slogandosi una caviglia, avrà dovuto imparare qualche rudimento di greco (al contrario di molti di noi senza per questo bestemmiare tutti i santi), avrà sbagliato a fare i conti con tutte le valute che giravano in Palestina nel I secolo, e chi più ne ha più ne metta. Ma quando nel NT troviamo un insegnamento teologico, dobbiamo riflettere che - sebbene quell'insegnamento abbia la sua fonte nel Gesù storico - quello è l'insegnamento della Chiesa che lo ha messo per iscritto magari inventando di sana pianta tutta quella che noi oggi chiamiamo "cornice redazionale". In quel caso si tratta di testi ragionati, che spesso hanno origine nell'ambiente liturgico di una chiesa che esisteva già da 50-60 anni e che non ha niente a che fare col Gesù storico (parlo di Gv, ad esempio) ma non per questo allora non ha valore, anzi! La Chiesa fondata da Gesù credeva ciò che pregava (legem credendi lex orandi statuat ) e i testi che abbiamo sono il riflesso di quella fede "pregata" (prendete l'inno di filippesi o il prologo di Giovanni, ad esempio). Se dovessi basare la mia fede unicamente sui detti certamente autentici di Gesù starei fresco, non potrei dire praticamente nulla. Ma c'è la Chiesa che ha scritto il NT, lo ha trasmesso e lo ha letto, pregato e interpretato senza soluzione di continuità per duemila anni. E scusa se è poco. Io credo nella Chiesa, una, santa cattolica e apostolica."
"La cosa più triste è che molto spesso chi viene ingannato, o illuso, tende a rimanere strettamente ancorato a quello in cui crede nonostante le evidenze indichino chiaramente che la realtà è diversa. Forse è talmente affezionato alle sue credenze che preferisce chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a qualunque cosa possa farle vacillare."
(Torre di Guardia 1/9/2010 p 10)
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Solo degli appunti in merito al copia e incolla fatto da lovelove in relazione allo studio della WTS sulla questione del canone. Mi limito solo a cose essenziali perché ci sarebbe da ridire praticamente su quasi tutto, ma non ha senso mettersi a perdere il proprio tempo su dei polpettoni preconfezionati.
Lo storico ebreo Giuseppe Flavio, rispondendo agli avversari nella sua opera Contro Apione (I, 38-40 [8]) verso il 100 E.V., conferma che a quell’epoca il canone delle Scritture Ebraiche era già fissato da lungo tempo. Egli scrive: “Non possediamo miriadi di libri incoerenti, in conflitto fra loro. I nostri libri, quelli giustamente riconosciuti, sono solo ventidue, e contengono la storia di tutti i tempi. Di questi, cinque sono i libri di Mosè, comprendenti le leggi e la storia tradizionale dalla nascita dell’uomo fino alla morte del legislatore. . . . Dalla morte di Mosè ad Artaserse, che succedette a Serse quale re di Persia, i profeti posteriori a Mosè scrissero la storia degli avvenimenti dei loro tempi in tredici libri. I rimanenti quattro libri contengono inni a Dio e precetti su come gli uomini devono condursi nella vita”.
E’ proprio una favola visto che come dice Polymetis:
Che il canone dell'AT sia più antico del I secolo, e risalga addirittura all'epoca di Esdra, è una favola che viene da un apocrifo, cioè 4Esdra, e recepita da alcuni autori coevi come Giuseppe Flavio. Tuttavia i filologi, cattolici e protestanti, sono concordi nel ritenere che questa tradizione tarda non abbia alcuna base storica.
La canonicità di un libro, quindi, non dipende minimamente dal fatto che un concilio, un comitato o una comunità lo accettino o lo respingano. La voce di tali uomini non ispirati ha valore solo come testimonianza di ciò che Dio stesso ha già fatto tramite i suoi rappresentanti accreditati.
Sì ma è il Concilio stesso a stabilire quali fra i vari libri presenti nell’epoca conteneva la testimonianza di Dio visto che i libri non si sono scelti da soli. La necessità di concili si può ravvisare anche con l’istituzione del concilio di Jammia degli Ebrei per sapere quali libri da considerare ispirati e quali invece no (e sappiamo che è stata la loro mentalità anti cristianizzante e far loro epurare i cosiddetti “deuterocaninici”). Giacchè però tale concilio si ebbe quando la Chiesa si era già staccata dalla nazione ebraica e giacchè in quello stesso raduno furono anatemizzati tout court i cristiani non si capisce perché doversi rifare a quel concilio.
Fra questi uomini ci furono Giustino Martire, apologista cristiano (morto nel 165 E.V. ca.); Melitone, “vescovo” di Sardi (II secolo E.V.); Origene, erudito biblico (185?-254? E.V.); Ilario, “vescovo” di Poitiers (morto nel 367? E.V.); Epifanio, “vescovo” di Costanza (dal 367 E.V.); Gregorio (257?-332 E.V.); Rufino di Aquileia, “il dotto traduttore di Origene” (345?-410 E.V.); Girolamo (340?-420 E.V.), erudito biblico della chiesa latina e compilatore della Vulgata.
Si sa molto bene che i Padri non erano unanimi per quanto riguarda il canone delle scritture ebracihe finchè i concili della Grande Chiesa di Ippona e di Cartagine non lo determinarono definitivamente. Ma nonostante questo, gli stessi Padri erano in disaccordo con i libri del NT da ritenere ispirati, quali la lettera agli Ebrei, l’Apocalisse di Pietro, il Pastore di Erma, la Didachè, ecc. Perciò non ha senso rifarsi ai pareri singoli dei padri durante il work in progress e tutto il dibattito continuo sul canone nei primi 4 secoli, ma bisogna per forza passare attraverso i concili di Ippona e Cartagine, quando il dibattito venne ultimato, avendo quindi i famosi 27 libri del canone del NT e l’elenco dei libri ispirati per il VT, fra cui gli stessi “deuterocanonici”.
Se non fosse esistita una raccolta ben definita di Scritti Sacri nota ed accettata da loro e da quelli ai quali parlavano e scrivevano, essi non avrebbero usato espressioni come “le Scritture”
E invece potevano farlo, come hanno fatto i Padri della Chiesa quando citavano a piene mani da alcuni testi del NT sebbene non avessero ancora raggiunto un accordo definitivo sull’elenco di tutti i libri del NT. Ad esempio citavano da Matteo, Marco Luca e Giovanni considerandole “Scritture” perché su quelle non c’erano contese né dibattiti visto che venivano riconosciuti da tutti; ma questo non significava certo che il canone del NT fosse stato ultimato ma semplicemente che su alcuni libri non c’erano mai state contese. Questo poteva tranquillamente valere anche per tutte quelle scritture dell’AT da cui Cristo e apostoli traevano i loro discorsi che venivano accettate universalmente da tutte le correnti giudaiche allora esistenti. Ognuna di queste correnti ebraiche, a parte un minimo comune denominatore riconosciuto di libri ispirati, aveva un proprio elenco delle Sacre Scritture. Ovviamente questo lo dicono gli studiosi del mondo accademico (che non sono certo degli sprovveduti).
Ma anche se alcuni di questi scritti di dubbia origine furono introdotti in copie successive della Settanta in uso ai giorni di Gesù, né lui né gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane, benché utilizzassero la Settanta, li citarono; non citarono mai nessuno scritto apocrifo come parte delle “Scritture”
Questo è un ragionamento che non sta in piedi. Non citarono nemmeno scritture come il Qoelet e il Cantico dei Cantici, ma questo automaticamente non significa che allora non facciano parte del canone del VT. E anche altri libri che fanno parte del canone del BT non sono stati citati da Cristo. Però nei discorsi fatti da Gesù e dagli apostoli abbiamo molti richiami, sebbene non citazione dirette, proprio ai libri “deuterocanonici” che quindi non possono essere considerati “apocrifi”.
A volte la canonicità di piccoli libri come Giacomo, Giuda, 2 e 3 Giovanni e 2 Pietro è messa in dubbio per il fatto che questi libri vengono citati molto raramente dagli scrittori antichi. Tutti insieme, però, essi costituiscono solo la trentaseiesima parte delle Scritture Greche Cristiane, per cui era meno probabile che venissero citati.
Mi serve evidenziare una cosa prima di addentrarmi nel discorso appena fatto. Per quanto riguarda il canone del VT la WTS aveva considerato come “prova” della non ineludibilità dei “deuterocanonici” il fatto che Gesù e gli apostoli non li avevano mai citati. Adesso invece ci dice che nel canone del NT, sebbene libri come Giacono, Giuda, 2 e 3 Giovanni e 2 Pietro, non vengano citati dai Padri sono comunque da considerare parte del canone del NT.
Due pesi, dunque, e due misure.

Inoltre siccome per la WTS questi stessi libri non citati dai Padri, hanno lo stessa identica validità in termini di esegesi e di dottrina cristiana, tanto quanto gli altri che vengono citati, allora non ha senso dire che tanto ne mancavano solo alcuni, perché lei nel suo studio scritturale li usa tutti in ugual misura; quindi per forza di cose bisogna passare attraverso i concili di Ippona e Cartagine che hanno concluso definitivamente il dibattito sui lirbi da considerare sacri forneneo l’elenco definitivo dei 27 riconosciuti.
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Messaggio da Gabriele Traggiai »

Vi prego di rientrare in argomento. Questa è la sezione dove indicare o chiedere "lumi" su testi specifici. Nilo sta argomentando sul Canone. Off Topic.
Nel contempo invito Nilo ad usare la sezione "Presentiamoci" nella quale deve "presentarsi" altrimenti sospendo la sua iscrizione.

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