[Suggerimento]: La madre degli Dei

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[Suggerimento]: La madre degli Dei

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AUTORE: Philippe Borgeaud

TITOLO: La Madre degli dei
Da Cibele alla Vergine Maria
Morcelliana
2006

Sono abbastanza certo di avervi già parlato di questo libro nel vecchio forum, ma siccome non trovo più quella vecchia discussione ne apro una nuova. Innanzitutto preciso che il motivo per cui torna a parlare di questo libro è che mi è ricapitato tra le mani in questi giorni nei quali sto scrivendo un lavoro sull'orazione dell'imperatore Giuliano intitolata “Alla madre degli dei", dedicata ad un'interpretazione neoplatonica del mito di Cibele ed Attis. Originariamente avevo preso questo testo per tutt'altro motivo, cioè per il suo sottotitolo che recita "da Cibele alla Vergine Maria". Speravo di trovare in questo libro, trattato nel dettaglio, il percorso della controversia ottocentesca che aveva portato alcuni storici delle religioni fautori di un comparativismo selvaggio ad ipotizzare che il culto della Vergine Maria non fosse altro che un riciclo degli antichi culti pagani delle dee madri, ad esempio Iside e Cibele.
Per chiunque abbia studiato storia delle religioni è un'ovvietà che oggi questa tesi è in completo discredito, e che nessuno sano di mente oggi sostiene più. In realtà c'è chi la sostiene ancora ma si tratta non di studiosi bensì di dilettanti, e dei loro programmi televisivi megafono, ad esempio Voyager o Stargate, che ogni tanto insieme agli alieni e ai cerchi nel grano trattano anche di come la vergine Maria deriverebbe da Iside, stupendo gli allocchi illetterati tramite l’iconografia della Madonna col bambino in braccio, di sicura derivazione isiaca (sic!).
Il testo di Borgeaud invece, a discapito delle mie aspettative, non si sofferma assolutamente su Maria, se non per l'ultimo capitolo, anche se spiega chiaramente che la tesi dell'assimilazione dal paganesimo da parte del culto di Maria è completamente infondata. Come l'autore illustra brillantemente non è questione di imitazione, bensì, al contrario, da parte dei cristiani c’è una severa attenzione per definire la fede in Maria in contrapposizione a quella di Cibele. Un dialogo dunque, ma per prendere le distanze e definirsi videnvolmente. Nel libro si parla giustamente di "interferenze in uno sfondo comune", vale a dire di due culti che dialogano in un mondo culturale che ha degli interessi comuni (ad esempio l’ascetismo e la verginità come pratiche che avvicinano a Dio), ma che, come in un contrappunto musicale, si definiscono proprio in contrapposizione al loro interlocutore. Non dunque un plagio dal paganesimo, paganesimo dei quale i Padri avevano orrore, ma interferenze reciproche in un dibattito che ha uno sfondo comune, e queste interferenze, ben lungi dall’essere un desiderio di emulazione, sono invece risposte e precisazioni a possibili punti di contatto tra le due figure religiose, contro il pericolo di una loro confusione (Si veda ad esempio la reprimenda di Epifanio di Salamina contro la setta delle Colliridiane).
Ovviamente nulla di tutto ciò potrebbe essere trovato sulle riviste dei testimoni di Geova dove si scrivono ancora cose ottocentesche come la derivazione “babilonese” della trinità, o per l'appunto la derivazione dal culti delle dee madri della venerazione mariana. I TdG non hanno pudore nello scrivere questi cliché ottenebranti, ma fossi nei loro lettori sospetterei qualcosa, anche solo vedendo le date di pubblicazioni delle cosiddette opere erudite che citano, tutte scritte da mummie.
Il professor Borgeaud è critico sin dall'introduzione verso i due persistenti miti che la cultura accademica prima, e la cultura popolare oggi, hanno portato avanti rispetto alla “Madre degli dèi”. Il primo è che questa Madre degli dèi fosse un’ antica e unica divinità diffusa in tutto il Mediterraneo in epoca preistorica, della quale le varie dee sarebbero dei derivati, il secondo mito è quello che vede in Maria l’erede di questa figura divina femminile. Cito dall'introduzione:

“ Destino sorprendente quello della Madre, prigioniera di due miti eruditi tanto tenaci quanto infondati. Il primo mito è quello dello stadio matriarcale e del suo corollario, il culto della grande dea. Madre degli dei. Così designata, Cibele sarebbe l'esotica sopravvissuta, nel quadro del Pantheon classico, dell'ancestrale e universale figura preistorica di cui le molteplici dee del politeismo non rappresenterebbero che trasformazioni successive. Dobbiamo questo mito al 19º secolo e in particolare alle speculazioni evoluzionistica, giurista ed ellenista basileense J. J. Bachofen, il cui libro sulla "Diritto materno", più sovente citato che letto da marxisti, psicanalisti, e femministe, fu edito nel 1861. Stabilito che Cibele deve il suo nome e il suo aspetto a una divinità Frigia sorta negli altopiani anatomici, che si affrettò in seguito a farne la discendente immediata della dea del sito neolitico di Çatal Höyuk o delle sue vicine di Haçilar, la sovrana divina di un mondo matriarcale. Il secondo mito moderno che ossessiona gli interpreti di Cibele è quello che vuol fare della vergine Maria l'erede delle grandi dee antiche. Dal paganesimo al cristianesimo, dalla Madre degli dei alla madre di Dio, viene presupposta una continuità definita dal puro e semplice trasferimento di simboli e delle funzioni. Maria verrebbe dunque riempire, per così dire, una casella lasciata vuota dalla sconfitta e dall'esilio delle divinità demonizzate, e in particolare delle divinità femminili - Iside e Cibele soprattutto.” (p. 11)

Consiglio agli appassionati di religioni del mondo classico di leggere questo libro, per avere anche un quadro più chiaro del dialogo tra cristiani e pagani in rapporto al culto di Cibele e Maria, lo sconsiglio caldamente invece a chi non abbia una formazione classica e non sia interessato alla mitologia, visto che, come ripeto, si parla di Maria solo nell'ultimo capitolo, che però non può essere letto senza conoscere il contenuto dei precedenti.

L'AUTORE è professore di Storia delle religioni alla Facoltà di Lettere dell'Università di Ginevra. Tra le sue pubblicazioni ricodiamo: Aux origines de l'histoire des religions(Seuil, Paris 2004); Exercices de mythologie (Labor et Fieds, Genève 2004).
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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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ClintEastwood
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Messaggio da ClintEastwood »

Non avendo proprio tempo questi giorni per una trattazione esauriente sul tema posso solo dire che tentare di scollare alcuni degli antichi culti pagani da certe forme della pietà popolare riguardo a Maria e ai santi, è solo un modo di arrampicarsi sugli specchi e giustificare come al solito certe forme religiose che si sono inserite successivamente al cristianesimo.
L'antropologia è una delle mie passioni e ho parlato più volte anche con esperti in facoltà sul tema della pietà popolare e delle similitudini tra certe forme di paganesimo e del culto della vergine e dei santi, nessuno finora li ha mai negati. Che si tratti di due sfere diverse mi pare ovvio, ma il cattolico incallito tenta di erigere una barriera tra queste due sfere sminuendo e tagliando via quei fili che in realtà li collegano.

Non basta un libro per approfondire un tema così vario che spazza dall'antichità al medioevo, ma occorrono volumi e volumi.


Stay tuned on the future.
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

Gli antropologi raramente sono anche storici del dogma, questo è il motivo per cui questo è più un campo da storici delle religioni antiche che da antropologi. Il nostro Trianello è laureato anche in antropologia, tra le varie cose, chissà lui cosa ne pensa...
Diciamo che alcune pratiche pagane possono essersi trasferite in singoli culti locali della Vergine, così come dei santi, ma questo nessuno l'ha mai negato. L'idea errata è che la venerazione di Maria nel cristianesimo nasca per cercare di rimpiazzare il culto della dea madre, con un mero travaso di prerogative. Questo, come sostiene per l'appunto il libro citato, è un mito storiografico, del tutto defunto tra gli specialisti.
Ho dato anch'io diversi esami universitari di antropologia (ho dunque una formazione accademica in tal senso), ma nessuno s'è messo a parlarmi di Maria, anche perché le religioni antiche sono un campo che gli antropologi frequentano solo se hanno una formazione classica e filologica. Questo purtroppo non è vero per la maggior parte degli antropologi, che sono capacissimi di scrivere un etnografia sugli Azande ma non saprebbero da che parte cominciare per indagare la mentalità nel tardo-antico, non saprebbero cioè neppure la differenza che passa tra Prudenzio ed Arnobio, figurarsi se sono abilitati a mettersi a discutere di culto dei santi. Si può dire al massimo, dal punto di vista strutturalista, che il culto di Maria e quello della Dea Madre hanno la stessa funzione, cioè far trovare una figura materna al credente, ma il parallelo è esattamente lo stesso che c'è tra uno stregone in un tribù africana e uno psicanalista nella Vienna di fine Ottocento... entrambi hanno la medesima funzione, servono alla stessa cosa, cioè curano la mente, ma non per questo si sono influenzati a vicenda.
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