[Suggerimento]: Epigrafia funeraria giudaica

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[Suggerimento]: Epigrafia funeraria giudaica

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A proposito dell'immortalità dell'anima in Israele...

Come molti sanno la netta contrapposizione, che tanto fece scuola, tra immortalità dell'anima e resurrezione della carne, propinataci da Oscar Cullmann qualche decennio fa, è ormai ampiamente scoppiata perché non corrispondere alla documentazione né letteraria né archeologica del giudaismo. Esso raramente sistematizza il modo in cui vadano conciliate la credenza in uno stato intermedio con quella della resurrezione, limitandosi spesso a giustapporle in maniera asistematica. In questo senso mi pare estremamente interessante, oltre alle infinite rassegna di letteratura intratestamentaria che già esistano e che documentano la comparsa della credenza dell'immortalità dell'anima in Israele*, questo lavoro epigrafico che con la dura evidenza della pietra attesta una chiara fede nella vita dopo la morte e prima della resurrezione:

Pieter W. Van Der Horst, Ancient Jewish Epitaphs: an Introductory Survey of a Millennium of Jewish Funerary Epigraphy (300 BCE–700 CE), Kampen: Kok Pharos, 1991.

E' interessante notare un fatto già assodato per via letteraria, e cioè che i termini per indicare l'anima hanno subito la stessa evoluzione semantica in greco, ebraico, e pure in latino. Si parte da termini che paiono indicare meramente il respiro o la vita (come fosse un energia impersonale), e man mano si personalizzano, divenendo indicatori di un'entità autocosciente.
Questa evoluzione infatti si rispecchia nel NT, che ha lo stesso parere del giudaismo coevo. Sappiamo infatti da Flavio che i farisei credevano all'immortalità dell'anima, e i farisei erano i più ascoltati ed autorevoli tra il popolo.
Questo fatto è da tenere presente nelle discussioni coi TdG, perché essi perdono tempo con le loro ascientifiche domande senza senso del tipo "ma qual è il parere della Bibbia?", e questo perché non hanno ancora capito che la Bibbia non ha un parere su un argomento più di quanto ce l'abbia la mia biblioteca. La Bibbia è un testo frutto di autori diversi e che dunque presenta concezioni frutto di secoli anche tra loro culturalmente estranei. Un tentativo dunque di mettere insieme testi scritti a volte a quasi mille anni di distanza si rivela del tutto futile e scientificamente sterile, e come se non bastasse per farlo occorre torcere il chiaro senso dei testi posteriori, come fanno i TdG con le loro traduzioni di fantasia. Anche i Padri della Chiesa avevano il vizio di tentare di conciliare l'intera Bibbia, e a causa di questo elaborarono visioni teologiche che perdurano ancora oggi e che hanno un interesse folklorico per la storia della teologia. Siccome ad esempio nell'Antico Testamento viene detto che la sorte dei giusti e degli ingiusti è la medesima, cioè una sopravvivenza umbratile nello squallido sheol, i Padri ebbero buon gioco a dire, basandosi sui passi neotestamentari che parlano di una "discesa di Cristo agli inferi", che prima della redenzione operata con la morte e resurrezione di Cristo il destino degli uomini era lo stesso per tutti, perché i cancelli del paradiso erano chiusi a causa del peccato originale. Solo con la morte di Cristo e la sua discesa agli inferi egli avrebbe liberato le anime dei giusti morti prima della sua epoca, e le avrebbe condotte in cielo.
In realtà, senza nulla togliere alla verità di questo paradigma, in alcuni testi pare che ci sia una distinzione di "compartimenti" anche nello sheol, ma la cosa non è presentata in modo uniforme. Sicché ogni singolo testo biblico dovrebbe essere indicatore della credenza dell'autore che l'ha redatto, e non necessariamente tentato di conciliare con testi scritti secoli prima o dopo e che presentano un'antropologia del tutto differente.

In effetti se ci si domanda che cosa deve pensare un ebreo della sua anima dopo la morte la risposta non può che essere: nulla. Questa non è materia di halachah , di legge o di rituale, bensì di haggadah, di racconto.
Possiamo notare come in Isaia gli abitanti dello Sheol mantengono una qualche pallida rassomiglianza con ciò che erano in vita:

Sheol si agita sotto di te, per venirti incontro al tuo arrivo; per te sveglia le ombre, tutti i dominatori della terra, e fa sorgere dai loro troni tutti i re della nazioni. Tutti prendono la parola per dirti: “Anche tu sei stato abbattuto come noi, sei diventato uguale a noi”. In Sheol è precipitato il tuo fasto, la musica delle tue arpe".(Is 14, 9-11)

Tra le opere apocalittiche giudaiche quella che offre l’immagine più ricca della vita dopo la morte è IEnoch, testo del III sec. a.C., che narra le peregrinazioni spirituali di Enoch nel mondo di Sheol o Gehinnom, prima, e nei cieli o in paradiso, poi. Enoch in entrambi i luoghi osserva un sistema ben strutturato di castighi e ricompense. Guidato in un tour a un certo numero di arcangeli (tra i quali ci sono Raffaele, Uriel, Gabriele, Michele), Enoch visita prima lo Sheol, dove gli spiriti dei morti, ormai separati dai relativi corpi, si riuniscono in attesa del giorno del giudizio “quando gli atti degli uomini verranno pesati sul piatto della bilancia”. Il terreno che egli vede è diviso in quattro luoghi scavati, “profondi e scuri”. La divisione serve a separare gli spiriti dei giusti dagli spiriti dei peccatori. Cito:

“Questa parte (l’angelo rispose) è stata creata per gli spiriti dei giusti, in cui zampillano acque chiare. Questa parte per i peccatori, quando muoiono e sono sepolti senza che sia stato emesso su di loro alcun giudizio allorquando erano in vita. Qui i loro spiriti dimorano a parte, in un profondo dolore, fino al grande giorno del giudizio, tra i tormenti e le flagellazioni dei maledetti, affinché i loro spiriti siano retribuiti. Fino a quanto Egli li incatenerà per sempre” (I Enoch 22, 8-9)


Dopo il giudizio, le anime dei giusti vengono ricompensate col passaggio “alla dimora sacra”, dove “la giustezza scorre come acqua e la grazia scorre come rugiada sulla terra. Così per i giusti, nei secoli dei secoli” (IEnoch 39,5)
E’ questo, secondo le parole di Enoch, un “giardino di vita” (61,12)

Benedetti siate voi, giusti ed eletti, poiché glorioso sarà il vostro destino. I giusti saranno nella luce del sole, e gli eletti nella luce della vita eterna: i giorni della loro vita saranno senza fine, e i giorni di sanità senza numero. Cercheranno la luce e troveranno la giustizia del signore: Ci sarà pace per i giusti nel nome del Signore eterno” (I Enoch 58,2-3)


Gloria e felicità saranno eterne, “Saranno vestiti con abiti di gloria, saranno essi stessi abiti di vita offerti dal Signore: e i vostri abiti non invecchieranno mai, né la vostra gloria svanirà davanti al Signore”(I Enoch 62,15-16)
L’autore di 2Enoch aggiunge alcuni dettagli interessanti sul paradiso, immaginato come:

“Un giardino- un posto come non se ne sono mai visti quando a bellezza esteriore… alberi altissimi di bellissimi colori, con frutti maturi e succulenti, di ogni tipo. Nel bel mezzo, l’albero della vita sul quale Dio risposa quando viene in paradiso… che sembra fatto d’oro fiammeggiante e trasparente… Dalle sue radici si diramano quattro corsi nel giardino, dai quali fuoriescono miele e latte, olio e vino… ci sono trecento angeli,di aspetto glorioso, a custodia del giardino… O Enoch, tutto questo è predisposto per i giusti che avranno sopportato ogni sorta di ingiuria in vita da coloro che hanno afflitto le loro anime; chi volge le spalle all’ingiustizia… e dà cibo agli affamati, e che è nudo, e aiuta chi è caduto, e assiste gli organi che sono stati oppressi, accostandosi senza colpa al volto del Signore, poiché Lo ha sempre servito… da costoro tutto questo sarà ereditato per l’eternità.


Le anime dei malvagi, al contrario, come spiega I Enoch, saranno punite eternamente per i loro peccati. Particolarmente temibile sarà il destino di coloro che non sono mai stati giudicati in terra. Il giorno del giudizio, la loro dimora temporanea e dolente nella grotta di Sheol si trasformerà in una “valle maledetta”, dove saranno “dannati per sempre”, soffrendo “in un abisso di tormenti”. Coloro che hanno peccato in terra saranno mandati già, saranno “banditi per sempre dalla faccia della terra, e periranno nei secoli dei secoli”. Cito estesamente:

Mi guardati intorno e vidi un’altra parte della terra, una valle profonda e invasa di fiamme. Portarono i re e i potenti, e cominciarono a gettarli in questa valle profonda. Lì vidi coi miei occhi come fabbricavano i loro strumenti, catene di ferro dal peso insostenibile. Chiesi all’angelo di pace che mi accompagnava: Per chi sono queste catene?” Ed gli mi rispose” Sono per gli ospiti di Azazel, affinché restino incatenati negli abissi dell’eterna dannazione; ed essi saranno anche ricoperti fino alla testa di pesanti rocce, come il Signore ha comandato”(I Enoch 54,1-6)


Saranno “gettati negli abissi, tra fuoco e fiamme, tra colonne di fuoco… E vidi allora come un simile abisso di fuoco si aprisse nel mezzo della terra, tra le fiamme; furono giudicato, ritenuti colpevoli, e gettati in questo abisso, dove bruciarono.” (I Enoch 90, 24-26) “Lo loro anime scenderanno a Sheol, e sciagurate saranno le loro tribolazioni. Nell’oscurità, in catene, tra le fiamme, dove atroce è il giudizio, voi spiriti entrerete”(63,10)
Tra gli spiriti che vanno puniti in questo modo ci sono anche, e si capisce, quanti negano che l’anima, dolo la morte, sarà ricompensata per la propria giustezza o punita per la propria malvagità, quanti negano cioè l’immortalità dell’anima .

Quando muori i peccatori parlano di te: “Come moriamo noi, così muore il giusto, e quali vantaggi egli ottiene per i suoi atti? Guarda, anch’egli muore nel dolore e nell’oscurità, e che cos’ha più di noi? Non siamo eguali? E che cosa riceve, che cosa vedrà per sempre? Guarda, anch’egli è morto, e non rivedrà più la luce” (IEnoch 102,6-8)


Un altro scritto sull'immortalità dell'anima è quello della Sapienza, di solito collocata al I secolo a.C.:

[Gli empi] dicono fra loro sragionando:
"La nostra vita è breve e triste;
non c’è rimedio, quando l’uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
E’ un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla
nel palpito del nostro cuore.
Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera
.
Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.
La nostra esistenza è il passare di un’ombra
e non c’è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.” […]
La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.
Non conoscono i segreti di Dio;
non sperano salario per la santità
né credono alla ricompensa delle anime pure.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono. (Sap 2,1-5.21-24)

Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé (Sap 3,1-5)

Si noti che qui psyche non può indicare semplicemente "le vite dei giusti", ma indica proprio le anime, nel senso contemporaneo del termine, visto che la nientificazione dell'anima e del pensiero dopo la morte sono messi in bocca agli empi come pensieri errati.


L’autore di 2Esdra, pressoché contemporaneo all’autore della Sapienza di Salomone, sembra invece più incline a una visione apocalittica dalle forti tinte metafisiche.

Le porte di questo mondo sono strette, anguste e difficili, sono poche e cattive, piene di pericoli e di avversità. Le porte del mondo più grande sono ampie e sicure, e conducono all’immortalità. Tutti devono entrare in questa stretta e futile esistenza, altrimenti non potrebbero raggiungere la benedizione che li attende. Perché dunque tu, Ezra, se così afflitto al pensiero di dover morire, come tutti i mortali? Perché non pensi al futuro, invece che al presente? (2Esdra 7,16-16)

Secondo l’autore il “futuro” consisterebbe dapprima in un periodo messianico di 400 anni per coloro che erano vivi al momento del suo avvento. Alla fine di questo regno, che è la fine del mondo, i corpi dei morti risorgeranno e si riuniranno alle loro anime, che sono rimaste “a riposo” in appositi “depositi”. “La terra risveglierà coloro che dormono in essa, e la polvere coloro che lì riposano in silenzio, e i depositi restituiranno le anime che erano lì riposte.”(Esdra 7,32-33)

Dio allora apparirà per emettere il giudizio finale. Ai malvagi sarà data una punizione eterna, ai giusti un’eterna ricompensa. “Allora apparirà il luogo del tormento e al di sopra di esso il luogo del riposo; la fornace dell’inferno da un lato, il paradiso della gioia dall’altro… guarda da una parte e poi dall’altra, e poi dall’altra; qui riposo e gioia, lì fiamme e tormenti” (7,36-28)

Ezra manifestando la sua curiosità chiede poi alla sua guida informazioni su ciò che accede al momento della morte, quando “ognuno di noi rende l’anima”. “Lo Spirito -gli viene risposto- abbandona il corpo per far ritorno all’Uno che lo donò, e per rendere gloria all’Altissimo” (2Esdra 7,78)

Le anime dei giusti svincolate dai loro corpi , prima del giudizio finale, compariranno dinnanzi a Dio per contemplare il suo essere. Finché però non riceveranno la gloria che le attende nella prossima era, godranno del “riposo che possono tutte condividere, sorvegliate da angeli assorti nel silenzio”. Lì rimarranno fino a quando “saranno liberate per l’ampia vita che potranno presto godere, nei secoli dei secoli”(7,96)

Notiamo qui come per questi autori l’anima sopravviva non più solo in forma umbratile ma con piena coscienza, modellata sulla psychè greca posteriore e il nous del platonismo. Ciò è confermato da Giuseppe Flavio il quale dei farisei ci dice che “credono che le anime abbiano un vigore immortale, e che sotto terra si assisterà a ricompense e punizioni, a seconda che si sia vissuto virtuosamente o viziosamente in questa vita; i virtuosi avranno il potere di vivere e rivivere ancora, mentre i viziosi saranno detenuti in un eterna prigione”(La guerra Giudaica, II,8,XIV)

Come è noto i farisei ebbero la meglio e le loro idee formano il nucleo delle successive dottrina rabbiniche. Si capisce dunque che la parabola di Gesù sul ricco epulone e su Lazzaro non trovava come ascoltatori degli Ebrei ancorati all’antica concezione anti-immortalistica che noi possiamo scorgere nei testi più arcaici, bensì un pubblico che a queste nuove tematiche era abituato.

Tutto questo fiorire di credenze sull’aspetto dell’aldilà, addirittura diviso in sezioni stile Divina Commedia, esige che il punto di partenza fosse un luogo immaginato come realmente esistente sottoterra, che nella fase arcaica è immaginato come abitato da ombre. Come dice giustamente Paolo Sacchi:
Come gli Ebrei pensassero che fosse lo sceol è vago. Il fatto che nello sceol si scenda indica una discesa reale in un posto reale, non nel nulla. Ciò può essere confermato dall’esistenza della negromanzia attestata in Israele e da racconti come quello dell’indovina di En-Dor, che evoca per Saul la larva di Samuele (I Sam 28). E’ una visione dell’aldilà simile a quella mesopotamica e omerica: lo sceol attente tutti ugualmente, potenti e poveri diavoli, buoni e cattivi, Samuele e Saul, tutti ugualmente destinati (Is 14,11) a una vita fra la putredine e i vermi, lontano in ogni caso da Yhwh.” (Paolo Sacchi, Il giudaismo del Secondo Tempio, Torino, 1994, SEI, pag 402)

Ovviamente, citando l’indovina di Endor, Sacchi è del tutto disinteressato al problema teologico che sia apparso davvero Samuele, o che sia apparso un demone. In ciascuno dei due casi infatti resta attesto che per Saul il fatto che si potesse interrogare Samuele era plausibile[e dunque ci prova con una negromante. E' la testimonianza che nell’epoca di Saul (o meglio dell’agiografo che inventa l’episodio) si credeva che i morti avessero una qualche sopravvivenza umbratile nell’oltretomba. Chiedersi se Saul sia davvero salito dallo Sheol oppure no a questo punto è irrilevante perché il brano ci dimostra comunque che in Israele si credeva alla sopravvivenza dell'anima.

“Tutti sono destinati alla morte, nella regione sottoterra, in mezzo ai figli dell’uomo, fra quelli già discesi nel soggiorno dei morti”(Ez 31,14)
Questo posto è immaginato come un tetro antro sottoterra, del tutto reale, pieno di larve spettrali.
“A Lui sono si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere”(Sal 22,30) Questo luogo buio e incolore, così già detto, si tramuta col passare dei secoli in un luogo di premi e punizioni, per citare un’altra fonte in 2 Maccabei 15,12-13 il profeta Geremia defunto e il sommo sacerdote Onia assassinato pregarono per il popolo ebraico.

Possiamo farci riassumere la concezione arcaica di Scheol sinteticamente da G. Ricciotti, che fu professore di letteratura ebraica all’università La Sapienza di Roma:

La dimora dei morti era chiamata Sheol, sempre femminile, immaginata quale immensa caverna posta nei sotterranei del cosmo. Ivi i trapassati, i Rephaim “spossati”, “assopiti” vagavano come ombre su una terra di tenebre e di oscurità, terra di buio e di caligine (Giobbe, 10, 21-22), sebbene altrove si parli di quelle ombre come tuttora animate da passioni umane (Isaia, 14, 9 segg.) e suscettibili di entrare in comunicazione con i viventi per mezzo dell'evocazione necromantica (I Samuele, 28, 8 segg.). Dalla Sheol nessuno, che vi sia disceso, può mai risalire (Giobbe, 7, 9-10; 10, 21; tuttavia cfr. il celebre e disputato passo di 19, 23-27). Nessuna sanzione morale di premio o di pena per gli abitatori della Sheol, quale conseguenza della condotta tenuta durante la vita terrena, è attestata in maniera ben chiara e con precisione inequivocabile nei documenti più antichi. Questi concetti vaghi ed incerti si mantennero a lungo anche dopo l'esilio di Babilonia, e li ritroviamo espressi ancora a principio del secolo II av. Cr. da un dotto Scriba quale il Siracida (Ecclesiastico, testo greco, 17, 22-23 al. 27-28; 41, 4 al. 6-7); tuttavia già nell'esilio erano stati sparsi i germi di un nuovo fermento, che doveva man mano trasformare l'aspetto della questione richiedendone una soluzione più adeguata ai tempi nuovi.” (G. Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, Torino, 2003, Oscar Saggi Mondatori, pag. 79)

Stante il fatto che oggi nessuno che applichi il metodo storico, e non parta da beceri presupposti fondamentalisti che pongono fuori dalla ricerca, può dubitare del fatto che la Bibbia e il giudaismo stesso abbiano avuto una concezione in evoluzione sull'escatologia, la domanda che dobbiamo porci è dove stia il dito di Dio in tutto questo. Abbiamo detto che la Bibbia non ha un parere più di quanto ce l'abbia la mia biblioteca, perché è opera di autori diversi. Ma dove sta allora l'unità data dall'autore divino che invece è unico, cioè Dio? L'unità, come insegna la Chiesa, sta nel filo rosso della pedagogia divina, cioè nel fatto che è Dio stesso che ha guidato il suo popolo, per piccoli passi, a maturare una concezione corretta dell'immortalità dell'anima, che permettesse, tramite la sopravvivenza nello stato intermedio, si concepire come possibile la resurrezione. E' noto infatti che senza immortalità dell'anima non sarebbe possibile la risurrezione della nostra individualità, ma solo la creazione ex nihilo di un clone uguale a noi, che ovviamente non sarebbe "me" ma solo uguale a me, tant'è che Dio potrebbe farne anche 4 di miei duplicati, visti che crea dal nulla e basandosi solo sul ricordo che ha di me. E a quel punto, quale di quei 4 duplicati sarei io? Nessuno dei 4 ovviamente. L'uguaglianza non è infatti la continuità personale.

E che dire, per curiosità, della strega di En-dor e di Samuele evocato da Saul, visto che abbiamo visto come sia senza senso mettersi a fare una geografia dell'oltretomba che metta insieme tutta la Bibbia? Samuele è davvero salito dall'Ade?
Non c'è dubbio che per l'agiografo sia salito davvero Samuele, e non un demone, come immaginavano alcuni Padri della Chiesa per togliersi dall'impaccio di spiegare come sia possibile che una strega possa avere signoria su un'anima, quando solo Dio potrebbe averne. Il problema esisteva per i Padri della Chiesa unicamente perché, al pari dei TdG, non sapevano nulla di metodo storico-critico, e dunque avevano il bisogno di pretendere la perfezione e la coerenza teologica di ogni passo della Bibbia. Noi possiamo invece, alla luce del metodo storico-critico, dire banalmente che l'agiografo qui non si rende conto delle implicazioni teologiche di quel che dice, e mette in scena uno spettacolo impossibile. Se secondo l'autore la negromanzia è possibile, ciò non significa che noi in pieno XXI secolo dobbiamo accettarlo. L'episodio è chiaramente tutto una finzione mitica, della propaganda anti-monarchica. Quindi, invece di perder tempo a discutere se sia salito Samuele o un demone, dovremmo partire dall'assunto che non è salito proprio nessuno perché quest'episodio non è mai avvenuto ed è una favola anti-monarchica confezionata contro Saul. Così si pone gran parte degli esegeti (quelli seri, non quelli della Bible Belt), che invece di stare a chiedersi se sia o meno salito Samuele, come fossero dei teologi medioevali, si pongono semplicemente domande storicamente sensate, cioè che cosa prova questo brano a proposito della mentalità del suo estensore, e questo brano prova che secondo l'autore del libro le anime dei morti sopravvivono alla morte e possono essere invocate dai negromanti. Che poi questa pratica sia impossibile, la mente umana è arrivato a capirlo diffusamente meno di tre secoli fa, con l'Illuminismo (prima gli scettici erano solo sporadici). Quanto ad Israele possiamo dire che c'era un divieto di praticare questi rituali, ma questo non perché li si riteneva non funzionanti, ma anzi, al contrario, perché si riteneva che funzionassero. Anche Platone nella Repubblica e nelle Leggi vieta la negromanzia, eppure era un immortalista convinto...

Ad maiora

* G.W.E. Nickelsburg, Resurrection, Immortality and Eternal Life in Intertestamental Judaism, Harvard University, Cambridge (Mass.) 1972;
J.S. Park Conceptions of Afterlife in Jewish Inscription, Mohr, Tubingen, 2000.
M Gilbert, Immortalité? Resurrection? Faut-il choisir?", in a cura di Ph. Abadie e J.-P. Lemonon, "Le judaïsme à l'aube de l'ère chrétienne, Cerf, Paris, 2001.
Presentazione


Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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Approfondimenti...

Il brano della strega di Endor:

Allora Saul disse ai suoi ministri: «Cercatemi una negromante, perché voglio andare a consultarla». I suoi ministri gli risposero: «Vi è una negromante nella città di Endor». 8 Saul si camuffò, si travestì e partì con due uomini. Arrivò da quella donna di notte. Disse: «Pratica la divinazione per me con uno spirito. Evocami colui che io ti dirò». 9 La donna gli rispose: «Tu sai bene quello che ha fatto Saul: ha eliminato dal paese i negromanti e gli indovini e tu perché tendi un tranello alla mia vita per uccidermi?». 10 Saul le giurò per il Signore: «Per la vita del Signore, non avrai alcuna colpa per questa faccenda». 11 Essa disse: «Chi devo evocarti?». Rispose: «Evocami Samuele». La donna vide Samuele e proruppe in un forte grido e disse quella donna a Saul: «Perché mi hai ingannata? Tu sei Saul!». 13 Le rispose il re: «Non aver paura, che cosa vedi?». La donna disse a Saul: «Vedo un essere divino che sale dalla terra». 14 Le domandò: «Che aspetto ha?». Rispose: «È un uomo anziano che sale ed è avvolto in un mantello». Saul comprese che era veramente Samuele e si inginocchiò con la faccia a terra e si prostrò. 15 Allora Samuele disse a Saul: «Perché mi hai disturbato e costretto a salire?». Saul rispose: «Sono in grande difficoltà. I Filistei mi muovono guerra e Dio si è allontanato da me; non mi ha più risposto né per mezzo dei profeti, né per mezzo dei sogni; perciò ti ho evocato, perché tu mi manifesti quello che devo fare». 16 Samuele rispose: «Perché mi vuoi consultare, quando il Signore si è allontanato da te ed è divenuto tuo nemico? 17 Il Signore ha fatto nei tuoi riguardi quello che ha detto per mia bocca. Il Signore ha strappato da te il regno e l'ha dato al tuo prossimo, a Davide. 18 Poiché non hai ascoltato il comando del Signore e non hai dato effetto alla sua ira contro Amalek, per questo il Signore ti ha trattato oggi in questo modo. 19 Il Signore abbandonerà inoltre Israele insieme con te nelle mani dei Filistei. Domani tu e i tuoi figli sarete con me; il Signore consegnerà anche l'accampamento d'Israele in mano ai Filistei». 20 All'istante Saul cadde a terra lungo disteso, pieno di terrore per le parole di Samuele; inoltre era già senza forze perché non aveva mangiato niente tutto quel giorno e la notte.

Come si vede è chiaro che per l'agiografo venga davvero invocato Samuele, e non c'è alcun appiglio nel testo per determinare che si trattasse di un demone...
Si noti poi che non si vede proprio come un demone possa interpretare una parte simile. Questo ipotetico spirito maligno non dice menzogne, ma predica a Samuele la corretta interpretazione divina degli eventi e la collera di Dio che s'è abbattuta su di lui.
Ma ci sono altri indizi interni al brano che ci fanno capire che secondo l'agiografo si trattava davvero di Samuele.
Un'obiezione contro quest'identificazione potrebbe essere che non è detto che Saul veda Samuele, bensì lo vede la negromante, che lo descrive al sovrano:
"Rispose: «È un uomo anziano che sale ed è avvolto in un mantello». Saul comprese che era veramente Samuele e si inginocchiò con la faccia a terra e si prostrò. "
Tuttavia è chiaro dal seguito che per l'agiografo la cartomante è verace, infatti quando il testo riferisce le parole dello spirito si introduce il discorso dicendo: "Allora Samuele disse a Saul" e "Samuele rispose". Sicché, pare che il fatto che la visione sia solo "riferita" e non in presa diretta non possa inficiare in alcun modo il fatto che per lo scrittore sacro si trattava veramente di del profeta Samuele, il quale infatti dice solo cose giuste. Questa maga non sta affatto sul vago, come quei fabbricanti di oroscopi odierni che ti fanno previsioni talmente vaghe da non dire mai alcunché di preciso: in questo caso la maga predice qualcosa di ben determinato, cioè la sconfitta di Saul, e pure la motivazione divina della giusta condanna, il che fa dello spirito il latore della decisione divina. SI noti poi che, a deporre per il fatto che la negromante dica la verità, sta il fatto che non s'è mai visto una ciarlatana che dica cose che il cliente non voglia sentirsi dire... La gente va dai cartomanti a farsi leggere i tarocchi per essere rassicurata, questa maga invece fa di tutto per far scappare il cliente alla prima seduta predicendogli la fine imminente! Ben strano tipo di ciarlatana... Si noti poi un fatto non da poco... La strega non sapeva che il suo interlocutore fosse Saul, che infatti era travestito. Ma, appena sorge Samuele dal suolo, è come se la consapevolezza della verità invadesse la medium, tanto che, dinnanzi a quella rivelazione soprannaturale, riconobbe il re:

Essa disse: «Chi devo evocarti?». Rispose: «Evocami Samuele». La donna vide Samuele e proruppe in un forte grido e disse quella donna a Saul: «Perché mi hai ingannata? Tu sei Saul!».

Si noti che l'agiografo non dice che la maga si inventò, per gabbare il re, una visione, anzi, il testo biblico è chiaro nel dire che la donna ebbe consapevolezza della verità di chi gli stava innanzi, cioè re Saul, proprio perché vide Samuele.
Non si possono inventare pensieri che l'agiografo non esprime: non sta scritto che la strega finga di vedere Samuele, è proprio detto il contrario: "Essa disse: «Chi devo evocarti?». Rispose: «Evocami Samuele». La donna vide Samuele e proruppe in un forte grido".
Nell'esposizione dell'agiografo è chiaro che la scena ha tratti realistici, e infatti Samuele predica esattamente la volontà di Dio, dunque non è né una finzione della medium, né un demone.
Se poi dovessimo fare indagini semantiche, vedremmo che Samuele che appare è definito un 'elohim, cioè un "essere divino". E' nota infatti l'evoluzione del termine elohim nel corso della storia della lingua ebraica. All'origine, nelle fasi più arcaiche, questo termine indica qualsiasi essere potete, persino dei re umani, e pure Mosè, ed in seguito andò a specializzarsi sempre più nell'indicare il solo Dio. Dunque è perfettamente inutile farsi prendere delle pare mentali teologiche per stabilire in che senso Samuele fosse un "essere divino" visto che Dio in Israele è uno. I TdG dovrebbero sapere, dalle loro pubblicazioni che continuamente martellano su questo chiodo, che elohim, cioè "dio" in Israele non si riferiva al solo YHWH ma a qualsiasi essere potente in generale (anche se le pubblicazioni della WTS sbagliano a credere che questa valenza semantica si estenda fino ai tempi del NT, ma a loro fa comodo crederlo per declassare le citazioni in cui Gesù viene definito "dio"). Sicché che Samuele venga definito 'elohim non fa alcuna difficoltà teologica, perché questo termine nell'ebraico arcaico era eccellente per designare qualsiasi essere portentoso.
Da ultimo possiamo notare che, se anche Saul, tra i fumi dell’evocazione, non vide Samuele nei suoi contorni definiti, tuttavia ne sentì la voce, e dunque questa è un’ulteriore prova che non si tratti di un’opera di ciarlataneria. Il testo mette chiaramente in bocca a Samuele le frasi, con le quali si avvia il dialogo con Saul, vale a dire i due "Allora Samuele disse a Saul" e "Samuele rispose" dei versetti 15 e 16. Non c’è dunque alcun appiglio, nel testo ebraico, per dire che sia stata tutta un’invenzione della medium, o per dire, come fece Origene, che si trattava di una ventriloqua (questa lettura infatti nasce da un’interpretazione basata sul testo dei LXX, che traduce in maniera alquanto disinvolta proprio perché, come alcuni fondamentalisti moderni che credono la Bibbia debba avere una coerenza interna, i redattori della celebre versione greca non si capacitavano di come Dio potesse aver acconsentito ad un’opera di negromanzia. Non è mai passato loro in mente che l’autore di 1Sam 28 non necessariamente era filosoficamente sveglio quanto loro ed altrettanto evoluto, e che dunque banalmente in questo brano non brilla l’intelligenza del suo autore, credente al pari di Saul nella possibilità di evocare spiritelli…)
Il racconto è sì una satira contro Saul, ma non tanto per il fatto che credeva alle medium, bensì per il fatto che lui, lo sterminatore dei necromanti, che aveva bandito dal suo regno, vada a cercarsene una, trasgredendo così la legge divina e mostrandosi vile.
Per conoscere la lettura rabbinica, si può vedere questo breve trafiletto della Jewish Encyclopedia, la quale tra l’altro sottolinea ancora una volta le credenze su una persistenza dell’anima dopo la morte:
http://www.jewishencyclopedia.com/view. ... 6&letter=E" target="_blank

Che il brano parli davvero di Samuale, sembra essere convinzione anche di alcuni articolisti della WTS, che infatti quando riportano il brano devono manipolarlo. Abbiamo detto infatti che la teoria secondo cui era un demone a parlare è smontata dal fatto che ogni volta che il fantasma parla le frasi vengono introdotte con un “"Allora Samuele disse a Saul" e "Samuele rispose" dei versetti 15 e 16. Guardate dunque cosa fa la WTS, dinnanzi a questi chiari indicatori, quando deve riportare il testo (notate che cosa salta misteriosamente):

“Saul era così ansioso di sapere cosa sarebbe accaduto che andò da una medium a En-Dor. Essa fu in grado di produrre le sembianze di una persona a lei visibile. Dalla descrizione che ne fece, Saul pensò che fosse “Samuele”. Allora lo spirito, fingendo di essere Samuele, disse: “Perché mi hai disturbato facendomi salire?” Saul rispose: “Sono in gravissima angustia, perché i filistei combattono contro di me”. Lo spirito replicò: “Perché, dunque, interroghi me, quando Geova stesso si è ritirato da te e mostra d’essere tuo avversario?” Lo spirito malvagio che fingeva di essere il defunto Samuele disse quindi a Saul che sarebbe stato ucciso nella battaglia contro i filistei. — 1 Samuele 28:3-19.” (pe 90)

Si noti come dove la Bibbia ha “Samuele” la WTS metta bellamente nel suo riassuntivo “lo spirito”. Questa è la prova che, se avessero lasciato gli introduttori originali delle varie battute, in cui si dice “Samuele rispose”, il discorso non avrebbe più filato bene, perché quello che era stato anticipato nella premessa, cioè la teoria della finzione demonica, veniva clamorosamente smentito. Anch’essi dunque si sono accorti che quelle parole, come macigni, demolivano il loro costrutto, sicché nel parafrasare il brano hanno dovuto toglierle e sostituirle… Quale miglior prova dunque che quelle parole sono chiare ed inequivocabili, e che dunque s’è dovuto sottilmente eliminarle per sostituire il loro raccontino alla Bibbia?

Ribadisco comunque che, per quel che ci interessa, la storicità dell’episodio, e chi sia salito dall’Ade, è irrilevante. La presenza di negromanti in Israele, e il fatto che Saul stesso si rivolga a loro, dimostra che in Israele c’era una credenza diffusa secondo cui le anime sciolte dai corpi sopravvivevano. Sia chiaro dunque che quanto i TdG balbettano dicendo che le affermazioni del NT vanno interpretate in consonanza allo spirito dell’humus giudaico, e non dello spirito dualista ellenistico, vi stanno prendendo per i fondelli, spacciandovi l'ormai esploso schema cullmanniano, perché da secoli questa contrapposizione non esisteva più in maniera netta, e l’humus giudaico era immortalista anch’esso. Se però, per un greco, disprezzatore del corpo, la risurrezione era inconcepibile, nel giudeo invece la fede nello stato intermedio coesisteva, spesso in maniera non sistematizzata, con la fede nella resurrezione.

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Grazie per la segnalazione, mi sono appena procurato il testo in oggetto. Il problema sarà trovare il tempo per leggerlo... sic...
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Spero tu te lo sia procurato in una biblioteca universitaria, perché come al solito costicchia...

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polymetis ha scritto:Spero tu te lo sia procurato in una biblioteca universitaria, perché come al solito costicchia...

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Lo aveva un mio amico... :mrgreen:
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