L’osservazione di C.E., cosí come espressa, è errata alla radice:
i sentimenti sono reali razionali
la fede è irreale e irrazionale
Infatti poiché la fede è un sentimento non può darsi che sia allo stesso tempo reale e irreale, razionale e irrazionale: o l’uno o l’altro,
tertium non datur. E qui suppongo che CE ripeterà dentro di sé che sono bravo a giocare con le parole: errato anche questo, è lui che lo sta facendo, adoperando la parola ‘sentimento’ in senso stretto, ma la parola ‘fede’ in senso lato. E qui , se CE non è intellettualmente disonesto (intendo con se stesso, prima che con altri), dovrà riconoscere che non lo sto affatto criticando, sto solo precisando il suo pensiero, in altre parole la seconda frase, espressa in maniera piú corretta, andrebbe scritta “la fede tratta di cose irreali e irrazionali”, o altro di questo tipo.
A questo punto sorvolo sul giudizio che CE o altri può dare di me: quante arie si dà… Irrilevante, o quello che dico è corretto, o non lo è. Variabile booleana, come scriveva
mon ami Mauro. Non ho portato l’esempio di CE per sottolinearne il solito trolleggio (onestamente non lo riscontro affatto in questa sede, e anzi, come mod lo ringrazio per la correttezza), ma solo perché è il primo che mi è venuto a mente in questa selva di illogicità, includendovi le mie per prime. Non è forse illogico e irrazionale che io affermi la
verità del mito? affermazione che forse potrebbe essere condivisa, e solo in parte, solo da Poly e Valentino? beninteso l’ho affermata come “opinione”, che adopero nello stesso senso di Vieri, che non si accorge di essere tautologico nel dire che l’opinione non è un sentimento. Grazie tante, non è che un modo in cui la ragione si esplica: una ragione, in questo caso, non suffragata né da prove, né da indizi, se non vaghi. Ri-beninteso, sarei anche in grado di elevare l’opinione a teoria, mi basterebbe agganciarmi all’inconscio collettivo di matrice junghiana, ma non sarebbe popolare e addirittura controproducente in un forum che ha per obiettivo demolire i miti geovisti, oltre che, comunque, contestabile, perché fare un discorso razionale su qualcosa di irrazionale è tutt’altro che impresa “da pigliare a gabbo”.
Alla fine poi io non devo dimostrare niente; scrivo solo per sottolineare, nei limiti delle mie possibilità, come va impostato un ragionamento corretto. E non è corretto quel che scrive Vieri: «I "sentimenti". Sono quelli che nascono direttamente dal cuore». Dal cuore non nasce un solo pensiero o sentimento, immagino mon ami Mauro si stia sbellicando dalle risa. E va anche bene, l’accetto come metafora. Ma è tautologia continuare affermando che "non devono dare ragione di sé”; benappunto, sono fuori della ragione, e allora come fai a saltare da questo all’obiettività, allegando il soggettivismo del tuo rapporto maritale, e infine svicolando, perché scomodo, sull’appartenenza del sentimento alla «natura biologica umana»? Toglila, questa natura biologica, vale a dire elimina il substrato umano, e sappimi dire quel che rimane del sentimento: è il discorso di Poly, che pure hai apprezzato; se sulla terra tuona, quel tuono è rumore solo se c’è un orecchio che lo avverta. Altrimenti non è altro che una vibrazione “senza senso”, perché non c’è senso che lo colga, già un popolo di sordi non lo avvertirebbe come “suono”.
E qui rispondo anche all’amico Giovanni: grazie per la sintonia, ma in realtà, fantasie mitologiche a parte, sono molto piú vicino a Mauro, che a Poly, che non ho mancato di contraddire, sia pure in maniera interrogativa, e non polemica. Chiedi «a che serve, parlando di fede, spiegare il meccanismo fisico (corporeo) che "produce" la fede?». Serve e come: se non hai almeno una conoscenza di base dei principi biologici e fisiologici dell’uomo come fai a risalire agli aspetti psichici? Vd. sopra quel che dico a Vieri: Togli la materia di cui l’uomo è composto, togli pensiero, sentimenti: togli tutto, rimane il nulla; a meno di non postulare un’ipotetica e indimostrabile spiritualità dell’anima. Se mai a Mauro dovrei chiedere come fa a dire che mi pongo in un’ottica soggettiva affermando che per un credente la fede è dimostrabile: soggettivo sarà il credente, non io, ammesso che la mia generalizzazione sia fondata (generalizzazione perché è ovvio che si possa aver fede anche per altri motivi, ess. l’incapacità di esorcizzare la paura della morte, ossequio alla tradizione, identificazione del creato con Dio ecc.). Passo in parte su Nazismo e Comunismo e sull’assimilazione fede = ideologia (che soprattutto nel Nazismo vale solo in parte), l’esempio piú calzante l’ho in effetti espresso dopo, con riferimento all’età dei lumi e alla Rivoluzione francese, ma a dimostrare quanto ho detto bastano lo sterminio degli Indiani d’America, Dresda e Hiroshima: ragion pura, nei limiti in cui una ragion pura si può identificare in una pratica.
Venendo a ciò che rileva, o l’
empatia non è un sentimento, o lo è; nel primo caso non è un fatto culturale, nel secondo sí. Senza stare a dettagliare, come sarebbe ben richiesto, ma il post è già troppo prolisso, dimostro questo, non quello: mi è sufficiente l’esecuzione di Saddam; c’è chi si è immedesimato con gli esecutori, io mi sono immedesimato in Saddam. Allo stesso modo esecro piazzale Loreto. Dely sa bene che la mia empatia è diversa dalla sua, come da un vecchio thread sulla pena di morte. Ma se è diversa, non è generalizzabile,
non è innata, ma culturale. Curioso che Mauro si serva di un argomento, l’innatismo, che è proprio dei credenti per dimostrare Dio, sulla scia di Cartesio e di Leibniz; parafrasando il secondo potrei dire: "Nulla è nella morale che non le sia derivato dai sensi». Solo che Leibniz, a un dipresso, aggiungerebbe: "Salvo l’attitudine alla moralità”. Il che mi può anche star bene, ma questa attitudine, questa potenzialità di stampo aristotelico, mi rimane una tabula rasa su cui ciò che è bene e ciò che è male è ancora da scrivere.