Una poesia di Giorgio Caproni.

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Moderatore: Francesco Franco Coladarci

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virtesto
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Una poesia di Giorgio Caproni.

Messaggio da virtesto »

In questi giorni, causa gli esami di maturità, si è parlato del poeta Giorgio Caproni. Eccovi una sua poesia:

"Se non dovessi tornare/ sappiate che non sono mai partito/ il mio viaggiare è stato tutto un restare qua/ dove non fui mai"

Graditi i vostri commenti senza stare lì a perdere tempo a cercare di identificarvi se corrispondete al personaggio descritto.
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Socrate69
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Messaggio da Socrate69 »

Ma c'è un contesto ? Perchè messe così sembrano solo espressioni assurde :boh:
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Amalia
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Messaggio da Amalia »

Personalmente v'è un altro breve componimento di Caproni da Il muro della terra che metterei in luce. Nella mia vita queste parole hanno pesato molto...forse tutto Caproni mi ha troppo influenzata a suo tempo quando lo analizzammo all' Uni.

La poesia è
ANCH'IO

Ho provato anch'io.
È stata una guerra
d'unghie. Ma ora so. Nessuno
potrà mai perforare
Il muro della terra.


Non sono versi di forza ma di desolata rassegnazione, l'arrendersi dopo aver scavato fino a lacerarsi le unghie (quindi con un dolore forte, fisico) di fronte all'impossibilità di scavare quel muro di terra che separa i vivi dai morti che sono destinati così ad essere per sempre separati senza possibilità di tornare in contatto. Può anche però essere interpretato come l'altrettanto dolorosa rassegnazione ad essere impossibilitati con le parole, con il linguaggio, di oltrepassare il muro che ci separa dagli altri rendendoci di fatto incapaci di comunicare con esattezza i nostri sentimenti e, viceversa, di non poter comprendere allo stesso modo le parole e, di conseguenza, le emozioni altrui.

Per quanto riguarda i versi da te citati credo che si riassuma tutto in quel "dove non fui mai". Come a dire che l'appartenenza a questa vita e le esperienze ("il viaggiare") che facciamo durante essa non sono nulla; il soggetto sente di non essere mai stato in realtà qui per cui, logicamente da un luogo in cui non è mai stato non può nè partire nè tornarvi. Probabilmente non si riferisce ad alcuna realtà metafisica o trascendente. A mio avviso riguarda maggiormente un non essersi mai sentito parte di quello che era la vita intorno a lui, incompreso (vedi la poesia da me citata prima) e incapace di uniformarsi agli altri con i quali avverte un senso di incomunicabilità, distanza, estraneità.
Parafrasando: "non sono mai stato qui con voi come uno di voi e tutto il mio viaggiare era un cercare di scrivere di voi e di me ma evidentemente è stato un girare in tondo quindi sono al punto di partenza, il punto 0."

Questo per come la vedo io ovviamente.
Ultima modifica di Amalia il 24/06/2017, 0:16, modificato 1 volta in totale.
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Amalia
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Messaggio da Amalia »

Socrate69 ha scritto:Ma c'è un contesto ? Perchè messe così sembrano solo espressioni assurde :boh:
Caro Socrate, ovviamente il contesto c'è ma è l'intera raccolta "Il franco cacciatore". Andrebbe letta nel contesto ovviamente e, più in generale, nel contesto dell' intero sviluppo della poetica di Caproni che è tutta un viaggio di ricerca in cui ogni raccolta si inserisce in un processo lungo una vita e, con il suo contenuto, ne narra lo svolgimento tramite componimenti talvolta brevi e apparentemente insensati se estrapolati così senza la cornice.

P.S. Se ti può aiutare la poesia si intitola proprio "Biglietto lasciato prima di non andar via"
Una disamina interessante e che in parte condivido circa l'interpretazione di questo testo in particolare la di può trovare qui
http://rossanobaronciani.blogspot.it/20 ... e.html?m=1" onclick="window.open(this.href);return false;
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Socrate69
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Messaggio da Socrate69 »

Così mi è più chiaro cara Amalia. Non conoscevo questo poeta, anche perché la mia cultura italiana è molto lacunosa.
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Non so giudicare l'arte, non la conosco e comunque sia molte volte non la capisco. Però, almeno in questo caso, avevo colto grosso modo lo stesso senso che ho poi letto nella disamina del link proposto da Amalia.

In particolare io la penso così e forse, quindi, sono d'accordo col poeta:
Tutti noi vediamo il mondo dal punto di vista delle nostre esperienze passate. E un punto di vista per "decifrare" la realtà ha bisogno di essere "creduto" come un punto fermo e definito. In realtà così non è, e questo ce lo dice proprio il viaggio che stiamo facendo: insomma in qualche senso si resta sempre nello stesso posto ed in qualche altro senso nello stesso posto non torniamo mai, anche perché è il "posto" stesso a cambiare continuamente.
virtesto
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Grazie Amalia..

Messaggio da virtesto »

Grazie Amalia.
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Amalia ha scritto: Per quanto riguarda i versi da te citati credo che si riassuma tutto in quel "dove non fui mai". Come a dire che l'appartenenza a questa vita e le esperienze ("il viaggiare") che facciamo durante essa non sono nulla; il soggetto sente di non essere mai stato in realtà qui per cui, logicamente da un luogo in cui non è mai stato non può nè partire nè tornarvi. Probabilmente non si riferisce ad alcuna realtà metafisica o trascendente. A mio avviso riguarda maggiormente un non essersi mai sentito parte di quello che era la vita intorno a lui, incompreso (vedi la poesia da me citata prima) e incapace di uniformarsi agli altri con i quali avverte un senso di incomunicabilità, distanza, estraneità.
Parafrasando: "non sono mai stato qui con voi come uno di voi e tutto il mio viaggiare era un cercare di scrivere di voi e di me ma evidentemente è stato un girare in tondo quindi sono al punto di partenza, il punto 0."

Questo per come la vedo io ovviamente.
Forse perché era seguito da un altro tuo messaggio, non avevo visto questo...

Colgo degli spunti che mi appaiono molto interessanti in quel che dici.
Il "punto", secondo me, riguarda il rapporto conflittuale che ciascuno di noi ha con il "luogo comune": da una parte il "luogo comune" ci consente di comunicare, di esprimerci, di interagire, di "simpatizzare" con gli altri; dall'altra lo sentiamo come fortemente inadatto ad esprimere la nostra particolarità e la nostra unicità.
Penso che scrivere una poesia sia anche un tentativo di superare, almeno in parte, questa contraddizione.
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Qualche giorno fa la TV in un bar parlava di Caproni in relazione agli esami e la barista mi ha detto che doveva cercare chi fosse questo Caproni. Tornato a casa ho cercato anch'io e la prima cosa che si legge su wikipedia è questa sua poesia:

« Tonica, terza, quinta,
settima diminuita.
Resta dunque irrisolto
l'accordo della mia vita? »
(G. Caproni, Cadenza, 1972)

Una delle cose che ho pensato è stata questa: se non avessi saputo a priori che la poesia era di un poeta affermato non avrei mai saputo dire se essa poteva avere per gli esperti un grande valore.

A me sembrano versi molto gradevoli, ma pure mi sono chiesto se sono stato condizionato in questo mio giudizio dal luogo comune culturale che avevo appena conosciuto.

In ogni caso conosco qualche rudimento musicale e conosco il luogo comune nel quale i termini usati nella poesia hanno senso. In pratica quindi cosa fa il poeta: resta nel luogo comune musicale ma per uscirne ed esprimere altre sensazioni.

Cambiando luogo comune, dico che per me la poesia, se la si legge bene, è di Dingus. Forse di un Dingus in crisi mistica, ma sicuramente di Dingus! :risata: :risata: :risata:
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Amalia
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Messaggio da Amalia »

Vorrei ancora spendere due parole sul tema "poesia e poeti"

Innanzitutto trovo incredibilmente emozionante ritrovare vecchie interviste con gli autori, vale per Ungaretti come per Caproni, sentire le loro parole o sentirli recitare i propri versi aiuta a vedere la persona, coglierne l'umanità, le sfumature che un testo stampato non rende. Dietro quelle righe infatti (cosa che spesso ci dimentichiamo) ci sono esseri umani reali, veri, vivi, che hanno vissuto e hanno voluto raccontarsi. Sono persone, prima che argomenti per prove di esame di maturità. Hanno vissuto, hanno creato, si sono emozionati, hanno sofferto, hanno amato; alcuni erano timidi, altri spavaldi, erano intensi, fortemente sconvolti dalla vita e ricettivi al mondo tutt'attorno, tanto da dover dar forma a tutto ciò in versi per raccontare di sè, di noi, di me, di te, un discorso personale ed universale insieme.
Questo è un breve video d'epoca di Caproni ma ne potete trovare anche altri...
" onclick="window.open(this.href);return false;

Che cosa voleva dire il poeta?

Molto spesso questo sembra la cosa che ci rende riluttanti ad affrontare la poesia. Ci troviamo di fronte a testi che a volte ci appaiono ostici o incomprensibili e ci scoraggiamo pensando "non è roba per me".
Grande errore. Un errore di approccio. Mi spiego meglio.
Se, da un lato, una conoscenza approfondita della produzione dell'autore, il suo background, il contesto storico, l'uso di un determinato stile, figure retoriche, citazioni, figure di suono, analisi del testo e sviluppo di una poetica che può estendersi per decenni, sono fattori importantissimi per cogliere il più possibile del messaggio racchiuso dai versi non ê garanzia di "sapere per certo" cosa voleva dire l'autore. Un certo tipo di conoscenze ci possono illuminare e rendere più comprensibile il testo ma è sempre una lettura "accademica", ci affidiamo a chi ha prima di noi studiato il testo. Ma è questo garanzia del fatto che fosse esattamente quello che l'autore intendeva? Fino a un certo punto sì, ma non del tutto. A meno che non abbiate la possibilità voi stessi di dialogare con uno scrittore per interrogarlo riguardo la sua opera (potreste avere delle grandi sorprese, a me è successo, fantastico!) la poesia rimarrà in qualche modo suscettibile di interpretazione, al di là di ciò che il poeta voleva effettivamente dire.

Ed è qui che vi volevo!

La bellezza della poesia è insita proprio in questo, secondo me.
L'autore vive un'esperienza, la descrive e la rende iconica, la dipinge con le proprie parole applicandovi dei filtri per esaltare certi dettagli, per colorarne altri, per rendere un quadro in bianco e nero o per dare un effetto nebuloso, usa due parole per tagliare come un rasoio o ne snocciola molte per srotolare davanti ai nostri occhi un gomitolo che sembra infinito.
Ora siamo noi lettori che, anche senza una preparazione specifica in critica letteraria, ci ritroviamo per le mani questi testi e abbiamo la STRAORDINARIA LIBERTÀ di farli nostri!
Vi rendete conto? Non è la Bibbia. Non siamo obbligati a leggervi SOLO quello che voleva dire l'autore.
Possiamo lasciarci impressionare dalle parole e dalle immagini, possiamo interpretarle alla luce del nostro vissuto, possiamo trarne emozioni, idee, riflessioni, totalmente liberi di fare nostre le parole del poeta anche oltre a ciò che egli stesso intendeva.
Questo doppio approccio, uno accademico, per comprendere e leggere ad un livello più approfondito, ed uno più immediato, personale ed intimo, alla poesia, a mio avviso, è la cosa più bella di questo mezzo di comunicazione.

La poesia è per tutti.
Prendete e mangiatene...
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PER FAVORE, VI PREGO, FATELO PER VOI...
Guardate questo video! In pochi minuti ho trovato esattamente quello che non so se sono stata in grado di descrivere a parole...un riassunto di tutto quello che avrei voluto trasmettervi

" onclick="window.open(this.href);return false;

Ed anche questo...

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E la parola finale la lascio al mio mito; come negare la forza e la fragilità al contempo di questo grande uomo così umano, simile a tutti noi, dotato di un talento che non ce lo rende distante ma ci avvicina alla sua esperienza che è l'esperienza di tutti...la Vita

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