Non desidero ricevere risposte, ho solo voluto dire ciò che penso.
Ciao Nico, onestamente dopo un po' di battibecchi e di leciti dubbi anche da parte di un cristianuccio come il sottoscritto circa le atrocità descritte nella Bibbia e sulla descrizione delle quali i nostri amici atei ci "vanno a nozze", sono stato costretto, prima di essere trattato da eretico, di informarmi meglio andando sul sito ufficilale della C.C. al sito.
http://www.vatican.va/roman_curia/congr ... ne_it.html" onclick="window.open(this.href);return false;
dal quale ho trovato le seguenti infomazioni:
3.1. La violenza nella Bibbia
Uno degli ostacoli maggiori all’accoglienza della Bibbia come Parola ispirata è costituito dalla presenza, specialmente nell’Antico Testamento, di ripetute manifestazioni di violenza e crudeltà, in molti casi comandate da Dio, in molti altri oggetto di preghiere rivolte al Signore, in altri direttamente attribuite a Lui dall’autore sacro.
Il disagio del lettore contemporaneo non va minimizzato. Ha infatti indotto alcuni ad assumere un atteggiamento di biasimo nei confronti dei testi veterotestamentari, considerati superati e inadatti a nutrire la fede. La stessa gerarchia cattolica ha percepito i riflessi pastorali del problema, disponendo che, nella liturgia pubblica, interi passi biblici non vengano letti, e siano sistematicamente omessi quei versetti che risulterebbero offensivi per la sensibilità cristiana.
Se ne potrebbe impropriamente dedurre che una parte della Sacra Scrittura non goda del carisma dell’ispirazione, non risultando in concreto “utile per insegnare, convincere, correggere ed educare alla giustizia” (2 Tm 3,16).
Si ritiene perciò indispensabile indicare alcune linee di interpretazione che consentano un approccio più adeguato alla tradizione biblica, proprio nei suoi testi problematici, i quali dovranno comunque essere interpretati nel contesto globale della Scrittura, alla luce quindi del messaggio evangelico dell’amore anche per il nemico (Mt 5,38-48).
Per promuovere la conoscenza del bene da compiere (Rm 3,20) e per favorire il processo di conversione, la Scrittura proclama la legge di Dio, che è come un freno al dilagare dell’ingiustizia.
La Torah del Signore non indica però solo la via della giustizia che ognuno è doverosamente chiamato a seguire, ma prescrive anche quali azioni dispiegare nei confronti del colpevole, così che il male venga estirpato (Dt 17,12; 22,21.22.24; ecc.), siano risarcite le vittime e sia promossa la pace. Non si può criticare come violento un tale dispositivo.
La sanzione punitiva è infatti necessaria, perché non solo mette in evidenza l’iniquità e la pericolosità del crimine, ma, oltre a costituire una giusta retribuzione, ha di mira l’emendazione del colpevole e, incutendo il timore della pena, aiuta la società e il singolo ad astenersi dal male.
Abolire totalmente la punizione equivarrebbe a tollerare il misfatto, diventandone complici. Il sistema penale, regolato dalla cosiddetta ”legge del taglione” (“occhio per occhio, dente per dente”: Es 21,24; Lv 24,20; Dt 19,21), costituisce così una ragionevole modalità di attuazione del bene comune.
Pur imperfetto per i suoi aspetti coercitivi e per alcune sue modalità sanzionatorie, tale sistema è di fatto assunto, con opportuni aggiustamenti, dagli ordinamenti giuridici di ogni epoca e paese, perché idealmente basato sulla equa proporzione tra reato e sanzione, tra danno inferto e danno subìto. Invece della vendetta arbitraria, viene fissata la misura di una giusta reazione all’atto malvagio.
Quando nella Sacra Scrittura si attribuisce a Dio e al giudice umano la manifestazione dell’ira con l’attuarsi della giustizia punitiva, non si prospetta dunque un comportamento improprio; è doveroso infatti che il male non resti impunito, ed è bene che le vittime vengano soccorse e risarcite.
D’altra parte, la Scrittura, anche nell’Antico Testamento, completa la visione del Dio garante della giustizia con il ripetuto ricordo della sua grande pazienza (Es 34,6; Nm 14,18; Sal 103,8; ecc.), e soprattutto con l’apertura costante al perdono per il colpevole (Is 1,18; Gn 4,11), perdono concesso quando si dispiegano sentimenti e atti di vero pentimento (Gn 3,10; Ez 18,23). Il modello divino, che contempera il necessario rigore nella disciplina con la mitezza e la prospettiva del perdono, viene dalla Bibbia proposto all’imitazione dell’uomo responsabile della giustizia e della concordia sociale.
Si può obiettare che alcune discipline punitive previste dai Codici dell’Antico Testamento appaiono insopportabilmente crudeli (come la fustigazione: Dt 25,1-3; o la mutilazione: Dt 25,11-12); e anche la pena di morte, prevista per i delitti più gravi, viene oggi ampiamente contestata. Il lettore della Bibbia in questi casi deve, da un lato, riconoscere il carattere storico della legislazione biblica, superata da una migliore comprensione dei procedimenti di giustizia più rispettosi dei diritti inalienabili della persona; d’altro lato, le antiche prescrizioni possono comunque servire per segnalare la gravità di certi crimini, che esigono misure appropriate per evitare il diffondersi del male.
La legge dello sterminio
Ora, è in questa linea che va capita anche la legge dello “sterminio” e la sua puntuale applicazione da parte dei fedeli del Signore. Tale normativa si ispira a una interpretazione sacrale del popolo dell’alleanza (Dt 7,6), il quale deve significare, con atteggiamenti anche estremi, la sua radicale differenza dalle genti.
Dio non comanda certo di operare un sopruso che sarebbe giustificato per motivi religiosi, ma chiede di obbedire a un dovere di giustizia, analogo al perseguimento, alla condanna e alla messa a morte del reo di un crimine capitale, che sia un individuo o una collettività.
Avere pietà del criminale, risparmiandolo, viene considerato un atto di disobbedienza e di ingiustizia (Dt 13,9-10; 19,13.21; 25,12; 1 Sam 15,18-19; 1 Re 20,42). Anche in questo caso dunque l’atto apparentemente violento va interpretato come la sollecitudine nel togliere il male, così da salvaguardare il bene comune.
Questa corrente letteraria è corretta da altre – fra cui quella detta sacerdotale – che, a proposito degli stessi fatti, suggeriscono invece indirizzi di esplicito pacifismo. Per questa ragione dobbiamo comprendere l’intera vicenda della conquista come una sorta di simbolo, analogo a quello che leggiamo in certe parabole evangeliche di giudizio (Mt 13,30.41-43.50; 25,30.41; ecc.); essa – lo ripetiamo – va comunque integrata con altre pagine bibliche, che, annunciano la compassione divina e il suo perdono quale orizzonte e finalità di tutta l’azione storica del Sovrano di tutta la terra, e quale modello dell’agire giusto degli esseri umani.
3.1.3. La preghiera che chiede vendetta
128. Il manifestarsi della violenza risulta particolarmente sconveniente quando si dispiega nella preghiera; eppure proprio nel Salterio troviamo espressioni di odio e desideri di vendetta contrastanti radicalmente con i sentimenti di amore per i nemici insegnato ai suoi discepoli dal Signore Gesù (Mt 5,44; Lc 6,27.35).
Pur rispettando la decisione prudenziale di omettere dalla liturgia ciò che risulta motivo di scandalo, è opportuno suggerire qualche indicazione che consenta ai credenti di appropriarsi anche oggi, come avvenne nel passato, dell’intero patrimonio della preghiera di Israele.
La modalità principale con cui spiegare e accogliere le espressioni difficili dei Salmi è quella di comprenderne il genere letterario; ciò significa che i modi di dire che vi leggiamo non vanno presi alla lettera.
In breve bisogna leggere questi testi non alla lettera ( direi anche con un certo grado di malignità da miscredenti...) ma interpretarli sul fatto che allora vigeva la "legge del taglione" ( quella che poi Gesù disse : vi è stato detto...e io vi dico amate i vostri nemici...) e che il concetto di giustizia allora prevedeva sempre la giusta punizione sia del singolo che dell'intero popolo e che <Dio ( o almeno la visione giustizialista di Dio di allora) approvava questo tipo di giustizia...
E' doveroso sottolineare che anche se tali testi sono "parola di Dio", occorre anche considerare che nei molti libri biblici l'idea di Dio da dare amore per il suo popolo e di giustizia e dispensando punizioni ( allora non da poco ma quasi normali per quei tempi) per gli empi ed i malvagi, nei libri appena successivi il tutto si trasforma in un Dio di misericordia e di perdono.
La chiesa pertanto, "per non avere grane al riguardo", pur considerando tali libri sempre parte integrante della Bibbia in pratica li ha sempre ignorati.
Dato che ho speso un po' di tempo, salvo errori ed omissioni, ho inserito nella pagina del mio sito una raccolta integrale dei testi più significativi di argomenti ripresi dalla C.C. relativi a tale argomento.
Il sito è:
http://www.pensieri.info/la-bibbia-e-co ... tarla.html" onclick="window.open(this.href);return false;