Ho 29 anni, sono nata in una famiglia TdG. O meglio, da madre TdG e padre eterno "amico" della verità. Con il senno di poi credo che, più che amico, lo definirei vittima di un esagerato amore per la propria consorte. Ho sempre visto mio padre mettersi la cravatta ogni santo giovedì e domenica e recarsi all'adunanza con la tipica espressione da cane bastonato di chi pensa "sono stanco, lasciatemi riposare!".
Per quanto mi riguarda sono sempre stata una persona curiosa. Ho sempre avuto una mente attiva (grazie al cielo!) e all'età di cinque anni, ho smesso di chiedere bambole. Volevo libri. E per fortuna mia madre ha sempre assecondato questa mia passione. Leggere tanto si sa mette in moto la mente. Ho cominciato presto a pormi domande. Già a sei anni mi facevo domande tipo "ma siamo sicuri che questa sia la vera religione?" (Lo so è roba da testi di psicologia
).Le mie domande però venivano dirottate sui testi della Watch Tower. E io mi sono nutrita di tutto quello che mi veniva propinato. A sei anni il mio primo discorso alla scuola di ministero, a otto anni proclamatrice, a 12 battesimo.
Ero un uragano. Quella che si definisce "giovane zelante". Ora so che ero una ragazzina che cercava a tutti i costi l'approvazione di sua madre e andava avanti nella vita con i paraocchi. Ricordo ancora con un brivido alla schiena il mese di agosto 1993. Neo battezzata e subito pioniera ausiliaria. Fare la pioniera al mese di agosto in una ridente località di mare abruzzese, non ha prezzo!
In congregazione non ero vista benissimo. O meglio, ero vista benissimo dagli anziani e dalle "sorelle spirituali". Ma i miei coetanei mi evitavano come la peste. Ero vista come la zelante rompiscatole. E ora li capisco anche un po'. Con me era un continuo "non si fa, non si dice".
E poi c'erano le fighette, quelle belle ammirate da tutti che mi trattavano come un'appestata perchè non ero come loro. Non che fossi brutta, solo ero (e sono) diversamente figa!
La verità è che avevo una madre con cui era difficile vivere. Un'infazia che definire difficile è un eufemismo e una vita fatta di dolori e problemi economici, l'hanno resa una donna fragile, malata di depressione, disturbi alimentari gravi ed esaurimento nervoso.
Io,l'ultima di 3 figli, ero per lei la speranza. Su di me ha riversato tutte le sue speranze e su di me ha vomitato per anni tutti i suoi dolori, paranoie e insicurezze.
Ricordo ancora il profondo senso di indegnità che mi sono portata avanti per anni. Dal mio battesimo in poi, mi sono sentita indegna ogni giorno. Ho vissuto ogni giorno con il pensiero di non essere approvata da Dio, indegna di portare il Suo nome.
Per farla breve (ci vorrebbe un anno per scrivere tutto), a 13 anni avevo un disturbo alimentare grave (che mi porto ancora dietro) ed ero profondamente depressa.
Ho subìto di tutto. Persino l'accusa infamante di essere l'amante di un anziano.
C'era un anziano relativamente giovane. All'epoca dei fatti aveva 34 anni, io 16.
Era un amico. Parlavo con lui di tutto. Ero molto amica anche di sua moglie. Mio padre non è mai stato un padre nel vero senso della parola. Non ha mai avuto un dialogo con me, non mi ha mai detto ti voglio bene. Ora che sono una donna adulta non gliene faccio una colpa. So che mi ha amata con tutto il cuore, ma semplicemente non era in grando di dimostrarlo a parole.
Nel periodo dell'adolescenza però io avevo bisogno di una figura maschile, di qualcuno che mi ascoltasse, mi rincuorasse e mi desse consigli. Trovai tutto questo nell'anziano in questione. Uscivamo spesso in servizio e spesso andavo a parlare a casa sua. Sempre in presenza della moglie. Andavo nel suo studio (con la porta RIGOROSAMENTE APERTA) e parlavamo.
Gli volevo bene. Ma come si può volere bene a quella che identifichi come figura paterna ( o che più si avvicini almeno ad un surrogato).
Presto però qualche stupida gallina (è il termine più gentile che io riesca ad usare) cominciò a fare insinuazioni. La cosa grave fu che la moglie credette alle voci. Cosa ancor più grave fu che, l'anziano in questione, non mosse un dito per fermare il pettegolezzo.
Anziani vennero a parlare con me, in sala ostracismo totale e quella che consideravo la mia più cara amica che non mi guardava in faccia. Ricordo ancora la sera in cui in lacrime l'ho supplicato di dire la verità, di difendermi, di dire a tutti (sua moglie in primis) che non c'era mai stato nulla. Lui con gli occhi bassi riuscì solo a mormorare "non posso."
Mi chiedo ancora perchè.
In quell'anno sprofondai in una forte depressione e cominciarono a sorgere forti dubbi. Fu in quel periodo che un ragazzo si interessò a me. Ovviamente non era un testimone.
Mi permetto una divagazione per spiegare il mio "ovviamente". Ero (e sono) una ragazzina paffuta (mi permetto un minimo di sentimentalismo :mrgreen: ). Si faceva un gran parlare in casa e alle adunanze delle qualità che avrebbero fatto colpo. Una ragazza spirituale avrebbe avuto la fila di corteggiatori! Ovviamente non era così. A scuola ero considerata carina, simpatica, intelligente. In sala ero la grassa con la crapula del mangiare e alle assemblee ero del tutto invisibile.
Così quando mi sono sentita corteggiata sono uscita un po' dai binari. Non ci fu granchè. Baci e qualche carezza.
Ovviamente i sensi di colpa arrivarono immediatamente. E con loro incubi nei quali mi vedevo cacciata dall'organizzazione. Ero convinta di aver commesso il peccato imperdonabile. Neanche a farlo a posta, in quel periodo in ogni studio torre di guardia si faceva un gran parlare di immoralità, pornèia e compagnia bella.
Finchè una sera, stremata dal senso di colpa, mi sono confidata con mia madre che subito scoppiò a piangere e mi portò in volata dagli anziani.
Il mio primo comitato fu davanti a due anziani. Uno il mio ex amico e l'altro era l'anziano che presiedeva nonchè l'incubo di noi giovani (55 enne, sposato senza figli, integralista. Ai tempi in cui mia sorella fu disassociata per immoralità lui letteralmente la PEDINAVA).
Mia madre fu lasciata fuori. Io entrai e subito cominciarono le domande.
Quando dissi che questo ragazzo mi aveva toccata (Se cosi si può dire), l'ex amico avvampò fino alle orecchie e abbassò lo sguardo (aveva lo sguardo di un uomo tradito, mah!). L'integralista cominciò a farmi domande da vecchio guardone. "Dove ti ha toccata, quante volte, come, ti è piaciuto???!?!?!).
Ingoiai lacrime e umiliazione e dopo 3 interrogatori, decisero che ero pentita e non ebbi conseguenze.
Ma ormai ero schifata, completamente.
Mi trascinai per un po'. Poi cominciò il desiderio di fuga.
Dal mio paesino abruzzese mia madre mi mandò a Venezia a casa di "fratelli". Anche lì non mancarono le angherie, anche dal capofamiglia che più di una volta provò a mettermi le mani addosso.
Con fatica e lacrime sono riuscita a venire a vivere a Milano 4 anni fa e uscire completamente.
La "scusa" fu il ragazzo con cui stavo all'epoca e con il quale ho convissuto qualche tempo.
Tentarono di farmi tornare giù per il comitato ma ovviamente ho risposto "fatevelo da soli".
Dopo pianti e ricatti morali da parte mia madre, ora sono finalmente libera.
Ho letto di tutto, prima di tutto questo sito (ogni giorno come le scritture del giorno!
), poi il libro di Franz che mi ha provocato non pochi shock emotivi. Sono orgogliosa di esserne uscita (il giorno in cui ho detto a mia madre "guarda che mica sono tanto sicura di credere in Dio", ho temuto di restare orfana ma per fortuna così non è stato.) ma ancora oggi, ogni notte faccio incubi ricorrenti. Sempre la stessa storia. Sogno di essere all'adunanza e di chiedermi terrorizzata " che ci faccio qui?? Ero uscita! E ora come faccio??"
Spero di non averi annoiato troppo.
Ho letto talmente tanto di voi che mi sento a casa qui.
Un abbraccio.
gli incubi passeranno vedrai e riacquisterai la serenità.
Anzi ben approdata a casa, fra persone che possono comprendere ciò che hai passato e stai passando. 
cara Anima!
