Affermare, imporre, convincere. Considerazioni ...

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Vieri
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Affermare, imporre, convincere. Considerazioni ...

Messaggio da Vieri »

Qualcuno di voi dirà: “ecco il solito pippone di Vieri....”e forse avete anche ragione ma ogni tanto fra i vari argomenti ritengo che sia anche giusto fare un reset” e pensare a quello che abbiamo detto e quello che gli altri alla fine capiscono di noi o sulle vere intenzioni degli altri.

Quindi sperando di non annoiarvi volevo fare una breve sintesi che alla fine ritengo interessi un po' tutti.

Partiamo allora dal significato della parola “affermare”.

Io vedo questo termine come un fattore positivo di coraggio e determinazione di una personsa che ,ovviamente nel rispetto delle opinioni altrui, manifesta apertamente le proprie idee mettendosi in gioco ed aprendosi ovviamente anche alle critiche.

E' indubbio che il suo contrario sia alla fine chi “lancia il sasso” con solo critiche verso tutto e verso tutti nascondendo poi subito la mano.

Un fattore negativo sul tema può essere dato però anche dal fatto che quando una persona è spesso troppo infervorata delle proprie idee possa dare adito a “imporre agli altri” queste stesse idee ed in effetti occorre avere anche molta moderazione per non incorrere in tale errore.

Imporre.

Lo dice la stessa parola di chi come un tdG che ti suona al campanello di casa (come da esperienza) , con un linguaggio iniziale gentile e disponibile, alla fine parta con domande tipo:
“Ma lei che dice di essere cattolico ...non conosce questo passo della Bibbia ? Ma legga qui ….e mi dica se non è vero ….e cosa ne pensa....Geova dice che.....come da ...bla, bla......”

Questo comportamento che pretende di fare “proselitismo convincente” alla fine, trovando spesso persone che in quel momento anche se istruite rimangono spiazzate, creano solo notevole irritazione e basta trovandosi impossibilitati in quel momento a controbattere efficacemente...

Lo stesso vale anche per coloro che in un forum, con “atteggiamenti spesso da sapiente o da esperto” irriti gli altri meno preparati trattandoli da ignoranti e imponendo più o meno velatamente le loro verità con affermazioni tassative tipo: “La storia è questa,....i fatti sono questi “, “contento tu a crederci”.....

Anche in questo caso magari non ci si saluta ma spesso si decade in sterile ed inconsistente polemica.

Convincere....

Questo, è il mestiere più difficile poiché per attuare tale opera ci sono due grossi ostacoli:

Il primo è rappresentato dalle capacità non solo di apertura al dialogo “inter pares” ma anche dalle precise e dimostrabili argomentazioni.

Il secondo è poi rappresentato dai nostri pregiudizi e questi, carissimi in tutti noi sono talmente tanti che anche tutte le argomentazioni veritiere di questo mondo non potrebbero alla fine cambiarci.
La risposta di compromesso in pratica è alla fine sempre la stessa: “si, ma.....”

Un tdG che ti suona alla porta, con il suo comportamento potrebbe essere allora convincente ?

Certamente , ma sicuramente non facilmente, se dai due lati del “dialogo” si dovessero trovare due persone, delle quali : uno “più umano” e meno “dottrinale ed aggressivo” e dall'altro lato una persona fragile che in quel momento particolare più che di parole bibliche, necessiti di calore umano.

Se devo forse dire una “cattiveria” di uno prevenuto, di persone che mi hanno suonato alla porta dotate di “calore umano” non ne ho mai incontrate....e voi?

Quello che infatti per me “rovina” queste persone e che toglie calore umano e spontaneità è “l'indottrinamento” e la “stategia di marketing” studiata a lungo nelle varie riunioni che alla fine tolgono dalle persone la loro umanità e capacità di improvvisazione, facendole alla fine diventare dei semplici “rappresentanti di commercio”......

Su un manualetto spicciolo del “perfetto commerciale” anni fa avevo trovato questa giusta osservazione: “Per un commeriale, l'importante non è dire le stesse cose ma di dirle a persone diverse”.....

Verissimo, ma il loro problema è che ritornano poi sempre con gli stessi argomenti , SEMPRE dalle stesse persone e se uno alla fine è un po' smaliziato capisce il “trucco”......
:grazie:
e ....buona giornata
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VictorVonDoom
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Messaggio da VictorVonDoom »

Vieri ha scritto: Il secondo è poi rappresentato dai nostri pregiudizi e questi, carissimi in tutti noi sono talmente tanti che anche tutte le argomentazioni veritiere di questo mondo non potrebbero alla fine cambiarci.
La risposta di compromesso in pratica è alla fine sempre la stessa: “si, ma.....”
Su questo dissento, se fosse così per tutti questo forum neanche esisterebbe, per ovvi motivi, ne saremmo qui a commentare tanti di noi.

Per il resto... EH??? :boh:
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Valentino
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Messaggio da Valentino »

VictorVonDoom ha scritto:Per il resto... EH??? :boh:
Neanche a me risulta chiara la tematica in discussione. Non saprei dire se sono "in tema", ma leggendo questa discussione a me è venuto in mente Burioni.

http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... el-che-sa/" onclick="window.open(this.href);return false;

https://www.corriere.it/salute/pediatri ... 7941.shtml" onclick="window.open(this.href);return false;

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Valentino
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Messaggio da Valentino »

Vieri ha scritto:Questo, è il mestiere più difficile poiché per attuare tale opera ci sono due grossi ostacoli: Il primo è rappresentato dalle capacità non solo di apertura al dialogo “inter pares”
E' lapalissiano che la base di ogni dialogo è l'apertura al dialogo: è un ragionamento circolare abbastanza ovvio. Però se parli di "dialogo inter pares" stai parlando di un dialogo che avviene tra persone che sono specializzate nello stesso campo. Per fare un esempio un dialogo inter pares può essere rappresentato da un dialogo che avviene tra due chirurghi, oppure un dialogo che avviene tra due oculisti, oppure un dialogo che avviene tra due pizzaioli, etc. etc. Sempre che abbia capito tu cosa intendi per "dialogo inter pares" altrimenti è difficile "seguirti" nel ragionamento che intendi esprimere.
Vieri ha scritto:ma anche dalle precise e dimostrabili argomentazioni.
E' ovvio che per convincere qualcuno di qualcosa si devono presentare delle "precise e dimostrabili argomentazioni". Questo ovviamente in teoria. Solo che nella pratica questo non avviene sempre purtroppo: può infatti capitare che delle persone si convincano di qualcosa anche in assenza di precise e dimostrabili argomentazioni, oppure può capitare che delle persone non si convincano di qualcosa anche quando in effetti sono state presentate delle precise e dimostrabili argomentazioni.
Vieri ha scritto:Il secondo è poi rappresentato dai nostri pregiudizi e questi, carissimi in tutti noi sono talmente tanti che anche tutte le argomentazioni veritiere di questo mondo non potrebbero alla fine cambiarci.
Dipende. Se si è mossi e motivati da onestà intellettuale e ci si accorge di essere in presenza di argomentazioni veritiere una persona può solo prendere atto della loro correttezza.
Vieri ha scritto:La risposta di compromesso in pratica è alla fine sempre la stessa: “si, ma.....”
E' un discorso piuttosto vago e fumoso dunque è difficile seguirti. Per esempio qualcuno può mostrarmi e dimostrarmi di aver prodotto la migliore scopa elettrica del pianeta: i fatti presentati sono stringenti e mi convinco di trovarmi di fronte alla migliore scopa elettrica del pianeta. L'unico "si, ma" che avrebbe un senso potrebbe essere: "si, ma....non mi serve!" :ironico: :risata: Ma comunque ripeto: non si capisce bene cosa vuoi dire....almeno a me non è chiaro.
Vieri ha scritto:Un tdG che ti suona alla porta, con il suo comportamento potrebbe essere allora convincente?
Dipende da quel che dice. Se, per esempio, mi volesse convincere che il Tempio di Gerusalemme fu distrutto nel 607 a.e.v. perderebbe il suo tempo. Questo perché so benissimo che invece il Tempio di Gerusalemme fu invece distrutto nel 587 a.e.v. Non solo: poiché è un argomento che ho pure "approfondito" potrei cominciare a parlare di diari astronomici che smentiscono la loro infondata datazione. Questo però potrebbe essere più problematico per chi non ha nessuna nozione di assiriologia, diari astronomici e storia antica.
Potrebbe essere "convincente" nella misura in cui l'interlocutore che si trova davanti non è una persona "informata dei fatti".
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Vieri
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Grazie, e precisazioni al riguardo....

Messaggio da Vieri »

La prima precisazione al riguardo è che sul titolo iniziale ho scritto: "considerazioni" e ovviamente con queste poche parole non avevo la pretesa di fare un trattato di sociologia.... :ironico: ma solo due chiacchere fra amici...su esperienze vissute ed opinioni personali....

Al riguardo ho trovato sul tema dei contatti umani questa bella citazione:
Il modo migliore di distruggere un nemico è di fartelo amico.
Abraham Lincoln
Lo scopo principale ero solo quello di innescare possibilmente una discussione amichevole sui comportamenti umani tra i quali, ovviamente siamo inclusi ricordando solo delle ovvietà ma che essendo alla fine tali, spesso non le approfondiamo abbastanza.

In risposta a Victor, gli do ragione e fortunatamente non tutti siamo delle "teste di legno" e ci sono ovviamente casi e casi....

Ad esempio parlando con un tdG "impasticcato" potrai a sua volta presentargli e dimostrargli tutte le sue incongruenze dottrinali con dati scientifici precisi e dettagliati ricevendo sempre le solite risposte tipo quella che le misurazioni con il C14 non sono attendibili....o insistendo sempre su risposte tipo: "Geova può tutto...."quando gli fai notare che il diluvio non poteva essere "universale".....

Naturalmente, e direi anche per fortuna, ci sono anche le persone "normali" che apprezzano la discussione e magari dopo si convincono che le loro verità non erano tali......

Morale, siamo tutti diversi ed ho solo portato alcuni esempi significativi.

Quello che ho notato e mi rammarico un po', è il tono delle risposte velatamente polemiche dove si accenna esclusivamente a degli articoli dal titolo:
La scienza non è democratica, ognuno parli di quel che sa”
Ritengo possa andare sicuramente bene in ambito strettamente scientifico o tecnico dove i dati e le risposte in merito non possono essere generiche e da sprovveduti ma precise, dettagliate e soprattutto provate da fatti incontestabili.

Per la discussione ed il dibattito in altri campi non strettamente scientifici ( scienze dure..) ma che rivestono la sociologia, la psicologia, la religione, la politica e direi anche la storia, ecc.( scienze molli..) mi sembra decisamente assurdo e limitativo che anche in questi campi si debba sempre parlare da esperti e da "studiati".... :ironico: tacciando sempre gli altri da "incompetenti in materia"....

Contrariamente pertanto alle conclusioni di Valentino, pur condividendo ovviamente il dibattito in ambito strettamente scientifico ( scienze dure...) non lo condivido assolutamente per tutti gli altri campi diversi da quello strettamente scientifico.

Io ho parlato di dialogo "inter pares" specie quando si discute in particolar modo di politica, religione, psicologia, storia, sociologia ecc. ( fra queste le cosiddette "scienze molli" dove possono sussistere anche verità diverse...derivate dalle diverse interpretazioni) per il semplice motivo che pur essendo vero che possono esserci delle persone con una cultura in merito più elevata, non parlando di scienze esatte, la verità in assoluto non può esistere e la storia ci insegna che spesse volte, proprio quelli che sono stati spesso considerati gli ultimi, gli emarginati, gli "ignoranti", sono stati proprio quelli che alla fine hanno dato degli insegnamenti importanti ai cosiddetti "sapienti."

In breve se delle persone, forti delle loro esperienze, studi e cultura, si atteggiano da "professoroni" cercando il dialogo solo con un linguaggio tale che solo pochi alla fine si comprendono e si capiscono,...alla fine queste persone si isolano completamente dalla società che in genere la considerano "non all'altezza" del loro "sapere"....in pratica : degli "inferiori".

Senza parlare di politica ma in genere alle elezioni vincono quelli che parlano alla gente "come mangiano".... :ironico:

Quindi queste mie considerazioni vertono sul fatto che pur restando delle differenze culturali, nel dialogo "inter pares" TUTTI hanno alla fine da guadagnare....
Concordo poi con Valentino quando dice:
E' ovvio che per convincere qualcuno di qualcosa si devono presentare delle "precise e dimostrabili argomentazioni". Questo ovviamente in teoria. Solo che nella pratica questo non avviene sempre purtroppo: può infatti capitare che delle persone si convincano di qualcosa anche in assenza di precise e dimostrabili argomentazioni, oppure può capitare che delle persone non si convincano di qualcosa anche quando in effetti sono state presentate delle precise e dimostrabili argomentazioni.
In effetti, parlando di "persone" le casistiche sono talmente tante dove spesso il fattore "emotività" supera spesso il fattore "ragione" portando spesso le persone a ragionare od agire contro ogni logica....

Dobbiamo però constatare che è proprio questo spesso vituperato fattore emotivo che ci consente di avere dei sentimenti e di non essere delle semplici macchine pensanti.
Ovviamente e qui sto scherzando dipende poi sempre da quale parte del corpo si ragiona se con il cuore o con il c..... :risata: :risata:

Piccola spiegazione del "si ma".....
Ripeto che parlando di questi argomenti non esistono regole precise ma si possono citare solo alcuni esempi e la conclusione del : "si ma" in genere viene riferita a quelle persone che pur avendo fatto loro una dimostrazione precisa, articolata, credibile e provata la risposta alla fine è si, mi avresti convinto...ma ( la mia parte emotiva) dice "ma" ...rimango sempre delle mie idee.....
A voi non vi è mai capitato ?.... :ironico:

Buona serata a tutti con la preghiera di non sparare sul pianista.....
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Valentino
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Messaggio da Valentino »

A parte che nel citare Burioni non c'era nulla di polemico. Non mi sembra che ciò che dice Burioni possa applicarsi a determinate scienze e non ad altre. Non è che "chiunque" può dire la "qualunque" nel campo delle scienze umanistiche in quanto anche le scienze umanistiche prevedono specifiche competenze da maturare attraverso uno specifico iter formativo.
In sintesi non ci si può "improvvisare" psicologi, sociologi, filosofi e non ci si può "improvvisare" storici. Altrimenti le facoltà universitarie di scienze umanistiche dovrebbero chiudere i battenti. Ciò che dice Burioni è valido anche per le scienze umanistiche per il semplice motivo che uno storico (o uno psicologo, un sociologo, etc.) è tale se ha acquisito determinate competenze attraverso una specifica formazione.
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Vieri
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Messaggio da Vieri »

Ciao Valentino, andiamo per gradi per non fare confusione di idee....
In sintesi non ci si può "improvvisare" psicologi, sociologi, filosofi e non ci si può "improvvisare" storici. Altrimenti le facoltà universitarie di scienze umanistiche dovrebbero chiudere i battenti.
Quello che volevo affermare è che per me esistono delle scienze esatte come nel caso della medicina e ovviamente non si possono fare delle asserzioni alla "cavolo"....senza alcuna competenza specifica. Questo è certo.

Per altri argomenti, (attenzione non parlo di materie di studio..ma di "argomenti"...), tipo psicologia, filosofia (spicciola), sociologia, storia ...io sarei più aperto al dialogo e non dividerei mai il mondo tra "competenti" (quelli che pretendono di aver studiato) e quelli considerati "incompetenti" ( o che riteniamo non alla nostra altezza culturale..) poichè, come affermato in precedenza, tale divisione porterebbe spesso alla superbia di sentirsi superiori e di chiudersi e di isolarsi dalla collettività.

Se ci avviciniamo invece con maggiore umiltà alle persone che magari consideriamo inizialmente meno istruite di noi, ma con il desiderio di conoscere anche le loro opinioni senza atteggiarsi da " professori", potrebbe capitare di assorbire da loro dei valori e dei concetti che magari non si trovano sui libri ma che certamente rappresentano dei validi insegnamenti di vita.

Quando si parla o si studia sull'uomo, l'elemento più interessante ed imprevedibile che possa esistere, non possono esistere mai certezze e che anche dopo 3 lauree a 4 master, ci sia sempre da imparare.....

La "cultura" rappresenta ( banalmente...) un elemento di maggiore conoscenza, ma se questa "maggiore conoscenza", non viene condivisa con umiltà avvicinandoci maggiormente agli altri e non "separandoci" da loro, si corre alla fine il rischio di isolarsi completamente in un modo diverso, più limitato e direi irreale.

Quando le verità, in certi contesti, non sono assolute, ma rappresentano delle diverse "interpretazioni umane" ( sempre discutibili) per me tutti hanno il diritto di esporre le loro opinioni giuste o sbagliate che siano poichè solo il dialogo consente di unire e di accrescere.

Ritornando al tema dei TdG, quello che spesso li isola ed infastidisce, è spesso il loro sfoggio di conoscenze bibliche verso altri meno indottrinati" con la superbia di sentirsi spesso degli eletti per il loro probo "comportamento" e "conoscenze".....
Posso concludere con la parola "farisei".......?
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Valentino
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Messaggio da Valentino »

Vieri ha scritto:Quello che volevo affermare è che per me esistono delle scienze esatte come nel caso della medicina e ovviamente non si possono fare delle asserzioni alla "cavolo"....senza alcuna competenza specifica. Questo è certo.
Non penso nemmeno che si possono fare delle "asserzioni alla cavolo" nel campo delle scienze umanistiche senza avere alcuna competenza specifica. Se dico che Giulio Cesare ballava il rock and roll sto dicendo una cavolata.
Vieri ha scritto:Per altri argomenti, (attenzione non parlo di materie di studio..ma di "argomenti"...), tipo psicologia, filosofia (spicciola), sociologia, storia
Peccato però che la psicologia, la filosofia, la sociologia e la storia non sono vagamente degli "argomenti" ma sono proprio delle materie di studio.
Vieri ha scritto:io sarei più aperto al dialogo e non dividerei mai il mondo tra "competenti" (quelli che pretendono di aver studiato) e quelli considerati "incompetenti" ( o che riteniamo non alla nostra altezza culturale..) poichè, come affermato in precedenza, tale divisione porterebbe spesso alla superbia di sentirsi superiori e di chiudersi e di isolarsi dalla collettività.
Proprio non riesco a seguirti in questo tortuoso ragionamento che mi sembra abbastanza incomprensibile. Di cosa stai parlando? Cosa c'entrano la superbia, il sentirsi superiori e l'isolarsi dalla collettività?!?!? I maestri elementari, i professori delle scuole medie e delle scuole superiori ed i professori universitari non mi sembrano che siano persone "superbe", che si "sentono superiori" o che si "chiudono e si isolano dalla collettività". I professori universitari di psicologia, filosofia, sociologia, storia, etc. fanno semplicemente il loro lavoro che è quello di insegnare queste materie di studio appunto per "formare" persone competenti in queste materie che a loro volta possono far progredire la ricerca. E' per questo motivo che se desidero imparare la storia non vado dal salumiere ma mi rivolgo ad uno storico.
Vieri ha scritto:Se ci avviciniamo invece con maggiore umiltà alle persone che magari consideriamo inizialmente meno istruite di noi, ma con il desiderio di conoscere anche le loro opinioni senza atteggiarsi da " professori", potrebbe capitare di assorbire da loro dei valori e dei concetti che magari non si trovano sui libri ma che certamente rappresentano dei validi insegnamenti di vita.
Anche questo ragionamento mi sembra abbastanza confuso. Una cosa sono le opinioni che possiamo apprendere da chiunque dialogando con loro, una cosa sono gli "insegnamenti di vita", altra cosa sono le materie scientifiche che posso apprendere da chi ha una specifica formazione o da chi ha una particolare erudizione.
Vieri ha scritto:Quando si parla o si studia sull'uomo, l'elemento più interessante ed imprevedibile che possa esistere, non possono esistere mai certezze e che anche dopo 3 lauree a 4 master, ci sia sempre da imparare
Il fatto che c'è "sempre da imparare" non esclude che esistano anche delle certezze scientifiche. Le certezze scientifiche esistono, ed esistono delle certezze anche nel campo degli studi umanistici. Ci sono delle certezze nel campo della psicologia, delle certezze nel campo della sociologia, delle certezze nel campo della storia, etc. etc. Nel campo degli studi umanistici esistono anche delle "questioni aperte", in realtà esistono "questioni aperte" anche nelle "scienze dure" come la fisica, la meccanica quantistica, l'astrofisica, la medicina.
E' vero che c'è sempre qualcosa da imparare, ma c'è anche molto di "imparato" ovvero ci sono molte cose che nelle varie scienze, costituiscono delle certezze.
Vieri ha scritto:La "cultura" rappresenta ( banalmente...) un elemento di maggiore conoscenza, ma se questa "maggiore conoscenza", non viene condivisa con umiltà avvicinandoci maggiormente agli altri e non "separandoci" da loro, si corre alla fine il rischio di isolarsi completamente in un modo diverso, più limitato e direi irreale.
Quelli che "condividono la conoscenza" sono banalmente coloro che avendo una particolare formazione o erudizione fanno attività di "divulgazione scientifica", ovvero cercano di rendere comprensibili certi argomenti a chi non ha competenze specifiche. Un esempio pratico possono essere certi giornalisti come Piero ed Alberto Angela.
Sicuramente chi svolge l'attività di divulgatore scientifico non svolge un'attività facile. Ma non è che si "isolano" oppure vivono presumibilmente in un "mondo diverso, limitato ed irreale".
Vieri ha scritto:Quando le verità, in certi contesti, non sono assolute
Dipende dai contesti. In certi contesti possono non esistere delle verità assolute, ed in altri contesti possono in effetti esistere ed in effetti esistono delle verità assolute o certezze che dir si voglia.
Vieri ha scritto:ma rappresentano delle diverse "interpretazioni umane" ( sempre discutibili)
Dipende appunto sempre dagli ambiti rispetto ai quali teoricamente ti riferisci.
Vieri ha scritto:per me tutti hanno il diritto di esporre le loro opinioni giuste o sbagliate che siano poichè solo il dialogo consente di unire e di accrescere.
Questo non è vero in modo assoluto, appunto perché in certi ambiti non c'è spazio per le "opinioni". Ad esempio non puoi dire che un "sostenitore della terra piatta" abbia il diritto di esporre la sua "opinione" in un consesso di astrofisici, allo stesso modo non puoi dire che che un "creazionista" abbia il diritto di esporre la sua "opinione" in un consesso di biologi.
In effetti nell'ambito delle scienze, anche quelle umanistiche, esistono delle discussioni e dei "dibattiti": infatti il "dibattito accademico" è il volano attraverso il quale le varie scienze, comprese quelle umanistiche, progrediscono.
Vieri ha scritto:Ritornando al tema dei TdG, quello che spesso li isola ed infastidisce, è spesso il loro sfoggio di conoscenze bibliche verso altri meno indottrinati" con la superbia di sentirsi spesso degli eletti per il loro probo "comportamento" e "conoscenze"
Ma questo non c'entra poi molto con l'argomento di cui discutevi. Stavamo parlando di psicologia, filosofia, sociologia, storia, ovvero di materie scientifiche. Improvvisamente "cambi argomento" e parli dei metodi di proselitismo dei tdG. Non mi pare ci sia un nesso.
Vieri ha scritto:Posso concludere con la parola "farisei".......?
Riferito ai tdG direi di no. Per varie ragioni. La prima, la più banale, è che le dottrine dei tdG e le dottrine dei farisei sono diversissime. Al termine fariseo è stato attribuito un significato deteriore che è sinonimo di ipocrisia. Ne deduco che tu voglia dire che i tdG sono degli ipocriti. Tuttavia c'è da prendere in considerazione il fatto che il significato deteriore del termine fariseo non costituisce la descrizione effettiva di chi fossero realmente e storicamente i farisei. Se utilizzi dunque il termine nella sua accezione deteriore può costituire un'offesa. Se invece usi il termine fariseo nella sua accezione storica, il termine fariseo non è affatto "un'offesa" per la banale ragione che storicamente erano gli stessi farisei a condannare l'ipocrisia. Se dunque mi chiami fariseo indicando con questo termine i farisei storici per me è addirittura un complimento. Gesù per esempio parlava ed agiva come un fariseo della scuola di Hillel.
Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino. B. Ehrman

Gesù era ebreo, non un cristiano.
Gli ebrei non hanno mai rigettato Gesù l'ebreo.
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C'è “chi sa” e “chi non sa”...ma siamo proprio sicuri di queste differenze ?

Messaggio da Vieri »

Attenzione, io non voglio mettere in discussione la cultura in generale ma l'uso che se ne fa di questa “cultura” che in alcuni casi consente più di dividere le persone ( con quelli considerati “ignoranti”) e non per unire le persone stesse.....

Chi ha studiato una certa materia, specie in campi relativi alle scienze cosiddette “molli” , secondo la mia opinione, non può pretendere di avere sempre ragione a tutti i costi a fronte dei suoi studi rispetto ad altri poiché questo, io la definisco “superbia” .

Esistono infatti alcuni campi ( e parlo solo in alcuni di questi ed ovviamente non di tutti) dove lo “studio”, rappresentato dalla sola interpretazione umana di fatti, situazioni ed avvenimenti, niente possa essere definito come certo, sicuro ed assolutamente attendibile, lasciando in molti casi spazio al dubbio.

Secondo la mia opinione è proprio il “dubbio” che consente di generare il dibattito poiché molti fatti, avvenimenti, pensieri possono sicuramente essere esaminati anche da punti di vista diversi alcuni dei quali anche corretti ed in antitesi con quelli inizialmente formulati anche da illustri studiosi.

In effetti sull'argomento mi permetto di riprendere un tema a me caro sulla “ragione”.....
La ragione, in filosofia, è la facoltà per mezzo della quale si esercita il pensiero, soprattutto quello rivolto ad argomenti astratti. La ragione è ritenuta dalla maggior parte dei filosofi una facoltà universale, tale da essere condivisa tanto dagli umani quanto, teoricamente, da animali o da intelligenze artificiali che userebbero la ragione intesa come capacità di calcolo".

A conferma di ciò, Aristotele era solito distinguere la semplice ragione (da lui chiamata diànoia), dall'intelletto (o noùs): tale distinzione è dovuta al fatto che la razionalità deduttiva, pur essendo capace di trarre conclusioni coerenti con le premesse, cioè di effettuare dimostrazioni corrette da un punto di vista formale, non può in alcun modo garantire la verità dei contenuti; per cui se il ragionamento parte da premesse false, anche il risultato finale sarà falso.

Aristotele assegnò pertanto all'intelletto, distinto dalla ragione, la capacità di cogliere la verità delle premesse dalle quali scaturirà la dimostrazione, grazie ad un atto intuitivo capace di astrarre l'essenza universale della realtà da singoli casi particolari.
In breve, sono dell'idea (personale) che alcuni studiosi, (solo in certi casi e non desidero generalizzare...) partendo magari da delle premesse e da numerose letture orientate solo ad una precisa analisi del problema, possano essere indotti, alla fine ad avere una visione se non distorta ma almeno parziale della “verità” spacciandola poi come tale, mentre alla fine, cambiando visuale e letture, quest'ultima possa divenire alla fine sicuramente contestabile.

La mia “forma mentis” mi porta ad avere un rapporto più umano e mai “dall'alto verso il basso” ma sempre “paritario” dove certezze storiche o umane possono sempre essere smentite dal fatto che molti avvenimenti ad esempio furono descritti da storici non presenti sul campo e con possibili rimaneggiamenti successivi, oppure di studi effettuati da persone con idee decisamente schierate.

In breve, ( nei casi delle scienze dette “molli”) non sopporto il :“è così e basta” ma preferisco il: “secondo i miei studi ritengo che....”

In conclusione accetto quei comportamenti dove “chi sa” non deve mai far pesare sull'altro la propria cultura imponendola ...magari anche con una forbita dialettica e con numerosi riferimenti, anche perchè in genere una persona non può essere mai definita un “Pico della Mirandola” e se esiste dialogo e non “supponenza” in alcune materie, sicuramente c'è sempre da imparare da ambo le parti.

Sul tema dell'umiltà di pensiero ho trovato poi questo articolo interessante:
Ripartiamo dall’umiltà, valore che spinge alla curiosità e alla crescita
http://www.centodieci.it/2017/10/import ... -crescita/" onclick="window.open(this.href);return false;

Fin dai tempi di Socrate, conosciamo il valore dell’umiltà. Il suo “So di non sapere” è un mirabile esempio di cosa possa essere l’umiltà e di quali vantaggi possa procurare.

La storia narra che un vecchio amico di Socrate, Cherefonte, consultò l’oracolo di Delfi per sapere se esistesse persona più sapiente del filosofo, e la risposta fu negativa: Socrate era davvero il più sapiente di tutti, questo il responso.

Ma il filosofo greco, esercitando l’arte del dubbio, non credeva di possedere maggiori conoscenze di un politico, di un poeta o di un artista. Così cominciò a interrogarli, con il suo stile maieutico. E scoprì qualcosa che proprio non si aspettava: questi personaggi non avevano tutte quelle conoscenze che dichiaravano di avere.

Da qui, le conclusioni di Socrate: mentre un politico o un artista pensano di sapere e di fatto non sanno, io non credo di sapere ciò che effettivamente non so. Il filosofo ammetteva così, con umiltà, di non conoscere la maggior parte delle cose di questo mondo. E almeno di questo era certo.

La parola umiltà deriva dal latino humus, ossia la terra fertile. Da questo punto di vista, l’umiltà rappresenta il terreno più idoneo e fertile per far crescere la conoscenza e acquisire competenze nuove.
Senza umiltà, difficilmente si cresce e si migliora. Se l’arroganza porta ad arroccarsi difensivamente sulle proprie posizioni, l’umiltà spinge a guardare oltre, a cercare nuove informazioni e nuove soluzioni.

L’umiltà rappresenta l’atteggiamento più efficace per trovare il punto di equilibrio fra la valorizzazione di se stessi e il riconoscimento dei propri limiti. 

Martin Seligman, fondatore della Psicologia Positiva, definisce l’umiltà come un’accurata consapevolezza delle proprie capacità.
Si tratta, quindi, di riconoscere i propri gap, le proprie aree di miglioramento e i propri errori, per aprirsi in maniera costruttiva a nuove idee e a differenti punti di vista.
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Valentino
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Vieri ha scritto:C'è “chi sa” e “chi non sa”...ma siamo proprio sicuri di queste differenze ?
Certo che si. Ne siamo talmente sicuri che esistono scuole ed università in cui ci trovi gli insegnanti o professori, talché se voglio imparare una qualsiasi materia scientifica vado da un insegnante e non dal macellaio. Ben inteso: se volessi imparare a macellare la carne dovrei farmi insegnare da un macellaio e non da uno psicologo. Si chiamano "competenze": ognuno ha le sue.
Vieri ha scritto:Attenzione, io non voglio mettere in discussione la cultura in generale
Eppure dai questa impressione.
Vieri ha scritto:ma l'uso che se ne fa di questa “cultura” che in alcuni casi consente più di dividere le persone ( con quelli considerati “ignoranti”) e non per unire le persone stesse
E' l'ignoranza che divide le persone non la cultura. Non a caso lo stesso Burioni precisa il suo "slogan".

Alla domanda:
La tesi del suo libro è inequivocabile: la scienza non può essere democratica (tra l'altro è il sottotitolo del saggio). Quindi, secondo lei, quando si tratta di scienza le opinioni non hanno tutte la stessa dignità?
Burioni risponde:
"La scienza non può essere democratica” è uno slogan che ha un significato ben colto da Piero Angela: la velocità della luce non si decide per alzata di mano. Naturalmente come tutti gli slogan ha una grande efficacia nel comunicare un concetto, ma lo semplifica in maniera eccessiva. In realtà la scienza è quanto di più democratico esista, visto che intesa nel suo significato più nobile, quello di conoscenza, è accessibile solo attraverso lo studio, che è una “livella” in grado di porre povero e ricco, potente e umile esattamente sullo stesso piano.
Dunque non mi sembra che la cultura possa "dividere" le persone, semmai è l'ignoranza.
http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... el-che-sa/" onclick="window.open(this.href);return false;
Vieri ha scritto:Chi ha studiato una certa materia, specie in campi relativi alle scienze cosiddette “molli” , secondo la mia opinione, non può pretendere di avere sempre ragione a tutti i costi a fronte dei suoi studi rispetto ad altri poiché questo, io la definisco “superbia”.
Rispetto a quali altri? Questo è il punto! Qualsiasi studioso non pretende di "avere sempre ragione" ma entra in discussione con altri studiosi della stessa materia. Spesso gli scienziati, compresi quelli che si occupano di scienze umanistiche, pervengono a risultati "condivisi". In termini tecnici questo fatto si chiama "consenso accademico". Gli studiosi dunque non sono "superbi": al contrario entrano spesso in discussione con i loro colleghi in quello che si definisce sempre in termini tecnici "dibattito accademico".
Semmai fa sfoggio di "superbia" chi mette in dubbio i risultati della ricerca scientifica senza averne le competenze. Se davvero qualcuno si vuole "misurare" sul terreno delle scienze, qualsiasi esse siano, inserendosi in un dibattito specialistico non ha che da fare una cosa, mettersi a studiare.
Vieri ha scritto:Esistono infatti alcuni campi ( e parlo solo in alcuni di questi ed ovviamente non di tutti) dove lo “studio”, rappresentato dalla sola interpretazione umana di fatti, situazioni ed avvenimenti, niente possa essere definito come certo, sicuro ed assolutamente attendibile, lasciando in molti casi spazio al dubbio.
Innanzi tutto si dovrebbe capire cosa intendi per "interpretazione umana di fatti". Per caso esiste un' "interpretazione "super-umana", "meta-umana", "in-umana" dei fatti"?!?!?!? :boh: :conf: Quelli che fanno ricerca scientifica sono esseri umani. Ad ogni modo in tutte le scienze esistono cose certe, cose dubbie e cose ancora da accertare. Questo lo sanno bene gli scienziati stessi. Coloro che però ci "indicano" ciò che è certo, ciò che è dubbio, e ciò che c'è ancora da accertare sono gli scienziati stessi di ogni disciplina di studio.
Le certezze scientifiche esistono eccome anche nelle scienze umanistiche.
Vieri ha scritto:Secondo la mia opinione è proprio il “dubbio” che consente di generare il dibattito poiché molti fatti, avvenimenti, pensieri possono sicuramente essere esaminati anche da punti di vista diversi alcuni dei quali anche corretti ed in antitesi con quelli inizialmente formulati anche da illustri studiosi.
Non è questione di "punti di vista" ma di "metodo". In tutte le scienze esiste il "dibattito" (il già citato "dibattito accademico"), ed è dibattito che si svolge tra specialisti attraverso un "metodo di studio" condiviso.
Vieri ha scritto:In effetti sull'argomento mi permetto di riprendere un tema a me caro sulla “ragione”.....
La ragione, in filosofia, è la facoltà per mezzo della quale si esercita il pensiero, soprattutto quello rivolto ad argomenti astratti. La ragione è ritenuta dalla maggior parte dei filosofi una facoltà universale, tale da essere condivisa tanto dagli umani quanto, teoricamente, da animali o da intelligenze artificiali che userebbero la ragione intesa come capacità di calcolo".

A conferma di ciò, Aristotele era solito distinguere la semplice ragione (da lui chiamata diànoia), dall'intelletto (o noùs): tale distinzione è dovuta al fatto che la razionalità deduttiva, pur essendo capace di trarre conclusioni coerenti con le premesse, cioè di effettuare dimostrazioni corrette da un punto di vista formale, non può in alcun modo garantire la verità dei contenuti; per cui se il ragionamento parte da premesse false, anche il risultato finale sarà falso.

Aristotele assegnò pertanto all'intelletto, distinto dalla ragione, la capacità di cogliere la verità delle premesse dalle quali scaturirà la dimostrazione, grazie ad un atto intuitivo capace di astrarre l'essenza universale della realtà da singoli casi particolari.
E tu pensi che questo gli scienziati non lo sappiano?!?!?! Non a caso gli scienziati partono da premesse condivise non è che ognuno si "inventa" le sue premesse. Ogni scienza ha il suo metodo, "metodo scientifico", "metodo storico", etc.
Vieri ha scritto:In breve, sono dell'idea (personale) che alcuni studiosi, (solo in certi casi e non desidero generalizzare...) partendo magari da delle premesse e da numerose letture orientate solo ad una precisa analisi del problema, possano essere indotti, alla fine ad avere una visione se non distorta ma almeno parziale della “verità” spacciandola poi come tale, mentre alla fine, cambiando visuale e letture, quest'ultima possa divenire alla fine sicuramente contestabile.
Descrivi gli studiosi come se fossero degli "anarchici": ognuno fa e dice ciò che vuole, quasi "a capriccio" e non è così.
Vieri ha scritto:La mia “forma mentis” mi porta ad avere un rapporto più umano e mai “dall'alto verso il basso” ma sempre “paritario”
Difatti il "dibattito accademico" è un dibattito paritario tra specialisti della stessa materia. Se fosse altrimenti non sarebbe paritario: in sintesi un ipotetico dibattito tra uno storico ed un macellaio non sarebbe paritario, in quanto lo storico ha delle competenze che un macellaio non ha. Mancherebbero proprio le premesse per iniziare un dibattito.
Vieri ha scritto:dove certezze storiche o umane possono sempre essere smentite dal fatto che molti avvenimenti ad esempio furono descritti da storici non presenti sul campo e con possibili rimaneggiamenti successivi, oppure di studi effettuati da persone con idee decisamente schierate.
Tutto questo viene preso in considerazione dagli storici stessi. Ciò non impedisce che ci siano delle "certezze storiche" sulle quali esiste un "consenso accademico". Ma appunto non si può generalizzare e bisogna valutare caso per caso, in quanto come già spiegato in storia come in tutte le scienze ci sono "certezze storiche", cose da approfondire e cose che non si conoscono ancora.
Vieri ha scritto:In breve, ( nei casi delle scienze dette “molli”) non sopporto il :“è così e basta” ma preferisco il: “secondo i miei studi ritengo che....”
Solo che anche nelle scienze umanistiche esistono di fatto delle certezze. Non dico che le certezze ci sono sempre, ma nemmeno che non ci sono mai! Esistono "studi confermati" e condivisi da tutti ovvero cose certe, come esistono questioni in fase di approfondimenti e questioni in cui si brancola ancora nel buio. Ma è la stessa comunità scientifica che ci informa di queste cose, e che ci spiega "cosa è certo", "cosa è dubbio" e "cosa non si conosce affatto".
Vieri ha scritto:In conclusione accetto quei comportamenti dove “chi sa” non deve mai far pesare sull'altro la propria cultura imponendola ...magari anche con una forbita dialettica e con numerosi riferimenti, anche perchè in genere una persona non può essere mai definita un “Pico della Mirandola” e se esiste dialogo e non “supponenza” in alcune materie, sicuramente c'è sempre da imparare da ambo le parti.
Non c'entra affatto la supponenza. E' un discorso abbastanza semplice. Tu dici che "c'è sempre da imparare da ambo le parti". Beh dipende da cosa vuoi imparare. Prendiamo come esempio un macellaio ed uno storico: se il macellaio vuole imparare la storia se la farà insegnare dallo storico e se lo storico vuole imparare a tagliare la carne se lo farà insegnare dal macellaio. In questo senso ciascuno può imparare dall'altro in quanto entrambi hanno delle competenze che l'altro non ha. Ma non è che si può pretendere che il macellaio insegni la storia allo storico e lo storico insegni a tagliare la carne al macellaio! Fermo restando ovviamente che pure un macellaio può essere un erudito se ha fatto uno specifico iter formativo anche non "istituzionalizzato".
Vieri ha scritto:Sul tema dell'umiltà di pensiero ho trovato poi questo articolo interessante:
Ripartiamo dall’umiltà, valore che spinge alla curiosità e alla crescita
http://www.centodieci.it/2017/10/import" onclick="window.open(this.href);return false; ... -crescita/

Fin dai tempi di Socrate, conosciamo il valore dell’umiltà. Il suo “So di non sapere” è un mirabile esempio di cosa possa essere l’umiltà e di quali vantaggi possa procurare.

La storia narra che un vecchio amico di Socrate, Cherefonte, consultò l’oracolo di Delfi per sapere se esistesse persona più sapiente del filosofo, e la risposta fu negativa: Socrate era davvero il più sapiente di tutti, questo il responso.

Ma il filosofo greco, esercitando l’arte del dubbio, non credeva di possedere maggiori conoscenze di un politico, di un poeta o di un artista. Così cominciò a interrogarli, con il suo stile maieutico. E scoprì qualcosa che proprio non si aspettava: questi personaggi non avevano tutte quelle conoscenze che dichiaravano di avere.

Da qui, le conclusioni di Socrate: mentre un politico o un artista pensano di sapere e di fatto non sanno, io non credo di sapere ciò che effettivamente non so. Il filosofo ammetteva così, con umiltà, di non conoscere la maggior parte delle cose di questo mondo. E almeno di questo era certo.

La parola umiltà deriva dal latino humus, ossia la terra fertile. Da questo punto di vista, l’umiltà rappresenta il terreno più idoneo e fertile per far crescere la conoscenza e acquisire competenze nuove.
Senza umiltà, difficilmente si cresce e si migliora. Se l’arroganza porta ad arroccarsi difensivamente sulle proprie posizioni, l’umiltà spinge a guardare oltre, a cercare nuove informazioni e nuove soluzioni.

L’umiltà rappresenta l’atteggiamento più efficace per trovare il punto di equilibrio fra la valorizzazione di se stessi e il riconoscimento dei propri limiti.

Martin Seligman, fondatore della Psicologia Positiva, definisce l’umiltà come un’accurata consapevolezza delle proprie capacità.
Si tratta, quindi, di riconoscere i propri gap, le proprie aree di miglioramento e i propri errori, per aprirsi in maniera costruttiva a nuove idee e a differenti punti di vista.
Ma di nuovo questo gli studiosi lo sanno benissimo, altrimenti non sarebbero studiosi.
Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino. B. Ehrman

Gesù era ebreo, non un cristiano.
Gli ebrei non hanno mai rigettato Gesù l'ebreo.
I cristiani nel loro insieme e in fondo, non hanno accettato Gesù l'ebreo e non lo hanno seguito.
S. S. Wise

I soli uomini a vivere, lungo tutto il medioevo, a imitazione di Gesù furono gli ebrei. K. Jaspers

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Vabbe... senza girarci intorno... Vieri tiene sempre vivo l'eterno scontro Fede VS Scienza.
Solo che siccome nel 2018 non può più affermare che il mondo è stato creato in 7 giorni, al momento, se la prende con le "scienze molli". :ironico:
Ogni tanto se ne esce fuori con questi thread pur non affrontando l'argomento direttamente . :occhiol:
Discorsi, comunque, letti e riletti millemila volte.
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"Nessuno dovrebbe sentirsi obbligato a seguire una forma di adorazione che considera inaccettabile o a scegliere fra le proprie credenze e la propria famiglia." (g 07/09 p.29)
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