di Andrea Cinel » 15/11/2009, 0:45
Sono nato il 10 dicembre 1974, e i miei genitori erano già tdg da almeno 5 anni.
Fra alti e bassi sono cresciuto dentro di quest’’organizzazione, sperimentando ovviamente tutte le delusioni che i figli di tdg devono subire: niente compleanni, niente amicizie fuori dall’organizzazione, niente festività, isolamento a scuola ed essere spesso preso di mira dai compagni di scuola per la sola colpa di essere un figlio di tdg.
Sono cresciuto subendo tutto questo e sotto il continuo bombardamento della solita cantilena: i veri servitori di Dio sono perseguitati in questo mondo, per cui se sei preso in giro e subisci i “dispetti” degli altri è segno che stai nel favore di Dio. Questa convinzione, alla fine, mi ha portato al battesimo. Era il 20 gennaio 1990.
Durante gli anni delle scuole superiori ho affrontato diverse “crisi di coscienza”, un po’ perché non approvavo certi atteggiamenti che vedevo dentro le congregazioni cui ci associavamo, un po’ perché, non riuscendo in pieno a soddisfare le “alte” norme morali imposte dai tdg, (come tutti gli adolescenti ho passato la fase della masturbazione), mi sentivo in colpa e indegno di appartenere a quella che consideravo una casta di meritevoli.
Ma una cosa mi ha sempre tenuto incollato a questo gruppo: usavano la Bibbia, ed io istintivamente adoravo questo libro Sacro, mi piaceva leggerlo e soprattutto mi piaceva provare a comprenderlo. E, siccome le loro spiegazioni avevano una logica stringente, e, d’altro canto, essendo impossibile o quasi servirsi di fonti extra organizzative per fare confronti, accettare tutto quel che era servito nel piatto diventava la soluzione più conveniente.
Io volevo servire Dio, questo era l’unico obiettivo della mia vita. Ma senza accorgermene mi ero dedicato al servizio di un’organizzazione umana. Per questo motivo, una volta finite le scuole superiori, da cui sono uscito come il miglior studente maschio dell’anno, ho rifiutato di proseguire gli studi all’università, come avrebbero voluto molti miei insegnanti, e ho rifiutato perfino dei lavori ben remunerati. Essendo un agrotecnico, ricevetti una proposta per dirigere una serie di serre floro-vivaistiche che commerciava in tutta Europa. La paga (nel 1993) era di 5.000.000 di lire mensili, ma il prezzo da pagare era la disponibilità a lavorare in qualsiasi momento, sabati e domeniche inclusi. Si sa, le piante e i fiori non hanno orari …ma i tdg hanno le adunanze, il servizio e tutte le altre attività.
Così ho accettato un lavoro come operaio di una tipografia (la mia paga era di 750.000 lire mensili) e sono andato avanti. Dopo non molto, forse notando le mie buone capacità, il datore di lavoro mi propose di occuparmi del nuovo magazzino che stavano allestendo, promettendomi una paga migliore (2.500.000) ma chiedendomi una maggiore disponibilità. Cosa pensate abbia fatto? Da buon tdg, essendo insoddisfatto di lavorare a tempo pieno, non solo rifiutai l’offerta, ma dietro suggerimento di un sorvegliante viaggiante chiesi il lavoro part-time. Il datore di lavoro, pur di non perdermi, acconsentì, e il mese dopo (Aprile 1995) iniziai a fare il pioniere. Poco dopo arrivò la nomina di servitore di ministero, e io, sempre più inghiottito nel vortice dell’organizzazione, accettai il trasferimento in una congregazione poco distante per servire lì dove il bisogno era maggiore. Ci andai in buona compagnia, mio fratello carnale, anche lui pioniere regolare e un nuovo diplomato della Scuola di addestramento per il Ministero. Con loro ho condiviso due anni della mia via e un appartamento. Nel frattempo mantenevo il mio vecchio lavoro, perché trovare un altro lavoro part-time era difficile, per cui valeva la pena percorrere tutti i giorni i 50 km per andare e tornare dal lavoro.
Sono stati due anni di sacrifici, soprattutto economici, ma senza dubbio utili a capire che la vita può essere dura. In questo frangente mi sono anche fidanzato con la donna meravigliosa che è diventata mia moglie. Dal momento che la situazione economica (sia sua che mia) era penosa, sei mesi prima del matrimonio decisi di interrompere l’attività di pioniere regolare e, per tirar su un po’ di soldi, ripresi il lavoro a tempo pieno.
Mia moglie, ovviamente, continuava a fare la pioniera regolare, non avevamo rinunciato alle nostre mete, volevamo diventare una coppia di pionieri che si metteva a disposizione delle congregazioni con maggior bisogno. Per questa ragione, rinunciammo ad avere una casa tutta nostra e accettammo l’ospitalità dei miei genitori vivendo praticamente in un seminterrato per due anni. Perché? Perché un anno dopo il matrimonio fui nominato anziano di congregazione e, in accordo con il sorvegliante viaggiante, demmo disponibilità a seguirlo nella sua prossima destinazione. Eravamo praticamente pronti. Avevo già scritto la lettera di dimissioni dal lavoro, conoscevamo anche la nostra destinazione (un paese in provincia di Lecco), quando arrivò la notizia della prima gravidanza di mia moglie. Penso spesso che quell’evento sia stato una specie di “intervento dall’alto“, visto che in quel periodo, per non correre rischi, facevo uso del profilattico.
Vi giuro che mi si spezzarono le gambe, tutto avrei accettato, ma un figlio era veramente l’ultimo dei nostri pensieri, e diventò anche il primo dei nostri successivi guai. (Ovviamente il pensiero odierno è cambiato; oggi sono molto, molto felice di aver avuto dei figli)
Primo, rinunciai al nuovo incarico. Non partimmo più. Ma la casa dove stavamo con i miei non avrebbe supportato l’arrivo di un bebé, e poi vivevamo in uno scantinato! Per non parlare dei problemi economici che si presentarono all’orizzonte. Infine, ci furono i problemi caratteriali tra mia moglie e mia madre, che, appena nato nostro figlio, tentò di intromettersi troppo nella nostra vita, manovrando tutte le nostre scelte. Tentai di parlare con mia madre, ma la frittata era ormai fatta, e, in un momento di rabbia, mia madre ci disse di fare le valigie e di trovarci una nuova sistemazione.
In quei primi due anni di matrimonio io e mia moglie non avevamo mai girato per casa in mutande, ma ora, per usare un eufemismo, eravamo rimasti veramente in mutande, cioè senza un tetto sotto cui stare e con un figlio di un mese appena.
Nel giro di pochi giorni trovai una vecchia casa senza riscaldamento (c’era una sola stufa a legna che doveva riscaldare tre piani!) e ci stabilimmo lì, con tanti dubbi sul nostro futuro e tanti debiti da pagare …
Ma le sorprese non erano ancora finite, pochi mesi dopo mia moglie era di nuovo in attesa di un figlio. Io continuavo a fare l’anziano, lasciando spesso mia moglie da sola per “pascere il gregge”. Ero un oratore pubblico molto richiesto, in tre anni di attività ho pronunciato circa 70 discorsi pubblici, compresi discorsi speciali e commemorazioni. Avevano cominciato ad affidarmi dei discorsi anche alle assemblee e la mia “carriera” spirituale sembrava proseguire piuttosto bene, ma non tutto filava per il verso giusto…
La nascita del nostro secondo figlio, unita ad alcune complicazioni del parto e alla successiva morte di suo padre, aveva fatto cadere mia moglie in una profonda depressione. E nel frattempo io ero sempre più impegnato con le faccende della congregazione. Vivevo situazioni di sempre maggior disagio. La mancanza di preparazione, di vero amore fraterno e di genuino interessamento nei confronti dei bisogni altrui che vedevo in molti miei “colleghi” anziani, unita alle scenate di gelosia che sfociavano in veri e propri litigi fra loro in alcune adunanze del corpo degli anziani mi portavano sempre più spesso a farmi domande del tipo: “E’ questo il comportamento da veri cristiani?”. Il fatto poi di entrare di più nel privato della vita di molti fratelli mi fece notare in modo inequivocabile che molti di loro non servivano Dio in modo sincero, ma come i loro stessi pastori “dichiaravano pubblicamente di conoscere Dio, ma lo rinnegavano coi fatti”. - Tito 1:16.
Quando anche il mio più caro amico perse la nomina di anziano, allora anche la terra sotto i miei piedi cominciò a vacillare. Mi ritrovai a combattere da solo contro gli atteggiamenti spesso dispotici degli altri anziani, subivo le gelosie e le invidie di alcuni “fratelli” più anziani di me di età a cui erano stati negati i privilegi e che non perdevano occasione per criticarmi anche pubblicamente. Mia moglie stava sempre peggio e si stava isolando sempre di più ed io, che avevo già due bambini, passavo le notti a studiare la Bibbia e le pubblicazioni, a leggere le circolari della WTS, a preparare le parti delle adunanze e i discorsi e non mi “godevo” minimamente la gioia di essere padre. Cosi sono “scoppiato”. Mi presentai un giovedì sera all’adunanza e rassegnai le dimissioni da anziano di congregazione, e con effetto immediato. Gli altri non volevano (forse perché faceva comodo avere qualcuno che lavorava anche per loro), e congelarono la situazione fino all’arrivo del sorvegliante di circoscrizione, che, nel frattempo, era cambiato. Il nuovo sorvegliante comprese la situazione e ufficializzò le mie dimissioni.
Finalmente libero da tanti impegni ricominciai ad occuparmi della mia famiglia ed iniziai, insieme al mio caro amico, ad analizzare le Scritture e a capire che qualcosa non quadrava negli insegnamenti dei tdg. Passammo molte serate in buona compagnia con lui e sua moglie. E, mentre ci facevamo compagnia approfondimmo alcuni aspetti dottrinali. Negli ultimi tempi si era sviluppato in entrambi il pensiero che forse gli insegnamenti andavano rivisti cambiando proprio il loro punto fermo di partenza. Non era giusto partire dal presupposto “noi abbiamo ragione e gli altri torto”, perché così facendo, era facile applicare a tutte le religioni diverse dai testimoni le colpe e gli errori e ritenere automaticamente tutto vero e giusto che veniva insegnato nell’organizzazione. La domanda di partenza diventò: è giusto e veritiero ciò che crediamo? In armonia con gli insegnamenti della Bibbia?
Dal momento che era difficile sbrogliare la matassa, convenimmo che bisognava trovare un ordine. E l’ordine fu che innanzitutto ogni credenza deve essere vagliata confrontandola con gli insegnamenti e l’esempio lasciatoci da Cristo.
Poi, senza paura di essere smentiti, ogni credenza, doveva poggiare su un valido fondamento.
I dubbi e le perplessità vennero a galla in poco tempo, sia perché perfino molti insegnamenti apostolici si discostavano già da quello originale di Cristo, sia perché spesso i testimoni venivano smentiti da autorevoli fonti “del mondo” accettate da tutti tranne che da loro.
Faccio alcuni brevi esempi:
Se Gesù disse “Non sta a voi acquistar conoscenza dei tempi e delle stagioni che il Padre ha posto nella propria autorità, perché affannarsi così tanto per riuscire a “indovinare” date impossibili? A che pro, visto che chi serve Dio lo fa non in vista della ricompensa ma per amore e riconoscenza?
Se Gesù insegnò “Siete tutti fratelli… non siate chiamati rabbi né condottieri” perché erano stati istituiti nelle congregazioni gli ordini gerarchici degli anziani e servitori di ministero con ruoli predeterminati? Perché erano state escluse le donne? E perché i testimoni avevano addirittura esteso questo modo di fare frammentando se possibile ulteriormente le classi dirigenziali, inventandosi Sorveglianti di distretto, di circoscrizione, pionieri, missionari ecc…?
Se Gesù, che aveva definito gli scribi e farisei “progenie di vipere”, condannandoli irrimediabilmente, non si era astenuto dall’accettare un invito a pranzo ricevuto da un fariseo, perché noi dovevamo rifiutarci di mangiare con un “peccatore” e addirittura togliergli il saluto? Non aveva detto lo stesso Gesù “se salutate solo i vostri fratelli che cosa fate di straordinario?”
Se Gesù aveva, e più volte, ammonito di non giudicare gli altri, che necessità c’era di formare comitati giudiziari? E chi avrebbe potuto giudicare con libertà di parola, dal momento che siamo tutti peccatori? Non aveva insegnato a dare più valore alla misericordia piuttosto che al giudizio?
Se Gesù aveva detto che di tutte le pecore che era venuto a chiamare avrebbe poi formato “un solo gregge sotto un solo pastore”, perché suddividere i credenti in due classi con speranza diversa, come se fossimo servitori di serie A e serie B, stabilendo per giunta che la separazione tra le due speranze dipendeva da una data che nelle Scritture non trova nessun riscontro? Semmai doveva esserci una separazione, non sarebbe dovuta dipendere dall’impegno e dall’amore che ognuno avrebbe messo nella propria adorazione? Le parabole delle mine e dei talenti non alludevano proprio a questo? E gli operai dell’ultima ora non sarebbero stati pagati come quelli che avevano lavorato per tutto il giorno? Quindi, perché discriminare?
Queste e molte altre considerazioni ci fecero,nei mesi che seguirono, intensificare l’analisi che facemmo delle dottrine dei tdg mettendole a confronto con lo spirito del cristianesimo che potevamo “sentire” leggendo i vangeli. E fu un periodo molto emozionante, felici di aver trovato la strada che conduceva ad un autentico tesoro: la verità, senza fronzoli e senza il necessario intervento esplicativo di qualcuno che si definiva portavoce di Cristo. (Luca 21:8)
Capire improvvisamente, “da soli”, tante verità fino a quel momento tenute nascoste era meraviglioso, ma contemporaneamente anche difficile da contenere. Era per noi fin troppo evidente che presto saremo finiti bruscamente nel tribunale inquisitorio della WTS, che entrambi conoscevamo molto bene.
Prima che questo potesse succedere, cominciammo a parlare con quelli che ritenevamo di vedute più aperte. Alla fine qualcuno andò a fare la “spia”.
Erano i primi giorni di marzo 2004 quando cominciammo a parlarne ad altri, il 4 luglio io ed il 5 lui siamo stati disassociati per dissenso ideologico (apostasia) dalla WTS.
Ricordo ancora il giorno del mio comitato giudiziario. Tutti e quattro gli anziani della congregazione si erano preparati per la mia “esecuzione“. Ma nessuno di loro era veramente preparato per affrontare una discussione con un “apostata”. Solo il presidente di quel comitato aveva avuto la lungimiranza di andare ad informarsi da un anziano di vecchia data e che aveva esperienze in fatto di comitati giudiziari ad apostati. Lui sì che sapeva in che modo andavo affrontato. Gli altri tre commisero l’errore di provare a discutere con me sulla ragione delle mie nuove vedute, pensando di potermi facilmente raggirare.
Per esempio, uno di loro disse che siccome Giovanni 10:16 parla di “altre pecore che non sono di questo ovile” doveva per forza trattarsi di una classe di persone con speranza diversa da quella celeste, al ché io gli chiesi se conosceva il significato della parola ovile (luogo chiuso in cui si custodiscono le pecore). Siccome fu lui stesso a fornirmi la definizione del termine, mi limitai ad aggiungere che evidentemente Gesù non parlava di due speranze, e, siccome le pecore erano sempre pecore (quindi della stessa classe), ciò che cambiava era la loro provenienza d’origine, perché il primo gruppo era quello dell’Israele naturale (infatti al v.3 Gesù evidenzia che nel primo ovile la porta gli era stata aperta dal portiere, cioè Giovanni il Battezzatore, precursore del Cristo), ma non era così per il secondo ovile, che quindi doveva rappresentare tutti i figli di Dio non discendenti dall’Israele carnale. Non parlò più.
Un altro ancora provò a mettermi in difficoltà con il versetto di Rivelazione 7:9. Risposi anche a lui, semplicemente facendo notare che la “grande folla” si trova davanti al trono di Dio, che è in cielo. E, siccome non riusciva più a venirne fuori, cominciò ad alzare la voce. Lo invitai a stare tranquillo e gli feci notare che avevo solo risposto alle sue domande. Gli chiesi: Se di fronte all’evidenza dei fatti capisci che c’è una netta divergenza fra la realtà logica delle Scritture e l’artificiosa interpretazione che ne dà la WTS, tu da che parte ti schieri? Lui mi rispose che avrebbe sempre seguito gli insegnamenti della Torre di Guardia. Fu allora che dissi: è per questo che sono giudicato? Perché ho deciso in coscienza di farmi guidare dalle Scritture e non dalla Torre di Guardia? Se è così che stanno le cose, abbiamo sbagliato nome! Non siamo testimoni di Dio, ma della Watch Tower Society!
Fu in quel momento che risuonarono forti le parole del presidente di quel comitato che , zittendo gli altri tre, intimò loro: Non siamo qui per discutere con quest’uomo su chi abbia ragione. La ragione ce l’abbiamo noi, e lui deve sottomettersi e riconoscere l’autorità del Corpo Direttivo o non può più essere considerato un testimone di Geova! Se non lo fa sa già quale sarà la sua fine. Ed è fortunato che non siamo sotto la legge mosaica, perché per un reato del genere meriterebbe la lapidazione!
La mia esperienza nei tdg finì in questo modo! Una sorte simile capitò anche al mio amico, che fu definito perfino “topo di fogna” da un anziano del suo comitato giudiziario.
Nei successivi giorni, settimane e mesi che seguirono la nostra disassociazione anche altri fratelli e sorelle di almeno 5 congregazioni della zona decisero di uscire dall’organizzazione! Ci organizzammo per continuare a studiare tutti insieme, e continuammo a comprendere “nuove” verità.
Dal momento che l’emorragia era grave, all’interno delle congregazioni della zona furono fatte circolare delle vere e proprie calunnie sul conto mio e del mio amico. Sapere della nostra disassociazione per apostasia, nonché di altri pionieri e servitori di ministero ritenuti esemplari, aveva suscitato non poca curiosità fra quelli che erano rimasti dentro. Diversi di loro ci contattarono per chiedere chiarimenti. Così, approfittando del fatto che in quel periodo mia moglie era al mare con i bambini, fu messa in giro la voce che ero stato dissociato per adulterio con una pioniera regolare (anche lei dissociata per apostasia). Non potendo fare lo stesso col mio amico, di lui fu detto che picchiava la moglie e la maltrattava.
Sono venuto a sapere di questo fatto perché un mio zio, non testimone, mi venne a chiedere conto di questo fatto, dal momento che due testimoni che avevano bussato a casa sua, avevano raccontato proprio questo episodio, facendo il mio nome. Peccato per loro che non sapessero che era mio zio!
Penso che i veri cristiani non farebbero uso della menzogna per far emergere la verità!
Dopo la mia disassociazione una delle prime cose che feci fu quella di procurarmi il libro “Crisi di coscienza”. Non lo avevo fatto prima semplicemente perché non volevo farmi condizionare dal pensiero di altri uomini. Rimasi stupito e profondamente amareggiato per quello che leggevo. Capivo che ciò che io avevo provato in piccolo, all’interno della congregazione, era lo stesso spirito che animava quest’organizzazione anche nei suoi vertici. Ma almeno adesso ero libero. L’anno successivo abbiamo organizzato una “commemorazione” parallela a quella dei tdg, ci siamo ritrovati in più di 40 persone (quasi tutti ex) e abbiamo cercato di ripercorrere le orme dei primi cristiani, cenando insieme prima e ricordando la morte del nostro Signore dopo. E’ stato memorabile. Purtroppo l’idillio non è durato a lungo. Piano piano, diversi di loro si sono riorganizzati la vita, trovato nuove amicizie e ahimé anche smesso di interessarsi di Dio o della Sua Parola. Oggi penso che eravamo ancora troppo simili ai tdg! E penso anche che venire fuori da un organizzazione religiosa senza le giuste motivazioni non rende le persone migliori, perché la libertà è bella, ma richiede responsabilità, e fra i tdg, troppo pochi di loro sono abituati a cercarsi da soli la verità. E’ più facile mangiare la minestra che ti viene servita, anche se è sempre la solita minestra!
Vedere tanti di loro abbandonare Dio in questo modo, aveva portato allo scoraggiamento anche me e mia moglie. Anch’io sono arrivato a chiedermi se Dio esiste veramente e se si interessa veramente di noi. Nel frattempo è morta anche mia madre. Anche lei aveva infine capito gli inganni dei tdg e si era dissociata alcuni mesi dopo la mia esclusione.
Ma qualcosa stava nuovamente cambiando. Quando ormai cominciavo a non credere quasi più in Dio,e, semmai c’era, era molto lontano da me, il mio amico è venuto a trovarmi, portando con sé un libro, “Abbracciata dalla luce”, scritto da una donna che ha provato l’esperienza dello stato di quasi morte (NDE).
La lettura di questo libro ha avuto su di me lo stesso effetto che avrebbe il trovare una fonte d’acqua in un deserto!
Mi ha ridato motivazioni, desiderio di comprendere, voglia di ricercare la verità.
Ho cominciato a pormi tante domande, soprattutto sulla nostra natura spirituale. Mi sono lentamente avvicinato a questo mondo, quello degli spiriti. Ho ripreso ad analizzare le Scritture ed ho notato che fra le Scritture e gli insegnamenti dello spiritismo non vi è una grande distanza. In realtà sembrano l’uno il seguito dell’altro. Certamente, ho dovuto nuovamente “resettare” le mie convinzioni, accertandomi innanzitutto che la parola spiritismo non ha per forza un significato negativo. Ha come principio la credenza che esistano relazioni fra il mondo visibile e quello invisibile. Anche le scritture danno risalto a questo, e in più occasioni. In fondo è scritto che dobbiamo “rivolgere lo sguardo non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono. Poiché le cose che si vedono sono temporanee, ma le cose che non si vedono sono eterne”. - 2 Corinti 4:18
Da allora ho compreso molte altre cose, che siamo molto più antichi di quanto immaginiamo, abbiamo un bagaglio di esperienze di vite già vissute e che, ad ogni vita, continuiamo il nostro viaggio verso la meta: il nostro eterno luogo di dimora nei cieli. Ma il viaggio (cioè le nostre esperienze) vale più della meta. Perché non si diventa angeli senza aver provato di persona le sofferenze e le difficoltà. Perfino il più grande, Gesù stesso, “imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì”(Ebrei 5:8).
Non esiste nessun limite ai tanti modi in cui Dio si fa conoscere, ad ognuno secondo la propria necessità e secondo il proprio grado di comprensione, ragion per cui è inutile tentare di forzare un altro ad accettare un idea che egli ancora rinnega. Ha bisogno di tempo, forse di nuove vite. E in questo lungo ciclo di rinascite, la vera vita è quella spirituale, perché, in realtà, siamo tutti spiriti e questa è l’unica parte di noi che sopravvive e che continua a perfezionarsi, che le vite che facciamo, sulla Terra o in qualunque altro mondo Dio abbia creato (sono praticamente innumerevoli), in realtà sono morte, mentre ad ogni morte fisica corrisponde una risurrezione ed un ritorno a nostro Padre, che ci ama tanto e che, pur concedendoci molta libertà, non smette un attimo di interessarsi a noi, al nostro bene eterno e alla nostra crescita.
Ora gli parlo sentendomi suo figlio, non uno che teme la sua punizione, e sento le sue carezze, sento anche quando non è contento di me, ma il bene e il male sono entrambi a servizio della nostra crescita continuativa , per cui non vanno demonizzati. I “cattivi”, siano essi incarnati o no, sono semplicemente spiriti che ancora non lo conoscono abbastanza da riuscire ad innamorarsi di lui. Abbiamo spesso sentito parlare degli abitanti di Sodoma e Gomorra come esempio assoluto di cattiveria, malvagità e perversione. Beh, quegli uomini sono oggi angeli al servizio di Dio Padre, hanno anche loro imparato ad amarlo e hanno fatto il loro percorso.
Gli angeli sono nostri fratelli, e riescono a capirci più di quanto noi crediamo. Hanno già vissuto quello che viviamo noi. E hanno un’umiltà che nemmeno riusciamo a sfiorare.
Anche noi facciamo del bene, ma anche quando lo facciamo riceviamo sempre qualcosa in cambio, a volte siamo ripagati nella stessa misura, altre volte ci basta anche solo un grazie o semplicemente la soddisfazione la proviamo perché qualcuno parlerà o penserà bene di noi. Anche se è difficile ammetterlo, tutte queste cose affondano le loro radici nell’egoismo e nell’esaltazione di se stessi. Per gli angeli non è così. L’angelo lavora per i propri fratelli, spesso per fratelli più piccoli che, incarnati, non possono vederlo, sentirlo, spesso non si rendono nemmeno conto della sua esistenza e, anche quando lo sanno, non possono sapere in che modo e con quanto impegno questo angelo si prodiga a loro favore. Lavorano nel più assoluto anonimato. Della maggior parte di loro non verremo nemmeno a conoscere il nome per poterli ringraziare, perché non è questo il loro desiderio. Per una angelo, l’onore, la gloria ed il ringraziamento vanno a Dio, Padre di tutti gli spiriti, e, per loro, servire un loro fratello, anche piccolo, è come servire Dio stesso.
Penso che il mio personale cammino sia ancora molto lungo. Ma sono e sarò eternamente grato al Padre per essersi fatto trovare da me, e spero di riuscire ad amarlo con sempre maggiore intensità.
Voglio bene a tutti voi, con affetto, Andrea.