LA TRASMISSIONE DI DON MINUTI

In questo spazio si discute di argomenti di vario genere relativi ai Testimoni di Geova e che non sono inclusi nelle altre sezioni

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Mamy

LA TRASMISSIONE DI DON MINUTI

Messaggio da Mamy »

Avete seguito la trasmissione di Don Minuti ? E' stato molto interessante l'intervento del dott.Leoni . :bravo:
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palmina
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Messaggio da palmina »

ciao , non so' nulla di questa trasmissione,
di cosa si tratta?
La verità: non esistono né Satana, né altre influenze del male. Credere diversamente significa evitare responsabilità personale per pensieri, azioni e circostanze.
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Achille
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Messaggio da Achille »

palmina ha scritto:ciao , non so' nulla di questa trasmissione,
di cosa si tratta?
Si tratta della trasmissione sui TdG che ogni primo mercoledì del mese va in onda su "Radio Maria".
Trovi qui le registrazioni delle puntate fino al mese di giugno 2011:

http://www.vasodipandora.org/?q=taxonomy/term/21" onclick="window.open(this.href);return false;

A proposito: qualcuno sa come mai il sito "Vaso di Pandora" non viene più aggiornato?

Achille
"Tantum religio potuit suadere malorum".
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Francesco Franco Coladarci
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Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

Per chi volesse ascoltare la trasmissione sui TdG del 5/10/11 su Radio Maria oppure altre trasmissioni perse, questo è il link.
http://www.radiomaria.it/archivio_audio/login.php" onclick="window.open(this.href);return false;
Essendo una sezione riservata necessita della iscrizione, gratuita.
Franco
“Al di sopra del Papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.”
(Cardinal Joseph Ratzinger )

skype: el_condor4
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polymetis
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Note sulla trasmissione...

Messaggio da polymetis »

La trasmissione è fatta bene e spiega alcuni concetti basilari. In sintesi essa illustra lo spettro semantico del termine ebraico nefesh, che non indica MAI nell'Antico Testamento la parte spirituale dell'uomo, cioè quella che noi cattolici chiamiamo anima, ma indica varie cose tra cui il respiro, la vita, o la “persona” intera (e non la sua “anima spirituale”). Il problema nasce con il fatto che i testimoni di Geova traducono alcuni passi, come Ezechiele 18, corna "l'anima che pecca morirà", quando invece c'è scritto "la nefesh che pecca morirà", e poiché abbiamo detto che nefesh non indica MAI la parte spirituale dell'uomo ma soltanto l'uomo nella sua unità, cioè la persona, allora quel versetto dice semplicemente che le persone che peccano muoiono, al punto che nefesh si può tradurre con un pronome personale, e il versetto sarebbe meglio tradotto con "chi pecca morirà".
L'antropologia biblica infatti è stata molto studiata dagli storici del pensiero, ed e stato ampiamente dimostrato che nelle fasi più arcaiche della rivelazione, vale a dire le fasi più antiche del Vecchio Testamento, l'uomo non era concepito come possessore di un'anima immortale, bensì come un tutt'uno unitario. Ed è per questo che nefesh non indica mai quello che in italiano contemporaneo si intende con la parola "anima", bensì indica semplicemente la persona nella sua interezza, proprio perché non c'è una concezione duale dell'individuo in questa fase della rivelazione.
Il problema dunque sorge quando i testimoni di Geova decidono di tradurre nefesh con "anima", e sorge perché “anima” invece in italiano contemporaneo di solito indica proprio la parte spirituale ed immateriale dell'uomo, sicché il lettore italiano che legge questo versetto è portato a credere che l'anima (nel senso contemporaneo del termine) muore, quando invece questo versetto NON sta parlando di quello che i cattolici chiamano anima, che l'autore non sapeva neppure cosa fosse, bensì parla della persona nella sua interezza, e questo versetto perciò si limita semplicemente a dire che le persone che peccano muoiono.
Ma il testo di Ezechiele non fa alcuna affermazione sull'esistenza o meno di una parte spirituale dell'uomo e sulla sua mortalità o immortalità, cioè non dice niente su ciò che in italiano contemporaneo si chiama anima. Se i testimoni di Geova vogliono dirci che con la resa “anima” loro intendono l'uomo nella sua interezza, cioè la persona, dicendoci che noi non abbiamo un'anima bensì siamo un'anima, allora siamo d'accordo con loro nel dire che l'anima muore, perché non c'è dubbio che le persone muoiano. tutto dunque si gioca sulla corretta comprensione del termine nefesh, che poiché indica la persona nella sua totalità, indica una realtà certamente mortale.
Il problema è che quando i cattolici invece parlano di “anima”, non intendono solitamente la persona nel suo insieme, quindi dal fatto che Ezechiele 18 dica che l'anima muoia, non si può dedurre che l'anima così come cla oncepiscono i cattolici muore, perché quell’anima di Ezechiele è una traduzione di nefesh, cioè indica la persona nella sua totalità. Dunque il versetto significa semplicemente "la persona che pecca morirà", e sul fatto che le persone muoiano, siamo già tutti d'accordo.
C’è dunque una certa furberia nel tradurre con “anima”, basata sul fatto che le persone culturalmente ingenue rischiano di leggere questo versetto, pensare all'accezione di anima dell'italiano moderno, cioè parte spirituale dell'uomo, e leggere in questo versetto una conferma che tale parte spirituale muore. Invece in questo versetto c’è semplicemente scritto che l'anima, intesa come persona nel suo insieme (nefesh), muore; ma non è che l'anima come la intendiamo in italiano contemporaneo che muore, perché l'anima come intesa in italiano contemporaneo non appartiene a questa fase della Rivelazione, ed Ezechiele su essa non dice nulla.
Sappiamo infatti che il concetto di immortalità dell'anima, intesa come parte spirituale dell'uomo distinta dal corpo, è entrata in Israele relativamente tardi, gli studiosi oscillano nell'indicare una data tra il terzo e il secondo secolo a.C., ma comunque sia tale concetto si era già installato all'epoca di Gesù, al punto che Giuseppe Flavio che informa di come i farisei, la corrente allora principale, credeva all'immortalità dell'anima, nel senso di parte spirituale dell'uomo che sopravvive alla morte del corpo. Ai cattolici dunque non importa che l'autore di Ezechiele non sapesse cos'è un'anima in senso cattolico, perché ritengono che tale concetto non fosse stato ancora rivelato. Ciò che c'interessa è stabilire che in Ezechiele 18 non si parla di anima nel senso contemporaneo del termine, cioè una parte spirituale dell'uomo distinta dal corpo, ma si parla di una persona nel suo insieme, e dunque dire che l'anima muore equivale a dire la persona muore, si tratta cioè di un'ovvietà.

Da questo punto di vista dunque non ha il minimo senso che i testimoni di Geova continuino a dirci che gli studiosi di antropologia biblica hanno appurato che nell'Antico Testamento l'uomo è concepito in maniera unitaria, e che NON ha un'anima, perché lo sappiamo benissimo, e proprio per questo diciamo che siccome il testo di Ezechiele non parla di ciò che in italiano vuol dire “anima”, è improprio tradurlo così, proprio perché è invece in italiano l'anima rappresenta la parte spirituale dell'uomo.

È evidente dunque che la Torre di Guardia gioca furbescamente, perché trae in inganno i lettori culturalmente indifesi che scorgono nella traduzione anima il corrispettivo dell'anima di cui parla la Chiesa cattolica, e dunque ne traggono conclusione che quell'anima di cui parla la Chiesa cattolica muore, quando invece il testo di Ezechiele 18 non parla dell'anima spirituale, che Ezechiele neppure sapeva cosa fosse, bensì parla della persona nel suo insieme, ed è di quella persona che dice la mortalità. Vale dire che il testo banalmente esprime l'antico punto di vista secondo cui i peccatori sono invisi a Dio e dunque muoiono. Sono proprio gli studi sul fatto che l'uomo nell'Antico Testamento è un essere unitario e non un composto, a spiegare perché non si deve tradurre con anima, e la ragione è che la traduzione deve rendere un concetto comprensibile nella lingua di arrivo (l’italiano), mentre se qualcuno legge “anima” nella lingua di arrivo c’è il rischio che intenda anima nel senso di parte spirituale dell'uomo, e dunque ne deduca che quel tipo di anima muore, quando invece Ezechiele vuol solo dire che la persona che muore.
E infondo è proprio su questo che sperano di giocare i testimoni di Geova, non rendendosi conto che se affermano che nell'Antico Testamento l'anima non esiste così come la intendono i cattolici, allora non possono poi contemporaneamente usare quel testo per dire che l'anima di cui parlano i cattolici è mortale, perché hanno appena detto che l'Antico Testamento non parla mai dell'anima come intesa dai cattolici, dunque nessun testo potrà mai dire tale anima mortale. L'Antico Testamento infatti non conosce il concetto moderno di anima, bensì quello di nefesh come uomo nella sua interezza, oppure nefesh significa altre cose come vita, gola, profumo, che però qui non hanno attinenza.
Siamo dunque perfettamente d'accordo con i testimoni di Geova nella loro lettura dell'antropologia veterotestamentaria, quello che contestiamo è proprio il fatto che, partendo da tale antropologia, sia possibile rendere in italiano con “anima”, perché anima in questo versetto non è più una buona traduzione di nefesh, in quanto essa fa pensare che invece l'autore parli della parte spirituale dell'uomo, cioè il significato odierno del termine. È questo che si critica i testimoni di Geova, cioè l'uso che fanno di questo versetto sfruttando l'ambiguità del termine “anima” in italiano, e non la loro ricostruzione dell'antropologia veterotestamentaria.

Contestiamo poi ai testimoni di Geova anche l'idea che questa antropologia sia definitiva e valga per tutta la Rivelazione, noi riteniamo infatti, sulla base del fatto che l'immortalità dell'anima era entrata in Israele circa due\tre secoli prima di Cristo, che gli ultimi libri dell'Antico Testamento, ad esempio libro della Sapienza, così come il Nuovo Testamento, possano parlare tranquillamente di un'anima immortale concepita come distinta dal corpo. Certo permangono anche gli antichi significati di nefesh, e dunque la parola psychè può ancora indicare la persona nella sua interezza, o la vita, o l'energia vitale, ma arriva ad indicare anche l'anima così come la intendiamo noi. Sicché possiamo dire con col grande studioso di semantica biblica James Barr, passato alla storia come il demolitore dell’autorevolezza del GLNT, che “E’ ovvio che la risurrezione è assolutamente centrale nel nuovo testamento. Ma questo in sé non significa che l'immortalità come tale, o quella dell'anima, sia perciò negata o resa marginale.” (J. Barr, il giardino dell'eden e la speranza dell'immortalità, Brescia, 2008, Morcelliana, p. 140).

L'errore dei testimoni di Geova sta dunque nel fatto che non colgono la gradualità della rivelazione divina, e pretendono di dire che l'anima come la concepiscono i cattolici non esiste soltanto perché l'Antico Testamento non aveva ancora partorito questa concezione.
Si potrebbe obiettare a tutto quello che ho detto che anche in italiano la parola "anima" può indicare l'essere umano nella sua concretezza, e non semplicemente la sua parte spirituale, e che dunque tradurre "l'anima che pecca morirà", non sarebbe errato. La mia risposta è ci sono effettivamente alcuni casi, prodotti dal fatto che "anima" in latino può indicare anche la persona, in cui "anima" in italiano indica la persona intera.
Nelle espressioni ad esempio "un paese di 10.000 anime" oppure "sono andato al cinema, ma nella sala non c'era anima viva", effettivamente anima indica non la parte spirituale dell'uomo, ma “anima” vale per persona.
Se diamo alla traduzione di Ezechiele 18 questo senso, allora la traduzione non è più sbagliata, ma al contempo diventa impossibile usarla agli scopi per i quali invece la usano i testimoni di Geova. Se la traduzione “anima” in Ezechiele 18 volesse per l'appunto dire persona, allora da capo il versetto vorrebbe semplicemente dire che “la persona che pecca muore,” ed essa sarebbe l'equivalente di espressioni italiane come "poveretto! Era un'anima buona, ma adesso è morto.” E’ ovvio che un italiano contemporaneo che pronunci questa frase, ed io stesso potrei averla pronunciata molte volte, non si sta impegnando in dichiarazioni metafisiche per dire che crede alla mortalità dell'anima! In questi contesti infatti il termine "anima" è semplicemente un sinonimo di persona.
Ecco perché alcune vecchie traduzioni della Bibbia traducono “nefesh” con anima, si tratta di latinismi per intendere “persona” o “vita”. Ma, ripeto, se si ammette che nefesh indica la persona nella sua interezza, e non l’anima cattolica, diventa impossibile usare questo versetto per dimostrare che l’anima di cui parlano i cattolici muore, perché semplicemente il versetto non parla di “anima” nel senso moderno del termine. E’ la stessa ricostruzione lessicale del termine che i TdG danno a rendere impossibile di usarlo contro la dottrina dell’anima cattolica, perché dell’anima cattolica qui non si dice niente.
Vedete dunque perché se i testimoni di Geova insistono nel dire che l'Antico Testamento non conosce il concetto di anima cattolico, si danno solo la zappa sui piedi, perché ci testimoniano che nefesh vuole per l'appunto dire solo “persona nella sua interezza”, e che quindi il versetto, dicendo che la persona muore, sta semplicemente constatando quello che tutti vediamo, e non si sta affatto impegnando a fare dichiarazioni metafisiche sulla mortalità o meno di quella che noi oggi chiamiamo anima. Anche perché, proprio come testimoni di Geova insegnano, Ezechiele non sapeva neppure cosa fosse un'anima in questa accezione del termine. Dunque c'è una grave incompatibilità tra quello che testimoni di Geova dicono circa il significato di nefesh nell'Antico Testamento, e l'utilizzo che pretendono di fare di Ezechiele 18. Se infatti, come affermano giustamente, nefesh non indica mai la parte spirituale dell'uomo, è impossibile usare questo versetto per tentare di dimostrare che questa parte spirituale dell'uomo muore, perché semplicemente qui non si sta parlando di tale parte spirituale, e la traduzione "anima" sarebbe semplicemente un sinonimo di "persona", e che le persone muoiano è un’ovvietà.
Per fare un esempio a mo’ di esperimento mentale, sarebbe come se nell’italiano dell’anno 2500, tra 500 anni, la parola “persona” cambiasse significato, e iniziasse a significare quello che oggi significa “anima”, cioè la parte spirituale dell’uomo. Bene, anche papa Ratzinger nel 2011 potrebbe scrivere la frase “le persone malvagie muoiono”, e con questa frase certo non starebbe dicendo alcunché sull’anima, sulla sua esistenza o meno, sulla sua mortalità o meno, perché “persona” in italiano contemporaneo non significa “anima”. Il problema sorge però nel 2500, dove “persona” ha iniziato a significare ciò che 500 anni prima significava “anima”. Immaginate se ci fosse una religione di pazzi esaltati del 2500, chiamiamoli “benedettani”, che si dicono seguaci di Benedetto XVI, papa morto 500 anni prima, e che vanno in giro portando la frase del papa “le persone malvagie muoiono” come una prova che Benedetto XVI non credeva all’immortalità dell’anima, proprio perché nel 2500 “persona” ha lo stesso significato di anima oggi. Voi cosa rispondereste? Gli direste: “cari miei, non avete capito nulla, nel 2011 infatti “persona” non voleva dire quello che significa oggi, ma significava l’uomo nella sua interezza, quindi papa Benedetto XVI in quella frase non parla affatto della parte spirituale dell’uomo, ed è inutile citare quel versetto”.
Fine della parabola
La stessa cosa avviene oggi coi TdG. Essi traducono nefesh con “anima”, pur sapendo che nefesh indica solo l’uomo nella sua interezza, e pretendono contemporaneamente che questa traduzione possa dire qualcosa sull’esistenza o meno di ciò che con “anima” si intende nel 2011, non rendendosi conto che se, come ammettono loro stessi, nefesh all’epoca NON indicava la parte spirituale dell’uomo, e loro stessi dovrebbero essere i primi a riconoscere che Ezechiele in quel versetto non si pronuncia, non dice niente, su ciò che noi chiamiamo anima in italiano contemporaneo.
Questo non vuol dire però che l’anima come oggi noi la concepiamo allora non esiste, vuol solo dire che Ezechiele non la conosceva, essa infatti appartiene ad un’ulteriore fase della rivelazione.

Ad maiora
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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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brisa
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Messaggio da brisa »

Si potrebbe avere qualche esempio in cui psychè viene usato nel nuovo testamento secondo l'attuale significato cattolico?
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

Non solo è il senso "cattolico" di anima, è in generale il senso che questa parola assume nella lingua italiana contemporanea.
Non vedo quale sia la rilevanza della domanda comunque, visto che l'abuso di traduzione che fanno i TdG resta a prescindere dal cambiamento di paradigma escatologico avvenuto o meno in Israele.
Il fatto che sia fuorviante tradurre con "anima" Ez 18 dipenda cioè dal fatto che i TdG stessi ammettono che nefesh indica la persona nella sua unità, e dunque non indica quello che si intende con "anima" in italiano contemporaneo. Se dunque per ipotesi nel Nuovo Testamento nulla fosse cambiato nell'escatologia, ciononostante permarrebbe l'abuso di tradurre di Ez 18 con "anima", quando invece nefesh vuol dire "persona", e giocando furbescamente sul fatto che il lettore italiano invece leggerà "anima" nel senso cattolico, cioè parte spirituale dell'uomo.
Anche se la tua domanda è irrilevante, ti accontento volentieri, ma premetto che per capire come si fosse infiltrata l'immortalità dell'anima in Israele già da due o tre secoli prima di Cristo non occorre vedere frasi con all'interno "psyche". Anche noi possiamo dire frasi, dalle quali si capisce che crediamo all'immortalità dell'anima, senza per questo usare il termine anima. Del tipo: "Sono sicuro che mio nonno in questo momento è in paradiso e mi guarda". Una frase simile non impiega il termine anima, eppure è chiara a chiunque non si accechi volutamente, e così accade per la parabola del ricco epulone e Lazzaro pronunciata da Gesù, o per la promessa di Gesù fatta al buon ladrone. Sappiamo infatti che la punteggiatura dei TdG è abusiva, e lo sappiamo da confronto col resto della TNM, verificando in che punto i TdG mettono sempre la punteggiatura dopo "amen soi lego". Solo qui fanno eccezione, e così si dimostrano faziosi.
Ma veniamo a psychè. Già dissi che in Israele all'epoca di Cristo questo termine greco traduceva anche il concetto di un'anima distinta dal corpo. Ne fa esempio Giuseppe Flavio (37 d.C. –103 d.C.) descrivendo l'escatologia del partito di maggioranza, i farisei:

I Farisei …credono alla immortalità delle anime (ψυχαῖς), e che sotto terra vi siano ricompense e punizioni per coloro che seguirono la virtù o il vizio: eterno castigo è la sorte delle anime cattive, mentre le anime buone ricevono un facile transito a una nuova vita. I Sadducei invece ritengono che le anime periscano come i corpi. …..Gli Esseni, considerano l’anima immortale e credono di dovere lottare soprattutto per avvicinarsi alla giustizia. [Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, XVIII, 11-18].

Le Antichità Giudaiche ci testimoniano in un autore giudeo questo nuovo senso di psychè, concepita come distinta dal corpo. Nulla di strano dunque che in un'opera contemporanea alle Antichità Giudaiche, l'Apocalisse di Giovanni, si possano leggere frasi sull'anima dei martiri cristiani uccisi nelle persecuzioni:

"Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime (ψυχὰς) di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. E gridarono a gran voce:
«Fino a quando, Sovrano,
tu che sei santo e verace,
non farai giustizia
e non vendicherai il nostro sangue
sopra gli abitanti della terra?».
Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro.
"(Ap 6, 9-11)

Come si vede queste anime al cospetto di Dio sono vive e vegete. E non c'è alcun bisogno di fare salti mortali, come alcuni esegeti zeloti del vetero-paradigma cullmanniano hanno fatto, per cercare di schiacciare questo "psychè" sulla vecchia semantica vetero-testamentaria. Non c'è alcun bisogno di farlo, e anzi, sarebbe anacronistico provarci, proprio alla luce dell'avvenuto cambio semantico del significa di psychè che sopra abbiamo documentato, ad esempio proprio nel coevo Giuseppe Flavio.
Alcune mummie vetero-cullmanniane ad esempio avevano proposto di tradurre qui "psyche" con "vita", e quindi Giovanni avrebbe visto "le vite" dei martiri. Ma queste vite sono così poco plasmabili a questi artifici esegetici che parlano e discorrono con l'Agnello, mostrando d'essere coscienti.
Sicché, quando i TdG dicono che la nostra concezione dell'immortalità dell'anima non si può estrarre dalla Bibbia, in realtà tentano di appiattire tutta l'escatologia ebraica sul solo stadio della rivelazione vetero-testamentario, e non sono in grado di cogliere le novità che in Israele ormai s'aggiravano da un paio di secoli. Non si può più invocare cioè che i termini come "psyche" andrebbero interpretati "in maniera ebraica", per volerli appiattire sul significato di nefesh, perché non esiste affatto una "maniera ebraica" che sia diacronica, e che attraversi tutti gli stadi della rivelazione. SI dovrà perciò dire che la concezione duale dell'uomo è altrettanto ebraica che quella unitaria, semplicemente esse afferiscono a stadi diversi della storia d'Israele.

Ad maiora
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Messaggio da MatrixRevolution »

Secondo il mio modesto parere (di ascoltatore che le ha ascoltate tutte e scaricate e risentite più volte con il lettore mp3),
dato che la trasmissione è in diretta e quindi si verificano molti problemi tipici delle dirette, io consiglierei di prendere in considerazione la possibilità
di registrare tutta la trasmissione in differita.
Inoltre sarebbe interessante attivare un numero dedicato attivo 24h su 24h con segreteria delle telefonate da casa e poi scegliere le domande più interessanti e
commentarle in radio.
pavel43
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Messaggio da pavel43 »

per Poly

Paolo Filippesi 1

[23] Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio;

[24] d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.

Il NGCB commenta:
v.23 “essere sciolto dal corpo” , questa espressione significa semplicemente “morire” senza implicare l’idea di una separazione dell’anima dal peso del corpo; “per essere con Cristo” qui Paolo sembra intravedere un essere con Cristo in una qualche condizione (disincarnata) anteriore all’universale resurrezione. E’ incerto se questo fatto rappresenti un movimento di allontanamento dalla escatologia giudaica verso una concezione di tipo greco.

Spesso trovo nel NGCB note del genere aperte probabilmente a sempre più recenti confronti fra esegeti, devo quindi ritenere che questo caso riflette il tuo passaggio
Sicché, quando i TdG dicono che la nostra concezione dell'immortalità dell'anima non si può estrarre dalla Bibbia, in realtà tentano di appiattire tutta l'escatologia ebraica sul solo stadio della rivelazione vetero-testamentario
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Messaggio da brisa »

polymetis ha scritto: Non vedo quale sia la rilevanza della domanda comunque,
Anche se la tua domanda è irrilevante, ti accontento volentieri,
Quasi cinquanta righe per una domanda irrilevante sono un tantino eccessive, se la domanda avesse destato il tuo interesse avresti scritto un trattato di 300 pagine?

Comunque, la domanda nasce da una semplice considerazione delle tue parole (che a questo punto devo dedurre siano altrettanto irrilevanti), tu hai scritto:
Certo permangono anche gli antichi significati di nefesh, e dunque la parola psychè può ancora indicare la persona nella sua interezza, o la vita, o l'energia vitale, ma arriva ad indicare anche l'anima così come la intendiamo noi.
Direi dunque che non mi pare un peccato mortale chiedere quali sono i casi nel nuovo testamento in cui psichè indica l'anima secondo il suo significato più moderno.

Ora, tu hai portato alla mia attenzione l'Apocalisse di Giovanni prendendo per scontato che quei versetti descrivano letteralmente la condizione dei morti, ma poiché più volte ho letto critiche feroci sulle interpretazioni letterali di questo libro fatte dai testimoni di Geova, mi perdonerai se non mi accontento. Dunque, ci sono casi un po' più significativi nel nuovo testamento in cui la parola psichè non descrive "la persona nella sua interezza, o la vita, o l'energia vitale, ma arriva ad indicare anche l'anima così come la intendiamo noi"?

Naturalmente, se trovi la domanda troppo insignificante, puoi anche lasciare che a rispondere sia qualcun altro.
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Michele Ginanneschi
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Messaggio da Michele Ginanneschi »

Dato che stiamo parlando dell'immortalità o mortalità dell'anima, come spiegano i TdG il fatto che Pietro, Giacomo e Giovanni, sul Tabor videro Mosè ed Elia?
Erano già morti. Se era morta anche l'anima, come poteva questa essere lì davanti a loro?
L'impossibile non esiste.
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

“Quasi cinquanta righe per una domanda irrilevante sono un tantino eccessive, se la domanda avesse destato il tuo interesse avresti scritto un trattato di 300 pagine”
Non ho detto che la domanda non sia interessante, ho detto che è irrilevante riguardo all’oggetto del topic. Il mio intervento era volto a stabilire se il modo di tradurre Ez 18 operato dai TdG sia corretto, e se tale versetto possa essere impiegato o meno contro la dottrina cattolica. Ho mostrato che per valutare questi due quesiti, il problema di un cambiamento o meno di paradigma escatologico nel Nuovo Testamento non ha nessuna rilevanza. Infatti ciò che rende scorretto usare Ez 18, tradotto con “anima”, contro la dottrina cattolica, è semplicemente il fatto che i TdG stessi dicono che quel “anima” sta per “persona”, e dunque il versetto indica solo che le persone peccatrici muoiono. Vale a dire che la domanda da te fatta sul NT è irrilevante circa il problema da me esposto, perché l’abuso nell’usare in quel modo Ezechiele permane, quale che sia l’escatologia del NT.
“Ora, tu hai portato alla mia attenzione l'Apocalisse di Giovanni prendendo per scontato che quei versetti descrivano letteralmente la condizione dei morti, ma poiché più volte ho letto critiche feroci sulle interpretazioni letterali di questo libro fatte dai testimoni di Geova, mi perdonerai se non mi accontento”
Veramente non mi sembra d’aver mai parlato del modo in cui i TdG usano l’Apocalisse. Il testo ha diverse sezioni in cui ci sono immagini per le quali tutti concordiamo, essendo manifesto, che si tratti di simboli, ad es. la meretrice di Babilonia. Ma nel caso di “anime” non si vede cosa ci sia da allegorizzare, o che cosa dovrebbero simboleggiare. Al massimo è da non prendere alla lettera la cornice narrativa, cioè che queste anime davvero parlino, il che è un espediente letterario, ma è comunque un espediente letterario che ci permette di capire che le anime erano immaginate coscienti post-morte. Si potrà dunque dire di questa parabola più o meno lo stesso di ciò che papa Benedetto XVI affermò a proposito della parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro: “Nella descrizione dell’aldilà, che segue poi nella parabola, Gesù si attiene ai concetti correnti nel giudaismo del suo tempo. Pertanto non è lecito forzare questa parte del testo: Gesù adotta gli elementi immaginifici preesistenti senza con questo elevarli formalmente a suo insegnamento sull’aldilà. Approva, tuttavia, chiaramente la sostanza delle immagini. Pertanto non è privo d’importanza il fatto che Gesù riprenda qui le idee dello stato intermedio tra morte e risurrezione, che ormai erano diventate patrimonio comune del giudaismo.” (Gesù di Nazaret, Milano, 2007, Rizzoli, p. 254)

Bisogna far poi un importante distinguo, cioè tra i passi che secondo me parlano di anima, e quelli che inequivocabilmente parlano di anima. Perché se tu ti limiti a chiedermi quali versetti secondo me parlino di anime, potrei risponderti con Mt 10.28 “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima”. Se non fosse che, però, esistono altre letture di questo versetto, altrettanto possibili, anche fatte da biblisti cattolici, che non interpretano psychè nel senso di anima distinta dal corpo. In questo caso la mia lettura si differenzia da quella di codesti biblisti, anche cattolici, ma proprio perché il passo è disputato, sebbene a me possa sembrare si parli di anima, esso non può essere annoverato tra quelli che parlano di anima sicuramente.
Prendiamo comunque un altro riferimento semantico all’anima immortale, e per la precisione negli Atti. Giuseppe Flavio come abbiamo visto ci informa che i farisei credevano sia all’immortalità dell’anima, sia alla resurrezione, mentre i sadducei non credevano a nessuna di queste due cose. Luca negli Atti ci conferma questa cosa, dicendoci che i sadducei non credevano alla resurrezione, agli angeli, all’anima. Scrive Luca: “Poiché i sadducei dicono che non c’è né resurrezione, né angelo, né spirito (μήτε πνεῦμα), ma i farisei li dichiarano pubblicamente tutti” (At 23,8)

Quel “né spirito”, sembra proprio riferirsi alla parte spirituale dell’uomo, e ovviamente non è possibile pensare che “spirito” si riferisca all’uomo nella sua interezza, giacché come sarebbe possibile che i farisei dubitino dell’esistenza degli uomini?
Molti leggono il passo in maniera diversa, ipotizzando che quel “spirito” in realtà voglia parlare non dello spirito dell’uomo, ma di entità spiritiche, cioè esseri spirituali che non sarebbero Dio. Il problema di questa lettura è che il termine è al singolare, dunque Atti dice “non credono che ci sia spirito”, e non "spiriti”. Tradurre con “spiriti” non è perciò letterale visto che in greco c’è un singolare, ma può essere fatto, come fa la CEI, solo nell’ipotesi che questi “spiriti” siano le “anime”.
Comunque, siccome il NT non è un’isola linguistica, ma è scritto nel greco del I secolo, per accertarci se sulla bocca dei giudei grecofoni del primo secolo psychè potesse indicare l’anima come distinta dal corpo, non occorre rifarsi al Nuovo Testamento, perché è una cosa che si può verificare benissimo leggendo anche il resto della letteratura giudaica coeva scritta in greco. Sappiamo da Flavio, come appena documentato, che nel I secolo i farisei e gli esseni, cioè di gran lunga la maggioranza della popolazione, credevano ad un’anima che sopravvivesse alla morte del corpo. Sicché è già certo che nel I secolo il paradigma antropologico giudaico fosse in parte mutato rispetto all’epoca più arcaica dell’Antico Testamento. La letteratura intra-testamentaria dà ampia documentazione di ciò.

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brisa
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Messaggio da brisa »

Innanzi tutto chiedo scusa se ho interpretato male le tue parole, in effetti più che alla traduzione del versetto di Ezechiele ero interessato al tuo discorso sul cambiamento di significato della parola psichè. A questo riguardo però, mi pare di capire che perlomeno nel nuovo testamento questo cambio d'uso di psichè non è così evidente. Se mi dici che riguardo al passo di Matteo 10:28 esistono letture discordanti, se pure Atti 23:8 viene spiegato in diverse maniere, posso arrivare alla conclusione che in realtà l'utilizzo di psichè nel NT è nella maggior parte dei casi più vicino al significato di nefesh del VT?

Oltre a questo, se davvero, come spieghi tu, questo nuovo significato di psichè (relativo a una parte spirituale dell'essere umano) è attestato nella letteratura dell'epoca, se pure il punto di vista giudaico era cambiato, non è significativo il fatto che gli scrittori cristiani usino così di frequente psichè nel suo significato primitivo?

Era per questo che chiedevo se ci sono passi in cui psichè è utilizzata chiaramente con l'accezione odierna.
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Mario70
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Messaggio da Mario70 »

Dovremmo riflettere su queste scritture:

IEP lc 21:19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.

IEP Gv 12:27 Ora la mia anima (psikè) è turbata, e che devo dire?... Padre, sàlvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono venuto a quest'ora.

atti 20: 10 Allora Paolo scese, si buttò su di lui e abbracciandolo disse: «Non turbatevi, perché la sua anima (psikè) è in lui».

1 ts 5:23 23 Egli stesso, il Dio della pace, vi santifichi totalmente e tutto il vostro essere, spirito, anima e corpo, siano custoditi irreprensibili per la parusia del Signore nostro Gesù Cristo.
(ma l'anima non era lo spirito più il corpo?)

1 pt 1:22 Poiché avete purificato la vostra anima obbedendo alla verità che vi porta a un amore fraterno senza ipocrisia, amatevi costantemente gli uni gli altri con cuore puro

IEP 1 pt 2:25 Eravate infatti sbandati come pecore, ma ora siete ritornati al pastore che vigila sulle anime vostre.

IEP 2 pt 2:8 Infatti abitando, lui giusto, in mezzo a loro, sentiva la sua anima retta tormentata giorno per giorno da ciò che vedeva e udiva in opere inique:

romani 8:16 Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio.
(Lo Spirito santo attesta alla nostra forza vitale?)

1Co 2:11 Chi mai conobbe i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così pure i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio.
(la forza attiva dell'uomo conosce i segreti dell'uomo?)

Eb 12:9 Inoltre abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo forse molto di più al Padre degli spiriti per avere la vita?

Eb 12: 23 all'assemblea dei primogeniti che sono scritti nei cieli, a Dio, il giudice di tutti, agli spiriti dei giusti resi perfetti,

fil 2:10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra,
(se alla morte non vi è nulla, come fanno i morti a "piegare le ginocchia a Cristo?")

NRV 1 Co 14:32 Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti

1 pt 3: 18 Poiché anche Cristo morì una volta per i peccati, egli che era giusto, a favore di non giusti, affinché, messo a morte nella carne, ma vivificato nello Spirito, vi potesse condurre a Dio.
19 In esso andò a portare l'annuncio anche agli spiriti nella prigione,
20 a coloro che erano stati un tempo disobbedienti,
quando Dio nella sua longanimità attese, nei giorni di Noè, che fosse costruita l'arca, nella quale otto persone, in tutto, trovarono scampo dall'acqua,
(chi sono questi spiriti che al tempo di Noè furono disubbidienti?)

Mt 8: 11 Vi dico inoltre che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli,
12 mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre esteriori; là sarà pianto e stridore di denti».

Lc 20:37 E che i morti risorgono, lo ha affermato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice che il Signore è Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.
38 Quindi Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi, perché tutti vivono per lui».

Mt 22:32 "Io sono il Dio d'Abraamo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe"? Egli non è il Dio dei morti, ma dei vivi».
(Ma se i morti "cessano di esistere", in che senso tutti VIVONO per lui?)


LND 1 Co 6:20 Infatti siete stati comprati a caro prezzo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che appartengono a Dio.
(glorifichiamo Dio nella nostra forza vitale?)


ap 18: 13 cannella, spezie, profumi, unguenti, incenso, vino, olio, fior di farina, grano, buoi, pecore, cavalli, carri e persino i corpi e le anime di uomini.

ap 20:4 Poi vidi dei troni. A quelli che vi si misero seduti fu dato di giudicare. E vidi le anime di quelli che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non avevano adorato la bestia né la sua immagine e non avevano ricevuto il suo marchio sulla loro fronte e sulla loro mano. Essi tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni.

ap 6:9 Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che gli avevano resa.

ap 5:3 Ma nessuno, né in cielo, né sulla terra, né sotto la terra, poteva aprire il libro, né guardarlo. (Rev 5:3 NRV)

ap 5:13 Ed ogni creatura, in cielo, in terra, sotto terra e nel mare, e tutte le cose in essi contenute, udii esclamare: «A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode e onore, gloria e impero nei secoli dei secoli!».

Ciao :lingua:
"La cosa più triste è che molto spesso chi viene ingannato, o illuso, tende a rimanere strettamente ancorato a quello in cui crede nonostante le evidenze indichino chiaramente che la realtà è diversa. Forse è talmente affezionato alle sue credenze che preferisce chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a qualunque cosa possa farle vacillare."
(Torre di Guardia 1/9/2010 p 10)
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polymetis
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"Innanzi tutto chiedo scusa se ho interpretato male le tue parole, in effetti più che alla traduzione del versetto di Ezechiele ero interessato al tuo discorso sul cambiamento di significato della parola psichè. A questo riguardo però, mi pare di capire che perlomeno nel nuovo testamento questo cambio d'uso di psichè non è così evidente. Se mi dici che riguardo al passo di Matteo 10:28 esistono letture discordanti, se pure Atti 23:8 viene spiegato in diverse maniere, posso arrivare alla conclusione che in realtà l'utilizzo di psichè nel NT è nella maggior parte dei casi più vicino al significato di nefesh del VT?"
Io non ho detto questo, ho affermato semmai che, essendo la maggioranza dei passi equivoci, li si potrà interpretare o in base al vecchio paradigma, o in base al nuovo. Per questo mi ero limitato a citare passi dove a mio avviso è più chiaro che si tratti del nuovo significato. Poi, può darsi benissimo che il nuovo significato sia ovunque, semplicemente io non cito tali perché si possono dare altre letture. Bisogna c'è scegliere, per sapere come rendere i versetti ambigui, se leggerli alla luce dell'antico testamento, o invece alla luce della lingua greca usata dai giudei nel I secolo (es. Flavio), ed in base alle nuove credenze escatologiche sui giudei di questo periodo che sempre Flavio e il resto della letteratura intra-testamentaria ci documentano. A mio avviso è molto più sensata la seconda operazione.
"Oltre a questo, se davvero, come spieghi tu, questo nuovo significato di psichè (relativo a una parte spirituale dell'essere umano) è attestato nella letteratura dell'epoca, se pure il punto di vista giudaico era cambiato, non è significativo il fatto che gli scrittori cristiani usino così di frequente psichè nel suo significato primitivo"
Non ho detto questo, ho detto che gli altri passi sono ambigui e si possono interpretare in ambo i modi, cioè potrebbero essere tutti letti nel nuovo senso, o tutti nel vecchio. Leggere cose come "le psychai sono nelle mani di Dio" ad es. cosa vuol dire? "Le anime sono nella mani di Dio" oppure "le persone\le vite sono nelle mani di Dio"? Entrambi funzionano.

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francoleg
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Il "composto" dell'uomo nell'A e nel NT

Messaggio da francoleg »

brisa ha scritto:Innanzi tutto chiedo scusa se ho interpretato male le tue parole, in effetti più che alla traduzione del versetto di Ezechiele ero interessato al tuo discorso sul cambiamento di significato della parola psichè. A questo riguardo però, mi pare di capire che perlomeno nel nuovo testamento questo cambio d'uso di psichè non è così evidente. Se mi dici che riguardo al passo di Matteo 10:28 esistono letture discordanti, se pure Atti 23:8 viene spiegato in diverse maniere, posso arrivare alla conclusione che in realtà l'utilizzo di psichè nel NT è nella maggior parte dei casi più vicino al significato di nefesh del VT?
Oltre a questo, se davvero, come spieghi tu, questo nuovo significato di psichè (relativo a una parte spirituale dell'essere umano) è attestato nella letteratura dell'epoca, se pure il punto di vista giudaico era cambiato, non è significativo il fatto che gli scrittori cristiani usino così di frequente psichè nel suo significato primitivo?
Gli scrittori ispirati hanno utilizzato il termine psyché sia per sostituire i significati della parola nefesh e sia per riferirsi a quella parte spirituale ed immortale dell’uomo. I filosofi greci utilizzavano già dal IV secolo a.C. la parola anima (psyché) nel senso attuale del termine (vedasi gli scritti di Platone).
Per questo motivo bisogna capire bene il messaggio del Nuovo Testamento. Lo scrittore ispirato può parlare di anima in sostituzione del termine nefesh e allo stesso modo parlare di anima come la intendevano i filosofi greci. Sia chiaro, però, che il modo di concepire il “dopo la morte” da parte degli scrittori del Nuovo Testamento coincide solo in parte con il pensiero filosofico greco.
Il Nuovo Dizionario di Teologia Biblica (ed. Paoline, Roma 1988), a pagina 1591, riassume:

<<Detto in una forma sintetica, secondo l’antropologia semitica propria di quasi tutto l’A e il NT l’uomo non si può dire un composto, costituito da un’anima, principio spirituale, e da un corpo, principio materiale, come è invece dell’antropologia greca. (…)Non mancano tuttavia nella Bibbia testimonianze di un’antropologia dicotomica di ispirazione greca, esattamente là dove l’anima umana (psychè), contrapposta al corpo (sòma), sopravvive alla morte ed è compresa come una sostanza autosufficiente>>.

I filosofi greci, quando parlavano del composto umano si riferivano alla tricotomia platonico-aristotelica (spirito, anima e corpo), dove lo spirito rappresentava la parte più elevata dell’anima, quella che rendeva l’uomo, dopo la morte, simile a Dio! Gli scrittori del Nuovo Testamento non ci hanno comunicato lo stesso pensiero, essi si attenevano alla dicotomia giudaica che riconosceva nell’uomo l’esistenza di un corpo e di un’anima, mentre lo spirito umano (ebraico: rùach, greco: pnèuma) rappresentava principalmente, come anche nell’Antico Testamento, il respiro vitale necessario all’uomo per vivere.
Servendoci di un’equazione matematica, possiamo indicare come era considerato il composto dell’uomo in cui credevano gli scrittori dell’Antico Testamento:

essere vivente o anima vivente (nèfesh hayyah) = corpo (basar) + spirito (rùach, quest’ultimo frutto del neshamah, cioè il respiro che viene da Dio)

infatti Genesi 2:7 dice:

"allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita [neshamah] e l’uomo divenne un essere vivente [nefesh hayyah] ". (CEI).

Il Grande Lessico dell’Antico Testamento, volume 1, pagina 1750, conferma:

<<In modo che l’uomo sia nèfesh, “essere vivente”, finché nel basar si trova la sua rùach, “spirito”, che Dio vi ha insufflato per mezzo della sua neshamah, “respiro”>>.

Se nell’Antico Testamento era il nefesh (anima) ad indicare l’essere tutto intero, nel Nuovo Testamento, invece, anche la psychè (anima) fa parte dell’essere:

essere = corpo (sòma) + spirito (pnèuma) + anima (psychè)

Anche quest’ultima equazione è chiaramente dimostrata da un passo biblico:

1 Tessalonicesi 5:23:"Egli stesso, il Dio della pace, vi santifichi totalmente e tutto il vostro essere, spirito, anima e corpo (…)." (Nuovissima Edizione Paoline).

In questo caso la parola “anima” non può significare “vita”, perché è grazie all’unione di questi tre elementi (spirito, anima e corpo) che si ottiene la vita, si diventa cioè un essere vivente. È chiaro dunque che, in questo caso, lo scrittore sacro intendeva, con anima, una parte spirituale dell’uomo.
Attenzione a non confondere questa descrizione del composto umano con quella della tricotomia greca! Paolo pensa allo spirito alla maniera dell’Antico Testamento, niente a che vedere con lo spirito in cui credevano i filosofi greci!
Come conseguenza a quanto fin qui descritto, risulta chiaro che se viene chiesto:
brisa ha scritto: Era per questo che chiedevo se ci sono passi in cui psichè è utilizzata chiaramente con l'accezione odierna.
Giustamente Polymetis riporta come esempio Matteo 10:28, dove Gesù usa il termine “anima” per indicare una parte del composto dell’uomo che intendeva Paolo in 1 Tessalonicesi 5:23:

Matteo 10:28: "Non vi spaventate inoltre per quelli che possono uccidere il corpo, ma non possono uccidere l’anima. Temete piuttosto Colui chi ha il potere di far perire nella Geenna e l’anima e il corpo." (Nuovissima Edizione Paoline).

In questo caso psychè deve essere tradotto necessariamente con “anima” (attribuendogli cioè il significato di “anima immortale”) e non con “vita”. Gesù afferma che l’anima sopravvive anche dopo che il corpo è stato ucciso. Non sarebbe accettabile tradurre psychè con “vita”, perché uccidendo il corpo l’uomo perde anche la vita.
La Bibbia TOB infatti aggiunge:

<<Mentre il termine psychè equivale spesso a vita (Mt 10,39; 16,25-26), Matteo distingue qui corpo e anima (…). Egli non identifica anima e vita, poichè dovrebbe distinguere due specie di vita, ciò che non fa assolutamente>>. (TOB, nota “n”, p. 2206).

Ecco l’obiezione dei TdG a questa spiegazione:

<<Dato che in caso di morte i servitori di Dio hanno la speranza della risurrezione, essi sperano di vivere di nuovo come “anime” o creature viventi. Perciò Gesù poté dire che “chi perde la sua anima [la sua vita come creatura] per amor mio e della buona notizia la salverà. Realmente, che giova a un uomo guadagnare tutto il mondo se perde l’anima sua? Che darebbe, realmente, un uomo in cambio dell’anima sua?” (Mr 8:35-37) E disse anche: “Chi ha affetto per la sua anima la distrugge, ma chi odia la sua anima in questo mondo la salvaguarderà per la vita eterna”. (Gv 12:25)
Questi e altri versetti simili indicano il corretto intendimento delle parole di Gesù in Matteo 10:28: “Non abbiate timore di quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può distruggere sia l’anima che il corpo nella Geenna”. Gli uomini possono uccidere il corpo, ma non possono uccidere per sempre la persona, in quanto vive nel proposito di Dio (cfr. Lu 20:37,38) e Dio può ridare e ridarà al fedele la vita come creatura mediante una risurrezione. Per i servitori di Dio, la perdita dell’“anima”, o vita come creatura, è solo temporanea, non permanente. – Cfr . Ri 12:11.
(…) D’altra parte, Matteo 10:28 dice che Dio “può distruggere sia l’anima [forma di psychè] che il corpo nella Geenna”. Questo dimostra che psychè non si riferisce a qualche cosa di immortale o indistruttibile>>.
(Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1, p. 139).

Per quanto riguarda il modo di tradurre questo versetto, c’è da dire che Dio, se vuole, può comunque distruggere l’anima, ma per amore e fedeltà al testo originale, il verbo greco apollumi va tradotto con “perire” e non con “distruggere”. I TdG lo sanno benissimo, perché proprio Matteo al capitolo 10 versetto 6 e al capitolo 15 versetto 24, usa lo stesso verbo per indicare le pecore “perdute” a cui bisogna far riacquistare la fede. Anche la TNM, in questi casi, non usa il verbo “distruggere”, ma “smarrire”:

Matteo 10:6: "ma andate piuttosto di continuo alle pecore smarrite della casa d’Israele." (TNM).
Matteo 15:24: "Rispondendo, egli disse: “Io non sono stato mandato se non alle pecore smarrite della casa d’Israele”." (TNM).

Attribuire poi al termine anima il significato di “vita futura” è assolutamente sbagliato. Ciò che i TdG non vogliono capire è che, ai tempi di Gesù, psychè poteva significare anche “anima immortale”. È del tutto inutile, dunque, appoggiarsi a quei passi dove assume altri significati.
Da 1 Tessalonicesi 5:23 abbiamo compreso che lo spirito, l’anima e il corpo permettono all’uomo di vivere, lo rendono, ripeto, un essere vivente. In Matteo 10:28 Gesù menziona, facendo chiara distinzione, due di questi tre elementi: il corpo e l’anima. Applicarvi come fanno i TdG il significato di “vita” o di “vita futura” ad anima, significherebbe intendere il corpo come composto dell’anima e a questo punto non si capirebbe perché Dio può distruggere sia l’anima, che sarebbe la vita in questo caso, che il corpo, quando poi distruggendo l’anima (la vita) si eliminerebbe di conseguenza anche il corpo.
È logico credere che Gesù faccia riferimento al “subito dopo la morte” e non ad una “vita futura”.

Il passo parallelo di Matteo 10:28 è Luca 12:4,5 che dovrebbe eliminare qualsiasi altro dubbio in proposito:

"4Inoltre, dico a voi, amici miei: Non abbiate timore di quelli che uccidono il corpo e dopo ciò [cioè dopo avervi tolto la vita]non possono fare nient’altro. 5Ma vi indicherò io chi temere: Temete colui che dopo aver ucciso [cioè dopo avervi tolto la vita] ha l’autorità di gettare nella Geenna. Si vi dico, temete Lui." (TNM).

Notate: al versetto 4 Gesù sta parlando del subito dopo la morte, infatti dichiara che gli uomini possono ucciderci (ora) e dopo ciò (cioè subito dopo la morte) non possono fare più nulla. Al versetto 5 Egli confronta l’intervento divino con quello degli uomini: anche Dio può ucciderci (ora), ma, a differenza degli uomini, dopo aver ucciso (cioè subito dopo la morte) ha il potere di gettare l’anima nella Geenna!
Guardate come la Nuovissima Edizione Paoline traduce accuratamente i versetti sopra visti:

Luca 12:4,5: "4A voi, amici miei dico: Non temete coloro che possono togliervi la vita, ma non possono fare niente di più. 5Vi dirò invece chi dovete temere: temete colui che, dopo la morte, vi può gettare nella Geenna. Si, è vero, è costui che dovete temere."

I filosofi greci quando parlavano del composto dell’uomo, riferendosi all’anima e al corpo, utilizzavano espressioni simili a quelle di Gesù, anche se le loro convinzioni sul futuro dell’anima erano molto diverse.
Gesù era a conoscenza di tutto ciò ed avrebbe senz’altro utilizzato espressioni diverse nel parlare ai suoi uditori se quelle non fossero state le sue intenzioni!
"A quale generazione si riferiva Gesù? Alla generazione di persone in vita nel 1914. I rimanenti di quella generazione saranno ancora in vita quando verrà la fine di questo sistema malvagio." (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, 1982, p. 154)
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polymetis ha scritto:...
OK, direi che è chiaro. Grazie.
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francoleg ha scritto:...
I filosofi greci quando parlavano del composto dell’uomo, riferendosi all’anima e al corpo, utilizzavano espressioni simili a quelle di Gesù, anche se le loro convinzioni sul futuro dell’anima erano molto diverse.
Gesù era a conoscenza di tutto ciò ed avrebbe senz’altro utilizzato espressioni diverse nel parlare ai suoi uditori se quelle non fossero state le sue intenzioni!
Gesù era un ebreo che parlava ad ebrei, dunque non ha mai utilizzato le espressioni dei filosofi greci. Usava nefesh. Bisognerebbe allora stabilire se nei suoi discorsi nefesh avesse un significato diverso da quello con cui era utilizzata nel VT.
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"Gesù era un ebreo che parlava ad ebrei, dunque non ha mai utilizzato le espressioni dei filosofi greci."
Io non so se Gesù abbia mai citato filosofi greci nella sua vita, ma mi chiedo in base a che cosa tu lo escluda dicendo che "era ebreo"?
Gli Ebrei non possono citare filosofi greci? Maimonide ad esempio, non cita Aristotele ad ogni piè sospinto? La Giudea di allora era profondamente ellenizzata, e il greco era parlato anche dal popolo, sicché non vedo proprio perché il fatto che Gesù fosse ebreo debba escludere la sua possibilità di citare filosofi greci. Questa bipartizione tra gli sporchi filosofi greci da una parte ed i pii giudei dell'altra è un'altra delle sciocche invenzioni della WTS. San Paolo ad esempio, che era ebreo pure lui, cita l'inno ad Zeus di Cleante, capo della scuola filosofica stoica, nel suo discorso all'Areopago.
Quanto a Gesù, in vita i Vangeli non ci testimoniano abbia mai citato nulla di greco, ma nella sua apparizione a San Paolo lo fa. «Saulo. Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo » (At 28,14). Abbiamo qui, messa in bocca a Gesù, un'espressione che viene dalla tragedia greca. Si trova quasi alla lettera nell'Agamennone di Eschilo e, in forma molto simile, in una sua opera precedente, il Prometeo liberato.
Gesù pure in vita può aver assistito a tragedie greche, c'era un grande anfiteatro vicino a casa tua, a Sefforis, dove abitualmente andavano in scena. Nulla di strano che i giudei dell'epoca conoscessero la cultura greca, che allora era pan-mediterranee. La separazione netta tra cultura giudaica e cultura greca è solo frutto dell'ignoranza propinata dalla WTS coi suoi schemi semplificatori.
"Usava nefesh. Bisognerebbe allora stabilire se nei suoi discorsi nefesh avesse un significato diverso da quello con cui era utilizzata nel VT."
Ci sono anche altre parole ebraiche da considerare, ad es. ruah, tutto sta a vedere comunque cosa ci sia dietro agli psychè che vediamo nel testo greco. Ci sono più parole ebraiche possibili, e anche più parole aramaiche possibili, perché non è detto che Gesù parlasse ebraico.

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polymetis ha scritto:
"Gesù era un ebreo che parlava ad ebrei, dunque non ha mai utilizzato le espressioni dei filosofi greci."
Io non so se Gesù abbia mai citato filosofi greci nella sua vita, ma mi chiedo in base a che cosa tu lo escluda dicendo che "era ebreo"?
Non ho detto che Gesù non ha mai citato filosofi greci ma che non ha utilizzato le "espressioni" dei filosofi greci, in riferimento all'uso di psichè. Naturalmente si può anche cercar di far passare l'idea che predicasse al suo popolo in greco e che arringasse le folle con la lingua ellenica, o che in privato con i suoi apostoli, alcuni dei quali vengono in seguito riconosciuti dal loro accento, mettesse in un cantuccio la loro lingua madre. Tutto è possibile.
Quanto a Gesù, in vita i Vangeli non ci testimoniano abbia mai citato nulla di greco, ma nella sua apparizione a San Paolo lo fa. «Saulo. Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo » (At 28,14). Abbiamo qui, messa in bocca a Gesù, un'espressione che viene dalla tragedia greca.
Hai detto bene, è lo scrittore che mette in bocca a Gesù quelle parole. Uno scrittore che scrive in greco, ma che non prova di certo che se l'episodio citato è autentico, in quell'apparizione Gesù abbia davvero parlato in greco.
"Usava nefesh. Bisognerebbe allora stabilire se nei suoi discorsi nefesh avesse un significato diverso da quello con cui era utilizzata nel VT."
Ci sono anche altre parole ebraiche da considerare, ad es. ruah, tutto sta a vedere comunque cosa ci sia dietro agli psychè che vediamo nel testo greco. Ci sono più parole ebraiche possibili, e anche più parole aramaiche possibili, perché non è detto che Gesù parlasse ebraico.

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Non mi risulta che nelle Scritture ruah venga mai tradotto con psichè, ma siccome ammetto la mia ignoranza al riguardo potrei anche sbagliarmi.
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brisa ha scritto:
Non ho detto che Gesù non ha mai citato filosofi greci ma che non ha utilizzato le "espressioni" dei filosofi greci, in riferimento all'uso di psichè.
Se l'anima è una realtà dell'uomo, inevitabilmente religioni diverse, ma che credono nell'anima, si ritroveranno ad utilizzare "espressioni" simili. Gesù poteva esprimersi in quel mondo pur non avendo ascoltato alcun filosofo greco! Infatti ho detto che i filosofi greci utilizzavano "espressioni" simili a quelle di Gesù proprio per puntualizzare quanto appena detto, cioè avere un'idea comune basata sulla realtà dei fatti. I numerosi passi del Nuovo Testamento, dove è evidente la credenza nella sopravvivenza subito dopo la morte, confermano quello in cui credevano anche i filosofi greci: l'uomo possiede un'anima che continua a vivere subito dopo la morte del corpo. Non è un caso che anche il luogo dei morti, nel Nuovo Testamento, è chiamato Ade (la traduzione greca dell'ebraico Sceol), cioè lo stesso nome che davano i filosi greci al loro luogo dei morti.
Puntualizzo ancora una volta: espressioni simili per indicare una realtà comune ma con fini diversi!
"A quale generazione si riferiva Gesù? Alla generazione di persone in vita nel 1914. I rimanenti di quella generazione saranno ancora in vita quando verrà la fine di questo sistema malvagio." (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, 1982, p. 154)
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brisa
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Messaggio da brisa »

francoleg ha scritto:
brisa ha scritto:
Non ho detto che Gesù non ha mai citato filosofi greci ma che non ha utilizzato le "espressioni" dei filosofi greci, in riferimento all'uso di psichè.
Se l'anima è una realtà dell'uomo, inevitabilmente religioni diverse, ma che credono nell'anima, si ritroveranno ad utilizzare "espressioni" simili. Gesù poteva esprimersi in quel mondo pur non avendo ascoltato alcun filosofo greco! Infatti ho detto che i filosofi greci utilizzavano "espressioni" simili a quelle di Gesù proprio per puntualizzare quanto appena detto, cioè avere un'idea comune basata sulla realtà dei fatti. I numerosi passi del Nuovo Testamento, dove è evidente la credenza nella sopravvivenza subito dopo la morte, confermano quello in cui credevano anche i filosofi greci: l'uomo possiede un'anima che continua a vivere subito dopo la morte del corpo. Non è un caso che anche il luogo dei morti, nel Nuovo Testamento, è chiamato Ade (la traduzione greca dell'ebraico Sceol), cioè lo stesso nome che davano i filosi greci al loro luogo dei morti.
Puntualizzo ancora una volta: espressioni simili per indicare una realtà comune ma con fini diversi!
Il fatto è che difficilmente Gesù si espresse in quel modo. Difficilmente usò la parola psichè e altrettanto difficilmente usò la parola ade. Quelle sono parole che usa lo scrittore che scrive in greco o traduce in tale lingua. Ripeto, Gesù era ebreo, e logicamente si suppone che parlasse ebraico o aramaico, ma difficilmente si espresse, nei suoi discorsi rivolti a persone di varia estrazione e cultura, in greco. Poi, tutto è possibile.
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Mauro
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Messaggio da Mauro »

Ma esiste ancora? L'ascoltavo verso i primi anni 90, quando cercavo di capire e mi staccai dai tdg.

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francoleg
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Gesù conosceva e parlava la lingua greca

Messaggio da francoleg »

brisa ha scritto:
Il fatto è che difficilmente Gesù si espresse in quel modo. Difficilmente usò la parola psichè e altrettanto difficilmente usò la parola ade. Quelle sono parole che usa lo scrittore che scrive in greco o traduce in tale lingua. Ripeto, Gesù era ebreo, e logicamente si suppone che parlasse ebraico o aramaico, ma difficilmente si espresse, nei suoi discorsi rivolti a persone di varia estrazione e cultura, in greco. Poi, tutto è possibile.
Invece Gesù si espresse in quel modo, perché la spiegazione di Matteo 10:28 (vista sopra) lo conferma!
Forse lo fece in aramaico o in greco, ma quasi sicuramente non lo fece in ebraico.
La lingua madre di Gesù era l’aramaico ma parlava anche greco. L’ebraico era praticamente sconosciuto nella vita quotidiana di quel periodo. Quando nel 587 a.C. il re Nabucodonosor invase e distrusse Gerusalemme, deportò quasi tutto il popolo ebraico a Babilonia rendendolo schiavo. Fu solo nel 538 a.C che gli ebrei ritornarono in Palestina (grazie al re Ciro). Ma ormai le nuove generazioni conoscevano solo l’aramaico che si parlava a Babilonia. L’ebraico si mantenne solo come lingua scritta e compresa solo da persone colte. Gesù era sicuramente fra queste perché da Luca 4:16-19 comprendiamo che riuscì a leggere (in ebraico) il passo di Isaia. Però nel dare insegnamento alle persone comuni, sicuramente doveva tradurre in aramaico o in greco. Infatti anche il greco era una lingua conosciuta da Gesù perché era parlata in Palestina. Dal 331 a.C, dopo le conquiste in oriente di Alessandro Magno, il greco incominciò a diffondersi rapidamente.
Ma ci sono prove che Gesù abbia mai parlato in greco? Si! In questo momento mi vengono in mente queste tre:

1) In Marco 7:24-30 viene riportato il dialogo che ebbe Gesù con una donna della Fenicia, lì si parlava greco!
2) In Marco 5:1-20 si racconta che Gesù guarì un indemoniato della città di Gerasa. Anche questa una città greca, perché si parla di una mandria di porci, cioè di animali che erano proibiti nel territorio ebraico.
3) In Matteo 27:11 Gesù viene interrogato da Pilato. Un dialogo avvenuto sicuramente in greco e da come il racconto è riportato sembra che non ci siano stati interpreti.

C’è da considerare poi, l’evoluzione che hanno subito i termini ebraici sceol e nefesh. Anche se Gesù non avesse utilizzato gli equivalenti greci (Ades e psyché) ma proprio i termini ebraici originali (Sceol e Ades), bisogna comunque considerare che questi ultimi sicuramente si sono evoluti nel corso degli anni (dalla deportazione del popolo ebraico fino ai tempi di Gesù!) e quindi anche se Gesù avesse usato la parola Sceol e non Ades, nella parabola del povero Lazzaro e del ricco, cosa cambia nel suo reale significato? Secondo me nulla!
Ciao!
"A quale generazione si riferiva Gesù? Alla generazione di persone in vita nel 1914. I rimanenti di quella generazione saranno ancora in vita quando verrà la fine di questo sistema malvagio." (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, 1982, p. 154)
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MatrixRevolution
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E non dimenticate il GIGANTESCO problema dell'assenza di un'anima immortale (come vorrebbero i Geovisti) che si crea: https://forum.infotdgeova.it/viewtopic.p ... =13&t=7769" onclick="window.open(this.href);return false;
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brisa
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Messaggio da brisa »

francoleg ha scritto:
brisa ha scritto:
Il fatto è che difficilmente Gesù si espresse in quel modo. Difficilmente usò la parola psichè e altrettanto difficilmente usò la parola ade. Quelle sono parole che usa lo scrittore che scrive in greco o traduce in tale lingua. Ripeto, Gesù era ebreo, e logicamente si suppone che parlasse ebraico o aramaico, ma difficilmente si espresse, nei suoi discorsi rivolti a persone di varia estrazione e cultura, in greco. Poi, tutto è possibile.
Invece Gesù si espresse in quel modo, perché la spiegazione di Matteo 10:28 (vista sopra) lo conferma!
Forse lo fece in aramaico o in greco, ma quasi sicuramente non lo fece in ebraico.
La lingua madre di Gesù era l’aramaico ma parlava anche greco. L’ebraico era praticamente sconosciuto nella vita quotidiana di quel periodo. Quando nel 587 a.C. il re Nabucodonosor invase e distrusse Gerusalemme, deportò quasi tutto il popolo ebraico a Babilonia rendendolo schiavo. Fu solo nel 538 a.C che gli ebrei ritornarono in Palestina (grazie al re Ciro). Ma ormai le nuove generazioni conoscevano solo l’aramaico che si parlava a Babilonia. L’ebraico si mantenne solo come lingua scritta e compresa solo da persone colte. Gesù era sicuramente fra queste perché da Luca 4:16-19 comprendiamo che riuscì a leggere (in ebraico) il passo di Isaia. Però nel dare insegnamento alle persone comuni, sicuramente doveva tradurre in aramaico o in greco. Infatti anche il greco era una lingua conosciuta da Gesù perché era parlata in Palestina. Dal 331 a.C, dopo le conquiste in oriente di Alessandro Magno, il greco incominciò a diffondersi rapidamente.
Ma ci sono prove che Gesù abbia mai parlato in greco? Si! In questo momento mi vengono in mente queste tre:

1) In Marco 7:24-30 viene riportato il dialogo che ebbe Gesù con una donna della Fenicia, lì si parlava greco!
2) In Marco 5:1-20 si racconta che Gesù guarì un indemoniato della città di Gerasa. Anche questa una città greca, perché si parla di una mandria di porci, cioè di animali che erano proibiti nel territorio ebraico.
3) In Matteo 27:11 Gesù viene interrogato da Pilato. Un dialogo avvenuto sicuramente in greco e da come il racconto è riportato sembra che non ci siano stati interpreti.
Ripeto, tutto è possibile, ma la tua sicurezza che Gesù parlando con la gente comune lo facesse normalmente in greco ritengo che sia fuori posto. Come lo è anche accostare l'aramaico al greco, come se le due lingue avessero qualcosa in comune. L'aramaico è una lingua semitica e di certo aveva più cose in comune con l'ebraico che col greco.

E il punto non è che lingua sapesse parlare Gesù, ma quale parlasse usualmente. Non ho dubbi sul fatto che sapesse parlare fluentemente il greco, ma probabilmente avrebbe potuto usare con altrettanta fluidità la lingua cinese, il dubbio ce l'ho sul fatto che la lingua greca fosse usata dagli ebrei nelle conversazioni di ogni giorno e che dunque Gesù si sentisse costretto a usare quella lingua per insegnare e farsi comprendere. Di certo i casi che tu hai menzionato non contengono prove valide che che questo accadesse.
1) In Marco 7:24-30 viene riportato il dialogo che ebbe Gesù con una donna della Fenicia, lì si parlava greco!
Forse, ma è la donna che avendo saputo della presenza di Gesù si reca da lui, e non puoi essere certo che non gli si sia rivolto usando la lingua degli ebrei.
2) In Marco 5:1-20 si racconta che Gesù guarì un indemoniato della città di Gerasa. Anche questa una città greca, perché si parla di una mandria di porci, cioè di animali che erano proibiti nel territorio ebraico.
Anche qui, la conversazione è principalmente tra Gesù e i demoni che possiedono l'uomo, davvero potresti giurare che si sia svolta in lingua greca? Senza poi contare che sebbene ci si trovi nella Decapoli è comunque un territorio prevalentemente semitico e non puoi certo sapere se l'indemoniato fosse ebreo piuttosto che greco.
In Matteo 27:11 Gesù viene interrogato da Pilato. Un dialogo avvenuto sicuramente in greco e da come il racconto è riportato sembra che non ci siano stati interpreti.
E cosa ti da la sicurezza che la conversazione sia avvenuta in greco? Perchè non potrebbe essere avvenuta, molto più probabilmente, nella lingua di Ponzio Pilato, cioè il latino? La regione era sotto l'influenza romana da quasi un secolo, non sarebbe dunque strano che molti ebrei conoscessero la lingua dei conquistatori. Ma anche togliendo questo fatto, non credi che Gesù potesse farlo tranquillamente?

Ma visto che hai citato i vangeli, allora lo faccio anch'io, e rilancio con Marco 7:31-37 dove si legge che nella Decapoli, zona culturalmente greca, Gesù utilizza un'espressione semitica nel guarire un sordo. Dunque è più probabile che si solito usasse quella lingua nell'esprimersi.
C’è da considerare poi, l’evoluzione che hanno subito i termini ebraici sceol e nefesh. Anche se Gesù non avesse utilizzato gli equivalenti greci (Ades e psyché) ma proprio i termini ebraici originali (Sceol e Ades), bisogna comunque considerare che questi ultimi sicuramente si sono evoluti nel corso degli anni (dalla deportazione del popolo ebraico fino ai tempi di Gesù!) e quindi anche se Gesù avesse usato la parola Sceol e non Ades, nella parabola del povero Lazzaro e del ricco, cosa cambia nel suo reale significato? Secondo me nulla!
Ciao!
Tu dai per scontate troppe cose. Ha qualche prova, oltre la tua sicurezza, che sceol e nefesh abbiano cambiato il loro significato? E che Gesù, o chiunque altro, non le usasse ancora con il significato con cui venivano utilizzate nel VT?
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daniela47
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Messaggio da daniela47 »

A proposito della trasmissione di Don Minuti, debbo dire che è stata la prima fonte, chiara e veritiera da cui in tempi difficili per noi, che vivevamo
situazioni terribili e non sapevamo a chi rivolgersi, abbiamo potuto attingere cose VERE INCONFUTABILI, che aprivano uno scenario sul mondo
e sulle manipolazioni geoviste.
Voglio qui ringraziare Don Minuti, Sandro Leoni e tutti gli altri che si sono disinteressatamente occupati della cosa.
Ripeto che in tempi bui e tristi a cui non sapevamo a chi chiedere aiuto e informazioni Radio Maria è stato un punto di riferimento molto importante
e soprattutto sincero e realistico.
Approfitto per fare i ringraziamenti più grandi e di riconoscenza a tutti i componenti di Radio Maria.
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polymetis
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Messaggio da polymetis »

Tu dai per scontate troppe cose. Ha qualche prova, oltre la tua sicurezza, che sceol e nefesh abbiano cambiato il loro significato? E che Gesù, o chiunque altro, non le usasse ancora con il significato con cui venivano utilizzate nel VT?
Come abbiamo già detto Flavio ci informa che nel I secolo i farisei, il partito di maggioranza, credeva all'immortalità dell'anima, nel senso di anima separata dal corpo, e alla sua sopravvivenza senza quest'ultimo. Sicché la risposta, a prescindere dai Vangeli che sono solo uno dei documenti del giudaismo del tempo, è che siamo certi che l'antropologia giudaica fosse cambiata, e di conseguenza il lessico anche semitico doveva render conto di questi cambiamenti.

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Alla base delle scelte fondamentali del Nolano - a Londra come a Roma -, c'era il convincimento di appartenere alla "casa" dei filosofi, e che ad essa bisogna essere sempre fedeli, anche nei rapporti con i potenti della Chiesa e dello Stato, perché la casa della filosofia è la casa della verità: in un modo intelligente e anche astuto, certo, ma sempre fedeli. (Michele Ciliberto)
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shanina
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Messaggio da shanina »

Mario70 ha scritto:
1 ts 5:23 23 Egli stesso, il Dio della pace, vi santifichi totalmente e tutto il vostro essere, spirito, anima e corpo, siano custoditi irreprensibili per la parusia del Signore nostro Gesù Cristo.
(ma l'anima non era lo spirito più il corpo?)


Ciao :lingua:
Non mi far pensare a questo passo!!!

Quando l'ho riportato ad una tdg ,poichè stavamo discutendo sull'anima,cosa mi risponde?:"Paolo,qui,non sta dicendo che noi siamo composti da corpo,spirito e anima.Paolo,usando i termini"spirito","corpo" e "anima" si riferisce alla congregazione" :non mollare:
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brisa
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Messaggio da brisa »

polymetis ha scritto:
Tu dai per scontate troppe cose. Ha qualche prova, oltre la tua sicurezza, che sceol e nefesh abbiano cambiato il loro significato? E che Gesù, o chiunque altro, non le usasse ancora con il significato con cui venivano utilizzate nel VT?
Come abbiamo già detto Flavio ci informa che nel I secolo i farisei, il partito di maggioranza, credeva all'immortalità dell'anima, nel senso di anima separata dal corpo, e alla sua sopravvivenza senza quest'ultimo. Sicché la risposta, a prescindere dai Vangeli che sono solo uno dei documenti del giudaismo del tempo, è che siamo certi che l'antropologia giudaica fosse cambiata, e di conseguenza il lessico anche semitico doveva render conto di questi cambiamenti.

Ad maiora
Non mi è chiaro se è un ipotesi o se effettivamente esiste qualche esempio del fatto che nel primo secolo il significato di nefesh abbia effettivamente subito un'evoluzione.
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