io oggi mi chiedo, senza essere ebreo o sadduceo ma da essere umano, più che perchè esista il "malvagio", mi domando perchè esistano i malati di mente, i quali ce n'è una varietà assurda e solo chi ha conosciuto di persona può sapere, a cui io al presente dovrei pure sottostare per potermi guadagnare qualche soldo.Victor67 ha scritto: (seconda parte)
Il problema dell'anima immortale nasce quando occorre definire chiaramente quello
che succede dopo la morte. Questo problema non esisteva almeno fino all'epoca
dell'esilio in Babilonia (VI sec. a.C.). Fino a quel momento per un ebreo la
preoccupazione principale era quella di rispettare le leggi di Dio espresse nella
Torah. In tal modo, secondo la teologia ebraica della retribuzione, si sarebbe
guadagnato una vita lunga e serena, con molti figli che avrebbero permesso la
prosecuzione del suo nome nei tempi futuri. La discendenza dei figli era per il
patriarca l'equivalente dell'immortalità. Quello che accadeva dopo la morte non era
visto come un problema: si finiva tutti nello Sheol e lì si rimaneva. Per un ebreo del
VII sec. a.C. La retribuzione per il bene compiuto avveniva in questa vita, attraverso
una discendenza e molti beni materiali. Tale teologia è espressa molto bene nel libro
di Giobbe, che tuttavia comincia a metterla in crisi. L'antico ebreo non aveva
pertanto la necessità di immaginare un altro mondo dopo la morte, quindi per lui non
è molto importante riflettere sul concetto di anima come invece avveniva in ambiente
ellenistico. In seguito, dopo l'esilio a Babilonia, e soprattutto durante l'epoca dei martiri
con la persecuzione del re ellenistico Antioco IV Epifane (II sec. a.C.), ci si accorge che la
teologia della retribuzione non funziona più. Il giusto che nella sua vita si è
comportato bene non viene premiato da Dio, ma ucciso dal malvagio. Per questo la
riflessione teologica ebraica confluita nell'Antico Testamento sviluppa un altro
concetto: se la retribuzione per le opere buone non avviene nel corso della vita, deve
avvenire dopo la morte, altrimenti Dio non sarebbe giusto, il grido dell'oppresso
assassinato non avrebbe mai una risposta. Nasce così il concetto di risurrezione,
che ha la sua prima chiara attestazione solo nel libro di Daniele (12, 2-4).
(fine seconda parte)
questa è una delle cose che mi fanno chiedere sarà vero tutto sto papiro di filosofia quando poi la vita reale, le persone, gli esseri umani da dio creati sono così ridotti tra il comico, il ridicolo e drammatico?
altra domanda è: l'ultimo giorno cioè qello del giudizio (la Parusia) è la stessa cosa di armaghedon dei tdg, cioè i corpi di tutti i morti fino ad ora vengono resuscitati e vivranno sulla terra? e l'aldilà?