L'anima esiste ed è immortale (Prima parte)

Tutto ciò che riguarda la dottrina dei Testimoni di Geova.

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Francesco Franco Coladarci
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L'anima esiste ed è immortale (Prima parte)

Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

Questi sono degli articoli riguardante il tema "Anima Immortale", la quale è negata dai Testimoni di Geova, tali articoli sono del il professor Maurizio Moscone, docente di filosofia nei seminari diocesani ‘Redemptoris Mater’. Il prof. Moscone ha insegnato Filosofia nei seminari di Taiwan, Pola in Croazia e di recente è tornato dal seminario di Tolone in Francia.

Tali articoli sono tratti da " http://www.zenit.org/it" onclick="window.open(this.href);return false;".


La capacità di concettualizzare, come abbiamo visto precedentemente, non esiste negli animali, essendo specificamente umana. Tale capacità consente all'essere umano di intus-legere, cioè di legger dentro i fenomeni o enti e di conoscerne l’essenza: l’essenza di un minerale o di una pianta o di un animale, ma anche l’essenza dell’uomo. Tutto il mondo che ci circonda è intellegibile, cioè conoscibile con l’intelletto umano, ed è sul fondamento dell’intellegibilità del reale che è possibile la scienza, la filosofia, l’arte e ogni conoscenza e attività umana.

Newton avrebbe potuto scoprire la legge di gravità se essa non fosse iscritta nella natura? Aristotele avrebbe potuto dimostrare l’esistenza di Dio come atto puro, se non avesse intravisto nei fenomeni che studiava dei segni razionali che rimandavano a una Ragione assoluta? Munch avrebbe potuto dipingere il suo famoso quadro L’urlo se non avesse percepito il senso dell’esistenza nei suoi aspetti più drammatici?
Tutta la realtà è intellegibile, cioè ha senso, e l’intelletto è la facoltà umana capace di cogliere il senso delle cose, cioè la loro intelligibilità.
L’intelletto è la capacità di intuire il senso dei fenomeni, qualsiasi essi siano, e di riflettere su di essi e quindi di pensare e il pensiero, afferma Pascal, “costituisce la grandezza dell’uomo”[ii].

Pascal riconosce non solo la debolezza e piccolezza umana, ma anche la sua grandezza, che consiste nel pensiero. Scrive:
“L’uomo non è che una canna, il più debole della natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per schiacciarlo; un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma, quand'anche l’universo intero lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che lo uccide perché egli sa di morire e conosce la superiorità che l’universo ha su di lui; l’universo invece non sa nulla.

Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. […]”[iii].
Il filosofo era consapevole della peculiarità del pensiero umano e della necessità del suo esercizio, per evitare che l’uomo si degradi, vivendo in maniera istintiva senza riflettere sulle cose.
Scrive:
“L’uomo è manifestamente fatto per pensare: in ciò è tutta la sua dignità e tutto il suo merito; e tutto il suo dovere è di pensare come si deve. […]
Invece a che pensa il mondo? Mai a questo, ma a danzare, a suonare il liuto, a cantare, a comporre versi, a correre l’anello, ecc. a battersi, a farsi re, senza pensare a quel che significa essere re e a quel che significa essere uomo”[iv].

L’uomo non soltanto può conoscere il senso della realtà, ma è anche consapevole di conoscere, è cioè autocosciente: sa di sapere.
Il filosofo afferma questo concetto nel Pensiero 347, sopra citato, quando scrive che l’uomo “sa di morire e conosce la superiorità che l’universo ha su di lui; l’universo invece non sa nulla”.
L’essere umano è il re dell’intero universo, essendogli superiore, poiché pensa l’universo, mentre quest’ultimo “non sa nulla”[v].
Pascal analizzava “fenomenologicamente” l’essenza umana, la quale non è né animalesca né angelica, anche se, come vedremo, partecipa sia dell’una sia dell’altra, poiché l’essere umano è un animale razionale.

Il filosofo scrive in proposito:
“E pericoloso mostrare troppo all'uomo quanto egli sia uguale alle bestie, senza mostrargli la sua grandezza. E’ anche pericoloso fargli troppo vedere la sua grandezza senza la sua bassezza. E’ ancora più pericoloso lasciare che ignori l’una e l’altra. Ma è utilissimo prospettargli l’una e l’altra.
Non bisogna che l’uomo creda di essere uguale alle bestie né agli angeli, né che ignori l’una cosa e l’altra, ma che conosca l’una e l’altra”[vi].
Bisogna che l’uomo conosca gli animali per rendersi conto che ciò che lo differenza da essi è non soltanto la capacita di pensiero e di autocoscienza, ma anche la capacità di “scelta”.
Spesso dal comportamento degli animali siamo erroneamente indotti a credere che essi ragionino e agiscano consapevolmente, mentre tutta la loro vita è di carattere istintivo.

Giacon scrive a riguardo:
“Gli animali, […] pur compiendo azioni, che talvolta sono da noi interpretate come procedenti da una conoscenza universale e da una spontaneità elettiva, hanno come principio di dette azioni soltanto istinti naturali del tutto materiali. La plasticità di questi istinti, che adatta le azioni alle circostanze, è sufficiente a spiegare il diverso comportamento delle medesime azioni”[vii].

Tutte le attività dell’animale sono istintive: un cane affamato e in normali condizioni di salute necessariamente mangia, perché istintivamente determinato, mentre un uomo può non mangiare, perché, anche se affamato, ha scelto di digiunare.

L’essere umano si autodetermina razionalmente; infatti, giudica i mali da evitare e i beni da perseguire e tra questi il bene particolare scelto dalla volontà. L’uomo possiede il libero arbitrio, il quale presuppone l’esercizio di due facoltà: l’intelletto e la volontà.
Queste facoltà sono immateriali, quindi spirituali: chi ha mai pesato il concetto di peso? Chi ha mai visto la scelta di stare in piedi o seduto?
Io ho il concetto di peso e sono consapevole che non ha niente di materiale come tutti i concetti che possiedo. Ugualmente sono consapevole di potere compiere molteplici scelte, anch’esse assolutamente immateriali.

L’intelletto e la volontà sono immateriali, ma qual è la loro origine? La materia, come avviene per gli istinti animali?
Porsi il problema dell’origine significa ricercare una causa. Questa indagine, se condotta fenomenologicamente, implica un’integrazione di carattere speculativo. La conoscenza speculativa è una conoscenza di “riflesso” è un vedere la realtà non in maniera diretta, ma indiretta; è come guardare un’immagine allo specchio. E’ vera conoscenza come quando riconosco la realtà di oggetti percepiti non direttamente, ma indirettamente tramite uno specchio appunto.

Il principio di causa è indispensabile per spiegare il perché dell’esistenza nell'essere umano di operazioni di carattere spirituale.
Ciò che è spirituale può essere causato da ciò che è materiale? La materia può causare qualcosa di spirituale, cioè di immateriale?
I filosofi scolastici medioevali rispondevano senza esitazione a tale quesito: “nemo dat quod non habet” (nessuno dà ciò che non ha), in ottemperanza al principio di non contraddizione, che è la legge fondamentale di tutta la realtà.

Se l’intelletto e la volontà non hanno un’origine materiale, come si spiega la loro esistenza?
La speculazione filosofica ha il compito di dare una risposta a questa domanda.

Segue

Franco
“Al di sopra del Papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.”
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Francesco Franco Coladarci
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L'anima esiste ed è immortale (Seconda parte) Prof.Maurizio Moscone

Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

"Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce"

Tutto ciò che è spirituale deve necessariamente avere una causa spirituale, perché c’è un salto ontologico tra l’ordine materiale e quello spirituale. Infatti, la differenza tra i due ordini è di carattere qualitativo e non quantitativo: operazioni essenzialmente immateriali non possono essere originate da una causa materiale, altrimenti sarebbe violato il principio di causalità e “il più verrebbe dal meno”.

Deve quindi esserci un principio spirituale capace di compiere operazioni di natura immateriale, come sono gli atti razionali e liberi.
Questo principio è l’anima spirituale o, semplicemente, lo spirito o anima umana.

Van Steenberghen afferma che “Platone è stato così fortemente colpito dal contrasto tra le attività corporali e le attività spirituali dell’uomo, che ha creduto di doverle attribuire a due sostanze antagoniste: per lui, l’anima è una sostanza spirituale imprigionata in un corpo”.
Il dualismo antropologico platonico, come vedremo, sarà superato da Aristotele e da San Tommaso, ma è importante rilevare come Platone fosse pienamente consapevole della differenza essenziale tra attività materiali e immateriali e della necessità di affermare l’esistenza dell’anima spirituale, intesa come causa di queste ultime.
L’anima umana è spirituale, a differenza da quella degli animali, e la sua esistenza, come abbiamo visto è dimostrabile razionalmente[ii]. Oggi, però, per lo più si nega la sua realtà e si pensa che essa riguardi unicamente la fede cristiana.

Presentare oggi una relazione su questo argomento in un convegno di filosofia significherebbe esporsi al ridicolo, poiché il concetto di anima è considerato un arcaismo ormai superato da secoli. Anche in teologia il termine è quasi scomparso e nella predicazione è raro sentire dei sacerdoti che affrontino i problemi riguardanti lo spirito umano, anche se di quest’ultimo dovrebbero parlare approfonditamente poiché la Chiesa insegna che Dio si è incarnato per salvare le anime.
Come si spiega questo silenzio?

Un rapido sguardo d’insieme del percorso filosofico dal periodo moderno a oggi può essere illuminante.
Dalla filosofia greca fino a quella medioevale è raro trovare filosofi che neghino l’esistenza dell’anima spirituale, ad eccezione di Democrito, Epicuro e pochi altri. Nella filosofia moderna, razionalisti come Cartesio e Leibniz affermano la sua esistenza, ma, tra gli empiristi, Hume riduce tutto il complesso dell’attività spirituale ad una successione di stati psichici.

Il filosofo scrive in proposito:
“[…] Osserviamo che lo spirito umano è veramente da considerare come un sistema di differenti percezioni o differenti esistenze che, legate insieme dal rapporto di causa ed effetto, si generano reciprocamente e si distruggono, si influenzano e si modificano l’una con l’altra. Le nostre impressioni fanno sorgere idee corrispondenti e queste, a loro volta producono altre impressioni. Un pensiero ne caccia un altro, trascina con sé un terzo, da cui viene espulso a sua volta”[iii].
Kant, com'è noto, ha elaborato una geniale sintesi della filosofia razionalista e di quella empirista, e postula l’esistenza dell’anima immortale, ma non la dimostra avevano fatto Aristotele e San Tommaso.

Tale esistenza è affermata per giustificare la vita morale e, in particolare, la vita “santa”, che non potendosi realizzare pienamente nell’aldiquà, richiede, sul piano etico, l’esistenza dell’anima spirituale che deve progredire all'infinito e quindi deve essere immortale.

Il filosofo scrive a riguardo:
“La piena adeguazione della volontà alla legge morale è la santità, una perfezione di cui non è capace nessun ente razionale del mondo sensibile in nessun momento della sua esistenza. Poiché tuttavia è richiesta come praticamente necessaria, può essere trovata solo in un progresso all'infinito verso quella piena adeguatezza, ed è necessario, secondo i principi della ragione pratica, fare di siffatto progredire pratico l’oggetto reale della nostra volontà.
Ma tale progresso infinito è possibile solo con il presupposto di una sopravvivenza infinita dell’esistenza e personalità dello stesso ente razionale (che si chiama immortalità dell’anima). Dunque il sommo bene è praticamente possibile solo con il presupposto dell’immortalità dell’anima,; e quindi quest’ultima, in quanto inseparabilmente connessa con la legge morale, è un postulato della ragione pura pratica”[iv].

Dopo Hume e Kant il problema dell’anima diverrà sempre più marginale nel pensiero filosofico.
Nell'Idealismo la questione dell’anima umana non si pone neppure, perché il singolo uomo non è considerato all'interno del sistema delle idee e l’essere umano è inteso come un fenomeno passeggero e transeunte del Dio-Pensiero, una goccia nell'oceano dell’Assoluto, che, alla sua morte in esso si scioglie.
L’esistenzialismo, al contrario dell’Idealismo, pone al centro della sua riflessione la vita concreta del singolo individuo con le sue angosce e inquietudini, ma i suoi rappresentanti più significativi Heidegger, Sarte, Jaspers misconoscono la realtà dell’anima, e definiscono l’essere umano come “rapporto all'essere”, “sentinella del nulla”, “autotrascendimento infinito ”.
Il Marxismo nega ogni dimensione spirituale, sostenendo che l’essenza umana è materiale come quella degli animali.
Secondo il Neopositivismo il concetto di “anima” non ha senso e per la Filosofia post-moderna e il Pensiero “debole” esso è una delle molteplici interpretazioni, succedutosi nel tempo, che è stata attribuita a un insieme di fenomeni umani.

Nella cultura odierna si è affermata un’ermeneutica relativistica che non distingue più il vero dal falso, sostenendo che la verità assoluta non esiste perché non esiste il mondo reale, ma si danno soltanto “interpretazioni” della realtà. Vattimo ripete spesso nelle sue opere questo enunciato di Nietzsche: “non ci sono fatti, solo interpretazioni” e aggiunge che questo “non è un enunciato metafisico oggettivo. Anche questo è <> un’interpretazione”[v].

E’ possibile distanziarsi da questo modo relativistico di pensare, operando l’epoché fenomenologica, cioè la “messa tra parentesi” della cultura odierna? Mettere tra parentesi non significa negare che oggi si pensa così, ma affermare un modo diverso di rapportarsi ai fenomeni.
Max Scheler ha affermato la realtà dello spirito umano mostrando che esiste in ogni uomo una dimensione profonda, che chiama “cuore”, capace di ”sentire” (Fülen) i valori e di gerarchizzarli in modo oggettivo. Questo “sentire” non è niente di sentimentale, ma è un’intuizione della verità.
Analogamente, il concetto di “cuore” non deve essere identificato con il sentimento o con la volontà, ma deve essere inteso, agostinianamente, con l’interiorità dell’essere umano (“in interiore homine habitat veritas").

Il cuore è il centro dell’essere umano, il quale, secondo Max Scheler, “prima di essere un ens cogitans o un ens volens, è un ens amans”[vi].
Il filosofo afferma che l’uomo è un “essere spirituale” per la presenza del cuore e non dell’intelletto e della volontà, ma ciò significa non negare la realtà di queste facoltà, ma affermare che il cuore è il “luogo” nel quale si intrecciano tutte le dimensioni umane: intelletto, volontà, affettività e, come vedremo, corporeità.
Max Scheler concorda con Pascal che “il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce[…]”[vii], ma ciò significa dare spazio non al sentimentalismo, ma all’intuizione. Secondo il filosofo, l’essere umano avverte nel profondo della sua anima il desiderio di Dio poiché ricerca un amore infinito.

Scrive:
“Un amore per propria essenza infinito – per quanto esso sia sempre […]concretizzato nella particolare struttura del suo portatore – esige […] un bene infinito capace di appagarlo […].“Inquietum cor nostrum donec requiescat in te”. Dio e solo Dio può essere l’apice della struttura graduale e piramidale del regno degli aspetti degni di essere amati”[viii].
Lo spirito umano desidera un amore infinito, ma tale desiderio è sufficiente per affermare l’esistenza di Dio o è invece necessaria una dimostrazione razionale?
Secondo Pascal “è il cuore che sente Dio, e non la ragione. Ed ecco cos’è la fede: Dio sensibile al cuore, non alla ragione”[ix].
Contrariamente a quanto sostenuto da Pascal, la ragione può dimostrare, come vedremo, l’esistenza di Dio movendo dall’esistenza dell’anima spirituale. Fede e ragione non si oppongono, ma si integrano vicendevolmente.

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Francesco Franco Coladarci
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L'anima esiste ed è immortale (Terza parte) Prof. Maurizio Moscone

Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

L’anima è spirituale e non può essere quindi prodotta da una sostanza materiale perché, come è stato mostrato prima[1], c’è una differenza infinita tra ciò che è materiale e ciò che è spirituale; si pone quindi il problema relativo alla sua origine.

Oggi si è inclini a riferirsi al “caso” o al “nulla” quando, per mancanza di conoscenza della metafisica, non si è in grado di dare una risposta plausibile a un problema. Si dice, ad esempio, che l’universo è il frutto del caso, perché come scrive Monod: "da un gioco completamente cieco tutto per definizione può derivare" [2]. Affermazioni di questo genere hanno lo stesso valore di chi dicesse che Dante Alighieri, per scrivere la Divina Commedia, ha mescolato tutte le lettere dell’alfabeto e mettendole insieme ha composto la sua magnifica opera letteraria.

Hawking, insieme ad altri astrofisici, sostiene invece che il mondo è stato originato dal nulla. Melisso (V sec. a.C.), discepolo di Parmenide, affermava che ex nihilo, nihil: da nulla viene nulla. Infatti un’elementare riflessione evidenzia che nulla è nulla nell’ambito della realtà, del pensiero, del linguaggio.
Ogni realtà è qualcosa che è, quindi è un non-nulla.

Ogni pensiero è qualcosa di pensato; anche il concetto di nulla (non essere assoluto) è qualcosa.
Ogni parola è qualcosa di detto; anche la parola nulla è qualcosa.

Il nulla è tale sul piano ontologico, logico e linguistico: il nulla è nulla simpliciter.

L’anima spirituale non può essere prodotta dal caso o dal nulla, qual è allora la sua origine?
Una risposta è stata data da Platone, il quale era consapevole dell’immaterialità dell’anima umana e spiegava la sua origine appellandosi a quanto tramandato dall’Orfismo, secondo il quale le anime sono eterne, preesistono ai corpi nei quali si incarnano secondo la teoria della metempsicosi.

Infatti, secondo il filosofo l’anima, dopo aver vissuto nell'aldilà, si incarna ciclicamente più volte nel tempo: “l’anima - scrive Platone – è immortale e più volte rinata”[3].
La metempsicosi è sostenuta non in virtù di una dimostrazione retta dal principio di contraddizione, ma mediante un atto di fede nell’Orfismo, cioè di una religione esoterica diffusa in Grecia dal VI secolo a. C., che professava la reincarnazione delle anime in esistenze terrene che si succedono nel tempo. Seguendo la mitologia orfica, Platone afferma che il guerriero Er, ucciso durante una battaglia, per volontà degli dei ritorna in vita e racconta che nell'aldilà le anime vengono chiamate, tramite estrazione a sorte, dalla figlia di Necessità, Moira Lachesi, a scegliere il loro futuro terreno. Nella Repubblica di Platone è scritto infatti: “Anime effimere – dice la Moira Lachesi – è questo il principio di un altro periodo di quella vita che è un correre alla morte. […] Il primo tratto a sorte scelga per primo la vita alla quale poi dovrà di necessità essere legato”[4].

Le anime, dopo aver bevuto l’acqua dell’Amelete, che è il fiume della dimenticanza, si incarnano nei corpi in cui si attuerà il tipo di esistenza che hanno scelto.
La dottrina platonica non ha valore filosofico, perché è di carattere mitico-religioso e non è dimostrabile razionalmente.
La filosofia cristiana ha risposto in modo adeguato al problema dell’origine con San Tommaso, perché anche Sant'Agostino non ha offerto una soluzione esauriente, infatti il suo pensiero oscilla tra il “traducianesimo” (le anime dei figli sono originate da quelle dei genitori) e il “creazionismo” (l’anima è creata direttamente da Dio).

Il filosofo scrive in proposito:
“Per quello che riguarda l’origine dell’anima, sapevo che era stata fatta per essere unita al corpo, ma non sapevo allora come non so adesso, se essa discenda dal primo uomo oppure se venga creata singolarmente per ciascun individuo”[5].
Il traducianesimo è contrario alla ragione perché si dovrebbe affermare che una “parte” dell’anima dei genitori si è staccata per causare l’anima dei figli, così come un germe origina un corpo biologico, ma l’anima è una realtà semplice, quindi non ha parti. Oppure si dovrebbe sostenere la trasmutazione delle anime, ma ciò è indimostrabile.

L’unica spiegazione plausibile consiste nell'affermare che l’anima è creata da una realtà assoluta essenzialmente spirituale, Dio, che, in quanto tale, può donare lo spirito senza subire alcun mutamento. L’anima umana, scrive San Tommaso, “non può essere prodotta che per creazione. Ora, solo Dio può creare”[6].
L’esistenza di Dio creatore può essere affermata, quindi, anche attraverso una via antropologica, oltre alle tradizionali cinque vie di stampo cosmologico[7].
Nella filosofia moderna anche Cartesio afferma l’esistenza di Dio movendo dall'essere umano, ma il suo percorso speculativo è molto diverso da quello di Tommaso, perché questi, a differenza di Cartesio, afferma l’esistenza del mondo come un dato di fatto e come punto di partenza della riflessione filosofica, risale dalle operazioni conoscitive tramite le quali l’uomo conosce il mondo all'esistenza dell’anima spirituale e da questa a Dio.

Secondo Tommaso il percorso filosofico è il seguente: mondo – uomo – Dio; mentre per Cartesio, come vedremo, è: uomo – Dio – mondo.
E’ importante conoscere l’antropologia di Cartesio perché, come ha ben documentato Canonico[8], questo filosofo, in antitesi con San Tommaso, sposta il centro della riflessione dall'essere al soggetto umano e “il pensiero diventa il fondamento di tutto il sapere e di tutta la realtà”[9].

L’Autrice evidenzia nella sua opera che dall'antropologia dualistica cartesiana, secondo cui, come vedremo, l’uomo è la giustapposizione di due sostanze (res cogitans e res extensa) scaturiranno due correnti filosofiche di carattere soggettivistico e oggettivistico, presenti nella cultura odierna.
Inoltre, è da rilevare, che l’antropologia cartesiana è implicita in tutte le teorie bioetiche “che distinguono - scrive Spaemann - l’essere umano dalla persona, identificando quest’ultima nell'essere umano cosciente, fino ad affermare, come sostiene Derek Parfit che <>”[10].

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caribu70
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Messaggio da caribu70 »

Ti ringrazio molto Franco per questo tuo post......argomento ed esposizione molto interessante che leggerò con vera attenzione...........quello infatti che ci tenevo a fare capire in un altro post è che ovviamente tutte le facoltà dell'uomo passano attraverso la sua attività cerebrale ma alcune facoltà sono frutto di un equilibrio fra corpo e anima......
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Messaggio da nello80 »

aspetterò che finisci di postare tutta la trattazione, poi la leggerò ed eventualmente farò le mie considerazioni! :ok:
Nel buio totale una voce d'uomo mi disse: "Vieni verso di me, non voglio farti del male...", ma io accesi un cerino e vidi ch'ero sul margine di un precipizio, e l'uomo che mi parlava era, invece, dalla parte opposta...

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Messaggio da Mauro1971 »

Si, sto attendendo pure io... :ironico: :ironico: :ironico:
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Messaggio da play »

Vorrei soffermarmi per il momento sulla prima parte del post.
La parola anima si presta a molti equivoci.
Nietzche con il suo metodo genealogico, la scopre alla sua origine, in quella INCOMPIUTEZZA che fa dell' uomo "l' animale non ancora stabilizzato (das noch nicht festgestellte).
Proprio nell' incompiuta costituzione, nella mancata stabilizzazione è individuabile quel che chiamiamo "anima", una parola che si puo' adottare alla sola condizione di cogliere quel collegamento che unisce un discorso di semplice espressione culturale all' insufficienza biologica.
L' animale è dotato di istinti adeguati al proprio ambiente, l' uomo invece è caratterizzato da una carenza istintuale che non lo rende adatto ad alcun ambiente prestabilito.
L' uomo non ha qualcosa in piu' dell' animale, ma qualcosa in meno semmai.
La sua natura è caratterizzata da una carenza di attributi tipici dell' animale.
Qui si colloca il principio della differenza tra l' uomo e l' animale.
Questo è il punto di partenza da cui prende le mosse Arnold Gehlen per una rifondazione dell' antropologia:
L' UOMO E' ORGANICAMENTE "L' ESSERE MANCHEVOLE [Mangelwesen]" (Herder): egli sarebbe inadatto alla vita in ogni ambiente naturale e cosi deve crearsi una seconda natura, un mondo di rimpiazzo, approntato arificialmente e a lui adatto, che possa cooperare con il suo deficiente equipaggiamento organico; e fa questo ovunque possiamo vederlo. Vive, per cosi dire, in una natura artificialmente disintossicata, resa maneggievole, trasformata in un senso utile alla sua vita, cio' che è appunto la sfera della cultura. Si puo' dire anche che è costretto biologicamente al dominio sulla natura.
Per via di questa carenza, l' uomo, per vivere, deve costruirsi un complesso di artifici, capaci di compensare l' insufficienza di quei codici naturali che, per gli animali, sono gli istinti.
Platone, Tommaso D' Aquino, Kant leggono l' uomo non in forza della differenza spirituale.
Le parola "anima" ha reso possibile la schematizzazione interiorizzata delle operazioni tecniche.
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Se offriamo una bistecca ad una tartaruga di sicuro la rifiutera'.
Se invece gli daremo una foglia di lattuga sicuramente la mangera'.
Queste due proposizioni potrebbero sembrare sciocche queste due frasi.
Ma non è cosi.

Nella risposta rigida, tipica degli istinti animali, non c' è ne oscillazione ne nessuna possibilita' di variazione.
L' uomo in presenza di una spinta sessuale si concede ad ogni tipo di perversione, mentre gli animali non hanno nessuna variazione del comportamento sessuale.
In presenza di una spinta sessuale l' uomo puo' concedersi delle sublimazioni, una meta non sessuale, ad esempio puo' fare un opera d' arte.
La filosofia cristiana ribadisce che l' uomo non ha istinti, infatti Tommaso d' Aquino dice che se vogliamo concedere all' uomo la liberta' e quindi la responsabilita' e la punibilita', bisogna negargli l' istintualita', perché se l' uomo fosse un animale istintuale non sarebbe neppure responsabile delle sue azioni; se l' uomo fosse un animale istintuale non sarebbe libero di fare una cosa invece di un' altra, e di conseguenza non sarebbe neppure responsabile nel caso in cui ad esempio uccidesse qualcuno.

Gli uomini sono biologicamente carenti di istinti, quindi devono fare un supplemento di codici rituali mitologici che gli permettano di muoversi in una direzione abbastanza garantita che evita la precarieta' e l' angoscia dell' esistenza.
E' chiaro che gli uomini possono sopravvivere solo se creano degli istinti culturali, dei codici culturali che si chiamano tradizione, riti, pratiche religiose, controllo sociale che determinano delle regolarita' di comportamento ed evitano i rischi e i pericolidi di chi inesperto, non conoscendo riti si trova esposto al rischi perché non ha un codice di comportamento garantito da una tradizione.
Come non è assolutamente necessario introdurre un anima o una coscienza, cosi non è necessario introdurla per spiegare l' equilibrio che raggiunge l' animale adattandosi all' ambiente, e l' equilibrio che raggiunge l' uomo costruendosi un ambiente.
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Messaggio da Mauro1971 »

play ha scritto: Gli uomini sono biologicamente carenti di istinti
Scusa?

Un'affermazione simile dovrebbe essere prima di tutto spiegata, e nel caso documentata. A cosa ti riferisci esattamente?
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A. Gehlen, filosofo e antropologo tedesco, parla della natura dell' uomo come di una natura carente.

Secondo Gehlen l' eccesso pulsionale dell' uomo dipende dalla non specializzazione istintuale, per cui nell' uomo non si danno pulsioni univoche a stimoli determinati, ma piuttosto pulsioni indifferenziate dai contorni sfumati e caratterizzate nel tempo che le sottrae alla periodicita' animale.
Gehlen sembra che sia perfettamente in sintonia con Freud.
Infatti scrive: Nell' uomo non ci sono "pulsioni" univoche, delimitabili attraverso l' esperienza, ma dobbiamo parlare piuttosto di una dedifferenzazione, di uno sfumarsi dei contorni; c' è qualcosa come uno "sbriciolamento" delle classi di istinti che negli animali sono esattamente definiti. Dedifferenzazione deve significare innanzitutto che nell' uomo i residui degli istinti devono essere concepiti come plastici, suscettibili di fusione e, secondo il modo di esprimersi di Freud, "convertibili"; essi si fanno trasformare in una certa misura l' uno nell' altro.
Inoltre Gehlen intendeva oltrepassare il dualismo anima e corpo, spirito e materia, natura e cultura, perché dal suo punto di vista le espressioni dell' anima hanno le loro radici nella plasticita' di un corpo carente, i fenomeni culturali niente altro che abitudini guadagnate selezionando il profluvio degli stimoli che investono l' uomo nel suo contatto non codificato con la natura.
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Ci sarebbe ancora molto da aggiungere riguardo la teoria dell' esonero di Gehlen.

Scusami Franco se ho aperto un capitolo che forse non è attinente al tema principale del post.
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Trianello
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Messaggio da Trianello »

play ha scritto:Ci sarebbe ancora molto da aggiungere riguardo la teoria dell' esonero di Gehlen.

Scusami Franco se ho aperto un capitolo che forse non è attinente al tema principale del post.
Umberto Galimberti, Psiche e Tecne. L'uomo nell'età della tecnica, Feltrinelli, 2002

Lo lessi al tempo della sua prima pubblicazione. E ora lo sto rileggendo nei tuoi post. :-)
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Mauro1971
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Messaggio da Mauro1971 »

play ha scritto:A. Gehlen, filosofo e antropologo tedesco, parla della natura dell' uomo come di una natura carente.

Secondo Gehlen l' eccesso pulsionale dell' uomo dipende dalla non specializzazione istintuale, per cui nell' uomo non si danno pulsioni univoche a stimoli determinati, ma piuttosto pulsioni indifferenziate dai contorni sfumati e caratterizzate nel tempo che le sottrae alla periodicita' animale.
Gehlen sembra che sia perfettamente in sintonia con Freud.
Infatti scrive: Nell' uomo non ci sono "pulsioni" univoche, delimitabili attraverso l' esperienza, ma dobbiamo parlare piuttosto di una dedifferenzazione, di uno sfumarsi dei contorni; c' è qualcosa come uno "sbriciolamento" delle classi di istinti che negli animali sono esattamente definiti. Dedifferenzazione deve significare innanzitutto che nell' uomo i residui degli istinti devono essere concepiti come plastici, suscettibili di fusione e, secondo il modo di esprimersi di Freud, "convertibili"; essi si fanno trasformare in una certa misura l' uno nell' altro.
Inoltre Gehlen intendeva oltrepassare il dualismo anima e corpo, spirito e materia, natura e cultura, perché dal suo punto di vista le espressioni dell' anima hanno le loro radici nella plasticita' di un corpo carente, i fenomeni culturali niente altro che abitudini guadagnate selezionando il profluvio degli stimoli che investono l' uomo nel suo contatto non codificato con la natura.
Interessante, non conosco il lavoro di questo antropologo, mi sto dando un'infarinatura su internet. A orecchio c'è qualcosa che mi stona un pochino però, nel senso che mi manca un po' tutta una parte che riguardi l'apprendimento del neonato sino al pieno sviluppo, così come una spiegazione concreta con osservazioni e dati di affermazioni quali "Nell' uomo non ci sono "pulsioni" univoche, delimitabili attraverso l' esperienza", che credo meriterebbero una spiegazione più ampia.
Ma andremmo probabilmente ot.

Se posso permettermi, una volta approffonditi questi argomenti, o anche ora nel caso tu lo avessi già fatto, ti andrebbe di aprire una discussione su questi argomenti? Credo sarebbe davvero interessante.

In ogni caso ti ringrazio della segnalazione :cinque:
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Messaggio da play »

Di Umberto Galimberti vale la pena citare a questo punto anche altre opere. Gli equivoci dell' anima, Milano, Feltrinelli 1987, Il corpo. Antropologia, psicanalisi, fenomenologia, Milano, Feltrinelli 1983. Orme del sacro. Il cristianesimo e la desacralizzazione del sacro, Milano, Feltrinelli 2000.
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Messaggio da Trianello »

Mauro1971 ha scritto:
Interessante, non conosco il lavoro di questo antropologo, mi sto dando un'infarinatura su internet.
Gehlen non era un antropologo nel senso che generalmente si attribuisce a questo termine, vale a dire quale sinonimo di "antropologo culturale" o "antropologo sociale", ma un filosofo. Ora, siccome il suo campo di indagine specifico come filosofo era l'antropologia filosofica, si trova scritto spesso che questi era un antropologo. Bisogna tenere in mente, però, che i suoi interessi ed il suo metodo di ricerca avevano poco a che fare con quello degli "antropologi" in senso stretto. Parlo da antropologo culturale che ai tempi dei suoi studi filosofici ha letto praticamente tutto di Gehlen e lo ha apprezzato non poco, ma come filosofo, appunto.
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Messaggio da Mauro1971 »

Bene, credo sia tempo di iniziare a dare una risposta a questa serie di articoli.

Dello stesso autore e sullo stesso sito mi sono andato anche a leggere il preambolo a quelli da te linkati, Franco.
Qui i link:

http://www.zenit.org/it/articles/esiste ... rima-parte
http://www.zenit.org/it/articles/esiste ... onda-parte
http://www.zenit.org/it/articles/esiste ... erza-parte
http://www.zenit.org/it/articles/esiste ... arta-parte
http://www.zenit.org/it/articles/esiste ... inta-parte

Devo dire che era parecchio che non leggevo un'insieme così intenso di nozioni arcaiche ed obsolete, innalzate a qualche forma di autorità perchè tale o tal'altro filosofo lo ha affermato, così come tutta una retorica sul Darwinismo che di per se è morto da lungo tempo. Da un titolato come questo professor Maurizio Moscone mi sarei aspettato decisamente qualcosa di meno banale.
Errori e nozioni false sono presenti un po' in tutto il materiale trattato, devo giocoforza lasciar stare tutta una sequela di cose e focalizzarmi su un punto preciso che falsifica ampiamente tutta la tesi costruita in questo giro di parole filosofico, che una volta rivelata la non veridicità degli assunti di base non può che sfaldarsi rovinosamente.

Prima però c'è un punto, non essenziale ma comunque indicativo della fallacità di certa filosofia come mezzo atto alla dimostrazione dell'esistenza o meno di svariate "cose".

Nella primo degli articoli da te postati viene affermato questo:
Giacon scrive a riguardo:
“Gli animali, […] pur compiendo azioni, che talvolta sono da noi interpretate come procedenti da una conoscenza universale e da una spontaneità elettiva, hanno come principio di dette azioni soltanto istinti naturali del tutto materiali. La plasticità di questi istinti, che adatta le azioni alle circostanze, è sufficiente a spiegare il diverso comportamento delle medesime azioni”[vii].
Quest'affermazione è falsa.
Non è un ragionamento contorto e sublimato all'autorità di qualche filosofo, ma sono i fatti a dimostrare ampliamente il contrario.

Di pochi anni fa era la notizia di un cane capace di fare un ragionamento superiore.
L'esperimento consiste nel mettere assieme ad una serie di giocattoli da questi conosciuti, uno nuovo e chiedendogli di riportare proprio questo, dandogli un nome proprio sconosciuto al cane.
Bene questo cane, e non solo questo, riescono a riconoscere il giocattolo nuovo ed a fare il ragionamento di esclusione "se il giocattolo che mi chiede non lo conosco, allora deve essere quello nuovo tra gli altri", e quindi a portare questo giocattolo.
Questo va oltre il concetto di "istinto", davvero superato oramai da parecchio, sostenuto in questa esposizione.
Riconoscere un oggetto, imparare ad associare il suono con un oggetto specifico, anche molti, questo potrebbe anche rientrare nell'affermazione di Giacon, ma quest'azione non può essere presente come istinto, non è frutto di addestramento, è un ragionamento astratto autonomo del cane.

A riprova, allego video nel quale dal tepo 10:55 circa in poi viene eseguito proprio questo test, con un bambolotto di "Darwin". Il cane è un'altro da quello dell'esperimento originale:
Il BBCode [youtube2] viene disattivato in quanto non più necessario per incorporare i filmati di YouTube. URL del filmato: http://youtu.be/mTTuiE1_Oe8

Questo cane è in grado di riconoscere più di 1000 giocattoli, senza errore. Nei minuti precedenti vengono presi a caso alcuni di questi giocattoli dalla pila notevole di tutti quelli che ha e non ne sbaglia uno.
Nel secondo esperimento viene introdotto appunto questo bambolotto "Darwin".
E' nuovo ed il cane non lo conosce.
Quando gli viene chiesto di portare "Darwin" ci mette un po' e riesce ad eseguire un ragionamento di esclusione, portando il pupazzo nuovo. Se gli viene chiesto un oggetto nuovo, allora deve essere quello che non conosce in mezzo agli altri.
Particolarità è che da quel momento in poi questo cane impara il nome del nuovo giocattolo, sarà in grado di riconoscere nel futuro Darwin come quello specifico pupazzo. Questo viene detto ma l'ho scritto per coloro che non hanno familiarità con l'inglese.
Il ragionamento non è istinto, ed è dimostrato che gli animali, anche se in modo molto limitato rispetto al nostro, ragionano, sono in grado quindi di elaborare comportamenti non dettati da un istinto programmato.

Ci si potrebbe poi dilungare sulla capacità di analisi e problem solving dei primati, sulla capacità di imparare ed utilizzare con senso compiuto svariati segni del linguaggio dei gesti da parte di alcuni primati, così come la facoltà di utilizzare strumenti e come l'uso di questi strumenti non sia istintuale ma necessiti l'apprendimento, per dimostrare ampliamente quanto queste affermazioni siano prive di ogni fondamento.

La filosofia si scontra con la realtà, e quando come in questo caso la prima si basa su assunti falsi, perde.

Segue seconda parte con falsificazione dell'assunto "il materiale non può generare il spirituale", con contorni vari.
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Materiale ed "Intangibile".

Messaggio da Mauro1971 »

L’essere umano si autodetermina razionalmente; infatti, giudica i mali da evitare e i beni da perseguire e tra questi il bene particolare scelto dalla volontà. L’uomo possiede il libero arbitrio, il quale presuppone l’esercizio di due facoltà: l’intelletto e la volontà.
Queste facoltà sono immateriali, quindi spirituali:
Da qui deduciamo una definizione di "spirituale", cioè tutto ciò che non è materiale.
chi ha mai pesato il concetto di peso?
Elettroencefalogramma.
Misura, in termini di valori di potenziale elettrico, l'attività del cervello. Le onde Beta sono quelle dell'attività cosciente.
Se penso al peso ed in quel misuro sto misurando le mie onde Beta credo si possa anche arrivare a determinare la massa equivalente all'energia impiegata, per quanto sarebbe ovviamente infinitesimale.
Chi ha mai visto la scelta di stare in piedi o seduto?
Tomografia ad emissione di positroni (PET), la Risonanza magnetica funzionale (fMRI), l'Elettroencefalogramma multicanale (EEG), la SPECT, la Magnetoencefalografia (MEG) e la spettroscopia ad infrarossi (NIRSI).
http://it.wikipedia.org/wiki/Neuroimaging_funzionale
Ebbene si, possiamo vedere l'attività del nostro cervello anche mentre prendiamo delle decisioni.
Io ho il concetto di peso e sono consapevole che non ha niente di materiale come tutti i concetti che possiedo. Ugualmente sono consapevole di potere compiere molteplici scelte, anch’esse assolutamente immateriali.
Questo è il problema di quando ci si basa unicamente sui 5 sensi e senza avere conoscenza delle ultime scoperte su come funzioniamo.
Per caso ho percezione del midollo che produce globuli rossi? Del pancreas che produce insulina?
No ovviamente, eppure non posso definire queste due attività "immateriali" per il fatto che non rientrino nelle mie esperienze sensoriali.
Sento il pensiero essere prodotto dal mio cervello?
No, ma non per questo deve essere "immateriale". Invero questo è materiale ma non percepibile esattamente come la produzione di insulina o globuli rossi.

Lo studio della natura del pensiero, della coscienza, e di come tutto questo venga elaborato dal cervello ha un nome ben preciso: neuroscienza.
Dovendo dare una definizione precisa credo che il "Dizionario di Medicina" della Treccani possa essere esaustiva:
http://www.treccani.it/enciclopedia/neu ... dicina%29/
neuroscienze Insieme delle discipline che studiano le basi biologiche della mente e del comportamento, analizzando in partic. i vari aspetti morfofunzionali del sistema nervoso. Le funzioni mentali e psichiche che vengono analizzate dalle n. sono l’attenzione, la sensazione, la percezione, il sonno, la memoria, l’apprendimento, le emozioni, ecc. A questi studi concorrono, partendo da angolazioni concettuali anche molto diverse, la neurofisiologia, la neurofarmacologia, la biochimica con lo studio delle sostanze che costituiscono la comunicazione nervosa (per es., neurotrasmettitori), la biologia cellulare con lo studio delle cellule nervose, le tecniche di neuroradiologia, la psicologia cognitiva, gli studi sull’intelligenza artificiale.
Le Neuroscienze sono proprio ciò che va falsare le affermazioni sulla presunta distinzione tra "materiale" ed "immateriale".
Il prof. Moscone continua:
L’intelletto e la volontà sono immateriali, ma qual è la loro origine? La materia, come avviene per gli istinti animali?
Porsi il problema dell’origine significa ricercare una causa. Questa indagine, se condotta fenomenologicamente, implica un’integrazione di carattere speculativo. La conoscenza speculativa è una conoscenza di “riflesso” è un vedere la realtà non in maniera diretta, ma indiretta; è come guardare un’immagine allo specchio. E’ vera conoscenza come quando riconosco la realtà di oggetti percepiti non direttamente, ma indirettamente tramite uno specchio appunto.

Il principio di causa è indispensabile per spiegare il perché dell’esistenza nell'essere umano di operazioni di carattere spirituale.
Ciò che è spirituale può essere causato da ciò che è materiale? La materia può causare qualcosa di spirituale, cioè di immateriale?
I filosofi scolastici medioevali rispondevano senza esitazione a tale quesito: “nemo dat quod non habet” (nessuno dà ciò che non ha), in ottemperanza al principio di non contraddizione, che è la legge fondamentale di tutta la realtà.

Tutto ciò che è spirituale deve necessariamente avere una causa spirituale, perché c’è un salto ontologico tra l’ordine materiale e quello spirituale. Infatti, la differenza tra i due ordini è di carattere qualitativo e non quantitativo: operazioni essenzialmente immateriali non possono essere originate da una causa materiale, altrimenti sarebbe violato il principio di causalità e “il più verrebbe dal meno”.
Tante belle parole, ma ciò che è stato osservato direttamente è questo:
http://www.treccani.it/enciclopedia/neuroscienze/
Paragrafo 2:
Uno dei principali temi di discussione di filosofi e scienziati del 20° sec. è stato se le attività ‘mentali’ come il pensiero, le emozioni, l’autocoscienza e la volontà siano funzioni differenti dalle attività ‘cerebrali’ quali il movimento di un arto, la percezione di un colore ecc., o se anch’esse rappresentino espressioni funzionali dei neuroni che costituiscono il cervello. La distinzione fra attività mentali e cerebrali, alla luce delle attuali conoscenze appare artificiosa a chi pratica una delle numerose discipline che costituiscono le n., quali la neurofisiologia, la neurobiologia, la neurochimica e la neurofarmacologia. Le attività mentali e quelle cerebrali sono infatti semplicemente l’espressione unica e indivisibile delle attività degli elementi neuronali e gliali che costituiscono l’organo cervello. Anche se l’espressione è diversa nella qualità e nei modi con i quali si manifesta, entrambe le attività sono dovute a un unico meccanismo con il quale i neuroni comunicano fra loro e con il resto dell’organismo. Secondo questa concezione, le attività cosiddette mentali debbono essere considerate proprietà emergenti, frutto di una somma talmente complessa di attività neuronali più semplici da costituire un salto quantitativo sostanzialmente ancora indecifrabile. Del resto, la vita stessa ha le medesime caratteristiche. Nessuna delle attività chimiche che si svolgono all’interno di una cellula, prese singolarmente, ha i connotati della vita ma, nel loro insieme, tutte le reazioni molecolari coordinate e organizzate entro i confini di una membrana cellulare permettono l’emergere e l’affermarsi di funzioni vitali.
Oggi possiamo vedere il pensiero in azione, mentre viene prodotto nel nostro cervello, lo possiamo vedere colorato ed in 3D.
Le evidenze sono quindi sostanziali, ma già il caso di Phineas Gage e successivi sarebbero sufficienti a far capire come questo principio medioevale... beh, come molte credenze di quel tempo semplicemente era basato sui limiti di osservazione che esistevano. E' quindi errato alla luce delle scoperte recenti.

Invero sarebbe sufficiente il caso di Phineas Gage:
http://it.wikipedia.org/wiki/Phineas_Gage

http://psicocafe.blogosfere.it/2007/01/ ... ferro.html
“I suoi superiori, che lo consideravano come il più efficiente e capace caporeparto che avessero prima dell’ incidente hanno ritenuto che il cambiamento della sua mente sia così marcato da rendere impossibile ridargli nuovamente il posto. E’ umorale, irriverente, indulge a volte in bestemmie (che non era sua abitudine pronunciare), manifestando poca deferenza nei confronti dei colleghi, impaziente quando qualcosa è in conflitto con i suoi desideri, occasionalmente pertinace, tuttavia capriccioso e vacillante, si fa ideatore di molti progetti per il futuro che non realizza e che abbandona presto per altri che appaiano più fattibili. A questo proposito, la sua mente è così radicalmente cambiata che i suoi amici e conoscenti dicono “non è più lui”.
Costui per una lesione al cervello ha totalmente cambiato personalità. Bestemmiando pure parecchio.
Ora, se ci fosse davvero questa distinzione tra materiale ed intangibile, e se fosse vero questo principio di causalità per cui "il meno non può produrre il più" come potrebbe una condizione materiale (lesione al cervello) incidere in alcun modo sulle qualità immateriali del povero Phineas?
Avrebbe potuto causare problemi motori, ma non avrebbe potuto modificarne di una virgola il lato "spirituale".

Ecco già qui una semplice prova di come invece nulla di "intangibile" ci sia dietro il nostro pensiero, emozioni, sentimenti, scelte e quant'altro, sono tutte attività del nostro cervello, al contrario di ciò che afferma il professor Moscone.
Deve quindi esserci un principio spirituale capace di compiere operazioni di natura immateriale, come sono gli atti razionali e liberi.
Questo principio è l’anima spirituale o, semplicemente, lo spirito o anima umana.
No professore, ciò che lei ha indicato non esiste, le sue tesi non hanno alcun fondamento ed anzi hanno prove esattamente contrarie alle sue affermazioni.
Ciò che lei ha detto è tutta fantasia, e nulla di più. Forse dovrebbe aggiornarsi un po' invece di fare affidamente a filosofi medioevali.
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Mauro1971
No professore, ciò che lei ha indicato non esiste, le sue tesi non hanno alcun fondamento ed anzi hanno prove esattamente contrarie alle sue affermazioni.
Ciò che lei ha detto è tutta fantasia, e nulla di più. Forse dovrebbe aggiornarsi un po' invece di fare affidamente a filosofi medioevali.
Hai "Titolo" per sostenere questa tua affermazione?, se lo hai dicci in che cosa, sei un Teologo?, un Esegeta?, un Filologo?, un Biblista?, sei laureato in Neurologia?, in sostanza togliendo internet, quale sarebbe il tuo titolo per cui stai contestando una persona competente nel suo ramo?, ovviamente la mia è una domanda più che legittima, visto che chi ha pubblicato l'articolo è un laureato, così chiedo di chi lo contesta.

Franco
“Al di sopra del Papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.”
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Leopardi non era laureato ed era il più grande filologo italiano del suo tempo.
Croce non era laureato ed era il più grande filosofo italiano del suo tempo.
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
GIOVANNI, III, 19. (G. Leopardi, La ginestra, esergo)
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Franco Coladarci ha scritto:Mauro1971
No professore, ciò che lei ha indicato non esiste, le sue tesi non hanno alcun fondamento ed anzi hanno prove esattamente contrarie alle sue affermazioni.
Ciò che lei ha detto è tutta fantasia, e nulla di più. Forse dovrebbe aggiornarsi un po' invece di fare affidamente a filosofi medioevali.
Hai "Titolo" per sostenere questa tua affermazione?, se lo hai dicci in che cosa, sei un Teologo?, un Esegeta?, un Filologo?, un Biblista?, sei laureato in Neurologia?, in sostanza togliendo internet, quale sarebbe il tuo titolo per cui stai contestando una persona competente nel suo ramo?, ovviamente la mia è una domanda più che legittima, visto che chi ha pubblicato l'articolo è un laureato, così chiedo di chi lo contesta.

Franco
Le mie motivazioni le ho esposte nei miei due post precedenti Franco. Ho un qualcosa tra le orecchie e cerco di usarlo, come titolo per le mie affermazioni, affermazioni tutte sostenute con materiale probatorio e link per poterlo esplorare in completezza.

Se hai argomenti a confutare i dati da me portati ben venga, non può che arricchire la discussione, diversamente se chiedermi il "titolo" è l'unica difesa che hai... non ti resta che diventare ateo :abbr:
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Messaggio da nello80 »

Franco Coladarci ha scritto:Mauro1971
No professore, ciò che lei ha indicato non esiste, le sue tesi non hanno alcun fondamento ed anzi hanno prove esattamente contrarie alle sue affermazioni.
Ciò che lei ha detto è tutta fantasia, e nulla di più. Forse dovrebbe aggiornarsi un po' invece di fare affidamente a filosofi medioevali.
Hai "Titolo" per sostenere questa tua affermazione?, se lo hai dicci in che cosa, sei un Teologo?, un Esegeta?, un Filologo?, un Biblista?, sei laureato in Neurologia?, in sostanza togliendo internet, quale sarebbe il tuo titolo per cui stai contestando una persona competente nel suo ramo?, ovviamente la mia è una domanda più che legittima, visto che chi ha pubblicato l'articolo è un laureato, così chiedo di chi lo contesta.

Franco
Non so la preparazione accademica di mauro, ma un ragionamento fatto o girato da una persona che non ha titoli accademici, nullifica la sostanza dello stesso?
Cos' è un teologo?
Io non ho titoli accademici, ma secondo me il teologo è:
Colui/coro che prima elabora/no le teorie e poi discute/tono sulle teorie da lui/loro elaborate.
Quindi secondo me è una scienza autoreferenziata, un pò come la WT!
Nel buio totale una voce d'uomo mi disse: "Vieni verso di me, non voglio farti del male...", ma io accesi un cerino e vidi ch'ero sul margine di un precipizio, e l'uomo che mi parlava era, invece, dalla parte opposta...

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Mauro il caso di Phineas Gage da te citato mi fa sorgere delle domande...

Messaggio da Ray »

Questo concetto da te esposto come si sposerebbe con un'altro avvenimento che ti citerò, perché ci sono ancora delle cose o fatti che inducono in me dubbi.
Anche se non possiamo sapere se esiste VERAMENTE la spiritualità o l'anima lo stesso potremmo dire quali prove ci sono per dire se non esiste.

Come esempio ti citerò ...
Un'avvenimento anche se non accaduto a me personalmente ma che conosco da vicino.

Questo fatto di cui scrivo si riferisce ad una persona che conosco bene da oltre 25 anni, nel corso della sua vita ha vissuto sempre in maniera "AGIATA" , era una persona ligia ai doveri familiari e alla società in generale ,poi sono accadute delle "cose" che lo hanno portato a confrontarsi con una vita non "agiata" ,questo cambiamento lo hanno portato a fare delle scelte sbagliate fino a portarlo alla reclusione.
Dopo un po che è uscito ....ha incominciato a comportarsi in modo diverso fino a sbroccare con la testa rifiutando moglie e doveri familiari .
Non si ragiona più con lui come una volta è diventato asociale.

Questa persona non ha subito menomazioni fisiche alla testa, forse ha vissuto delle vicissitudini che lo hanno cambiato,è diventato diverso da come era prima.Compie delle azioni che prima non avrebbe fatto,e cambiato .Non posso entrare nello specifico,ma non so se ho reso l'idea.

In conclusione è stata la sua anima o non spiritualità che lo ha portato a diventare come è adesso ?
Sicuramente ci saranno casi peggiori,che hanno fatto cambiare una personalità o il modo di comportarsi di una persona e non è avvenuta in modo traumatico come il caso di Phineas Gage .

Quindi la colpa e della menomazione fisica o di qualcos'altro ? :boh:

Certo c'è da chiedersi se esiste un'anima ,e quando può influenzare la persona ,sempre se lo possa fare. :boh:

Se al di là del semplice scambio elettrico fra neuroni nel cervello ci possa essere qualcosa di più ,e che non possa essere misurata o quantificata con un semplice o complicato strumento o macchina che sia o testata con test psicologici o psichiatrici... :boh:
Ray

Le falsificazioni e le varianti involontarie si accumulano man mano che un testo è ricopiato attraverso i secoli. Ogni scriba riproduce gli errori degli scribi precedenti e ne aggiunge di propri. Non possediamo alcun originale dei libri del nuovo testamento, ma neppure copie eseguite direttamente sugli originali, né copie di copie...Bart D. Ehrman
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Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

Caro Mauro
Mi pare che tu fai un pò di confusione su ciò che è tangibile e su cosa non lo sia, su cosa sia fisico e su cosa sia metafisico, ora, a tuo dire vorresti dimostrare con le prove e quindi con la fisicità cosa che non rientra nella fisicità, per farti comprendere che non sempre gli aspetti immateriali possono essere dimostrati (e l'anima rientra in questo), ti faccio un esempio.

Alla domanda se tu "ami" tua moglie, potresti rispondermi, certamente che l'amo, al che potrei obiettare "dimostramelo", comprenderai bene che non potresti dimostrarmelo in nessun modo, poiché qualunque cosa mi diresti non è dimostrabile, ma pur non essendo dimostrabile non vuol dire che tu non ami tua moglie, oppure ciò che affermi sia falso, essendo tale sentimento immateriale non hai i mezzi per dimostrarlo, non che non esiste, ma che nella fisicità non è dimostrabile, ebbene anche nella discussione dell'anima ci troviamo nella stessa situazione, poiché sono argomenti metafisici, immateriali i quali non si potrebbero mai dimostrali con elementi fisici, ma neanche ciò che è fisico non può affermare la non esistenza per il semplice fatto di non poterla provare.

Ma le dichiarazioni assolutistiche in ambo le parti hanno sempre fatto un cattivo servizio alla ragionevole comprensione.

per Quixote
Leopardi non era laureato ed era il più grande filologo italiano del suo tempo.
Croce non era laureato ed era il più grande filosofo italiano del suo tempo.
E' vero, ci sono persone che pur non essendo laureate ne sanno molto di più di chi lo è, ma, se esistono le università a qualcosa servono non credi, anche il titolo, se pur ci possiamo incartare la mortadella, almeno dimostra che qualcosa di quella scienza la si è studiata.
'
E' vero che "l'abito non fa il monaco" ma è anche vero che dall'abito si riconosce il monaco.


Franco
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Messaggio da Quixote »

Franco Coladarci ha scritto: per Quixote
Leopardi non era laureato ed era il più grande filologo italiano del suo tempo.
Croce non era laureato ed era il più grande filosofo italiano del suo tempo.
E' vero, ci sono persone che pur non essendo laureate ne sanno molto di più di chi lo è, ma, se esistono le università a qualcosa servono non credi, anche il titolo, se pur ci possiamo incartare la mortadella, almeno dimostra che qualcosa di quella scienza la si è studiata.
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E' vero che "l'abito non fa il monaco" ma è anche vero che dall'abito si riconosce il monaco.


Franco
Caro Franco. Ho evitato di proposito commenti, mi sono limitato ai fatti. I fatti da me riportati stanno a testimoniare che non si può giudicare del valore e della competenza di una persona in base al titolo di studio. Se qualcuno porta degli argomenti, validi o meno, essi vanno discussi e controbattuti in quanto tali, non in base ad apprezzamenti su chi li ha espressi. Tali apprezzamenti sono legittimi solo dopo o contestualmente l’aver dimostrato la fallacia dimostrativa di chi li ha esternati, mai a priori. Nella fattispecie mi pare che gli argomenti di Mauro non siano dimostrativi, perché egli si muove, per dirla adoperando termini già presocratici, in un ottica “atomistica” e quantitativa. Il professore in questione si muove invece in un’ottica anassagorea, qualitativa. Non è altrettanto facile misurare una qualità, come lo è una quantità. Quindi quanto da lui detto è discutibile, come però è altrettanto discutibile quanto sostenuto dal prof. Moscone, perché nemmeno lui mi sembra immune dalla confusione fra i due diversi piani. per cui la risposta di Mauro era, almeno parzialmente, giustificata.

Su quanto dici, attenzione a generalizzare: a che servano le Università è appunto la domanda controversa: a un sapere, relativo nozionale categoriale e massificato, se poi le più alte menti non ne hanno bisogno e lo superano vedendo ben al di là del loro tempo e delle sue istituzioni? A che serve la cultura, piuttosto. Quanto all’abito che non fa il monaco, ma che dall’abito si riconosca il monaco, forse non te ne sei accorto, ma una frase è la negazione dell’altra.
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
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Francesco Franco Coladarci
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Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

Caro Angelo
Sono d'accordo con quello che affermi, il punto è proprio questo non è dimostrabile in ambo le parti, ma un conto dire, "presumo" lasciando margine alla discussione altro discorso fare affermazioni da dogma di fede, questa è una delle varie discussioni che si presta a varie argomentazioni, condivisibili o meno.

In merito all'istruzione diciamo "ufficiale e non", sarebbe un bell'argomento di discussione.
riguardo al monaco, lo so quello che vuoi dire, è messa di proposito.
Ciao
Franco
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Mauro1971
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Messaggio da Mauro1971 »

Franco Coladarci ha scritto:Caro Mauro
Mi pare che tu fai un pò di confusione su ciò che è tangibile e su cosa non lo sia, su cosa sia fisico e su cosa sia metafisico, ora, a tuo dire vorresti dimostrare con le prove e quindi con la fisicità cosa che non rientra nella fisicità, per farti comprendere che non sempre gli aspetti immateriali possono essere dimostrati (e l'anima rientra in questo), ti faccio un esempio.

Alla domanda se tu "ami" tua moglie, potresti rispondermi, certamente che l'amo, al che potrei obiettare "dimostramelo", comprenderai bene che non potresti dimostrarmelo in nessun modo, poiché qualunque cosa mi diresti non è dimostrabile, ma pur non essendo dimostrabile non vuol dire che tu non ami tua moglie, oppure ciò che affermi sia falso, essendo tale sentimento immateriale non hai i mezzi per dimostrarlo, non che non esiste, ma che nella fisicità non è dimostrabile, ebbene anche nella discussione dell'anima ci troviamo nella stessa situazione, poiché sono argomenti metafisici, immateriali i quali non si potrebbero mai dimostrali con elementi fisici, ma neanche ciò che è fisico non può affermare la non esistenza per il semplice fatto di non poterla provare.
C'è solo un piccolo particolare Franco, l'attività del tuo cervello che tu chiami "amore" può essere mappata e vista mentre avviene.
Questo la rende "materiale".
Non modifica di un micron l'esperienza, ma quell'attività ripeto è visibile e quantificabile.

Oltretutto Franco ho risposto in maniera diretta a quelle che sono le spiegazioni invero molto chiare del prof. Moscone su cosa sia spirituale o meno, cosa che spiega più esaustivamente fra l'altro nei link che ho riportato, che sarebbero a prefazione di questi che hai messo tu.
Per cui no, non ho fatto alcuna confusione Franco, e resta il fatto che laureato o meno ho mosso delle eccezioni molto precise, alle quali gradire avere una risposta.
Eccezioni delle quali ho fornito prove, prove concrete fra l'altro.

Diversamente non possono che considerarsi valide. :strettamano:

P.S. ...e sia chiaro, fatemi fare di tutto, ma il monaco proprio no, vestito o meno :ironico:
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Messaggio da Mauro1971 »

Ray ha scritto:Questo concetto da te esposto come si sposerebbe con un'altro avvenimento che ti citerò, perché ci sono ancora delle cose o fatti che inducono in me dubbi.
Anche se non possiamo sapere se esiste VERAMENTE la spiritualità o l'anima lo stesso potremmo dire quali prove ci sono per dire se non esiste.

Come esempio ti citerò ...
Un'avvenimento anche se non accaduto a me personalmente ma che conosco da vicino.

Questo fatto di cui scrivo si riferisce ad una persona che conosco bene da oltre 25 anni, nel corso della sua vita ha vissuto sempre in maniera "AGIATA" , era una persona ligia ai doveri familiari e alla società in generale ,poi sono accadute delle "cose" che lo hanno portato a confrontarsi con una vita non "agiata" ,questo cambiamento lo hanno portato a fare delle scelte sbagliate fino a portarlo alla reclusione.
Dopo un po che è uscito ....ha incominciato a comportarsi in modo diverso fino a sbroccare con la testa rifiutando moglie e doveri familiari .
Non si ragiona più con lui come una volta è diventato asociale.

Questa persona non ha subito menomazioni fisiche alla testa, forse ha vissuto delle vicissitudini che lo hanno cambiato,è diventato diverso da come era prima.Compie delle azioni che prima non avrebbe fatto,e cambiato .Non posso entrare nello specifico,ma non so se ho reso l'idea.

In conclusione è stata la sua anima o non spiritualità che lo ha portato a diventare come è adesso ?
Sicuramente ci saranno casi peggiori,che hanno fatto cambiare una personalità o il modo di comportarsi di una persona e non è avvenuta in modo traumatico come il caso di Phineas Gage .

Quindi la colpa e della menomazione fisica o di qualcos'altro ? :boh:

Certo c'è da chiedersi se esiste un'anima ,e quando può influenzare la persona ,sempre se lo possa fare. :boh:

Se al di là del semplice scambio elettrico fra neuroni nel cervello ci possa essere qualcosa di più ,e che non possa essere misurata o quantificata con un semplice o complicato strumento o macchina che sia o testata con test psicologici o psichiatrici... :boh:
Buonasera Ray.

Messa così non so che dirti, nel senso che di cambiamenti in una persona ne possono accadere per mille motivi diversi.
Traumi psicologici, così come esistono patologie che portano a delle lesioni nei lobi occipitali o dell'iperattività nelle stesse zone, per cui è difficile dirti qualcosa senza sapere cosa effettivamente sia alla base delle vicissitudini di questa persona.

Il discorso in questo caso da parte mia non è tanto il voler dimostrare che l'anima non esiste in senso assoluto, non ho questa presunzione, quanto il dimostrare che la presunta "dimostrazione dell'esistenza" da parte del prof Mosconi decisamente non è valida in quanto basata su delle premesse che non sono vere.

Ti rricordo però che l'onere della prova sta a chi afferma che l'anima esista, non a me il dimostrarne la non esistenza... :abbr:
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Messaggio da Mauro1971 »

Quixote ha scritto:. Nella fattispecie mi pare che gli argomenti di Mauro non siano dimostrativi, perché egli si muove, per dirla adoperando termini già presocratici, in un ottica “atomistica” e quantitativa. Il professore in questione si muove invece in un’ottica anassagorea, qualitativa. Non è altrettanto facile misurare una qualità, come lo è una quantità.
E difatti, alla base delle mie eccezioni, c'è proprio la prova emipirica che queste attività presunte spirituali, qualitative, sono invece quantitativamente misurabili, e se sono misurabili il concetto stesso di qualità decade.

Dal mio punto di vista, la qualità non può essere che eventualmente un delta di frequenze nella quantità.
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Messaggio da Quixote »

Mauro1971 ha scritto:
Quixote ha scritto:. Nella fattispecie mi pare che gli argomenti di Mauro non siano dimostrativi, perché egli si muove, per dirla adoperando termini già presocratici, in un ottica “atomistica” e quantitativa. Il professore in questione si muove invece in un’ottica anassagorea, qualitativa. Non è altrettanto facile misurare una qualità, come lo è una quantità.
E difatti, alla base delle mie eccezioni, c'è proprio la prova emipirica che queste attività presunte spirituali, qualitative, sono invece quantitativamente misurabili, e se sono misurabili il concetto stesso di qualità decade.

Dal mio punto di vista, la qualità non può essere che eventualmente un delta di frequenze nella quantità.
No Mauro, potrai misurare un ragionamento, al limite potrai dedurre che il ragionamento esprime una qualità, potrai anche misurare se chi lo dice è più o meno convinto di quello che dice, ma non puoi misurare ciò che quella qualità esprime. Ovvero non puoi misurare il senso di rosso o nero, al più misuri le mie appercezioni del rosso o del nero, non il valore intrinseco del rosso o del nero. La scienza vale solo entro i suoi limiti: la teoria dell’evoluzione stessa è valida entro i suoi limiti: non spiega, per esempio, il linguaggio: perchè esiste la lingua? dal più semplice al più evoluto? Non regge. La lingua è un sistema, altrimenti non è lingua: i TdG non hanno tutti i torti a considerarla atto creativo, perché non esiste lingua, come non esiste musica, senza che vi sia già un un logos, senza che non vi sia già un armonia a priori. Il mito delle origini, battito del cuore, suoni inarticolati ecc. non ha senso, perché qui, veramente, natura facit saltus, qui l’anello è veramente mancante.
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Messaggio da Mauro1971 »

Quixote ha scritto: No Mauro, potrai misurare un ragionamento, al limite potrai dedurre che il ragionamento esprime una qualità, potrai anche misurare se chi lo dice è più o meno convinto di quello che dice, ma non puoi misurare ciò che quella qualità esprime. Ovvero non puoi misurare il senso di rosso o nero, al più misuri le mie appercezioni del rosso o del nero, non il valore intrinseco del rosso o del nero.
In un certo senso si. Si può misurare l'intensità dell'attività mentale che un soggetto prova con il rosso o con il nero.
Si possono conoscere quali zone del cervello vengono attivate, quali scambi tra zone avvengono, si può quindi conoscere quale è il meccanismo che ci fa provare "qualcosa" vedendo il rosso e nero.
In questo il lavoro probabilmente più interessante, ed illuminante, è quello del dott. Antonio Damasio.
Damasio ha scoperto che la divisione tra intelletto ed emozione è fittizzio. La nostra mente, i nostri processi mentali, funzionano a più livelli coinvolgendo contemporaneamente sia la parte razionale che quella emotiva, più "antica".
Molto del lavoro del nostro pensiero avviene ad un livello non-cosciente, tornando all'esempio del rosso e nero la percezione di questi colori attiva tutta una serie di risposte emotive che derivano per buona parte dalle esperienze passate. Noi siamo coscienti solo dell'emozione, non di tutto il lavoro che il nostro cervello fa per filtrare l'input e ritornaci proprio quella emozione (piacevole o spiacevole) che già il frutto di una complessa elaborazione.
Per andare sul campo del suono, che in altro aspetto viene messo in gioco nella discussione più avanti, il nostro cervello isola e divide le varie frequenze dei suoni che percepiamo al pari di moderni strumenti di analisi, questo lavoro però non è percepito a livello cosciente, ma determina l'esperienza vissuta a livello cosciente.

Altresì Quixote, proprio dagli studi di Damasio si è scoperto che più che le singole zone del cervello il vero "miracolo" del nostro risiede nell'iterazione, nelle connessioni tra queste parti.
Ad esempio, come nel caso di Phineas, quando un danno neurologico va ad impedire le connessioni tra amigdala e corteccia, viene profondamente limitata (se non annullata totalmente) la capacità emotiva dell'individuo.
Questo signigica Quixote che i soggetti colpiti hanno dimostrato che il sentire qualsiasi verso poetico, musica o quant'altro, suscita le stesse emozioni che sentir leggere l'elenco telefonico.
Per rapportarlo alla tua specifica realtà, se ti venisse oclusa questa connessione tra la tua amigdala e la corteccia, qualsiasi verso di Leopardi ti sarebbe del tutto indifferente, non proveresti più alcuna emozione.

Una madre perde totalmente l'istinto materno, diventa insensibile ai suoi figli.
Si cessa di "amare" chiunque, mogli incluse (per riagganciarmi all'esempio portato da Franco).

Per cui per quanto non si possa misurare l'esatta forma dell'esperienza, se ne può misurare l'intensità, ed è palese che questa è totalmente "materiale", nel senso che avviene tramiti processi esclusivamente materiali che avvengono nel nostro cervello.
Ergo, quella qualità particolare dell'esperienza che provi ascoltando una lettura di Leopardi, o leggendondolo, esiste non per un qualcosa di spirituale che si muove, ma per la normale attività celebrale, anzi questa è la tua normale attività celebrale.

Non è semplicemente una mia opinione, o una teoria... ci sono le prove di questo, come ho descritto sopra.
La scienza vale solo entro i suoi limiti: la teoria dell’evoluzione stessa è valida entro i suoi limiti: non spiega, per esempio, il linguaggio: perchè esiste la lingua? dal più semplice al più evoluto? Non regge.
Caro amico mio, qui devo darti torto.
La comunicazione è un elemento essenziale negli animali che vivono in branco.
Avviene a vari livelli ed in vari modi, in base alle caratteristiche delle specie. Lo ritroviamo nelle iene, negli gnu, nelle scimmie; magnifico, suggestivo e molto evoluto nelle balene e nei delfini.

La capacità di comunicare in un branco è un vantaggio evolutivo palese. Permette di aver maggior successo nella caccia, come nella difesa dai predatori.

La storia evolutiva nella nostra specie è poi piuttosto documentata. L'osso ioide delle specie più primitive come l'Ergaster mostra che avevano già capacità verbali, anche se molto limitate rispetto alle nostre.
Nel Neanderthal è più sviluppata, quasi al nostro livello, e nel Sapiens Sapiens si arriva al massimo sino ad oggi presente.

Quanti millenni, quante decine di millenni sono state necessarie al formarsi di lingue vere e proprie realmente complesse?
Questo non lo sappiamo ma è indicativo che nei circa 190.000 di esistenza della nostra specie solo da circa 5.000 anni esiste la scrittura.
La lingua è essenziale per il pensiero razionale, per le forme più complesse e capaci di astrazione del nostro pensiero.

Insomma, dal punto di vista dell'evoluzione la "lingua" è tutto sommato facilmente spiegabile.
La lingua è un sistema, altrimenti non è lingua: i TdG non hanno tutti i torti a considerarla atto creativo, perché non esiste lingua, come non esiste musica, senza che vi sia già un un logos, senza che non vi sia già un armonia a priori. Il mito delle origini, battito del cuore, suoni inarticolati ecc. non ha senso, perché qui, veramente, natura facit saltus, qui l’anello è veramente mancante.
Veramente no...
Esiste una matemica dei suoni, e la musica alla fine è questo da un punto di vista "tecnico", l'atto creativo avviene appunto nella somma dell'applicazione di questa meccanica all'emotività che questa produce in noi.
E tutto questo avviene sempre e comunque nel nostro cervello.

Il vantaggio evolutivo della particolare ed estremamente complessa rete di connessioni tra le parti del nostro cervello porta seco anche una serie di "effetti secondari", a volte semplicemente meravigliosi da vivere.

Ma non dimentichiamoci mai che basta anche una piccola ferita, o una malattia che provochi lesioni in alcuni punti precisi del nostro cervello, e "la magia" è morta per sempre.
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