Curiosità sul nome Geova

In questo spazio si discute di argomenti di vario genere relativi ai Testimoni di Geova e che non sono inclusi nelle altre sezioni

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SNORT!!
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Curiosità sul nome Geova

Messaggio da SNORT!! »

Ciao a tutti!
la curiosità del titolo è presto detta: qualcuno di voi sa se Yehowah oltre alla traduzione italiana in Geova venga tradotto anche in altre lingue?
Mi spiego meglio: se in italiano Yehowah si traduce Geova, come si traduce Yehowah in Tedesco ad esempio? Oppure francese o spagnolo? Non ricordo di aver letto qualcosa in proposito.
Grazie a coloro che vorranno darmi indicazioni.

Alla prossima!
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VictorVonDoom
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Messaggio da VictorVonDoom »

SNORT!! ha scritto:Ciao a tutti!
la curiosità del titolo è presto detta: qualcuno di voi sa se Yehowah oltre alla traduzione italiana in Geova venga tradotto anche in altre lingue?
Mi spiego meglio: se in italiano Yehowah si traduce Geova, come si traduce Yehowah in Tedesco ad esempio? Oppure francese o spagnolo? Non ricordo di aver letto qualcosa in proposito.
Grazie a coloro che vorranno darmi indicazioni.

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Valentino
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Messaggio da Valentino »

Mi viene da chiedere: ma un nome si traduce...o si traslittera? Parliamo di "convenzioni linguistiche" non standardizzate che sono cambiate a seconda delle epoche. In una vecchissima enciclopedia italiana che posseggo riesco ancora a trovare nomi quali "Abramo Lincoln"...ma ormai anche nella wikipedia italiana troviamo Abraham Lincoln. Se leggo i giornali e guardo i telegiornali non mi sono mai imbattuto in "Benedetto Obama" o in "Donaldo Briscola"...ma in Barack Obama e Donald Trump. Nel caso del Sacro Nome le cose si complicano: infatti il Sacro Nome non può essere traslitterato foneticamente in quanto si ignora come venisse pronunciato in origine, ed infatti nella letteratura scientifica che si occupa di Bibbia Ebraica troviamo il Sacro Nome traslitterato con le sole consonanti. Il Sacro Nome, volenti o nolenti, in ebraico è impronunciabile per la banale ragione che non se ne conosce la pronuncia. E sarebbe davvero un paradosso che un Nome che, per varie ragioni, risulta essere impronunciabile nella lingua originale, possa (non si sa bene come) diventare pronunciabile in tutte le altre lingue.
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Al di là anche della forma con cui è più ricorrentemente scritto, ad esempio Jahvè o Yahweh, la pronuncia "iavè" ha l'indiscutibile merito di essere breve e pratica. Oltretutto ha il pregio di portare così sinteticamente con sé il risultato di ricerche su quale fosse la pronuncia più probabile del nome Yahweh. Non è questo un pregio che hanno la maggior parte dei nomi che sono utilizzati per indicare, ad esempio, persone storicamente importanti o personaggi mitologici.

La pronuncia di un nome è inevitabilmente soggetta a variazioni e a differenze, anche quando la sua forma scritta resta la stessa. Questo peraltro non è un buon motivo, ad esempio, per non pronunciare le vocali al fine di sbilanciarci il meno possibile sulla pronuncia originale, anche considerando che poi non esiste una precisa pronuncia originale al riparo delle evoluzioni storiche.

Per me se si fosse diffuso a dispetto dell'errore grossolano, anche Geova poteva andar bene. Fatto sta che non si è diffuso, almeno non quanto Yahweh. Poi ci sono anche tutte le altre contraddizioni sull'uso del nome Geova che qui non richiamo.

Si passa dall'estremo di chi fa di tutto per non pronunciare un nome, all'estremo di chi dice che è fondamentale pronunciare un nome per giunta secondo la forma errata creata ad un certo punto dalla cristianità di cui si dice peste e corna e dai diversi usi tradizionali e locali che della forma errata sono stati fatti.

Comunque sia, entrambi gli estremi che generano così tanti problemi su un nome, estremi derivanti da credenze religiose o di superstizioni (non sempre è facile distinguere le une dalle altre), non sono un buon motivo, a mio avviso per condizionare il naturale e pratico utilizzo di un nome.
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Volevo aggiungere anche che mi risulta del tutto comprensibile che nell'ambito della ricerca si mantengano distinti la forma con la quale ad un certo punto ed in un certo contesto è stato indicato un personaggio mitologico ed il personaggio mitologico stesso.
Per esemplificare, se sto studiando come una forma scritta era pronunciata nei diversi periodi storici è ovvio che mi fa comodo distinguere, anche "nominalmente", forma scritta e pronuncia. Se invece mi serve un nome per indicare, scrivendo e parlando, un personaggio mitologico (che, fra l'altro ha uno sviluppo che sta anche prima, dopo e oltre una sua simbolica rappresentazione grafica) allora è chiaro che non mi vado a complicare la vita con inutili giri di parole.
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Valentino
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Messaggio da Valentino »

Non comprendo come la "brevità" di un nome o di una parola possa costituire un "merito". Nemmeno riesco a comprendere in che modo si possa "incastrare" in linguistica e filologia un "criterio" (o pseudo tale) di "praticità". I nomi sono nomi e le parole sono parole: quando parole e nomi vengono fatti oggetto di studio filologico non ci si preoccupa della loro "brevità" o della loro "praticità", ma si analizzano tanto parole o nomi brevi quanto parole o nomi lunghi e...poco pratici :ironico: . C'è chi si chiama Ermenegildo, nome che risulta essere sicuramente non breve (pratico poi non saprei dire!): se proprio dobbiamo soddisfare dei criteri (perché poi?) di "brevità e praticità" si potrebbe ricorrere ai diminutivi e trasformare Ermenegildo...in Gildo. In ogni caso continuo a chiedermi: cui prodest?
Tornando alla questione Tetragramma.
Né la vocalizzazione usata dai tdG né quella che ha avuto una moda effimera in ambito accademico si possono ritenere filologicamente corrette. Difficile anche dire quale delle due sia la più "probabile": troviamo assertori dell'una e dell'altra, senza contare il fatto che sono state proposte numerose altre vocalizzazioni che si discostano da entrambe. Gli studiosi sono ben consci che qualsiasi vocalizzazione venga proposta in assenza di oggettivi dati filologici esiterebbe nella creazione di un "nome di fantasia": si tratterebbe sempre e comunque di congetture pure e semplici. Ed è probabilmente questo il motivo per cui in tempi relativamente recenti è invalso, in ambito scientifico accademico, l'abitudine di traslitterare il Tetragramma senza vocalizzarlo allo stesso modo di come avviene per le parole (e per i nomi) di lingue antiche la cui pronuncia è andata perduta. Un classico esempio è la lingua egiziana antica: è una lingua consonantica la cui vocalizzazione (e quindi pronuncia) è andata perduta.
I testi egiziani in ambito accademico vengono traslitterati ma non vocalizzati. Tra l'altro non esiste nemmeno un sistema "standardizzato" di traslitterazione per cui un testo geroglifico può essere traslitterato in vario modo. Un esempio di traslitterazione di un testo geroglifico è il seguente: ḥtp-dỉ-nśwt wśỉr ḫntỉj ỉmntjw nṯr ˁȝ Ȝbḏw wp-wȝwt nb tȝ ḏśr
https://it.wikipedia.org/wiki/Traslitte ... gua_egizia" onclick="window.open(this.href);return false;
Allo stesso modo si è diffusa la praticare di riportare il Tetragramma traslitterato senza preferire una delle varie vocalizzazioni congetturali.
Giovanni64 ha scritto:La pronuncia di un nome è inevitabilmente soggetta a variazioni e a differenze, anche quando la sua forma scritta resta la stessa.
Vero. Ma nel caso specifico tutto ci è ignoto: ignota è la pronuncia "originale", ignote sono le possibili variazioni e differenze.
Giovanni64 ha scritto:Questo peraltro non è un buon motivo, ad esempio, per non pronunciare le vocali
Ma il punto è proprio questo! Quali vocali? Le possibili combinazioni vocaliche sono nell'ordine di numeri esponenziali. Non ci sono criteri per stabilire quale vocalizzazione sia più probabile di un'altra. L'unico modo di "uscirne" sarebbe quello di una vocalizzazione standardizzata fittizia ad uso degli accademici, una vocalizzazione che non abbia la pretesa né di essere quella "originale" né di essere quella più probabile. Ma, come detto, molti studiosi optano per la consueta pratica di traslitterare senza vocalizzare le parole o i nomi di lingue antiche di cui si è persa la vocalizzazione.
Giovanni64 ha scritto:al fine di sbilanciarci il meno possibile sulla pronuncia originale
Qui non ti seguo. Come fai a sbilanciarti il meno possibile su una pronuncia che ti è ignota?!?!? Se, puta caso, nell'usare una vocalizzazione tra le migliaia possibili ti sbilanceresti effettivamente verso l'ignota pronuncia originale lo faresti senza nemmeno saperlo o accorgertene! Come faresti infatti a sapere se proprio la pronuncia che ti sei inventata è effettivamente "sbilanciata" verso quella "originale"...se appunto questa ti è ignota???
Giovanni64 ha scritto:anche considerando che poi non esiste una precisa pronuncia originale al riparo delle evoluzioni storiche.
Di nuovo: vero! Ma noi ignoriamo sia la pronuncia originale sia le possibili pronunce che non si sono "riparate" dalle possibili evoluzioni storiche. Niente pronuncia originale, niente pronuncia "evolutasi" storicamente.
Giovanni64 ha scritto:non sono un buon motivo, a mio avviso per condizionare il naturale e pratico utilizzo di un nome.
Questa affermazione pone un problema pratico. Tu parli di un ipotetico "naturale e pratico utilizzo di un nome"....la cui pronuncia però ci è del tutto ignota. Tra le migliaia di combinazioni vocali possibili quale sarebbe da preferire e perché?!?!? Quello che si può osservare è che in assenza di una pratica standardizzata in letteratura possiamo notare che il Tetragramma viene reso in modi diversi, ogni autore ha una sua particolare preferenza per una delle forme congetturali o per nessuna forma congetturale. C'è chi, come detto, si limita ad applicare ciò che viene applicato a tutte le lingue di cui si ignora la pronuncia (ovvero la semplice traslitterazione consonantica), ma c'è anche chi non disdegna la forma utilizzata dai tdG, come c'è chi usa altre vocalizzazioni ipotetiche e congetturali (se ne possono generare a migliaia come detto), e c'è anche chi in letteratura (scientifica ed anche non scientifica) "traduce" il Tetragramma con l'Eterno.
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Valentino ha scritto:Non comprendo come la "brevità" di un nome o di una parola possa costituire un "merito". Nemmeno riesco a comprendere in che modo si possa "incastrare" in linguistica e filologia un "criterio" (o pseudo tale) di "praticità". I nomi sono nomi e le parole sono parole: quando parole e nomi vengono fatti oggetto di studio filologico non ci si preoccupa della loro "brevità" o della loro "praticità", ma si analizzano tanto parole o nomi brevi quanto parole o nomi lunghi e...poco pratici :ironico: . C'è chi si chiama Ermenegildo, nome che risulta essere sicuramente non breve (pratico poi non saprei dire!): se proprio dobbiamo soddisfare dei criteri (perché poi?) di "brevità e praticità" si potrebbe ricorrere ai diminutivi e trasformare Ermenegildo...in Gildo. In ogni caso continuo a chiedermi: cui prodest?
Esiste la parola Yahweh per indicare un personaggio mitologico e mi pare sia anche la più usata. Ora, visto che le parole non hanno l'obbligo di rispettare la pronuncia originale nella loro forma scritta anche perché, per esempio, la struttura di un alfabeto non è sufficiente a rappresentare la gamma di pronunce possibili, non vedo perché non utilizzare la parola che c'è. Cioè non vedo perché giocare a fare i muti quando esiste anche più di una parola per indicare un personaggio mitologico. Magari qualche popolazione lo poteva anche chiamare Yahu questo personaggio mitologico ma non è che sul perché la pronuncia di un nome cambia nel corso della storia allora io, nella mia lingua, mi devo privare delle vocali quando indico quel personaggio. Capisco poi che i miti subiscono modifiche, si fondono con altri miti, si diversificano anche nel nome, ma è comunque utile avere un nome per identificarli, un nome che ovviamente non può pretendere di esaurire tutti i modi di intendere la divinità stessa. Non, mi illudo per esempio, che dicendo "Giove" indico tutti i modi con i quali Giove è stato identificato e chiamato.
In ogni caso la praticità di un nome è un elemento che ne determina il successo all'interno di una lingua: cosa c'è da capire? Dove sta scritto che nel parlare bisogna seguire all'istante quelle che tu chiami mode accademiche?
Le parole possono nascere in ambito accademico o possono essere mutuate da altre lingue, ne possono seguire le mode oppure no. Nel caso di Yahweh non vedo motivi per cui decidere a tavolino di privarsi del suo uso. Poi se accadrà ne prenderò atto, per carità, ma certamente non vedo tutta questa necessità di farlo.

Ma ripeto nei nomi di solito si utilizzano, ad esempio, vocali e pronuncie anche quando sappiamo per certo che non sono quelle originali, anche perché quelle originali non esistono perché ognuno pronuncia la parola a modo suo, perché ogni parola ha una storia figlia di altre storie e così via.


Mi fermo qua perché per ora non ho tempo e poi dovrei ripetere con altre parole quello che si può capire dal mio messaggio precedente.
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Valentino
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Messaggio da Valentino »

Giovanni64 ha scritto:e mi pare sia anche la più usata.
Lo è stata per un certo periodo. Nella comunità scientifica è in disuso e si preferisce adottare la traslitterazione come avviene con qualunque altra parola di qualunque altra lingua antica di cui non si conosce la pronuncia.
Giovanni64 ha scritto:Ora, visto che le parole non hanno l'obbligo di rispettare la pronuncia originale nella loro forma scritta
Questo dipende dai periodi e dalle convenzioni. Fino a poco tempo fa (per non parlare nell'epoca fascista dove si italianizzava di tutto) si italianizzavano tutti i nomi di persona che avevano nomi stranieri. Oggi questo non accade più tranne in rarissimi casi: Donald Trump resta Donald Trump, Barack Obama resta Barack Obama....ma "curiosamente" il principe Charles di Inghilterra diventa "Carlo" (questo è un esempio di "caso raro" di italianizzazione di nomi esteri).
Giovanni64 ha scritto:anche perché, per esempio, la struttura di un alfabeto non è sufficiente a rappresentare la gamma di pronunce possibili, non vedo perché non utilizzare la parola che c'è.
Perché appunto usando la tua locuzione "la parola non c'è"! O meglio c'è tutto un ventaglio di nomi inventati con una fonetica inventata atti a vocalizzare un Nome di cui si ignora la vocalizzazione. Il punto è che la forma che tu proponi non è né l'unica e nemmeno la più "accreditata" (non c'è alcun consenso in tal senso) per cui dovresti spiegare perché si dovrebbe usare esclusivamente quella forma e non un'altra, o perché no, tutte le forme "disponibili", cosa che peraltro già avviene. Alcuni usano la forma che usano i tdG, altri quella tu proponi, altri ancora traducono il Nome con l'Eterno, altri invece usano la traslitterazione consonantica come avviene per tutte le lingue antiche di cui si ignora la pronuncia. Talvolta per fini pratici ci si mette d'accorso su una vocalizzazione fittizia. Ciò non è avvenuto nel caso del Tetragramma e ognuno lo rende in maniera diversa, fermo restando che in ambito scientifico si preferisce la traslitterazione.
Giovanni64 ha scritto:Cioè non vedo perché giocare a fare i muti
Gli studiosi non giocano a fare i muti. Semplicemente si comportano col Tetragramma come con qualsiasi nome o parola di una lingua antica di cui non si conosce la vocalizzazione.
Giovanni64 ha scritto:quando esiste anche più di una parola
Per l'appunto! Per cui in base a quali "criteri" ("gusto" personale? ...perché no? già avviene così!) si "deve" preferire una forma piuttosto che un'altra. Prendo atto che c'è un "trend" contemporaneo che in generale evita le "italianizzazioni" e, nel caso del Tetragramma, si vanno sempre più evitando vocalizzazioni fittizie, ipotetiche, congetturali, e si va preferendo la traslitterazione. Non essendoci appunto niente di "standardizzato" ognuno fa quello che vuole.
Giovanni64 ha scritto:In ogni caso la praticità di un nome è un elemento che ne determina il successo all'interno di una lingua
Non dico nulla di diverso. Ma non mi risulta che la forma che tu proponi abbia ottenuto tutto questo "successo" anche perché, nel caso specifico, ci troviamo di fronte ad un Nome di cui ci si occupa PREVALENTEMENTE in determinati ambienti, religiosi nel caso dei tdG e di tutti quei movimenti che gli storici chiamano "movimenti del Sacro Nome", ed ambienti accademici. Se per "successo all'interno di una lingua" alludi ad un uso colloquiale di un termine o di un nome, è vero il contrario di ciò che sostieni: essendo i tdG un movimento religioso di un certo rilievo numerico (seppur di minoranza) è più facile che a livello colloquiale venga usata quella forma! Discorso diverso in ambito accademico dove appunto non c'è niente di standardizzato anche se oggi ci si orienta verso la traslitterazione.
Giovanni64 ha scritto:Dove sta scritto che nel parlare bisogna seguire all'istante quelle che tu chiami mode accademiche?
Perché nel caso specifico, come ti ho spiegato, si parla del Tetragramma prevalentemente in "ambienti religiosi di minoranza" oppure in ambienti accademici. La maggioranza della popolazione probabilmente non sa nulla delle cose di cui discutiamo. Tu stesso hai proposto di seguire quella che fu una "moda accademica", ovvero l'uso di una vocalizzazione che è stata usata per un certo tempo dagli accademici e che in tempi relativamente recenti è stata abbandonata.
Giovanni64 ha scritto:Le parole possono nascere in ambito accademico o possono essere mutuate da altre lingue, ne possono seguire le mode oppure no.
Appunto. Dall'Accademia si può anche mutuare la traslitterazione.
Giovanni64 ha scritto:non vedo motivi per cui decidere a tavolino di privarsi del suo uso. Poi se accadrà ne prenderò atto, per carità
:ok:
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Gesù era ebreo, non un cristiano.
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Valentino ha scritto:...
Io (generico parlante di una lingua) non devo per forza vendermi e ricomprarmi le vocali a seconda delle mode della comunità scientifica, anche perché i contesti sono diversi. Una parola può nascere nella comunità scientifica e seguire poi una strada sua anche perché, per esempio, la questione traslitterazione non è per forza sovrapponibile alla questione pronuncia. Cioè, tanto per dire, io posso anche scrivere Yhwh e continuare a pronunciarlo iavè quando ne parlo ma se c'è un modo scritto per ricordare una pronuncia condivisa è meglio.
Comunque sia, anche la pronuncia delle singole lettere dell'alfabeto non deve per forza riflettersi su come scrivo e viceversa: dico "bi" e scrivo B, anche se potrei sforzarmi di non pronunciare nessuna vocale. Come giustifico il fatto che dico bi e non dico be o bu? Boh! Il fatto che non sia sempre semplice o automatica la corrispondenza parlato-scritto non è un buon motivo per auto condannarsi all'uso dei codici fiscali.
Ovviamente ci sono dei contesti in cui è addirittura preferibile il codice fiscale. Non mi sembra però che Yahweh sia un personaggio mitologico così marginale da non meritarsi un modo per identificarlo anche dal punto di vista della pronuncia. I non credenti, i diversamente credenti, i credenti di altre religioni, possono del tutto legittimamente avere un nome per indicare un personaggio mitologico dalla rilevanza generale non indifferente, fosse anche solo per parlare del più e del meno in una serata in pizzeria con un amico senza essere costretti a scrivere sui tovaglioli o ad usare whatsapp.

Ciò non toglie che ragioni di opportunità o di cortesia (non so come chiamarle) possano far orientare le cose in maniera diversa, ma questo è un altro discorso che non va camuffato con altri pretesti. In ogni caso è difficile accontentare tutti i modi di credere, soprattutto quando si è d'accordo con il fatto che non deve essere la maggioranza o la tradizione a dettare legge (o almeno tutta la legge).

Abbiamo sia la parola "tra" che la parola "fra": ne vogliamo eliminare una? Si può anche fare, ma non ne vedo tutta questa necessità.

L'esistenza di più di un modo per indicare lo stesso personaggio mitologico tuttavia non è una vera e propria ridondanza perché ciascun nome indica un modo particolare di intendere il personaggio, certamente da confermare, ma che può dare già delle informazioni preliminari.
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Giovanni64 ha scritto:Io (generico parlante di una lingua) non devo per forza vendermi e ricomprarmi le vocali a seconda delle mode della comunità scientifica
Ma infatti non ho detto che lo si debba fare "per forza". Ho detto semplicemente che è banalmente ciò che è capitato e che può, e di fatto sta, ricapitando. Tu stesso usi una forma mutuata da una delle "mode" (anche se ritengo improprio il termine) della comunità scientifica, la quale ha semplicemente preso atto del fatto che non ci sono sufficienti indizi filologici per preferire una vocalizzazione piuttosto che un'altra, ed ha preso atto del fatto che il Tetragramma è impronunciabile in ebraico.
Ovviamente ciò non significa che, in teoria, non possa essere vocalizzato "a fantasia" per standardizzare una pronuncia condivisa ma consapevolmente fittizia. Semplicemente ciò non è stato fatto in quanto molti accademici si comportano col Tetragramma allo stesso modo di come si comportano con le parole ed i nomi di lingue antiche di cui si è perduta la pronuncia.
Giovanni64 ha scritto:ma se c'è un modo scritto per ricordare una pronuncia condivisa è meglio.
Ecco ha "ri"-centrato il punto. Puoi anche pensare legittimamente che "un modo scritto per ricordare una pronuncia condivisa" sia "meglio". Il punto è che NON esiste una "pronuncia condivisa" e/o "standardizzata". Esistono molteplici vocalizzazioni fittizie ed ognuno usa quella che più preferisce o anche nessuna.
Giovanni64 ha scritto:Come giustifico il fatto che dico bi e non dico be o bu? Boh!
Lo "prescrive" semplicemente la lingua italiana allo stato attuale della sua "storia evolutiva". Le lingue, lo hai ripetuto anche tu più volte, non sono realtà "statiche" ma possono variare. Diciamo "bi" e non "be" semplicemente perché così "prescrive" una inveterata consuetudine linguistica della lingua italiana. Il che non significa che siamo "condannati" a pronunciare "B" sempre "Bi": può essere che tra trecento anni per ragioni ignote e varie possibili contingenze "B" sarà pronunciata "Be".
Giovanni64 ha scritto:Il fatto che non sia sempre semplice o automatica la corrispondenza parlato-scritto non è un buon motivo per auto condannarsi all'uso dei codici fiscali.
Ma questo non lo "decide" nessuno di noi due. Lo "decide" il processo evolutivo della lingua. Prendi per esempio la questione delle "parole importate" da altre lingue. Prima del fascismo l'ascensore veniva chiamato con la parola inglese "elevator". Il regime fascista decise che non si dovevano usare anglicismi ed "impose" ascensore in luogo di elevator. Lo fece con tante altre parole, ma NON SEMPRE ebbe successo. Curiosamente la parola ascensore entrò a far parte dell'uso comune della lingua italiana ma altre parole imposte dal fascismo non riuscirono ad entrare a far parte della lingua italiana. Questo per dire che, talvolta, una lingua non cambia nemmeno se viene prescritto per legge, ma i cambiamenti (eventuali) vengono "decretati" dalla consuetudine.
Giovanni64 ha scritto:Ciò non toglie che ragioni di opportunità o di cortesia (non so come chiamarle) possano far orientare le cose in maniera diversa, ma questo è un altro discorso che non va camuffato con altri pretesti.
Un discorso che esula dalla questione che tu hai sollevato. Le questioni di opportunità e cortesia possono essere fatte rientrare nel novero di eventuali "scelte personali" laddove una certa sensibilità orienti scelte del genere. Qui si discuteva di altro: affermavi che si dovesse vocalizzare "per forza" il Tetragramma, utilizzando una precisa forma a discapito di altre forme disponibili (o anche di nessuna) ed invocavi questa pratica in base a criteri (?) di "brevità" e "praticità". Boh? :boh:
Giovanni64 ha scritto:In ogni caso è difficile accontentare tutti i modi di credere, soprattutto quando si è d'accordo con il fatto che non deve essere la maggioranza o la tradizione a dettare legge (o almeno tutta la legge).
Qui non si parla di "modi di credere", ma se vuoi di "modi di parlare". La lingua, che come entrambi abbiamo ribadito, non è una realtà statica si evolve in base a consuetudini che si impongono. Nel caso specifico NON esiste qualcosa che si possa definire standard o "comune", perché parliamo anche di un argomento che è un po di "nicchia"....difficilmente se ne parla al bar o nelle pizzerie, ma più probabilmente in contesti religiosi dal un lato....ed universitari dall'altro.
Giovanni64 ha scritto:Abbiamo sia la parola "tra" che la parola "fra": ne vogliamo eliminare una? Si può anche fare, ma non ne vedo tutta questa necessità.
E' l'uso o il disuso di un termine che ne può decretare l'"eliminazione"....non la "necessità". Una parola può essere eliminata semplicemente perché si smette di pronunciarla non perché sia "necessario" eliminarla.
Giovanni64 ha scritto:perché ciascun nome indica un modo particolare di intendere il personaggio, certamente da confermare, ma che può dare già delle informazioni preliminari.
Oltre a non centrare con quello di cui discutiamo, questa affermazione è anche falsa. Se uno usa la forma usata dai tdG non sono autorizzato a pensare che si tratti necessariamente di un tdG. Prova ne è il fatto che in letteratura troviamo la forma utilizzata dai tdG ma spesso l'autore del testo non è tdG. Tu per esempio usi un'altra forma, una forma che è quella più diffusa in altri gruppi religiosi del "Sacro Nome": ciò non mi autorizza a pensare che tu appartieni ad uno di questi gruppi. Voglio dire che non posso desumere nessuna "informazione preliminare" dall'uso che un mio interlocutore può fare di una delle tante forme congetturali esistenti.
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Veramente a me non pare si possa dire che Yahweh sia una vocalizzazione “a fantasia”: ha dalla sua un certo grado di probabilità, fermo restando che è problema fittizio rendere la pronuncia antica, perchè se anche potessimo riprodurne il “suono”, non riusciremmo a riprodurne lo spirito, cosí come io, se parlassi in napoletano, adopererei certo gli stessi “suoni”, ma li connoterei con la mia “musicalità” italiana, quando non addirittura romagnolo-emiliana. Lo stesso vale se pronuncio Kaisar, alla latina, invece che Cesar (sul latino medievale ed ecclesiastico), il lat. Caesar: mi manca il loro accento quantitativo, e un contemporaneo di Cesare farebbe fatica a intendermi.

Con ciò però, scientificamente parlando, viene a cadere tutta la questione, in primis quella della impronunciabilità di origine: constatata, dopo De Saussure (ma era già postulata fin nel Cratilo di Platone) la natura convenzionale del linguaggio, non ha alcun senso, scientificamente parlando, parlare di impronunciabilità: semplicemente è dubbia, ergo piú o meno ipotetica. E questo vale un po’ per tutti i nomi di origine non greca e non latina conservatici dalla tradizione, specie per quelli di origine non indoeuropea.

Corollario a questo è la risibillità (scientifica, s’intende) della tesi dei TdG sulla necessità di invocare “Geova-Dio” per nome; corollario a latere la risibilità (idem) di vietarsi di pronunciarlo in una forma o l’altra.

Di fatto nella conversazione colta, oggi come oggi, Yahweh è la forma d’uso (scritta e parlata) piú comune; YHWH è riservato al linguaggio specialistico (ovvero prettamente filologico e prettamente telogico), che è misera cosa rispetto all’uso comune (colto, ripeto, ma non solo: solo che è raro riscontrarlo nell’uso normale, che non necessita di nominare il dio del VT altro che con Dio o con qualche suo epiteto), che non si situa solo nella scrittura, ma anche nella conversazione. Ove il linguaggio risponde a quelle che Martinet connotava come sue “leggi” economiche: vale a dire massimo risultato con minimo sforzo: ovvero non posso stare a spiegare ogni volta all’interlocutore , parlando del dio del VT, che nel testo c’è il tetragramma, ergo per comodità e scioltezza dico Iavè (o al piú, volessi obbedire alla traslitterazione d’uso, ma sarebbe pedanteria, Iaue)

Per inciso, nella conversazione colta, a parte l’Italia, ove per tradizione cattolica il termine Geova è abbastanza disusato, anche in altri paesi di origine protestante la forma Iehovah, con le sue varianti, sta andando in disuso: con buona pace dei TdG, che poi sono per buona parte responsabili di questo abbandono: con Geova/Jehovah, il nesso ai Testimoni/Witnesses è quasi sempre obbligato, quindi non solo l’italiano, ma anche le lingue straniere piú importanti tendono oggi a riservarlo esclusivamente a loro, e a differenziarsi da loro, quando abbiano necessità di esprimerlo.
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
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Francesco Franco Coladarci
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Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

D'accordo con Quixote
La vocalizzazione del tetragramma non è posta alla pronuncia del medesimo ma alla sua sostituzione con Adonai, l'ebreo quando arrivava al nome pronunciava Adonai, il nome era talmente sacro che i sacerdoti chiesero a Pilato di rimuovere la scritta sulla croce, in quanto le iniziali di ciascuna parola (in ebraico) faceva comparire il tetragramma, inserire come fanno i TdG le vocali per pronunciare il nome è un errore.
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Messaggio da Testimone di Cristo »

Francesco Franco Coladarci ha scritto:D'accordo con Quixote
La vocalizzazione del tetragramma non è posta alla pronuncia del medesimo ma alla sua sostituzione con Adonai, l'ebreo quando arrivava al nome pronunciava Adonai, il nome era talmente sacro che i sacerdoti chiesero a Pilato di rimuovere la scritta sulla croce, in quanto le iniziali di ciascuna parola (in ebraico) faceva comparire il tetragramma, inserire come fanno i TdG le vocali per pronunciare il nome è un errore.
Certo è un errore, a prescindere della genesi di tale scelta di vocalizzazione, adottata dai masoreti per gli ovvi motivi.
Infatti se volevano veramente avvicinarsi alla vera vocalizzazione del tetragramma, potevano fare benissimo riferimento alla scrittura , dove per ben 4 volte in Apocalisse troviamo la forma contratta del tetragramma Halleluyah ; e se proprio la loro adorazione lo richiedeva , da questa " YAH" avvicinarsi "dico avvicinarsi" alla vocalizzazione nella lingua italiana "per esempio", dove sicuramente non sarebbe scaturito Geova.
:ciao:
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Giovanni64
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Messaggio da Giovanni64 »

Valentino ha scritto:
Giovanni64 ha scritto:Io (generico parlante di una lingua) non devo per forza vendermi e ricomprarmi le vocali a seconda delle mode della comunità scientifica
Ma infatti non ho detto che lo si debba fare "per forza". Ho detto semplicemente che è banalmente ciò che è capitato e che può, e di fatto sta, ricapitando. Tu stesso usi una forma mutuata da una delle "mode" (anche se ritengo improprio il termine)
Ed io che mi sono pure adeguato: nel giro' di qualche ora è passata anche la moda della moda.
della comunità scientifica, la quale ha semplicemente preso atto del fatto che non ci sono sufficienti indizi filologici per preferire una vocalizzazione piuttosto che un'altra, ed ha preso atto del fatto che il Tetragramma è impronunciabile in ebraico.
Ovviamente ciò non significa che, in teoria, non possa essere vocalizzato "a fantasia" per standardizzare una pronuncia condivisa ma consapevolmente fittizia. Semplicemente ciò non è stato fatto in quanto molti accademici si comportano col Tetragramma allo stesso modo di come si comportano con le parole ed i nomi di lingue antiche di cui si è perduta la pronuncia.
Non ho intenzione di puntualizzare troppo ma voglio almeno dire che non ho mai suggerito agli accademici cosa sia giusto fare con la traslitterazione del Tetragramma.
Giovanni64 ha scritto:ma se c'è un modo scritto per ricordare una pronuncia condivisa è meglio.
Ecco ha "ri"-centrato il punto. Puoi anche pensare legittimamente che "un modo scritto per ricordare una pronuncia condivisa" sia "meglio". Il punto è che NON esiste una "pronuncia condivisa" e/o "standardizzata". Esistono molteplici vocalizzazioni fittizie ed ognuno usa quella che più preferisce o anche nessuna.
Esiste una pronuncia ed una grafia condivisa fra coloro che la condividono, come è ovvio che sia.
Giovanni64 ha scritto:Come giustifico il fatto che dico bi e non dico be o bu? Boh!
Lo "prescrive" semplicemente la lingua italiana allo stato attuale della sua "storia evolutiva". Le lingue, lo hai ripetuto anche tu più volte, non sono realtà "statiche" ma possono variare. Diciamo "bi" e non "be" semplicemente perché così "prescrive" una inveterata consuetudine linguistica della lingua italiana. Il che non significa che siamo "condannati" a pronunciare "B" sempre "Bi": può essere che tra trecento anni per ragioni ignote e varie possibili contingenze "B" sarà pronunciata "Be".
Ho fatto una battuta per dire brevemente quello che tu poi pretendi di dire a me.
Giovanni64 ha scritto:Il fatto che non sia sempre semplice o automatica la corrispondenza parlato-scritto non è un buon motivo per auto condannarsi all'uso dei codici fiscali.
Ma questo non lo "decide" nessuno di noi due. Lo "decide" il processo evolutivo della lingua. Prendi per esempio la questione delle "parole importate" da altre lingue. Prima del fascismo l'ascensore veniva chiamato con la parola inglese "elevator". Il regime fascista decise che non si dovevano usare anglicismi ed "impose" ascensore in luogo di elevator. Lo fece con tante altre parole, ma NON SEMPRE ebbe successo. Curiosamente la parola ascensore entrò a far parte dell'uso comune della lingua italiana ma altre parole imposte dal fascismo non riuscirono ad entrare a far parte della lingua italiana. Questo per dire che, talvolta, una lingua non cambia nemmeno se viene prescritto per legge, ma i cambiamenti (eventuali) vengono "decretati" dalla consuetudine.
Appunto...
Giovanni64 ha scritto:Ciò non toglie che ragioni di opportunità o di cortesia (non so come chiamarle) possano far orientare le cose in maniera diversa, ma questo è un altro discorso che non va camuffato con altri pretesti.
Un discorso che esula dalla questione che tu hai sollevato. Le questioni di opportunità e cortesia possono essere fatte rientrare nel novero di eventuali "scelte personali" laddove una certa sensibilità orienti scelte del genere. Qui si discuteva di altro: affermavi che si dovesse vocalizzare "per forza" il Tetragramma, utilizzando una precisa forma a discapito di altre forme disponibili (o anche di nessuna) ed invocavi questa pratica in base a criteri (?) di "brevità" e "praticità". Boh? :boh:
Ma quando mai ho parlato di Tetragramma o di "per forza"? Ho semplicemente messo in risalto i pregi di una parola in uso.
Giovanni64 ha scritto:In ogni caso è difficile accontentare tutti i modi di credere, soprattutto quando si è d'accordo con il fatto che non deve essere la maggioranza o la tradizione a dettare legge (o almeno tutta la legge).
Qui non si parla di "modi di credere", ma se vuoi di "modi di parlare". La lingua, che come entrambi abbiamo ribadito, non è una realtà statica si evolve in base a consuetudini che si impongono. Nel caso specifico NON esiste qualcosa che si possa definire standard o "comune", perché parliamo anche di un argomento che è un po di "nicchia"....difficilmente se ne parla al bar o nelle pizzerie, ma più probabilmente in contesti religiosi dal un lato....ed universitari dall'altro.
Sarà anche di nicchia la questione della vocalizzazione ma non mi sembra così di nicchia la possibilità di pronunciare il nome di un personaggio mitologico di una certa rilevanza. Ovviamente figuriamoci se sono questi i problemi...Per me, al di là delle incertezze anche in tal caso sicuramente presenti, Yahweh lo possiamo chiamare (tanto per esprimere un concetto, non ne fare una questione particolare) anche con qualche nome (e relativa pronuncia) che aveva prima (e dopo) che fosse "tetragrammato".
Giovanni64 ha scritto:Abbiamo sia la parola "tra" che la parola "fra": ne vogliamo eliminare una? Si può anche fare, ma non ne vedo tutta questa necessità.
E' l'uso o il disuso di un termine che ne può decretare l'"eliminazione"....non la "necessità". Una parola può essere eliminata semplicemente perché si smette di pronunciarla non perché sia "necessario" eliminarla.
Appunto...
Giovanni64 ha scritto:perché ciascun nome indica un modo particolare di intendere il personaggio, certamente da confermare, ma che può dare già delle informazioni preliminari.
Oltre a non centrare con quello di cui discutiamo, questa affermazione è anche falsa. Se uno usa la forma usata dai tdG non sono autorizzato a pensare che si tratti necessariamente di un tdG. Prova ne è il fatto che in letteratura troviamo la forma utilizzata dai tdG ma spesso l'autore del testo non è tdG. Tu per esempio usi un'altra forma, una forma che è quella più diffusa in altri gruppi religiosi del "Sacro Nome": ciò non mi autorizza a pensare che tu appartieni ad uno di questi gruppi. Voglio dire che non posso desumere nessuna "informazione preliminare" dall'uso che un mio interlocutore può fare di una delle tante forme congetturali esistenti.
Ma dove avrei detto quello che tu mi fai dire qui?
Certo, per esempio, Geova lo posso utilizzare anch'io ma perché, sempre per esempio, in un certo punto mi sembra il nome più appropriato per riferirmi al personaggio mitologico così come inteso dai tdg. Ovviamente, come dicevo, il significato con il quale si usa un nome deve essere confermato dal contesto.
E' vero peraltro che l'uso di Yahweh mi sembra più adatto nel caso in cui ho intenzione di riferimi a Yahweh cercando di affrancarmi il più possibile da significati religiosi specifici attribuiti al personaggio mitologico da alcuni in un periodo storico, e da questo punto di vista la sovrapposizione non precisa tra Tetragramma e Yahweh quasi mi aiuta in tal senso. Per semplificare, Yahweh mi sembra il nome più "laico" esistente per riferirsi ad un certo mito senza essere troppo legati ad un momento particolare della sua evoluzione. Il fatto che alcuni piccoli gruppi religiosi utilizzano lo stesso nome non mi sembra al momento un grosso "impedimento" all'uso di Yahweh in tal senso.

Ma in ogni caso, in quello che ho scritto prima, mai detto "necessariamente". Mi chiedo quanto dovrei appesantire quello che dico per evitare tutte queste partenze per la tangente...Ho dovuto sorvolare su tante cose perché se non diventa veramente faticoso...
Il tuo, più in generale, sembra quasi un ragionamento che si autoconfina dentro una bolla speculativa.

(E' quest'ultima una battuta, un mio modo di rendere il concetto, per carità ti prego di non cominciare con le spiegazioni "scolastiche" e con i link sul significato di bolla speculativa) .
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