Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

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Vieri
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Vieri »

Secondo te e le tue fonti, alla fine, il sunto di tutta la religione cristiana ( cattolici, ortodossi, evangelici, ecc) che crederebbero ancora oggi dopo 2000 anni alla interpretazione. fra le tante venute fuori in quei primi due secoli della figura di Gesù, sarebbe che un imperatore dell'epoca, di turno, decise, forse anche per ragioni politiche, che fosse quella vera....facendo si che il popolo pecora ci dovesse credere, ...... :conf: :conf: :conf: :conf:

Scusa Valentino, se queste secondo te sarebbero le semplici conclusioni, ritengo che questa ricerca delle radici cristiane, visto che parli di interpretazioni diverse dei vangeli, possa essere decisamente di carattere parziale poiché non vedo che tu abbia mai citato e preso in considerazione l'operato in questi secoli dei cosiddetti: "padri della chiesa"
Leggo da wikipedia:
Padri della Chiesa è la denominazione adottata dal Cristianesimo intorno al V secolo per indicare i principali scrittori cristiani, il cui insegnamento e la cui dottrina erano ritenuti fondamentali per la dottrina della Chiesa, con alcune distinzioni sulla loro autorevolezza tra Chiesa cattolica e Chiese protestanti.

I loro scritti, che formano la cosiddetta letteratura patristica, sintetizzano la dottrina quale emerge dalla Bibbia, specialmente dai Vangeli, dagli scritti degli apostoli, dai pronunciamenti della Chiesa dei primissimi secoli e dalle decisioni dei primi concili, fornendo un compendio omogeneo di insegnamenti da trasmettere alle generazioni cristiane successive.
Patristica
Con dottrina patristica (dal latino pater, patris, "padre") si intende la filosofia cristiana dei primi secoli, elaborata dai Padri della Chiesa e dagli scrittori ecclesiastici. Dopo il periodo dell'Apologetica, che aveva visto gli scrittori cristiani impegnati nella difesa della loro religione dalle tesi morali e filosofiche ad essa contrarie, si giunge alla concessione ai cristiani della libertà di culto con l'editto di Milano (313):

La Patristica si divide generalmente in tre periodi:

- fino al 200 è dedicata alla difesa del cristianesimo contro i suoi avversari (padri Apologisti, il più noto è Giustino Martire);
- fino al 450 è il periodo in cui sorgono invece i primi grandi sistemi di filosofia cristiana (Clemente Alessandrino, Origene, Eusebio di Cesarea, Sant'Agostino);
- fino all'VIII secolo è rielaborazione delle dottrine già formulate e di formulazioni originali (Boezio).

La Patristica maggiore orientale svolse un lavoro di esegesi scritturale secondo due direttive:[1]

. la scuola di Antiochia, fondata da Luciano di Antiochia, che ricerca prevalentemente il senso letterale e storico dei Testi sacri;
la scuola di Alessandria (diretta da Panteno, Clemente Alessandrino, Origene), che predilige il metodo allegorico e tende a costruire una visione sistematica del cristianesimo per mezzo di dottrine filosofiche greche, specialmente platoniche e neoplatoniche. Il Didaskaleion (Scuola catechetica di Alessandria) fu una vera università cristiana.

- La Patristica maggiore occidentale è rappresentata da quattro Padri: Sant'Ambrogio, san Girolamo e Sant'Agostino, vissuti fra IV e V secolo, e san Gregorio Magno, vissuto fra VI e VII secolo.

- La Patristica minore è costituita dagli apologisti, difensori della fede cristiana contro ebrei, pagani ed eretici. Si può dividere in due gruppi:

. gli apologisti greci (Aristide, Taziano il Siro, Atenagora di Atene, Giustino), che considerano la filosofia greca come una preparazione della Rivelazione cristiana;
- gli apologisti latini (Minucio Felice, Arnobio, Lattanzio, Tertulliano), che non ammettono continuità e conciliabilità fra speculazione greca e cristianesimo.
Non voglio ovviamente addentrarmi nell'argomento ma solo dimostrare che in questi studi "storici" non sono mai stati presi in esame anche tutti i numerosissimi autori cristiani di grande rilievo storico che in questi secoli, hanno evidenziato la validità dei vangeli con la chiara presenza di un Gesù vero figlio unigenito di Dio .
Se parli del resto di storia del cristianesimo, non puoi del resto citare tali importanti personaggi e considerarli solo come "catechismo"...

Del resto la tua negazione che Gesù fosse mai stato inizialmente divinizzato, è stata sempre da molti decisamente contestata nel tempo e non penso che , solo alcuni studiosi moderni del cristianesimo possano essere ritenuti oggi la verità assoluta ed incontestabile.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Valentino »

Vieri ha scritto: 07/09/2023, 17:29Secondo te e le tue fonti
Vieri ma cosa dici?!?!?
"Secondo me e le mie fonti"?!?!?
Ma di cosa parli?!
Mica me lo sono inventato io ciò che fece Teodosio?!!?
Mah?!?!?! :boh: :conf:
Vieri ha scritto: 07/09/2023, 17:29Scusa Valentino, se queste secondo te sarebbero le semplici conclusioni
Di nuovo con questa storia delle "conclusioni"!
Vieri io ti ho riportato solo dei fatti storici che tutti conoscono, o almeno conoscono quelli che hanno un minimo di familiarità con la storia del cristianesimo.
Ritengo che Mario70 te lo abbia spiegato egregiamente: "Valentino asserisce un dato di fatto riconosciuto da tutti, ovvero che non esisteva un solo cristianesimo ovvero quello di cui parlavo sopra, ma anche altri tra cui gli gnostici, i giudeo-cristiani, i marcioniti, i modalisti, gli adozionisti e in seguito gli ariani.
Di tutti questi sappiamo chi ebbe più fortuna, in parte grazie a Costantino, sicuramente ha influito la struttura ecclesiastica ben organizzata, ma non solo, ovviamente poi subentra la fede, i cattolici e gli ortodossi ci vedono lo Spirito Santo in questo
".

Ora se tu, come dice Mario, in queste vicende storiche ci vedi "un intervento soprannaturale", per cui credi che il "Gesù della fede" di Nicea sia quello "vero"; come ho già avuto modo di spiegarti in questa stessa discussione per quanto mi riguarda, nell'economia del nostro discorso e nel contesto in cui discutiamo (ovvero questo forum), a me non interessa né dissuaderti dal credere che il "Gesù della fede" di Nicea sia quello "vero" né indicarti quale dei tanti "Gesù della fede" che sono esistiti ed esistono possa essere quello "vero".
Vieri ha scritto: 07/09/2023, 17:29non vedo che tu abbia mai citato e preso in considerazione l'operato in questi secoli dei cosiddetti: "padri della chiesa"
Leggo da wikipedia:
Padri della Chiesa è la denominazione adottata dal Cristianesimo intorno al V secolo per indicare i principali scrittori cristiani, il cui insegnamento e la cui dottrina erano ritenuti fondamentali per la dottrina della Chiesa
Quelli che intorno al quinto secolo furono chiamati "padri della chiesa" altro non furono che autori proto-ortodossi!
E mi sembra addirittura lapalissiano che la chiesa del quinto secolo che discendeva storicamente dai proto-ortodossi riconoscesse come propri "padri" proprio i proto-ortodossi.
Chi avrebbero dovuto riconoscere come propri "padri" se non loro?!?!?
Ovviamente anche gli altri gruppi del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico avevano degli autori.
Vieri ha scritto: 07/09/2023, 17:29Non voglio ovviamente addentrarmi nell'argomento ma solo dimostrare che in questi studi "storici" non sono mai stati presi in esame anche tutti i numerosissimi autori cristiani
Vieri e cosa pensi di dimostrare (?) dicendo che la chiesa discesa dai proto-ortodossi ha conservato gli scritti dei proto-ortodossi?!?!?!?
Mi sarei meravigliato del contrario!
E del resto non meraviglia nemmeno il fatto che i testi e gli scritti prodotti da autori cristiani non proto-ortodossi siano andati spesso perduti e che le poche informazioni di cui disponiamo sul loro conto ci provengono da autori ostili ad essi.
Quindi?
illustri autori quali E.P. Sanders, Geza Vermes, Dale Allison, Paula Fredriksen e tanti altri [...] su un punto concordano tutti:
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Vieri »

Come al solito :ironico: capisci fischi per fiaschi... :ironico:
Volevo solo ribadire che la scelta fra le tante interpretazioni del Vangelo non fu una decisione politica dell'imperare di turno ma maturata convintamente dai cosiddetti "padri della chiesa" che ovviamente influirono positivamente nelle decisioni collettive.
tra i primi:
Quinto Settimio Fiorente Tertulliano Cartagine, 155 circa – 230 circa) , conosciuto semplicemente come Tertulliano, è stato uno scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano, fra i più celebri del suo tempo. Negli ultimi anni della sua vita entrò in contatto con alcune sette ritenute eretiche, come quella riconducibile al prete Montano; per questo motivo fu l'unico antico apologeta cristiano, insieme ad Origene Adamantio, a non ottenere il titolo di Padre della Chiesa

È considerato un grande teologo cristiano soprattutto perché pensa ed esprime la teologia trinitaria attraverso una terminologia latina rigorosa. A lui si deve l'introduzione del termine «persona» nella teologia trinitaria.[5]

Tertulliano fu storicamente il primo scrittore ecclesiastico ad utilizzare la parola latina trinitas («trinità») con riferimento al Dio biblico e a definire Dio come unam substantiam in tribus cohaerentibus (Adversus Praxean, 12:7), chiamati anche personae, mutuando i termini di "persona" e di "sostanza" dalla metafisica stoica. In questo modo, distingueva l'unicità della sostanza divina rispetto alla pluralità delle tre persone, tra loro co-eterne e consustanziali in un piano paritetico.[6]
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

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Valentino ha scritto: 06/09/2023, 21:46
Vieri ha scritto: 06/09/2023, 20:38Ma citi sempre gli stessi testi da anni sempre delle stesse persone
In realtà negli anni ho citato, di volta in volta, svariati studiosi.
Vieri ha scritto: 06/09/2023, 20:38E i Vangeli furono allora testi inventati da chi?
Non si sa.
Vieri ha scritto: 06/09/2023, 20:38Dai proto-ortodossi?
No.
Vieri ha scritto: 06/09/2023, 20:38Ma Paolo cosa andava a predicare ? Le storie scritte da non si sa chi?
Le "storie scritte"?!?!?
Perdonami Vieri: ma tu pensi che Paolo di Tarso avesse a disposizione i vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni?!?!?!
E come poteva leggerli se non erano stati ancora scritti?!?!!
C'è una cosa che vorrei capire una volta per tutte.

1) E' vero o no che i 4 vangeli non sono conosciuti e/o nominati fino al III secolo?
2) E' vero o no che come li leggiamo oggi sono il frutto dell'unione di frammenti antichi e testi forse scritti per la bisogna?

Lo chiedo non potendo attribuire rilevanza alle fonti che si trovano...
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Valentino »

Vieri ha scritto: 07/09/2023, 19:34Volevo solo ribadire che la scelta fra le tante interpretazioni del Vangelo non fu una decisione politica dell'imperare di turno ma maturata convintamente dai cosiddetti "padri della chiesa" che ovviamente influirono positivamente nelle decisioni collettive.
Vieri perdonami, ma qui chi prende fischi per fiaschi sei tu, non io!
Chi ha mai detto che la formulazione delle dottrine fosse stata una decisione dell'Imperatore?!?!
Il punto è un altro: c'erano imperatori che professavano la fede proto-ortodossa ed imperatori che professavano la fede ariana.
Teodosio era di fede nicena ed impose questa fede nell'Impero.
Non ho detto che Teodosio fosse un "teologo" oppure colui che formulò le dottrine proto-ortodosse.
Le dottrine proto-ortodosse precedono Teodosio: Teodosio è solo colui che, ancor più di Costantino, decretò che solo un tipo di cristianesimo, tra gli altri esistenti, dovesse essere "religione di stato" dell'impero romano.
Ci furono anche imperatori di fede ariana che esiliavano i vescovi proto-ortodossi.
Vieri ha scritto: 07/09/2023, 19:34tra i primi:
Quinto Settimio Fiorente Tertulliano Cartagine, 155 circa – 230 circa)
In realtà "tra i primi"...io ci avrei messo addirittura Giustino, che scriveva nella seconda metà del secondo secolo, per quanto la sua dottrina non era propriamente una dottrina trinitaria "vero nomine" (per quella dobbiamo attendere non solo Nicea, ma addirittura Calcedonia nel quinto secolo!).
Tertulliano di Cartagine è un autore del terzo secolo!
Curioso che poi tu abbia scelto Tertulliano che non è annoverato nemmeno tra i "padri della chiesa" perché aderì ad un altro gruppo del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico. Tertulliano fu infatti un montanista!
Tertulliano è infatti considerato eretico dai cattolici.
Vieri ha scritto: 07/09/2023, 19:34È considerato un grande teologo cristiano soprattutto perché pensa ed esprime la teologia trinitaria attraverso una terminologia latina rigorosa. A lui si deve l'introduzione del termine «persona» nella teologia trinitaria.[5]

Tertulliano fu storicamente il primo scrittore ecclesiastico ad utilizzare la parola latina trinitas («trinità»)
Eh, per l'appunto!
Il primo a parlare di "trinità" fu un autore del terzo secolo, considerato poi eretico dagli stessi trinitari ortodossi perché aderì alla "chiesa" montanista.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Valentino »

apptras ha scritto: 07/09/2023, 20:18C'è una cosa che vorrei capire una volta per tutte.

1) E' vero o no che i 4 vangeli non sono conosciuti e/o nominati fino al III secolo?
La stragrande maggioranza degli studiosi ritiene che i vangeli siano stati redatti tra l'80 ed il 110, anno più anno meno.
Dunque grossomodo tutti nel primo secolo: probabilmente solo la redazione finale del vangelo di Giovanni potrebbe risalire agli inizi del secondo secolo.
C'è chi ritiene che Marco, il più antico dei vangeli, sia stato redatto poco dopo il 70, tipo verso il 75.
apptras ha scritto: 07/09/2023, 20:182) E' vero o no che come li leggiamo oggi sono il frutto dell'unione di frammenti antichi e testi forse scritti per la bisogna?
Non so cosa intendi esattamente con "frammenti antichi".
La storia redazionale dei vangeli è alquanto complessa.
Certamente c'erano dei flussi di trasmissione di detti e fatti di Gesù che poi sono confluiti nei vangeli.
La stragrande maggioranza degli studiosi ritiene che Marco sia il vangelo più antico utilizzato successivamente da Matteo e Luca i quali, oltre a Marco, hanno usato altre fonti, come la cosiddetta "fonte Q" una raccolta perduta di "detti di Gesù" poi confluita appunto con interventi redazionali nei vangeli di Matteo e Luca.
A questo riguardo potresti cominciare a farti una infarinatura sulla questione con questo seminario.

Le prime fasi della trasmissione di informazioni su Gesù e la fonte Q, un seminario di Andrea Annese:


apptras ha scritto: 07/09/2023, 20:18Lo chiedo non potendo attribuire rilevanza alle fonti che si trovano...
Magari se mi indichi, anche in privato, dove hai attinto certe "informazioni" potrei farmene un'idea.

In ogni caso se davvero ti interessa la storia redazionale dei vangeli potresti consultare qualche buon manuale di introduzione al nuovo testamento.
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Ciao Valentino volevo chiederti una cosa: secondo i tdg il Vangelo di Matteo risale già al 41 E.V. scritto originariamente in ebraico da Matteo e poi tradotto, forse da lui stesso, in greco. C’è oggi qualche studioso che sostiene questa cosa?
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

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In attesa che Valentino desideri risponderti (tutti abbiamo le nostre priorità), ti puoi vedere la pagina relativa su Wikipedia, forse un po’ confusionaria, ma è inevitabile in un’enciclopedia libera, e molto ricca di dati. Il punto io non credo consista in quel che sostengono, nella fattispecie, i TdG: il discorso è generale, dalle date su Adamo, su Diluvio universale ecc. ecc. fino a scendere alla datazione dei Vangeli: la teologia geovista è assai tradizionale, e assolutamente non condivisa dall’Accademia.

Non dico quanto sopra per criticarli, ma solo per sottolineare un dato di fatto. In particolare, per quanto riguarda il Vangelo di Matteo, farai davvero fatica a trovare uno studioso serio che oggi glie lo attribuisca, che lo dati prima del ’70 d. C., o che ritenga l’originale scritto in aramaico invece che in greco.

Questo è quanto, poi, scendere nei particolari richiede conoscenze antichistiche che non si acquisiscono in un giorno. A suo tempo me n’ero interessato, ma faticherei anch’io, pur con le mie competenze di storia e lingue antiche, a offrirtene un resoconto esauriente. Ciao.
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
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Peter ha scritto: 09/09/2023, 14:41 Ciao Valentino volevo chiederti una cosa: secondo i tdg il Vangelo di Matteo risale già al 41 E.V. scritto originariamente in ebraico da Matteo e poi tradotto, forse da lui stesso, in greco. C’è oggi qualche studioso che sostiene questa cosa?
Ciao Peter!
La stragrande maggioranza degli studiosi ritiene che il Matteo canonizzato sia stato redatto, in greco, tra l'80 ed il 90 e.v. datazione che, con lievi oscillazioni, puoi trovare nella manualistica accademica.
Si, ci sono stati studiosi che hanno proposto datazioni antecedenti ed hanno parlato di un "Matteo ebraico" ma già negli anni 80 e 90 del secolo scorso costituivano una esigua minoranza.
Non ho granché da aggiungere rispetto a quello che ha scritto il buon Quixote (che saluto calorosamente e che ringrazio!) ed in effetti puoi trovare qualche riferimento a tali studiosi in Wikipedia.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Vangelo_secondo_Matteo
Tra questi, a mio parere, spicca un grande studioso del quale ho sempre ammirato la grande erudizione, ovvero Jean Carmignac.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Jean_Carmignac
All'epoca in cui Jean Carmignac avanzò la sua teoria sui vangeli, la sua reputazione accademica suscitò l'interesse di molti esperti di studi neotestamentari. Uno di questi esperti fu Grelot, un rinomato biblista cattolico, che nel suo saggio intitolato "L'origine dei Vangeli. Controversia con J. Carmignac" condusse un'analisi dettagliata della questione.
In sostanza le tesi di Carmignac non riuscirono a convincere la comunità accademica, e la sua teoria seguì la stessa sorte di molte altre teorie simili, sia precedenti che successive.
Tra gli studiosi citati in Wikipedia non vi troverai però un autore, che pure retrodatava Matteo e parlava di un Matteo ebraico. Mi piace ricordarlo essendo tra gli autori che consultai quando, giovanissimo, "esploravo" la questione del "Matteo ebraico".
Mi riferisco a Claude Tresmontant.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Claude_Tresmontant
Più che un biblista, noterai, Tresmontant fu innanzitutto e soprattutto un filosofo ed un teologo.
Nella mia biblioteca ancora "troneggia" in inglese il suo "THE GOSPEL OF MATTHEW - TRANSLATION AND NOTES".
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Peter »

Ringrazio Quixote e Valentino per aver risposto alla mia domanda e per i link indicati.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Peter »

Quixote ha scritto: 09/09/2023, 18:05 In attesa che Valentino desideri risponderti (tutti abbiamo le nostre priorità), ti puoi vedere la pagina relativa su Wikipedia, forse un po’ confusionaria, ma è inevitabile in un’enciclopedia libera, e molto ricca di dati. Il punto io non credo consista in quel che sostengono, nella fattispecie, i TdG: il discorso è generale, dalle date su Adamo, su Diluvio universale ecc. ecc. fino a scendere alla datazione dei Vangeli: la teologia geovista è assai tradizionale, e assolutamente non condivisa dall’Accademia.
Probabilmente la teologia é così tradizionale in quanto per i tdg la Bibbia è una sorta di manuale delle istruzioni da cui ricavare di volta in volta regole, applicazioni varie, adempimenti di profezie per capire la tabella di marcia di Dio, per cui nell’approccio alla Bibbia hanno bisogno di certezze senza tanti fronzoli, da qui le date che hai fatto notare, ma anche l’attribuzione dei vari libri che devono essere certe, tutto diretto da Dio; sarebbe spiazzante per i tdg dire che non si sa chi ha scritto i vangeli o che non sono tutte di Paolo le lettere che gli sono attribuite. Molte delle cose scritte da Valentino in decenni nei tdg non le avevo mai sentite, invece per i tdg é tutto bianco o nero , veri cristiani al 100% contro apostati manovrati da satana, nessuna sfumatura, nessuna incertezza su infallibilità della Bibbia , su formazione del canone e così via.
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Mi spiace ma ancora molte cose non tornano...

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Caro Valentino,
mi spiace ma rileggendo sempre le tue risposte che prendi sempre dal tuo hard disk di pareri ed opinioni catalogate da altri, e mai dalla tua CPU, mi permetto ancora una volta di fare le mie obiezioni con la mia "storia dei fatti" che ritengo la più attendibile

Il tutto nasce sempre dal fatto che tu abbia sempre negato che nemmeno gli apostoli anche dopo pasqua si fossero convinti sulla deicità di Gesù ma al posto di predicare in quegli anni la loro idea di semplice Messia umano dettero vita a dei Vangeli che negli anni successivi esprimevano direttamente il contrario, tanto da essere resi come dogma sia nel concilio di Nicea del 325 e come oggi come vero figlio di DIo.

Tutto questo non ti pare strano e contraddittorio ?

Chi si sarebbe allora inventato secondo te l'idea che anche nei Vangeli non trasparirebbe il suo stretto legame con Dio?
E' pur vero, e non contesto affatto, la travagliata storia del cristianesimo nei primi secoli con diverse interpretazioni sulla figura di Gesù principalmente fra "ortodossi" ed "ariani" a parte altre teorie eretiche, ma ti pare che sia stato un semplice caso che in più concili abbiamo confermato questa "idea" valida tutt'oggi ...?
Da dove venivano questi ortodossi o proto-ortodossi se non dalla chiesa di Roma fondata da Pietro e da Paolo e dalle loro idee di Gesù vero figlio unigenito di Dio ?
Perchè quelli che interpretarono correntemente la figura di Gesù come "stessa sostanza del Padre" furono chiamati ortodossi ?
Andiamo a vedere dalla Treccani:
Nella teologia cattolica, o. è l’accettazione completa della dottrina rivelata da Cristo e insegnata dal magistero della Chiesa romana. Il concetto nasce nelle prime comunità cristiane a significare l’unità della fede contro le tendenze giudaizzanti, scismatiche ed eretiche, secondo l’enunciato dell’epistolario paolino: «Un Signore, una fede, un battesimo».
In breve coloro che accettavano esattamente quanto descritto chiaramente nel Vangelo.

Non ti sei mai fatto queste domande ? Solo per ragioni meramente politiche l'ortodossia ha vinto sulle altre interpretazioni o solo perchè rappresentasse la realtà del Vangelo anche ritornando ancora vincente al concilio di Costantinopoli del 381. Insieme ai concili di Nicea I, Efeso I e Calcedonia, fu determinante nello stabilire la questione trinitaria e cristologica anche dopo il periodo di Costanzo secondo che aveva scelto gli ariani ?

Ti racconto allora la mia versione:

Gli apostoli pur di convinzioni strettamente ebraiche occorre considerare che, dopo la resurrezione di Gesù vissero una esperienza talmente traumatica che li fece ripensare sul fatto che Gesù fosse solo un profeta umano salito in cielo come altri profeti come Elia ed Enoch.
Leggo tra l'altro:
Secondo Hurtado, la divinità di Cristo è attestata a distanza di pochi anni dalla morte sulla croce di Gesù e, fatto straordinario, in un contesto giudaico, non pagano.
Salvo sconfessare diversi passi del Vangelo e S. Paolo (abbiamo anche alcune testimonianze di autori pagani, abbastanza sicure che attestano la venerazione di Gesù come Dio), è difficile pensare che i primi cristiani non credessero che Gesù fosse Figlio di Dio.
E' difficile pensare poi che maturassero tale convinzione a distanza di molti decenni (lo ritengo impossibile)... per quanto esistessero diversi giudaismi (vedi Sacchi, "Tra giudaismo e cristianesimo: riflessioni sul giudaismo antico e medio"), i giudei erano monoteisti in senso esclusivo e in modo molto rigido , per cui, per arrivare a venerare un uomo come Dio (non esiste nessun precedente nel giudaismo antico), essi avevano per forza di cose vissuto un'esperienza religiosa molto forte, senza precedenti (vedi Hurtado, "Come Gesù divenne Dio")
Altri ebrei, giudei cristiani, come alcuni studiosi sostengono, rimasti invece ancora fermi sostenitori dei principi della religione ebraica si dissociarono considerando Gesù come un messia umano, teoria riportata poi nei secoli successivi dagli ariani...

La conferma di questo lo troviamo nella lettera di Paolo ai Filippesi dove troviamo:
La Lettera ai Filippesi è uno dei testi del Nuovo Testamento che la tradizione cristiana e il largo consenso degli studiosi attribuisce a Paolo di Tarso. Scritta fra il 53 e il 62, per la comunità cristiana fondata da Paolo stesso a Filippi.
La lettera è stata scritta da Paolo di Tarso. La paternità paolina dello scritto è oggi «universalmente accettata» praticamente da tutti gli studiosi di esegesi biblica, sia antichi che moderni. L'inno cristologico citato in 2,5-11 potrebbe essere, secondo alcuni teologi, più antico della lettera[1]:

Paolo riprenderebbe qui una delle primissime tradizioni cristiane e sicuramente in accordo con Pietro al primo concilio nel 50 dove i temi di discussione furono altri ma dove non compare traccia di differenze ideologiche sulla vera natura di Cristo.

La famosa conversione di Paolo sulla via per Damasco avvenne alla fine nell'anno 33, o al più all'inizio del 34.
Secondo il biblista Bart Ehrman, tale inno potrebbe rappresentare una delle più antiche composizioni cristiane, scritta verso la fine degli anni 30 del I secolo
.
Ritorniamo pertanto alla famosa seconda lettera dei Corinzi che nella edizione CEI dice:
5 Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
6 il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana,

8 umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce. 9 Per questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome;
10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
Nelle edizioni versione nuova Diodati e Riveduta 2020 troviamo invece una traduzione differente:
5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù, 6 il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, 7 ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 e, trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce.
Questa diversa traduzione fra "pur essendo di natura divina" ed "essendo in forma di Dio" pur presenti nelle varie traduzioni cattoliche come IDENTICO CONCETTO, stranamente per uno dei soliti professori di Valentino non direbbero la stessa cosa :boh: invalidando pertanto tutto il contenuto della lettera.

LA DOMANDA CHE CI SI PONE ALLORA:

- La seconda lettera ai corinzi è stata unanimemente considerata originale da tutti gli studiosi

- La lettera è stata scritta fra il 53 e il 62 praticamente subito dopo l'incontro di Paolo con Pietro e gli altri apostoli

- Nell'incontro con Pietro nel 50 si parlarono di altri temi ma non compaiono discussioni di diverse interpretazioni teologiche. Se ci fossero state diverse interpretazioni in conflitto tra di loro si sarebbe saputo

- Pietro e Paolo fondarono a Roma la nascente chiesa ortodossa divenuta successivamente cattolica partendo dalle comunità preesistenti e che rispecchiava esattamente gli scritti dei Vangeli

- Pare assolutamente impossibile che la chiesa cattolica su affermazioni cosi' importanti metta traduzioni del Vangelo CEI, ed altre con significato diverso e magari contraddittorio come afferma questo unico studioso citato da Valentino ( ma chi era ?) .

- La lettera è antecedente alla redazione dei vari Vangeli dal 70 al 100

Possiamo allora nutrire notevoli dubbi sulle affermazioni di Valentino e dei suoi professori circa l'aopostolato iniziale degli apostoli che già credevano in Gesù vero figlio di DIo come del resto traspare chiaramente nei vangeli successivi ? ?
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Re: Mi spiace ma ancora molte cose non tornano...

Messaggio da Valentino »

Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Caro Valentino,
mi spiace ma rileggendo sempre le tue risposte che prendi sempre dal tuo hard disk di pareri ed opinioni catalogate da altri
Vieri francamente non so cosa tu intenda esattamente con "pareri ed opinioni catalogate da altri".
Io mi limito a parlare di fatti storici che chiunque può apprendere da un qualsiasi manuale universitario di storia del cristianesimo antico.
Oltre che parlare di fatti storici capita pure di parlare di altri argomenti come la critica testuale, l'esegesi storico-critica, la filologia, etc. etc.
Pure queste sono discipline universitarie.
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55e mai dalla tua CPU, mi permetto ancora una volta di fare le mie obiezioni con la mia "storia dei fatti" che ritengo la più attendibile
E cosa sarebbe questa "storia dei fatti"?!?!?
Mica sei uno storico?!?!
In realtà ti limiti semplicemente a spiegare i contenuti della tua fede personale, ovvero ti limiti a spiegare quello che tu credi per fede.
Ma cosa c'entra quello che tu credi per fede con argomenti quali la storia, la filologia, l'esegesi, la critica testuale, etc. etc.?!?!?!?
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Il tutto nasce sempre dal fatto che tu abbia sempre negato che nemmeno gli apostoli anche dopo pasqua si fossero convinti sulla deicità di Gesù
"Tecnicamente" io non ho negato un bel niente!
Molto semplicemente prendo atto del fatto che non risulta, storicamente, che i diretti discepoli di Gesù o lo stesso Paolo di Tarso, attribuissero a Gesù una natura divina.
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55ma al posto di predicare in quegli anni la loro idea di semplice Messia umano dettero vita a dei Vangeli
Di nuovo?!?!
Gli apostoli "dettero vita a dei vangeli"?!?!
Un modo diverso per dire che scrissero dei vangeli?!!?
Ma se abbiamo già detto che nessuno dei vangeli canonizzati sono stati scritti dagli apostoli.
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55che negli anni successivi esprimevano direttamente il contrario
E ti sbagli anche in questo caso!
E chi lo dice che i vangeli "esprimevano direttamente il contrario"?!?!?
Nei sinottici, ad esempio, non c'è alcun riferimento ad una presunta deicità di Gesù.
Come abbiamo visto in un'altra discussione, c'è addirittura chi rileva che in Marco: "si da per scontato...che Gesù abbia genitori umani".
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55tanto da essere resi come dogma sia nel concilio di Nicea del 325 e come oggi come vero figlio di DIo.
Il concilio di Nicea rappresenta semplicemente un tentativo di formulare in maniera più sistematica la cristologia dei proto-ortodossi anche perché tra i proto-ortodossi c'erano dei subordinazionisti.
Tuttavia per una vera e definitiva "esposizione sistematica" della dottrina trinitaria dobbiamo aspettare addirittura il quinto secolo!
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Tutto questo non ti pare strano e contraddittorio ?
No Vieri!
Non è affatto strano né contraddittorio!
E non è difficile capire perché.
A parte il fatto che, come detto, nei sinottici Gesù non viene deificato, il punto è che dovresti saper distinguere "cosa dice un testo" nel contesto vitale in cui fu scritto dalle molteplici ricezioni che ebbero nei vari gruppi del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico.
Se prendiamo in considerazione già solo la "storia delle ricezioni" del vangelo di Giovanni noteremo in che modo fu recepito da certi gnostici e dai proto-ortodossi:
1) Per certi gnostici il vangelo di Giovanni era compatibile con la loro dottrina
2) Anche i proto-ortodossi ritenevano il vangelo di Giovanni compatibile con la loro dottrina
E qui già ci dovremmo chiedere come mai uno stesso vangelo potesse essere percepito "compatibile con la propria dottrina" e ritenuto autorevole da due gruppi etno-cristiani molto diversi tra loro.
Ma non finisce qui:
3) Per altri proto-ortodossi il vangelo di Giovanni era considerato addirittura opera di "eretici" e dunque lo espungevano dal loro canone.
Questo giusto per fare un esempio di "storia delle ricezioni" di un vangelo in gruppi diversi del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico.
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Chi si sarebbe allora inventato secondo te l'idea che anche nei Vangeli non trasparirebbe il suo stretto legame con Dio?
E' pur vero, e non contesto affatto, la travagliata storia del cristianesimo nei primi secoli con diverse interpretazioni sulla figura di Gesù principalmente fra "ortodossi" ed "ariani" a parte altre teorie eretiche, ma ti pare che sia stato un semplice caso che in più concili abbiamo confermato questa "idea" valida tutt'oggi ...?
Vieri come ho avuto già modo di spiegarti anche dopo Nicea, in altri concili furono approvate anche formule di orientamento ariano, o anche formule "ambigue" per sanare le differenze tra ariani e proto-ortodossi.
Anche dopo Nicea i proto-ortodossi non divennero subito "maggioritari". Anzi, anche dopo Nicea, spesso ebbero il sopravvento gli ariani. Questo dipendeva dall'Imperatore di turno: se l'Imperatore professava la fede ariana succedeva che mandava in esilio i vescovi proto-ortodossi, se invece professava la fede proto-ortodossa esiliava i vescovi ariani. Lo stesso Costantino che convocò il concilio di Nicea paradossalmente fu battezzato da un ariano e non da un proto-ortodosso! In realtà i proto-ortodossi cominciarono a "prendere il sopravvento" ai tempi dell'imperatore Teodosio con l'editto di Tessalonica, fermo restando che, per un lungo periodo, la chiesa ariana non smise di esistere essendo diffusissima tra i popoli germanici.

https://it.wikipedia.org/wiki/Editto_di_Tessalonica
https://it.wikipedia.org/wiki/Decreti_teodosiani
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Da dove venivano questi ortodossi o proto-ortodossi se non dalla chiesa di Roma fondata da Pietro e da Paolo e dalle loro idee di Gesù vero figlio unigenito di Dio ?
Perchè quelli che interpretarono correntemente la figura di Gesù come "stessa sostanza del Padre" furono chiamati ortodossi ?
Vieri ti ho già spiegato da "dove venivano" i proto-ortodossi del secondo secolo!
Venivano esattamente da "dove venivano" tutti gli altri gruppi del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico.
Nel secondo secolo, se prendiamo in considerazione solo la città di Roma antica, si contavano almeno una decina di gruppi.
Come rileva infatti Lampe: "Nella Roma del secondo secolo si trovavano dei gruppi cristiani che seguivano insegnamenti Valentiniani, Macioniti, Carpocraziani, Teodoziani, Modalistici, Montanisti e Quartodecimani; seguaci di Cerdo; case chiesa di ciò che solo più tardi si sarebbe chiamata fede "ortodossa"; un gruppo giudeo-cristiano che ancora osservava la Torah; gruppi che seguivano una teologia del Logos che era troppo sofisticata per cristiani meno istruiti; gruppi che credevano nel millennio e altri che non condividevano questa credenza". (FONTE: Peter Lampe, An Early Christian Inscription in the Musei Capitolini, in Studia Theologica 1, 49 (1995), pp. 79-92 https://d-nb.info/1208657917/34
Sono tutti gruppi etno-cristiani che in vario modo ed a vario titolo si richiamavano alla figura di Gesù: si tratta delle "diverse ricezioni" che di Gesù si ebbero nel mondo pagano.
Ora tu pensi che i proto-ortodossi (e poi gli ortodossi) venivano dalla "chiesa di Roma fondata da Pietro e da Paolo"?!?!?
Bene!
Ti sfugge un particolare!
Questo era esattamente quello che credevano tutti i gruppi del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico!
Questa "pretesa" era la "pretesa" espressa da tutti i gruppi etno-cristiani antichi.
Tutti si "vantavano" di derivare le loro peculiari dottrine direttamente dagli apostoli, anche se gli apostoli non c'entravano nulla.
E si possono fare vari esempi!
Pure Basilide, un maestro gnostico morto nel 138 si vantava di aver appreso la sua dottrina nientemeno che da un interprete dell'apostolo Pietro chimato Glaucia, e questo la dice lunga su come ciascun gruppo del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico cercava di darsi un' "ascendenza apostolica".
Se un ortodosso come Eusebio si Cesarea scrisse la sua "Storia ecclesiastica" lo stesso fece il vescovo eunomiano (ariano) Filostorgio.
Ogni gruppo del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico affermava di professare la "corretta fede" e riteneva "eretici" gli altri gruppi.
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55In breve coloro che accettavano esattamente quanto descritto chiaramente nel Vangelo.
Beato te che immagini che nei vangeli (al plurale e non al singolare) sia tutto scritto "chiaramente"!
Se "capire cosa c'è scritto" nei vangeli fosse così facile non avremmo nelle Università cattedre di filologia, di esegesi, di critica testuale, etc.
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Non ti sei mai fatto queste domande?
Non mi sono mai fatto queste domande?!?!
Vieri tu non immagini minimamente la mole di domande che mi sono posto in vita mia e che continuo a pormi sui più svariati argomenti.
Ad ogni modo ti pare che non sapessi che i proto-ortodossi si dessero una "ascendenza apostolica"?!?!
Certo che lo so!
E so pure che non erano gli unici a darsela.
Quindi?
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Solo per ragioni meramente politiche l'ortodossia ha vinto sulle altre interpretazioni o solo perchè rappresentasse la realtà del Vangelo anche ritornando ancora vincente al concilio di Costantinopoli del 381. Insieme ai concili di Nicea I, Efeso I e Calcedonia, fu determinante nello stabilire la questione trinitaria e cristologica anche dopo il periodo di Costanzo secondo che aveva scelto gli ariani ?
Vieri io registro semplicemente dei fatti.
Se l'imperatore di turno era di fede ariana, "prevalevano" gli ariani!
Se l'imperatore di turno era di fede nicena, "prevalevano" i proto-ortodossi!
Quando ebbe termine questa situazione?
Ebbe termine con Teodosio attraverso l'editto di Tessalonica e, successivamente, attraverso i "decreti teodosiani".
Quindi?!?
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Gli apostoli pur di convinzioni strettamente ebraiche occorre considerare che, dopo la resurrezione di Gesù vissero una esperienza talmente traumatica che li fece ripensare sul fatto che Gesù fosse solo un profeta umano salito in cielo come altri profeti come Elia ed Enoch.
Leggo tra l'altro:
Secondo Hurtado
, la divinità di Cristo è attestata a distanza di pochi anni dalla morte sulla croce di Gesù e, fatto straordinario, in un contesto giudaico, non pagano.
Detto con molta franchezza, dubito fortemente che tu abbia mai letto qualcosa di Hurtado.
Ovvero dubito fortemente che tu abbia mai letto una pubblicazione di Hurtado.
In realtà tu non conosci né quello che scrisse Hurtado né sai come le ipotesi di Hurtado siano state successivamente "accolte" in ambito accademico.
Dubito infatti che tu sappia qualcosa sul dibattito accademico esistente e, per esempio, dubito che tu sappia che già da tempo l'ipotesi di Hurtado, è stata ampiamente rivista e messa in discussione.
In realtà non c'è alcuna solida evidenza di una divinizzazione precoce di Gesù nei termini proposti da Hurtado in quanto nessun testo ci testimonia che a Gesù veniva tributato il tipo di culto che tradizionalmente veniva riservato solo a Dio.
Infatti:
"Jews expressed their “monotheism” by refusing to offer sacrifices to any but the one God. Since we find no evidence of sacrifice to Jesus in early Christian literature, we find nothing that unambiguously represents a redefinition of this distinctive Jewish expression of exclusive allegiance. If anything, Jesus is depicted as the sacrifice offered to God, not as recipient of sacrifice himself". (McGrath, James F., "How Jesus Became God: One Scholar’s View" New Testament Seminar, University of Michigan, March 19, 2015 / (2015): 1-5.
Traduzione: "Gli ebrei esprimevano il loro "monoteismo" rifiutandosi di offrire sacrifici a chiunque altro tranne che all'unico Dio. Poiché non troviamo prove di sacrifici a Gesù nella letteratura paleocristiana, non troviamo nulla che rappresenti inequivocabilmente una ridefinizione di questa caratteristica espressione ebraica di fedeltà esclusiva. Semmai, Gesù è raffigurato come il sacrificio offerto a Dio, non come il destinatario del sacrificio stesso" (tradotto online col traduttore automatico).
FONTE: http://digitalcommons.butler.edu/facsch_papers/943" onclick="window.open(this.href);return false;)
Il Prof. James F. McGrath affronta nel dettaglio la questione nel libro:
The Only True God: Early Christian Monotheism in Its Jewish Context
" onclick="window.open(this.href);return false;
Quest'opera è stata così recensita dalla Review of Biblical Literature:
"An important corrective to the view that tends to interpret New Testament Christology in terms of Nicaea and later developments, thereby missing the Jewish intertextual and hermeneutical keys to interpreting many New Testament texts."--"Review of Biblical Literature"
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55La conferma di questo lo troviamo nella lettera di Paolo ai Filippesi dove troviamo:
Nella lettera ai Filippesi non c'è alcuna conferma, perché come detto "in forma di Dio" non significa "di natura divina" ma è sinonimo di "immagine di Dio".
Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Ritorniamo pertanto alla famosa seconda lettera dei Corinzi che nella edizione CEI dice:
5 Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
Vieri stai facendo molta confusione: affermi di voler parlare della "lettera ai Corinzi" e poi citi "Filippesi".... :conf: :conf: :conf:

Vieri ha scritto: 13/09/2023, 21:55Possiamo allora nutrire notevoli dubbi sulle affermazioni di Valentino e dei suoi professori
I miei professori?!?!?
Glissiamo pure su questa battuta infelice!
Ad ogni modo non mi sembra che tu abbia portato dei "nuovi argomenti".
Sei tornato a parlare dell'inno di Filippesi e a far riferimento ad Hurtado (tra l'altro senza citarlo direttamente perché tu non hai mai letto nulla di Hurtado evidentemente!).
Il punto è che Hurtado basava la sua argomentazione sull'ipotesi che in Filippesi ci fossero dei riferimenti alla preesistenza di Gesù ed ad una sua presunta "natura divina".
Ma come detto, in Filippesi l'espressione "in forma di Dio" non significa "di natura divina" ma è sinonimo di "immagine di Dio", cosa riconosciuta perfino nella nota in calce di una celebre "Bibbia cattolica", ovvero la Bibbia di Gerusalemme:
Il significato di questo termine [morphē] è pressoché identico a quello di ‘immagine’ (eikōn); ‘forma’ e ‘immagine’ sono utilizzati nella LXX in modo interscambiabile: la ‘forma di Dio’ è dunque sinonimo di ‘immagine di Dio’, che è il qualificativo attribuito ad Adamo (Gen 1,27; 1 Cor 11,7) e Cristo (2 Cor 4,4).
C'è da osservare che già a partire dagli anni '60 e '70 gli esegeti cattolici e protestanti nel parlarci dell'inno di Filippesi avevano rilevato come in questo testo: "non si celebri Cristo come essere celeste preesistente, ma, in senso pienamente giudaico, Cristo come controfigura umana rispetto ad Adamo" ed a questo proposito Kuschel cita diversi studiosi, ovvero:

1) J. Harvey
2) Ch. H. Talbert
3) J. M. Furness
4) J. Dunn
5) Raymond Brown
6) H.-W. BARTSCH
7) TH.N. HART
8) L. SWIDLER


Infatti:

"Paolo, anche in altri passi della sua corrispondenza, paragona Cristo ad Adamo (Rm 5,12-21; 1 Cor 15,2 ls.45-47)" [...] si può paragonare 'forma di Dio' (morphè theu) - così come recita il testo, meglio che non la traduzione 'egli era uguale a Dio' - all'incirca con doxa (gloria) o éikon (immagine). La stessa cosa vale per il termine greco homoioma ('uguale agli uomini') del v. 7, tradotto talvolta anche con 'forma come di un uomo'. La prima riga dell'inno parlerebbe dunque di Cristo, che come Adamo fu creato 'ad immagine di Dio' e come Adamo prima del suo peccato originale partecipava alla 'gloria' di Dio. Il concetto antitetico alla 'forma divina' rafforzerebbe maggiormente questa derivazione: 'forma di schiavo', un'allusione evidente al destino di Adamo dopo il peccato originale. Anche il secondo binomio antitetico all'inizio del testo andrebbe nella stessa direzione: 'uguaglianza con Dio' allude probabilmente alla tentazione di Adamo (egli voleva essere come Dio, Gen 3,5) e 'uguaglianza con gli uomini' nuovamente alla condizione di Adamo dopo la caduta nel peccato.
Anche la locuzione 'essere come Dio' (in greco: isa theo) non può essere tradotta semplicemente con 'uguaglianza con Dio', 'essere uguale a Dio', come spesso accade. Ciò esigerebbe, infatti, la forma isos theo; nel testo ricorre invece l'avverbio isa, e ciò significa soltanto 'come Dio', 'simile a Dio'. Non siamo quindi in presenza di un'affermazione sull' 'essere uguale a Dio' di Cristo e ciò milita nuovamente in sfavore di un'interpretazione sotto il profilo della preesistenza. Per motivi storico-tradizionali e linguistici non c'è dunque - così si esprime l'esegeta cattolico Jerome Murphy-O'Connor, domenicano di Gerusalemme - «nessuna giustificazione per interpretare la frase dell'inno in termini relativi all'essere di Cristo».
Questo testo sarebbe, così, un brano della cristologia di Adamo, come emerge anche in altri contesti del Nuovo Testamento; sarebbe un'ulteriore prova della 'cristologia dei due stadi' delle primitive comunità giudeocristiane (vita-morte/risurrezione-esaltazione di Cristo) ampiamente diffusa e da noi già analizzata e non sarebbe in relazione con tradizioni mitiche, ma anticotestamentarie. Neppure una parola, dunque, in questo testo su una figura celeste preesistente. [...] Non una parola su una preesistenza di Cristo secondo lo schema di una cristologia dei tre stadi: preesistenza - abbassamento - post-esistenza.
.
FONTE: Karl-Josef Kuschel - "Generato prima di tutti i secoli?" - Queriniana

Ricapitolando:

1) I proto-ortodossi erano solo uno dei vari gruppi del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico e svilupparono una loro cristologia.
2) Oltre ai proto-ortodossi c'erano anche numerosi altri gruppi etno-cristiani che pure svilupparono la loro cristologia.
3) I proto-ortodossi non erano i soli a credere ed ad affermare di "discendere dagli apostoli": era, in realtà, anche la pretesa di altri gruppi.
4) Imperatori di fede diversa favorivano cristianesimi diversi: l'imperatore di fede ariana favoriva la chiesa ariana, l'imperatore Giuliano (pagano) tollerava un po tutti i gruppi cristiani senza favorirne uno in particolare, l'imperatore di fede nicena favoriva i proto-ortodossi.
5) Con l'editto di Tessalonica, Teodosio proclama come "religione dell'impero" la fede da lui professata.
7) Se da una parte: "Gesù non si è proclamato 'Dio'",Immagine
Karl-Josef Kuschel, "Generato prima di tutti i secoli?", Queriniana, pp. 528, 529, ma sarà poi a partire dal secondo secolo che nell'ambito del multiforme e variegato etno-cristianesimo antico certi etno-cristiani (nemmeno tutti) deificheranno Gesù.
8) Nell'inno di Filippesi non si accenna ad una presunta "natura divina" di Gesù.
illustri autori quali E.P. Sanders, Geza Vermes, Dale Allison, Paula Fredriksen e tanti altri [...] su un punto concordano tutti:
Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino.
B. Ehrman

Gesù non fu cristiano fu ebreo. J. Wellhausen

I soli uomini a vivere, lungo tutto il medioevo, a imitazione di Gesù furono gli ebrei. K. Jaspers

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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Vieri »

Questa volta niente pappardelle ma solo una cosa:
Ritorniamo a Lettera ai filippesi 2
(Riveduta 2020)
6 il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi, 7 ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; 8 essendo trovato nell'esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte della croce. 9 Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, 10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra 11 e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.
(Testo TILC)
6Egli era come Dio ma non conservò gelosamente
il suo essere uguale a Dio.7Rinunziò a tutto: diventò come un servo, fu uomo tra gli uomini e fu considerato come uno di loro. 8Abbassò se stesso,
fu obbediente fino alla morte, alla morte di croce.
9Perciò Dio lo ha innalzato sopra tutte le cose e gli ha dato il nome più grande. 10Perché in onore di Gesù,
in cielo, in terra e sotto terra, ognuno pieghi le ginocchia, 11e per la gloria di Dio Padre ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore.
(Testo CEI2008)
6egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio
l'essere come Dio, 7ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce. 9Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, 10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,
11e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre.
(Testo CEI 1974)
6 il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8 umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11 e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
(Nuova Diodati)
6 il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, 7 ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 e, trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Perciò anche Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, 10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee, 11 e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.
Come vedi esistono diverse traduzioni:

- pur essendo nella condizione di Dio
- pur essendo di natura divina
- essendo in forma di Dio
- egli era come Dio


e tutte accettate dalla Chiesa con IDENTICI CONTENUTI.
Del resto anche tu confermi:
Valentino:
Il significato di questo termine [morphē] è pressoché identico a quello di ‘immagine’ (eikōn); ‘forma’ e ‘immagine’ sono utilizzati nella LXX in modo interscambiabile: la ‘forma di Dio’ è dunque sinonimo di ‘immagine di Dio’
,
Quindi confermi che questa parola può avere dei sinomimi e per me sinonimo vuol dire:
In linguistica, parola che ha un significato sostanzialmente uguale ad un'altra, anche se variamente stratificato dal punto di vista degli affetti, della cultura e della classe sociale.
In breve non basta SOLO tradurre ed analizzare la singola parola: "in forma di Dio" quando le traduzioni possono avere sinonimi diversi ed è anche necessario per una corretta interpretazione vedere in quale contesto esiste questa parola,
Infatti il testo prosegue:
non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, 7 ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 e, trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8 umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
ma non conservò gelosamente il suo essere uguale a Dio.7Rinunziò a tutto: diventò come un servo, fu uomo tra gli uomini e fu considerato come uno di loro. 8Abbassò se stesso, fu obbediente fino alla morte, alla morte di croce.
9Perciò Dio lo ha innalzato sopra tutte le cose e gli ha dato il nome più grande. 10Perché in onore di Gesù,
in cielo, in terra e sotto terra, ognuno pieghi le ginocchia, 11e per la gloria di Dio Padre ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore
.
Rispondi in merito:
«nessuna giustificazione per interpretare la frase dell'inno in termini relativi all'essere di Cristo».
Questo testo sarebbe, così, un brano della cristologia di Adamo, come emerge anche in altri contesti del Nuovo Testamento; sarebbe un'ulteriore prova della 'cristologia dei due stadi' delle primitive comunità giudeocristiane (vita-morte/risurrezione-esaltazione di Cristo) ampiamente diffusa e da noi già analizzata e non sarebbe in relazione con tradizioni mitiche, ma anticotestamentarie. Neppure una parola, dunque, in questo testo su una figura celeste preesistente. [...] Non una parola su una preesistenza di Cristo secondo lo schema di una cristologia dei tre stadi: preesistenza - abbassamento - post-esistenza..FONTE: Karl-Josef Kuschel - "Generato prima di tutti i secoli?" - Queriniana
Ma Valentino !
- apparso in forma umana .....
- rendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini
- diventò come un servo, fu uomo tra gli uomini e fu considerato come uno di loro

Non una parola su una preesistenza di Cristo

Ma è possibile negare l'evidenza ?:boh:
Tra l'altro scrivi:
Paolo, anche in altri passi della sua corrispondenza, paragona Cristo ad Adamo (Rm 5,12-21; 1 Cor 15,2 ls.45-47)" [...] si può paragonare 'forma di Dio' (morphè theu) - così come recita il testo, meglio che non la traduzione 'egli era uguale a Dio' - all'incirca con doxa (gloria) o éikon (immagine). La stessa cosa vale per il termine greco homoioma ('uguale agli uomini') del v. 7, tradotto talvolta anche con 'forma come di un uomo'. La prima riga dell'inno parlerebbe dunque di Cristo, che come Adamo fu creato 'ad immagine di Dio' e come Adamo prima del suo peccato originale partecipava alla 'gloria' di Dio. Il concetto antitetico alla 'forma divina' rafforzerebbe maggiormente questa derivazione: 'forma di schiavo', un'allusione evidente al destino di Adamo dopo il peccato originale. Anche il secondo binomio antitetico all'inizio del testo andrebbe nella stessa direzione: 'uguaglianza con Dio' allude probabilmente alla tentazione di Adamo (egli voleva essere come Dio, Gen 3,5) e 'uguaglianza con gli uomini' nuovamente alla condizione di Adamo dopo la caduta nel peccato.
Anche la locuzione 'essere come Dio' (in greco: isa theo) non può essere tradotta semplicemente con 'uguaglianza con Dio', 'essere uguale a Dio', come spesso accade. Ciò esigerebbe, infatti, la forma isos theo; nel testo ricorre invece l'avverbio isa, e ciò significa soltanto 'come Dio', 'simile a Dio'. Non siamo quindi in presenza di un'affermazione sull' 'essere uguale a Dio' di Cristo e ciò milita nuovamente in sfavore di un'interpretazione sotto il profilo della preesistenza.
"Allude probabilmente".....per me è una opinione personale senza prove specifiche.
Io leggo:
Lettera ai Romani 5:12-21 NR06
Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato… Poiché, fino alla legge, il peccato era nel mondo, ma il peccato non è imputato quando non c’è legge. Eppure la morte regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Però, la grazia non è come la trasgressione. Perché se per la trasgressione di uno solo molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti. Riguardo al dono non avviene quello che è avvenuto nel caso dell’uno che ha peccato; perché dopo una sola trasgressione il giudizio è diventato condanna, mentre il dono diventa giustificazione dopo molte trasgressioni. Infatti, se per la trasgressione di uno solo la morte ha regnato a causa di quell’uno, tanto più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell’uno che è Gesù Cristo
Questo paragone con Adamo per me afferma invece ancora una volta l'opera salvifica di Gesù detto anche il Salvatore per aver dato nuova speranza agli uomini con il perdono e la redenzione dei peccati
2 Cor 4,4
L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. [8] E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; [9] né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo
.
"Immagine e gloria di Dio" in questo caso è una espressione con un significato completamente diverso e di contenuto generico rispetto a quanto presente nella lettera precedente.


Ritornando poi alle diverse traduzioni della lettera ai Filippesi 2 ame risulta un'altra interpretazione:
www.nicodemo.net
Per quanto riguarda l’inno, è comune l’opinione secondo cui esso sarebbe una composizione preesistente, di carattere liturgico, che Paolo avrebbe inserito in questo contesto per scopi esortativi. Esso ha come sfondo il tema
dell’abbassamento-esaltazione così come appare nei testi riguardanti il giusto (cfr. Pr 3,34;
Sap 2,23-24), il Figlio dell’uomo (cfr. Dn 7,13-14), Adamo (cfr. Gn 1,26-27) e soprattutto il
Servo di YHWH (cfr. Is 52,13-53,12). L’inno si divide in due parti: umiliazione (vv. 6-8) ed
esaltazione (vv. 9-11).

Nella premessa all’inno Paolo parla della gioia (chara) che si aspetta di ricevere dai
filippesi. Questa gioia si attua in quanto si verificano in essi questi quattro atteggiamenti
interiori: la consolazione (paraklêsis) in Cristo, il conforto derivante dalla carità (paramythion
tês agapês), la comunanza (koinônia) di spirito, (i sentimenti di) amore e compassione
(splanchna kai oiktirmoi) (v. 1). Con vocaboli diversi Paolo descrive quello stato d’animo di
profonda serenità interiore che ha come fonte l’amore e la compassione e sfocia nella
comunione dei cuori. Esso ha come risultato la partecipazione a un medesimo sentire (to auto
fronein) e alla stessa carità (agapên), l’essere unanimi (synpsichoi) e concordi (to en
fronountes). In questa serie di atteggiamenti interiori prevale il verbo fronein, che indica una
percezione interiore che sta all’origine della comunione fraterna sulla quale si fonda la vita
comunitaria.
Per raggiungere la profonda unità che si aspetta dai filippesi, Paolo suggerisce alcuni
comportamenti: non fare nulla per rivalità o vanagloria, avere quell’umiltà (tapeinofrosynê) in
forza della quale ciascuno considera gli altri superiori a se stesso; ricercare non l’interesse
proprio, ma anche quello degli altri (vv. 3-4). Tutti questi atteggiamenti interiori si
riassumono per l’Apostolo nell’avere in sé gli stessi sentimenti (fronein) di Cristo Gesù (vv. 3-5).

Quest’ultima frase introduce direttamente l’inno cristologico che, indicando quali sono
stati i sentimenti di Gesù, mostra chiaramente come devono comportarsi i cristiani.
L’inno si apre con il pronome relativo «il quale», che si riferisce al nome «Cristo Gesù», con
cui terminava la precedente esortazione: è questo il modo tipico con cui in casi simili una
nuova unità letteraria viene collegata al contesto che precede (cfr. per es. Col 1,15; 1Tm 3,16;
Eb 1,3).
La prima cosa che viene affermata di Gesù Cristo è che egli era «in forma di Dio» (en
morphêi Theou) (v. 6a). Il termine morphê è stato interpretato come equivalente di concetti
greci a sfondo filosofico, quali «sostanza» (ousia), «natura» (physis), che indicano il carattere
specifico di un essere, oppure biblici, quali «gloria» (doxa) e «immagine» (eikôn).


Tuttavia il vero significato del termine si ricava solo tenendo presente che l’espressione morphê Theou
viene posta volutamente in parallelismo antitetico con morphê doulou del v. 7b. In altre parole,
l’uso di morphê per indicare il rapporto di Gesù Cristo con Dio è giustificato proprio
dall’intenzione di contrapporlo alla morphê dello schiavo da lui assunta liberamente.


Ora il termine morphê esprime bene il rapporto sia con Dio che con lo schiavo solo se indica
la «condizione», cioè il modo in cui un essere esiste e si manifesta concretamente. Sullo sfondo
si può intuire il racconto della creazione, nel quale si dice che il primo uomo fu creato a
immagine di Dio (Gn 1,26-27).

Siccome la «condizione di Dio», in contrapposizione a quella dello schiavo, comporta essenzialmente dominio, autorità e dignità, si può ritenere che Gesù Cristo fosse en morphêi Theou proprio in quanto queste prerogative divine gli appartenevano
pienamente come suo privilegio originario. L’esistenza di Cristo nella condizione di Dio viene
espressa con il participio presente yparchôn, che ha il valore di un proposizione concessiva
(«pur essendo»), con la quale si sottolinea come il suo essere in condizione di Dio non sia stato
rimosso, ma è continuato anche dopo che egli «si svuotò».


L’inno continua con una frase in cui si spiega in che modo Gesù ha gestito il suo essere in
condizione di Dio: «non giudicò un privilegio (arpagmon) l’essere come Dio» (v 6b).
Il termine arpagmon, «rapina», è molto discusso, in quanto non appare altrove nel NT, non si trova nei
LXX, e ricorre raramente negli scrittori ecclesiastici al di fuori dei riferimenti a Fil 2,6b. Esso
può designare l’azione del rubare oppure la cosa rubata considerata come un tesoro da
conservarsi gelosamente.

Alla luce del secondo significato sembra che l’espressione sia una
frase idiomatica, che significa «usare qualcosa per il proprio vantaggio» o «considerare
qualche cosa come un privilegio di cui approfittare».

L’oggetto di cui Cristo avrebbe potuto approfittarsi consiste nell’«essere come Dio» (isa
Theôi). Questa espressione è stata comunemente tradotta «l’essere uguale a Dio» o
«l’uguaglianza con Dio», con riferimento alla natura o essenza divina di Cristo.


Dal punto di vista filologico però essa indica semplicemente l’esercizio attivo dei poteri propri di Dio,
esigendo dagli altri un atteggiamento di obbedienza e di culto. Ciò che Gesù Cristo non volle
sfruttare a proprio vantaggio sono dunque le conseguenze esterne del suo rapporto
privilegiato con Dio.
Anche qui sullo sfondo si intuisce l’esperienza di Adamo, il quale si è ribellato proprio perché ha voluto essere «come Dio», acquistando la conoscenza del bene e del male (Gn 3,5). In contrasto con lui Cristo non ha voluto gestire in termini di potere il suo
privilegio di essere «in condizione di Dio»: per questo ha iniziato un cammino che lo ha
portato a immergersi negli strati più bassi dell’umanità, non come castigo ma per libera scelta.

L’autore dell’inno prosegue affermando che Cristo non solo non volle approfittare di ciò
che gli competeva, ma addirittura vi rinunciò, in quanto «svuotò (ekenôsen) se stesso»
(v. 7a).

Questa concisa e singolare espressione non ha nessun parallelo in tutta la letteratura greca,
perciò la sua interpretazione è estremamente difficile. Anch’essa è stata perciò occasione di
numerose speculazioni, il cui scopo era quello di spiegare in che modo colui che era nella
«forma di Dio» avesse potuto «svuotarsi», «spogliarsi». È sorta così la “cristologia kenotica” o
“kenotismo”, che nella sua forma estrema giunge al paradosso di affermare che il Verbo
divino, diventando uomo, ha messo da parte alcuni o tutti gli attributi divini incompatibili con
la realtà dell’incarnazione.

Dal contesto risulta invece chiaramente che l’oggetto della kenosi è il diritto nativo di
essere alla pari di Dio. L’espressione «svuotò se stesso» significa quindi che Cristo ha
rinunciato in modo totale
, e al tempo stesso libero e volontario, a tutto ciò che il suo status
comportava dal punto di vista della dignità e del trattamento.

Alcuni studiosi sostengono che la frase sia la traduzione di Is 53,12b, dove si dice che il Servo di YHWH «ha spogliato la sua
anima per la morte» (LXX: «la sua anima fu consegnata [paredothê] a morte»): in questo caso
la kenosi indicherebbe il cammino che ha portato Gesù a far propria l’esperienza del
personaggio deutero-isaiano, il quale si è impegnato a fondo per la riconciliazione e la
conversione del suo popolo in esilio, prendendo su di sé le conseguenze della violenza di cui
esso era ancora impregnato.

L’autore stesso conferma questa interpretazione mediante l’inciso morphên doulou labôn,
«assumendo la condizione di schiavo»
(v. 7b).
La polarità dei termini Kyrios-doulos fa comprendere che la kenosi di Cristo consiste nel fatto che egli durante la sua vita terrena non
volle comportarsi come Dio e Signore degli uomini, ma come servo, privo di ogni dignità,
autorità e potere, completamente dedito all’umile servizio degli altri.

Il termine «servo» (doulos), pur non essendo lo stesso utilizzato nel greco per indicare il Servo di YHWH (pais
Kyriou), si rifà ancora una volta al personaggio deutero-isaiano e alla sua esperienza: il
servizio consistere quindi essenzialmente nell’accettazione della sofferenza che comporta
l’impegno per la rinascita di un popolo sia in senso religioso che politico e sociale.

L’inquadratura storica in cui si è svolta la rinunzia volontaria di Gesù viene poi delineata
mediante una frase preceduta da due proposizioni participiali, che formano un parallelismo
progressivo: «[Una volta] divenuto simile agli uomini e trovato nell’aspetto esterno (schêmati)
come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (vv.
7cd-8).
Colui che era nella condizione di Dio è ora sullo stesso piano (en homoiômati, nella
somiglianza) degli uomini (cfr. Eb 4,15b «provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il
peccato»). Con il participio aoristo genomenos, «divenuto» (in contrasto con hyparchôn del v.
6) l’autore dell’inno intende sottolineare come la totale somiglianza di Gesù con gli uomini si
situi nel tempo e nello spazio, come conseguenza di un evento che si situa all’interno della
storia umana.

Non si tratta però di una semplice somiglianza: durante la sua esistenza terrena
(Eb 5,7: «nei giorni della sua carne») egli «fu trovato», cioè percepito riconosciuto da quelli
che l’hanno incontrato, nel suo modo di essere e di agire, come veramente uomo, alla pari di
tutti gli altri. Viene così sottolineata a tutti gli effetti la sua piena solidarietà con il genere
umano.

Diventando simile agli uomini ed essendo riconosciuto come tale, Gesù «umiliò se stesso»
(etapeinôsen eauton) (v. 8a). Questa espressione viene usata nel NT in contrapposizione ai
sentimenti di vanità, ambizione ed autoesaltazione (cfr. Mt 18,4; 23,12; Lc 14,11; 18,14; 2Cor
11,7) propri dell’uomo.


L’umiliazione di Gesù consiste dunque nel radicale rifiuto
dell’ambizione e dell’orgoglio, e di riflesso nell’adozione di quella ferma e risoluta mitezza,
aliena da qualsiasi violenza, che è stata propria del Servo di YHWH (cfr. Is 42,2-3; 53,7.9b).

Gesù ha portato a termine la sua umiliazione «diventando obbediente (hypêkoos) fino alla morte»
(v. 8b). L’aggettivo «obbediente», unito al participio «diventato» (genomenos), indica un
atteggiamento abituale e costante, che si caratterizza come fedeltà totale alla volontà di Dio.

L’espressione «fino alla morte» non ha un senso temporale (obbedire fino all’ultimo respiro),
ma un senso qualitativo: un’obbedienza che non cede neppure davanti al sacrificio personale,
compreso anche quello supremo della propria vita. Anche qui si percepisce sullo sfondo la
sintonia piena con Dio che è attribuita al Servo di YHWH in diversi passi dei carmi a lui dedicati
(cfr. soprattutto Is 50,4-8).

L’autore infine commenta: «e alla morte di croce (staurou)» (v. 8c). Questa espressione, che
rappresenta il climax dell’inno, può considerarsi come un espediente retorico che mette in
rilievo l’estremo grado di umiliazione a cui Gesù è andato incontro. Il termine staurou è usato
senza articolo, al fine di evidenziare il carattere ignominioso della morte.
Nel contesto parenetico in cui l’inno è inserito l’espressione «morte di croce» assume un significato
speciale, in quanto la pena capitale della crocifissione richiamava alla mente dei filippesi, che
vivevano in una città romana, l’umiliazione più degradante e più ignominiosa, il colmo
dell’abiezione.

Il movimento della kenosi e dell’umiliazione di Cristo si arresta bruscamente per dare
spazio al movimento contrario. Cambia il soggetto dell’azione: mentre finora chi agiva era
Gesù, a partire dal v. 9 è Dio che interviene. Il nuovo brano inizia con la descrizione degli
effetti che ha avuto l’umiliazione di Cristo: «Per questo anche Dio lo sopra-esaltò (yperypsôsen)» (v. 9a).
L’espressione «per questo» sottolinea come la radicalità della svolta che interessa la persona di Gesù ha uno stretto collegamento con ciò che è capitato
precedentemente.

Proprio in forza della sua morte egli ha conseguito un modo di essere
immensamente superiore a quello dei semplici mortali. L’esaltazione che gli è conferita
appare come un esempio del modo di agire di Dio, enunciato da Gesù stesso nei vangeli (cfr. Lc
14,11; 18,14b //Mt 23,12).

Il verbo ypsoô, «esaltare», è utilizzato nel quarto Vangelo per
indicare la morte di Cristo in croce, in quanto però essa implica già la sua risurrezione e
ascensione (cfr. Gv 3,14; 8,28; 12,32.34). Tuttavia l’inno non menziona questi due eventi: è
chiaro che per l’autore è sufficiente mettere in rilievo il contrasto tra l’abbassamento e
l’esaltazione di Cristo. L’uso di ypsoô rappresenta un’ulteriore allusione al Servo di YHWH, il
quale dopo la sua morte ha sperimentato il successo e l’esaltazione (Is 52,13 nella traduzione
dei LXX).
Con il composto yper-ypsoô (un termine che appare una sola volta nel NT) l’autore
vuole far comprendere il carattere pieno e definitivo dell’esaltazione di Cristo, la quale
rappresenta l’opera per eccellenza compiuta da Dio in suo favore.

L’intervento divino viene ulteriormente precisato con questa affermazione: Dio «lo
gratificò (echarisato) con il nome che è al di sopra di ogni nome»
(v. 9b).
Questo è l’unico passo nel NT in cui si parla di un atto di grazia (charis) concesso a Cristo. Dal contesto (cfr. v.
11b) si ricava che «il nome» attribuito a Gesù è il nome stesso di Dio, YHWH, che in greco è stato
tradotto Kyrios, Signore.
Il nome significa, alla luce del linguaggio biblico, non un appellativo o
un attributo specifico (in questo caso la divinità), ma piuttosto un ufficio, status, o dignità. Per
iniziativa gratuita di Dio Gesù riceve quindi lo status di Kyrios, che comporta la suprema
dignità e la sovranità assoluta su tutto quello che esiste in cielo ed in terra (cfr. Mt 28,18).

Proprio quel Gesù, che durante la sua esistenza terrena non aveva voluto avvalersi a proprio
vantaggio del suo «essere alla pari di Dio», viene ora esaltato in sommo grado, ricevendo in
dono da Dio la dignità suprema propria di Dio stesso: ciò a cui aveva liberamente e
volontariamente rinunciato come diritto lo ottiene ora come dono gratuito.

Viene poi descritta la conseguenza dell’esaltazione di Cristo: «affinché nel nome di Gesù si
pieghi ogni ginocchio degli esseri celesti, terrestri e sotterranei, e ogni lingua confessi»
(v. 10).
Il «nome di Gesù» è quello che gli appartiene perché gli è stato dato da Dio (genitivo
possessivo), e indica la sua signoria universale. Perciò in esso, cioè in segno di profonda
venerazione nei suoi confronti, «si piega ogni ginocchio... e ogni lingua confessa»: questa
espressione è ricavata da Is 45,23 (citato secondo la traduzione dei LXX), dove indica
l’adorazione che un giorno tutte le creature presteranno a YHWH.

L’autore dell’inno aggiunge «degli esseri celesti, terrestri e sotterranei» per esplicitare il carattere universale di tale
adorazione: ad essa prendono parte tutti gli esseri creati capaci di adorazione, e cioè gli spiriti
nel cielo, i viventi sulla terra ed i morti nello she<ol. Il riferimento a Is 45,23 porta ad escludere
l’opinione di coloro che, ricorrendo al modello del “redentore gnostico”, vedono in questi
esseri le potenze cosmiche sconfitte da Cristo, nuovo kosmokrator, e costrette a rendergli
omaggio e a riconoscere la sua autorità.
Qui infatti viene ripreso il concetto veterotestamentario della signoria universale di YHWH, con l’unica differenza che il loro
omaggio, nella sua estensione più ampia, è ormai prestato a Cristo.

L’inno cristologico raggiunge la sua conclusione quando rivela che tutto il cosmo confessa
che «Signore [è] Cristo Gesù»
(v. 11b). Nel NT questa confessione si ritrova solo un’altra volta
(Col 2,6), mentre altrove essa ricorre nella sua forma più breve «Gesù è Signore» (cfr. 1Cor
12,3; Rm 10,9a).
Con questa formula carica di profondo significato teologico l’autore vuole
affermare che Gesù Cristo non è un signore qualunque, ma il KYRIOS per antonomasia. Gesù,
che durante la sua esistenza terrena ha voluto toccare il fondo dello svuotamento e
dell’umiliazione, è stato innalzato alla suprema dignità. Dal punto di vista formale il termine
Kyrios riassume in modo stupendo l’idea di esaltazione contenuta nella seconda parte
dell’inno, in contrasto con il termine doulos con cui nella prima parte è descritto
l’abbassamento di Gesù.

Colui che si è profondamente abbassato prendendo la condizione di
schiavo, viene ora esaltato alla suprema dignità di Signore. Non si tratta però di due momenti
diversi: l’esaltazione rivela il vero significato dell’umiliazione e l’umiliazione è già in se stessa
una realtà gloriosa.

L’inno termina con l’espressione «a gloria di Dio Padre» (v. 11c). Con queste parole l’autore
vuole affermare che Gesù non è il sostituto né il concorrente di Dio, in quanto la confessione
della sua signoria torna in ultima analisi a gloria di Dio Padre. A rigore di termini questa frase
si riferisce direttamente all’esaltazione di Gesù. Tuttavia essa serve come conclusione di tutto
l’inno, in quanto sottolinea come sia l’umiliazione che l’esaltazione interagiscano in vista non
di un vantaggio umano ma dell’attuazione di un progetto divino il cui scopo è la salvezza
dell’umanità.

Nel corso dei secoli l’inno cristologico è stato interpretato in due modi sostanzialmente
diversi. Per combattere l’arianesimo Ambrogio, l’Abrosiaster (sec. IV) e i Padri Latini
posteriori hanno visto come protagonista dell’inno il Verbo preesistente nel sua esistenza
presso il Padre e nel processo che lo ha portato a scendere in questo mondo e a prendere la
natura umana.


Perciò in Fil 2,7 si è letta la dottrina dell’incarnazione del Verbo, in base alla
quale si è costruito un sistema dottrinale che, in linea con l’insegnamento dei Concili di Nicea
e di Calcedonia, pone l’accento sul Verbo preesistente, sull’incarnazione e sulle due nature di
Cristo.
Questa lettura del brano è diventata tradizionale, in quanto domina tutta l’esegesi
cattolica fino ai tempi moderni. Invece i Padri Greci e quelli Latini prima di Ambrogio e
dell’Abrosiaster hanno visto come soggetto del brano Gesù nella sua realtà umana concreta,
cioè nella sua vita terrena.
Paolo stesso si è ispirato a questa interpretazione dell’inno in
quanto l’ha utilizzato non per fare un discorso teologico sull’incarnazione ma per ricavarne un
insegnamento per i filippesi, i quali, di riflesso, non possono averlo interpretato che nello
stesso modo. È oggi convinzione abbastanza diffusa che sia questa l’interpretazione da
preferirsi.
Secondo questa interpretazione, nell’inno la vicenda di Gesù viene letta sulla falsariga
dell’esperienza di Adamo e del Servo di YHWH. Adamo, creato ad immagine di Dio, ha preteso di
essere come Dio, e così ha perso la dignità che gli era stata conferita. Gesù invece, pur essendo
«nella condizione di Dio», cioè avendo con lui un rapporto specialissimo, non ha fatto valere il
suo privilegio in termini di prestigio e di potere, ma ha assunto la condizione propria del
Servo sofferente. La sua umiliazione non deve dunque essere vista come espressione di un
processo ascetico di mortificazione, ma come conseguenza della sua fedeltà a Dio, dalla quale
scaturisce un impegno personale e costante per la liberazione non solo, come per il Servo di
YHWH, di un popolo ancora lacerato da profonde divisioni e impregnato di violenza, ma di tutta
l’umanità.

In conclusione caro Valentino, come vedi le tue opinioni e quelle di altri studiosi non sono certezze
e ci possono essere anche altre diverse interpretazioni tali da non far credere a quello che proponi....

Del resto: negare, negare sempre ogni diversa visione al tuo anticristianesimo senza MAi voler valutare la possibilità di altre interpretazioni giudicate sempre "catechismo" o di persone sconosciute senza laurea onestamente mi lascia sempre molto perplesso.
Mi spiace ma saremo sempre molto, molto distanti...
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Nicodemo.net?!?! Sei serio?!?!

Messaggio da Valentino »

Vieri ma di quali "altri studiosi" parli?!?!
Puoi fare qualche nome?!?!
Nicodemo.net?!?!?! :ironico: :risata:
Un sito che contiene delle omelie?!?!
Ma non facevi prima a citare direttamente il catechismo?!?!?
Tu hai semplicemente riportato come intesero l'inno di Filippesi proto-ortodossi ed ortodossi, ovvero hai proposto la lettura diacronica (e confessionale) dell'inno.
Come detto facevi prima a citare direttamente il Catechismo.
O pensi che Nicodemo.net si studia nelle Università!!?!?!! :ironico: :risata:
Ad ogni modo credo che, se avrò tempo e modo, aprirò una discussione tutta incentrata sull'inno di Filippesi.
illustri autori quali E.P. Sanders, Geza Vermes, Dale Allison, Paula Fredriksen e tanti altri [...] su un punto concordano tutti:
Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino.
B. Ehrman

Gesù non fu cristiano fu ebreo. J. Wellhausen

I soli uomini a vivere, lungo tutto il medioevo, a imitazione di Gesù furono gli ebrei. K. Jaspers

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Re: Nicodemo.net?!?! Sei serio?!?!

Messaggio da Vieri »

Valentino ha scritto: 14/09/2023, 13:42 Vieri ma di quali "altri studiosi" parli?!?!
Puoi fare qualche nome?!?!
Nicodemo.net?!?!?! :ironico: :risata:
Un sito che contiene delle omelie?!?!
Ma non facevi prima a citare direttamente il catechismo?!?!?
Tu hai semplicemente riportato come intesero l'inno di Filippesi proto-ortodossi ed ortodossi, ovvero hai proposto la lettura diacronica (e confessionale) dell'inno.
Come detto facevi prima a citare direttamente il Catechismo.
O pensi che Nicodemo.net si studia nelle Università!!?!?!! :ironico: :risata:
Ad ogni modo credo che, se avrò tempo e modo, aprirò una discussione tutta incentrata sull'inno di Filippesi.
Valentino, tutto quello che esula dal tuo "credo" è sempre catechismo. :ironico:
Ma dove trovi delle omelie dove è stato analizzato parola per parola tutta la lettera ? :ironico:

Ti prego di farla finita con la tua supponenza ed il mondo è fatto anche di persone intelligenti anche se non laureate e l'analisi inserita è decisamente analitica e motivata.
Ti farebbe bene che la leggessi prima di scartarla a priori, basandosi solo sui titoli accademici....
Del resto non ho mai letto da parte tua una spiegazione così dettagliata di tale lettera come questa.

La tua contestazione a questa lettera ai filippesi è semplicemente di parte erronea e senza valutare con serietà altre diverse interpretazioni più significative .
Non puoi analizzare a modo tuo una sola parola fuori dal suo contesto come fanno i tdG e mi pare su questo di essere stato chiaro accusando qualsiasi altro studioso fuori dal tuo "coro" sempre di catechismo.
Hai una cultura, scusami ma è monodirezionale dove a priori rifiuti tutto quello che contrasta il tuo credo religioso.

Alla fine da buon cristiano ti ringrazio, non tanto per sentire la campana avversa da uno di religione diversa, ma per avermi dato l'occasione di effettuare molte ricerche tali da rafforzare ulteriormente la mia fede.
Grazie ancora
:addio:
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Valentino »

Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19Questa volta niente pappardelle ma solo una cosa:
Ritorniamo a Lettera ai filippesi 2 [...](Riveduta 2020)[...](Testo TILC)[...](Testo CEI2008)[...](Testo CEI 1974)[...](Nuova Diodati)[...]Come vedi esistono diverse traduzioni:
Si Vieri esistono diverse traduzioni.
Ma tu pensi che sia un "problema di traduzioni"?!!?
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19e tutte accettate dalla Chiesa con IDENTICI CONTENUTI.
Non tutte le traduzioni da te riportate sono traduzioni "cattoliche" del nuovo testamento.
Scrivo questo solo per precisare fermo restando che è irrilevante in quali e quanti modi viene tradotto il nuovo testamento.
A noi interessa comprendere cosa diceva Paolo e cosa comprendevano i suoi contemporanei.
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19Quindi confermi che questa parola può avere dei sinomimi e per me sinonimo vuol dire:
Vieri il problema non è che il termine [morphē] "può avere dei sinonimi", il punto è quali siano questi sinonimi!
Ed i sinonimi di [morphē] presi in considerazione sono doxa (gloria) o éikon (immagine).
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19In breve non basta SOLO tradurre ed analizzare la singola parola: "in forma di Dio" quando le traduzioni possono avere sinonimi diversi ed è anche necessario per una corretta interpretazione vedere in quale contesto esiste questa parola
Ma intanto l'espressione significa "ad immagine di Dio", non "di natura divina".
Inoltre è vero che deve essere preso in considerazione tutto l'inno, ed in effetti in quello che ti ho citato viene preso in considerazione anche il resto!
Ti è sfuggito per caso?!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19Infatti il testo prosegue:
non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, 7 ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 e, trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8 umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
ma non conservò gelosamente il suo essere uguale a Dio.7Rinunziò a tutto: diventò come un servo, fu uomo tra gli uomini e fu considerato come uno di loro. 8Abbassò se stesso, fu obbediente fino alla morte, alla morte di croce.
9Perciò Dio lo ha innalzato sopra tutte le cose e gli ha dato il nome più grande. 10Perché in onore di Gesù,
in cielo, in terra e sotto terra, ognuno pieghi le ginocchia, 11e per la gloria di Dio Padre ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore.
Rispondi in merito:
«nessuna giustificazione per interpretare la frase dell'inno in termini relativi all'essere di Cristo».
Questo testo sarebbe, così, un brano della cristologia di Adamo, come emerge anche in altri contesti del Nuovo Testamento; sarebbe un'ulteriore prova della 'cristologia dei due stadi' delle primitive comunità giudeocristiane (vita-morte/risurrezione-esaltazione di Cristo) ampiamente diffusa e da noi già analizzata e non sarebbe in relazione con tradizioni mitiche, ma anticotestamentarie. Neppure una parola, dunque, in questo testo su una figura celeste preesistente. [...] Non una parola su una preesistenza di Cristo secondo lo schema di una cristologia dei tre stadi: preesistenza - abbassamento - post-esistenza..FONTE: Karl-Josef Kuschel - "Generato prima di tutti i secoli?" - Queriniana
No Vieri, quello che hai riportato è solo "parte della risposta".
In realtà hai saltato la parte della mia citazione che entrava nel merito dei versetti successivi, ovvero:
Anche la locuzione 'essere come Dio' (in greco: isa theo) non può essere tradotta semplicemente con 'uguaglianza con Dio', 'essere uguale a Dio', come spesso accade. Ciò esigerebbe, infatti, la forma isos theo; nel testo ricorre invece l'avverbio isa, e ciò significa soltanto 'come Dio', 'simile a Dio'. Non siamo quindi in presenza di un'affermazione sull' 'essere uguale a Dio' di Cristo e ciò milita nuovamente in sfavore di un'interpretazione sotto il profilo della preesistenza. Per motivi storico-tradizionali e linguistici non c'è dunque - così si esprime l'esegeta cattolico Jerome Murphy-O'Connor, domenicano di Gerusalemme - «nessuna giustificazione per interpretare la frase dell'inno in termini relativi all'essere di Cristo».
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19Ritornando poi alle diverse traduzioni della lettera ai Filippesi 2 ame risulta un'altra interpretazione:
www.nicodemo.net
Vieri ma hai davvero letto attentamente cosa c'è scritto nell'articolo che riporti?!?!?! :ironico: :risata:
No, perché se non te ne fossi accorto, l'articolo sostiene proprio quello che dico io!
Si parla di due interpretazioni: una "allineata" e resa "conforme" ai pronunciamenti conciliari...ed un'altra, ovvero quella più fedele al testo, che è esattamente quella di cui ti parlo io!
Leggiamo:

"[...]Ambrogio, l’Abrosiaster (sec. IV) e i Padri Latini posteriori hanno visto come protagonista dell’inno il Verbo preesistente nel sua esistenza presso il Padre e nel processo che lo ha portato a scendere in questo mondo e a prendere la natura umana. Perciò in Fil 2,7 si è letta la dottrina dell’incarnazione del Verbo, in base alla quale si è costruito un sistema dottrinale che, in linea con l’insegnamento dei Concili di Nicea e di Calcedonia, pone l’accento sul Verbo preesistente, sull’incarnazione e sulle due nature di Cristo. Questa lettura del brano è diventata tradizionale, in quanto domina tutta l’esegesi cattolica fino ai tempi moderni".

L'articolo identifica correttamente questa interpretazione come di una interpretazione "tradizionale" che fa capolino nella storia a partire dal quarto secolo!
Questa "interpretazione tradizionale", ovvero questo significato che si attribuì all'inno di Filippesi a partire dal quarto secolo, è effettivamente quello che voleva esprimere Paolo?!?!?

La risposta è: no!

Ed è scritto nello stesso articolo che tu stesso hai citato e che probabilmente non hai letto con attenzione!


Infatti nell'articolo, che tu stesso hai citato, leggiamo che Paolo nella sua lettera ai Filippesi ha utilizzato l'inno: "non per fare un discorso teologico sull’incarnazione ma per ricavarne un insegnamento per i filippesi, i quali, di riflesso, non possono averlo interpretato che nello stesso modo. È oggi convinzione abbastanza diffusa che sia questa l’interpretazione da preferirsi.
Secondo questa interpretazione, nell’inno la vicenda di Gesù viene letta sulla falsariga dell’esperienza di Adamo
".


Ed infatti si aggiunge:

"Adamo, creato ad immagine di Dio, ha preteso di essere come Dio, e così ha perso la dignità che gli era stata conferita. Gesù invece, pur essendo «nella condizione di Dio», cioè avendo con lui un rapporto specialissimo, non ha fatto valere il suo privilegio in termini di prestigio e di potere, ma ha assunto la condizione propria del Servo sofferente.

https://nicodemo.net/wp-content/uploads ... 2_1-11.pdf

Insomma un esempio di "cristologia adamitica", come ti ho sempre spiegato.
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19In conclusione caro Valentino, come vedi le tue opinioni e quelle di altri studiosi non sono certezze e ci possono essere anche altre diverse interpretazioni tali da non far credere a quello che proponi....
Vieri ma cosa dici?!?!
Ma se lo stesso articolo che tu hai citato afferma esattamente quello che da tempo cerco di spiegarti citandoti, tra l'altro, studiosi cattolici!
Riguardo all'inno di Filippesi non hai fatto altro che confermare quanto ti ho spiegato finora.
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19Del resto: negare, negare sempre ogni diversa visione al tuo anticristianesimo
Vieri ma cosa diamine dici?!?!?!
Io mi limito a spiegare ed a divulgare il dibattito accademico esistente in merito a certi argomenti.
Nel caso specifico, occupandoci dell'inno di Filippesi, col tuo articolo hai confermato cosa dice la maggioranza degli esegeti in merito e che io mi sono limitato a riportare!
Tra l'altro scadi nel ridicolo accusandomi nientemeno di "anticristianesimo", come se esistesse una "congiura anticristiana" a livello accademico! :ironico: :risata:
Vieri le cose di cui ti parlo sono semplicemente riportate nella letteratura accademica esistente su certi argomenti e discipline di studio: per dirla in termini più semplici sono "cose che si studiano all'Università"!
Praticamente stai affermando che le Università sono dei "covi" di anticristiani! :ironico: :risata:
Comprendi quanto è risibile la tua accusa!?!?
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19senza MAi voler valutare la possibilità di altre interpretazioni giudicate sempre "catechismo"
Purtroppo non è la prima volta che sei andato a "pescare" in siti gestiti da "non addetti ai lavori".
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 13:19o di persone sconosciute senza laurea onestamente mi lascia sempre molto perplesso.
Idem con patate!
Non è la prima volta che hai citato dei testi non scritti da studiosi ma da gente che non aveva nessuna competenza riguardo a certe serie discipline di studio.
Perplesso?!?!?!
Sono io che resto perplesso da tanto pressapochismo.
Se uno vuole apprendere la storia del cristianesimo studierà manuali universitari di storia del cristianesimo, non penso che si andrà a leggere cose scritte dal pizzicagnolo sotto casa.
Ma torniamo a noi Vieri!
Il sito "nicodemo.net" è certamente un sito "confessionale" che ospita delle "omelie".
Leggendo con attenzione noto che è gestito da un teologo cattolico che conosco e cha ha all'attivo diverse pubblicazioni.
Insomma parliamo di qualcuno che pur mantenendo un approccio "pastorale" si è misurato con l'esegesi storico-critica dei testi neotestamentari.
E lo prova, come abbiamo visto, la sua onestà intellettuale nel parlare dell'inno ai Filippesi.

Ricapitolando, nell'articolo che hai citato leggiamo diversi fatti interessanti, riguardanti l'inno di Filippesi:
1) E' a partire dal quarto secolo che certi autori proto-ortodossi (ovvero Ambrogio, l’Abrosiaster ed i Padri Latini posteriori) hanno cominciato a proiettare in Filippesi 2:7 la "dottrina dell'incarnazione"!
2) Prima di allora persino gli autori proto-ortodossi non ritenevano che in Filippesi 2:7 si alludesse ad una preesistenza di Gesù e non ritenevano che si alludesse alla sua incarnazione; infatti anche questo viene precisato nell'articolo che riporti quando si precisa che: "i Padri Greci e quelli Latini prima di Ambrogio e dell’Abrosiaster hanno visto come soggetto del brano Gesù nella sua realtà umana concreta, cioè nella sua vita terrena".
3) Anche l'autore dell'articolo prende atto del fatto che in realtà Paolo ha utilizzato l'inno "non per fare un discorso teologico sull’incarnazione".
4) Il fatto che nell'inno di Filippesi non c'è alcun riferimento ad una presunta natura divina di Gesù, nessun riferimento ad una sua preesistenza e nessun riferimento ad una dottrina dell'incarnazione è, come specifica l'autore dell'articolo che riporti, l' "interpretazione da preferirsi".

In definitiva, come ti ho sempre spiegato, si è cominciato a leggere l'inno di Filippesi come un riferimento alla preesistenza ed alla incarnazione di Gesù piuttosto tardi, ovvero a partire addirittura dal quarto secolo. Secondo l'articolista che mi hai citato, questa non era originariamente, nemmeno la lettura dei proto-ortodossi stessi prima di Ambrogio.
Noi dobbiamo infatti interrogarci su cosa volesse esprimere Paolo nel contesto vitale in cui scrisse la sua lettera e, come abbiamo visto, Paolo non attribuisce a Gesù una "natura divina", non allude né ad una sua preesistenza né ad una sua incarnazione.
Ma questo appunto non lo dico io, lo riconosce candidamente anche l'autore che hai citato tu.
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17Valentino, tutto quello che esula dal tuo "credo" è sempre catechismo.
Vieri ma io, al contrario di te, non ho mai parlato del "mio credo" a meno che tu non sostenga che citare manuali universitari e letteratura accademica significhi parlare del proprio "credo".
Io non cito mai "materiale confessionale"...sei tu che spesso hai fatto riferimento a materiale apologetico-confessionale.
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17Ma dove trovi delle omelie
Vieri, nel sito "nicodemo.net" le omelie ci sono eccome!
Perché negarlo?!?!?
Immagine
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17dove è stato analizzato parola per parola tutta la lettera?
L'articolista che mi hai citato non ha alcun problema ad ammettere che si è cominciato a credere che nell'inno ai Filippesi ci fossero dei riferimenti alla preesistenza ed alla incarnazione di Gesù solo a partire dal quarto secolo, mentre invece Paolo non ci parlava di questioni del genere ma ci parlava di Gesù come dell'ultimo Adamo fatto ad immagine di Dio, ovvero ci spiegava quella che tecnicamente è la sua "cristologia adamitica" e "cristologia dell'esaltazione"!
Evidentemente non ti sei accorto che pure questo articolo ti spiega quello che ho sempre cercato di spiegarti io!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17Ti prego di farla finita con la tua supponenza ed il mondo è fatto anche di persone intelligenti anche se non laureate e l'analisi inserita è decisamente analitica e motivata.
Ma probabilmente non hai capito cosa c'è scritto!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17Ti farebbe bene che la leggessi prima di scartarla a priori, basandosi solo sui titoli accademici....
Ma infatti ho letto l'articolo e dice essenzialmente ciò che sostengo io.
Credo che sia tu a non averlo letto con attenzione!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17Del resto non ho mai letto da parte tua una spiegazione così dettagliata di tale lettera come questa.
Premettendo che citando Kuschel ritengo di essere stato chiaro ed esauriente, come detto, tempo ed impegni permettendo, avrei intenzione di aprire proprio una discussione specifica chiamando in causa anche altri studiosi.
Ad ogni modo anche la "spiegazione" che hai riportato tu, afferma che una "lettura particolare" dell'inno è avvenuta abbastanza tardi, nel quarto secolo e che prima, gli stessi proto-ortodossi non vi leggevano in Filippesi allusioni ad una dottrina dell'incarnazione!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17La tua contestazione a questa lettera ai filippesi è semplicemente di parte erronea e senza valutare con serietà altre diverse interpretazioni più significative .
Vieri ma di quale "contestazione" parli?!?!
Io non contesto un bel nulla.
A me interessa sapere cosa intendeva esprimere Paolo e cosa comprendevano i suoi contemporanei e, come abbiamo visto, Paolo non fa alcun riferimento ad una dottrina dell'incarnazione.
Lo stesso autore che tu hai citato afferma questo, ovvero afferma che Paolo ci parla di Gesù nel contesto della cristologia adamitica e della cristologia dell'esaltazione.
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17Non puoi analizzare a modo tuo
Infatti non analizzo "a modo mio".
Studio il dibattito accademico esistente sulla questione.
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17una sola parola fuori dal suo contesto come fanno i tdG e mi pare su questo di essere stato chiaro accusando qualsiasi altro studioso fuori dal tuo "coro" sempre di catechismo.
Vieri io non ho mai citato "una sola parola fuori del suo contesto" ma ho semplicemente riportato cosa si discute a livello accademico sulla questione dell'inno ai Filippesi.
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17Hai una cultura, scusami ma è monodirezionale dove a priori rifiuti tutto quello che contrasta il tuo credo religioso.
E da quanto parlare di storia del cristianesimo, di filologia, di esegesi, di critica testuale e del Gesù storico significa far riferimento ad un "credo religioso"?!?!?!
In realtà sei tu che rifiuti a priori i risultati della ricerca storica su cui esiste un consenso accademico se, tali risultati, in qualche modo sembrano contrastare con la tua personale fede religiosa!
Io non ho mai parlato del mio credo religioso, né mi faccio problemi a studiare ciò che è possibile apprendere a livello accademico su certi argomenti!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 15:17Alla fine da buon cristiano ti ringrazio, non tanto per sentire la campana avversa da uno di religione diversa, ma per avermi dato l'occasione di effettuare molte ricerche tali da rafforzare ulteriormente la mia fede.
Vieri ma di quale "campana avversa" vai parlando?!?!!?
Ma da quando parlare di storia del cristianesimo, del Gesù storico, di filologia, di esegesi storico-critica, di critica testuale etc. significa "avversare" qualcuno o qualcosa??!!?
Evidentemente haai una strana e singolare idea riguardo a ciò che si studia nelle Università!
Sono io che ringrazio te per aver citato un articolo che afferma essenzialmente quello che cerco di spiegare da tempo sull'inno di Filippesi.
Ultima modifica di Valentino il 14/09/2023, 16:57, modificato 1 volta in totale.
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Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Vieri »

Caro Valentino,
hai basato la tua risposta nel contestare la traduzione data in diverse versioni della lettera ai filippesi rispondendo con con un secco no all'idea che in questa lettera Paolo avesse avuto l'intenzione primaria di dimostrare un'interpretazione di Gesù sotto il profilo della preesistenza.
Scrivendo:
Anche la locuzione 'essere come Dio' (in greco: isa theo) non può essere tradotta semplicemente con 'uguaglianza con Dio', 'essere uguale a Dio', come spesso accade. Ciò esigerebbe, infatti, la forma isos theo; nel testo ricorre invece l'avverbio isa, e ciò significa soltanto 'come Dio', 'simile a Dio'.
Non siamo quindi in presenza di un'affermazione sull' 'essere uguale a Dio' di Cristo e ciò milita nuovamente in sfavore di un'interpretazione sotto il profilo della preesistenza.
Citando successivamente :
"[...]Ambrogio, l’Abrosiaster (sec. IV) e i Padri Latini posteriori hanno visto come protagonista dell’inno il Verbo preesistente nel sua esistenza presso il Padre e nel processo che lo ha portato a scendere in questo mondo e a prendere la natura umana. Perciò in Fil 2,7 si è letta la dottrina dell’incarnazione del Verbo, in base alla quale si è costruito un sistema dottrinale che, in linea con l’insegnamento dei Concili di Nicea e di Calcedonia, pone l’accento sul Verbo preesistente, sull’incarnazione e sulle due nature di Cristo. 
Questa lettura del brano è diventata tradizionale, in quanto domina tutta l’esegesi cattolica fino ai tempi moderni".
Secondo la mia opinione, non era questo lo scopo principale di Paolo nello scrivere questa lettera e ritengo che le attuali diverse traduzioni della lettera in oggetto

- pur essendo nella condizione di Dio
- pur essendo di natura divina
- essendo in forma di Dio
- egli era come Dio
- essere uguale a Dio'
- simile a Dio
- La sua uguaglianza con Dio


siano tutte indistintamente corrette per il fatto che quando Paolo scrisse quella lettera nel 56 sicuramente non poteva avere un idea precisa sul tipo di appartenenza divina che potesse avere Gesù dato che i Vangeli furono scritti successivamente, e il dogma della Trinità non era stato ancora definito visto che fu istituito nel 325 al concilio di Nicea .

Se rileggi bene infatti il brano:
6 il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, 7 ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 e, trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Perciò anche Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, 10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee, 11 e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.
Noterai pertanto che in questa lettera lo scopo principale di Paolo NON era quello di dimostrare l'origine e la preesistenza di Gesù dalle origini come eventualmente si potrebbe trovare in chiaro nel prologo giovanneo:
14E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Ma di sottolineare il fatto che Gesù pur confermando di essere di origine divina” senza specificare come:
.
..e, trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Perciò anche Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome-
In breve lo scopo della lettera era quello di esaltare l'umiltà e la sottomissione a Dio di Gesù ubbidiente fino alla morte nonostante fosse "di origine diversa"...

Che poi successivamente Il vescovo Ambrogio, cosciente del vero significato della Trinità, lasciasse spazio anche ad una ulteriore interpretazione 'più specifica del rapporto di Gesù con Dio nella incarnazione del Verbo,  in linea con l’insegnamento dei Concili di Nicea e di Calcedonia, ponendo l’accento anche sul Verbo preesistente non ci vedo niente di particolare.

Concludendo la tua traduzione potrebbe essere anche corretta come del resto anche le altre successive poiché dipende dal periodo storico nel quale le vuoi considerare.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Valentino »

Vieri se davvero avessi letto, e compreso, l'articolo che tu stesso hai postato comprenderesti che se nell'inno di Filippesi:
1) non c'è alcun riferimento alla preesistenza di Gesù
2) non c'è alcun riferimento all'incarnazione
3) si parla di Gesù solo ed esclusivamente paragonandolo ad Adamo...
Dove starebbe allora un riferimento ad una presunta natura divina di Gesù?!!?
Del resto come afferma lo stesso articolista da te citato si parla di "Gesù nella sua realtà umana concreta, cioè nella sua vita terrena" senza, appunto, alcun riferimento ad una sua presunta natura divina.
Si afferma in sostanza, che Gesù fu fatto, come Adamo, ad "immagine di Dio"; ma mentre Adamo peccò disobbedendo a Dio, Gesù fece l'esatto contrario.
Ma un passo in avanti lo abbiamo fatto!
Fino ad oggi pomeriggio eri convinto che in Filippesi si parlasse della preesistenza di Gesù e della sua incarnazione...ora sembra tu abbia cambiato idea.

Ma ti sfugge il particolare più importante.
Se non lo avessi capito l'articolista che hai citato accoglie come corretta proprio l'esegesi di cui parla Kuschel e largamente condivisa dagli studiosi, laddove si riconosce che in Filippesi non si allude affatto ad una presunta natura divina di Gesù.
illustri autori quali E.P. Sanders, Geza Vermes, Dale Allison, Paula Fredriksen e tanti altri [...] su un punto concordano tutti:
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Vieri »

Scrivi
Fino ad oggi pomeriggio eri convinto che in Filippesi si parlasse della preesistenza di Gesù e della sua incarnazione...ora sembra tu abbia cambiato idea.
No assolutamente e non intendevo dire questo ma di segnalare il fatto che era già accertata da Paolo la divinità di Gesù anche se ancora non ben specificata già molto prima dei vari concili
Ma ti sfugge il particolare più importante.
Se non lo avessi capito l'articolista che hai citato accoglie come corretta proprio l'esegesi di cui parla Kuschel e largamente condivisa dagli studiosi, laddove si riconosce che in Filippesi non si allude affatto ad una presunta natura divina di Gesù.
Se leggi meglio ho scritto che tutte le traduzioni comprese quelle presenti sui siti cattolici sono corrette poiché se ai tempi di Paolo era indicata chiaramente la deicità di Gesù ma non esattamente in quale collocazione fosse presente. come espresso invece successivamente nel concilio di Nicea e quindi le interpretazioni precedenti ed attuali risultano per me valide.
Giovanni 3:16-36
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. 21 Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
Non è una minaccia ma non si s mai...... :risata: :risata: :risata:
:ciao:
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Valentino »

Vieri ha scritto: 14/09/2023, 22:46No assolutamente e non intendevo dire questo ma di segnalare il fatto che era già accertata da Paolo la divinità di Gesù anche se ancora non ben specificata già molto prima dei vari concili
Ma se ogni volta che ho riportato i rilievi di Kuschel riguardo al fatto che in Filippesi non si parla di preesistenza e di incarnazione hai sempre detto che eri convinto del contrario!
Ed in ogni caso in Paolo non si accenna affatto ad una presunta natura divina di Gesù.
Quindi come fai a dire che "era già accertata da Paolo la divinità di Gesù"?!?!?
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 22:46Se leggi meglio ho scritto che tutte le traduzioni comprese quelle presenti sui siti cattolici sono corrette poiché se ai tempi di Paolo era indicata chiaramente la deicità di Gesù
E dove sarebbe attestata la presunta deicità di Gesù in Filippesi se, appunto, in Filippesi "in forma di Dio" significa semplicemente "ad immagine di Dio" contestualmente alla "cristologia adamitica" di Paolo?!?!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 22:46ma non esattamente in quale collocazione fosse presente.
Perdonami Vieri, ma la frase "ma non esattamente in quale collocazione fosse presente" che significherebbe in italiano?!?!? :boh: :conf:
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 22:46come espresso invece successivamente nel concilio di Nicea
Quello che fu espresso successivamente nel quarto secolo nel concilio di Nicea mi è noto.
Solo che quello che fu espresso nel concilio di Nicea non è ciò che esprime Paolo in Filippesi!!!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 22:46e quindi le interpretazioni precedenti ed attuali risultano per me valide.
A quali "interpretazioni precedenti ed attuali" ti riferisci?!?!
Lo stesso articolo che tu hai postato rileva che gli stessi proto-ortodossi, almeno fino ad Ambrogio nel quarto secolo, non ritenevano che in Filippesi si parlasse di preesistenza e nemmeno che si parlasse di incarnazione!
Dunque non c'è alcun riferimento in Filippesi riguardo ad una presunta natura divina di Gesù!
Vieri ha scritto: 14/09/2023, 22:46Giovanni 3:16-36
Stavamo parlando della lettera ai Filippesi e della cristologia paolina e, di punto in bianco, ti metti a citare alcuni versetti tratti dal vangelo di Giovanni.
Ad ogni modo nemmeno nei versetti di Giovanni 3:16-36 si attribuisce a Gesù una natura divina: in Giovanni 3:16-36 viene attribuito a Gesù il titolo di "figlio di Dio" che appunto non significa "essere Dio" e non significa "essere di natura divina".

Comunque, tornando a Filippesi, mi sembra che ti sfugga ancora il particolare più importante: l'articolista che tu stesso hai citato accoglie come corretta proprio l'esegesi di cui parla Kuschel e largamente condivisa dagli studiosi, che appunto esclude che in Filippesi si parli di preesistenza, di incarnazione e della presunta natura divina di Gesù.
illustri autori quali E.P. Sanders, Geza Vermes, Dale Allison, Paula Fredriksen e tanti altri [...] su un punto concordano tutti:
Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Vieri »

Stavamo parlando della lettera ai Filippesi e della cristologia paolina e, di punto in bianco, ti metti a citare alcuni versetti tratti dal vangelo di Giovanni.
Ad ogni modo nemmeno nei versetti di Giovanni 3:16-36 si attribuisce a Gesù una natura divina: in Giovanni 3:16-36 viene attribuito a Gesù il titolo di "figlio di Dio" che appunto non significa "essere Dio" e non significa "essere di natura divina".
Valentino Valentino, mi fai cadere le braccia !
La tua risposta denota il fatto che vai sempre a vedere in tutto, subito il pelo nell'uovo, senza mai accorgerti se l'uovo è di gallina o di struzzo !
Ma non ti sei accorto che citando il Vangelo di Giovanni dove alla fine afferma:
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
seguito da ben :risata: :risata: :risata: ed il commento: non è una minaccia.....
era tutto una battuta finale visto che tu hai sempre rinnegato il Cristo come vero e unigenito figlio di Dio ?
:ciao:
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Tranqui »

Questo monologo non potete farlo in privato ? :boh:
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Vieri »

Tranqui ha scritto: 16/09/2023, 16:30 Questo monologo non potete farlo in privato ? :boh:
Tranqui, Tranqui, se non ti interessa sapere ed approfondire certe cose che parlano della storia del cristianesimo non è necessario che tu debba partecipare.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

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Tranqui ha scritto: 16/09/2023, 16:30 Questo monologo non potete farlo in privato ? :boh:
Perché? Gli interventi di Valentino sono davvero interessanti.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Tranqui »

Vieri ha scritto: 17/09/2023, 11:41
Tranqui ha scritto: 16/09/2023, 16:30 Questo monologo non potete farlo in privato ? :boh:
Tranqui, Tranqui, se non ti interessa sapere ed approfondire certe cose che parlano della storia del cristianesimo non è necessario che tu debba partecipare.
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Re: Augias, Paolo e la costruzione del Cristianesimo.

Messaggio da Tranqui »

apptras ha scritto: 17/09/2023, 13:33
Tranqui ha scritto: 16/09/2023, 16:30 Questo monologo non potete farlo in privato ? :boh:
Perché? Gli interventi di Valentino sono davvero interessanti.
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Messaggio da apptras »

Quelli li salto a piè pari... :bleah:
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Messaggio da Vieri »

apptras ha scritto: 17/09/2023, 20:02 Quelli li salto a piè pari... :bleah:
Se uno parte già con le sue idee precostituite e sceglie sempre una sola campana, alla fine non impara niente e rimane sempre lo stesso.
Solo con l'approfondimento di certi temi, anche con l'esame di opinioni diverse, si accrescono le conoscenze senza ovviamente dover cambiare il proprio credo.
Valentino, per esempio mi è sempre stato di grande aiuto ad approfondire le mie conoscenze e dal dubbio sulle sue interpretazioni, sono crescite sempre le mie convinzioni nel credere nel Vangelo.
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Messaggio da Valentino »

apptras ha scritto: 07/09/2023, 20:18 C'è una cosa che vorrei capire una volta per tutte.

1) E' vero o no che i 4 vangeli non sono conosciuti e/o nominati fino al III secolo?
2) E' vero o no che come li leggiamo oggi sono il frutto dell'unione di frammenti antichi e testi forse scritti per la bisogna?

Lo chiedo non potendo attribuire rilevanza alle fonti che si trovano...
Peter ha scritto: 09/09/2023, 14:41 Ciao Valentino volevo chiederti una cosa: secondo i tdg il Vangelo di Matteo risale già al 41 E.V. scritto originariamente in ebraico da Matteo e poi tradotto, forse da lui stesso, in greco. C’è oggi qualche studioso che sostiene questa cosa?
A complemento di quanto vi ho già postato, nel rispondere alle vostre domande, vi riporto uno stralcio da un manuale di introduzione al nuovo testamento:

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(Bart D. Ehrman, Il Nuovo Testamento. Un'introduzione, Carocci editore, pp. 95, 96, 97)
illustri autori quali E.P. Sanders, Geza Vermes, Dale Allison, Paula Fredriksen e tanti altri [...] su un punto concordano tutti:
Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino.
B. Ehrman

Gesù non fu cristiano fu ebreo. J. Wellhausen

I soli uomini a vivere, lungo tutto il medioevo, a imitazione di Gesù furono gli ebrei. K. Jaspers

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