Inserisco un articolo dell'Osservatore Romano di A. Palmieri di gennaio 2010 (sottolineo dei punti interessanti):
(...)La Commissione mista di dialogo fra cattolici e ortodossi s'è incontrata a Cipro per trattare il primato del vescovo di Roma sulla base del documento concordato a Ravenna (2007) e su suo mandato. Quel documento afferma con una certa solennità: "Entrambi le parti - cattolici e ortodossi - concordano sul fatto che Roma, in quanto Chiesa che "presiede nella carità", secondo l'espressione di sant'Ignazio di Antiochia occupava il primo posto nella tàxis (nell'ordine tra le Chiese) e che il vescovo di Roma è pertanto il pròtos (cioè il primo) tra i patriarchi". È una affermazione importante anche perché fatta insieme da cattolici e ortodossi. Ma qual è la sua portata nella vita della Chiesa? Quali le implicazioni conseguono nell'esercizio di una tale funzione primaziale? Il documento di Ravenna precisa: "Essi - cattolici e ortodossi - non sono d'accordo sull'interpretazione delle testimonianze storiche di quest'epoca per ciò che riguarda le prerogative del vescovo di Roma in quanto pròtos, questione compresa in modo diverso già nel primo millennio" (n. 41). Il documento di Ravenna, circa il primato ai diversi livelli ecclesiali mette in luce due punti. In primo luogo che "il primato a tutti i livelli, è una pratica fermamente fondata nella tradizione canonica della Chiesa". E successivamente che "mentre il fatto del primato a livello universale è accettato dall'Oriente e dall'Occidente, esistono delle differenze nel comprendere sia il modo secondo il quale esso dovrebbe essere esercitato sia i suoi fondamenti scritturistici e teologici" (n. 43). La Commissione quindi dichiara che vi è un accordo sul fatto dell'esistenza nella prassi della Chiesa di un pròtos anche a livello universale. In pari tempo segnala tre zone di differenze. Tra Oriente e Occidente vi sono divergente d'interpretazioni circa le testimonianze storiche, circa i fondamenti scritturistici e teologici, nonché circa il modo dell'esercizio del primato.
Nella conclusione il documento di Ravenna indica la problematica che si dovrà affrontare nel dialogo. Si afferma: "Resta da studiare in modo più approfondito la questione del ruolo del vescovo di Roma nella comunione di tutte le Chiese". Il documento segnala due questioni: "Qual è la funzione specifica del vescovo della "prima sede" in una ecclesiologia di koinonìa, in vista di quanto abbiamo affermato circa la conciliarità e l'autorità? In che modo l'insegnamento sul primato universale dei concili Vaticano i e Vaticano ii può essere compreso e vissuto alla luce della pratica ecclesiale del primo millennio?". E commenta: "Si tratta d'interrogativi cruciali per il nostro dialogo e per le nostre speranze di ristabilire la piena comunione tra noi" (n. 45). Questo studio complessivo implica un'indagine sul primo millennio, cioè sul periodo in cui Oriente e Occidente hanno vissuto nella piena comunione; per passare poi al secondo millennio, tempo in cui l'esercizio del primato del vescovo di Roma ha conosciuto un significativo rafforzamento includendo la dichiarazione dogmatica del Vaticano I e l'esplicazione del suo esercizio confermato dal Vaticano II. L'insieme implica almeno due zone di indagine comune: l'identificazione dei fatti storici nella loro oggettività e il tentativo d'una ermeneutica condivisa che possa portare a un consenso concorde. Si tratta quindi d'un processo ragionevolmente lungo. Nella sessione di Cipro s'è cominciato lo studio del ruolo del vescovo di Roma sulla base di una bozza preparata dal Comitato misto di coordinamento incontratosi a Creta (Elounda, 27 settembre - 4 ottobre 2008). S'è dato inizio allo studio delle testimonianze storiche sul ruolo particolare della Chiesa di Roma e del suo vescovo nei primi secoli. Si è constatato che gli scritti apostolici testimoniano con chiarezza che la Chiesa di Roma ha occupato un posto distinto tra le Chiese e ha esercitato una particolare influsso in materia dottrinale, disciplinare e liturgica. In quanto capitale dell'impero, Roma aveva una rilevanza unica. La venuta a Roma di Pietro e Paolo e il loro martirio, i pellegrinaggi alle loro tombe, hanno dato una grande risonanza religiosa nell'intera comunità cristiana. In un momento di crisi nella vita della Chiesa di Corinto la Chiesa di Roma interviene scrivendo una lettera per la riconciliazione, per ristabilire l'unità e l'armonia. Quella lettera viene attribuita al vescovo di Roma che sant'Ireneo identifica con il Papa Clemente. Segue la Lettera ai romani di sant'Ignazio d'Antiochia che riferendosi alla Chiesa di Roma dice che essa "presiede nella carità". Sant'Ireneo elogiando le caratteristiche d'apostolicità e d'ortodossia della Chiesa di Roma afferma che è necessario che ogni Chiesa deve concordare con essa a causa della sua origine e della sua autorità (propter potentiorem principalitatem). L'analisi nel duplice binario - identificazione dei dati e tentativo d'interpretazione - continuerà su altri elementi manifestatisi nel primo millennio, come le decisioni dei concili ecumenici relative alla tàxis delle Chiese, il ruolo determinante di Roma in momenti particolari di crisi: arianesimo, monofisitismo, monoteismo, iconoclasmo. L'intero panorama di questioni d'affrontare abbracciano le tematiche del ruolo della Chiesa di Roma nella comunione delle Chiese, il vescovo di Roma e la sua successione all'apostolo Pietro, il ricorso al vescovo di Roma in tempi di tensioni nella comunione ecclesiale, e l'influsso di fattori non teologici che hanno contribuito allo sviluppo del ruolo del vescovo di Roma nella Chiesa e nella società.
Benedetto XVI, riferendosi al lavoro della Commissione mista, nel citato messaggio indirizzato al Patriarca ecumenico, ha dato un prezioso orientamento sul ruolo del vescovo di Roma: "Questo ministero non deve essere interpretato in una prospettiva di potere, bensì nell'ambito di una ecclesiologia di comunione, come servizio all'unità nella verità e nella carità". E ha aggiunto: "Il vescovo della Chiesa di Roma, la quale presiede alla carità (sant'Ignazio di Antiochia) è inteso come servus servorum Dei (san Gregorio Magno)". Quindi, ha rafforzato l'idea ricordando la proposta sulla necessità di un dialogo fraterno per trovare insieme le forme d'esercizio del ministero del vescovo di Roma. Egli ha scritto: "Come scrisse il mio venerato predecessore, il servo di Dio Giovanni Paolo II, e come ho ripetuto in occasione della mia vista al Fanar nel novembre del 2006, si tratta di cercare insieme, lasciandoci ispirare dal modello del primo millennio, le forme nelle quali il ministero del vescovo di Roma possa realizzare un servizio riconosciuto da tutti".
La Commissione mista internazionale continuerà lo studio del tema del ruolo del vescovo di Roma nel primo millennio nella seguente sessione plenaria convocata a Vienna nei giorni 20-27 settembre 2010. Benedetto XVI per questo dialogo su questo tema cruciale ha chiesto la preghiera. "Preghiamo dunque Dio - ha esortato - che ci benedica: possa lo Spirito Santo guidarci lungo questo cammino difficile e tuttavia promettente".