Sempre a proposito di servizio civile, nella mia lettera alla congregazione (che portò poi alla mia espulsione dal gruppo) avevo espresso le seguenti osservazioni:
Coscienza e neutralità
Passando, ora, ad aspetti più seri, vorrei menzionare la questione dell’obiezione di coscienza al servizio militare che i Testimoni di Geova definiscono "neutralità cristiana". Ho vissuto personalmente questa esperienza e parlo quindi per cognizione di causa. Nel 1975, dopo pochi mesi dal mio battesimo, fui chiamato a fare il militare. Essendomi rifiutato di servire nell’esercito, fui condannato dal tribunale militare di Verona ad un anno di carcere, che trascorsi in parte nel reclusorio militare di Peschiera, in parte in quello di Gaeta. Non mi sono naturalmente pentito di quella scelta che sarei disposto a ripetere senza esitare. Menziono questo soggetto in relazione al servizio sostitutivo smilitarizzato. Tutti i fratelli che avevo interpellato non avevano le idee chiare in proposito, compreso l’"anziano" della mia congregazione. Ricordo che nel carcere, in attesa del processo, tra i fratelli circolava un questionario in cui si suggerivano le risposte da dare al giudice. (Il tono era del tipo: "se ti è posta questa domanda… rispondi in questo modo…"). La domanda più difficile era: "Perché rifiuti il servizio civile smilitarizzato?" Veniva suggerito di rispondere: "Perché è un compromesso". Questa "spiegazione" non era molto convincente: non riuscivo a capire allora – e nemmeno oggi – come potesse il servizio in una struttura che non ha nulla a che vedere con l’esercito e che consiste nel compiere opere umanitarie, come l’assistenza a malati, disabili o persone anziane, essere considerato una violazione della neutralità cristiana. Le argomentazioni a sostegno di questa posizione erano:
- Il lavoro è fatto in sostituzione del servizio militare.
- La Bibbia dice: "Foste comprati a prezzo; smettete di divenire schiavi degli uomini" (1 Corinti 7:23).[4]
Entrambe queste "ragioni" sono poco chiare: Fare qualcosa in sostituzione di qualcos’altro, infatti, non rende l’azione in sé sbagliata.[5]
Il contesto di 1 Corinti 7, parla di avvalersi dell’opportunità di rendersi liberi dalla schiavitù agli uomini, non di andare in prigione per il rifiuto di compiere dei servizi umanitari.
Ancora più difficile da capire era il ragionamento secondo il quale, se un giudice imponeva il servizio civile come condanna, questo poteva essere svolto, mentre se veniva scelto era considerato un compromesso. Tale "compromesso" veniva sanzionato per "violazione della neutralità cristiana". (Ciò equivale a dire che, se un giudice intima di compiere un’azione sbagliata, è consentito eseguirla).
Il pensiero prevalente tra i fratelli era che – anche se non si capiva bene il motivo – bisognava rifiutare, pena l'ostracismo, quindi tutti si conformavano a queste aspettative.
In tutto questo la coscienza c’entrava poco: la motivazione di tale condotta non era la scelta personale, basata su un esame delle Scritture o su dei convincimenti consapevoli, ma erano le direttive provenienti dall’Organizzazione.
Anche in questo caso, quindi, anziché dire: "Ho compreso che la Bibbia insegna", era più opportuno affermare: "La Società insegna". Di sicuro, infatti, nessuno, consultando autonomamente le Scritture o ascoltando la propria coscienza, sarebbe giunto ad assumere l’atteggiamento "suggerito" dalla Società.
Nel 1996, l’articolo di studio nella
Torre di Guardia del 1° maggio, riportò un "nuovo intendimento" secondo il quale ora "il cristiano dedicato e battezzato deve prendere la propria decisione in base alla sua coscienza addestrata secondo la Bibbia" (p. 19).
Ci si potrebbe domandare cosa vi sia di "nuovo" in questo; non era così anche prima? La novità consiste nel fatto che, se ora il fratello sceglie di fare il servizio civile, non viene sanzionato, mentre prima un’eventuale scelta in tal senso – anche se frutto di attenta riflessione e motivata da una buona coscienza – avrebbe comportato la sua espulsione "de facto" dalla Congregazione (p. 20). Quando, infatti, la Società dichiara che seguire una certa condotta è "una questione di coscienza", ciò sottintende che il cristiano non subisce provvedimenti punitivi per le sue eventuali scelte. Mi domando, tuttavia, come si possa coerentemente parlare di ‘decisioni personali’ che ‘non sono imposte da altri’, ‘prese di propria volontà’ da persone che non "subiscono in qualche modo i dettami" di qualche gruppo religioso, come fa
La Torre di Guardia del 15 marzo 1997, quando poi per seguire la propria coscienza, senza essere sanzionati, bisogna avere il "permesso" del Corpo Direttivo.
Questi "nuovi intendimenti" sono piuttosto frequenti. Si spiega che ciò accade perché la comprensione della verità è graduale e progressiva così, mentre si avanza nell’intendimento, possono esserci degli aggiustamenti. Nel frattempo, le vedute – che poi vengono radicalmente modificate – si devono accettare senza dubbi ed esitazioni. Come ho già accennato, non si mettono in dubbio le verità fondamentali del cristianesimo ma si ragiona su aspetti secondari; quindi, anziché "pontificare" su argomenti che la Bibbia non definisce con chiarezza, non sarebbe preferibile evitare il dogmatismo, usando espressioni del tipo: "E’ ragionevole pensare…", oppure "noi suggeriamo che…" lasciando poi decidere ai singoli – senza nessuna "ritorsione" – la condotta più opportuna da seguire? Non si eviterebbero così inutili complicazioni e difficoltà? Per esempio, come dicevo, personalmente non sono pentito di aver rifiutato il servizio militare; mi dispiace però di essere stato un anno in carcere quando magari avrei potuto scegliere di impiegare quel tempo in un servizio civile utile al mio prossimo. Il fatto, quindi, che i vari "diktat" della Società (poi modificati), in molti casi abbiano creato problemi e sofferenze a coloro che hanno dovuto conformarvisi, dovrebbe indurre a maggiore cautela nell’emanare direttive perentorie su argomenti delicati e complessi.
Impressione di aver sofferto inutilmente
Questo è uno dei sottotitoli dell'articolo
Rafforziamo la nostra fiducia nella giustizia di Dio, contenuto nella
Torre di Guardia del 15 agosto 1998. Riporto alcune frasi:
«Nel passato alcuni Testimoni [in realtà decine di migliaia di giovani in età di leva] hanno sofferto per non aver voluto partecipare ad attività che ora la coscienza [leggi: la Società] permetterebbe di compiere. Per esempio, forse anni fa hanno fatto una scelta [?] del genere in relazione a certi tipi di servizio civile. Ora un fratello potrebbe pensare che in coscienza avrebbe potuto svolgerli senza violare la sua neutralità cristiana nei confronti del sistema di cose attuale [in altre parole, senza essere sanzionato]». – P. 17. Corsivo e commenti sono aggiunti.
Le parole della
Torre di Guardia giungono al momento opportuno: sembrano infatti una risposta alle considerazioni espresse nelle pagine precedenti. Evidentemente vi sono altri che condividono le stesse opinioni. Il succitato articolo presenta i fatti da una prospettiva molto particolare, inducendo nel lettore l'idea che i singoli Testimoni avessero la possibilità di scegliere la condotta da seguire, mentre, in realtà, era richiesta l'ubbidienza assoluta alla Società, pena l'ostracismo.
La proibizione del servizio civile smilitarizzato era una regola umana, non una legge divina; è interessante quindi notare come si esprime
La Torre di Guardia:
«È stata forse un'ingiustizia da parte di Geova [!] permettere che [il Testimone] soffrisse per aver rifiutato ciò che ora potrebbe fare senza conseguenze?». (§7)
Queste parole danno l'impressione che sia Dio il responsabile delle sofferenze. (Cfr. Giacomo 3:1) In realtà, le Scritture indicano chiaramente che è doveroso ubbidire alle Autorità, quando queste chiedono qualche tipo di servizio ai cristiani. (Matteo 5:41; Romani 13:7, Tito 3:1; 1 Pietro 2:13,14) Le ‘opere buone’, di cui si parla in Tito, possono includere il servizio in strutture umanitarie dedite ad aiutare le persone che soffrono.
Quando fui processato per il rifiuto del servizio militare, il giudice mi chiese perché non fossi disposto a prestare il servizio civile in un ospedale; mi limitai a rispondere alquanto pedissequamente: "perché sarebbe un compromesso".
Nessuno dei fratelli da me conosciuti era in grado di spiegare chiaramente in cosa consistesse tale "compromesso": comprendevano che questo era il punto di vista della Società e quindi si uniformavano.
Ricordo che alcuni fratelli pensavano di rispondere al giudice che rifiutavano il servizio civile perché ciò era richiesto dalla Società! Non capisco, quindi, come possa ora
La Torre di Guardia definire una
scelta la condotta seguita, quando invece
non era consentito decidere secondo coscienza.
La Torre di Guardia prosegue:
«Perché mai si dovrebbero rammaricare di aver seguito la propria coscienza [?!] assumendo una ferma presa di posizione a favore di Geova? Sostenendo lealmente i principi cristiani così come li comprendevano [leggi: come li comprendeva la Società!] o ascoltando la voce della coscienza si sono mostrati degni dell'amicizia di Geova». (§7)
Anche queste parole si potrebbero rendere più appropriatamente in tal modo:
«Perché mai si dovrebbero rammaricare di aver ubbidito
alla Società in merito a quella che
essa riteneva fosse la volontà di Dio, sapendo che il non farlo avrebbe comportato l'ostracismo della Congregazione? Sostenendo lealmente le convinzioni
della Società e ubbidendo alle
sue direttive, è vero che hanno rinunciato al libero esercizio della propria coscienza, ma sono tuttavia rimasti nella Congregazione».
E’ vero che non ci si deve rammaricare delle sofferenze subite per ubbidire
alla volontà divina: in questo caso, tuttavia, migliaia di giovani hanno sofferto per aver ubbidito
a degli uomini e alle loro mutevoli opinioni.
Posso dire con certezza che, se non fosse stato per la "minaccia" della sanzione, la mia coscienza mi avrebbe consentito di compiere il servizio civile, e lo stesso si può dire di molti altri.
La Torre di Guardia continua:
«Nei tempi moderni alcuni Testimoni sono stati molto rigidi su ciò che erano o non erano disposti a fare. Per questa ragione hanno sofferto più di altri. Successivamente un’accresciuta conoscenza li ha aiutati ad ampliare le loro vedute. Ma non hanno motivo di rammaricarsi di aver agito in armonia con la propria coscienza, anche se forse per questo hanno subito ulteriori sofferenze». (§ 9)
Non mi è chiaro se questa frase si riferisca ancora al rifiuto del servizio civile o si debba invece intendere in senso lato. In ogni modo, anche in queste parole la responsabilità delle sofferenze subite da "alcuni" Testimoni, viene attribuita interamente alla
loro mancanza di conoscenza e alle
loro vedute ristrette: non si fa nessuna menzione dell’
obbligo di ubbidire alle
direttive della Società. ... Non sarebbe stato opportuno aggiungere in questo articolo qualche frase in cui la Società riconoscesse anche la propria responsabilità per le sofferenze che migliaia di fratelli hanno subìto a causa delle intransigenti norme comportamentali che essa "suggeriva"? La "disinvoltura" con cui si affrontano questi cambiamenti mi turba ed infastidisce: sono convinto che se, in un improbabile futuro, il Corpo Direttivo riconsiderasse, per esempio, la sua rigida posizione in merito all'uso del sangue, si potrebbero poi leggere nella
Torre di Guardia le stesse argomentazioni che abbiamo testé considerato; e la maggioranza dei fratelli accetterebbe ‘lietamente’ questi "nuovi intendimenti", così com'è accaduto in molti altri casi.[6]
Note:
[4] Si veda la rivista
Svegliatevi! dell'8/6/1975, pp.12-15. A p. 13 vi si legge, a proposito di come venne affrontata la questione in Olanda: «Altre domande limitarono ancora di più la controversia: "Quando qualcuno fa obiezione al servizio militare", dichiararono i rappresentanti del governo, "passa dalla giurisdizione militare alla giurisdizione civile e da quel momento non ha nulla a che fare con i militari. Perché, dunque, si fa ancora obiezione all’accettazione di tale servizio civile?"». Così risposero i Testimoni, in armonia con le direttive impartite dalla Watch Tower: «"Il cristiano è contrario ad accettare volontariamente tale lavoro a motivo di ciò che dice la legge di Dio al riguardo: "Foste comprati a prezzo; smettete di divenire schiavi degli uomini". (1 Cor. 7:23) La servitù civile in sostituzione del servizio militare sarebbe altrettanto biasimevole per il cristiano. In effetti, egli diverrebbe con ciò parte del mondo invece di mantenersene separato come comandò Gesù. — Giov. 15:19; 17:14-16».
[5 ] Per esempio, i Testimoni di Geova accettano senza alcuna obiezione liquidi
sostitutivi del sangue.
[6] È molto difficile che ciò accada, per lo meno non a breve termine: «"Non pensate di riconsiderare a breve scadenza la vostra posizione in campo etico?", ha chiesto un docente di bioetica proveniente dagli Stati Uniti. "Negli ultimi anni altre religioni lo hanno fatto". Gli è stato spiegato che la posizione dei Testimoni sulla santità del sangue è di natura dottrinale: non è un punto di vista etico soggetto a revisione periodica. L’esplicito comando biblico non lascia spazio al compromesso. (Atti 15:28, 29)"» —
La Torre di Guardia 15 febbraio 1997, p20.
Tratto da
http://www.infotdgeova.it/testimon.php" target="_blank
Ed ecco un commento di Raymond Franz in merito al rifiuto del servizio civile:
La posizione ufficiale della Società Torre di Guarda ... è che se un Testimone di Geova accetta di svolgere il servizio sostitutivo, egli «fa compromesso»: infrange la propria integrità verso Dio. Il ragionamento è il seguente: poiché questo servizio è una «sostituzione», per questo semplice fatto, esso prende il posto di ciò che sostituisce (così procede in apparenza il discorso) e finisce per diventare la stessa cosa. Siccome esso è concesso in sostituzione del servizio militare e poiché il servizio militare implica (almeno potenzialmente) lo spargimento di sangue, allora chiunque accetta il servizio diventa «colpevole di spargimento di sangue».
Vi sembra un ragionamento logico? Franz prosegue mostrando che i rapporti giunti da tutto il mondo indicavano che tali direttive non erano comprese da molti TdG:
Per anni, in obbedienza a questa direttiva, letteralmente migliaia di Testimoni di Geova in varie nazioni del mondo sono stati imprigionati per aver rifiutato di avvalersi del servizio sostitutivo ...
Nel novembre del 1977, una lettera inviata da un Testimone del Belgio mise in discussione il criterio su cui si basava questa direttiva. Ciò richiamò l'attenzione del Corpo Direttivo sulla questione, che fu esaminata per la prima volta il 28 gennaio 1978, poi il 1° marzo, ed ancora il 26 settembre, l'11 e il 18 ottobre e il 15 novembre. Fu fatta un'indagine su scala mondiale e giunsero lettere da circa novanta filiali. Molte di esse indicarono che i Testimoni, nelle rispettive nazioni, difficilmente comprendevano dove fosse il fondamento biblico per la loro presa di posizione.
Anche queste osservazioni di Franz quindi fanno capire con chiarezza che i TdG non seguivano la loro coscienza ma si limitavano ad ubbidiere a delle direttive, pur non comprendendone il significato.
Di fronte all'evidenza che le direttive emanate risultavano incomprensibili, il Corpo Direttivo decise di modificare il suo 'intendimento'. Notate cosa accadde al suo interno:
Nella sessione dell'11 ottobre 1978, dei tredici membri presenti, nove votarono a favore di un cambiamento della direttiva tradizionale proponendo che la decisione di accettare o rifiutare il servizio sostitutivo fosse lasciata alla coscienza individuale, quattro votarono contro. Il risultato? Giacché i membri del Corpo erano allora sedici, e siccome nove non costituiva i due terzi di sedici [così come il CD aveva deciso dovesse avvenire per rendere valida una loro decisione, ndr], non ebbe luogo alcun cambiamento.
Il 15 novembre erano presenti tutti e sedici i membri ed undici votarono a favore del cambiamento della direttiva, sicché il Testimone che in tutta coscienza fosse stato convinto di poter accettare il servizio sostitutivo non sarebbe stato automaticamente etichettato come infedele a Dio e non sarebbe stato considerato dissociato dalla congregazione: c'era la maggioranza dei due terzi. Si verificò il cambiamento?
No, perché, dopo un breve intervallo, uno dei membri del Corpo Direttivi annunciò di aver cambiato idea; il che intaccò la maggioranza dei due terzi. Si votò nuovamente e, su quindici presenti, nove votarono a favore del cambiamento, cinque contro ed uno si astenne.
Anche se in tutte queste votazioni una netta maggioranza del Corpo Direttivo si era espressa a favore dell'annullamento della direttiva vigente, questa conservò la sua validità e, di conseguenza, i Testimoni dovevano continuare a rischiare la prigione piuttosto che accettare il servizio sostitutivo, anche se essi ritenevano in coscienza che questo fosse giusto dal punto di vista di Dio. Per quanto possa sembrare incredibile, così andarono le cose, e la maggior parte dei membri del Corpo sembrò accettarle senza scomporsi. Dopo tutto essi si erano semplicemente adeguati alle norme in vigore. ...
Pertanto, negli anni, migliaia di Testimoni si erano sottoposti alla direttiva della Società anche se ciò aveva imposto loro un pesante fardello, forse aveva comportato l'imprigionamento o altre sofferenze. Si faceva notare che, ora, un cambiamento avrebbe indotto costoro a ritenere che le prove che avevano sopportato, erano state affrontate inutilmente e, mentre essi erano stati lieti di soffrire in quel modo, pensando che «avevano sofferto per amore della giustizia», ora si sarebbero sentiti frustrati, forse avrebbero considerato ingiusto aver sopportato una specie di martirio mentre altri ora lo potevano evitare
La pag. 156 del libro di Franz ("Crisi di coscienza"):
Achille