|cocco| ha scritto:Si scusate intendevo indicare tdg. Il profeta dell'avventismo è come detto nel forum Ellen White.
Personalmente ho frequentato Chiesa Cattolica, Testimoni di Geova per diversi anni e per diversi anni fino a oggi anche Avventisti con cui divergo su alcune cose ma riesco ad apprezzarne altre. A differenza dei TdG se entri in una Chiesa Avventista puoi esprimere anche il tuo personale pensiero (anche da Avventista battezzato) senza essere subito tacciato di apostasia.
Anche a me hanno dato questa impressione, e cioè che non siano così "settari", estremisti ed intransigenti come i TdG.
Per fare un esempio, incollo dal sito di Anna Maria (
http://anna1966.altervista.org/Lettere.htm" onclick="window.open(this.href);return false;) la risposta di un cristiano Avventista ad una persona che chiedeva come si comporta la sua Chiesa nei confronti dei membri che vengono espulsi. Una dimostrazione che si può aderire alla lettera della Bibbia, senza cadere in un estremismo che contraddice lo spirito del cristianesimo:
Caro Roberto,
Il tema che tu poni ha molte implicazioni sia teologiche che umane. Essere cristiani è una scelta. Anche essere membri di una particolare chiesa cristiana è una scelta libera e consapevole. Si è membri di una Chiesa Cristiana condividendone i valori e la vita. Questo è il motivo per cui, come Cristiani Avventisti, non battezziamo i neonati ma aspettiamo che la persona sia essa stessa a decidere sulla sua vita spirituale e sulla sua appartenenza religiosa. Come liberamente si entra nella fede e nella comunità cristiana, con altrettanta libertà se ne può uscire una volta che venga a mancare la solidarietà di fede e di comunione. Come tu sai, in date circostanze può essere la stessa comunità cristiana a escludere dei credenti per indegnità, o per incompatibilità di fede e di esperienza. Il problema è: come vivere una tale situazione?
È nostra ferma convinzione che una comunità cristiana debba, in ogni caso, operare con amore e rispetto. I nostri regolamenti e la nostra sensibilità, ci impediscono di "scomunicare" qualsiasi membro senza avere prima fatto tutto il possibile per recuperare un'intesa fraterna. A volte attendiamo anni ed anni prima che si giunga a tanto. Comunque, anche dopo una esclusione dalla piena comunità di fede dalla comunità, la persona coinvolta è invitata a partecipare agli incontri e a mantenere un rapporto di amicizia, se l'atteggiamento è improntato a correttezza e simpatia. Diverso è il caso in cui una persona assuma un atteggiamento ostile e polemico, chiaramente teso a creare difficoltà alla vita della comunità.
In questi casi, pochi ma tragici, sarà la comunità stessa a studiare il modo migliore per risolvere il problema, e una tale persona potrebbe essere invitata a non frequentare più la comunità. Restano comunque intatti i suoi rapporti con gli altri singoli membri, parenti o semplici amici che siano. La chiesa non è una stato poliziesco che possa e voglia controllare la vita e le frequentazioni dei suoi membri. Riteniamo invece che un atteggiamento fraterno e amichevole possa costituire un ulteriore invito perché la persona riconsideri le sue scelte. sarà la sensibilità di ogni singolo membro a decidere il tipo di rapporto da avere con una persona "difficile".
Trattare le persone come "pagani e pubblicani", significa soltanto prendere atto del fatto che sono al di fuori della comunità: questo non vuole dire né disprezzarli, ne evitarli. Gesù li ha invece amati e cercati e lo stesso desideriamo fare noi.
Quanto all'apostolo Paolo, non so a quale testo ti riferisci. Forse pensavi al testo di 1 Corinzi 5:9-11: "Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori; non del tutto però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl'idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo; ma quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare."
È evidentemente un testo molto forte, che bisogna prendere sul serio, e forse come Avventisti tendiamo a sottovalutarlo. Vi sono situazioni in cui il rifiuto del male deve esprimersi in modo chiaro e deciso, anche troncando un rapporto personale. Il problema è: fino a che punto? "Non mangiare" con tali persone, indica il rifiuto di una intimità che può apparire accondiscendenza, solidarietà, appoggio, e questo deve essere evidentemente evitato in casi di grave immoralità (non solo sessuale). "Mangiare insieme", nel passato ancora più di oggi, era un segno di accoglienza, condivisione, compartecipazione ... Ma significa questo non avere più rapporti con un parente? non salutare neppure un vecchio amico? Volere fare una legge per tutto diventa sempre pericoloso, perché distrugge la nostra sensibilità e la nostra responsabilità. Credo che ognuno debba trovare il modo per continuare ad esprimere amore per la persona che sbaglia, e nello stesso tempo rifiutare il male che può rappresentare ... nei modi più confacenti alle situazioni specifiche.
Ricordiamoci sempre, comunque, che il fine della disciplina e dell'eventuale rifiuto, ha sempre come obiettivo finale il recupero del rapporto con la persona. Vedi per questo il caso disciplinare della chiesa di Corinto (2 Corinzi 2:5-11) che Paolo invita a superare una volta che la persona ha espresso rammarico e pentimento. Come si può cercare questo senza carità? Può forse il disprezzo portare a un rinnovamento spirituale? La paura della perdita dei parenti e degli amici creata attraverso una esclusione arrogante e radicale può anche forzare una persona a tornare in seno ad una comunità, ma sarà questa una comunità cristiana? e sarà questo ritorno segno di un vero ravvedimento?
Con affetto, Giovanni Leonardi
Gli Avventisti sono in un certo senso "cugini" dei TdG, ma esiste fra di loro una differenza abissale rispetto al modo in cui i TdG trattano gli ex membri.
Pur riconoscendo la necessità di stabilire delle norme disciplinari nella comunità, venne messa in risalto l'importanza di manifestare sempre molta umanità, carità, comprensione, amicizia...
E certamente la stessa cosa accade in altre chiese che cercano di manifestare uno spirito autenticamente cristiano, e non l'atteggiamento farisaico ed intransigente dei TdG.
Achille