Mario70 ha scritto: ↑20/01/2024, 11:54
Nel frattempo che Valentino ti risponda, non ho mai letto nulla riguardo a presunte interpolazioni di Flavio riguardo i Farisei, ma solo riguardo a Gesù e mi sembra cosa pacifica data l'influenza della Chiesa e non vedo cosa gliene importasse alla chiesa che i Farisei credessero nell'immortalitá dell'anima al punto da voler interpolare Flavio.
Del resto i Farisei discendono dai Maccabei ed è indubbio che nei libri che riportano la storia dei Maccabei sia scontata la credenza dell'anima immortale così come negli altri libri della Sapienza e dl Siracide tutti presenti nella LXX che i cristiani adoperavano.
Per quanto riguarda il verbo perire ( apolesai) la sua etimologia permette anche il pensiero di punire, rovinare, presente anche in altri testi dove è implicita una sofferenza (pianto e stridor di denti) e dai quali venne fuori il concetto di punizione eterna, ma a noi interessa la dicotomia tra anima e corpo la quale non avrebbe senso se fosse un tutt'uno, e dal fatto che solo il corpo può essere ucciso (apokteinai) per mano umana, mentre l'anima la può far perire solo Dio.
Infine la parabola del ricco e del Lazzaro non avrebbe senso senza il presupposto dell'anima immortale.
Non hai ancora risposto riguardo a quale sarebbe una alternativa diversa da quella esposta dalla dottrina trinitaria riguardo le due nature, se non accetti il discorso dell'unione ipostatica tra Gesù Dio e Gesù uomo, che alternativa proponi?
Valentino ci ha risposto e lo ringrazio.
Su Giuseppe Flavio avete ragione e mi sono espresso in maniera troppo sbrigativa; su di lui in effetti penso esattamente quello che dite voi.
Sulla questione che il segno di Giona non possa essere un sacrificio umano, nelle intenzioni di Gesù, mi pare che anche voi diate la cosa per ragionevole.
La parabola del ricco e del povero Lazzaro è uno degli esempi di quanto fosse creativa l'intelligenza di Gesù. Lazzaro è Eliezer in ebraico, perciò quell'Eliezer di Damasco che è rimasto diseredato, avendo avuto Abramo i suoi eredi. Alla fine però proprio lui è nel seno di Abramo. Il Maestro sta parlando di sé. I cani sono quelli non circoncisi, il ricco è Israele, che alla fine geme sempre per sete di giustizia e a cui basterebbe un dito di verità, i figli del ricco i sacerdoti e quanti si sentono legittimi padroni di Israele: "se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi". Ovvero, se non capiscono quale è la loro vera eredità, non capiranno neanche chi è il vero Erede.
Anche per rispetto per Vieri, cioè affinché si possa focalizzare meglio il tema dell'anima, diciamo qualcosa di aggiuntivo.
Il passo di Matteo che citate ci dice in merito (dice molte cose, ma del merito dice) soltanto che, come ovvio, i risorti dai morti avranno un'anima, la stessa nostra anima, e che non dobbiamo rischiare che questa vada in perdizione. Colui che nel suo oggi sarà con il Maestro in paradiso è lo stesso che oggi, purtroppo, morirà sulla croce con Lui. Nessuno gli vuole perciò dare la pena aggiuntiva di stare imbambolato per 10.000 anni ad aspettare giorno per giorno l'oggi di allora, quando risorgerà.
Naturalmente non è che i sadducei, che non credevano all'anima, non dicevano "io" come tutti noi. Semplicemente non credevano al libero arbitrio dell'io, ciò che i farisei chiamano anima. Perciò per i farisei le opere della Legge sono meritorie, in quanto l'anima ci garantisce del nostro libero arbitrio nel compierle o non compierle. Per i sadducei il fatto che, ad esempio, Dio indurisca il cuore del faraone, dimostra che non esiste il libero arbitrio, ed ogni nostra opera, buona o cattiva, viene da Dio.
La definizione di Maimonide è splendida: "intelletto sviluppato senza sostanza". Per adesso con lui fermiamoci al fatto di dire che noi non sappiamo dire se il nostro "io" produca i pensieri, e perciò le azioni, o se esso sia semplicemente "ciò" di cui parlano i nostri pensieri, pur con sviluppata disciplina. In ogni caso "non è sostanza". Perché, per essere metafisicamente "libero", dovrebbe essere creato direttamente da Dio e invece è creato da noi, con l'educazione e lo sviluppo dell'intelletto.
Per essere immortale, a maggior ragione dovrebbe invece essere "intelletto sviluppato da una sostanza", non solo creata direttamente da Dio, ma creata per essere immortale. Cosa che esula del tutto dalla diatriba farisei-sadducei, anche perché non avrebbe nessuna base scritturale. Da nessuna parte è scritto che Dio comunichi il proprio spirito, come aveva fatto con lui, ai figli di Adamo nella pancia di Eva, ma piuttosto che loro sono a somiglianza di Adamo, mortali come lui.
Da nessuna parte si dice che ci sia qualcosa in noi che non ci discende dai nostri genitori. Chi diceva questo erano i neoplatonici, ma perché per loro l'intero mondo è finto, compresi i genitori (di cui sono vere solo le anime). L'anima deriva per processione dagli Eoni, emanando in vari passaggi dall'Uno. Come facevo dire io a Paolo, "si autoassolvono da soli", si dicono da soli di piacersi, il che significa pure che, in senso paolino, si autoeliminano da soli, perché "si condannano da soli all'inesistenza". Per uno come Paolo ciò di cui costoro vanno parlando è inesistente nel suo intero e nel suo dettaglio, dove per dettaglio leggasi anima immortale.
Per evitare il problema del clone, a questo punto vi invito a porvi questa domanda (ma non consideratela una sfida, voglio solo evitare di scrivere cose troppo lunghe e noiose). Messo a parte Elia, perché lo sappiamo messo a parte, durante la Trasfigurazione, tra il Maestro (mi perdoni egli l'ardire) e Mosè, chi dei due è un clone per l'altro? O a En-Dor, perché si spaventa l'evocatrice di spiriti?
Sulla Trinità ci tornerò, ok, ma ogni mia considerazione parte dall'ovvietà che tu rettamente chiami unione ipostatica. Solo che l'incarnazione, cioè il concepimento verginale di Maria, non è un fatto economico, ma un fatto detto per essere inteso come vero, il che è diverso. Il problema economico si pone solo perché si dipingono come contemporanei il suo concepimento e la creazione dell'anima immortale di Gesù. Fin qui ci siamo occupati di questo, appunto. Perché sennò Gesù sarebbe morto per finta.