La verità sul medio oriente, oltre la propaganda antisemita

Per discutere di temi ed argomenti di vario genere.

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mr-shadow

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Che non abbia nulla di buono, ovviamente, è una tua opinione.
Dal libro di Mario Moncada di Monforte "Israele, un progetto fallito: I valori dell’Ebraismo traditi da uno Stato che o sarà bi-nazionale o è senza speranza"

E’ qui proposta la Lettera di dimissioni dal popolo ebraico di Bertell Ollman, noto professore
ebreo di Studi Politici dell’Università di New York. La lettera affronta molti degli argomenti che
fanno discutere sulla realtà israeliana e sulla sua prospettiva. E’ stato ritenuto interessante
riportarla per intero per la pacatezza delle considerazioni con le quali uno studioso ebreo affronta
tutti i problemi pratici e ideali determinati dal progetto sionista.

A volte dobbiamo interferire. Quando vite umane sono in pericolo, quando la dignità
umana è minacciata, i confini e le sensibilità nazionali divengono irrilevanti. Ogni qual volta
uomini o donne sono perseguitati per razza, religione od opinioni politiche, quel luogo deve – in
quel momento – diventare il centro dell’universo. -Elie Wiesel (Discorso di Accettazione del
Premio Nobel per la Pace, 10 dicembre 1986)
Non ti sei mai chiesto quale sarebbe stato il tuo ultimo pensiero prima di morire, o prima di
credere di morire? Bene, io sì: alcuni anni fa, nei momenti di declino della consapevolezza prima
di andare sotto il bisturi per un intervento in cui avrei rischiato la vita, ho trovato la risposta.
Mentre gli infermieri spingevano la barella in camera operatoria, sono diventato improvvisamente
consapevole non, come ci si potrebbe aspettare, della paura di morire, ma di una terribile angoscia
all’idea di morire da ebreo. Ero atterrito all’idea di concludere la mia vita con il cordone
ombelicale ancora legato a un popolo con cui non posso più identificarmi. Che questo dovesse
essere il mio ‘ultimo’ pensiero mi ha sorpreso molto, all’epoca, e mi sorprende ancora. Cosa
voleva dire? e perché è così difficile dimettersi da un popolo? Sono nato a Milwaukee da genitori
ebrei russi, che non sono mai andati alla sinagoga o mangiato kasher, ma che spesso a casa
parlavano yiddish e si consideravano ebrei. Sono andato alla scuola ebraica per quattro anni e ho
fatto il bar mitzvà. Con questo retroterra, ho mantenuto qualche vaga credenza religiosa ebraica
fino quasi ai vent’anni, quando sono diventato ateo. Mi identificavo sempre come ebreo, ma in un
senso che è diventato sempre più difficile da definire. Alcuni dei miei amici erano diventati sionisti,
e – benché io abbia per un breve periodo giocato a pallacanestro per un club giovanile sionista –
non hanno fatto alcun progresso nel convertirmi alla loro causa: credo principalmente perché il
loro scopo di base sembrava richiedere che si emigrasse in Israele. Tuttavia, ciò che ho imparato
in quegli anni sulla Shoà e sulla critica situazione ebraica nel mondo era sufficiente a far sì che
fossi ben disposto verso l’idea di una patria ebraica, supponendo – ho sempre aggiunto – che si
potesse giungere ad un qualche accordo con i palestinesi che già vivevano lì.
È stato all’università – l’Università del Wisconsin a metà degli anni ’50 – che sono
diventato socialista ed internazionalista. Milwaukee, almeno la mia Milwaukee, era stata molto
provinciale, ed ero stato molto contento delle opportunità offerte a Madison per incontrare persone
da tutto il mondo. Penso di aver fatto parte di tutte le organizzazioni di studenti stranieri nel primo
anno di università, e di diversi circoli politici progressisti. È pure stato lì che ho sentito parlare
molto di più di Israele/Palestina: ora però imparavo non come ebreo del Milwaukee ma da
internazionalista, da appartenente alla comunità umana, di cui ebrei e arabi fanno parte come
eguali.
Negli anni seguenti, mentre il conflitto fra Israele ed i palestinesi prima grave, diventava
gravissimo, ed infine pessimo, sono cominciati a svilupparsi fatti nuovi – sorprendenti, almeno per
me. Mi sono trovato, malgrado i miei migliori sforzi di essere equo verso entrambe le parti, a
diventare sempre più anti-israeliano: la maggior parte degli ebrei americani, compresi alcuni
amici ebrei mai consideratisi sionisti, invece, sono diventati entusiasti sostenitori della causa
israeliana. Già negli anni ’80, con la prima intifada, l’oppressione israeliana e l’umiliazione dei
palestinesi si sono aggravati tanto che ho trasalito al pensiero di appartenere allo stesso popolo di
coloro che potevano commettere tali crimini o che, nel caso degli ebrei americani, potevano
razionalizzarli con tanta facilità. Ora le cose hanno raggiunto un punto tale che voglio andarmene;
il problema è come farlo. Si può lasciare un club, una religione (ci si può convertire), un Paese (si
può prendere un’altra cittadinanza e andare a vivere altrove), persino un genere (data l’attuale
scienza medica), ma come si fa a dimettersi dal popolo in cui si è nati? Per la repulsione provata
per gli atti della propria chiesa, si dice che alcuni cattolici francesi abbiano scritto una lettera al
papa chiedendo un certificato di sbattezzo. Un precedente? Ma a chi dovrei scrivere? E cosa dovrei
chiedere? Bene, ho deciso di scrivere a TIKKUN, senza chiedere altro che un’udienza.
In base a quel che ho affermato finora, per alcuni sarebbe facile respingermi come un ebreo
che odia sé stesso, ma sarebbe sbagliato. Sono semmai un ebreo che ama se se stesso, ma l’ebreo
che amo in me è quello diasporico, quello benedetto per 2000 anni dal non avere un Paese da
definire come proprio. Che questo fosse accompagnato da molti crudeli svantaggi è ben noto, ma
aveva definitivamente un vantaggio, che torreggiava su tutto il resto. Essendo un outsider in ogni
Paese, ed appartenendo alla famiglia degli outsiders di tutto il mondo, gli ebrei come insieme sono
stati meno affetti dai ristretti pregiudizi che rovinano tutte le forme di nazionalismo. Se non potevi
essere un cittadino nel pieno senso del termine, ad un livello di parità con gli altri, nel Paese in cui
vivevi, potevi essere un cittadino del mondo, o per lo meno iniziare a pensarti come tale, persino
prima che esistesse il concetto per chiarire questa sensazione. Non sto dicendo che questo è come
realmente pensassero la maggior parte degli ebrei in diaspora, ma per alcuni era così: fra i più
noti ci sono Spinoza, Marx, Freud e Einstein. Per altri, l’opportunità e l’inclinazione a fare lo
stesso derivavano proprio da quel rifiuto, da tutti sperimentato, nei Paesi in cui vivevano. Persino
il diffuso trattamento degli ebrei come di qualcuno un po’ meno che umano provocava una risposta
universalista. Gli ebrei sostenevano, quando era possibile, e pensavano, quando una discussione
aperta era impossibile, che, come figli dello stesso Dio, avevano le stesse caratteristiche umane dei
loro oppressori, e che ciò avrebbe dovuto avere la precedenza su qualunque altro argomento.
Quindi l’accusa antisemita, che gli ebrei sono sempre ed ovunque stati cosmopoliti e non
sufficientemente patriottici, ha almeno questa parte di vero.
Non molti ebrei, oggi, come è naturale, assumono questa posizione. In un’intervista del
1990 con Rochelle Furstenberg, nel Jerusalem Report, il più famoso intellettuale e sionista
britannico, Isaiah Berlin, narrava una conversazione intercorsa con il filosofo francese Alexaner
Kojeve, che si dice gli abbia chiesto: “Sei un ebreo. Il popolo ebraico ha probabilmente la storia
più interessante fra tutti i popoli che siano mai esistiti. E ora volete essere l’Albania?” La risposta
di Berlin è stata: “Sì, lo vogliamo. Per i nostri scopi, per gli ebrei, l’Albania è un passo avanti”.
Da parte di un liberal di elevata cultura, di un ateo, di uno che sosteneva di non aver mai
sperimentato l’antisemitismo in Inghilterra, e che aveva scritto ampiamente del nazionalismo e dei
suoi pericoli, questa era una risposta sorprendente. Ciò che aveva avuto la meglio su tutte queste
considerazioni, per Berlin, era il desiderio umano di appartenere, che egli comprendeva come
un’appartenenza non solo a un gruppo, ma ad un luogo specifico. Senza il loro proprio Paese, gli
ebrei avevano sofferto di ogni tipo di oppressione, così come di quella sorta pervasiva di nostalgia
che accompagna ogni esilio prolungato. A Berlin piaceva molto ripetere che quel che voleva per gli
ebrei era che fosse loro permesso essere un “popolo normale”, con una patria: proprio come gli
altri. Sì, proprio come gli albanesi.
Le due domande che occorre ancora porre, tuttavia, sono (1) se il naturale impulso ad
appartenere a qualche cosa, che per Berlin fungeva come premessa basilare, potesse essere
soddisfatto da qualcosa di diverso da uno stato nazionale, e (2) se, nel divenire come l’Albania
(persino la Grande Albania), gli ebrei siano stati obbligati a rinunciare a qualcosa di valore
ancora maggiore, nell’ebraismo della Diaspora. Se è vero – e sono pronto ad ammettere che lo sia
– che la nostra salute mentale ed emotiva richieda un forte legame con altre persone, non vi è alcun
motivo per credere che solo gruppi nazionali, che occupino il proprio territorio, possano soddisfare
questa necessità. Vi sono gruppi etnici, religiosi, di genere, culturali, politici, di classe, senza
legami speciali con un Paese, che possono funzionare ugualmente. Neri, cattolici, gay, massoni,
lavoratori con coscienza di classe sono alcune delle popolazioni che hanno trovato modi per
soddisfare questa necessità di appartenere, senza limitarsi ai confini della nazione. L’appartenere
alla nostra comune specie offre ancora un’altra via per ottenere il medesimo scopo. Data la
gamma di possibilità, a quali gruppi ci “uniamo”, o quale gruppo assumiamo come identità
primaria, dipenderà in larga misura da quel che è disponibile nel tempo e nel luogo in cui
abitiamo, come tali gruppi risolvono (o promettono di risolvere) i nostri problemi più urgenti, e dal
nostro essere socializzati a considerare questi differenti gruppi.
Per quanto riguarda ciò che si è perduto nell’acquisire una patria, è importante riconoscere
che il sionismo è una forma di nazionalismo come tutte le altre: il nazionalismo – come sono stati
obbligati a riconoscere pure osservatori ben disposti come Albert Einstein – ha sempre un prezzo.
Mentre ogni ebreo sa che ad Einstein era stata offerta la presidenza dello stato ebraico, da poco
indipendente, pochi capiscono perché l’aveva rifiutata. A differenza di Berlin, che voleva che gli
ebrei diventassero un popolo “normale” come gli altri, Einstein ha scritto: “La mia
consapevolezza della natura essenziale dell’ebraismo resiste all’idea di uno stato ebraico con i
confini, l’esercito, ed una misura di potere temporale, non importa quanto modesta. Ho paura
del danno interno a cui andrà incontro l’ebraismo – soprattutto per lo sviluppo di un gretto
nazionalismo nei nostri ranghi, contro il quale abbiamo già da combattere strenuamente, anche
senza uno stato ebraico” (da “Our Debt to Zionism”, in Ideas and Opinions). Chi può dubitare che
Einstein avesse ragione a preoccuparsi?
Come tutti i nazionalismi, il sionismo è basato anche su un esagerato senso di superiorità,
attribuito agli appartenenti al proprio gruppo, e su una sensazione di indifferenza, che confina con
il disprezzo, per chi fa parte di altri gruppi. Gli ebrei sono entrati nella storia del mondo con un
estremo atto di chutzpah (termine difficile da sostituire con un altro), in cui hanno presupposto un
Dio giusto che ha creato tutti, e che poi, per ragioni solo a lui note, ha scelto che gli ebrei fossero il
suo popolo speciale (perché cristiani e musulmani accettino così felicemente la loro inferiorità di
status in questo accordo non lo capirò mai). Ma ciò che hanno fatto i sionisti è applicare questo
atto originario di chutzpah ai comandamenti divini. Se gli ebrei un tempo ritenevano di essere stati
scelti per ricevere le leggi di Dio per tutta l’umanità, i sionisti sembrano credere di essere stati
prescelti per trasgredirle ogni volta che interferiscono con l’interesse nazionale. Che posto resta
per credere nell’eguaglianza inerente a tutti gli esseri umani?
Dobbiamo riconoscere che gli antichi ebrei non ricevettero da Dio solo le leggi, ma anche,
apparentemente, la promessa di un particolare pezzo di terra. Quest’ultima, tuttavia, era sempre
legata all’obbedienza degli ebrei a queste leggi, delle quali la più importante – dato il numero di
volte in cui Dio vi fa riferimento – è il divieto dell’idolatria. Mentre gli ebrei non hanno costruito
alcun idolo della divinità, il loro dossier sull’idolatria – che deriva forse in parte dal ritegno
mostrato nel rappresentare Dio – è stato probabilmente molto peggiore di quello dei loro vicini.
Per oltre 3000 anni, il giudaismo ha combattuto una guerra, in gran parte perdente, contro
l’idolatria, in cui il Tempio a Gerusalemme, i rotoli della Torà, la terra di Israele giungevano a dar
forma concreta e gradualmente a sostituire le relazioni con Dio ed i precetti etici corrispondenti,
che si immaginava rappresentassero. Ma solo nel sionismo, la versione attuale di questa idolatria
della terra, questi precetti sono stati sacrificati del tutto. La versione moderna del Vitello d’Oro ha
risparmiato a Mosè la preoccupazione di fracassare i Dieci Comandamenti, perché l’ha compiuto
al posto suo. Che molti dei sionisti di oggi non credano nel Dio dei loro padri rende semplicemente
più facile per loro trasformare la Terra di Israele in un nuovo Dio. L’idolatria resiste: solo adesso
le leggi di Dio possono essere scritte da un comitato, senza inquinarne il nazionalismo del
contenuto con alcuna pretesa universalistica. Se tale nazionalismo estremo è normale – ciò che
rende Spinoza, Marx, Freud e Einstein del tutto anormali – allora, penso, Berlin ha finalmente
ottenuto la normalità del popolo.
Il legame organico che il sionismo, come è tipico per i movimenti nazionalisti, ritiene
scontato fra il popolo ed il territorio, è altresì immerso in quel tipo di misticismo che rende
impossibile ogni discussione razionale della loro situazione. Questo è vero tanto per i sionisti
religiosi, che credono effettivamente che Dio abbia fatto un accordo sui beni immobili con i loro
progenitori, quanto per i sionisti laici, che dimenticano comodamente i 2000 anni di diaspora
ebraica nello scommettere sui loro diritti “legali” sulla terra (solo per richiamare le sofferenze
degli ebrei in diaspora quando la discussione si sposta sulla moralità della loro pretesa). Che
spazio lascia questo per far fronte in modo umano e razionale ai problemi della vita nel
ventunesimo secolo? Con l’etica e la ragione tagliate su misura per servire in primo – ed in ultimo
- luogo necessità tribali, era solo questione di tempo, perché si materializzasse la stanza degli
orrori, preparata dai sionisti per i palestinesi. Sarebbe forse questo quel che avevano in mente gli
antichi profeti ebrei, quando avevano predetto che il loro popolo sarebbe diventato “una luce per
le nazioni”? Certamente no, né questo era qualcosa che gli ebrei stessi avrebbero potuto
immaginare durante il periodo in diaspora, quando probabilmente nessun popolo diverso da quello
ebraico attribuiva un valore maggiore all’eguaglianza ed al ragionamento umano. Einstein poteva
persino sostenere che la più importante caratteristica dell’ebraismo fosse l’impegno per “l’ideale
democratico di giustizia sociale, unito a quello di aiuto reciproco e di tolleranza fra tutti gli
uomini”, senza che nessuno ridesse di lui. Ora, persino Dio dovrebbe ridere… o piangere.
Se la diaspora, con tutte le sue inadeguatezze morali, ha lasciato gli ebrei su una specie di
piedistallo, da un punto di vista etico, perché ne sono discesi? Ne sono discesi quando il piedistallo
si è rotto. Le condizioni che erano alla base della vita ebraica in diaspora erano iniziate ad andare
a pezzi con il progresso del capitalismo, della democrazia e dell’illuminismo, molto prima
dell’Olocausto, che ha dato solo il colpo finale. Per quanto strano ciò possa parere per qualcosa
che è durato quasi 2000 anni, l’ebraismo diasporico era, e poteva essere, solo un periodo di
transizione. Emergendo dal giudaismo biblico, l’ebraismo diasporico era costruito in partenza su
una contraddizione fra la nostalgia per il Paese perduto ed un impegno rivolto al futuro, anche se
spesso esitante e parziale, per i popoli e i luoghi in cui gli ebrei erano giunti a vivere. L’una
guardava indietro, alla tribù ed alla terra che una volta era chiamata la propria, l’altro guardava
a tutta la specie ed al mondo intero in cui gli ebrei, più di ogni altro popolo, si erano diffusi. Per la
massima parte del tempo, i legami che univano fra loro popoli e luoghi diversi – culturalmente,
religiosamente, commercialmente (questo in gran parte per opera di ebrei) – erano nella migliore
delle ipotesi vaghi: quindi la possibilità di portare la nuova situazione alla sua conclusione logica,
con il dichiararsi cittadini del mondo, è qualcosa che la maggior parte degli ebrei non poteva
concepire. Tuttavia l’atteggiamento verso il resto dell’umanità, se non ancora le azioni, rendevano
gli ebrei sempre più sospetti fra i popoli, più radicati in un territorio, fra i quali vivevano: questi
non smettevano mai di condannare gli ebrei per il loro “cosmopolitismo” (una parolaccia, sembra,
praticamente per tutti, tranne che per gli ebrei). In seguito, con le multiple riconfigurazioni del
globo, associate al capitalismo, all’illuminismo, alla democrazia, infine al socialismo, più ebrei
potevano riconoscere di essere davvero cittadini del mondo, divenendo liberi di dichiararlo
pubblicamente.
Ma lo stesso sconvolgimento economico e sociale, con le nuove opportunità di avanzamento
e lo spaventoso aumento dell’antisemitismo, che hanno fatto sì che molti ebrei scambiassero
l’identità primaria nella tribù con una nella specie umana, ha condotto altri ebrei a rifiutare
l’evolvere del cosmopolitismo a favore di un rinnovato progetto nazionalista. Non è una
coincidenza che così tanti ebrei divenissero o socialisti o sionisti, alla fine del diciannovesimo e
all’inizio del ventesimo secolo. Mentre prima nessun cambiamento nella condizione del popolo
ebraico era sembrato possibile, ora emergevano due alternative, che competevano fra loro per il
sostegno popolare. L’una cercava di abolire l’oppressione degli ebrei abolendo tutte le
oppressioni, l’altra mirava allo stesso fine allontanando gli ebrei verso un rifugio che si supponeva
sicuro, in Palestina. Gli stessi processi che avevano fatto sorgere queste due alternative hanno
portato ad una disintegrazione, prima graduale e poi rapida, dell’ebraismo diasporico. Benché
oggi la maggior parte degli ebrei viva al di fuori di Israele, in ciò che è ancora chiamato
“diaspora”, la grande maggioranza appartiene all’ambito socialista o, sempre più, a quello
sionista (includendo le versioni “soft” dei due campi); ciò che resta sarà probabilmente attirato in
uno o l’altro di questi due ambiti nel prossimo futuro. L’ebraismo diasporico, come è esistito per
quasi 2000 anni, ha praticamente smesso di essere: si è diviso lungo le linee della sua principale
contraddizione, in un socialismo che si occupa del benessere dell’umanità e in un nazionalismo che
si interessa solo del benessere del popolo ebraico e della riconquista di Israele. Dal momento che
l’ebraismo ha sempre cercato di giungere ad una sintesi di questi progetti inconciliabili, la
separazione definitiva – dimentica la nostalgia impacchettata ad arte che si fa strada nei media –
può essere considerata come la fine dell’ebraismo stesso. Forse tutto ciò che resta sono ex ebrei
che chiamano se stessi socialisti o comunisti ed ex ebrei che chiamano se stessi sionisti (la
divisione laici/religiosi, fra questi ultimi, per i miei scopi ha scarsa rilevanza).
Se né i socialisti, che rifiutano gli aspetti nazionalisti e religiosi dell’ebraismo diasporico,
né i sionisti, che ne rifiutano le dimensioni universali ed umaniste (e spesso pure gli aspetti
religiosi) sono ebrei, allora il vero dibattito riguarda quale tradizione ha mantenuto il meglio della
comune eredità ebraica. Malgrado il loro continuo ciarlare di ebrei, io sosterrei che è il sionismo
ad avere meno aspetti in comune con l’ebraismo. Non è rompendo le ossa ai giovani palestinesi che
i saggi ebrei del passato profetizzavano che il nostro popolo sarebbe diventato “una luce per le
nazioni”. In Israele oggi, dove tzaddik (persona giusta) e mensch (persona onesta) sono termini che
si applicano solo ad alcuni, sui quali la gran maggioranza della popolazione sputa, e “chutzpah” è
giunto a significare la difesa di ciò che è indifendibile, vi è ben poco a ricordarci del nucleo etico di
una tradizione un tempo nobile.
Quando ero ragazzino, mia madre, che parlava yiddish, cercava spesso di correggere
qualche mio comportamento aberrante ammonendomi che era uno “shandeh für die goyim” (che
avrei fatto vergognare non solo me stesso ed i miei famigliari, ma tutti gli ebrei, di fronte ai
gentili). Quel che voglio gridare il più forte possibile, di fronte a tutti i crimini del sionismo e di
coloro che cercano di difenderlo, è che ciò che fanno è uno shandeh für die goyim: grandi capi e i
pesci piccoli, tutti loro sono uno shandeh für die goyim. (Mamma, io ricordo). Socialista ed ex
ebreo come sono, immagino di avere ancora troppo rispetto ed amore per la tradizione ebraica,
che ho abbandonato, per volere che il mondo la veda nello stesso modo in cui giustamente vede e
considera ciò che gli ex ebrei, che si denominano sionisti, stanno compiendo in suo nome. E se il
progetto di cambiare il mio status attuale di ex ebreo con uno di non ebreo fa sì che anche solo
dieci buone persone (il minyan di Dio) agiscano contro la rapina sionista dell’etichetta ebraica,
questo è allora un sacrificio che sono pronto a fare.
A coloro che si domandano perché le dimissioni di un comunista ateo dal popolo ebraico
debbano infastidire alcuni ebrei, farei solo notare che il più grave peccato che un ebreo possa
commettere – me l’hanno insegnato tutti – è di lasciare il proprio popolo (in genere convertendosi
ad un’altra fede). Una famiglia risponderà spesso celebrando la shivah per il componente che ha
contravvenuto (trattandolo/a cioè come se fosse morto/a). La profonda vergogna e l’ira che molti
ebrei provano quando questo accade è difficile da spiegare; però ha probabilmente qualcosa a che
vedere con l’intensità del legame sociale che unisce tutti gli ebrei – in origine, senza dubbio,
l’effetto dell’essere i prescelti da Dio, ma anche di condividere un numero così grande di secoli di
oppressione e di esserne sopravvissuti insieme. Mentre un cristiano si rapporta a Dio come singolo,
la relazione di un ebreo con Dio è sempre stata tramite la sua relazione con il popolo eletto, un
popolo che Dio considera altresì responsabile collettivamente del fallimento di ciascuno dei suoi
componenti. Operando con un tale incentivo, gli ebrei non hanno mai potuto permettersi il lusso
dell’indifferenza, quando si arrivava alle scelte di vita dei correligionari. Con un poco di istruzione
ebraica, la connessione interna diviene così radicata che persino alcuni ebrei atei e comunisti
possono soffrire della defezione di un ebreo dal popolo come della perdita di un arto dal corpo.
Certo, il mio continuo identificarmi come ebreo, come un certo tipo di ebreo, mentre manco di ogni
caratteristica di un credente, aiuta a spiegare perché ho provato una necessità irresistibile di
dimettermi, quando “ebreo” è giunto a significare qualcosa che non potevo accettare (o di cui non
potevo non tenere conto). E lo stesso legame organico può servire a spiegare perché alcuni ebrei,
fra i quali coloro che più critico e dai quali ci si potrebbe aspettare che gioiscano alle mie
dimissioni, possano essere così addolorati dalla forma che ha preso la mia critica.
Ed eccomi qui, quasi alla fine della lettera di dimissioni, senza aver ancora discusso la
Shoà. Per molti sionisti questo sarebbe sufficiente a rifiutare quel che devo dire. A mia difesa,
vorrei raccontarvi una storia che Joe Murphy, ex Vice Cancelliere della City University di New
York, usava narrare di sua madre, ebrea. “Joe”, ci dice che ella ammoniva, “ci sono due tipi di
ebrei. Un tipo ha reagito all’indicibile orrore della Shoà giurando di fare ogni cosa per assicurarsi
che non capiti di nuovo al nostro popolo. L’altro tipo di ebrei, invece, ha tratto come lezione, dallo
stesso terribile evento, di dover fare qualunque cosa possano per assicurarsi che non capiti più ad
alcun popolo, in alcun luogo. Joe,” proseguiva, “voglio che tu mi prometta che sarai sempre il
secondo tipo di ebreo”. L’aveva promesso, e lo era.
Il primo tipo di ebreo, rappresentato per la maggior parte da sionisti e quindi, nel mio
linguaggio, in realtà da “ex ebrei”, è andato tanto avanti da trasformare senza vergogna la Shoà
stessa in una mazza con cui bastonare qualunque critico che abbia la temerità di mettere in
questione quel che fanno ai palestinesi, apparentemente per autodifesa. (Vedi il libro The
Holocaust Industry, di Norman Finkelstein). Qualunque critica del sionismo, non importa quanto
lieve e giustificata, è considerata uguale all’antisemitismo, dove antisemitismo è diventato
un’espressione stenografica per indicare persone che hanno qualche responsabilità della Shoà e
che in realtà sperano ve ne sia un’altra. Questa è un’accusa molto pesante, che si è dimostrata
molto efficace a ridurre al silenzio molti potenziali critici. Non è una coincidenza, quindi, che
l’impressionante ripresa dell’interesse mediatico per l’Olocausto compaia in un momento in cui il
sionismo ha il massimo bisogno di un tale mantello (sudario?) di protezione. In questo processo, si
abusa cinicamente della peggiore violazione dei diritti umani nella storia per razionalizzare una
delle peggiori violazioni dei diritti umani del nostro tempo. La madre di Joe Murphy si
aspetterebbe che il secondo tipo di ebrei fosse il primo a farlo notare ed a condannarlo.
Questo lascia da parte la questione della sicurezza. I sionisti insistono che, creando i loro
stato, hanno migliorato la sicurezza degli ebrei, non solo in Israele, ma ovunque. Sfortunatamente,
l’abominevole trattamento da parte di Israele dei palestinesi, insieme all’ipocrisia, degna di un
Wiesel, ed agli affronti sempre più arroganti verso la comunità internazionale, hanno creato più
vero antisemitismo, non solo in Paesi arabi, ma in tutto il mondo, di quanto non sia probabilmente
mai esistito. In questo momento, i sionisti si sentono al sicuro dalle inevitabili ripercussioni delle
loro politiche in virtù del riparo steso su di loro dagli alleati americani. Con lo stupore del mondo
intero, eccetto, sembra, della maggior parte degli americani, il successo del sionismo
nell’accaparrarsi il supporto politico USA è stato senz’altro straordinario. Per quanto riguarda il
conflitto in Terra Santa, gli americani potrebbero praticamente fare a meno di scegliere fra
Democratici e Repubblicani, votando direttamente per Sharon. Gli ebrei ortodossi, come sappiamo,
assumono un non ebreo (o shabbes goy) perché accenda loro le luci di shabbat. Israele, che pure
ha molte cose che non può far da sé, è riuscito ad acquisire il governo USA come proprio shabbes
goy: questo paga persino le bollette dell’elettricità. Se questo non è un miracolo lassù in alto, con
Dio che divide il Mar Rosso, allora dobbiamo imparare com’è successo: non lo sappiamo davvero,
non ancora, non in dettaglio.
Ogni buona spiegazione, naturalmente, dovrebbe rintracciare i rapporti fra il governo
israeliano, la lobby sionista (nelle sue varie dimensioni), i fondamentalisti cristiani (che credono
che il secondo avvento di Gesù non avverrà fino a che tutti gli ebrei non siano riuniti in Israele),
entrambi i partiti politici USA, gli elettori ebrei, gli interessi della classe capitalista americana
all’espansione politica ed economica. Perché, per quanto influente Israele sia stato nel determinare
la politica estera americana in Medio Oriente, non avrebbe potuto avere tanto successo se i suoi
interessi non si fossero sovrapposti in notevole grado con i progetti imperialisti della nostra classe
di governo. Per quanto riguarda la componente sionista in questa relazione, il passo chiave fu
probabilmente compiuto dal governo israeliano nel 1977, quando Begin e il Likud, giunti al potere,
decisero di stringere rapporti più stretti con i fondamentalisti cristiani negli Stati Uniti (70 milioni
di aderenti), per aiutarli a diventare una lobby politica più efficace ed una per la quale fossero al
primo posto gli scopi del sionismo. Netanyahu, dal lato israeliano, e Jerry Falwell (che ha ricevuto
il prestigioso Premio Jabotinsky e… un jet privato da Israele), dal lato americano, sono stati
particolarmente attivi nello sviluppare questa alleanza, secondo l’articolo di Donald Wagner su
Christian Century, “Evangelicals and Israel”. L’Amministrazione di Bush II offre solo la
dimostrazione più recente di quanto abbia funzionato bene questa strategia. Se i Democratici
dovessero eliminare i Repubblicani dalla carica, o in questa elezione, non giunta al termine, o nella
prossima, il supporto del nostro governo per Israele non diminuirebbe affatto: la lobby sionista – in
questo caso, con l’aiuto del voto ebraico, la massima parte del quale va ai Democratici – è ancora
più influente nel partito di Kerry.
Questa relazione speciale con Israele è tuttavia improbabile che resti stabile, dal momento
che le basi su cui si regge sono rapidamente erose. Tanto per cominciare, la maggioranza del
popolo americano, come mostra ogni sondaggio, non è mai stato tanto filosionista quanto il/i suo(i)
governo/i; le inclinazioni positive, che esistono, sono state seriamente messe sotto tensione dalla
risposta inumana di Israele all’intifada. Se era possibile considerare Israele, nelle guerre con il
mondo arabo, come un piccolo Davide, che teneva testa ad un forte Golia, la repressione brutale,
da parte del suo esercito, di un popolo palestinese praticamente disarmato ha capovolto
l’analogia: Israele ora appare come il Golia che angaria. Con nuovi omicidi, nuovi ferimenti,
nuove umiliazioni, più distruzioni di case, più rapine di terra ed acqua, ed ora il costruire ogni
giorno un muro dell’apartheid (spesso alla TV), le politiche israeliane fanno altresì dubitare della
storia ufficiale di Israele, che si descrive come vittima dello stesso tipo di terroristi che hanno
bombardato New York (degna quindi della nostra simpatia e del nostro aiuto), anziché come una
delle principali istigatrici della violenza musulmana in tutto il mondo. Oltre a ciò, la crescente
impopolarità della guerra in Iraq (una guerra interminabile, che non avrebbe mai dovuto essere
iniziata), della quale Israele e chi più fortemente lo appoggia, entro il governo USA, erano, come
minimo, fra i più vivaci sostenitori, sta anche producendo effetti sugli atteggiamenti americani
verso Israele. Infine, la crescente insicurezza circa le forniture di petrolio mediorientale, che ha
effetti sui prezzi e sui profitti nell’intera economia – causata dalle guerre, ma anche dalla crescente
barbarie di Israele (con cui gli Stati Uniti sono inevitabilmente identificati) verso il popolo arabo –
ha cominciato a dividere gli interessi israeliani da quelli del capitalismo USA. Non passerà molto
tempo – se già non è avvenuto – prima che un’importante sezione della classe capitalista
dominante americana inizi a richiedere l’adozione, da parte del governo USA, di un nuovo
approccio verso Israele. Quando la massa del pubblico americano si accorgerà finalmente dei costi
enormi, e sempre crescenti, in termini di sangue e di denaro, che ha il servire come shabbes goy di
Israele – costi che si presentano, come ora avviene, in un periodo di tagli profondi al budget per
ogni tipo di programmi governativi popolari –, l’ondata antisemita potrebbe minacciare la
sicurezza degli ebrei, e di tutti i tipi di ex ebrei, ovunque.
Con questa storia, ogni ebreo, così come ogni non ebreo umano ed equanime, deve opporsi
all’aumento dell’antisemitismo con tutte le sue forze. Che questa storia, dolorosa com’è, non dia
agli ebrei alcun diritto di commettere crimini in proprio dovrebbe essere evidente. È mostruoso che
criminali ebrei rispondano ai loro accusatori incolpandoli di antisemitismo: questo anche se, come
nel caso dei sionisti, ritengono che i loro crimini servano agli interessi del popolo ebraico, ed
anche se sono riusciti – un altro miracolo? – a far sì che la terza edizione del Webster
International Dictionary abbia definito l’antisionismo una forma di “antisemitismo”. Nel
pretendere che vi sia un’equazione fra antisionismo ed antisemitismo, naturalmente, i sionisti
corrono il pericolo che la gente accetti la logica di questa posizione, ma non l’uso che ne fanno.
Secondo questa logica, si deve essere insieme antisionista e antisemita, o nessuna delle due cose.
L’ipotesi è che, di fronte a questa scelta, la maggior parte dei critici onesti faccia semplicemente i
bagagli e se ne vada. Ma, dato il peggiorare del dossier sionista in Palestina, la scelta potrebbe
essere quella opposta. E cioè, alcuni oppositori del sionismo, che vengono convinti dalla logica qui
esposta, e da nient’altro, potrebbero ora diventare anche antisemiti. Invece di ridurre il numero
degli antisionisti, questo modo di affrontare la questione sta probabilmente creando più antisemiti.
Se ne può solo concludere che, come polizza di assicurazione contro pogrom futuri, Israele non
solo non vale alcunché, ma è decisamente pericolosa per la salute di coloro che vi hanno messo
fiducia e denaro.
A questo punto, se non prima, molti lettori di questo periodico mi criticheranno perché
sembra che io tratti i sionisti come se fossero tutti uguali. Sono consapevole, naturalmente, delle
molte differenze nel campo sionista, e sono pieno di ammirazione per gli sforzi coraggiosi dei
sionisti più progressisti ed umani nel Meretz, in Peace Now, nella Tikkun Community, fra altri
gruppi, per opporsi all’establishment israeliano. Non possono andare esenti dalla mia analisi,
tuttavia – e non solo perché le loro riforme sembrano votate al fallimento, dal momento che
condividono almeno alcuni degli assunti fondamentali su cui si basa il sionismo (sia nella versione
Likud, sia in quella Labour). Impiantare uno stato in cui solo gli ebrei avrebbero avuto la piena
cittadinanza, farlo in una terra già abitata da milioni di non ebrei, cercare di rispondere
all’antisemitismo nel mondo con un’ostentazione di potenza ebraica, tentare di far sì che gli ebrei,
ovunque, si sentissero più sicuri perché ora avevano una terra in cui fuggire (in caso se ne fosse
presentata la necessità), cercare di razionalizzare tutto questo con una combinazione di mito
religioso e dell’esperienza della Shoà – tutto questo è al cuore del sionismo, ma è anche la logica
inerente a tutti questi modi di vedere che ci hanno portati all’attuale impasse. E non vedo come
avrebbe potuto essere altrimenti. Le occasioni in cui pare che la storia di Israele avrebbe potuto
svilupparsi in modo diverso sono solo chimere per salvare la faccia. Inoltre, è solo rifiutando da
cima a fondo questi modi di vedere che possiamo considerare il sionismo e la situazione che ha
determinato per quello che realmente sono, iniziando ad orientarci, di conseguenza,
ideologicamente e politicamente.
Per esempio, ideologicamente, non è più necessario accettare che Israele ci presenti lo
scontro di due diritti, come si esprimono alcuni sionisti moderati, e persino socialisti. Vi è un
diritto: i sionisti, che sono gli invasori e gli oppressori, sono nel torto. Solo le ipotesi alla base del
progetto sionista hanno fatto sì che alcuni non se ne accorgessero. Significa anche che non
possiamo considerare la violenza perpetrata dal governo sionista contro gli arabi, e dagli arabi
contro gli ebrei in Israele, oggi, nello stesso modo. Certo, mi possono rincrescere, e mi rincrescono
profondamente, tutte le uccisioni e le distruzioni che si verificano; simpatizzo e soffro più di quanto
io non riesca ad esprimere per le vittime ed i loro cari, da entrambe le parti. Tuttavia solo Israele,
il suo governo ed i suoi sostenitori, meritano di essere condannati; non solo perché hanno fatto uso
di aerei e di carri armati ed hanno ucciso molti più innocenti. Di maggior rilevanza qui è il fatto
che è il governo israeliano che ha il monopolio del potere nel Paese: è il governo che ha creato le
regole di questo macabro gioco, al quale i palestinesi sono obbligati a partecipare in condizioni
orrende. Il governo israeliano - solo esso – può cambiare le regole e le condizioni in qualunque
momento: quindi deve essere considerato responsabile perché le mantiene così come sono. È il vero
terrorista: non come quei poveracci che sono stati fatti tanto impazzire dall’escalation
dell’oppressione e dall’umiliazione ad essa associata da diventare disposti ad usare come arma il
loro corpo. È il terrorismo di stato, non il terrorismo dei singoli, il problema principale da
affrontare per chiunque voglia por fine a questo conflitto: questo si deve riflettere nelle nostre
tattiche. Sharon ha ragione almeno in un aspetto: Arafat era irrilevante. Così pure, forse
sfortunatamente, lo sono gli altri palestinesi, quando il problema è come arrivare ad una pace
stabile. Invece di accusare i palestinesi di avere alcune responsabilità per il conflitto, ogni
attenzione dovrebbe andare al porre sotto pressione, sotto ogni tipo di pressione, Israele.
Politicamente, questo significa evitare qualunque genere di associazione con questo stato
criminale (come avevamo fatto in precedenza con il Sudafrica), boicottandolo economicamente ed
in altro modo (tenendolo fuori dalle Olimpiadi, ad esempio), mettendo i nostri politici sotto
pressione perché pongano fine a tutto l’aiuto USA (tanto privato quanto pubblico) ad Israele,
dando supporto a varie sanzioni (incluse quelle commerciali) contro di esso, richiedendo
risoluzioni le più vigorose possibili presso l’ONU ed in altri forum disponibili, denunciando gli
abusi sionisti dei diritti umani, e, naturalmente, affrontando a testa bassa la lobby sionista, che si
contrapporrebbe a tutto ciò. Azioni simili andrebbero intraprese in Europa ed altrove, ma, dato il
potere americano nel mondo in genere ed in Israele in particolare, è nel nostro Paese che si
deciderà la sorte del popolo palestinese – e, in definitiva, anche dell’ebraismo e di quel che è
rimasto del popolo ebraico. Mentre isolare Israele nei modi che ho suggerito danneggerebbe
indubbiamente coloro che, entro i suoi confini, lavorano per cambiare le politiche del governo, nel
contempo li aiuterebbe, innalzando a livelli inaccettabili il costo di dette politiche. Ciò che è chiaro
è che per quegli ebrei, la cui coscienza non si ferma alla linea ereditaria, il silenzio, la
moderazione e l’equidistanza non sono più fra le opzioni possibili, se mai lo sono state. I regimi
oppressivi, dopo tutto, hanno raramente avuto bisogno di qualcosa di diverso da un sostegno
passivo, ed incompleto, per fare i loro affari. Insieme con il crescente numero di ebrei che
difendono apertamente il comportamento inumano di Israele, questi ebrei, spesso in buona fede,
alimentano anche lo stereotipo antisemita che tutti gli ebrei sono complici dei crimini del sionismo,
meritando quindi l’odio evocato da detti crimini. Non è questo ciò che la maggior parte degli ebrei
hanno pensato della passività dei cosiddetti “buoni” tedeschi durante il periodo nazista? Quanto
ha contribuito la loro passività, in un’epoca in cui intraprendere ogni azione era molto più
pericoloso di quanto non sia per noi oggi, all’ostilità provata da così tanti ebrei verso tutti i
tedeschi? Una lotta generalizzata contro il sionismo da parte degli ebrei, quindi, è anche il modo
più efficace di combattere il vero antisemitismo
Inoltre, se il sionismo è davvero una forma particolarmente virulenta di nazionalismo, e,
sempre più, di razzismo, e se Israele si sta comportando verso la propria minoranza prigioniera in
modi che assomigliano sempre più a come i nazisti trattavano i loro ebrei, allora dobbiamo anche
dirlo. Per ovvi motivi, i sionisti sono molto sensibili all’essere paragonati ai nazisti (non così
sensibili che ciò abbia posto limiti al loro agire, ma abbastanza per muggire “ingiusto!” e per
accusare di “antisemitismo” quando ciò avviene).
Tuttavia i fatti sul terreno, se non oscurati da una o dall’altra razionalizzazione sionista,
mostrano che i sionisti sono i peggiori antisemiti nel mondo d’oggi, opprimendo un popolo
semitico come nessuna nazione ha fatto, dopo i nazisti. No, i sionisti non sono ancora così
malvagi come i nazisti, non ancora, ma il mondo non è testimone di una pulizia etnica strisciante
contro i palestinesi, proprio in questo momento? Se i sionisti (ed i loro sostenitori) trovano questo
paragone eccessivamente oltraggioso ed ingiusto, hanno solo da smettere di fare quel che stanno
facendo (e sostenendo): temo però che la logica della loro posizione li conduca in futuro solo a
commettere (ed a sostenere) atrocità ancora maggiori, incluso il genocidio (un’altra specialità
nazista), di quelle che hanno commesso fino ad ora. Cos’ha mai questo sionismo a che fare con i
tradizionali valori ebraici?
E, chissà, se questa mia dovesse far presa, un giorno potrei far domanda di riammissione
nel popolo ebraico”.
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Messaggio da Achille »

mr-shadow ha scritto:Dal libro di Mario Moncada di Monforte "Israele, un progetto fallito: I valori dell’Ebraismo traditi da uno Stato che o sarà bi-nazionale o è senza speranza"

E’ qui proposta la Lettera di dimissioni dal popolo ebraico di Bertell Ollman, noto professore
ebreo di Studi Politici dell’Università di New York. La lettera affronta molti degli argomenti che
fanno discutere sulla realtà israeliana e sulla sua prospettiva. E’ stato ritenuto interessante
riportarla per intero per la pacatezza delle considerazioni con le quali uno studioso ebreo affronta
tutti i problemi pratici e ideali determinati dal progetto sionista.
Mamma mia, che lenzuolata.
Per par condicio ;-)

Il discorso di Bibi Netanyahu (Israele) all'ONU è stato praticamente censurato dai quotidiani italiani. Idem TG e news varie. Mentre quello di Abu Mazen (Palestinesi) aveva avuto larga eco nonostante fosse pieno di odio e propaganda anti-israeliana. Ogni commento è superfluo. Ma siccome la censura italiana volta a manipolare l'opinione delle persone non ci piace, ecco qui di seguito il discorso che ha fatto l'altro giorno alle Nazioni Unite tradotto da Ugo Volli: un testo importante, da leggere e meditare.

Signore e Signori, il popolo d'Israele prega per la pace. Ma le nostre speranze e la speranza del mondo per la pace sono in pericolo. Perché ovunque guardiamo, l'Islam militante è in marcia.

Non si tratta di militanti e basta. Non si tratta di Islam e basta. E' l'Islam militante. In genere, le prime vittime sono altri musulmani, ma poi non risparmia nessuno. Cristiani, ebrei, yazidi, curdi - nessuna fede, nessun gruppo etnico è al riparo dalle sue attenzioni. Ed esso è in rapida diffusione in ogni parte del mondo. Conoscete il famoso detto americano: "Tutta la politica è locale"? Per gli islamisti militanti, "Tutta la politica è globale". Perché il loro obiettivo finale è quello di dominare il mondo.

Ad alcuni potrebbe sembrare che io esageri questa minaccia, dal momento che essa inizia a piccola scala, come un cancro che attacca una particolare parte del corpo. Ma, se è lasciato incontrollato, il cancro si sviluppa, dà metastasi su aree sempre più vaste. Per proteggere la pace e la sicurezza del mondo, dobbiamo rimuovere questo cancro prima che sia troppo tardi. La scorsa settimana, molti dei paesi rappresentati qui hanno giustamente applaudito il presidente Obama per aver guidato lo sforzo di affrontare l'ISIS. E ancora settimane prima, alcuni di questi stessi paesi, gli stessi paesi che oggi sostengono la lotta contro l'ISIS, si sono opposti a Israele per aver affrontato Hamas. Essi evidentemente non capiscono che ISIS e Hamas sono rami dello stesso albero velenoso.

ISIS e Hamas condividono un credo fanatico, che entrambi cercano di imporre ben oltre il territorio sotto il loro controllo. Ascoltate l'auto-dichiarato califfo di ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi. Questo è quello che ha detto due mesi fa: “arriverà presto il giorno in cui il musulmano camminerà ovunque come un padrone... I musulmani faranno sì che il mondo ascolti e capisca il significato del terrorismo... e distrugga l'idolo della democrazia”. Ora ascoltate Khaled Meshaal, il leader di Hamas. Egli proclama una simile visione del futuro: “Diciamo questo all'Occidente... Per Allah sarai sconfitto. Domani la nostra nazione siederà sul trono del mondo”.

Come lo statuto di Hamas rende chiaro, obiettivo immediato di Hamas è quello di distruggere Israele. Ma Hamas ha un obiettivo più ampio. Vogliono anche un califfato. Hamas condivide le ambizioni globali dei suoi compagni militanti islamici. Ecco perché i suoi sostenitori hanno selvaggiamente applaudito per le strade di Gaza, quando migliaia di americani sono stati assassinati l'11 settembre 2001. Ed è per questo che i suoi leader hanno condannato gli Stati Uniti per l'uccisione di Osama Bin Laden, che hanno elogiato come un guerriero santo.

Così, quando si tratta di loro obiettivi finali, Hamas è l'ISIS e l'ISIS è Hamas.

E questo è ciò che essi hanno in comune, che tutti i militanti islamisti hanno in comune: Boko Haram in Nigeria; Ash-Shabab in Somalia; Hezbollah in Libano; An-Nusrah in Siria; l'Esercito del Mahdi in Iraq; i rami di Al-Qaeda in Yemen, Libia, Filippine, India e altrove.

Alcuni sono sunniti radicali, alcuni sono sciiti radicali. Alcuni vogliono ristabilire un califfato pre-medievale del 7° secolo. Altri vogliono innescare il ritorno apocalittico di un imam del 9° secolo. Operano in terre diverse, mirano a vittime diverse e addirittura si uccidono a vicenda nella loro ricerca per la supremazia. Ma tutti condividono un'ideologia fanatica. Tutti cercano di creare enclave in continua espansione dell'Islam militante, dove non c'è libertà e nessuna tolleranza. Dove le donne sono trattate come beni mobili, i cristiani sono decimati, e le minoranze sono soggiogate, e a volte subiscono la scelta terribile di convertirsi o morire. Per loro, chiunque può essere un infedele, tra cui i loro stessi fratelli musulmani.

Signore e Signori, l'ambizione militante dell'Islam di dominare il mondo sembra folle. Ma così erano anche le ambizioni globali di un'altra ideologia fanatica che salì al potere otto decenni fa. I nazisti credevano in una razza superiore. Gli islamisti militanti credono in una fede padrona. Certo, non sono d'accordo fra loro su chi tra loro sarà il padrone... della fede padrona. Questo è ciò su cui sono veramente in disaccordo. Pertanto, la questione di fronte a noi è se l'Islam militante avrà il potere di realizzare le proprie ambizioni sfrenate.

C'è un luogo in cui questo potrebbe presto accadere: lo Stato Islamico dell'Iran. Per 35 anni, l'Iran ha inesorabilmente perseguito la missione globale stabilita dal suo sovrano fondatore, l'Ayatollah Khomeini, con queste parole: “Noi dobbiamo esportare la nostra rivoluzione nel mondo intero. Fino a quando il grido 'Non c'è Dio all'infuori di Allah' echeggerà in tutto il mondo”... E da allora, gli esecutori brutali del regime, le Guardie Rivoluzionarie iraniane, hanno fatto esattamente questo.

Ascoltate il suo comandante attuale, il generale Muhammad Ali Jaafari. Egli ha proposto chiaramente questo obiettivo. Ha detto: “Il nostro Imam non ha limitato la rivoluzione islamica in questo paese... Il nostro dovere è quello di preparare la strada per un governo mondiale islamico”... Il presidente iraniano Rohani parlando qui la settimana scorsa, ha versato lacrime di coccodrillo su ciò che lui chiamava "la globalizzazione del terrorismo". Forse avrebbe dovuto risparmiarci quelle lacrime fasulle e fare invece una chiacchierata con i comandanti delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Avrebbe potuto chiedere loro di abbandonare la campagna di terrore globale dell'Iran, che solo dal 2011 ha incluso attacchi in due dozzine di paesi nei cinque continenti. Dire che l'Iran non pratica il terrorismo è come dire che Derek Jeter non ha mai giocato interbase per i New York Yankees.

Questo lamento del presidente iraniano sulla diffusione del terrorismo è uno dei più grandi esempi mai visti di ipocrisia. Ora, alcuni ancora sostengono che la campagna di terrore globale dell'Iran, la sua sovversione dei paesi del Medio Oriente e ben oltre il Medio Oriente, sia opera degli estremisti. Dicono che le cose stanno cambiando a causa delle elezioni dello scorso anno in Iran. Essi sostengono che i discorsi flautati del presidente iraniano e del suo ministro degli Esteri hanno cambiato non solo il tono della politica estera iraniana, ma anche la sua sostanza. Credono che Rouhani e Zarif sinceramente vogliano riconciliarsi con l'Occidente, che hanno abbandonato la missione globale della Rivoluzione Islamica.

Davvero? Proviamo a guardare a ciò che il ministro degli Esteri Zarif ha scritto in un suo libro di pochi anni fa: “Abbiamo un problema fondamentale con l'Occidente, e in particolare con l'America. Questo è perché siamo eredi di una missione globale, che è legata alla nostra ragion d'essere”... Una missione globale che è legata alla nostra stessa ragion d'essere. E poi Zarif fa una domanda, credo interessante. Egli dice: Come mai la Malesia [si riferisce a un paese a stragrande maggioranza musulmana] - come mai la Malesia non ha problemi simili? E risponde: perché la Malesia non sta cercando di cambiare l'ordine internazionale.

Questo è il vostro moderato. Quindi non fatevi ingannare dall'ingannevole offensiva del fascino da parte dell'Iran. E' progettata per uno scopo, e per un solo scopo: per eliminare le sanzioni e rimuovere gli ostacoli nel percorso dell'Iran alla bomba. La Repubblica islamica sta ora cercando di abbindolare per un accordo che rimuova le sanzioni che deve affrontare ancora, e lasciarle migliaia di centrifughe per arricchire l'uranio. Se accadesse, ciò stabilirebbe il posto dell'Iran come potenza militare alla soglia del nucleare. In futuro, in un momento di sua scelta, l'Iran, lo stato più pericoloso al mondo nella regione più pericolosa del mondo, potrebbe realizzare facilmente le armi più pericolose del mondo.

Permettere che ciò accada porrebbe la più grave minaccia per tutti noi. Una cosa è confrontarsi con militanti islamici in pick-up, armati di fucili Kalashnikov. Un'altra cosa affrontare militanti islamici armati con armi di distruzione di massa. Ricordo che l'anno scorso, tutti qui eravate giustamente preoccupati per le armi chimiche in Siria, compresa la possibilità che potessero cadere nelle mani dei terroristi. Questo non è accaduto. E il presidente Obama merita grande credito per aver guidato lo sforzo diplomatico per smantellare la quasi totalità delle armi chimiche della Siria. Immaginate quanto più pericoloso lo Stato islamico, l'ISIS, sarebbe se avesse avuto armi chimiche. Ora immaginate quanto più pericoloso sarebbe lo Stato islamico dell'Iran se possedesse armi nucleari. Signore e Signori, volete lasciare l'ISIS arricchire l'uranio? Volete lasciare l'ISIS costruire un reattore ad acqua pesante? Volete lasciare l'ISIS sviluppare missili balistici intercontinentali? Naturalmente non lo vorreste. Quindi non dovete lasciare neppure che lo Stato Islamico dell'Iran faccià altrettato.

Poiché ecco cosa succederà: una volta che l'Iran riuscisse a produrre bombe atomiche, tutto il fascino e tutti i sorrisi improvvisamente scompariranno. Semplicemente svaniranno. E' allora che gli ayatollah mostreranno il loro vero volto e libereranno il loro fanatismo aggressivo sul mondo intero. C'è un solo comportamento responsabile per affrontare questa minaccia: le capacità militari nucleari dell'Iran devono essere completamente smantellate. Non commettere errori - l'ISIS deve essere sconfitto. Ma sconfiggere l'ISIS e lasciare l'Iran come potenza alla soglia del nucleare significa vincere la battaglia e perdere la guerra.

Signore e Signori, la lotta contro l'Islam militante è indivisibile. Quando l'Islam militante ha successo in qualunque luogo, è incoraggiato ovunque. Quando subisce un colpo in un singolo luogo, arretra dappertutto. Ecco perché la lotta di Israele contro Hamas non è solo la nostra lotta. E' la vostra lotta. Israele sta combattendo oggi un fanatismo che i vostri Paesi potrebbero essere costretti a combattere domani.

Per 50 giorni la scorsa estate Hamas ha sparato migliaia di razzi contro Israele, molti dei quali forniti dall'Iran. Voglio che pensiate ciò che i vostri paesi farebbero se migliaia di razzi fossero sparati contro le vostre città. Immaginate milioni di vostri cittadini che hanno pochi secondi al massimo per rifugiarsi nei rifugi, giorno dopo giorno. Non lascereste che i terroristi sparino razzi contro le vostre città impunemente. Né si dovrebbe lasciare che i terroristi scavino decine di gallerie del terrore sotto le frontiere per infiltrarsi nelle vostre città, al fine di uccidere e rapire i vostri cittadini. Israele giustamente si è difesa sia contro gli attacchi di razzi sia contro i tunnel del terrore. Ma Israele ha anche affrontato un'altra sfida. Abbiamo affrontato una guerra di propaganda. Perché, nel tentativo di vincere la simpatia del mondo, Hamas ha cinicamente usato civili palestinesi come scudi umani. Ha usato le scuole, non solo le scuole - scuole delle Nazioni Unite, case private, moschee, persino ospedali per immagazzinare e sparare e razzi su Israele.

Quando Israele ha colpito chirurgicamente i lanciarazzi e le gallerie, dei civili palestinesi sono stati uccisi tragicamente, ma involontariamente. Ci sono immagini strazianti che ne sono state tratte, e queste alimentano accuse diffamatorie a Israele come se avesse preso deliberatamente di mira i civili.

Non è stato così. Ci rammarichiamo profondamente per ogni singola vittima civile. E la verità è questa: Israele ha fatto di tutto per ridurre al minimo le vittime civili palestinesi. Hamas ha fatto di tutto per aumentare al massimo il numero delle vittime civili israeliane e palestinesi. Israele ha distribuito volantini, fatto telefonate, ha inviato messaggi di testo, ha fatto avvisi in arabo alla televisione palestinese, sempre per permettere di evacuare i civili palestinesi dalle aree che doveva colpire.

Nessun altro paese e nessun altro esercito nella storia sono andati così in là per evitare vittime tra la popolazione civile dei loro nemici. Questa preoccupazione per la vita palestinese era tanto più notevole, dato che i civili israeliani sono stati bombardati da razzi giorno dopo giorno, notte dopo notte. Mentre le loro famiglie venivano bombardate da Hamas, l'esercito di Israele - i coraggiosi soldati della IDF, i nostri ragazzi e ragazze - ha rispettato i più alti valori morali di ogni esercito del mondo. I soldati israeliani meritano non condanna, ma ammirazione, da parte di tutte le persone oneste in tutto il mondo.

Questo è invece quello che ha fatto Hamas: Hamas ha incorporato sue batterie di missili in zone residenziali palestinesi e ha detto ai suoi civili di ignorare gli avvertimenti di Israele. E nel caso in cui le persone non hanno obbedito ai loro ordini, ha ucciso i civili palestinesi a Gaza che avevano osato protestare.

In maniera non meno riprovevole, Hamas ha deliberatamente messo i suoi razzi nei luoghi in cui i bambini palestinesi vivono e giocano. Lasciate che vi mostri una fotografia. E' stata presa da una troupe di France 24 nel corso del recente conflitto. Esso mostra due lanciarazzi di Hamas, che sono stati utilizzati per attaccare noi. Vedete tre bambini che giocano accanto a loro. Hamas ha deliberatamente messo i suoi razzi in centinaia di aree residenziali come questa. Centinaia.

Signore e signori, questo è un crimine di guerra. E dico al presidente Abbas, questi sono i crimini di guerra commessi dai vostri partner di Hamas nel governo di unità nazionale che che egli guida e di cui è responsabile. Questi sono i veri crimini di guerra su cui avrebbe dovuto indagare, o denunciare da questo podio la scorsa settimana.

Signore e Signori, mentre i bambini israeliani stavano rannicchiati nei rifugi e il sistema di difesa antimissile Iron Dome di Israele abbatteva i razzi di Hamas dal cielo, la differenza morale profonda tra Israele e Hamas non avrebbe potuto essere più chiara: Israele stava usando i suoi missili per proteggere i suoi figli, Hamas stava usando i suoi figli per proteggere i suoi missili.

Indagando Israele piuttosto che Hamas di crimini di guerra, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha tradito la sua nobile missione di proteggere gli innocenti. In realtà, quello che sta facendo è quello di capovolgere completamente le leggi di guerra. Israele, che ha preso misure senza precedenti per ridurre al minimo le vittime civili è condannato. Hamas, che ha sparato ai civili nascondendosi dietro i civili - un doppio crimine di guerra - Hamas è ignorato.

Il Consiglio per i Diritti Umani sta inviando così un messaggio chiaro ai terroristi ovunque: utilizzate i civili come scudi umani. Utilizzateli di nuovo e ancora e ancora. Sapete perché? Perché purtroppo, funziona. Concedendo legittimità internazionale all'uso di scudi umani, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite è così diventata un Consiglio dei diritti dei terroristi, e ciò avrà ripercussioni. Probabilmente ne ha già, favorendo l'uso di civili come scudi umani.

Non è solo il nostro interesse. Non sono solo i nostri valori che sono sotto attacco. Sono i vostri interessi e i vostri valori.

Signore e Signori, viviamo in un mondo intriso di tirannia e terrore, dove i gay vengono impiccati sulle gru a Teheran, i prigionieri politici vengono eseguiti a Gaza, giovani ragazze vengono rapite in massa in Nigeria e centinaia di migliaia sono massacrati in Siria, Libia e Iraq. Eppure quasi la metà, quasi la metà delle risoluzioni del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite si concentra su un singolo paese ed è stata diretta contro Israele, l'unica vera democrazia in Medio Oriente - Israele, dove le questioni sono discusse apertamente in un parlamento pieno di dissensi, in cui i diritti umani sono protetti da tribunali indipendenti e in cui le donne, i gay e le minoranze vivono in una società veramente libera.

Parlare di Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite è un ossimoro, ma lo userò lo stesso. Il trattamento di parte del Consiglio di Israele è solo una manifestazione del ritorno dei pregiudizi più antichi del mondo. Sentiamo teppisti oggi in Europa chiedere la gasazione degli ebrei. Abbiamo sentito alcuni leader nazionali paragonare Israele ai nazisti. Questo non dipende dalla politica di Israele, dipende dal fatto che vi sono menti malate. E questa malattia ha un nome. Si chiama antisemitismo.

Si sta ora diffondendo anche nella buona società, dove si maschera come legittima critica a Israele. Per secoli il popolo ebraico è stato demonizzato con calunnie del sangue e accuse di deicidio. Oggi, lo Stato ebraico è demonizzato con la diffamazione e l'accusa di genocidio e di apartheid. Genocidio? In quale universo morale il genocidio comprende l'avvertimento alla popolazione civile del nemico perché eviti il pericolo? O assicurare che riceva tonnellate, tonnellate di aiuti umanitari ogni giorno, anche se migliaia di razzi sono stati sparati contro di noi? O la creazione di un ospedale da campo per aiutare i loro feriti? Beh, suppongo che sia lo stesso universo morale in cui un uomo che ha scritto una tesi di menzogne sull'Olocausto, e che insiste su una Palestina libera di ebrei, Judenrein, può parlare su questo podio e senza vergogna accusare Israele di genocidio e pulizia etnica.

In passato, le menzogne oltraggiose contro gli ebrei sono stati i precursori del massacro del nostro popolo.

Ma ora non più.

Oggi il popolo ebraico ha il potere di difendersi. Ci difendiamo contro i nostri nemici sul campo di battaglia. Noi esporremo le loro menzogne contro di noi nella corte dell'opinione pubblica. Israele continuerà a resistere fiero e indomito.

Signore e signori, nonostante le enormi sfide che Israele affronta, credo che abbiamo un'opportunità storica.

Dopo decenni in cui hanno visto Israele come loro nemico, gli Stati nel mondo arabo sono in grado oggi di riconoscere che insieme noi e loro dobbiamo affrontare molti degli stessi pericoli: questo significa principalmente un Iran dotato di armi nucleari e i movimenti islamisti militanti che guadagnano terreno nel mondo sunnita.

La nostra sfida è quella di trasformare questi interessi comuni per creare una partnership produttiva. Un rapporto che potrebbe costruire un più sicuro, pacifico e prospero Medio Oriente.

Insieme possiamo rafforzare la sicurezza regionale. Siamo in grado di avanzare progetti su acqua, agricoltura, trasporti, sanità, settore energetico, in tanti campi.

Credo che la collaborazione tra di noi possa contribuire a facilitare la pace tra Israele e i palestinesi. Molti hanno a lungo ipotizzato che una pace israelo-palestinese può contribuire a facilitare un riavvicinamento più ampio tra Israele e il mondo arabo. Ma in questi giorni penso che potrebbe funzionare l'inverso: cioè che un riavvicinamento più ampio tra Israele e il mondo arabo può contribuire a facilitare una pace israelo-palestinese.

E quindi, per raggiungere quella pace, dobbiamo guardare non solo a Gerusalemme e Ramallah, ma anche al Cairo, ad Amman, Abu Dhabi, Riyadh e altrove. Credo che la pace possa essere realizzata con la partecipazione attiva dei Paesi arabi, quelli che sono disposti a fornire appoggio politico, materiale e altre forme di sostegno indispensabile. Sono pronto a fare un compromesso storico, non perché Israele stia occupando una terra straniera. Il popolo di Israele non occupa la Terra di Israele. Storia, archeologia e buon senso tutti dimostrano che abbiamo avuto un singolare attaccamento a questa terra per oltre 3.000 anni.

Voglio la pace perché voglio creare un futuro migliore per il mio popolo. Ma deve essere una vera pace, ancorata nel reciproco riconoscimento e con duraturi e solidissimi accordi di sicurezza. Perché vedete, i ritiri di Israele dal Libano e Gaza hanno creato due enclaves di militanti islamici ai nostri confini da cui sono stati sparati contro Israele decine di migliaia di razzi.

Queste esperienze fanno riflettere e aumentano le preoccupazioni di sicurezza di Israele riguardo a potenziali concessioni territoriali in futuro. Tali problemi di sicurezza sono ancora più urgenti oggi. Basta guardare intorno a voi. Il Medio Oriente è nel caos. Vecchi Stati si stanno disintegrando. Gli islamisti militanti stanno riempiendo il vuoto.

Israele non può accettare che i territori da cui si ritirasse vengano di nuovo occupati da militanti islamici, come è successo a Gaza e in Libano. Ciò metterebbe gli analoghi dell'ISIS alla distanza di un tiro di mortaio - a pochi chilometri - dall' 80% della nostra popolazione.

Pensateci. La distanza tra le linee del 1967 e i sobborghi di Tel Aviv è come la distanza tra l'edificio delle Nazioni Unite in cui siamo e Times Square. Israele è un piccolo Paese. Ecco perché ogni accordo di pace, che ovviamente richiederà un compromesso territoriale, dovrà sempre basarsi sulla condizione che Israele sia in grado di difendersi da sola contro ogni minaccia. Eppure, nonostante tutto quello che è successo, alcuni ancora non prendono sul serio i problemi di sicurezza di Israele. Ma io lo faccio, e lo farò sempre. Perché, come Primo Ministro di Israele, io ho la terribile responsabilità di garantire il futuro del popolo ebraico e il futuro dello Stato ebraico. E non importa quanta pressione ci venga esercitata contro, non vacillerò nell'adempimento tale responsabilità.

Credo che con un approccio nuovo da parte dei nostri vicini, saremo in grado di promuovere la pace, nonostante le difficoltà che dobbiamo affrontare.

In Israele, abbiamo esperienza di rendere possibile l'impossibile. Abbiamo fatto fiorire il deserto. E con poche risorse naturali, abbiamo utilizzato le menti fertili del nostro popolo per trasformare Israele in un centro globale di tecnologia e innovazione. La pace, naturalmente, permetterebbe a Israele di realizzare il suo pieno potenziale e di costruire un futuro promettente, non solo per il nostro popolo, non solo per il popolo palestinese, ma per molti, molti altri nella nostra regione.

Ma il vecchio modello per la pace deve essere aggiornato. Si deve tener conto delle nuove realtà e nuovi ruoli e responsabilità per i nostri vicini arabi. Signore e Signori, vi è un nuovo Medio Oriente. Si presentano nuovi pericoli, ma anche nuove opportunità. Israele è disposto a lavorare con i partner arabi e con la comunità internazionale per affrontare quei pericoli e cogliere tali opportunità. Insieme dobbiamo riconoscere la minaccia globale dell'Islam militante, l'importanza di smantellare le capacità di armi nucleari dell'Iran e il ruolo indispensabile degli stati arabi nel promuovere la pace con i palestinesi.

Tutto questo può sembrare un affronto ai luoghi comuni, ma è la verità. E la verità deve essere sempre detta, soprattutto qui, alle Nazioni Unite.

Isaia, il nostro grande profeta di pace, ci ha insegnato quasi 3.000 anni fa a Gerusalemme di dire la verità al potere. לְמַעַן צִיּוֹן לֹא אֶחֱשֶׁה וּ לְמַעַן יְרוּשָׁלִַם לֹא אֶשְׁקוֹט עַד-יֵצֵא כַּנֹּגַהּ צִדְקָהּ וִישׁוּעָתָהּ כְּלַפִּיד יִבְעָר.

Per amore di Sion io non tacerò. Per il bene di Gerusalemme, non sarò muto. Finché la sua giustizia splenderà luminosa, e la sua salvezza brillerà come una torcia fiammeggiante.

Signore e Signori, accendiamo una torcia di verità e di giustizia per salvaguardare il nostro futuro comune.

Grazie.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=55462" onclick="window.open(this.href);return false;
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Mamma mia, che lenzuolata.
Hai ragione. Di solito non lo faccio, ma almeno in questo caso ne valeva la pena. Peraltro mi permetto consigliarti un libro di questo autore, che è uno studioso riconosciuto e sopra le parti (questo invece è disponibile on line sul sito dell'autore http://www.moncadadimonfortemario.it/Is ... allito.pdf" onclick="window.open(this.href);return false; )

Clicca per vedere l'immagine a dimensioni originali
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mr-shadow ha scritto:[ Peraltro mi permetto consigliarti un libro di questo autore, che è uno studioso riconosciuto e sopra le parti (questo invece è disponibile on line sul sito dell'autore http://www.moncadadimonfortemario.it/Is ... allito.pdf" onclick="window.open(this.href);return false; )
Ho visto che in un capitolo riporta anche lui le 72 risoluzioni dell'ONU, manipolate e corrette in chiave anti israeliana...
Ma chi è poi questo signore? Dice di essere entrato in contatto con l'ebraismo a Ivrea dove non c'è una comunità ebraica da molti decenni; dice anche che ha imparato da Adriano Olivetti, che tecnicamente non era affatto ebreo, essendo figlio di madre valdese e sul piano culturale non ha mai avuto rapporti con l'ebraismo. Si vanta molto di un "premio Calabria", che non è non dico il Nobel, ma neanche lo Strega; ha fatto o fatto fare una voce di wikipedia copiata alla lettera dal suo sito personale (cioè puramente pubblicitaria). Soprattutto scrive di Israele senza averne nessuna competenza, o almeno senza rivelare le ragioni di una tale competenza, a parte l'aver lavorato a Ivrea...
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Suggerisco la lettura di questo libro:

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La recensione:

Di pura razza italiana

di Mario Avagliano, Marco Palmieri
448 pagine.

L’Italia «ariana» di fronte alle leggi razziali

Alla fine degli anni Trenta, con la conquista dell’Etiopia e la proclamazione dell’Impero, l’Italia fascista sente il bisogno di affiancare alla nuova coscienza imperiale degli italiani, anche una coscienza razziale. Ben presto dal «razzismo africano» si passerà all’antisemitismo, e nel 1938 in pochi mesi si arriverà alle fatidiche leggi razziali che equivalsero alla «morte civile» per gli ebrei, banditi da scuole, luoghi di lavoro, esercito, ed espropriati delle loro attività. Tutti gli italiani «ariani» aderirono, dai piccoli balilla che non salutavano più i compagni, a gente comune e alti accademici che volsero le spalle agli ex amici. La bella gioventù dell’epoca (universitari, giornalisti e professionisti in erba) rappresentò l’avanguardia del razzismo fascista. Molti di loro avrebbero costituito l’ossatura della classe dirigente della Repubblica, ma quasi tutti in quel quinquennio furono contagiati dal virus antisemita. Ecco perché per circa sessant’anni c’è stata una sorta di autoassoluzione nazionale che gli storici non hanno pienamente rivisto.

Per restituirci un’immagine più veritiera dell’atteggiamento della popolazione di fronte alla persecuzione dei connazionali ebrei, Avagliano e Palmieri hanno scandagliato un’enorme mole di fonti (diari, lettere, carteggi burocratici e rapporti dei fiduciari della polizia politica, del Minculpop e del Pnf) dal 1938 al 1943. Ne è emersa una microstoria che narra un «altro Paese», fatto di persecutori (i funzionari di Stato), di agit-prop (i giornalisti e gli intellettuali che prestarono le loro firme), di delatori (per convinzione o convenienza), di spettatori (gli indifferenti) e di semplici sciacalli che approfittarono delle leggi per appropriarsi dei beni e le aziende degli ebrei. Rari i casi di opposizione e di solidarietà, perlopiù confinati nella sfera privata.
Fa male scoprire che l’adesione fu di massa, ma altrimenti non si potrebbe capire l’efficacia della macchina della persecuzione (di cui poi si giovarono i nazisti) e le ragioni psicologiche di una rimozione così ampia.

http://www.baldinicastoldi.it/libri/di- ... -italiana/" onclick="window.open(this.href);return false;

Non è che le cose siano cambiate molto. Quella storia lì non è finita. Come allora prendevano pretesto dalla razza, dalla rivoluzione, dal capitalismo e da chissà che, oggi parlano di Israele, inventandosi colpe come quelle che si inventavano i fascisti e i nazisti. E' triste dirlo, ma Auschwitz non è mai stata chiusa davvero.
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inventandosi colpe come quelle che si inventavano i fascisti e i nazisti
I sionisti si sono sporcati le mani col sangue dei loro fratelli perseguitati, e se non è vero che ne hanno eguagliato i metodi di sicuro la persecuzione fa loro comodo, perché possono tirarla fuori ogni qualvolta fa comodo (cioè sempre)...
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27 settembre 2014

Se il diritto internazionale viene applicato a corrente alternata

Quando Israele attaccava i terroristi a Gaza veniva condannato dagli stessi paesi arabi che ora sostengono l’attacco Usa contro i terroristi in Siria

di Alan Dershowitz

http://www.focusonisrael.org/2014/09/27 ... e-alterne/" onclick="window.open(this.href);return false;
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mr-shadow ha scritto:I sionisti si sono sporcati le mani col sangue dei loro fratelli perseguitati, e se non è vero che ne hanno eguagliato i metodi di sicuro la persecuzione fa loro comodo, perché possono tirarla fuori ogni qualvolta fa comodo (cioè sempre)...
Ognuno pensi alle sue di mani sporche. E la civilissima Europa (Germania, Italia ed altri paesi che hanno collaborato allo sterminio) queste mani non riuscirà mai ad averle pulite. Anzi, probabilmente, visto il clima dilagante, molti vorrebbero sporcarle ancora di più.
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Scusa, ma le mie mani sono pulite. All'epoca non c'ero ed oggi non mi sogno minimamente di perseguitare nessuno. Le mani sporche di sangue non le hanno i popoli europei attuali, le ha chi ha sfruttato la persecuzione e ne sfrutta la memoria.
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mr-shadow ha scritto:Scusa, ma le mie mani sono pulite. All'epoca non c'ero ed oggi non mi sogno minimamente di perseguitare nessuno. Le mani sporche di sangue non le hanno i popoli europei attuali, le ha chi ha sfruttato la persecuzione e ne sfrutta la memoria.
E' terribile questa accusa fatta agli Ebrei di voler strumentalizzare la Shoah. Attribuisci loro delle intenzioni davvero meschine. Spiegami comunque cosa intendi quando dici che gli Ebrei - immagino anche gli Ebrei attuali - avrebbero le mani sporche perché hanno sfruttato la persecuzione.
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Achille Lorenzi ha scritto:Per restituirci un’immagine più veritiera dell’atteggiamento della popolazione di fronte alla persecuzione dei connazionali ebrei, Avagliano e Palmieri hanno scandagliato un’enorme mole di fonti (diari, lettere, carteggi burocratici e rapporti dei fiduciari della polizia politica, del Minculpop e del Pnf) dal 1938 al 1943. Ne è emersa una microstoria che narra un «altro Paese», fatto di persecutori (i funzionari di Stato), di agit-prop (i giornalisti e gli intellettuali che prestarono le loro firme), di delatori (per convinzione o convenienza), di spettatori (gli indifferenti) e di semplici sciacalli che approfittarono delle leggi per appropriarsi dei beni e le aziende degli ebrei. Rari i casi di opposizione e di solidarietà, perlopiù confinati nella sfera privata.
Fa male scoprire che l’adesione fu di massa, ma altrimenti non si potrebbe capire l’efficacia della macchina della persecuzione (di cui poi si giovarono i nazisti) e le ragioni psicologiche di una rimozione così ampia.
Cito questa parte della recensione e mi domando: se si ripetessero le stesse circostanze, pura avendo la memoria storica di quanto è accaduto, vi sarebbe un'altra Shoah?
Io penso di sì. Auschwitz non è mai stata chiusa davvero.
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E' terribile questa accusa fatta agli Ebrei di voler strumentalizzare la Shoah. Attribuisci loro delle intenzioni davvero meschine. Spiegami comunque cosa intendi quando dici che gli Ebrei - immagino anche gli Ebrei attuali - avrebbero le mani sporche perché hanno sfruttato la persecuzione.
Scusa, tu scrivi ebrei, io intendo sionisti. Non è la stessa cosa, perché io non ho nulla contro gli ebrei, tantopiù che un ebreo non è automaticamente sionista mentre un sionista non è automaticamente ebreo. Avresti quindi dovuto scrivere...
E' terribile questa accusa fatta [ai sionisti] di voler strumentalizzare la Shoah. Attribuisci loro delle intenzioni davvero meschine. Spiegami comunque cosa intendi quando dici che [i sionisti] - immagino anche [i sionisti] attuali - avrebbero le mani sporche perché hanno sfruttato la persecuzione.
...perché lo sfruttamento politico della Shoa è una delle costanti del sionismo.
Ciò premesso la documentazione storica della complicità tra sionisti e nazisti l'ho già illustrata, e hai risposto affermando che hanno fatto l'errore, comune a tanti, di credere in Hitler prima che rivelasse la sua vera natura. Risposta che potrebbe essere condivisibile se non esistesse documentazione di azioni comuni ben oltre il 1939, quando la politica antiebraica era in pieno corso. Abbastanza impietosa è del resto la recensione a “I soldati ebrei di Hitler” pubblicato da Newton & Compton nella collana “I Volti della Storia”, un libro che documenta con nomi e fatti la collaborazione tra sionisti e nazisti.
Quando la rivista di propaganda nazista “Signal” de- dicò la copertina al “soldato tedesco ideale”, nel 1939, non poteva certo immaginare che quel volto appartenesse ad un giovane ebreo, il Gefreiter Werner Goldberg. Questa la foto più sorprendente, delle tante di ufficiali, generali, ammiragli, membri del partito nazista, contenute nel libro del giovane storico ebreo Bryan Mark Rigg, laureato alla Yale University, “I soldati ebrei di Hitler” pubblicato recentemente da Newton & Compton nella collana “I Volti della Storia” (pagine 395, 16,90 euro).
Uno studio accurato, una documentazione quasi esasperata, durata anni di viaggi, di incontri, di esami dettagliati di documenti pubblici e privati, superando l’ostilità e il boicottaggio degli studiosi “ufficiali” della “questione ebraica”.
Nella prefazione, Rigg racconta d’essere stato ispirato alla ricerca dalla visione d’un film, “Europa, Europa” in cui si racconta la storia dell’ebreo Perel che, falsificando la propria identità, prestò servizio nella Wehrmacht e studiò in un collegio per la gioventù hitleriana dal 1941 al 1945.
Il film raccontava una vicenda reale. Tornato all’Università di Yale, dove frequentava il secondo anno di college, Rigg si mise al lavoro. Gli sarebbe bastato trovare una dozzina di Perel e ne avrebbe ricavato uno studio interessante. Ne trovò 150.000 e questo sconvolse tutte le sue certezze.
Gli storici avevano sempre parlato di una cifra irrisoria di ebrei o mezzi ebrei (Mischlinge) che avevano militato sotto la croce uncinata. Mai tuttavia, ricoprendo alte cariche.
Rigg iniziò una corsa contro il tempo, poiché quei veterani morivano ormai a migliaia di giorno in giorno. Si avvalse dell’effetto “valanga”, nel senso che ogni intervistato faceva i nomi di altri camerati. Quasi tutti si mostrarono disposti ad aprire le loro case e i loro cuori. In più autorizzarono il libero accesso ai fascicoli personali contenuti negli archivi. Vennero fuori documenti “che nessuno aveva mai esaminato prima” (siamo tra il 1994 e il ’98!) e “furono dette cose che non erano mai state dette prima”. Le loro vicende costituiscono la testimonianza diretta d’una storia oscura e raccapricciante.
Una storia che molti professori avrebbero preferito restasse nei cassetti. Ma Rigg appartiene a quella schiera ormai folta di storici ebrei che, sulla scia di Kath, Arendt, Kimmerling, Novick, Finkelstein e altri, vogliono la verità sull’Olocausto. La critica, quando non li accusa di filo-nazismo (come accade per Hanna Arendt), li considera “revisionisti” nell’accezione staliniana del termine.
Sono quelli che alla domanda «perché un ebreo scrive queste cose?», rispondono: «Perché un ebreo NON dovrebbe scrivere queste cose?».
Il suo lungo studio, i suoi documenti, i suoi testimoni, ci conducono in un mondo in cui avevamo sentito parlare in fretta e per accenni, ma che mai avevamo penetrato e di cui mai prima d’ora avevamo incontrato gli abitanti: il mondo dei “soldati ebrei di Hitler”.
Una popolazione, non uno sparuto gruppo come si è voluto far credere per oltre mezzo secolo. Una popolazione con i suoi generali, i suoi ufficiali, le sue truppe.
L’elenco di Rigg è sconvolgente. Il feldmaresciallo Erhard Milch, decorato da Hitler per la campagna del 1940 (aggressione della Norvegia). L’Oberbaurat della Marina e membro del partito nazista Franz Mendelssohn, discendente diretto del famoso filosofo ebreo Moses Mendelssohn. L’ammiraglio Bernhard Rogge decorato da Hitler e dall’imperatore del Giappone. Il comandante Paul Ascher, ufficiale di Stato maggiore sulla corazzata Bismarck. Gerhard Engel, maggiore aiutante militare di Hitler. Il generale Johannes Zukertort e suo fratello il generale Karl Zukertort. Il generale Gothard Heinrici. Il generale Karl Litzmann, “Staatsrat” e membro del partito nazista. Il generale Werner Larzahn decorato da Hitler. Il generale della Luftwaffe Helmut Wilberg dichiarato ariano da Hitler. Philipp Bouhler, Capo della Cancelleria del Fuhrer. Il maggiore Friedrich Gebhard, decorato da Hitler. Il superdecorato maggiore Heinz Rohr, l’eroe degli U-802, i sottomarini tedeschi. Il capitano Helmut Schmoeckel…
Segue una sfilza di ufficiali, sotto-ufficiali, soldati. Tutti ebrei, o mezzi ebrei o ebrei per un quarto o addirittura per il 37,5 per cento, come il Gefreiter Achim von Bredow.
Poi la ricerca scava impietosa fino ad un nome terribile: Reinhardt Heydrich, “la bestia bionda”, “Il Mosè biondo”, Capo dell’ufficio per la sicurezza del Reich, generale delle SS, “l’ingegnere dello sterminio”, diretto superiore di Heichmann.
Era ebreo Heydrich? Molti assicurano di sì. Di certo suo padre lo era. Di certo gli fu accordata da Hitler “l’esenzione”.È una foiba, il libro di Rigg, da cui si estraggono scheletri che si voleva dimenticare, nome e fatti da cancellare. Nomi di uomini che fecero la storia del XX secolo. Fatti che resero quella storia atroce.
E forse fu per prudenza che al processo di Norimberga non si parlò di Olocausto, ma, più genericamente, di crimini di guerra o contro l’umanità.
Forse fu per prudenza che tra gli imputati non sedesse Heichmann, esecutore degli ordini di Heydrich.
«Non potevamo immaginare – ricordava Yitzhak Zuckerman, capo della rivolta del ghetto di Varsavia – che gli ebrei avrebbero condotto alla morte altri ebrei». E Zuckerman non si riferiva soltanto agli ebrei della Wehrmacht, della Luftwaffe, della Marina o delle SS, ma soprattutto ai sonderkommandos, la polizia ebrea collaborazionista così efficacemente e drammaticamente narrata dall’ebreo Roman Polanski nel suo ultimo film “Il pianista”.
Perché dunque, un libro come questo di Rigg ci sconvolge tanto? Forse perché il peso della “soluzione finale” è insopportabile e scopriamo di poterlo distribuire su altre spalle, anche quelle ebree. Forse perché siamo ancora alle prese con la retorica del “caso Priebke”. Un ultranovantenne, ex ufficiale nazista, accusato di non aver disobbedito a ordini considerati disumani e che il libro di Rigg inevitabilmente pone a confronto con centinaia di generali e ufficiali ebrei che quegli ordini li eseguirono tanto bene da meritarsi le decorazioni e gli elogi di Hitler. Forse perché ci ha aiutato a capire che non esiste una “colpa collettiva” del popolo tedesco, così come non esiste una “innocenza collettiva” del popolo ebraico.
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il Gefreiter Werner Goldberg, il soldato tedesco ideale
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La verità sul medio oriente, oltre la propaganda antisemita

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mr-shadow ha scritto:Scusa, tu scrivi ebrei, io intendo sionisti. Non è la stessa cosa, perché io non ho nulla contro gli ebrei, tantopiù che un ebreo non è automaticamente sionista mentre un sionista non è automaticamente ebreo. Avresti quindi dovuto scrivere...
Ok, d'ora in avanti farò questa distinzione.
...perché lo sfruttamento politico della Shoa è una delle costanti del sionismo.
Ma io ti ho chiesto anche di più. Ti ho chiesto: «Spiegami comunque cosa intendi quando dici che - immagino anche attuali - avrebbero le mani sporche perché hanno sfruttato la persecuzione». Se davvero i Sionisti sfruttarono la persecuzione hitleriana, queste sono colpe che appartengono alle persone che vissero allora. Visto che tu dici «All'epoca non c'ero ed oggi non mi sogno minimamente di perseguitare nessuno. Le mani sporche di sangue non le hanno i popoli europei attuali», il discorso vale anche per i Sionisti attuali.
Ciò premesso la documentazione storica della complicità tra sionisti e nazisti l'ho già illustrata, e hai risposto affermando che hanno fatto l'errore, comune a tanti, di credere in Hitler prima che rivelasse la sua vera natura. Risposta che potrebbe essere condivisibile se non esistesse documentazione di azioni comuni ben oltre il 1939, quando la politica antiebraica era in pieno corso. Abbastanza impietosa è del resto la recensione a “I soldati ebrei di Hitler” pubblicato da Newton & Compton nella collana “I Volti della Storia”, un libro che documenta con nomi e fatti la collaborazione tra sionisti e nazisti.
Nelle pagine che citi si parla di 150.000 ebrei che avrebbero servito nell'esercito nazista. E la data più tarda citata è il 1940. Se è vero quanto si legge in questo libro questi ebrei si comportarono in maniera a dir poco criticabile. Ma 150.000 persone sono un'esigua minoranza se paragonati ai milioni di vittime che ci furono e ai milioni di ebrei che si opposero al nazismo. Fra l'altro si può osservare che la maggior parte dei tedeschi non sapeva cosa accadeva nei campi di concentramento. Gli ebrei tedeschi avrebbero dovuto essere geneticamente refrattari all'ideologia nazista? Erano anch'essi tedeschi, vivevano in Germania e come altri tedeschi una parte di loro seguì la follia collettiva. Non ci vedo nulla di strano in tutto ciò.
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mr-shadow ha scritto:Poi la ricerca scava impietosa fino ad un nome terribile: Reinhardt Heydrich, “la bestia bionda”, “Il Mosè biondo”, Capo dell’ufficio per la sicurezza del Reich, generale delle SS, “l’ingegnere dello sterminio”, diretto superiore di Heichmann.
Era ebreo Heydrich? Molti assicurano di sì. Di certo suo padre lo era. Di certo gli fu accordata da Hitler “l’esenzione”.
Solo un'osservazione su questo punto, che fa molto effetto che ma che dimostra di essere privo di fondamento (mi domando quanto sia credibile tutto il resto...): «Reinhard Heydrich nacque ad Halle, in Germania, il 7 marzo 1904 figlio del musicista e compositore Richard Bruno Heydrich ed Elisabeth Anna Maria Amalia Krantz. Heydrich veniva spesso deriso in gioventù col soprannome di Moses Handel, poiché si mormorava che avesse antenati ebrei.[1] Wilhelm Canaris affermò di aver ottenuto dei documenti che provavano le origini ebraiche di Heydrich, ma questi documenti non sono mai stati pubblicati.
Infine, l'indagine sistematica condotta da Karin Flachowsky sui registri parrocchiali della Sassonia ha definitivamento provato che Heydrich non aveva alcuna ascendenza ebraica.[2] Lo stesso Heydrich ordinò ai ricercatori delle Schutzstaffeln di investigare su quest'ipotesi, dimostrando di non avere antenati ebrei.[3][4]».

http://it.wikipedia.org/wiki/Reinhard_Heydrich" onclick="window.open(this.href);return false;
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... il discorso vale anche per i Sionisti attuali.
No, non vale, esattamente come non vale per i comunisti, i fascisti, i nazisti. Sarebbe troppo facile potersi dire sionista (o comunista, fascista, nazista), senza farsi carico di quello che queste ideologie totalitarie hanno rappresentato e in parte ancora rappresentano. E soprattutto ignorando (o facendo finta di ignorare), quali ne siano gli obiettivi. Israele ha la forza e la preparazione militare per poter agire da terra e da mare su tutta la striscia di Gaza ma preferisce bombardare. Potrebbe invadere il territorio nemico e controllarlo come vuole con una minima perdita di forze, potrebbe mettere al muro tutti i terroristi che vuole, ma preferisce lanciare razzi e approfittare della situazione per fare "pulizia". Posto che qualsiasi cosa faccia viene criticato, se Israele si decidesse a un'azione di terra per stanare e fucilare sul posto ogni terrorista molte delle persone che lo criticano (ed io tra queste), lo elogerebbero. Invece si preferisce darsi a una barbarie senza fine con la scusa della difesa preventiva. Ed è tutto sangue che sporca le mani e va sulla coscienza di chi sostiene un'ideologia totalitaria che non si fa scrupolo alcuno verso chi non la condivide. Esattamente come gli altri totalitarismi hanno fatto.
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Achille Lorenzi ha scritto:
mr-shadow ha scritto:Poi la ricerca scava impietosa fino ad un nome terribile: Reinhardt Heydrich, “la bestia bionda”, “Il Mosè biondo”, Capo dell’ufficio per la sicurezza del Reich, generale delle SS, “l’ingegnere dello sterminio”, diretto superiore di Heichmann.
Era ebreo Heydrich? Molti assicurano di sì. Di certo suo padre lo era. Di certo gli fu accordata da Hitler “l’esenzione”.
Solo un'osservazione su questo punto, che fa molto effetto che ma che dimostra di essere privo di fondamento (mi domando quanto sia credibile tutto il resto...): «Reinhard Heydrich nacque ad Halle, in Germania, il 7 marzo 1904 figlio del musicista e compositore Richard Bruno Heydrich ed Elisabeth Anna Maria Amalia Krantz. Heydrich veniva spesso deriso in gioventù col soprannome di Moses Handel, poiché si mormorava che avesse antenati ebrei.[1] Wilhelm Canaris affermò di aver ottenuto dei documenti che provavano le origini ebraiche di Heydrich, ma questi documenti non sono mai stati pubblicati.
Infine, l'indagine sistematica condotta da Karin Flachowsky sui registri parrocchiali della Sassonia ha definitivamento provato che Heydrich non aveva alcuna ascendenza ebraica.[2] Lo stesso Heydrich ordinò ai ricercatori delle Schutzstaffeln di investigare su quest'ipotesi, dimostrando di non avere antenati ebrei.[3][4]».

http://it.wikipedia.org/wiki/Reinhard_Heydrich" onclick="window.open(this.href);return false;
L'autore del libro non lo da per certo.
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Se è vero
Il fatto che ricerche come questa vengano tacciate di revisionismo nel senso deteriore del termine (cioè confuso col negazionismo), dovrebbe far riflettere.
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mr-shadow ha scritto:L'autore del libro non lo da per certo.
La recensione che tu hai postato invece sì: "Di certo suo padre lo era".
Non era affatto ebreo invece e non aveva antenati ebrei.
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mr-shadow ha scritto:No, non vale, esattamente come non vale per i comunisti, i fascisti, i nazisti. Sarebbe troppo facile potersi dire sionista (o comunista, fascista, nazista), senza farsi carico di quello che queste ideologie totalitarie hanno rappresentato e in parte ancora rappresentano. E soprattutto ignorando (o facendo finta di ignorare), quali ne siano gli obiettivi. Israele ha la forza e la preparazione militare per poter agire da terra e da mare su tutta la striscia di Gaza ma preferisce bombardare. Potrebbe invadere il territorio nemico e controllarlo come vuole con una minima perdita di forze, potrebbe mettere al muro tutti i terroristi che vuole, ma preferisce lanciare razzi e approfittare della situazione per fare "pulizia". Posto che qualsiasi cosa faccia viene criticato, se Israele si decidesse a un'azione di terra per stanare e fucilare sul posto ogni terrorista molte delle persone che lo criticano (ed io tra queste), lo elogerebbero. Invece si preferisce darsi a una barbarie senza fine con la scusa della difesa preventiva. Ed è tutto sangue che sporca le mani e va sulla coscienza di chi sostiene un'ideologia totalitaria che non si fa scrupolo alcuno verso chi non la condivide. Esattamente come gli altri totalitarismi hanno fatto.
Abbiamo già parlato di questo. Adesso la difesa preventiva sarebbe una scusa per ammazzare i "palestinesi"? In un altro tuo post ti chiedevi se un pensiero del genere fosse una malignità: https://forum.infotdgeova.it/viewtopic.p ... 77#p295677" onclick="window.open(this.href);return false; . Ora vedo che lo esprimi come una certezza.
Se io fossi un cittadino israeliano penserei prima di tutto all'incolumità dei miei soldati. E' vero che Israele potrebbe fare un'invasione via terra - come hanno varie volte fatto ( http://www.panorama.it/news/esteri/isra ... tre-hamas/" onclick="window.open(this.href);return false; ) - per stanare i terroristi (anche se verrebbe lo stesso ferocemente criticata) ma fare questo significherebbe mettere a rischio la vita dei propri soldati. Bombardare delle postazioni missilistiche, avvertendo la popolazione di sgomberare la zona, è certamente un metodo più sicuro per far cessare questi attacchi, come ha dimostrato anche la recente operazione bellica.
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Che schifo

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

ogni tanto capita anche a noi. Siamo così immersi in un mondo cinico e bugiardo, così assuefatti a doverci difendere all'antisemitismo, che ci dimentichiamo di indignarci, diamo per scontate cose inaccettabili, non diciamo il fatto loro ai porci razzisti più schifosi quando ce li troviamo davanti. Non parlo per scherzo. E' successo a me, due o tre giorni fa, in una cartolina, quella su Amira Hass e sulla flottiglia (http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=55446" onclick="window.open(this.href);return false;). Ed è successo a voi, che non mi avete rimproverato.

Mi riferisco proprio alla storia della Hass, che – vi ricorderete – è stata buttata fuori dall'università di Bir Zeit vicino a Ramallah, in quanto ebrea. A me è sembrato un caso interessante di fallimento della strategia di seduzione dei propri nemici che è al cuore del Selbshass, l'odio di sé che caratterizza le numerose persone di origine ebraica (non oso chiamarli ebrei) che manifestano odio per Israele e cercano di danneggiarlo per quel che possono. Una bella lezione, lo scrissi ancora e lo penso ancora, per i Chomski, i Pappé, le Butler, i Falck e i loro patetici imitatori italiani, che non nomino.

Ma c'è un altro lato della medaglia, che non ho considerato ed è ancora più importante. Mettiamola così: immaginate la squadra di calcio di una qualunque città italiana o europea che interrompe una partita perché i suoi giocatori si sono accorti che fra gli avversari c'è un - poniamo – induista, o un avventista del settimo giorno. Un paio di loro lo avvicinano e lo invitano a uscire dal campo per evitare guai. Il malcapitato obbedisce, si becca anche un po' di insulti fuori dallo stadio e tutto procede come niente. Secondo voi che succede il giorno dopo? Giustamente la squadra viene espulsa dal campionato e i due bravi sono squalificati a vita e magari l'arbitro che non ha reagito viene espulso anche lui. Oppure immaginate che io mi accorga che a una mia lezione c'è un giainista, uno zoroastriano, un buddista tibetano e dica: no, a lui non insegno, sapete, io devo sentirmi libero dalla presenza di questa religione qui. Secondo voi che cosa succede? Io scommetto che il mio rettore mi convoca un bel consiglio di disciplina con le conseguenze immaginabili. E magari qualcuno mi denuncia. Giustamente. Abbiamo un articolo della Costituzione per garantire che non ci siano discriminazione di religione, razza ecc. Chi ne fa ci fa orrore e anche quelli che nel loro cuore odiano i “negri” e i “giudei” - ce n'è, eccome - è costretto a trattenersi dal rifiuto generale. Nessuno inviterebbe il capo del Ku Klux Klan o del partito razzista a fare propaganda; al massimo lo fanno di notte, strisciando lungo i muri, come accade a certe bande fasciste a Roma.

Bene, chiaritici così le idee, torniamo a Birzeit. Nelle cronache della cacciata della Hass viene fuori come giustificazione che questi non fanno entrare ebrei nel campus da decenni. Non israeliani, ebrei. E nessuno gli dice niente, come nessuno a Ramallah ha protestato a favore della loro indefettibile avvocata (per non dire di peggio), la Hass così fiera della sua moralità antisraeliana. E perché avrebbero dovuto dire qualcosa all'università, visto che Abbas, il puffo furioso che governa senza elezioni l'Autorità palestinese, ha spesso dichiarato di non volere neanche un ebreo sul suo territorio e che perfino se ci fossero delle forze internazionali di interposizione (ne facciamo volentieri a meno) non dovrebbe farne parte nemmeno un ebreo? Nessuna meraviglia che questo signore si sia laureato con una tesi negazionista della Shoà in un'università moscovita (ai tempi del comunismo, beninteso). E del resto, perché non dovrebbe farlo, visto che gli ebrei sono persone non grate in buona parte dei paesi arabi, non solo i loro cittadini di origini ebraiche, ma anche i turisti, se sanno che sono ebrei (non è successo solo in Arabia Saudita, ma perfino in Tunisia)? E anche sulle loro linee aeree, che si stanno comprando quelle italiane, vedremo con che risultato...

E già che ci siamo, che direste se ci fosse un posto in Italia, chessò, Assisi, Loreto, San Giovanni Rotondo, perfino il Vaticano, in cui fosse proibito l'ingresso ai non cattolici? Farebbe scandalo, no? Ma provate ad andare alla Mecca, se volete fare una bella esperienza di discriminazione, rifiuto, se non di peggio... E naturalmente avete mai visto i fior di democratici, i comitati dei diritti umani, il virtuoso Obama, i catoni della democrazia israeliana, gli ipocriti di Jstreet e dintorni, alzare il loro prezioso ditino per queste cose? Ma figuriamoci. Poverini, sono musulmani, non sarai mica islamofobo?

Insomma, diciamocelo, i palestinesi sono razzisti. Per davvero, non come l' ”occupazione” che lamentano nei loro discorsi di stile staliniano. Razzisti che discriminano la gente per razze e religioni. Razzisti che vogliono tornare ad essere i padroni e signori e non sopportano che i loro antichi servi si siano ribellati e abbiano costruito uno Stato. Quelli di Birzeit: razzisti antisemiti. Abbas: razzista negazionista. I palestinisti di tutte le varietà, Hamas, Fatah, FLPL, Autorità Palestinese: neonazisti razzisti. E quelli di sinistra che li appoggiano sono come i comunisti dopo l'accordo Molotov-Ribbentrop, che in nome di Stalin spiegavano che Hitler non era tanto male. Che schifo.

Ugo Volli

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Bravo.
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Achille Lorenzi ha scritto:Il discorso di Bibi Netanyahu (Israele) all'ONU è stato praticamente censurato dai quotidiani italiani. Idem TG e news varie. Mentre quello di Abu Mazen (Palestinesi) aveva avuto larga eco nonostante fosse pieno di odio e propaganda anti-israeliana. Ogni commento è superfluo. Ma siccome la censura italiana volta a manipolare l'opinione delle persone non ci piace, ecco qui di seguito il discorso che ha fatto l'altro giorno alle Nazioni Unite tradotto da Ugo Volli: un testo importante, da leggere e meditare.

Signore e Signori, il popolo d'Israele prega per la pace. Ma le nostre speranze e la speranza del mondo per la pace sono in pericolo. Perché ovunque guardiamo, l'Islam militante è in marcia. ...
Lo straordinario commento di Deborah Fait a questo straordinario discorso di Netanyahu:

Noblesse oblige
Commento di Deborah Fait

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Netanyahu mostra all'Onu una foto in cui si vedono bambini di Gaza vicino a un arsenale di Hamas

“ Noblesse oblige”, o, per usare un’espressione ebraica, Kol HaKavod, queste sono le prime parole che mi sono venute in mente dopo aver ascoltato il discorso del Primo Ministro di Israele Benyamin Netanyahu all’ONU. Un grande leader, un grande statista, un grande Primo Ministro di fronte al quale Abu Mazen si è rivelato, una volta di più, quello che è: un terrorista, un uomo meschino, pieno di odio, che ha fatto alle Nazioni Unite un discorso vergognoso, ignobile, razzista, antisemita, un discorso che soltanto un infimo impiegatuccio del BDS, il movimento internazionale per il boicottaggio di Israele, avrebbe potuto fare.
Immagine
Netanyahu sale sulla tribuna dell'Onu dopo il discorso di Abu Mazen

Abu Mazen, che tutto il mondo considera moderato, ha accusato Israele di genocidio e lui è certamente un esperto sull’argomento avendo scritto una famosa tesi in cui negava la Shoà.
Abu Mazen, che tutto il mondo considera moderato, è stato un terrorista sotto la dittatura di Arafat.
Abu Mazen, che tutto il mondo considera moderato, è stato uno degli organizzatori della strage di Monaco e il tesoriere del gruppo dell’Olp scelto per commettere il massacro degli atleti ebrei alle Olimpiadi del 1972.
Abu Mazen, che tutto il mondo considera moderato, non ha fatto altro che alimentare l’odio tra la popolazione palestinese e finanziare, con i soldi che il mondo regala all’ANP, i movimenti antisemiti nel mondo, il boicottaggio, il terrorismo contro gli ebrei.
Abu Mazen, il moderato, che incita alla violenza perché il mondo non sa, i media non scrivono, le Tv non dicono, che in Israele vi sono ogni giorno attentati, arabi che tirano sassi che a volte uccidono e sempre feriscono, arabi che all’improvviso tirano fuori i coltelli e pugnalano qualsiasi ebreo capiti loro a tiro, operai ebrei che all’improvviso cadono dalle impalcature dove lavorano insieme a colleghi arabi, non si sa come mai! Terrorismo quotidiano e micidiale fatto di un morto qui, tre feriti gravi là, incidenti d’auto strani, caterpillar, guidati da arabi, che perdono inspiegabilmente il controllo per finire sulle persone che passano per la strada.
Questo è il risultato della politica e della propaganda di odio di Abu Mazen, il moderato, quello che fa sbattere in prigione i giornalisti che osano criticare il suo regime, che intitola strade e piazze ai più efferati terroristi, che ordina di educare i bambini all’odio razziale.
Abu Mazen, alleato di Hamas, organizzazione sorella dell’Isis, della Jihad islamica, Al Qaida, Hezbollah, Fratellanza musulmana, Al Gama’a Al Islamiya, Boko Haram e decine di altre, grandi e piccole, rami dello stesso albero pieno di marciume (“Albero velenoso”... Netanyahu) con un unico obiettivo: conquistare il mondo, eliminare Israele, ammazzare gli ebrei e poi tutti gli altri infedeli.
Abu Mazen, il moderato, alleato di terroristi che, durante la guerra contro Israele, imbottivano di tritolo dei neonati che, piangendo, avrebbero attirato i soldati israeliani per poi farli esplodere tutti insieme, neonati palestinesi e soldati.
Abu Mazen, il moderato, che ha ribadito all Assemblea delle Nazioni Unite che la Palestina dovrà essere Judenrein, nemmeno un ebreo dovrà esistere sul suo territorio.
Abu Mazen, il moderato, ha iniziato il suo discorso parlando di Yasser Arafat (il più famoso terrorista della storia) di cui il presidente dell’ANP, decaduto dalla carica da molti anni ma sempre al potere da tiranno qual è, è stato allievo.
Abu Mazen ha fatto l’unico discorso adatto a lui, un discorso vergognoso, un discorso da terrorista, accusando e mentendo, l’unica differenza tra le sue parole e i vecchi discorsi del suo predecessore, è stata l’assenza delle sceneggiate che lui, impiegatuccio del terrore, è incapace di fare.
Arafat, grande imbonitore, inondava le sue parole con ogni sorta di commedie: lacrime, gesti teatrali e giuramenti di pace che usava magistralmente per imbrogliare il mondo intero.
Abu Mazen, no, lui non è un boss, non è un raiss, non è un padrino come il suo predecessore, lui è semplicemente un picciotto, feroce, crudele e mediocre che ha ampiamente spiegato cosa sarebbe uno Stato di Palestina se esistesse: uno stato di terroristi, antisemiti, tagliagole. Abu Mazen ha aperto il suo discorso parlando proprio di Yasser Arafat perchè è con lui che ha avuto inizio l’invenzione del popolo palestinese, è con Arafat che è incominciata la sua storia, prima di lui quelli che vivevano nella regione, che nel 1948 sarebbe diventata Israele, erano semplicemente arabi.

Benyamin Netanyahu, in un precedente discorso all’ONU, aveva parlato della millenaria storia del popolo ebraico e del suo diritto di vivere nella sua antica terra: “Tremila anni fa, il re Davide regnò sullo Stato ebraico nella nostra capitale eterna, Gerusalemme. Lo dico a tutti coloro che proclamano che lo Stato ebraico non ha radici nella nostra regione e che sparirà presto. Nel corso della nostra storia, il popolo ebraico ha superato tutti i tiranni che hanno cercato la nostra distruzione. E le loro ideologie sono state rifiutate dalla storia. Il popolo di Israele vive. Noi diciamo in ebraico Am Yisrael Chai, e lo Stato ebraico vivrà per sempre.”
Nel suo intervento di ieri il premier ha ribadito che questo popolo, il popolo ebraico, da 70 anni tornato nella sua antica patria, è minacciato di distruzione dal novello, mai esistito “popolo” palestinese ma che, nonostante l’odio che lo circonda, tutto Israele prega per la pace.
Netanyahu ha ricordato che, mentre in passato (anche oggi, aggiungo io) gli ebrei venivano demonizzati con l’accusa del sangue e accusati di deicidio, oggi lo Stato ebraico è demonizzato e accusato di apartheid e di genocidio. “In quale Universo morale, chiede Netanyahu all’assemblea dell’ONU, il genocidio include avvisare la popolazione civile (nemica) dei bombardamenti, assicurare che riceva tonnellate di aiuti umanitari ogni giorno nonostante le migliaia di missili che venivano sparati su Israele, o allestire un ospedale da campo per curare i loro feriti?” Già, in quale Universo “morale”?
In quello, immorale, del luogo in cui Bibi stava facendo il suo bellissimo intervento, l’Universo immorale dell’ONU che condanna Israele ad ogni sessione, che prepara commissioni internazionali per accusare Israele di genodio e di crimini contro l’umanità. Nell’Universo dell’odio che anima buona parte del mondo che non condanna Hamas e i suoi crimini, che non condanna l’OLP e i suoi crimini, che crede alla moderazione di Abu Mazen, che sta ancora santificando Arafat e il sangue da lui sparso in Europa oltre che in Israele, che boicotta Israele e nega il suo diritto a vivere. Nell’Universo in cui non si manifesta contro i movimenti genocidiali islamici ma si organizzano manifestazioni contro Israele (proprio in questi giorni in diverse città italiane alcuni hanno manifestato invocando una “Palestina libera e laica”. Libera e laica, capite l’ironia?) Nell’Universo filoterrorista che afferma che il terrorismo islamico, che impicca, lapida, taglia le teste, sgozza, minaccia di morte tutto l’Occidente, non è l’Islam! L’Universo ipocrita che finge di non capire, come ha ribadito Bibi, che “L’obiettivo immediato di Hamas è distruggere Israele. Ma Hamas ha un obiettivo più ampio, che è lo stesso dell’ISIS. ISIS e Hamas sono rami dello stesso albero velenoso. Sul piano degli obiettivi finali, Hamas è l’ISIS e l’ISIS è Hamas. La lotta di Israele contro Hamas è la lotta del mondo contro l’islamismo violento. La lotta contro l’islamismo militante è indivisibile. Ecco perché la lotta di Israele contro Hamas è anche la vostra lotta. Israele sta combattendo oggi ciò che i vostri paesi potrebbero essere costretti a combattere domani”.
Lo stesso Universo immorale rifiuta l’idea che “Hamas, Stato Islamico (ISIS), Hezbollah e altre organizzazioni militanti islamiste, condividano tutte la stessa ideologia fanatica: cercano di creare enclave di islamismo militante in continua espansione, dove non esistono libertà né tolleranza. L’ambizione dell’islamismo militante di dominare il mondo sembra una follia. Ma altrettanto folle sembrava l’ambizione globale di un’altra ideologia che ha avuto corso decenni fa: quella nazista. I nazisti credevano nella razza superiore. Gli islamisti militanti credono nella fede superiore”.
Binyamin Netanyahu ha portato all’ONU le prove delle menzogne di Abu Mazen, delle sue accuse, le stesse che parte del mondo ignorante e antisemita muove a Israele. “Cosa farebbero i vostri paesi se migliaia di razzi venissero sparati contro le vostre città? Certamente non lascereste che i terroristi sparassero impunemente i razzi contro i vostri cittadini. Israele si è difeso giustamente sia contro gli attacchi di razzi sia contro i tunnel del terrorismo”.
“Hamas ha combattuto una guerra di propaganda. Ha cinicamente usato scuole palestinesi e dell’Onu come scudi e come magazzini di armi, mentre sparava contro Israele.
“Non abbiamo mai preso deliberatamente di mira i civili a Gaza e ci rincresce per ogni vittima civile. Nessun altro paese e nessun altro esercito nella storia hanno mai fatto tanto quanto noi per evitare il più possibile di causare vittime tra la popolazione civile del nemico. I nostri soldati si attengono a standard morali più alti di ogni altro esercito al mondo: dovrebbero essere ammirati, non condannati”.
“... (Hamas) fa di tutto per colpire vite civili. Hamas mette deliberatamente i suoi razzi dove vivono e giocano i bambini palestinesi”...
"Questi sono i veri crimini di guerra commessi dagli alleati di Abu Mazen nel governo di unità nazionale palestinese da lui guidato. Israele usa i suoi missili per proteggere i propri figli, Hamas usa i suoi figli per proteggere i propri missili. Hamas ha deliberatamente piazzato i suoi razzi nel mezzo delle case e degli ospedali. E’ così che dei civili palestinesi sono rimasti tragicamente e involontariamente uccisi. Israele non prende di mira i civili”.
http://www.israele.net/netanyahu-hamas- ... a-fanatica" onclick="window.open(this.href);return false;

Il Primo Ministro di Israele ha parlato con passione, non ha risparmiato aspre critiche all’ONU: “Il Consiglio Onu per i diritti umani ha tradito la sua nobile missione di proteggere gli innocenti. Il Consiglio per i diritti umani è diventato il Consiglio per i diritti del terrorista. Persino la locuzione Consiglio Onu per i diritti umani è diventata un ossimoro”.
Infine ha accusato senza mezzi termini: “il pregiudizio contro Israele del Consiglio Onu per i diritti umani è una nuova forma di antisemitismo”. Netanyahu, dopo aver ribadito che Israele si difenderà sempre e la sua capacità di difendersi da sè, ha ricordato le parole del profeta Isaia : “Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non avrò requie”.
Per concludere: “Accendiamo la fiaccola della verità e della giustizia per salvaguardare il nostro futuro comune”. http://www.israele.net/netanyahu-hamas- ... a-fanatica" onclick="window.open(this.href);return false;
(Da: YnetNews, Jerusalem Post, 29.4.14)

Non credo servano altre parole se non ribadire ancora e ancora e ancora che Binyamin Natanyahu ha dimostrato una volta di più di essere un grande statista, un leader che, pur mordendosi le dita e senza ammetterlo nemmeno sotto tortura, tutto il mondo ci invidia.
Standing Ovation in onore del Primo Ministro di Israele, Binyamin Netanyahu.

Deborah Fait

Tratto da http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=55472" onclick="window.open(this.href);return false;
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E a proposito del discorso, pieno di falsità, di Abu Mazen:

Il genocidio immaginario di Abu Mazen

L’uomo che scrisse una tesi di dottorato cercando di negare la Shoà è andato all’Onu a proferire ignobili calunnie su Israele

Editoriale del Jerusalem Post

Nel discorso incendiario tenuto venerdì scorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha accusato Israele di condurre un genocidio contro il popolo palestinese.

Abu Mazen si riferiva all’operazione “Margine protettivo” che Israele ha condotto la scorsa estate nella striscia di Gaza controllata da Hamas, dopo il rapimento e assassinio da parte del gruppo terroristico di tre adolescenti israeliani vicino a Gerusalemme e una irrefrenabile escalation di lanci di razzi e colpi di mortaio contro i civili israeliani.

Abu Mazen è stato ben attento a non citare i veri obiettivi dell’operazione, che non avevano nulla a che fare con il genocidio. L’obiettivo primario era quello di distruggere la rete di gallerie terroristiche di Hamas che penetrano fin dentro Israele: tunnel che dovevano servire per condurre attentati terroristici contro i kibbutz e le città israeliane nei dintorni di Gaza allo scopo di uccidere uomini, donne e bambini innocenti, colpevoli soltanto d’essere israeliani. Un secondo obiettivo dell’operazione “Margine protettivo” era quello di distruggere il maggior numero possibile di mortai e razzi: vale a dire gli ordigni che Hamas, Jihad Islamica e altre organizzazioni terroristiche islamiste attive a Gaza lanciano ripetutamente e ossessivamente contro civili israeliani.

Purtroppo, nel corso dei combattimenti per individuare e distruggere i tunnel e gli arsenali dei terroristi, sono rimasti uccisi o feriti anche molti civili palestinesi. Israele stima che circa la metà degli oltre duemila morti nei combattimenti a Gaza siano civili. Molte volte queste vittime sono state il risultato diretto della strategia di Hamas, che cerca esplicitamente di provocare il maggior numero possibile di vittime civili da entrambe le parti. Non a caso Hamas piazza terroristi e lanciarazzi nel mezzo delle zone più densamente abitate; costringe i civili palestinesi a rimanere in quelle zone anche dopo che le Forze di Difesa israeliane li hanno avvertiti di evacuare; utilizza ospedali moschee e scuole, comprese quelle delle Nazioni Unite, come rampe di lancio per i suoi razzi e come nascondigli per armi e terroristi. Mentre spendeva decine di milioni di dollari per costruire una vasta rete di tunnel al solo scopo di attaccare gli israeliani, Hamas non ha costruito un solo rifugio per gli abitanti di Gaza.

Israele, al contrario, fa di tutto per evitare vittime civili. La gente nelle zone dove si trovavano bersagli militari come i tunnel veniva avvertita in anticipo degli imminenti bombardamenti; sono stati lanciati volantini, sono state fatte telefonate, è stata usata la tecnica del colpo d’avvertimento prima dell’attacco vero e proprio per dare tempo agli occupanti di allontanarsi.
La tesi negazionista di Abu Mazen del 1982, pubblicata in volume nel 1984

Nessuna di queste misure – che costituiscono l’esatto contrario di una strategia genocida – ha impedito ai palestinesi di sostenere che Israele a Gaza abbia cercato di realizzare un genocidio. Abu Mazen non ha fatto altro che alimentare questa miserabile menzogna: l’uomo che ha scritto una tesi di dottorato cercando di negare un vero genocidio, la Shoà, è andato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite davanti ai rappresentanti di 193 nazioni a pronunciare ignobili calunnie che sono passate senza suscitare particolari reazioni.

Inutile dire che il discorso di Abu Mazen rende assai difficile immaginare di andare avanti nei negoziati con i palestinesi per un accordo a due stati. E’ proprio il tipo di calunnie e di istigazione all’odio contro Israele interpretato da Abu Mazen sul podio delle Nazioni Unite che impedisce anche solo un minimo di riconciliazione. Fino a quando anche i leader palestinesi più “moderati” continueranno a dipingere gli israeliani come colpevoli di genocidio, non c’è molta speranza di risolvere il conflitto. Non ci può essere alcuna speranza di pace finché i politici palestinesi più popolari come Abu Mazen continuano a considerare un crimine la creazione dello stato di Israele, e non la decisione tragicamente sbagliata da parte dei leader arabi e palestinesi nel 1948 di cercare di distruggere Israele. E non ci può essere speranza di pace finché Abu Mazen indica nel’”occupazione” la causa – e la giustificazione – del terrorismo islamista, tacendo il fatto che i fedayn, che pure ha ricordato nel suo discorso, iniziarono i loro spietati attentati contro i civili israeliani anni prima che vi fosse l’”occupazione”.

Verso la fine del suo discorso, Abu Mazen ha parlato dello sforzo di introdurre un “progetto di risoluzione sul conflitto israelo-palestinese” che preveda la creazione di uno stato di Palestina “su tutto il territorio occupato nel 1967″ con Gerusalemme est come sua capitale e una “giusta” soluzione del problema dei profughi palestinesi. Evidentemente Abu Mazen cerca di imporre a Israele delle condizioni che nessun governo israeliano, passato o presente, potrebbe accettare. Il suo discorso alle Nazioni Unite ha infranto ogni speranza e fiducia che poteva esistere tra i leader politici palestinesi e israeliani. Questo dovrebbe essere il tempo per ricostruire le relazioni bilaterali, non per distruggerle

(Da: Jerusalem Post, 28.9.14)

Tratto da http://www.israele.net/il-genocidio-imm ... -abu-mazen" onclick="window.open(this.href);return false;
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Ora vedo che lo esprimi come una certezza.
Ad essere precisi chiedevo a te se era maligno pensarlo, ma io lo penso davvero. E' la stessa tecnica usata dagli americani in Vietnam del nord, radere al suolo interi villaggi inermi invece di stanare e far fuori i Vietcong che vi si nascondevano anche minacciando la popolazione. Ed è questo che, a prescindere dalle intenzioni israeliane, consente di usare espressioni come genocidio o pulizia etnica. Se è vero che non va mai bene niente di quello che fa che avrebbe da perdere a mettere i terroristi al muro e fucilarli?
La recensione che tu hai postato invece sì: "Di certo suo padre lo era".
Questa degli antenati è pura speculazione. Ebrei si è per religione, non per corredo genetico. C'è chi giura di aver trovato le ascendenze ebraiche di Hitler, ma anche fosse vero non per questo si può dire che fosse ebreo. Se su Heydrich ci si è sbagliati non deve comunque essere preso a pretesto per cercare di svalutare tutta la ricerca.
fare questo significherebbe mettere a rischio la vita dei propri soldati.
E allora che li addestri e paghi a fare?
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mr-shadow ha scritto:Ad essere precisi chiedevo a te se era maligno pensarlo, ma io lo penso davvero. E' la stessa tecnica usata dagli americani in Vietnam del nord, radere al suolo interi villaggi inermi invece di stanare e far fuori i Vietcong che vi si nascondevano anche minacciando la popolazione. Ed è questo che, a prescindere dalle intenzioni israeliane, consente di usare espressioni come genocidio o pulizia etnica. Se è vero che non va mai bene niente di quello che fa che avrebbe da perdere a mettere i terroristi al muro e fucilarli?
Ma non è affatto vero che Israele rade al suolo interi villaggi inermi. E' stato ripetuto molte volte e voler insistere con simili accuse significa negare i fatti e la realtà di ciò che accade od è accaduto. Basta leggere l'ottimo articolo del "Jerusalem Post" riportato qui sopra per sapere come stanno realmente le cose. Tu riproponi le tesi menzognere di Abu Mazen e di tutta la propaganda infamante anti israeliana, tesi che sono state più volte, come dicevo, già discusse e confutate.
Cito parte del suddetto articolo, che riassume correttamente i fatti:
...
Abu Mazen è stato ben attento a non citare i veri obiettivi dell’operazione, che non avevano nulla a che fare con il genocidio. L’obiettivo primario era quello di distruggere la rete di gallerie terroristiche di Hamas che penetrano fin dentro Israele: tunnel che dovevano servire per condurre attentati terroristici contro i kibbutz e le città israeliane nei dintorni di Gaza allo scopo di uccidere uomini, donne e bambini innocenti, colpevoli soltanto d’essere israeliani. Un secondo obiettivo dell’operazione “Margine protettivo” era quello di distruggere il maggior numero possibile di mortai e razzi: vale a dire gli ordigni che Hamas, Jihad Islamica e altre organizzazioni terroristiche islamiste attive a Gaza lanciano ripetutamente e ossessivamente contro civili israeliani.

Purtroppo, nel corso dei combattimenti per individuare e distruggere i tunnel e gli arsenali dei terroristi, sono rimasti uccisi o feriti anche molti civili palestinesi. Israele stima che circa la metà degli oltre duemila morti nei combattimenti a Gaza siano civili. Molte volte queste vittime sono state il risultato diretto della strategia di Hamas, che cerca esplicitamente di provocare il maggior numero possibile di vittime civili da entrambe le parti. Non a caso Hamas piazza terroristi e lanciarazzi nel mezzo delle zone più densamente abitate; costringe i civili palestinesi a rimanere in quelle zone anche dopo che le Forze di Difesa israeliane li hanno avvertiti di evacuare; utilizza ospedali moschee e scuole, comprese quelle delle Nazioni Unite, come rampe di lancio per i suoi razzi e come nascondigli per armi e terroristi. Mentre spendeva decine di milioni di dollari per costruire una vasta rete di tunnel al solo scopo di attaccare gli israeliani, Hamas non ha costruito un solo rifugio per gli abitanti di Gaza.

Israele, al contrario, fa di tutto per evitare vittime civili. La gente nelle zone dove si trovavano bersagli militari come i tunnel veniva avvertita in anticipo degli imminenti bombardamenti; sono stati lanciati volantini, sono state fatte telefonate, è stata usata la tecnica del colpo d’avvertimento prima dell’attacco vero e proprio per dare tempo agli occupanti di allontanarsi.

Nessuna di queste misure – che costituiscono l’esatto contrario di una strategia genocida – ha impedito ai palestinesi di sostenere che Israele a Gaza abbia cercato di realizzare un genocidio. Abu Mazen non ha fatto altro che alimentare questa miserabile menzogna: l’uomo che ha scritto una tesi di dottorato cercando di negare un vero genocidio, la Shoà, è andato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite davanti ai rappresentanti di 193 nazioni a pronunciare ignobili calunnie che sono passate senza suscitare particolari reazioni.
Questa degli antenati è pura speculazione. Ebrei si è per religione, non per corredo genetico. C'è chi giura di aver trovato le ascendenze ebraiche di Hitler, ma anche fosse vero non per questo si può dire che fosse ebreo. Se su Heydrich ci si è sbagliati non deve comunque essere preso a pretesto per cercare di svalutare tutta la ricerca.
Simili errori però fanno nascere dei legittimi sospetti anche sul resto dei contenuti. In ogni modo, come ho commentato sopra, il fatto che ci siano stati ebrei che hanno militato nell'esercito di Hitler è cosa piuttosto normale.
E allora che li addestri e paghi a fare?
Li addestra per difendere i cittadini ebrei e israeliani. Non per mandarli a farsi rapire o sgozzare da dei terroristi. E a proposito di come hanno agito i soldati dell'esercito israeliano, interessanti anche le parole di Netanyahu nel suo discorso di venerdì scorso all'ONU, e bastano anche solo queste parole per dimostrare come le accuse di genocidio o di massacri indiscriminati siano assolutamente e vergognosamente false:

«Non abbiamo mai preso deliberatamente di mira i civili a Gaza e ci rincresce per ogni vittima civile. Nessun altro paese e nessun altro esercito nella storia hanno mai fatto tanto quanto noi per evitare il più possibile di causare vittime tra la popolazione civile del nemico. I nostri soldati si attengono a standard morali più alti di ogni altro esercito al mondo: dovrebbero essere ammirati, non condannati”. Hamas, invece, “fa di tutto per colpire vite civili. Hamas mette deliberatamente i suoi razzi dove vivono e giocano i bambini palestinesi” ha accusato Netanyahu mostrando una foto tratta da un reportage di France 24 in cui si vedono bambini di Gaza che giocano nei pressi di un lanciarazzi. “Questi sono i veri crimini di guerra – ha esclamato – commessi dagli alleati di Abu Mazen nel governo di unità nazionale palestinese da lui guidato. Israele usa i suoi missili per proteggere i propri figli, Hamas usa i suoi figli per proteggere i propri missili. Hamas ha deliberatamente piazzato i suoi razzi nel mezzo delle case e degli ospedali. E’ così che dei civili palestinesi sono rimasti tragicamente e involontariamente uccisi. Israele non prende di mira i civili». http://www.israele.net/netanyahu-hamas- ... a-fanatica" onclick="window.open(this.href);return false;

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“Israele usa i suoi missili per proteggere i propri figli, Hamas usa i suoi figli per proteggere i propri missili” (nell’area rossa, la scuola da dove i terroristi di Hamas hanno sparato il razzo che ha ucciso Daniel Tregerman, 4 anni, del kibbutz Nahal Oz)
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Ma non è affatto vero che Israele rade al suolo interi villaggi inermi.
Diciamo che su questo punto la verità sta un po' nel mezzo... Molti episodi del passato non sono stati edificanti per Israele, esattamente come il comportamento arabo ufficiale...
Li addestra per difendere i cittadini ebrei e israeliani. Non per mandarli a farsi rapire o sgozzare da dei terroristi.
Un soldato che è davvero tale mette in conto di cadere per il proprio servizio. Il problema è che nessuna delle due parti vuole schierarsi apertamente contro se stessa, perché si andrebbe incontro allo spettro della guerra civile tra israeliani e tra palestinesi.
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Achille
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La "pulizia etnica" degli Ebrei nei paesi arabi

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In Israele vivono 1 milione e 640 mila arabi (il 20% della popolazione), i quali hanno gli stessi diritti di ogni altro cittadino.

Immagine tratta da http://www.informazionecorretta.com/dos ... ?l=it&d=21" onclick="window.open(this.href);return false;
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Khamenei: “distruggere Israele per conquistare il mondo”. Silenzio dei media

5 ottobre 2014 By Rights Reporter

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khamenei-iran

In Iran siamo tornati ai “bei tempi” di Ahmadinejad quando la parola d’ordine era “distruggere Israele”. Venerdì scorso, nel totale silenzio dei media occidentali, il leader supremo iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha pronunciato un discorso di inaudita violenza contro Israele e i suoi alleati occidentali, un discorso da fare impallidire persino le minacce del ISIS.

Alla vigilia della festa islamica del Eid al-Adha (la festa dello sgozzamento) Ali Khamenei si è rivolto a tutti i musulmani del mondo invocandoli a unirsi contro i nemici dell’islam e in particolare contro Israele e i suoi alleati occidentali.

«Le nazioni musulmane devono fare fronte comune contro il nemico sionista» ha detto Khamenei. Secondo il leader iraniano ci sarebbe Israele dietro alla guerra intestina tra sunniti e sciiti. «Il nemico sionista intrigante vuole soffiare sul fuoco del conflitto tra sciiti e sunniti per disgregare il fronte islamico» ha detto ancora Khamenei. «Esorto tutti voi a mettere l’unità dei musulmani sopra a ogni altra priorità e a concentrasi sul vero nemico dell’islam, Israele».

Khamenei non ce l’ha solo con Israele ma anche con gli stati occidentali che supportano lo Stato Ebraico, primi tra tutti gli Stati Uniti. Ha detto anche che lo Stato Islamico è una creazione degli Stati Uniti e dei suoi alleati regionali «nonostante le loro smentite». Poi ha elogiato la “resistenza islamica” di Hamas affermando che i terroristi palestinesi hanno dimostrato «che ormai Israele è vicina al collasso e alla sua estinzione totale».

Il discorso dell’Ayatollah Khamenei è stato particolarmente violento anche con l’occidente è ha chiaramente ventilato l’ipotesi che una volta che l’Islam si sarà sbarazzato di Israele potrà tranquillamente conquistare tutto il mondo. La stessa idea di quelli dello Stato Islamico. Eppure i media occidentali neppure ne hanno parlato. E c’è ancora chi crede che l’Iran sia diventato improvvisamente moderato.

Scritto da Sarah F.

Fonte: http://www.rightsreporter.org/khamenei- ... dei-media/" onclick="window.open(this.href);return false;
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Messaggio da Achille »

RAPISCE E UCCIDE TRE STUDENTI EBREI, LA MADRE SI COMPLIMENTA: "È UN EROE FRA GLI EROI"

Dopo aver rapito e ucciso i tre studenti israeliani di 16 anni, ‎EyalGiladNaftalì‬, Marwan Kawasme e Amer Abu Aysha muoiono il 23 settembre in uno scontro a fuoco con l'esercito israeliano che per tre mesi aveva tentato di arrestarli.

...Visto che in quei Territori vi è un problema culturale, prima che politico, ecco come la madre di Kawasme ricorda suo figlio terrorista:

«Marwan è un angelo, in tutta la sua vita è stato amato, tutti lo amano. Marwan è nobile, puro, modesto: un angelo.
Un eroe fra gli eroi; un leader.
Se Allah non lo avesse amato, non lo avrebbe onorato facendolo diventare un martire».

http://www.timesofisrael.com/mother-of- ... um=twitter#" onclick="window.open(this.href);return false;!
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Gli 8 fallimenti epici più clamorosi (e diffusi) di Pallywood

Di tanto in tanto capita di ritrovarsi nella propria casella di posta elettronica, nella timeline di Facebook, o sotto forma di tweet, una immagine che "inequivocabilmente" testimonierebbe a turno la natura razzista di Israele, l'apartheid vigente nello stato ebraico, l'espansionismo colonialista di Gerusalemme, o la prova evidente che la Palestina sia realmente esistente; addirittura prima del 1948. Non è difficile sbugiardare queste manifestazioni di ignoranza o mala fede; ma dobbiamo essere grati al sito Israellycool per averne raccolte quelle più eclatanti, e al tempo stesso più gustose da smascherare.

http://ilborghesino.blogspot.it/2014/10 ... osi-e.html" onclick="window.open(this.href);return false;
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Francesco Franco Coladarci
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Ecco la morale islamica secondo la Shari'a. L'islam una religione come le altre ?

Messaggio da Francesco Franco Coladarci »

Abolite musica, arte e filosofia, cancellato ogni riferimento alle nazioni di Siria e Iraq, nessun contatto maschi- femmine e interruzione obbligatoria delle lezioni in coincidenza con le preghiere islamiche: è la scuola modello Jihad ovvero le direttive per il nuovo anno scolastico che il Califfo Abu Bakr Al- Baghdadi ha fatto distribuire a tutti gli istituti sui territori controllati dallo Stato Islamico (Isis), promettendo «pene severe» nei confronti di chiunque dovesse disobbedirgli. Le scienze religiose
Le scuole di Raqqa e Mosul, le duemaggiori città controllate da Isis, sono state le prime a ricevere l’editto emanato dal «Diwan della Conoscenza » ovvero il ministero dell’Educazione del Califfato che si propone con le nuove norme di «eliminare l’ignoranza, diffondere le scienze religiose e combattere i falsi curriculum».
Bandito il nazionalismo
Il fondamentale divieto riguarda ogni riferimento agli Stati di Iraq e Siria sotto qualsiasi forma: patriottismo e nazionalismo sono banditi, inni e canzoni scolastiche vengono modificate e ovunque vi siano riferimenti agli Stati post-coloniali sostituiti dal Califfato la disposizione «obbligatoria» è sostituirli con la dicitura «Stato Islamico». L’evidente intento è sfruttare le scuole per sedimentare nelle nuove generazioni la convinzione che il Califfato esiste ed è destinato a durare negli anni a venire.
Le materie proibite
Nelle scuole dell’area che si estende dalla periferia di Aleppo a quella di Baghdad non sarà più possibile studiare musica, arte, filosofia, sociologia, psicologia, storia nonché educazione religiosa di fedi diverse dall’Islamsunnita. Si tratta dimaterie considerate «diaboliche» e «devianti » che scompaiono del tutto mentre fisica, chimica, matematica e scienze restano nei curriculum seppur con alcune limitazioni. Anzitutto nei libri di testo devono essere strappate le pagine con immagini «contrarie all’Islam» e poi c’è il divieto assoluto di avvicinarsi alla teoria dell’evoluzione di Charles Darwin «perché la Terra è stata creata da Allah ». Il Califfo tiene invece molto all’apprendimento delle lingue e l’editto promuove non solo la conoscenza dell’arabo, ma anche dell’inglese, lasciando intendere di voler allevare una generazione di jihadisti in grado di muoversi senza restrizioni in giro per il mondo
Le soste per pregare
L’imposizione della legge islamica - la Sharia - è universale ed assoluta, con frequenti riferimenti a teorie salafite e il richiamo a libri di studio ampiamente diffusi in Arabia Saudita. Ciò significa totale segregazione fra maschi e femmine in classi separate e con insegnanti solo dello stesso sesso nonché l’obbligo di «abiti rispettosi della legge islamica» e delle «soste per pregare». In occasione delle cinque preghiere quotidiane che ogni musulmano è chiamato a pronunciare le classi saranno dunque «sospese », per consentire di rivolgersi in raccoglimento verso La Mecca.
Insegnanti precettati
Assieme alle dettagliate disposizioni su materie, abbigliamento e classi, l’editto del Califfo dello Stato islamico si rivolge anche a «insegnanti, bidelli e personale amministrativo di tutte le scuole» affermando che «sono tenuti a rimanere sul posto di lavoro ed a svolgere le loro mansioni» perché se dovessero andare via, dimostrando dunque dissenso verso Isis, andrebbero «incontro a sanzioni personali e contro i loro famigliari ».Ovvero,Abu Bakr al Baghdadi impone al personale scolastico di applicare le sue direttive, minacciando aspre sanzioni in caso di opposizione. «Il dovere degli insegnanti è di servire i musulmani - si legge in una comunicazione diramata a Mosul - per consentire ai residenti dello Stato Islamico di migliorare in tutti i campi della fede e delle scienze».
Il monito agli studenti
L’editto si conclude con un esplicita minaccia, formulata in maniera da investire anche gli studenti di qualsiasi età: «Gli annunci fatti sono vincolanti, chiunque agirà in contrasto con quanto stabilito andrà incontro a dure punizioni». Ciò significa che essere trovati in possesso di uno spartito musicale, di un libro di filosofia o di un’immagine «oscena» comporterà sanzioni severe.

Fonte
http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=55775" onclick="window.open(this.href);return false;
Franco
“Al di sopra del Papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.”
(Cardinal Joseph Ratzinger )

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