Per Teodoro
“Permettimi di dire che ciò che tu pensi che gli ortodossi credano risente drammaticamente della tua estraneità al dibattito interno alla Chiesa Ortodossa. Come forse saprai, è finalmente prossima l'organizzazione del concilio pan-ortodosso di cui si discute almeno da vent'anni. La principale finalità di questa mega riunione è quella di risolvere le sovrapposizioni canoniche della diaspora di diverse chiese autocefale. È la nota questione del filetismo, già ampiamente condannata come eresia ecclesiologica ma non ancora risolta nella prassi. Ciò accade precisamente perché si vuole ristabilire un ordine canonico basato sul sistema del Patriarcato. Ad essere saltata è la pentarchia, non il sistema del patriarcato, questo è esattamente il contrario di ciò che ci attribuisci. La novità ora risiede nel fatto che il papa di Roma, legittimo patriarca d'occidente, rifiuta di far parte di questo sistema e in un certo senso lascia un vuoto che non si sa bene come colmare.”
Non vedo come questo risolva le obiezioni che ho sollevato. Il problema del filetismo riguarda le chiese ortodosse della diaspora che tengono a costituirsi in chiese etniche, cioè i russi vanno a sentir messa coi russi, i greci coi greci, ecc. Tuttavia, ciò non toglie che se la parola Occidente avesse ancora un senso e gli ortodossi la rispettassero, non dovrebbero nominare vescovi con giurisdizione in occidente, perché in quel caso sarebbero loro i primi a dimostrare che per essi il potere e la giurisdizione del Patriarca d’Occidente del papa non significano più niente in quanto le condizioni socio-politiche sono immensamente cambiate, ed un rimescolamento di popoli è avvenuto. Il fatto che ti scriva “la novità ora risiede nel fatto che il papa di Roma, legittimo patriarca d'occidente, rifiuta di far parte di questo sistema”, è un falso storico, perché queste diocesi ortodosse nell’occidente europeo sono state erette prima dell’abbandono del titolo “patriarca d’Occidente”, ergo, anche prima di allora, evidentemente per gli ortodossi quel territorio non doveva rimanere giurisdizione solo del legittimo patriarca d’Occidente, e questo perché in Occidente c’erano degli ortodossi portati dalle migrazioni. Se l’argomentazione per giustificare la creazione di vescovi uniati ortodossi sul territorio del papa è, come tu hai scritto, il non lasciare nel caos canonico dei fedeli ortodossi che si sarebbero trovati senza vescovo, allora la stessa cosa varrebbe per le chiese uniate cattoliche in Oriente, giacché anch’esse rispondono alla presenza di fedeli cattolici sul territorio. Se dunque il papa avrebbe dimostrato di invadere il territorio altrui creando vescovi uniati in Oriente, stessa cosa hanno fatto gli Orientali in Occidente, e questo come ripeto prima che il papa abbandonasse questo titolo di Patriarca d’Occidente. Ciò significa esattamente quello che il testo della Pontificia Commissione per l’unità dei Cristiani voleva scrivere, e cioè che occidente non significa più nulla. Altrimenti ti chiedo: che cosa significa oggi Occidente, e perché il papa dovrebbe chiamarsi così? Se oggi infatti Occidente com’è noto include il Nord America, l’Australia, e l’Europa Occidentale, vuol dire che il papa sarebbe patriarca di tutto ciò? E se non è così, e riguarda solo l’Europa occidentale, che senso ha mantenere questo titolo visto che ci sono diocesi ortodosse in Europa occidentale e per di più Occidente oggi non vuol più riferirsi solo all’Europa occidentale?
“Se prima almeno si salvava l'apparenza, ora – più coerentemente se vuoi – non si fa più, il che obbliga a una decisione fondamentale: lasciare 10-15 milioni (forse di più, non so) di ortodossi nel caos canonico, oppure cercare di fare ordine. La seconda via passa necessariamente per lo stabilimento di una gerarchia ortodossa in occidente, non vincolata alle chiese madri etniche, ma radicata sul territorio.”
Come già detto lo stabilimento di questa gerarchia ortodossa in Europa Occidentale è avvenuto prima che il papa rinunciasse a quel titolo obsoleto. Inoltre, non c’è nessuna prova che dietro il gesto dell’abbandono ci sia la volontà che tu indichi. Anzi, poiché le fonti stesse di quest’abbandono smentiscono l’idea da te immaginata, o si suppone che mentano, oppure tu non puoi sapere se quel gesto nella mente di Benedetto XVI non abbia davvero il significa dichiarato. Addirittura il testo del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani presenta questa rinuncia come un gesto a favore del dialogo ecumenico. Scrivono: “La rinuncia a detto titolo vuole esprimere un realismo storico e teologico e, allo stesso tempo, essere la rinuncia ad una pretesa, rinuncia che potrebbe essere di giovamento al dialogo ecumenico.”
C’è un studio di A. Garuti, “Il papa patriarca d’Occidente? Studio storico-dottrinale”, Bologna, 1990, nel quale si sostiene che il titolo patriarca d’Occidente non ha alcun fondamento né storico né dottrinale, che i papi non l’abbiano fatto proprio fino al VII secolo, e che quando fu usato era meramente onorifico e non in riferimento ad un’ipotetica struttura patriarcale occidentale come ve ne sono in Oriente, e mai interpretato come una diminuzione del carattere universale del primato petrino. Lo cito perché stando alle voci di corridoio è stato proprio questo studio a convincere Benedetto XVI ad abbandonare il titolo “Patriarca d’Occidente”, e dunque è importante dargli una scorsa. Il titolo patriarca d’Occidente sarebbe la mera proiezione delle strutture ecclesiastiche dell’Oriente sulla sede di Roma.
“Questo è ciò che si deve dimostrare. Se sei in grado di nominare il nome di un solo vescovo nel territorio canonico di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia o Gerusalemme che nei primi 800 anni di vita della Chiesa sia stato nominato dal papa sarebbe ad esempio un buon inizio. Non puoi? Forse perché non è mai accaduto?”
Ho semplicemente scritto: “Roma non la intendeva come una divisione territoriale che potesse limitare il primato del vescovo di Roma”. Perché confondi il primato col potere di nominare vescovi? Se questo fosse il criterio, Roma non avrebbe avuto per secoli e secoli neppure un primato nell’Europa Occidentale, visto che i vescovi venivano nominati dal capitolo dei canonici della cattedrale della diocesi x. Benedetto XVI non intende avere in Oriente quello che oggi ha in occidente, e vuole lasciare la facoltà di eleggere vescovi alle chiese orientali. Non è questo il primato, né l’assenza di questo carattere può essere portato come prova che un primato non ci sia mai stato.
“Invece è un buon esempio di come in una situazione di crisi si possa cominciare da zero e poi raccogliere enormi frutti spirituali già nel breve-medio termine. In meno di un decennio le nostre chiese sono più che raddoppiate, solo Mosca conta ormai quasi una settantina di parrocchie sul suolo italiano, ogni grande città ha almeno una chiesa ortodossa, non vedo cosa manchi per fare il grande passo di far tornare ortodossa questa terra che lo è stata per mille ann
i.”
Sarebbe una chiesa inventata ex novo e non in continuità cogli sviluppi della Chiesa locale. Queste chiese che tu elenchi ad esempio non sono chiese italiane, ma chiese russe della dispora. Non avrebbe senso dire che c’è un vescovo di Roma ortodosso più di quanto quelle 70 chiese di cui parli possano definirsi italiane. Anzi, sarebbe un passo indietro rispetto alla stessa posizione di Roma. Forse sei al corrente del fatto che fino al secolo scorso esisteva un Patriarca latino di Costantinopoli, che addirittura risiedeva in Italia, vera farsa canonica ed oggi infatti titolo estinto. Che senso avrebbe avuto infatti contrapporre un patriarca latino a quello là presente visto che la Chiesa latina non è espressione di quei luoghi e della tradizione che in essi risiede? Non era per l’appunto il patriarca di Costantinopoli, ma un vescovo romano, e trattarlo come patriarca di Costantinopoli era una farsa. Allo stesso modo in che senso si potrebbe dire che un papa eletto da un sinodo ortodosso potrebbe rappresentare la Chiesa di Roma in un Concilio Ecumenico visto che non sarebbe altro se non l’emanazione della Chiesa d’Oriente in Occidente? Se un Concilio Ecumenico è infallibile è perché lì è rappresentata tutta la Chiesa, cioè la tradizione come s’è conservata in tutto il mondo, e il fatto che credano la stessa cosa a Roma come a Costantinopoli sarebbe per l’appunto la garanzia che quella tradizione è universale e antica, in quanto sviluppatasi indipendentemente in ogni parte della Terra. Per questo un vescovo di Roma ha senso solo se espressione della storia e della Tradizione della Chiesa locale, e non se è la copia malriuscita piantata in terra italica di liturgie, teologie, modi di pensare il sacro, che sono propri dell’Oriente e non dell’Occidente. Questo papa Occidentale ortodosso non rappresenterebbe in un Concilio Ecumenico la sede di Roma, sarebbe una macchietta da deridere, continuando bellamente gli italiani a seguire il papa di rito latino: questo vescovo ortodosso in Italia sarebbe semplicemente il clone di una tradizione non italiana ma slava e greca installato in terra italiana. E’ giusto rispettare l’evoluzione che i riti, le forme di comando, e il modo di interrogare il divino hanno avuto nelle rispettive zone geografiche, solo così si avrà davvero un vescovo espressione della Chiesa locale. Il fatto che esistano e siano esistite sacche di rito bizantino in Italia, così come del resto ve ne sono di rito latino in Oriente, non rende Roma in particolare una terra di antico rito bizantino in cui in seguito si sarebbe immesso un rito latino.
“Abbiamo intanto tradotto Crisostomo e parti di Salterio. Questa liturgia è stata utilizzata in italia fino al XV secolo, ed è ancora utilizzata dai monaci basiliani cattolici in comunione con Roma, non è quindi un "rito straniero", né qualcosa che rompe una tradizione come (giusto per fare un esempio!) la liturgia italiana post conciliare, inventata dal nulla. In altre parole il nostro testo è stato utilizzato in Italia per 1500 anni, la messa domenicale che tu ascolti ogni domenica da meno di cinquanta”
Il Novus Ordo Missae è semplicemente una modificazione con traduzione del rito latino di San Pio V. E’ evidente come il sole la derivazione del I dal II. Ma, a prescinde da questo, esso è un’evoluzione operata dalle componenti della Chiesa del luogo, e dunque ipso facto espressione legittima della continuità locale. I riti non sono eterni, né in oriente né in occidente. Gli apostoli non celebravano col rito del Crisostomo, né quelli che vivevano a Costantinopoli, Atene, Gerusalemme, Antiochia nel primi 4 secoli. Non c’è nulla di male nell’evoluzione delle liturgie, essa resta la liturgia di quella Chiesa purché sia quella Chiesa stessa, cioè le sue componenti, ad innovarla. Il rito latino non è un semplice insieme di parole, è il distillato del modo di vedere dio, di rapportarsi con lui, tipico dell’Occidente e della Chiesa latina. Le vie d’interrogazione del divino proprie dell’oriente e dell’occidente com’è noto non sono sovrapponibili, ciascuna delle due è figlia di una sensibilità diversa maturata nei luoghi in cui la liturgia s’è sviluppata. Si pensi ad esempio alla rispettiva predilezione per la teologia catafatica orientale e apofatica occidentale come vie di rapportarsi al divino. Senza fare di questi discorsi degli assoluti, perché se l’Oriente ha lo pseudo-Dionigi l’Occidente ha dal canto suo la mistica renana, è tuttavia assodato che diverse sensibilità animano l’interrogazione al divino e la liturgia in Oriente ed Occidente. In questo senso un vescovo ortodosso che celebri a Roma con una liturgia greco-slava tradotta in italiano non sarebbe il depositario della tradizione apostolica che s’è sviluppata in terra italica e romana negli ultimi 2000 anni, sarebbe per l’appunto un alieno, una macchietta senza senso, perché dovrebbe rappresentare in un ipotetico Concilio Ecumenico la tradizione di Roma quando egli in realtà di tradizione romana non ha nulla, la sua sede esiste da magari una misera decina d’anni, , ed egli non è il discendente dei pensatori, dei mistici, dei santi che hanno animato e sviluppato la tradizione romana negli ultimi 2000 anni, bensì sarebbe solo un orientale in terra italica. A questo punto la sua designazione come vescovo di Roma sarebbe solo una finzione giuridica al pari del vescovo latino di Costantinopoli che di bizantino non aveva nulla, sarebbe solo un nome senza una tradizione locale dietro, e dunque sarebbe un falso Concilio Ecumenico vero solo nel nome fittizio dei partecipanti. Potrebbe rappresentare la tradizione di Roma esattamente quanto il vescovo latino di Costantinopoli poteva rappresentare la grandezza della produzione teologica bizantina, cioè per nulla. E che se ne fa un concilio ortodosso di un vescovo del genere? Nulla credo. E credo anche che verrebbe considerato ben poco dai suoi stessi colleghi, meno di un primus inter pares, visto che non è il depositario della tradizione romana ma semplicemente della tradizione slava e greca trapiantata in Occidente. I suoi colleghi non lo avvertirebbero come qualcosa di altro da loro, ma semplicemente come un vescovo di rito greco o slavo in terra italica, quindi qualcuno che non può stimolarli con nuovi pareri facendo conoscere loro cosa pensi la venerande ed antica chiesa che lui presiede, perché la Chiesa che lui presiede non è la cattedra di Roma che esista da 2000 anni a questa parte la cui tradizione potrebbe usata come confronto dagli altri vescovi orientali, la cattedra romana cui presiede non è altro che un’invenzione orientale, un travaso di liturgia e teologia orientale in Occidente, e dunque essi non possono vedere in lui qualcuno con cui confrontarsi per avere il punto di vista della Chiesa di Roma perché quella Chiesa non è altro che una loro emanazione che dunque sarà del tutto identica a loro. Se una volta si poteva convocare un Concilio per sapere che cosa la veneranda ed antica chiesa di Roma ne pensasse sulla data in cui celebrare la Pasqua, o cose simili, con un vescovo ortodosso trapianto in terra occidentale questo non sarebbe più possibile, perché la sua liturgia, le sue usanze, la sua teologia, sono solo una cucitura di usanze orientali, cucitura fatta da orientali. Questo vescovo ortodosso di Roma non rappresenta cioè la Chiesa di Roma e la sua tradizione ma una Nuova Bisanzio in Italia. Se dunque al Concilio Ecumenico pan-ortodosso gli ortodossi non vogliono confrontarsi col vescovo di Roma ma con un vescovo della Nuova Bisanzio possono eleggere un vescovo romano. Il mondo riderà di loro così come rideva del vescovo latino di Costantinopoli.
Come già scritto eventuali sacche locali di liturgia bizantina in Sud Italia non tolgono che la tradizione italiana, dell’Occidente Europeo, e romana in primis, visto che è la tradizione del vescovo di Roma quella che tu vorresti usurpare, non sia mai stata bizantina, bensì espressione di una Chiesa di rito latino in comunione col papa, Chiesa che come ripeto ha un suo modo di intendere la fede, la filosofia, la preghiera, la mistica, al punto che s’è creata una contrapposizione tra teologia occidentale ed orientale. Voler dunque dire che un vescovo di Roma ortodosso sarebbe l’erede di queste poche componenti, per altro non romane e dunque irrilevanti visto che è della tradizione della cattedra di Roma che stiamo parlando, non si vede a che cosa dovrebbe voler approdare.
“n necessariamente malafede, è la normale, astuta sottigliezza di chi è del mestiere. Per noi questa cosa ha un valore fondamentale, la curia lo sapeva e infatti l'ha relegata a una noticina di un pontificio consiglio, tutto in tono molto minore, minimizzando e riducendo tutto a una non meglio precisata esigenza storica”
Quella che tu chiami astuta sottigliezza io non troverei altro modo che chiamarla malafede. Il motivo sarebbe un altro, ma le fonti del Vaticano, pur sapendo che è un altro, espongono motivi falsi e pretestuosi. Questa che cosa sarebbe se non malafede? Tu puoi interpretare quello che ti pare, ma stante il fatto che la tua interpretazione è stata smentita da fonti ufficiali, a meno che tu non voglia attribuire della malafede a queste fonti resta il fatto che l’abbandono di questo titolo non ha nelle intenzioni del papa il significato che tu gli dai, e dunque è impossibile utilizzarlo per la rivendicazione di un vescovo romano ortodosso.
“tutto a una non meglio precisata esigenza storica”
Cosa c’è di non precisato? E’ tutto molto chiaro invece: l’Occidente è una categoria inesistente. Se il papa fosse il patriarca d’Occidente, così com’è inteso oggi, cioè Nord America, Australia ed Europa dell’ovest, ipso facto sarebbero di sua giurisdizione tutti questi luoghi, e le chiese ortodosse ivi presenti con relativi vescovi dovrebbero levare le tende. La cosa è oltremodo non plausibile, visto che persino nel cuore del cosiddetto inesistente Patriarcato d’Occidente, cioè l’Italia, da vent’anni hanno messo un’arcidiocesi con sede a Venezia. Ergo inutile che si straccino le vesti perché il Papa abbandona un titolo siffatto se loro stessi da prima che lo abbandonasse facevano come se non esistesse insediando vescovi e diocesi in pieno Occidente senza certo che questi dipendessero dal papa di Roma. Sono loro stessi a testimoniare col loro comportamente uniata che il titolo è obsoleto, di che osano lamentarsi dunque se il papa prende semplicemente atto della situazione e constata che la Chiesa oggi non è affatto divisa in sfere di giurisdizione di cui la sua sarebbe l’occidente, visto che si trova delle diocesi ortodosse non nominate da lui persino in Italia ed Austria?
“
Vai a leggere i commenti dei primati ortodossi sulla stessa noticina e vedrai che è stata da tutti interpretata allo stesso modo, cioè con la chiave di lettura che ho proposto.”
Il che mostra solo che avete la stessa forma mentis, non che il papa non intendesse davvero fare quello che ha scritto.
“È un gesto di rottura del peso incalcolabile, il fatto che non ve ne rendiate conto non lo rende meno importante.”
Secondo me il peso di qualcosa dipende solo dall’interpretazione che se ne dà, e giacché la tua è stata smentita da chi ha fatto quel gesto, non vedo davvero di che cosa stiamo a parlare.
“Questo è applicare terminologia di oggi a mentalità di 1500 anni fa, il che è totalmente abusivo. Questo non è il ragionamento che si faceva allora, forse si potrebbe farlo oggi, ma non è certo attraverso queste categorie che si muovevano Gregorio Magno e gli altri patriarchi, è una lettura del tutto anacronistica della stori”
Non capisco cosa ci sia di abusivo. Io sto solo constatando che il rifiuto della categoria di universalità da parte di Gregorio Magno non si riferisce ad un rifiuto dell’estensione universale del primato petrino, come le citazioni portate da Trianello mostrano chiaramente, si riferiscono semplicemente all’incompatibilità di appiccicare quell’ “universale” ad una carica come “sacerdote”, “vescovo”, “papa”, perché queste sono designazioni locali. Il fatto che Gregorio non pensi che esista un vescovo universale, e che cioè rigetti l’idea di essere una specie di super vescovo, non è minimamente in contraddizione con la teologia pontificia. Gregorio ovviamente non aveva l’idea di una giurisdizione universale nel senso di poter nominare vescovi in Oriente, questa è un’evoluzione interna alla Chiesa di Roma e infatti il papa nel dialogo ecumenico non pretende di poter avere in Oriente quello che ha in Occidente, ma neppure è vero che Gregorio Magno non fosse conscio del carattere primaziale a livello di tutto l’Orbe della cattedra romana. Sembri tu questa volta a non capire la mentalità Occidentale, e forse questo è dovuto al fatto che come tu stesso asserisci non hai mai avuto una vita da cattolico, e hai studiato nelle facoltà pontificie guardando tutto con l’occhio critico, tenendoti a distanza, senza lasciarti permeare dal veleno papista.
Patriarca universale sarebbe un titolo senza senso come diocesi universale, perché la diocesi così come la patriarcato sono tali proprio perché sono regionalmente delimitati. Allo stesso modo non può esistere un vescovo universale: il Concilio Vaticano II ha ben messo in luce che il primato del papa non vuole sostituire la funzione del singolo episcopo nelle varie diocesi, né può sostituirsi ad esso. Le qualifiche che rigetta Gregorio sono dunque irricevibili anche per i papi di oggi, che infatti non si fregiano di esse. Al contrario Gregorio non è coerente con la tua volontà di ridurre il primato occidentale a qualcosa di meramente onorifico, visto che egli si designa capo delle Chiese (Ep. 13.50). A quanto pare Gregorio, pur ben conscio dei suoi poteri, è allergico alla titolatura in quanto si ritiene solo servo dei servi di Dio.
“ toni di deferenza che usavano tutti i patriarchi quando si indirizzavano reciprocamente delle missive non riguardano solo il papa di Roma, ma tutti i primati, per vederlo basta leggere gli epistolari. “
Bisogna vedere quali di costoro siano stati appellati dai colleghi “papa universale”. Come già detto il fatto che il vescovo di Alessandria pensi di dover rivolgere così a Gregorio, e che addirittura dica “come avete ordinato”, implica che percepiva come il potere del vescovo di Roma andasse oltre il suo territorio, ed in qualche modo raggiungesse anche i vescovi orientali. Che poi Gregorio corregga quella titolatura teologicamente scorretta, non toglie la percezione del papa di Roma così come percepita dall’Oriente che questa lettera testimonia.
“ Se poi ai tempi di Gregorio Magno era così pacifica questa supremazia universale del papa, oltre a spiegare perché mai nessun papa si è messo a nominare i vescovi fuori da casa propria nel primo millennio”
Come già detto, non vedo perché il rinascimento dell’autorità di Roma dovrebbe passare per il nominare vescovi in territori lontani. Oltre a non essere essenziale al primato sarebbe state anche impossibile a livello logistico. Sono capitati i casi in cui ci si è rivolti a Roma per far deporre vescovi locali, indice che evidentemente gli si riconosceva un potere di giudice super-partes (come testimonia la possibilità di appelli a Roma stabilito dai canoni di Sardica, oggi Sofia) . Che poi quelli a cui il verdetto di Roma era stato sfavorevole si siano imbizzarriti vedendosi a mal partito, e si siano dati a trame politiche per rovesciare questa situazione, spesso riuscendoci, non toglie il fatto che a nessun altro vescovo, neppure per ipotesi, sia stata attribuita la possibilità di intervenire in faccende fuori dalla propria giurisdizione. Molti orientali, o occidentali resistenti in Oriente, nel corso delle dispute cristologiche si sono appellati a Roma per i più svarianti motivi, ad esempio Teodoreto di Ciro, il Crisostomo stesso nel 404, Eusebio di Dosilea Giuliano di Costantinopoli, o S. Girolamo contro il vescovo di Gerusalemme.
Ad maiora