a cura di G.F. Hawthorne, R.P. Martin e D. G. Reid (pp. 522-528). Ho eliminato il sommario e la bibliografia:
Le idee di elezione e predestinazione, tra loro strettamente legate, sono elementi cruciali nella struttura teologica del pensiero di Paolo. Se egli non le sviluppa mai come temi, né usa di frequente le parole, è perché esse formano la struttura stessa del suo pensiero. Quando ricorrono, sono immerse profondamente in argomentazioni teologiche molto complesse, come dati teologici indiscutibili, connesse con altre idee altrettanto fondamentali (per esempio: chiamata, disegno, volontà, consiglio). In Paolo questi termini sono usati soprattutto come idee relative alla redenzione, ma è chiaro che si estendono anche oltre.
1. IL DIO CHE SCEGLIE E IL SUO DISEGNO — Per comprendere la dottrina di Paolo su «elezione e predestinazione» bisogna cominciare dalla dottrina su Dio, perché è Dio che elegge, chiama, progetta e predestina. Dio — e per Paolo questo termine va inteso come comprendente Padre, Figlio e Spirito — è il centro del suo pensiero, non come un'idea astratta concepita dopo un lungo processo di riflessione, ma come la Realtà Suprema dell'universo. Tutto ciò che Paolo dice è in relazione con la sua idea e la sua esperienza di Dio. Tuttavia la teologia di Paolo non viene professata a vuoto, ma riceve la sua espressione nei rapporti pastorali dell'apostolo con le sue comunità. Queste, a loro volta, vivono in un mondo influenzato dallo scetticismo e dall'incertezza sul significato della vita e sulla capacità degli dèi di controllare il male e di fornire risposte agli interrogativi sul destina umano (vedi Culto; Religioni greco-romane).
In teoria, quindi, per comprendere i concetti di elezione e predestinazione bisognerebbe comprendere tutto ciò che Paolo dice di Dio, perché è Dio che elegge e predestina. Per il nostro scopo, però, considereremo solo due aspetti dell'essere di Dio: quelle qualità di Dio che sono in diretta relazione con lui come colui che elegge, e quelle che sono in relazione con lui come colui che progetta.
1.1 Qualità di Dio relative all'elezione — Le qualità di Dio che si trovano in relazione all'elezione sono amore (Ef 1,4-5; 1Ts 1,4), misericordia (Rm 9,16), grazia (Rm 11,5), sapienza e scienza (Rm 11,33). Per Paolo il Dio che elegge è il Dio di amore e misericordia, che agisce con grazia e sapienza. Già questo basterebbe di per sé per far tacere coloro che immaginano che Dio agisca arbitrariamente e scelga senza alcuna base logica, ma Paolo si spinge ancora oltre.
1.2 Il disegno del Dio che sceglie — L'elezione di Dio è parte di un progetto globale, il che significa che non c'è nulla di assolutamente arbitrario circa l'elezione. Dio ha un progetto elaborato secondo il suo amore, la sua misericordia e la sua grazia, saggio al di là di ogni immaginazione e che si attua attraverso l'elezione e la predestinazione. Elezione e predestinazione non sono fini a se stessi, ma strumenti per un fine, modi pratici dell'attuazione del disegno di Dio. Così il Dio misericordioso e pieno di amore elabora un piano dal profondo di se stesso, basato sulla sua eterna sapienza, che attua nel tempo mediante l'elezione e la predestinazione.
1.3 II disegno di Dio e la redenzione — Paolo non sviluppa mai per esteso ciò che egli intende per progetto o disegno di Dio, ma senza dubbio esso abbraccia tutto l'agire di Dio verso l'ordine creato. (,'apostolo ne sviluppa, tuttavia, l'aspetto di redenzione. Dio compie ogni cosa secondo il consiglio
della sua volontà, e la sua volontà o il suo disegno sono finalizzati alla redenzione. Di conseguenza, secondo tale disegno, egli chiama (Rm 8,28), fa concorrere tutte le cose al bene di coloro che lo amano (Rm 8,28), predestina coloro che sono in Cristo (Ef 1,11; vedi In Cristo), sceglie (Rm 9,11) e fa conoscere la sua multiforme sapienza attraverso la Chiesa (Ef 3,10). Questo disegno di Dio è imperscrutabile, perché «chi ha conosciuto il pensiero del Signore?» (ICor 2,16; Rm 11,33-35, che cita Is 40,13 LXX), e, sebbene le vie e le azioni di Dio non si possano scoprire e costituiscano un fondamentale mistero, non siamo lasciati totalmente al buio. Lo Spirito (vedi Spirito Santo) scruta le profondità di Dio (ICor 2,10-11), proprio come Dio scruta i cuori di tutti gli esseri umani (Rm 8,27), e Dio ha rivelato queste cose ai credenti per mezzo dello Spirito (ICor 2,10.12). Cristo conosce il pensiero di Dio e i credenti hanno il pensiero di Cristo (ICor 2,16). Perciò, sebbene il pensiero, la volontà e il disegno di Dio siano misteri divini ed eterni, è intenzione di Dio manifestarli in tutta la sua multiforme sapienza, così che possano essere conosciuti, attraverso la Chiesa, che è il corpo di Cristo (Ef 3,11; vedi Corpo di Cristo).
2. L'ELEZIONE DI DIO — 2.1 Il vocabolario dell'elezione — Quando parla di elezione, Paolo usa tre termini affini: il verbo eklegomai, il sostantivo ekloge e l'aggettivo eklektos. Il verbo eklegomai è usato da Paolo quattro volte (ICor 1,27[2].28; Ef 1,4). Si trova di frequente nel greco classico col significato fondamentale, nella voce attiva, di «togliere» o «scegliere» (Senofonte, Hell. 1.6.19; Platone, Resp. 535a; Leg. 811a).
Alla voce media o passiva significa «scegliere per sé» o «scegliere» e mentre nel greco classico è usato meno di frequente in questa voce (Platone, Alc. 1.121e), nella LXX è usato quasi esclusivamente così. Nel NT si trova solo al medio o al passivo.
Paolo usa il sostantivo ekloge cinque volte (Rm 9,11; 11,5; 11,7; 11,28; 1Ts 1,4; negli altri testi del NT, solo in At 9,15; 2Pt 1,10). II significato fondamentale di ekloge è «scelta» o «selezione», e nel greco profano il termine ha molte sfumature di significato, incluso «pareggio di un conto» (PRyI II.157.6) e «citazione da un libro» (Antigono di Caristo, Ist. 15).
L'aggettivo eklektos è usato da Paolo sei volte (Rm 8,33; 16,13; Col 3,12; 1Tm 5,21; 2Tm 2,10; Tt 1,1). Significa fondamentalmente «scelto» o «selezionato» (Platone, Leg. 938.5; Tucidide, Hist. 6.100), ma può anche significare «di prima qualità», «eccellente» o «puro» (Es 30,23 LXX).
Paolo usa questi vari termini in tre diversi modi, che dobbiamo ora considerare: l'elezione degli angeli, l'elezione di persone, e l'elezione di Israele.
2.2 L'elezione degli angeli — In 1Tm 5,21 si menzionano gli angeli eletti, senza nessun'altra precisazione, per cui il significato è difficile da determinare. Potrebbe riflettere l'idea che alcuni angeli si sono allontanati da Dio, mentre altri (per esempio, gli eletti) no. O potrebbe significare che alcuni angeli sono «scelti», cioè superiori agli altri angeli in un modo che non possiamo definire.
2.3 L'elezione di persone — Paolo parla dell'elezione di persone, o di gruppi di individui, senza dubbio sinonimi di Chiesa (Rm 8,33; Ef 1,4; Col 3,12; 1Ts 1,4; 2Tm 2,10; Tt 1,1), odi singoli individui (Rufo in Rm 16,13). Ci sono due passi in cui Paolo sviluppa quest'idea: Rm 8,28-39 ed Ef 1,3-5.2.3.1 Rm 8,28-39 — Qui Paolo sta trattando del problema della fedeltà di Dio. Vengono elencati diciassette elementi ostili e distruttivi e nessuno di essi (né tutti insieme) può separare gli eletti (Rm 8,33; i «chiamati» Rm 8,28) dall'amore di Cristo (Rm 8,35; «l'amore di Dio in Cristo» Rm 8,39). La ragione di ciò sta nel fatto che nessuno può portare un'accusa contro coloro che Dio ha scelto, perché è Dio che li ha giustificati (Rm 8,34), e se Dio li ha giustificati ed è per loro, chi può essere contro di loro (Rm 8,31)? Il complesso ragionamento teologico che vi è sotteso è condensato nella lista semplificata di Rm 8,29-30. Quelli che sono da sempre conosciuti sono predestinati a essere come Cristo. Per assicurare che ciò si verifichi, essi sono chiamati, giustificati (vedi Giustificazione) e glorificati (vedi Gloria, glorificazione). Sebbene la loro glorificazione sia futura, poiché è «in Cristo» e Cristo è già glorificato, Paolo può parlare del loro essere stati glorificati come di una certezza. Per questa ragione nessuno può accusare di qualche colpa gli eletti di Dio. Essi sono già glorificati in Cristo, sebbene questa glorificazione, considerata storicamente, sia posta nel futuro come speranza di salvezza. Per quelli che sono in Cristo è un fatto compiuto.
2.3.2 Ef 1,3-5 — Qui l'idea di elezione viene qualificata in quattro modi. È descritta come: 1) «in Cristo», 2) che trascende il tempo («prima della fondazione del mondo»), 3) redentrice e morale («per esser santi e immacolati al suo cospetto»), 4) un atto di amore. L'idea di predestinazione compare in Ef 1,5 e sembra essere sinonimo di elezione, menzionata nel versetto precedente. Lo scopo della predestinazione è l'adozione nella famiglia di Dio.
Agli occhi del mondo sembra assurda l'idea che Dio abbia scelto persone così poco importanti, come lo sono i primi credenti. Ma, secondo Paolo, Dio ha proprio scelto ciò che nel mondo è stolto, ciò che nel mondo è debole, ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato, ciò che è nulla, per confondere la sapienza, la forza e la consistenza delle cose che sono (1Cor 1,27-28). Il disegno di Dio nel compiere ciò è che egli sia riconosciuto come Dio e che ogni vanto sia un vanto in lui soltanto (1Cor 1,29-31). L'elezione viene vista qui come un significativo atto di Dio avente lo scopo morale di tenere a freno l'orgoglio dei suoi lettori. I Corinzi sono invitati a esaminare la loro chiamata: tra di loro non ci sono molti sapienti, potenti o di nobile discendenza, prima di tutto perché lo stesso strumento scelto da Dio per compiere la sua elezione e la sua chiamata, cioè la predicazione della croce, è disprezzato e rifiutato dal mondo (1Cor 1,18-21). Per coloro che credono (1Cor 1,21), che sono chiamati (1Cor 1,24), che umilmente riconoscono Cristo come Signore, Cristo diventa sapienza, giustizia, santificazione e redenzione (1Cor 1,30), la vera potenza e sapienza di Dio (1Cor 1,24). È possibile che questi versetti si riferiscano in senso generale alla predicazione del vangelo, che sembra debole (vedi Debolezza) e stolta agli occhi del mondo, piuttosto che alle persone che credono, nel qual caso avremmo un'altra categoria dell'uso paolino dell'elezione. Tale categoria sarebbe: «L'elezione (scelta) del messaggio predicato da Dio per offrire la salvezza al mondo».
Mettendo insieme tutti questi clementi, elezione per Paolo significa che Dio, in un atto di amore,ha scelto dall'eternità un gruppo di individui in Cristo perché siano santi e senza colpa. Questo ha comportato la loro adozione nella famiglia di Dio secondo un disegno prestabilito che include la loro chiamata, giustificazione e glorificazione. Poiché è Dio che ha attuato questo disegno, con la giustificazione come chiave evidente per la sua comprensione, nessuno può muovere un'accusa effettivamente dannosa contro i credenti, e niente e nessuno può incrinare i rapporti tra essi e il Dio di amore che ha messo in moto il piano e certamente lo porterà a compimento.
2.4 L'elezione di Israele — Paolo parla specificamente dell'elezione di Israele in Rm 9-11; 11,5.7.28. In Rm 9-11 Paolo sta dibattendo il problema del posto di Israele nel disegno di Dio. Egli conosce molto bene l'insegnamento dell'AT circa la scelta di Israele da parte di Dio e sa che questa abbraccia tutta la sua esistenza. Dio ha scelto Israele per farne il suo prezioso possesso (Dt 7,6; 14,2); aveva scelto chi tra loro doveva essere sacerdote (Dt 18,5; 21,5), chi doveva essere re (1Sam 17,7-13; 2Sam 21,6; 1Re 8,16) e la città dove doveva abitare (1Re 14,21; 2Cr 6,6). Essi sono infatti i suoi eletti (Sal 105,6.43). Non c'è quindi niente di nuovo nel fatto che Paolo parli dell'elezione di Israele.
Ciò che è nuovo è il fatto che Paolo cerca di sondare l'intenzione di Dio nell'elezione di Israele e colloca l'essenza del disegno di Dio nella sua misericordia (Rm 9,16), in modo indipendente dalle opere di Israele (Rm 9,11). Da ciò Paolo può passare all'idea più ampia che anche i Gentili siano inclusi fin dall'inizio e che Israele sia veramente Israele quando compie il disegno ultimo di Dio (già accennato ip Is 56,1-8). Perciò la promessa di Dio a Israele è rivolta a tutti quelli che ha qualificato come Israele, il che include i Gentili. Tuttavia, al tempo di Paolo c'è ancora un Israele – un resto scelto per grazia (Rm 11,5) – che sperimenta il favore di Dio. Ma tutta la complessa storia di Israele è un mistero che sarà svelato solo nel futuro, quando «tutto Israele sarà salvato» (Rm 11,26). I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili e Israele è amato da Dio a causa «dei padri» (cioè i patriarchi; Rm 11,28-29).
Il nocciolo della difficoltà di Paolo sta nel fatto che l'elezione di Israele garantisce che essa durerà per sempre, anche se ora viene messa da parte. Egli risolve la difficoltà con la scoperta di un significato più profondo per l'elezione nel disegno di Dio, trovando un Israele all'interno di Israele, guardando a se stesso come a un israelita salvato, e affermando la redenzione futura di Israele. (Per un'interessante discussione sull'incredulità di Israele, cfr. Gundry-Volf 161-195. Per una revisione della teologia di Paolo secondo la tesi che per la sua cristologia e pneumatologia Paolo ha ridefinito la dottrina ebraica dell'elezione, cfr. Wright).
3. LA PREDESTINAZIONE DI DIO – 3.1 II vocabolario della predestinazione – Paolo usa il verbo proorizo cinque volte (Rm 8,29.30; ICor 2,7; Ef 1,5.11) col significato fondamentale di «determinare in anticipo» o «predeterminare». Non ricorre nella LXX ed è raro (se non inesistente) nel greco profano prima dell'era volgare. Proginóskb ha ugualmente una forte connotazione di predestinazione ed è usato da Paolo in Rm 8,29 e 11,2. Qualcuno ha suggerito che proorizo e proginosko siano virtualmente sinonimi (cfr. Gundry-Volf 9; vedi Preconoscenza divina).
3.2 La sapienza nascosta di Dio preordinata – In 1Cor 2,7 Paolo parla di una sapienza misteriosa, nascosta, che è stata preordinata per la gloria dei credenti. Questa sapienza è tutto il disegno di salvezza che è sconosciuto alle forze demoniache di questo mondo, le quali, se l'avessero conosciuto, avrebbero cercato di ostacolarlo (1Cor 2,8; vedi Principati e potestà). È intenzione eterna di Dio (eterna, perché Dio è eterno) compiere la salvezza mediante la morte di Cristo. È divinamente sapiente perché la morte di Cristo adempie al tempo stesso l'amore e la giustizia di Dio, infrange il potere del male, trasferisce i credenti nel regno di Dio e, in definitiva, li salva. È decisione di Dio che avvenga così.
3.3 Persone predestinate a essere come Cristo – In un modo simile Paolo parla della predestinazione di persone da parte di Dio perché siano conformi all'immagine di Cristo (Rm 8,29) e siano adottate nella famiglia di Dio (Ef 1,5). Questo viene considerato conforme alla sua volontà (Ef 1,11), e «in» (Ef 1,12) o «per opera di» (Ef 1,5) Cristo. In Ef 1,4 Paolo mette in parallelo questo disegno divino con l'elezione e afferma che essa è «prima della creazione del mondo». In Rm 8,29 l'atto della predestinazione sembra derivare da quello della preconoscenza, con la chiamata che è conseguenza della predestinazione. In Ef 1,11 non viene menzionata la preconoscenza, ma la chiamata segue la predestinazione ed è conforme alla sua volontà (il «beneplacito della sua volontà», Ef 1,6).
4. CONCLUSIONI – 4.1 In sintesi – Paolo insegna che in tutta l'azione di Dio nei riguardi dell'ordine creato Dio opera secondo un disegno predeterminato, eterno come lui (ma non indipendente da lui o da Cristo, l'eletto per eccellenza), in modo tale che vengano soddisfatti il suo essere profondo e il beneplacito divino. Tale disegno ha uno scopo definito: ricapitolare tutte le cose in Cristo (Ef 1,10). Questo comprende destinatari, mezzi e fini. I destinatari includono gli angeli, gli esseri umani e Israele; i mezzi includono la persona e l'opera di Cristo, e la proclamazione del suo vangelo; i fini sono interamente di redenzione sia per Israele che per i credenti (e presumibilmente per gli angeli, qualunque cosa ciò possa significare). Lo scopo ultimo è la lode della gloriosa grazia di Dio (Ef 1,6.11). Riguardo agli esseri umani è importante sottolineare che Paolo parla dell'elezione e della salvezza dei peccatori (Rm 5,6.8), unisce cioè mezzi e scopi. Il lieto annuncio del vangelo è che gli uomini non hanno bisogno di darsi da fare per guadagnare il favore di Dio (in effetti, non potrebbero). Piuttosto, la grazia di Dio viene concessa liberamente (Rm 3,24). Questo esclude ogni vanto da parte degli uomini e si risolve in una eterna lode alla bontà di Dio.
4.2 Considerazioni finali – Paolo è consapevole che sia la dottrina dell'elezione che quella della predestinazione hanno in sé degli elementi problematici e, sebbene non li tratti mai in modo sistematico, nelle sue lettere menziona le due difficoltà principali: imparzialità da parte di Dio e responsabilità umana, cioè libertà.
4.2.1 II problema dell'imparzialità di Dio – Per Paolo è indiscutibile che Dio sia imparziale e che mai farebbe qualcosa che riveli una preferenza (Rm 2,11; Ef 6,9; Col 3,25). Di conseguenza, elezione non vuol dire che qualche persona non possa arrivare a Dio per la salvezza, né che quelli che sono eletti siano scelti sulla base di qualche virtù che essi possiedono. In effetti, il motivo per cui Paolo sviluppa in queste righe la dottrina della salvezza è proprio quello di escludere ogni vanto o l'idea che l'elezione sia basata sulle opere (vedi Opere della Legge) o sulle virtù. In verità, Dio non sarebbe stato ingiusto se non avesse scelto qualcuno, perché tutti ugualmente hanno meritato la condanna di Dio a causa del loro peccato. Perciò, se c'è apparente ingiustizia in questa dottrina, essa è solo apparente, non reale. Inoltre, Paolo pensa che la grazia di Dio, che porta la salvezza, sia apparsa a tutti gli uomini (Tt 2,11) e certamente egli condividerebbe queste parole di Pietro: «Dio non vuole che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi» (2Pt 3,9). Se gli uomini non si salvano, la colpa non può essere attribuita a Dio.
4.2.2 II problema della responsabilità umana – Se un cinico denigratore domandasse a Paolo: «Perché Dio ancora rimprovera? Chi pub infatti resistere al suo volere?», egli potrebbe rispondere sullo stesso tono: «Chi sei tu per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: "Perché mi hai fatto così?"» (Rm 9,19-21). Per quelli che così fraintendono Dio, immaginando che egli agisca arbitrariamente senza alcuna base morale, può bastare una simile risposta. Però Paolo sa molto bene che elezione e predestinazione includono la responsabilità umana.
Il suo riferimento al faraone è un esempio calzante (Rm 9,16-17). Paolo sa che l'AT parlava non solo dell'indurimento del cuore del faraone da parte di Dio (Es 4,21; 7,3.4.13; 9,12.15-17.34-35; 10,1.20.27; 11,9.10), ma anche dell'indurimento da parte del faraone del suo stesso cuore (Es 8,15.32; 9,34; 1Sam 6,6), rendendolo per ciò responsabile dei peccati che commette. Nel pensiero biblico è un dato fondamentale che Dio possa attuare la sua volontà in o attraverso le azioni umane in modo tale che il suo volere sia compiuto e, tuttavia, non sia violata, obbligata o ignorata la volontà umana (cfr., per esempio, Pr 16,1.4.9.33. Quest'idea si trova anche nel pensiero rabbinico, per esempio, Pirqe Avot 3,18 [«Tutto è previsto, e viene data la libera volontà, e il mondo è giudicato dalla bontà»], che è un po' posteriore al tempo di Paolo).
Paolo sottolinea la sovrana libertà di Dio per ridurre al silenzio l'arrogante ribellione dell'uomo contro Dio, non per far apparire Dio stravagante e dittatoriale. Possiamo immaginare che Paolo sostenesse che non fosse necessario per noi conoscere esattamente come Dio attui la sua volontà in e attraverso gli atti responsabili della nostra volontà, anche se mai dibatte questo argomento. È sufficiente sapere che è il Dio pieno di amore e di grazia e Padre del Signore Gesù Cristo che chiama a sé gli uomini, per quanto peccatori, e che chiunque crede può essere certo della salvezza. Quest'ultima non dipende da alcun merito ma dalla grazia di Dio che ha scelto i credenti in Cristo prima della fondazione del mondo.