[Florilegio]:Babilonia la Grande nell'Apocalisse. Ipotesi

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[Florilegio]:Babilonia la Grande nell'Apocalisse. Ipotesi

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Enigmatici sono nell'Apocalisse i testi ermetici sui quali da sempre si discute, misteriose sono anche le circostanze della sua composizione, e sibillino suona spesso il suo linguaggio. È certamente uno dei testi neotestamentari meno conosciuti: una di quelle composizioni che o si amano o si odiano. Senza alcuna pretesa di completezza, si propone un viaggio attraverso i problemi principali di questo scritto: le circostanze storiche, l'autore, la simbologia numerica.

Circostanze storiche

Uno degli enigmi tra i molti che affollano l'Apocalisse, e tra i più interessanti, è quello relativo alle circostanze storiche del suo testo e i suoi riferimenti.
Come genere letterario, l'Apocalisse si colloca perfettamente in quell'ambiente giudaico che lo aveva visto fiorire fin dal II sec. a.C. Contrariamente a quanto si possa pensare, di Apocalissi apocrife cristiane ne abbiamo più di qualcuna, a testimonianza che anche al di fuori dell'ebraismo il genere era felicemente praticato. Secondo alcuni storici, come B. Ehrman, lo stesso Gesù potrebbe essere stato un profeta apocalittico.
L'enigma che abbiamo introdotto poc'anzi riguarda essenzialmente il problema dell'identificazione della Grande Prostituta del capitolo 17, la quale reca scritto sulla fronte il nome «Babilonia»: bisogna identificarla con Gerusalemme, o è preferibile identificarla con Roma? Questo problema ha diviso e divide ancora oggi tutti coloro che si accostano a questo testo: quando infatti sembrava generalmente accettato che l'Apocalisse fosse un libro scritto contro la capitale dell'impero, nuovi e recenti studi hanno messo in dubbio questa associazione. E la questione non è di poco conto, se teniamo presente che essa è di vitale importanza anche per conoscere la genesi e il periodo di composizione del testo stesso.
Nel corso della storia esegetica, cinque alternative sono state proposte per identificare "Babilonia":

è la Babilonia storica, che sorgeva sulle rive dell'Eufrate e che assoggettò la popolazione ebraica attirandosi gli strali dei profeti dell'Antico Testamento (Isaia e Geremia);
simbolo atemporale della città di Satana;
simbolo delle forze del male che combatteranno Dio e il Cristo nella crisi escatologica;
è la Roma del culto imperiale;
è la Gerusalemme che aveva rifiutato e messo a morte il Cristo.
Ovviamente una rassegna della letteratura in tal senso non è possibile, e trascende le finalità del nostro percorso di introduzione ai testi del Nuovo Testamento. Questa rassegna è resa peraltro più difficile dal fatto che studi sull'Apocalisse iniziarono già prima di Ireneo (Lione, Gallia, 130-200 d.C. ca.): nel quinto libro (V, 28-30) dell'Adversus haereses, questo importante padre della Chiesa riferisce tre interpretazioni gematriche correnti al suo tempo del numero della Bestia.
È però importante dare uno sguardo all'esegesi recente: se infatti le prime tre ipotesi sopra presentate sono generalmente oggi non più sostenute, le ultime due, come si diceva, sono oggi le maggiori, e anzi l'ipotesi anti-gerosolimitana ha raccolto negli ultimi anni diversi consensi.



Critiche all'ipotesi antiromana e configurazione dell'ipotesi antigerosolimitana
Diverse sono le argomentazioni che vengono addotte contro l'ipotesi che l'Apocalisse sia uno scritto anti-romano.

anzitutto la situazione storica: negli scritti neotestamentari, nulla lascia pensare che Roma fosse vista come una persecutrice;
le lettere paoline e 1Pt. 2,13-14 raccomandano anzi una sottomissione alle autorità costituite;
la pretesa persecuzione di Domiziano fu piuttosto limitata e ristretta essenzialmente alle alte sfere di potere e alla famiglia imperiale;
gli epiteti di Babilonia come "Grande Prostituta", "Madre delle Prostituzioni" rientrano più all'interno del giudaismo veterotestamentario, e la locuzione "ebbra del sangue dei santi" sembra più riferirsi all'uccisione dei profeti, secondo l'accusa stessa di Gesù (Mt 23 etc.), che fu portata avanti da Gerusalemme più che da Roma;
le connessioni fra la Prostituta e la Bestia rendono arduo identificarle entrambe con la città di Roma: ne deriverebbe che Roma distrugge Roma (17,16);
inoltre, la Babilonia designata con l'epiteto di "Grande Città" sembra dattarsi molto meglio a Gerusalemme che non ad altre.
Tra gli autori che portano maggiormente avanti queste argomentazioni si possono annoverare studiosi quali Corsini, Nicacci, Mazzucco e Lupieri, mentre in ambito straniero Massyngberde Ford, van der Waal, Beagley, Chilton, Holwerda, De Water solo per limitarci ai più recenti. In particolare è stata la Ford a dare inizio nel 1975 ad una revisione sistematica dell'ipotesi antiromana e ad una formulazione circostanziata e precisa dell'ipotesi antigerosolimitana.
In ambito italiano, è stato E. Corsini nel 1980 ad introdurre questo filone di interpretazione. In 17,16 la Grande Bestia che distrugge la Prostituta è una allusione alla rivolta giudaica e alla distruzione di Gerusalemme avvenuta qualche anno prima. La seconda bestia con i due corni è il giudaismo con Legge e Profeti, e i monti vanno visti come «simbolo di entità spirituale opposta a Dio», interpretazione che ben si colloca nella corrente tradizione giudaica.
Altro contributo importante è quello di Beagley, che nel 1987 pubblica il suo lavoro di dottorato del 1983, il quale identifica la persecuzione di 2,9 e 3,9 con quella portata da Gerusalemme contro Gesù e i suoi seguaci, mentre la prima bestia è il potere politico romano, che in connubio con quello dei sacerdoti ne risulta il braccio esecutivo.
Anche Lupieri identifica i sette monti in analogia con le bamôt cananee contro cui si scagliavano i profeti dell'A.T.
R. De Water aggiunge un ulteriore elemento: datando lo scritto agli anni 44-48 (facendolo in pratica diventare il primo scritto cristiano composto, anteriore perfino alle lettere di Paolo), identifica i sette re con i sette Erodi che si erano alternati al potere della Palestina da Erode il Grande ad Agrippa II. Come ulteriore sostegno alla sua ipotesi, De Water sottolinea come solo dopo il 135 d.C. i cristiani avrebbero interpretato l'Apocalisse in chiave antiromana.



Critiche all'ipotesi antigerosolimitana e ritorno all'ipotesi antiromana
È ora necessario volgere la nostra attenzione all'ipotesi opposta, quella portata avanti e appoggiata dalla maggioranza degli studiosi.
Giustamente si fa notare come la persecuzione di 2,9 sia meglio identificabile con quella giudaica: ma alcuni elementi contrastano con tale ipotesi. Anzitutto, non è attribuibile ai tribunali giudaici la morte di spada (13,10b), né la morte di scure (20,4), caratteristica al contrario dei romani.
In secondo luogo, la prostituzione di Babilonia non è assimilabile alla prostituzione di cui Gerusalemme viene accusata dai profeti dell'A.T., la quale va vista più come un'adultera, in quanto sposa di Dio. Di prostituzione per altro sono accusate anche città come Tiro e Ninive.
Anche la geografia politica dei capitoli 13 e 17-18 osta all'identificazione con Gerusalemme: il mare è inequivocabilmente il Mediterraneo, e Babilonia è capitale dell'impero. L'idolatria dei simulacri e dei demoni (9,20-21) e l'idolatria della Bestia (13,4-8) promossa dal falso profeta (13,12-17) non vanno interpretate in senso metaforico. Inoltre, le due idolatrie sono più facilmente ambientabili nel mondo romano, dove sussistevano templi della religione tradizionale accanto a templi del culto dell'imperatore.
Anche la situazione di collusione tra Gerusalemme e Roma così come prospettata nel testo mal si adatta alla datazione post-70 secondo le idee di Corsini, Lupieri, Ford: a quel tempo, non si vede proprio come una città distrutta, senza tempio e senza culto poteva trovare collusioni con il potere romano. Questa difficoltà sarebbe aggirata solamente datando lo scritto ad un'epoca quantomeno anteriore agli anni 60 (come fa notare G.K. Beale), anche se non necessariamente secondo la cronologia di De Water.
Anche l'argomento più forte dell'ipotesi Babilonia-Gerusalemme, cioè l'identificazione delle due città in Apoc. 16-18 secondo Apoc. 11, non è pienamente convincente: la Gerusalemme di Apoc. 11 è simbolo del mondo intero quale luogo di scontro tra le forze messianiche e quelle antimessianiche, le quali imiteranno i crocefissori del Signore (diverse argomentazioni sostengono questa ipotesi, configurata da Kiddle, Bachmann, Beale, Roloff, Biguzzi).
Se dunque è assolutamente positivo che un nuovo campo di interpretazione sia stato proposto e portato avanti (nello studio del passato è sempre meglio proporre 100 errori che adagiarsi su 1 "certezza"), quanto detto finora fa capire come l'ipotesi antigerosolimitana non sia molto forte, almeno non tale da scardinare la più tradizionale ipotesi antiromana.
Infatti, per dimostrare una tesi, bisogna anche provare che le altre ipotesi siano non sostenibili.
Poc'anzi abbiamo già data alcuni indizi che vanno in senso contrario: la geografia fisico-politica della Grande Città si adatta meglio a Roma piuttosto che a Gerusalemme; l'identificazione di Gerusalemme con Babilonia si scontra con la datazione più probabile dello scritto; per i magistrati vanno chiamati in causa quelli ellenistico-romani.
Per quanto concerne la persecuzione, quella neroniana di cui parla Tacito (Ann. 15,44.4) doveva essere stata paradigmatica per i cristiani del post-70: se è vero che la perseuzione fu un fatto limitato alla città di Roma, in Asia le persecuzioni erano legate a situazioni contingenti di ordine pubblico piuttosto che autorizzate da rescritti imperiali come quello di Traiano e i successivi di Decio, Valeriano e Diocleziano. In tal senso, il soggiorno di Giovanni a Patmos, il carcere previsto in 2,10 o quello di cui parla 13,10a, in unione a quanto visto sopra, mal si adattano, di nuovo, ad una persecuzione giudaica. L'identificazione della Babilonia di Apoc. 17 con Roma si colloca bene anche nel periodo storico: dopo la distruzione di Gerusalemme, apocalissi giudaiche del I sec. d.C. come 4Esd. e 2Bar., oltre a scritti cristiani come la 1Pietro (che però altri datano ai primi anni 60) e gli Oracoli Sibillini danno a Roma il nome di Babilonia.
Per quanto riguarda il culto imperiale che Domiziano non avrebbe incrementato, va tenuto presente che in Efeso tra l'89 e il 91 d.C. furono portati avanti lavori urbanistici per la costruzione di un tempio in onore della famiglia Flavia e un impianto sportivo di enormi dimensioni per i giochi in onore dell'imperatore. La questione della divinizzazione e del culto imperiale è stata altrove trattata: qui resta da sottolineare che quanto detto può bastare a giustificare la composizione dell'Apocalisse più del cercare motivi nei comportamenti di Domiziano o in eventi di politica internazionale.
Anche l'uso linguistico in Apoc. 17 non costituisce un problema insormontabile per Roma: gli scrittori latini usavano regolarmente l'espressione montes e septimontium per la città di Roma in relazione ai suoi colli (l'uso del termine septicollis ricorre a partire dal tardo poeta romano Prudenzio), e che in ogni caso il termine greco όρος benché meno usato nella letteratura greca è comunque attestato in Strabone, in Dionigi di Alicarnasso e in Dione Cassio proprio per l'elenco dei colli di Roma. Infine, Gentry ha giustamente fatto notare come «quando Giovanni scrisse non c'era altra città che fosse universalmente famosa per i suoi sette colli».
A tale contesto ben si lega la bestia seduta sui sette monti che ricorda da vicino la dea Roma seduta sui sette colli in veste di amazzone come rappresentata da un sesterzio di bronzo coniato da Vespasiano nell'anno 71.
Quanto al conteggio e all'identificazione dei sette imperatori, esso appare in realtà un falso problema: il numero sette sembra infatti più legato alla simbologia numerica di questo numero che pervade largamente l'Apocalisse già a partire dalle sette chiese, piuttosto che essere vincolato alla realtà storica.



Conclusioni
«In conclusione, l'ipotesi che la Babilonia di Apoc. sia Gerusalemme non sembra in grado di imporsi e, al contrario, l'ipotesi di Babilonia-Roma è quella che meglio di ogni altra rende conto sia dei dettagli di Apoc. che di tutta la sua trama narrativa. Aveva dunque ragione il terzo evangelista a scrivere che il vino vecchio è migliore di quello nuovo (Lc 5,39). Il vino vecchio, nel nostro caso, è quello dei contemporanei di Ireneo o soprattutto quello di Vittorino di Poetovio ("di Pettau", fine III sec.)» (Biguzzi, p. 46).

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Biceleon
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Messaggio da Biceleon »

Sinceramente le critiche all'ipotesi anti-romana mi sembrano un po debolucce.

Rimanendo sempre nel campo delle ipotesi ho trovato interessanti alcune espresse da Mario Bacchiega in I mostri dell'Apocalisse, cioè quello di interpretare la “prostituta” come la religione romana e la “bestia” con il potere politico romano, in tal senso “Roma che distrugge Roma” (Ap 17,16) trova una logica.
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