Purtroppo Victo67 è nuovo al forum, altrimenti saprebbe che le angolature da lui proposte sul canone sono state già da me analizzate in diverse occasioni, e non so esattamente se sia il caso di linkare vecchie discussioni con risposte alle sue domande, o riscrivere ex novo le risposte. Una via di mezzo potrebbe essere fare dei copia&incolla di risposte già date altrove alle sue obiezioni, evitandogli così la fatica di dover seguire dei link.
“Un medico fallibile può benissimo darmi una ricetta infallibile, perché la prova che la sua ricetta sia infallibile non è data dalle sue dichiarazioni ma da me che faccio da cavia.
Non ha molta importanza sapere se il medico si dichiari fallibile oppure no, ma che lo sia veramente. Un bugiardo non diventa veritiero solo perché si dichiara tale, l'importante non è come lui si dichiari, ma come sia realmente.
Inoltre io posso anche credere che un medico non infallibile mi dia una ricetta infallibile, perché credo che il vero autore della ricetta sia un'altro, ovvero Dio, e che egli si sia semplicemente servito del medico come strumento. Questo è esattamente quello che credono i protestanti.
E' particolarmente evidente la tua incongruenza quando affermi, in molti post, quasi ossessivamente:”
Il punto infatti non è se i libri siano infallibili, ma come faccia tu a saperlo. Infatti la metafora che è stata usata in questa discussione è quella del gioielliere (la Chiesa) che analizzata i diamanti. Mi pare ovvio che non è il gioielliere a rendere i diamanti dei diamanti, ma quello che stiamo cercando di far capire è che tu, osservatore esterno, non puoi sapere con certezza quali siano i diamanti senza l’ausilio del gioielliere. Cito da un mio vecchio post, perché sono un po’ stufo di avere sempre le stesse obiezioni senza fantasia cui replicare:
“E’ verissimo che non è il riconoscimento della Chiesa a rendere un libro ispirato, e la Chiesa riconosce semplicemente l’ispirazione, tuttavia il punto è proprio sapere quali siano i libri ispirati volendo prescindere dalla Chiesa. Per fare una metafora il libro x del NT è un diamante, ma è in mezzo a dei diamanti falsi. La Chiesa è un gioielliere, che sa distinguere i veri diamanti dai fondi di bottiglia, ma se non ci fidiamo dell’insindacabile giudizio di questo gioielliere, e anzi lo dichiariamo corrotto e fallibile, non abbiamo nessuna garanzia che, nella sua ebbrezza, non abbia selezionato dei diamanti falsi prendendoli per veri. Vale a dire che è verissimo che i testi sono ispirati a prescindere dal riconoscimento della Chiesa, tuttavia senza questo riconoscimento infallibile della Chiesa non avremmo alcuna possibilità di discernere quali siano i testi ispirati, o di sapere se la cernita che è stata fatta sia stata corretta “
In sintesi: non sto sindacando che i protestanti abbiano libri infallibili, giacché, se sono anche i libri che io ritengo tali, evidentemente non li accuso di credere a gemme false. Quello che si sta dicendo è altro, cioè che i protestanti, a differenza di noi, non hanno alcun criterio per poter dire con certezza che quelli sono i libri corretti.
Tu adesso hai fatto una specie di salto del buio, ipotizzando in protestante che creda in quel canone, ma ammetta che potrebbe sbagliarsi. Questa ammissione, non è una risposta, ma solo la conferma di quanto vado dicendo da anni.
La maggioranza dei protestanti ovviamente non si sogna di fare l’ammissione che tu hai fatto, né si sogna di far dipendere il canone dal proprio giudizio personale, perché saprebbero che così facendo lo getterebbero nella più compleata aleatorietà.
“Sostanzialmente tu affermi che solo chi si autoproclama infallibile ha i titoli per dire che un’altra cosa è infallibile. Questo è falso, ecco perché:
consideriamo le due affermazioni:
1) Io Chiesa Cattolica sono infallibile, ed affermo che solo questi 27 libri sono infallibili.
2) Io Chiesa Protestante non sono infallibile, ed affermo che solo questi 27 libri sono infallibili.
Innanzitutto possiamo vedere che entrambe le affermazioni sono razionalmente indimostrabili, quindi credere all'una piuttosto che all'altra porta alle stesse conclusioni, cioè: non sappiamo realmente se i 27 libri siano o non siano Parola infallibile di Dio, dobbiamo crederlo solo per fede, e da questo punto di vista la 1) e la 2) sono quindi perfettamente equivalenti. Già questo dovrebbe bastare per dire che la scelta dei protestanti non è illogica.
Inoltre, la 2) non è contraddittoria, ma è semplicemente un'affermazione che esprime il riconoscimento di un proprio limite e l’attribuzione di una qualità ad un insieme di libri, quella dell’infallibilità.”
Anche qui, ho già dato una risposta….In queste righe mettevo in luce che anche ammesso che la posizione cattolica sia indimostrabile come quella protestante, quella protestante oltre che indimostrabile è incoerente. Cito:
“E’ esattamente così, il canone dei cattolici è valido solo per i cattolici, proprio perché essi riconoscono l’infallibilità della loro Chiesa. Il problema invece dei protestanti è che non possono fondare alcun canone, perché si basano sul Sola Scriptura, e dunque non riconoscono l’infallibilità a nulla all’infuori della Bibbia, sicché, siccome in nessun punto della Bibbia sta scritto quali siano i libri della Bibbia, i protestanti non possono fondare alcun canone. Questa contraddizione non c’è nel cattolicesimo, perché il cattolico dice appunto che la Bibbia si fonda su altro, cioè sulla Chiesa infallibile. Il protestante invece, se essere protestante è basarsi sul Sola Scriptura, non può dire dove reperisca la lista di quali siano i libri della Bibbia, perché questo è un dato tràdito, cioè trasmesso, extra-biblicamente. Sicché la fede dei protestanti è incoerente, quella dei cattolici no. Al massimo si potrà dire che ai cattolici resta da giustificare perché la loro Chiesa sia infallibile (e ne parlerò sotto), ma questo non toglie che questo modo di pensare sia coerente (al massimo infatti è indimostrato, ma non incoerente), al contrario il protestantesimo è incoerente e contraddittorio in sé, perché dice di rifarsi al Sola Scriptura, ma poi accoglie un dato extra-canonico, cioè la lista dei libri del canone, che ovviamente non sta nella Bibbia.
Che differenza c’è però tra il fatto che i cattolici pongono fede nell’infallibilità della Chiesa, e Naaman che pone come criterio la sua illuminazione privata?
Innanzitutto il fatto che noi tutti abbiamo coscienza, come singoli, di non essere infallibili, sicché postulare l’infallibilità di una Chiesa è più razionale che affidarla ad un singolo come nel tuo pencolante teorema, visto che ciascuno di noi sa bene di non essere infallibile. In secondo luogo c’è differenza tra le due posizioni perché questo canone è storicamente il prodotto della Chiesa Cattolica, sicché è ben diverso il caso di chi come noi volendosi rifare a questo canone ritenga infallibile chi l’ha storicamente creato, e il caso di chi invece, come te, voglia rifarsi a questo canone infischiandosi di chi l’abbia creato e non riconoscendo l’infallibilità di chi l’ha creato. Le due opzioni non sono altrettanto probabili, e la tua puzza di sofismo.”
Ora però vorrei aggiungere qualcosa, perché quando dico che la posizione protestante è incoerente, l’incoerenza non si produce col tipo di protestante immaginato da Victor (che semmai va incontro ad incoerenze successive). Le tue posizioni come le riassume Victor sono le seguenti:
“1) Io Chiesa Cattolica sono infallibile, ed affermo che solo questi 27 libri sono infallibili.
2) Io Chiesa Protestante non sono infallibile, ed affermo che solo questi 27 libri sono infallibili.”
Nessuna di queste due tesi è incoerente,così com’è messa, ma questo perché la seconda opzione non è il tipo di protestantesimo che io intendevo disarcionare. Per capire quale tipo di protestantesimo mi interessa confutare si dovrebbero riscrivere le due frasi aggiungendo qualche parolina:
““1) Io Chiesa Cattolica sono infallibile, e dunque affermo
con certezza che solo questi 27 libri sono infallibili.
2) Io Chiesa Protestante non sono infallibile, ed affermo
con certezza che solo questi 27 libri sono infallibili.”
Qui si produce una contraddizione tra il pensiero e l’azione, perché un ente che dice si sé di non essere infallibile, afferma di poter dire in maniera infallibile almeno una cosa. Quello che volevo mostrare è che per l’appunto il protestante non possa dire con certezza che il canone sia quello. Al protestante che invece immagina Victor, e che ammette di non poter sapere con certezza quale sia il canone e che potrebbe sbagliarsi, non ho nulla da replicare, perché ha già ammesso quello che volevo.
Onde prevenire fastidiose obiezioni devo premettere che non c’entra niente se questa sicurezza è immaginata proveniente da un ragionamento, da un sentimento, o da un’illuminazione privata. Chi dicesse che è sicuro che il canone sia quello perché glielo dice il cuore, sta affermando di essere infallibile su quel punto, e dunque che da quella infallibilità discende la certezza del canone. Ma la premessa è che nessuno sia infallibile se non Dio (in casa protestante), quindi nessuno può essere sicuro della propria illuminazione privata.
Abbiamo dunque spiegato perché, se anche la posizione cattolica fosse indimostrata al pari di quella protestante, almeno quella cattolica è coerente. Tra l’altro poi, tralasciando il campo della logica pura, e limitandoci alla plausibilità, chiunque vedrebbe che non sarebbe plausibile o probabile che una Chiesa storicamente apostata scelga guarda caso, tra le mille dottrine eretiche, una dottrina corretta (la Chiesa del IV secolo vista da un protestante è proprio come il tuo professore di matematica, che sbaglia spesso a fare i calcoli, azzeccandone uno ogni mille). Eppure i protestanti scelgono di credere ad un calcolo su mille. La cosa, se anche non fosse contraddittoria, sarebbe non storicamente probabile, e si vede benissimo che questa presa di posizione aprioristica a favore di un singolo calcolo su mille è solo un escamotage per rifiutarsi di fare i conti con la storia.
Veniamo ora ad un secondo punto: la posizione della Chiesa Cattolica, è davvero indimostrabile come quella protestante? Per dimostrare l’infallibilità del canone devo assumere previamente l’infallibilità della Chiesa, ma è questa che manca di dimostrazione. Credo però che questa dimostrazione si possa produrre a ritroso, e non è una dimostrazione che vale in assoluto, ma una dimostrazione che funziona solo se il mio interlocutore protestante è del tipo che pretende di sapere con certezza che quel canone è infallibile, cioè un tipo di protestante diverso da quello immaginato da Victor.
Io non sto affatto partendo dal presupposto che la Chiesa Cattolica sia quella corretta, ma anzi, parto dal fondo, cioè dal fatto che do per scontato che qualunque cristiano voglia tenere per fermo l’attuale canone del Nuovo Testemento, e dunque, proprio partendo dall’infallibilità del canone del NT, ne deduco che doveva essere infallibile chi l’ha creato. Quindi nell’argomentazione contro i protestanti noi non partiamo dimostrando la Chiesa Cattolica, per poi dimostrare il canone da essa creato, ma, al contrario, diamo per scontato che il protestante di turno voglia tenersi il canone neotestamentario che usa, e proprio per questo gli facciamo notare che esso è creazione della Chiesa cattolica, e che se dunque la Chiesa fosse fallibile, allora quel canone sarebbe una creazione fallibile. L’argomentazione è dunque strutturata non dimostrando la Chiesa Cattolica come punto di partenza, bensì con un procedimento dialettico al contrario, e cioè: “se vuoi tenerti questo canone, deve riconoscere l’infallibilità della Chiesa Cattolica, altrimenti il tuo canone è una miscellanea umana”. La premessa è solo “se vuoi tenerti questo canone”, e nient’altro. Come si vede in questo modo di procedere non c’è una previa dimostrazione dell’infallibilità della Chiesa, da cui poi far discendere il canone, bensì si argomenta partendo da ciò che abbiamo in comune coi protestanti, cioè l’infallibilità del canone, per mostrare come esso implichi automaticamente l’infallibilità della Chiesa che l’ha creato, e dunque è il protestante stesso che, se vuole tener fede alle sue premesse (cioè l’infallibilità del canone), deve accettare le conclusioni del cattolico.
Questo procedimento dialettico è diverso ovviamente dal processo storico, che parte invece dalla Chiesa, che esiste prima e cronologicamente anteriormente al canone.
Il protestante da me immaginato è quello che esiste davvero, nel 99% dei casi, quell’1% rimasto, che non crede all’infallibilità dell’attuale canone, è il personaggio immaginato da Victor. Ma a costui io non ho nulla da far ammettere, ha già ammesso quello che volevo sentirgli dire.
A questo punto però io farei a questo protestante altre domande, e cioè come faccia ancora a dire che lui vuole basare la sua vita sulla Bibbia, se è la Bibbia che si basa su di lui, ed è un riflesso umano di sé medesimo.
“Del resto se io dico, come tutti i cattolici:
“Il Papa è infallibile solo quando parla ex-cathedra,”
non mi devo certo autoproclamare infallibile per non rendere contraddittoria questa affermazione, sto semplicemente attribuendo per pura fede una qualità al Papa, quella di essere infallibile (ma potrei anche attribuirla ad un insieme qualsiasi di libri di una biblioteca).”
Qui non c’è nessuna incoerenza, perché tu non basi l’infallibilità di questa affermazione sul fatto che la pronunci tu, ma sul fatto che la pronuncia la Chiesa, che è infallibile. Se invece non passi per la Chiesa, attribuendo l’infallibilità a cose che la Chiesa non considera infallibili, devi basarti su di te, che sai di essere fallibile.
“Quindi quando i protestanti dicono che solo Dio è infallibile, e che la sua Parola è nel canone, non sono di certo contraddittori. Al massimo potremmo dire che sono degli ingrati, perché non riconoscono le qualità di chi ha fatto un lavoro di selezione che loro non hanno fatto.”!
Come già detto la contraddizione si produce se il protestante in questione dicesse non solo che quello è il canone, ma che egli ne è certo. Altri protestanti non mi interessa confutarli, perché hanno già ammesso quello che volevo.
L’ingratitudine v’è certamente, ma più che ingratitudine io la chiamo miopia storica. Anche il protestante da te immaginato, valutando le sue probabilità, dovrebbe essere ben miope per non rendersi conto di quanto sia improbabile, sebbene non contraddittorio, attribuire ad un gruppo di uomini apostati e corrotti una scelta giusta su mille.
“La spiegazione dottrinale del fatto della Risurrezione è importante per farne capire il significato redentivo, ma di per sé come fatto ha già una sua forza comunicativa straordinaria: un Uomo è ritornato dal regno dei morti e adesso è ancora vivo. La semplice comunicazione di questo evento è sconvolgente per la nostra ragione, prima ancora di ogni possibile spiegazione. “
Qui devo dire che sono combattuto. La religiosità greca nella sua mitologia contemplava tutta una serie di resurrezioni (le ha catalogate di recente Rocchetta Stefania nel libro “Tornare al mondo. Resurrezioni, rinascite e doppi nella cultura antica” per Il Mulino), quindi la resurrezione di Gesù, in sé, non avrebbe detto nulla di nuovo ad un pagano, se non gli si fosse spiegato cosa significava. C’è però da dire, per contro, che quando Paolo all’areopago parla della resurrezione di Cristo, viene schernito, come fosse un ciarlatano, e da qui s’è dedotto invece che parlare di resurrezioni non fosse qualcosa di usuale per i Greci. Le due cose forse non si contraddicono: i Greci avevano parecchie resurrezioni nella loro mitologia, ma ormai la classe intellettuale le considerava favole. Non rispondo al resto, perché mi pare che siamo divisi più da sfumature e linguaggio, che dalla sostanza.
“Anche noi cattolici abbiamo una babele di interpretazioni del testo biblico. Due esegeti cattolici possono differire nella loro interpretazione anche su punti essenziali. Non esiste una raccolta ufficiale dogmatica di interpretazioni infallibili da dare ad ogni brano della Bibbia. La chiesa ci dice dogmaticamente quali sono le linee generali, ovvero che dobbiamo credere alla Trinità, ed agli altri dogmi, ma le interpretazioni dei vari brani biblici sono molteplici anche in ambito cattolico. Del resto non possiamo negare che Bultmann o Barth siano dei veri maestri dell'esegesi. I protestanti ci hanno insegnato molto, ad esempio sono stati loro a riaprire il dibattito sull'escatologia che in ambito cattolico era fermo da secoli.”
Come sempre, che la Chiesa Cattolica opera un et-et con la mediazione da te enunciata, che squalifica comunque il protestantesimo. Che la Chiesa dia solo le linee generali, non toglie il fatto che siano quelle bastevoli per avere una fede comune, mentre al contrario con la Babele protestante del Sola Scriptura l’anarchia è totale, al punto che basandosi sulla sola Bibbiasi può giungere a teologia opposte come quella luterana e quella dei Testimoni di Geova.
“Io ti avevo fatto notare che con il professore di matematica sbagliavi nel considerare la sua morale, infatti non ho mai negato che anche un Papa per quanto moralmente scellerato possa fare affermazioni di infallibile verità.
Ti avevo detto che il professore non è credibile proprio nella sua materia quando inizialmente fa una dimostrazione di un teorema, che può essere corretta, ma poi quando in concreto applica quel teorema svolgendo dei calcoli, li sbaglia. Non è credibile proprio nella sua materia. Allo stesso modo anche un Papa che facesse una dichiarazione infallibile, ad esempio su un comportamento morale, non sarebbe credibile se egli stesso non lo praticasse, pur restando vera la sua affermazione. “
Quando si dice che questo papa non è credibile, io vorrei sapere “credibile per chi?”. Il discorso cambia notevolmente. Se stai parlando di te stesso, allora, poiché ammetti che l’infallibilità dei pronunciamenti ex cathedra non è inficiata dal peccato di chi li pronuncia, se ne deve dedurre che per te il pronunciamento di quel papa sarebbe credibile. E’ credibile per te e per chiunque altro accetti che il papa è infallibile quando parla ex cathedra. Chi crede a questo assunto, non può coerentemente dubitare della credibilità dei pronunciamenti ex cathedra di un papa serial killer. Se ne dubiti, cedi ad una debolezza emotiva umana, in contrasto con l’assunto che hai ammesso.
Assumo che chiunque si dica cattolico debba credere all’infallibilità del papa, essendo questo un dogma.
Se invece parliamo della credibilità erga omnes, cioè verso non cattolici, posso anche ammettere che un papa serial killer non sia credibile quando parla. Ma ciò come già detto non dipende dalla falsità delle sue affermazioni, bensì da un vizio mentale di coloro che ascoltano, incapaci di distinguere la vita del singolo da quello che predica.
“ In ambito cristiano la dottrina non può essere disgiunta dalla pratica, perché altrimenti diventa una dottrina vuota, che può essere contemplata come perfetta, ma non serve a nulla. “
Può non servire al singolo, ma serve a chi la ascolta, se la troverà credibile. E per far ciò, sebbene ci auguriamo di avere pastori sempre più santi, occorre educare pure gli ascoltatori a distinguere il piano della moralità di chi sta parlando da quello che dice, facendo loro notare in primis che quello che dice quel pastore non è affatto l’opinione di quel pastore ma di un vasto gruppo di persone.
Il messaggio cristiani non si basa sulla santità dei suoi proclamatori, che se sono d’esempio tanto meglio, ma non è necessario. Scriveva Messori: “L’annuncio di un ideale sarebbe impossibile, se volessimo appoggiarlo sulla nostra realtà, così mediocre e contraddittoria; è sulla verità, non su di noi, che un simile annuncio poggia. La chiesa ha fulminato di scomunica l’eresia degli hussiti che volevano misurare la validità del vangelo dalla validità del predicatore. Così, come osservò Manzoni, «è necessario che i cristiani propongano una dottrina superiore ai loro fatti. E non si può tacciarli di ipocrisia, qualora, doverosamente, confessino di essere ben lontani dalla perfezione che insegnano». Dal disagio, quando non dalla sofferenza che si ricava constatandola distanza tra le parole di Gesù e la propria vita, la conseguenza da trarre-crediamo- è l’umiltà del peccatore; non l’angoscia del superbo” (Vittorio Messori, Inchiesta sul cristianesimo, Milano, 2003, Oscar Mondatori, pag. 14-15)
“Sarebbe certamente un pronunciamento infallibile, ma privo di credibilità e pertanto di efficacia.”
Privo di credibilità per chi? Se privo di credibilità per te, sei nell’eresia. Se invece dici che è poco credibile per dei non cattolici che non credono all’infallibilità papale, non ho nulla da obiettare.
“Il mio disaccordo e sconforto nel leggere le tue affermazioni non deriva dalla loro falsità, perché sono senz'altro vere, ma dall'accento posto sulla correttezza logica della dottrina anziché sulla Persona di Cristo che è Amore e quindi esige una coerenza morale, che viene prima di ogni esposizione dottrinale. “
E dunque il problema sarebbe solo una diversità d’accenti? Io non credo comunque che la coerenza morale venga prima dell’esposizione dottrinale, anzi, penso sia meglio il contrario. Essere coerenti non serve a nulla, se sei coerente con dottrine false. Preferisco un pastore corrotto che mi insegni il vero, piuttosto che uno coerente con le proprie falsità.
“Anche i fatti sono dottrine, se con dottrina intendiamo un insegnamento, perché insegnano sempre qualcosa”
Il fatto in sé può non dire niente, perché aspetta di essere interpretato. Come diceva Hume, non si passa dalla descrizione alla prescrizione, perché dallo stesso fatto possono derivare due interpretazioni opposte. Prendiamo ad esempio un fatto, cioè la differenza sessuale tra uomini e donne. Ebbene, che prescrizioni che ricaviamo? Nel caso in una persona agisca il modulo interpretativo “la complementarietà è una bella cosa”, dalla differenza sessuale si ricaverà la prescrizione che siccome maschi e femmine sono diversi, allora debbano accoppiarsi tra loro. Nel caso invece in una persona operi il modulo interpretativo “il simile ama il simile e lo cerca”, dal fatto che gli uomini e le donne sono diversi, ne dedurrebbe il fatto che gli uomini debbano andare cogli uomini che sono uguali, e non con le donne che sono diverse. Sicché dal medesimo fatto, la differenza sessuale, si può ricavare sia un’approvazione dell’eterosessualità sia un’approvazione dell’omosessualità, a seconda di quali fossero i moduli interpretativi che la persona precedentemente aveva in mente. Il fatto che Cristo è risorto in sé, come fatto, non significa nulla, se non all’interno di una serie di pre-comprensioni.
“ Ovviamente non sto negando l'utilità delle definizioni dogmatiche e di tutto il resto, ma esse non vanno presentate come l'oggetto della nostra fede che invece è la Persona di Cristo. “
Non puoi aver fede nella persona di Cristo se non sai chi è colui nel quale hai fede. In questo caso hai fede in Gesù perché confessi che sia il messia, Dio, o altri fatti descrittivi. Ripeto che dottrina e incontro personale vanno di pari passo nel cristianesimo. L’oggetto della nostra fede sono anche quelle definizioni dogmatiche, nella misura in cui ci descrivono quel Cristo in cui abbiamo fede. Non si tratta di cose scindibili.
“No, non pretendo assolutamente di avere ragione quando ti dico che chi ha incontrato il Vivente si pone in modo diverso. La mia è solo un'opinione.”
Bene, sono lieto che tu ti sia reso conto dell’impossibilità di avere un parere più assertorio, date le tue premesse.
“Certo, ma è proprio quello che volevo farti notare. Tu credi che una determinata affermazione sia contraddittoria, ma non essendo a conoscenza del vero significato dei termini, in realtà l'affermazione potrebbe essere perfettamente coerente, ovvero ti illudi di aver mostrato un'incoerenza che in realtà non esiste.”
Quand’è così, non ho nulla da obiettare. Non mi interessa affermare che le contraddizioni che vedo debbano esserlo davvero, perché non sono infallibile, e non sto dunque a fare il portavoce di Dio. Rivendico però questa facoltà di veder chiaro, e dichiarare alcune dottrine contraddittorie in modo insanabile, a chi è la voce di Dio, cioè il magistero se decide di esprimersi in maniera infallibile sull’eresia di qualcosa. Scriveva Ratzinger il risposta ad Hans Küng, il quale parlava dell’indefinitezza semantica degli enunciati dogmatici:
“Non si può fare a meno di classificarlo come grossolano sofisma (l’opinione di Küng N.d.R.). O s’intende affermare la banalità che gli asserti umani sono fraintendibili perché il linguaggio umano non è in grado di esprimere limpidamente la verità, e allora lo sfoggio di paroloni è fuori posto; oppure si afferma che tutti gli asserti umani sono fondamentalmente uguali di fronte al problema della verità , e allora si qualifica come un assurdo giochetto di parole non soltanto il dogma ma anche la teologia” ( J. Ratzinger, Contraddizioni nel libro “Infallibile?” di Hans Küng, in AA. VV.,“Infallibile? Contro Hans Kung”, Roma, 1971, Edizioni Paoline, pag. 70)
Comunque, non siamo nuovi a questo tipo di discussioni nel forum, l’utente cattolico =Marcuccio= esponeva pareri molto simili, era troppo preso cioè a parlare di carità per ricordarsi della verità. Questo atteggiamento era stato causato da una reazione esagerata alla tendenza opposta manifestasi nel passato, cioè un magistero troppo inquisitorio, dimentico delle persone e della loro singolare unicità. Ma come sempre, la reazione di opposizione a qualcosa esagera nella linea opposta, e attende una mediazione. Hegel è Dio.
“Paolo non si è convertito quando ha incontrato Cristo nella visione di Damasco, anzi, gli sono venute le squame davanti agli occhi per tre giorni. Si è convertito e fatto battezzare solo quando un cristiano, Anania, gli ha detto di essere stato mandato dal Signore perché riacquistasse la vista. Cristo non ha convertito Paolo con l'evidenza sfolgorante della sua apparizione, ma tramite un semplice cristiano che gli ha detto di essere stato mandato da Lui. “
Continuo a non essere convinto. La tua tesi assume ovviamente l’idea che la cecità fisica corrisponda a quella spirituale, e dunque, il cadere del velo dagli occhi corrisponda alla conversione. Io credo invece che quella conversione fosse maturata già prima, e che il battesimo si sia limitato a ratificarla. Ma comunque quest’esempio non c’entra nulla. Se anche Paolo si fosse convertito al momento della conversione, ciò non è certo accaduto per l’esempio e la buona condotta del cristiano che aveva davanti, e che conosceva da 30 secondi. Semplicemente Paolo s’è convertito perché ha razionalmente dedotto che si trattava di un miracolo: qualche giorno fa un’entità chiamata Gesù mi ha accecato, adesso miracolosamente è venuta una persona che ha saputo miracolosamente del mio stato, dicendomi guarda caso che è stata mandata dalla medesima persona che ha causato la mia cecità, e questo individuo venuto da me è riuscito a guarirmi. Deduzione: Gesù è il messia. La Buona condotta di Anania non c’entra nulla. La fede di Paolo risiede nel miracolo della cecità e seguente guarigione, la morale di Anania non pare avere alcun ruolo. Inoltre Paolo era un acuto pensatore, probabilmente conosceva quello che insegnavano i cristiani che stava perseguitando già prima di avere avuto la visione sulla via di Damasco.
“Qui non capisco cosa vuoi dire. Se qualche coppia neoconvertita dell’anno 30 o 35 d.C. avesse avuto figli, non li avrebbe battezzati?”
Intendevo dire solo questo. Si pone il problema di battezzare i bambini se almeno uno dei genitori è cristiano, ma nella primissima fase ovviamente si sono convertiti degli adulti, i quali, solo in un secondo tempo, avrebbero potuto figliare. C’è poi il problema dei matrimoni misti: molte prime conversioni avranno convertito solo uno dei coniugi, la donna solitamente (stando alle fonti romane che descrivono il cristianesimo come la religione delle donnicciole), e dunque si poneva il problema della religione in cui allevare il figlio. Se costui avesse voluto battezzarsi, probabile avrebbe dovuto aspettare l’età adulta, per via dell’interferenza di uno dei due genitori.
“Il brano da me citato fa parte di un’esposizione più ampia in cui vengono messi in evidenza i contenuti essenziali della nostra fede, che non risiedono nelle conoscenze teoriche, ma nella pratica dell’amore. Non è pertanto una frase da “bacio Perugina”, ma la sintesi di un contenuto ampiamente sviluppato. Questo non toglie importanza alle grandi esposizioni dottrinali, alle costruzioni teologiche, ma le subordina al criterio principale normativo per definirsi cristiani, il vero canone, che è quello dell’amore.”
Difficilmente si troverà in un libro di Benedetto XVI una tale formulazione, per quanto almeno io conosca il suo pensiero. Il brano che hai citato non subordina le esposizioni teologiche all’amore in ordine ad una vita cristiana, bensì subordina le esposizioni teologiche all’amore in ordine alla salvezza. Vale a dire che, per quanto concerne la salvezza nel post-mortem, l’amore manifestato conta più dei dogmi. Ma ciò non ci dice nulla sul problema di chi sia subordinato a cosa in ordine alla vita cristiana. Né penso che troverò mai scritto in un testo di Benedetto XVI la frase “i contenuti essenziali della nostra fede non risiedono nelle conoscenze teoriche, ma nella pratica dell’amore”, infatti lui direbbe che risiedono nell’uno e nell’altro in simultanea.
“
In quel caso non direi proprio, perché se loro si comportano bene proprio grazie alla loro visione distorta, non avrei nulla da insegnargli, sanno già tutto, anzi sono loro che possono insegnare a me. !”
Questa frase non ha senso. Perché cosa vuol dire comportarsi bene? Esploriamo alcune ipotesi. Se comportarsi bene vuol dire comportarsi coerentemente con la propria visione, allora il kamikaze che si comporta coerentemente con la propria ideologia si comporta bene. Se invece comportarsi bene vuol dire aderire a non so quale standard minimo comune denominatore interconfessionale, comune a cattolicesimo, protestantesimo, islam, ecc. allora insegnare ad essi il cattolicesimo non li distoglierebbe da quel minimo comun denominatore, che già posseggono, ma semmai aggiungerebbe altre perfezioni.
Se poi due religioni hanno contenuti morali identici, che però per ipotesi discendono da postulati dottrinali differenti, allora quelle persone fanno cose giuste per motivi sbagliati. L’appartenente alla religione X dice “faccio Y perché me lo dice il libro sacro Z”, il cattolico invece dice “faccio Y perché me l’ha insegnato Cristo”. Non si vede come ciò implichi che l’appartenente alla religione X non abbia nulla da imparare. Se anche infatti fa il bene, lo fa per un motivo errato, e dunque predicargli è un dovere cristiano, affinché oltre che a comportarsi correttamente, abbia pure i veri motivi per cui è doveroso comportarsi così.
Né capisco cosa voglia dire che chi ha una visione distorta ma si comporta comunque bene sa già tutto: ciò è impossibile. Semmai non sa nulla. Il fatto che si comporti bene discende da motivi sbagliati, e dunque, insegnarle la vera religione, oltre a lasciare intatto il suo comportamento virtuoso, le fornirà la verità sull’esistenza e sull’universo, che ognuno ha diritto di conoscere. La Chiesa ci dice di predicare a tutti gli uomini, compresi quelli che già sono di buona volontà, e non certo di tralasciarli perché sono già di buona volontà.
Chiunque abbia avuto un brivido nel sentire l’espressione “vera religione”, sia anatema!
“In passato è già successo purtroppo che chi si riteneva il detentore della verità assoluta utilizzasse metodi anche violenti per imporre il proprio pensiero. Oggi non è più così, ma non dobbiamo assolutizzare il nostro pensiero, altrimenti rischiamo di dare una cattiva immagine.”
Come dicevo, una reazione esagerata all’estremo opposto. E invece bisogna trovare il giusto equilibrio: dire che il nostro pensiero è assoluto, e tuttavia non imporlo. Credere di essere nel vero, ed imporre questa verità, sono due passi distinti, spesso al primo segue il secondo, ma siccome non c’è alcuna necessità che ciò accada, si può benissimo essere assolutisti e non imporre niente a nessuno.
“. Nessuno di noi ha verità assolute, ma solo verità relative da proporre agli altri, ed un cristiano deve farlo con umiltà e rispetto”
Dunque questa frase non è una verità assoluta. Vorrà dire che è vera solo per te. Quello che non capisco, in tal caso, è perché mai cerchi di convincermi di cose che sono vere solo per te, se non ritieni che il tuo parere sia più corretto del mio.
“Non sono sicuro che le nostre argomentazioni siano migliori di quelle degli altri. Io le ritengo tali, sulla base delle mie conoscenze, ma potrei anche sbagliarmi. Un ragionevole dubbio deve sempre esistere, altrimenti solo la nostra fede dovrebbe essere accoglibile razionalmente. “
Dubitare della propria fede non implica che ci siano altre fedi accoglibili razionalmente. Come dicevo se la nostra fede è indimostrabile, ma almeno coerente, le altri potrebbero essere oltre che indimostrabili, pure incoerenti, e dunque da refutarsi, a prescindere da qualsiasi considerazione di fede.
Un caso emblematico è il protestantesimo col suo Sola Scriptura: nessuna dottrina dovrebbe essere presa fuori dalle Scritture, ma il canone è una dottrina extra-Scritturale, perché in nessun libro della Bibbia c’è scritto quale sia l’elenco dei libri della Bibbia. E da dove la prendono la lista? E qui c’è la seconda contraddizione, perché la lista la prendono da una tradizione, eppure essi hanno dichiarato fallibile e caduca qualsiasi tradizione umana. Infatti, chi ha detto ad un protestante che quell’insieme di libri si chiama Bibbia ed è la parola di Dio? Ma i suoi genitori ovviamente, e i suoi genitori l’hanno saputo a loro volta dai loro genitori. L’idea che la Bibbia sia questa riposa cioè su una tradizione, un dato extra-scritturale, peccato che i protestanti abbiano tra i loro assunti di rigettare qualsiasi dato extra-scritturale. E dunque, da chi posso sapere quali sono i libri della Bibbia?
“La mia antipatia nei confronti del termine Grande Chiesa deriva dal fatto che già nel linguaggio si introduce una gerarchia che ci fa sembrare superiori ai protestanti. In un dialogo con loro dire che io sono “Grande” svaluta l’interlocutore, perché egli si sente considerato “piccolo”. “
Quando si parla di Grande Chiesa l’interlocutore protestante non è piccolo, bensì non esiste proprio, visto che nei primi 4 secoli non c’era nessuna denominazione con le caratteristiche del protestantesimo. Usando il termine Grande Chiesa forse ci rifacciamo ad un semplice fatto numerico, cioè che nell’epoca pre-nicena era la Chiesa della maggioranza dei cristiani. Ciò dicendo non offenderemmo nessuno, e vorremmo usare una quantificazione di numeri, e non di valore.
“Il punto è proprio questo, nessuno di noi normalmente può ripetere gli stessi esperimenti che hanno fatto gli scienziati, deve solo fidarsi di chi lo ha fatto. Quando il mio medico mi dà un farmaco non posso certamente ripetere tutti gli esperimenti fatti per verificarne l'efficacia, semplicemente mi fido degli scienziati che lo hanno fatto. “
Mi sembra che tu con questi esempi di “fiducia” fraintenda proprio il senso del metodo scientifico. Il metodo scientifico è il contrario della fiducia nel prossimo, perché richiede protocolli sperimentali tali che un esperimento sia replicabile. Uno scienziato pubblica un articolo su una rivista, descrive il suo esperimento, e i suoi colleghi in tutto il mondo provano a replicarlo per vedere se i risultati sono confermati. Anche qui, ed è questo il punto, la moralità non c’entra nulla: uno scienziato serial killer può proporre un esperimento scientifico che i suoi colleghi controlleranno. E’ vero che io, personalmente, non posso controllare il lavoro di ogni scienziato, magari perché non sono competente in quel campo, ma come ripeto il meccanismo del controllo intersoggettivo della scienza esiste proprio perché non ci si deve fidare di qualche scienziato per convalidare una scoperta scientifica, ma solo sulla ripetibilità dell’esperimento. Questi controlli vengono fatti tra partiti opposti, e il protocollo sperimentale costringe chi non credeva ad un’idea a verificare che facendo quell’esperimento i risultati sono quelli, a prescindere dalla credibilità dello scienziato. Se dunque io mi fido di uno scienziato che dice qualcosa non lo faccio perché so qualcosa della sua moralità, bensì perché so che gli scienziati suoi rivali, quelli magari delle case farmaceutiche concorrenti, o di un Paese nemico, hanno già controllato il suo esperimento, e, sebbene privi di un movente per accettare la scoperta con piacere, hanno dovuto confermarla, e l’idea s’è così imposta. Fidarsi dunque si basa sul fatto che indipendentemente dal partito o dall’ideologia di origine anche il partito avverso, tramite il comune protocollo sperimentale, è costretto a convalidare una scoperta. La moralità, non c’entra nulla, il meccanismo del controllo intersoggettivo anzi presume l’imbroglio o l’inettitudine altrui, e dunque cerca ulteriori conferme.
“erto, ma il discorso non cambia, perché gli estensori del canone hanno semplicemente scelto una raccolta di libri dicendo che solo quella è ispirata. E’ indifferente se tali persone siano credibili o meno, la loro scelta della lista è corretta perché, pur essendo stata redatta da persone false, ha una sua evidenza intrinseca, determinata da Dio, e riconoscibile da chiunque si lasci guidare dallo Spirito, questo dicono i protestanti. La prova della bontà della scelta non è nei redattori del canone, ma nel canone stesso, ed è una prova che ognuno di noi, attraverso la preghiera e l’illuminazione dello Spirito, può riconoscere.”
Questa tesi è riconosciuta insufficiente da qualsiasi protestante abbia un minimo di buonsenso. Lo sventurato utente avventista Agabo tempo fa ci propose un articolo, che io ebbi il piacere di fare a brani, dove si tentava di rispondere al problema del rapporto tra Chiesa protestante e canone. In esso si proponevano alcune soluzioni al problema dell’accettazione del canone da parte dei protestanti senza dover passare per la Chiesa cattolica, ma fra le ipotesi suggerite si scartava proprio quella da te enunciata. L’articolo era di André Gounelle, professore alla Facoltà Protestante di Teologia di Montpellier, e così diceva:
“
Questa risposta si trova già negli scritti di Calvino: “La Scrittura – scrive - è in grado di farsi riconoscere...così come le cose bianche o colorate mostrano il loro colore e le cose dolci o amare il loro sapore”. Essa si impone con un'evidenza alla quale non ci si può sottrarre. Seguendo il medesimo ragionamento il ginevrino Gaussen, uno dei padri del fondamentalismo, afferma, nel 1842, che la Bibbia è “autopistos”, si rende cioè testimonianza da sé stessa, fonda da sé stessa la propria autorità convincendoci e conquistando il nostro assenso. “La Bibbia - scrive Gaussen - è con ogni evidenza un libro autopistos, che non ha bisogno che di sé stesso per essere creduto... da chiunque lo studi con sincerità...essa si presenta in modo chiaro e da sé stessa come un libro miracoloso” . Allo stesso modo Barth dichiara: “La Bibbia è il cànone perché essa si impone come tale”. Questa risposta ha un punto debole e uno forte. La sua debolezza consiste nel basarsi su una prova che potrebbe semplicemente essere il risultato dell'abitudine. Mi ricordo di un professore il quale diceva: “Prendete due pagine dei vangeli apocrifi o della epistola di Barnaba e vi accorgerete immediatamente della differenza che esiste tra quelli e gli scritti canonici”. In effetti, l'impressione della differenza non deriva forse dal fatto che abbiamo, da un lato, un testo familiare, che sentiamo leggere e commentare sin dalla nostra infanzia, e dall'altro un testo estraneo, che ci disorienta e sorprende? La forza di questa posizione risiede nel suo prendere atto di un fatto effettivamente sorprendente: l'accordo pressoché unanime dei cristiani sui limiti del cànone. Su quasi nessun altro punto si trova un consenso così ampio; veramente si ha l'impressione che le Scritture si siano imposte. Tuttavia è possibile considerare questo consenso come il risultato di una serie di avvenimenti casuali e rifiutarsi perciò di riconoscergli un particolare valore.”
Il protestante che dica il canone ha un’evidenza intrinseca per “chiunque si lasci guidare dallo Spirito Santo”, mente, perché gente che dice d’essere guidata dallo Spirito Santo dice cose diverse. E proprio il fondatore del protestantesimo, Lutero, ne fa dimostrazione, allorché volle buttar fuori dal canone Giacomo, una lettera di paglia a suo dire, e il tutto perché lo sentiva... Questo criterio risibile può solo essere affossato.
“Possiamo farlo attraverso la preghiera e la conseguente illuminazione dello Spirito.”
Da capo, ciò implicherebbe, per ipotizzare che noi siamo sicuri del canone, che siamo sicuri di essere illuminati dallo Spirito Santo quando ci dice che il canone è questo. Ma per essere sicuri che lo Spirito ci illumini, dobbiamo attribuirci l’infallibilità, cioè dire che almeno un nostro parere è infallibile, cioè quel parere che ci permette di distinguere quando lo Spirito ci sta illuminando e quando no. Ma ciò è incompatibile con qualsiasi assunto protestante, che non riconosce l’infallibilità a nessun uomo, e dunque non dovrebbe concedere neppure l’infallibilità alla certezza di essere illuminati.
“L'idea di Dio che si serve del male per ricavare il bene non è presa dalla sola Bibbia ma dallo Spirito che ci illumina quando la leggiamo. In definitiva loro dicono che il testo biblico rivela da sé le sue verità, anche quelle non esplicitamente scritte, basta leggerlo. “
Da capo, come fai a sapere che lo Spirito ti illumina quando leggi la Bibbia? Se lo sai dalla Bibbia, cadi nella contraddizione circolare che ho presentato prima. Infatti, per sapere che puoi fidarti dello Spirito quando leggi la Bibbia devi passare per un libro della Bibbia che te lo dice, ma per sapere se quel libro è autentico devi postulare la validità del criterio dello Spirito Santo, che però invece deriva dal libro di cui devi testare l’autenticità, e se non sai se sia autentico, non puoi utilizzare un criterio da esso derivato.
Se invece l’idea che lo Spirito illumina non dipende dalla Bibbia, ma lo apprendiamo dallo Spirito stesso, siamo nella follia ancora più grave. Lo Spirito è infallibile quando mi illumina perché me l’ha detto lo Spirito durante l’illuminazione, il che equivale a dire Berlusconi ha ragione perché lo dice Berlusconi. In ogni caso, se questa dottrina è extra-biblica, e si basa sulla sola illuminazione privata, contraddice il protestantesimo che si basa sul Sola Scriptura. Il protestantesimo non predica la dottrina di rivelazioni private dello Spirito, ma di rivelazioni dello Spirito quando leggi la Bibbia, per questo si mantengono nel Sola Scriptura. Ma, da capo, ciò genera contraddizioni: 1)se la dottrina che lo Spirito illumina quando leggi la Bibbia è extra-biblica, allora contraddice il Sola Scriptura. 2)Se è presa dalla Bibbia, si cade nel ragionamento circolare sopra esposto, perché se non sai che un libro è della Bibbia, non puoi sapere se la dottrina che dice che lo Spirito ti illumina quando leggi la Bibbia sia biblica, perché non sai se quel libro è biblico, e dunque, per appurare se quel libro è biblico, non puoi basarti su quella dottrina.
“Che lo abbiano fatto o meno non ha grande importanza, perché ognuno può fare la prova in qualsiasi momento, leggersi un apocrifo e poi un testo canonico, e scoprire da sé, attraverso l’illuminazione spirituale, qual è il vero testo ispirato. Ovviamente da cattolico io non credo sia così, però devo riconoscere che la proposta non è illogica.”
Avevo scritto che la risposta era priva di senso sia logicamente, sia storicamente. E’ illogica per i motivi detti prima, nel brano da te quotato non stavo dunque affrontando la questione dal punto di vista della logica, ma della storia. E cioè: è falso che i protestanti abbiano selezionato questi libri dopo un confronto coi 60 e più apocrifi pregando e chiedendo la luce divina (tra l’altro, viene da chiedersi da donde traggano la dottrina che lo Spirito intervenga se preghi). In pratica secondo la tua boutade qualsiasi protestante non dovrebbe essere sicuro del canone che ha in mano finché non avrà fatto l’operazione di mettersi a sfogliare tutti gli apocrifi, e i canonici, chiedendo allo Spirito se siano canonici. Inutile dire che una cosa del genere non avverrà mai, perché i protestanti non sanno il castello di sabbia su cui stanno.
Vale a dire che essi si sono banalmente presi il nostro canone neotestamentario, e ben pochi di essi, magari perché stuzzicati da cattolici come me, si sono posti il problema della liceità logica, o del senso storico, di questa operazione.
“Certamente, ed in questo ha perfettamente ragione l’amico Ray, se fossimo nati in un paese islamico, quasi certamente saremmo stati musulmani, e tu avresti difeso a spada tratta il Coran”
E dunque, visto che a tuo dire ho certamente ragione nel dire che è l’abitudine a determinare quali libri ci sembrino consoni, che senso ha dire che possiamo giungere a delle conclusioni ascoltando lo Spirito Santo che ci dici quali siano? Il protestante può sapere che è lo Spirito a dargli delle risposte, o non potrà invece escludere che si tratti del proprio retaggio storico?
“La prova? Dimentichi che è stato lo stesso Lutero a mettere in discussione il canone, quindi non c'è proprio nulla da provare da parte nostra, visto che lo sanno benissimo anche loro da sempre.”
Loro non lo sanno, semmai lo sanno alcuni di loro. A coloro che accettano che il canone è aperto e non possono avere alcuna certezza di esso, non contesto questo punto, perché essi hanno ammesso ciò che volevo sentir dire loro.
In seguito, a questi protestanti che hanno ammesso l’incertezza del canone, potremo far vedere che questa loro assunzione è in contrasto con altri assunti della loro fede, tra cui il Sola Scriptura. E’ già perché, come si fa a basarsi solo sulla Scrittura, se non puoi sapere qual è la Scrittura? La parola di Dio ti misura, o sei tu che la misuri? Perché se il mio parere diventa il metro di misura di ciò che è canonico, non sono io, Lutero, che mi devo adattare a Giacomo, se questa lettera dice che la fede senza le opere è morta, bensì è la Bibbia che si deve adattare a me, e dunque, se io penso altro, ne dedurrò che la lettera di Giacomo non fa parte del canone, perché contrasta col mio intendimento. Così Lutero ha preso il posto della Chiesa Cattolica che lui disprezzava, perché anche la Chiesa ha scelto quali libri tenere in base al fatto che concordassero o meno con la propria Traditio, ma la Chiesa si riteneva infallibile, Lutero no, e dunque Lutero a differenza della Chiesa Cattolica è caduto nella contraddizione che abbiamo sopra detto, perché Lutero si dichiara fallibile, eppure sceglie qualcosa, che poi dovrà postulare come infallibile se vuole farsi guidare da esso (in questo caso un canone del NT a 26, senza Giacomo). Già ma a questo punto, se non mi va bene qualcosa che trovo nella lettera agli Ebrei, cosa mi impedisce, a me che son Lutero, di eliminarla? E dunque, in che senso la Bibbia dovrebbe essere la Parola di Dio che mi guida, se sono io che stabilisco qual è la Bibbia e che cosa la Bibbia dica, scartandone i pezzi in base alle mie previe opinioni?
“Il canone serve da misura, come dice la parola stessa, ma questa misura si può anche fare usando metri di lunghezze diverse. Ad esempio posso misurare un tavolo largo 90 cm sia usando un metro di 100 cm che di 200 cm o 1000 cm, il risultato della misurazione non cambia. Riaprire il canone non significa renderlo completamente invalido, semmai aggiungere strumenti di misurazione più precisi.”
Questa frase non vuol dire nulla. È ben vero che si può misurare qualcosa in maniere diverse, ma non tutte le misurazioni sono sensate. Non posso misurare la lunghezza ad esempio con uno strumento che misura il peso, come una bilancia. Il problema dunque non è se i protestanti abbiano proposto un metodo di misura per stabilire il canone, ma se tale metodo sia sensato, coerente, e logico. Abbiamo visto che nessuno dei loro metodi è coerente. E nessuno è coerente perché non posso al contempo fare della Bibbia una fonte di autorità in grado di interpellarmi e comandarmi, e al contempo essere io che stabilisco qual è la Bibbia.
“Esiste invece, perché ampliare od accorciare il canone non significa negarlo completamente, ma definirne meglio i contenuti.”
Questo si chiama argomento del pendio sdrucciolevole, o del piano inclinato. Dire che si può togliere un libro, vuol dire che se ne possono togliere 2, e se qualora se ne possano togliere 2, se ne possono anche togliere 3, e via di seguito. La possibilità che un libro non sia canonico, equivale alla possibilità che nessuno sia canonico, inoltre basta la mancanza di un libro per distruggere interi sistemi: che ne sarebbe della cristologia senza il Vangelo di Giovanni?
Inoltre come già detto, il fatto che Lutero abbia potuto pensare di fare senza un libro, non vuol dire che quella scelta fosse davvero possibile, se analizzata nell’insieme del suo sistema. Vale a dire che Lutero potrebbe aver fatto una scelta coerente con parte del suo sistema di assiomi, ma non coerente con un’altra parte del sistema. E’ coerente con l’idea che se la Chiesa non è infallibile, il canone stabilito da quella Chiesa non è infallibile (e dunque posso dire addio a Giacomo), ma non è coerente con l’idea che le decisioni debbano venire solo dalla Bibbia. Come ripeto infatti: come faccio a farmi guidare dalla Bibbia, se sono io che stilo l’elenco delle dottrine bibliche, epurando dal canone i libri con dottrine che non mi aggradano?
“, senza accorgerti inoltre o sapere che anche noi cattolici abbiamo la possibilità di riaprire il canone.
Infatti la definizione dogmatica del Concilio di Trento nella IV sessione dell' 8 aprile 1546 dice:
“Se qualcuno poi non accetterà come sacri e canonici questi libri, nella loro integrità e con tutte le loro parti, come si è soliti leggerli nella chiesa cattolica e come si trovano nell'antica edizione della volgata latina e disprezzerà consapevolmente le predette tradizioni: sia anatema” (DH 1504).
Tale definizione dice che tutti i libri con tutte le loro parti contenuti nella Vulgata sono da considerarsi ispirati, pena la scomunica, ma non ci dice che debbano essere “solo” quelli. Come giustamente fa notare il gesuita Gerald O'Collins:
“Assodato che il canone è per natura sua essenzialmente chiuso, è possibile tuttavia prendere in considerazione la possibilità di aggiungere alla raccolta, ad esempio alcune preghiere giudaiche scoperte nelle grotte di Qumran o, diciamo, qualche lettera mancante di Paolo e riscoperta da archeologi in Asia Minore? Tali scritti potrebbero essere all'altezza dei criteri sia teologici che storici, e in quanto non modificherebbero sostanzialmente il messaggio globale espresso mediante il canone delle Scritture ispirate esistente, potrebbero acquistarsi un posto all'interno di esso, ma a una condizione: tali opere recentemente scoperte provenienti dal periodo della rivelazione fondante dovrebbero rivendicare i propri diritti attraverso l'uso liturgico, un processo che potrebbe richiedere almeno un po' di tempo”.
(G. O'Collins, Teologia fondamentale, Queriniana, Brescia 1984, pag. 307)
Quindi, come puoi notare, non ci sono in definitiva grandi differenze in merito alla questione del canone tra noi ed i protestanti. Potremmo tutt'al più dire che non hanno gratitudine nei nostri confronti, perché abbiamo fatto un lavoro che avrebbero dovuto fare loro, ma non sono certo illogici.
Un saluto”
Conosco il dibattito su questo punto. Le opzioni sono due, o il canone cattolico è aperto, o non è aperto. Per prima cosa vagliamo l’ipotesi che sia aperto, e vediamo perché in nulla la situazione è simile ai protestanti. Le conseguenze di un canone aperto non sono le stesse nei cattolici e nei protestanti in quanto i cattolici non si basano sulla sola Bibbia, a differenza dei protestanti che dicono di basarsi solo su di essa, quindi mentre l’incertezza su quale sia la Bibbia lascia intatta la dottrina cattolica, ma distrugge la possibilità di costruire una dottrina protestante. Infatti la Chiesa Cattolica non si basa sulla Bibbia, semmai è la Bibbia si basa sulla Chiesa. Il sistema cattolico sostiene che la Scrittura sia solo la trascrizione parziale di parte della catechesi orale della Chiesa, un sottoinsieme della Traditio dunque. L’esistenza o meno della Bibbia dunque, non cambierebbe la dottrina cattolica. Lo diceva già Ireneo di Lione:
"Se gli Apostoli non avessero lasciato nulla di scritto [al tempo di Ireneo il canone della Grande Chiesa contava 22 dei 27 libri attuali N.d.R.], si dovrebbe egualmente seguire l'ordine della tradizione consegnata da loro ai capi della Chiesa. Questo metodo è seguito da molti popoli barbari che credono in Cristo. Senza carta e senza inchiostro essi hanno scritto nel loro cuori la salvezza per opera dello Spirito Santo: essi conservano accuratamente l'antica tradizione" (Contro le eresie III, 4, 2)
La seconda differenza consiste nel fatto che nell’ipotesi da te prospettata il canone cattolico può solo aumentare, ma non diminuire, perché il decreto tridentino dice che almeno quei libri sono sicuramente canonici. Ai protestanti non è invece data neppure questa certezza, potendo in teoria la lettera ai Romani volar fuori dal canone in futuro, e magari entrare al suo posto quale lettera di Martin Luther King (cosa che qualcuno ha seriamente proposto, come Metzger documenta in appendice al suo volume sul canone). L’idea ovviamente che gli scritti da mettere nel canone debbano risalire all’epoca apostolica, essendo una dottrina extra-scritturale, è da rifiutarsi, perché non concorda con l’assunto del Sola Scriptura.
Finora s’è visto cosa accadrebbe ai cattolici se il canone fosse aperto, cioè niente, e che cosa accadrebbe ai protestanti, cioè il disastro, ora invece chiediamoci se il canone cattolico sia davvero aperto, e se si debba essere d’accordo col teologo da te citato. Stando alle sole due righe del testo tridentino da te citato, non si può in effetti ricavare che i libri canonici siano solo quelli:
“Se qualcuno poi non accetterà come sacri e canonici questi libri, nella loro integrità e con tutte le loro parti, come si è soliti leggerli nella chiesa cattolica e come si trovano nell'antica edizione della volgata latina e disprezzerà consapevolmente le predette tradizioni: sia anatema”. Dire che chi non accetta il Vangelo di Matteo dev’essere anatemizzato, non vuol dire in effetti che si deve accettare il solo Matteo, ed infatti esiste anche Luca.
Però questa non è l’unica formulazione. Ve ne sono altre sul canone al Concilio di Cartagine e di Firenze (quest’ultimo ecumenico). A Cartagine la formulazione dice: “Oltre alle Scritture canoniche nulla dev’essere letto sotto il nome di divine Scritture. E le scritture canoniche sono: Genesi, Esodo, ecc.” (DS 186)
Questa formulazione rispecchia la tipologia: “il Nuovo Testamento è questo: (e parte l’elenco)”. Non c’è differenza dal punto di vista della logica formale tra dire “Il Nuovo Testamento è questo” e “il Nuovo Testamento è solo questo”, infatti qui siamo nella tipologia identitaria di “Vespero è Fosforo” (i.e. Venere è Venere).
Firenze dice la stessa cosa: afferma che venera il Nuovo Testamento, che poi definisce: “
La Chiesa confessa un solo identico Dio come autore dell’Antico e del Nuovo Testamento, cioè della legge e dei profeti, nonché del Vangelo, perché i santi dell’uno e dell’altro Testamento hanno parlato sotto l’ispirazione del medesimo Spirito Santo. Di questi accetta e venera i libri compresi nei seguenti titoli: Genesi, Esodo […] ecc.” (DZ 1335)
Che il canone cattolico sia aperto o non aperto dunque, per i cattolici non cambia nulla, per i protestanti è la rovina.
Ad maiora