«Il plasma ricco di anticorpi può contrastare davvero l’epidemia»

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«Il plasma ricco di anticorpi può contrastare davvero l’epidemia»

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Ed ora come la mettiamo...ci vogliamo convincere una buona volta che il vero Dio vuole la vita e non la morte ?
«Il plasma ricco di anticorpi può contrastare davvero l’epidemia»
https://www.corriere.it/salute/malattie ... e066.shtml" onclick="window.open(this.href);return false;

Il parere di Alessandro Santin, docente alla Yale University: «È l’unica arma veramente efficace e che può fare da ponte per proteggere le decine/centinaia di migliaia di persone infette o che si infetteranno nei prossimi mesi prima dell’arrivò dei vaccini»

«In mancanza di farmaci efficaci e con i vaccini lontani ancora 12-18 mesi, non ho alcun dubbio che questa sia l’arma più efficace per fronteggiare l’epidemia di Covid-19». Alessandro Santin è italiano, ma da molti anni vive negli Stati Uniti dove è co-responsabile della divisione di Oncologia ginecologica e a capo del Disease Aligned Research Team del Cancer center alla Yale University di New Haven. La sua posizione è netta: il plasma dei pazienti convalescenti, carico di anticorpi neutralizzanti, è lo strumento che può fare da ponte per proteggere le decine/centinaia di migliaia di persone infette o che si infetteranno nei prossimi mesi. È un appello al suo Paese di origine, dove peraltro è già partito un progetto — capofila il Policlinico San Matteo di Pavia — per la raccolta del plasma iperimmune.

Pratiche di routine
«La seconda ondata dell’epidemia, dopo la riapertura, potrebbe essere ancora più terribile della prima — prosegue Santin — e dobbiamo essere pronti a fronteggiarla con delle armi più efficaci di quelle che abbiamo avuto a disposizione finora in Italia. Sia la raccolta che l’infusione di plasma sono pratiche di routine in medicina, ben tollerate e con rischi estremamente bassi. La pratica è stata attivata negli Usa, su tutto il territorio nazionale, in meno di due settimane per contrastare nei tempi più brevi possibili la letalità di Covid in quel 20% della popolazione che sviluppa la forma severa, spesso letale, della malattia. Sono stati pubblicati due studi su Jama e Pnas: dei 15 pazienti considerati, tutti con infezione grave, tutti sono sopravvissuti. Peraltro i pazienti con forme severe sono i più difficili da trattare dato che l’immunizzazione passiva (con anticorpi cosiddetti “neutralizzanti”) è meno efficace rispetto al suo uso nelle fasi iniziali dell’infezione virale».

Lo speciale di Corriere Salute: la parola alla scienza per spiegare Covid-19La mappa del contagio nel mondo: ecco come si sta diffondendo il virusLa mappa del contagio in Italia: regione per regione e provincia per provinciaI grafici sull’andamento giornaliero dei casi positivi in ItaliaI dati della Lombardia Comune per ComuneCome si legge il bollettino della Protezione civile Tutti i bollettini della Protezione civile
Donatori convalescenti
Sul sito della Food and drug administration statunitense (Fda) compare ben in vista l’avviso «Donate Covid-19 plasma». «In 27 anni, da che vivo negli Usa, non avevo mai visto una cosa del genere — conclude l’oncologo —. Dopo la richiesta dei ricercatori della Mayo Clinic di trattare pazienti gravi con plasma dei convalescenti, la Fda ha preso in mano la situazione e contattato l’American Red cross e tutti i centri di raccolta sangue chiedendo di coordinare la raccolta e la distribuzione delle sacche in tutto il territorio nazionale. È stato creato il sito http://www.uscovidplasma.org" onclick="window.open(this.href);return false; in cui i dati vengono aggiornati costantemente. Il problema è che, a differenza dell’Italia, il pool di donatori convalescenti negli Usa è ancora limitato dato che siamo “in ritardo” di circa 30 giorni nel percorso della pandemia. In Italia i guariti sono 35mila e la stragrande maggioranza di loro ha sviluppato anticorpi neutralizzanti (IgG e IgM), che impediscono l’aggancio del virus al recettore ACE-2: ogni convalescente può donare 2-3 sacche di plasma, salvando altrettante persone ad altissimo rischio di morte».

Soggetti a rischio
Oltre al trattamento compassionevole per i pazienti gravi, altri due studi clinici sono in partenza negli Stati Uniti su pazienti con forme iniziali e primi sintomi di difficoltà respiratoria, per prevenirne l’aggravamento, e sulle persone che hanno avuto contatti stretti con malati e sono quindi a rischio altissimo di sviluppare l’infezione (incluso il personale sanitario). I donatori di plasma sono preferibilmente maschi o donne che hanno avuto un numero limitato di gravidanze.

16 aprile 2020
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