Le prime fasi della trasmissione di informazioni su Gesù e la fonte Q

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Valentino
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Le prime fasi della trasmissione di informazioni su Gesù e la fonte Q

Messaggio da Valentino »

Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino. B. Ehrman

Gesù era ebreo, non un cristiano.
Gli ebrei non hanno mai rigettato Gesù l'ebreo.
I cristiani nel loro insieme e in fondo, non hanno accettato Gesù l'ebreo e non lo hanno seguito.
S. S. Wise

I soli uomini a vivere, lungo tutto il medioevo, a imitazione di Gesù furono gli ebrei. K. Jaspers

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Mario70
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Messaggio da Mario70 »

Grazie Valentino, molto interessante.
"La cosa più triste è che molto spesso chi viene ingannato, o illuso, tende a rimanere strettamente ancorato a quello in cui crede nonostante le evidenze indichino chiaramente che la realtà è diversa. Forse è talmente affezionato alle sue credenze che preferisce chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a qualunque cosa possa farle vacillare."
(Torre di Guardia 1/9/2010 p 10)
virtesto
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Io invece mi sono un po' annoiato.

Messaggio da virtesto »

Probabilmente , anche se chi parlava ha un ottimo curriculum, si rivolgeva ad un uditorio molto a digiuno circa le origini del cristianesimo e quindi, correttamente, si è adeguato.

Infatti nei primi 14 minuti, li ho contati, c'era il nulla. Poi ha cominciato a dire qualcosa, ma nulla di nuovo. La fonte Q, si dice Quelle in tedesco, in verità non esiste. E' un documento ipotetico per il quale c'è sempre vivente un dibattito senza fine per quanto riguarda la sua natura ed il contenuto.
Da un punto di vista metodologico ci sono molti punti deboli nella difesa dell'esistenza e del contenuto di Q. Una critica ci dice che questo Q non è altro che delle aggiunte a Marco fatte da Matteo che poi sono state reinserite in Luca. C'è una evidenza, molto buona, che Luca usa Matteo. E qui il discorso si farebbe, troppo, lungo.

Si è parlato anche dell'esistenza di 'Detti del Signore' come altra fonte. Ma, insomma, i Vangeli furono scritti almeno da mezzo secolo in avanti dopo i presunti avvenimenti da gente che non aveva visto quegli accadimenti e che non conosceva nemmeno la Palestina (Anche Giovanni) per cui qualche straccio di documento dovevano pur averlo per partire a scrivere , non è che si sono inventati tutto di sana pianta.

Una conclusione che ci troverà tutti d'accordo: gli artefici del cristianesimo primitivo, di loro noi non sappiamo che cosa si sono detti senza scriverlo, poi non sappiamo quanto è stato scritto ma poi distrutto affinchè noi non vedessimo, abbiamo ora solamente l'evidenza scritta di chi ha vinto nella lotta fra le varie fazioni. Di una fonte chiamata Q non dovrebbe importarci un gran che. Chissà quante altre fonti c'erano...
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Valentino
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Messaggio da Valentino »

virtesto ha scritto:Probabilmente , anche se chi parlava ha un ottimo curriculum
https://uniroma1.academia.edu/AndreaAnnese" onclick="window.open(this.href);return false;
virtesto ha scritto:si rivolgeva ad un uditorio molto a digiuno circa le origini del cristianesimo e quindi, correttamente, si è adeguato.
In effetti è un seminario che si rivolge a degli studenti universitari non a studiosi che già conoscono a fondo la questione.
E' una sorta di "introduzione".
virtesto ha scritto:Infatti nei primi 14 minuti, li ho contati, c'era il nulla. Poi ha cominciato a dire qualcosa, ma nulla di nuovo.
Nulla di nuovo ovviamente per chi già conosce l'argomento: ma il seminario, come detto, è appunto rivolto a degli studenti non a "specialisti" o a persone che già conoscono l'argomento.
virtesto ha scritto:E' un documento ipotetico per il quale c'è sempre vivente un dibattito senza fine per quanto riguarda la sua natura ed il contenuto.
Da un punto di vista metodologico ci sono molti punti deboli nella difesa dell'esistenza e del contenuto di Q. Una critica ci dice che questo Q non è altro che delle aggiunte a Marco fatte da Matteo che poi sono state reinserite in Luca. C'è una evidenza, molto buona, che Luca usa Matteo. E qui il discorso si farebbe, troppo, lungo.
Stai semplicemente riproponendo l' "ipotesi Farrer" pubblicata nel 1955 e ripresa anche da Goodacre e Goulder.
Devi però considerare (ed appunto come tu dici il discorso si farebbe troppo lungo) che l' "ipotesi Farrer" presenta anch'essa dei "problemi".
Mentre l'ipotesi delle due fonti continua comunque a "tenere banco" tra gli studiosi (pur con qualche "aggiustamento") e resta a tutt'oggi l'ipotesi più plausibile.

Un ottimo libro che spiega lo "status quaestionis" riguardo a "Q" è, secondo me, quello di Santiago Guijarro:
"La ricostruzione storica del processo che ha portato la maggior parte degli studiosi dalla identificazione del documento Q alla sua edizione critica nell’anno 2000, è costellata anche da una minoranza di specialisti che ha opposto delle sostanziali obiezioni all’esistenza dello stesso. Parte del primo capitolo è dedicata alla confutazione di tali obiezioni e all’esposizione delle ragioni per le quali l’esistenza di Q risulti ancora essere l’ipotesi più plausibile, capace di rendere ragione dell’intreccio dei vari fattori ed elementi che entrano in gioco."
http://www.christianismus.it/modules.ph ... le&sid=242" onclick="window.open(this.href);return false;
virtesto ha scritto:Si è parlato anche dell'esistenza di 'Detti del Signore' come altra fonte. Ma, insomma, i Vangeli furono scritti almeno da mezzo secolo in avanti dopo i presunti avvenimenti da gente che non aveva visto quegli accadimenti e che non conosceva nemmeno la Palestina (Anche Giovanni) per cui qualche straccio di documento dovevano pur averlo per partire a scrivere , non è che si sono inventati tutto di sana pianta.
Questo è in sostanza l'argomento del seminario: si parla appunto delle fonti da cui hanno attinto i redattori dei sinottici per la redazione dei rispettivi vangeli.
virtesto ha scritto:Una conclusione che ci troverà tutti d'accordo: gli artefici del cristianesimo primitivo, di loro noi non sappiamo che cosa si sono detti senza scriverlo, poi non sappiamo quanto è stato scritto ma poi distrutto affinchè noi non vedessimo, abbiamo ora solamente l'evidenza scritta di chi ha vinto nella lotta fra le varie fazioni. Di una fonte chiamata Q non dovrebbe importarci un gran che. Chissà quante altre fonti c'erano...
Il seminario infatti batteva proprio sul tasto della "pluralità dei flussi di trasmissione".
virtesto ha scritto:Una conclusione che ci troverà tutti d'accordo: gli artefici del cristianesimo primitivo, di loro noi non sappiamo che cosa si sono detti senza scriverlo, poi non sappiamo quanto è stato scritto ma poi distrutto affinchè noi non vedessimo, abbiamo ora solamente l'evidenza scritta di chi ha vinto nella lotta fra le varie fazioni. Di una fonte chiamata Q non dovrebbe importarci un gran che. Chissà quante altre fonti c'erano...
Perché mai non dovremmo interessarci di Q?
Anche supponendo che ci siano "altre fonti" ormai "perdute" non è una buona ragione per disinteressarsi di quelle fonti che invece, in un modo o in un altro, ci sono pervenute.

PS: ne approfitto per allegare anche l' "handout" di questo seminario.
Allegati
Annese_Prime fasi trasmissione info_Handout_Seminario Napoli 04.2020.pdf
(70.86 KiB) Scaricato 50 volte
Gesù non trascorse il suo ministero a proclamarsi divino. B. Ehrman

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Messaggio da Quixote »

Metodoligicamente parlando, se proprio vogliamo parlare di metodologia, credo che ad alcuni di voi sfugga che quanto è ipotetico ha la stessa dignità, anzi spesso ne ha di più, di quanto è tramandato. Come editore di testi, e lo so per esperienza, quanto la filologia produce è quanto di più scientifico possa produrre la filologia. Dire che la fonte Q sia solo una ipotesi è dire una verità, ma sostenere che questa ipotesi sia meno economica di quanto tramandato è una boiata, è invero una boiata perché quanto tramandato si giustifica solo se postuliamo una fonte Q. Ai posteri l’ardua sentenza, resta che io, come editore, non mi conformerò mai al dato tramandato, perché farlo negherebbe la mia funzione di editore, che è appunto quella di presentare l’ipotesi, che nel novero delle probabilità, interpreta meglio il dato. Non fatevi illusioni, il Nestle-Aland non rappresenta il testo più vicino all’originale, ma è l’ipotesi di lavoro, che allo stato delle nostre conoscenze, più gli è prossimo. Davvero mi fa sorridere parlare di ipotesi, quasi non fosse ipotesi persino la formula chimica dell’acqua. Quello che va compreso è il senso di responsabilità di ogni vero studioso, che lo arrischia contro tutto il qualunquismo e pressappochismo internettiano, a fronte di chi di metodologia non ha capito un tubo, e crede di conoscere la valenza teorica di termini come teoria o ipotesi scientifica, giocando con gli stessi, perché fa comodo al suo pressappochismo fantozziano. Noi produciamo teorie, come dire le ipotesi più economiche (rasoio di Ockamm, direbbe l’amico Mauro). Voi producete chiacchiere, e non vi accorgete dell’abisso che divide la nostra posizione e la vostra. Come diceva Contini:

«un’edizione critica è, come ogni atto scientifico, una mera ipotesi di lavoro, la più soddisfacente (ossia economica) che colleghi in sistema i dati […] conservare criticamente è, tanto quanto innovare, una ipotesi […] resta a vedere se sia sempre l’ipotesi più economica».
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
GIOVANNI, III, 19. (G. Leopardi, La ginestra, esergo)
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virtesto
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I commenti di Valentino..

Messaggio da virtesto »

... li ho trovati appropriati . Da parte mia, col senno di poi, invece di scrivere che della fonte Q non dovrebbe importarci più di tanto avrei potuto scrivere che la carta stampata su questo argomento è stata di una mole molto superiore all'importanza dell'argomento. Ecco la aggiusto così. SVP.
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Messaggio da Valentino »

Quixote ha scritto:Metodoligicamente parlando, se proprio vogliamo parlare di metodologia, credo che ad alcuni di voi sfugga che quanto è ipotetico ha la stessa dignità, anzi spesso ne ha di più, di quanto è tramandato. Come editore di testi, e lo so per esperienza, quanto la filologia produce è quanto di più scientifico possa produrre la filologia. Dire che la fonte Q sia solo una ipotesi è dire una verità, ma sostenere che questa ipotesi sia meno economica di quanto tramandato è una boiata, è invero una boiata perché quanto tramandato si giustifica solo se postuliamo una fonte Q. Ai posteri l’ardua sentenza, resta che io, come editore, non mi conformerò mai al dato tramandato, perché farlo negherebbe la mia funzione di editore, che è appunto quella di presentare l’ipotesi, che nel novero delle probabilità, interpreta meglio il dato. Non fatevi illusioni, il Nestle-Aland non rappresenta il testo più vicino all’originale, ma è l’ipotesi di lavoro, che allo stato delle nostre conoscenze, più gli è prossimo. Davvero mi fa sorridere parlare di ipotesi, quasi non fosse ipotesi persino la formula chimica dell’acqua. Quello che va compreso è il senso di responsabilità di ogni vero studioso, che lo arrischia contro tutto il qualunquismo e pressappochismo internettiano, a fronte di chi di metodologia non ha capito un tubo, e crede di conoscere la valenza teorica di termini come teoria o ipotesi scientifica, giocando con gli stessi, perché fa comodo al suo pressappochismo fantozziano. Noi produciamo teorie, come dire le ipotesi più economiche (rasoio di Ockamm, direbbe l’amico Mauro). Voi producete chiacchiere, e non vi accorgete dell’abisso che divide la nostra posizione e la vostra. Come diceva Contini:

«un’edizione critica è, come ogni atto scientifico, una mera ipotesi di lavoro, la più soddisfacente (ossia economica) che colleghi in sistema i dati […] conservare criticamente è, tanto quanto innovare, una ipotesi […] resta a vedere se sia sempre l’ipotesi più economica».
Ciao Quixote!
Le cose che scrivi dovrebbero essere addirittura delle ovvietà per chi si misura con certe questioni e con certi argomenti!
Inutile dire che, ovviamente, sono completamente d'accordo con quanto scrivi: diciamo pure che è l' "ABC".
Leggendoti mi hai ricordato un articolo di Kloppenborg in cui faceva notare come talvolta anche studiosi di tutto rispetto usano una retorica che non ti aspetteresti dagli "addetti ai lavori".
Mi riferisco in particolare ad un articolo di Kloppenborg (Is There a New Paradigm?) nel quale Kloppenborg cita, tra gli altri, proprio Farrer che, nel suo famoso articolo "On Dispensing with Q", scriveva:

"The Q hypothesis is a hypothesis, that is its weakness. To be rid of it we have no need of a contrary hypotesis, we merely have to make St. Luke's use of St. Matthew intelligible; and to understand what St. Luke made of St. Matthew we need no more than to consider what St. Luke made of his own book. Now St. Luke's book is not a hypothetical entity. Here is a copy of it on my desk" (A. M. Farrer, "On Dispensing with Q" in "The Two Source Hypothesis: A Critical Appraisal" pag. 333")

Kloppenborg così commenta le parole di Farrer:

"This is a sleight of hand. Luke may indeed have "existed" on Farrer's desk, though Farrer did not seem to appreciate the fact that the Greek text that lay on his desk was not Luke's, but the reconstruction of text critics such as Tischendorff, Westcott, Hort, and Nestle that was based on hypotheses concerning the transmission of the text of Luke. But what did not exist on Farrer's desk was Luke's relationship to Matthew. That was Farrer's hypothesis and that is his "weakness". (John S. Kloppenborg, "Synoptic Problems: Collected Essays" pag. 48)

Ora mi risulta difficile immaginare che Farrer (buonanima!) grande filosofo, teologo e biblista del secolo scorso non conoscesse "la valenza teorica di termini come teoria o ipotesi scientifica", eppure parlando della "fonte Q" Farrer la liquida come "debole" proprio in quanto "ipotesi"...
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Messaggio da Quixote »

Mio caro Valentino, mi rendo ben conto di aver scritto delle ovvietà, le adopero tutti i giorni, sono quelle che guidano le mie ricerche, ma pure sono ignorate dalla maggior parte della gente, e questo va benissimo perché un ingegnere o un idraulico non ha bisogno di conoscerle, ma se scriviamo di filologia, qualunque cosa noi si sia, e nemmeno io sono un accademico, stricto sensu, ma un musicista, non possiamo ignorarle.

Molto opportuno il tuo richiamo a Farrer, comprensibile e giustificato per l’epoca in cui scriveva. Quello che davvero gli sfuggiva, e dovrei rifarmi anche qui a Contini, anche se il grande critico parlava più in ottica romanza o letteraria, è che il testo che aveva sul suo desk non è affatto un testo reale, di reale ha solo la materialità: la sua sostanza è invero dinamica, e non statica, è un testo in fieri, anche quando rispetti, come si dice, “l’ultima volontà dell’autore”. Èd è un testo che si può comprendere solo se si comprendono le ragioni che l’hanno originato, le sue fonti, i suoi raccordi con gli scritti o le tradizioni precedenti (o persino, anzi spesso, con quelle posteriori). Kloppenborg ha ragione: quello che conta veramente è la relationship.

L’ipotesi di Farrer è davvero debole, perché è in sostanza la stessa dei TdG, quella di credere al testo sacro senza critica, credere a un testo qualsiasi come se fosse davvero reale, e questo è quanto mai opportuno evidenziarlo in questo sito, che ha per fine la critica alle loro teorie. E proprio per questo è importante farlo, contro quello che scrive Virtesto, che si appaga del dato (o dei dati, e ne conosce piú di me, ma non è altrettanto smart, per usare un termine di moda). Fine della filologia è dare significato all’insignificante. Come puoi farlo se ti accontenti di accomodare i dati a quello che pensi? È la loro relazione (appunto relationship), non i dati stessi, ovvero la connessione fra i testi stessi, che ben conosciamo, che conta veramente. Ed è quella che va indagata, il nostro compito non è commentare – come infine fanno anche i TdG – i dati noti, ma interrogare quelli che non conosciamo, consultare empaticamente i silenzi.
Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
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