Per Morpheus
“Non ho chiesto perché l'agiografo condanni quelle cose... Ho chiesto perché mai specificare delle altre condanne se tanto "il frutto è l'amore non può essere male". Non ha senso. Bastava dire "fate tutto con amore, il resto è male".”
Non avevo capito la tua domanda. Beh, il motivo per cui la Bibbia, oltre ad enunciare un principio, fa degli esempi, è lo stesso che sovraintende al mio modo di fare lezione in classe. Dopo aver enunciato un principio è utile esemplificarlo, e niente come una bella lista di peccati dà l’idea di che cosa non sia amore.
“@Polymetis mi ti sei saltato, non conosco i motivi della scelta, il rimando al Battaglione Sacro.
Quindi chiedo lumi, uomini che potevano formare coppie di amanti, non occasionali trombamici, erano già conosciuti secoli prima di Gesù e Paolo, non mi torna che nell'antichità non ci fossero uomini che semplicemente amassero altri uomini, o che non ci fossero "effemminati".”
Veramente avevo già risposto. Non avete ancora capito la differenza tra amore e la sessualità omosessuale o eterosessuale. Siamo noi contemporanei che organizziamo i gusti in fatto di letto nella categoria di un “orientamento sessuale” stabile, cioè di una sessualità etero od omossessuale. Ma questa è una nostra scelta, dovuta al fatto che abbiamo una fissazione per il sesso, e dunque ci interessa produrre categorie per incasellare tutto quello che si muove in quel mondo, e, una volta che produciamo una casella, odiamo chi cerca di essere sfumato, chi cerca di abitare la zona del chiaroscuro. Foucault chiamava questa mania classificatoria come “la volontà di sapere”, ed essa è uno strumento di dominio, perché una volta che sai che uno è “uomo” o “donna”, “etero” o “gay”, “cattolico” o “luterano”, puoi iniziare a legiferare su di lui, o semplicemente a parlare di lui. Classificare è cioè funzionale a poter iniziare un discorso su qualcuno o qualcosa. Se prima non etichetti, non puoi parlare di quel qualcosa, imbrigliandolo nei tuoi schemi… “Tu sei cattolico, dunque la pensi così…” ,” tu sei una donna, dunque…”. Etichettare vuol dire organizzare il mondo per cercare di ordinarlo e dominarlo, proiettando su di esso la nostra mappa.
Il sistema insomma non ha mai amato i ribelli che sfuggono alle classificazioni, io invece come filosofo trovo decisamente noioso leggere chiunque rientri negli incasellamenti scelti dal potere e dalla massa. Odio i confini perché sono segno di sanità mentale: è dalla Follia invece che ci provengono i beni più grandi giacché, come dice Platone, essa viene dagli Dei. A giugno ho acquistato, tra gli altri, tre libri: uno del rabbino ebreo ateo Marc-Alain Ouaknin, l'altro di Ludovic-Mohamed Zahed imam musulmano gay, e l'ultimo di Raimon Pannikar, sacerdote cattolico induista. Non che costoro si contraddicano: la loro follia è tale per il volgo, ma essi hanno una coerenza meravigliosa. E come scriveva Epicuro nella Lettera a Meneceo: “
Empio non è chi rinnega le opinioni del volgo sugli Dei, ma colui che applica agli Dei le opinioni del volgo”.
Ma veniamo al battaglione sacro, sul quale avevo già risposto. Come già detto, siccome creare incasellamenti sulla base degli atteggiamenti sessuali crea potere sulle persone, da un paio di secoli abbiamo inventato la categorie medico\psichiatrica dell’omosessuale, e anche dell’eterosessuale ovviamente, ossia, per dirla in breve, la categoria dell’orientamento sessuale. Il che non ha nulla a che fare con l’amore. La sessualità non è l’amore per qualcosa. Come già detto se ad una persona piace il gelato al limone, e gli piace quello abitualmente, noi non ci sogniamo di costruire una struttura psichica stabile chiamata “orientamento lemoniano” da cui questa sua preferenza discenderebbe.
Come già spiegato secondo Foucault prima dell’Ottocento non esisteva la categoria di “orientamento sessuale”, e dunque non esistono individui caratterizzati da un’inclinazione psichica stabile verso qualcosa. Quindi no, quelli del battaglione sacro non sono omosessuali, e la gente si aspettava si sposassero e amassero le proprie mogli.
Qui mi tocca introdurre un discorso di approfondimento, perché cattivo esempio ha citato Saffo: esiste una sessualità di tipo orgiastico come quella di cui abbiamo già parlato, quella dei festini pagani che ha in mente Paolo, e in questo caso non siamo dinnanzi all’amore.
Ma l’amore tra uomini esisteva, solo che, da capo, oltre a non discendere da un orientamento sessuale, non era considerato “esclusivo” e “romantico” perché banalmente serviva ad altre cose, diverse dal romanticismo e dal mettere su casa.
Noi abbiamo in mente coppie gay che vanno a vivere insieme e mettono su famiglia, ma l’amore tra uomini in Grecia non serviva a questo. L’amore tra maschi in Grecia era di tipo pederastico-iniziatico, cioè doveva essere tra un uomo maturo ed uno più giovane, ed era concepito come qualcosa di pedagogico, cioè dalla frequentazione dell’uomo più maturo il giovane doveva imparare come agire da uomo. È una cosa molto strana per i nostri schemi mentali, ma quello che per noi è omoerotismo nella società greca era perfettamente incasellato come “iniziazione all’eterosessualità”. Vale a dire che facendosi penetrare da un maschio più adulto il giovane imparava a sua volta come avrebbe dovuto fare sesso con la propria moglie, e ciò perché in una società come quella greca ateniese dove le donne vivevano recluse del gineceo la possibilità di avere rapporti con donne oneste prima del matrimonio era esigua.
Qui qualcuno ha citato Saffo, e il discorso è esattamente il medesimo. Quelli che noi leggiamo come componimenti lesbici non hanno nulla a che fare col lesbismo. Grazie agli studi di Claude Calame è stato messo ben in luce che Saffo era sacerdotessa di Afrodite e una maestra di scuola. Nella sua scuola\società iniziatica, che si chiamava tiaso, venivano mandate le figlie delle migliori famiglie dell’isola di Lesbo. Tra queste quattro mura Saffo insegnava alle ragazze come si fa ad amare durante il matrimonio, le preparava al talamo nuziale. Simulava persino con loro rapporti erotici. Tutti nell’isola sapevano ed era così che doveva essere. L’amore di Saffo era cioè rituale e simbolico. Cito da un manuale di letteratura greca del liceo, il mio manuale del liceo per essere esatti, perché non ho intenzione di mettermi a cercare i libri di Calame nella mia libreria.
“
Come poteva essere desiderata e chiesta in moglie una ragazza che nel tiaso era stata educata all’omoerotismo? La risposta in questo caso è più semplice. Il greco arcaico non equiparava l’amore tra adulta e ragazza o tra ragazze all’amore eterosessuale: lo considerava un surrogato. Dovendo educare le ragazze all’amore e proporsi loro come guida ed esempio, Saffo, che era moglie e madre, non poteva descrivere un suo amore per un altro uomo, fosse pure il marito, ma, con discrezione e senza biasimo sociale, l’amore per una delle sue allieve. Le quali a loro volta, dovendo fare pratica amorosa, non potevano avere per amante un uomo, ma solo una compagna o colei che curava la loro educazione. Sono elementi che, senza nulla togliere alla verità della passione di Saffo, ne esaltano gli aspetti convenzionali, mimetici, ritualistici, paradigmatici e pedagogici, a scapito di quelli biografici. L’omoerotismo era, insomma, nel tiaso una cosciente iniziazione all’eterosessualità: era uno pseudo-omoerotismo. Saffo e le sue ragazze mimavano il ruolo maschile senza minimamente alterare le loro tendenze eterosessuali. La stessa Saffo non mimava solo il ruolo maschile, ma insegnava anche le virtù femminili ispirate da Afrodite: la grazia, l’eleganza, la tenerezza, la seduzione”. (G. Aurelio Privitera, R. Pretagostini, Storia e forme della letteratura greca. Età arcaica ed età classica, vol. I, Einaudi Scuola, Milano, 1997, p. 123)
Insomma, quello che a noi sembra una poesia d’amore per una sua allieva, tipo Anattoria, è inserita in un contesto in cui un’insegnante di scuola eterosessuale insegna alle sue studentesse il modo di sedurre un uomo, arrivando ad andare a letto con loro per prepararle all’amplesso coi futuri mariti.
Qui dunque l’omoerotismo, praticato pure, non serve a nulla di paragonabile a quello per cui serve nella nostra società contemporanea. Voi dovete smetterla di leggere poesie con gli occhi contemporanei e applicare categorie che sono estranee al mondo antico. Ma non amareggiatevi: il vostro modo di interpretare la letteratura greca è vecchio solo di 70 anni. Siete vittime di quello che nella storia degli studi viene etichettato come l’equivoco di Bruno Snell. Costui, grande grecista, scrisse un libro negli anni ’40 in cui sosteneva che la poesia greca, la lirica arcaica, fosse il luogo in cui emerse per la prima volta in Occidente l’io dell’autore.
Questo perché ci sono autori come Archiloco che ci dicono quanto siano fieri di essere scappati in battaglia mollando il pesante scudo per fuggire prima dal nemico:
“
Del mio scudo qualcuno fra i Sai ora si gloria.
Presso un cespuglio fui costretto a lasciarlo, arma irreprensibile.
Ho salvato me stesso. E allora, cosa mi importa di quello scudo?
Alla malora! Presto me ne procurerò uno non peggiore.” (fr. 5 West)
Lo stesso Archiloco ci racconta uno stupro da lui compiuto ai danni di una vergine nel tempio di Era. Cosa c’è di più autobiografico?
Eppure nulla di tutto questo è mai avvenuto, si tratta dell’utilizzo della “persona loquens”, cioè un io narrante fittizio in cui immedesimarsi. Così Archiloco, che era un buon soldato, in un banchetto, componendo versi per gli amici sbronzi, inventa per i suoi commensali un poemetto in cui egli è un soldato vigliacco, e nessuno si sogna di prendere la cosa sul serio. Similmente quanto studiamo la poesia latina e leggiamo di Catullo che si strugge per l’amata Lesbia, che non lo ama o gli ha messo le corna, dobbiamo immaginare un carattere altamente finzionale, spesso creato per copiare dei modelli greci (ad esempio Catullo copia delle poesie di Saffo indirizzandole alla sua Lesbia).
Insomma, sarebbe folle pensare che il povero Catullo si desse veramente del cornuto per cento e più poesie, e dobbiamo abituarci all’idea che siano giochi e variazioni sul tema compilate a tavolino, da far leggere agli amici. Perché vi faccio questo discorso? Perché se leggete una poesia di Pindaro, poeta eterosessuale, che scrive per il vincitore di una gara sportiva questo componimento, potreste pensare che fosse innamorato:
Questa roba, a che a noi potrebbe sembrare il bigliettino di un innamorato, in realtà è una specie di panegirico (=lode) prepagato. Era normale quando si vincevano agoni atletici commissionare questo genere di poesie al poeta di turno, il quale elogiava il vincitore esaltando la sua virilità, senza che a nessuno passasse per la mente che Pindaro fosse innamorato. Vi ho fatto questi esempi solo per farvi capire che voi non potete approcciarvi alle fonti antiche così ingenuamente e portando gli occhiali della contemporaneità, che deformerebbero la vostra vista.
In sintesi:
1)Secondo Foucault nessuno nel mondo antico sapeva cosa fosse l’omosessualità.
2)L’amore per le persone dello stesso sesso, che pure esisteva, non era concepito come derivante da un orientamento sessuale, ma era sentito come un gusto, passibile di cambiare, e che soprattutto non serviva a formare una famiglia.
3)I rapporti omoerotici così come percepiti dalla società greca servivano a tutt’altro. Non si tratta di romanticismo ma di una sorta di iniziazione all’età adulta di tipo pederastico. In altri casi si tratta di finzioni letterarie, in schemi perfettamente noti, che servono ad altri obiettivi. Catullo, eterosessuale, scrive che vuole violentare i suoi amici maschi, e questo non perché fosse gay, ma perché scrivere al proprio amico che lo si costringerà ad essere penetrato è un modo per riaffermare la propria virilità. Pindaro scrive che il suo cuore si scioglie a vedere Teosseno non perché lo ami, ma perché la tradizione vuole che encomi di questo genere servano a glorificare il vincitore di una gara.
In ogni caso l’amore tra due adulti, in Grecia come a Roma, non è molto ben visto, proprio perché uno dei due dovrebbe fare da passivo, e dunque è meglio se colui che viene penetrato sia un giovane, in quanto, essendo imberbe, non è ancora propriamente un uomo, e dunque può fare il ruolo femminile (per imparare come si fa sesso, per l’appunto). Ma appena spunteranno i peli, come ci ricorda Stratone di Sardi, nessun maschio lo vorrà più. Questo tipo di omoerotismo pederastico a carattere pedagogico-iniziatico è quello che chiamiamo “amore greco”. E, da capo, non ha nulla a che vedere con le funzione che noi oggi attribuiamo al sesso tra due maschi.
Possiamo ben immaginare che, essendo questo quello a cui servivano i rapporti sessuale tra maschi nel mondo antico, Paolo in quanto ebreo ne fosse scandalizzato. Infatti nella sua cultura la pederastia e la frequentazione di un maschio adulto fino alla maturità non avevano alcun ruolo assimilabile.
Vorrei citare uno scritto di un ex moderatore di questo forum, Trianello, che è cattolico, e che tra l’altro condanna la pratica omosessuale. Tuttavia in questo suo scritto spiega bene come contestualizzare i passi biblici che sembrano parlare di omosessualità. Se poi egli arriva comunque a condannare la pratica omosessuale si deve al fatto che, come saprete, noi cattolici non riteniamo che il magistero derivi dalla Bibbia, ma che anzi, la Bibbia sia una trascrizione parziale della catechesi orale della Chiesa. Quindi se anche non fosse ravvisabile una condanna dell’omosessualità nelle Scritture non è detto che per il cattolico l’omosessualità sia accettabile. Tale condanna potrebbe infatti trovarsi comunque nella Tradizione ed essere ribadita dal magistero, oppure potersi ricavare da argomentazioni di antropologia filosofica.
L’antropologia filosofica è lo studio filosofico dell’uomo in quanto uomo, ed è possibile per un filosofo argomentare contro la pratica omosessuale prescindendo completamente da argomentazioni rivelate, in modo laico. Questo lo dico per spiegare perché Trianello, pur scrivendo che l’omosessualità contemporanea non è ciò cui Paolo stava pensando quando scriveva, arrivi comunque ad una condanna dell’omosessualità, una condanna che però passa da altri canali, ossia la Tradizione, il magistero, e la sua antropologia filosofica. Inutile dire che io sono in disaccordo con lui sulle valutazioni che dà di questi ultimi punti, ma siccome qui non sarebbe pertinente soffermarsi su questi problemi, mi limito a citare quanto scrisse a proposito dell’utilizzo delle Scritture per parlare dell’omosessualità contemporanea:
“Il concetto di “omosessualità” non esisteva prima della fine del XIX secolo. Per “omosessuale” si intende uno specifico orientamento sessuale.
Ai tempi in cui Paolo scriveva (nonostante le pratiche omosessuali fossero molto diffuse), nessuno pensava che ci fossero degli uomini (o donne) caratterizzati da uno specifico orientamento sessuale tale da condurli ad amare in modo esclusivo persone del proprio stesso sesso. Il concetto di “omosessualità” così come lo intendiamo noi è figlio del concetto di “amore romantico” il quale era sconosciuto all'età antica ed è sconosciuto alla stragrande maggioranza delle culture umane (essendo figlio del medievale “amor cortese” e del romanticismo, che sviluppo in senso “passionale” le idee da questo forgiate). Paolo, quindi, non intendeva condannare quelli che noi oggi chiamiamo “omosessuali”, ma intendeva condannare una specifica pratica sessuale: il rapporto omoerotico inteso come vizioso.
Ora, per praticare la sodomia in senso omoerotico non c'è bisogno di essere omosessuali. In parecchi contesti culturali è considerato normale, come atto di sottomissione, ad esempio, che un uomo si conceda ad un altro uomo (ora non lo ho a portata di mano, ma su uno dei più noti manuali di antropologia culturale in uso nelle nostre università c'è un intero capitolo dedicato alla materia), questo perché nell'uomo l'oggetto della pulsione sessuale non è geneticamente definito in modo netto, ma può variare a seconda delle condizioni psicologiche e del contesto culturale (a prescindere, ovviamente, dal fatto che qualcuno possa essere geneticamente determinato a preferire persone del proprio stesso sesso, argomento molto dibattuto di cui qui non possiamo occuparci). Nella fattispecie, nel mondo greco-romano, i rapporti omosessuali erano molto frequenti. Venivano praticati ad ampio raggio, da moltissimi uomini che, per il resto, vivevano una vita perfettamente “normale” avendo moglie e figli. Era normale per un giovane concedersi al proprio mentore, generalmente una persona più anziana, più ricca o più influente... ed era normale per un padrone abusare dei propri schiavi come simbolo della loro sottomissione. In più era diffusa la prostituzione cosiddetta sacra (sia maschile che femminile). E' a questo tipo di pratiche che Paolo intende riferirsi, non alla condizione degli omosessuali. Paolo non condanna certo chi prova attrazione o amore per persone del proprio stesso sesso, ma chi per “vizio” (vale a dire per i motivi suindicati) si dedica ai rapporti omosessuali; perché nel contesto culturale specifico in cui Paolo si muove, questo è il “problema” che i cristiani si trovano a dover affrontare, non quello delle coppie gay. (…)In primo luogo, non credo che esista un punto di vista Biblico su nessun argomento, questo perché la Bibbia (a differenza di quanto pensano i fondamentalisti) non è un blocco compatto, ma una biblioteca di libri di epoche, autori e generi letterari molto differenti. Per cui, dire “la Bibbia dice questo di questo” è per me un po' come dire “la mia biblioteca dice questo di questo”. Comprenderai che non ha molto senso la cosa.
Ora, venendo a Paolo, non è possibile dire che avesse in mente questa distinzione quando scriveva le parole che stiamo analizzando, proprio perché lui non aveva il concetto di omosessualità. Lui vede i rapporti omosessuali come tutti viziosi e perversi e li condanna in blocco. Questo non significa che nel tempo di Paolo non ci fossero quelli che noi chiamiamo oggi “omosessuali”, ma, più semplicemente, che in una situazione in cui i rapporti omosessuali erano praticati praticamente da tutti per i motivi succitati, questi non si distinguevano dalla folla, per così dire. Ergo, Paolo era impossibilitato a fare questa distinzione che noi, volendo, possiamo invece fare.
Ora, siccome noi possiamo fare una distinzione che l'Apostolo era impossibilitato a fare, possiamo altresì dire che questi non condanna gli omosessuali per il loro essere omosessuali, ma, al limite gli atti omosessuali. Atti omosessuali per i quali, però, lui è impossibilitato a fare quella distinzione che noi possiamo invece fare tra atti compiuti per amore ed atti compiuti per vizio.”
Devo dire che non sottoscrivo completamente quanto detto a Trianello. Perché sembra dire ad un certo punto che Paolo, pur avendo davanti a sé degli omosessuali come li intendiamo oggi, non li distingua tra gli altri che invece utilizzavano il sesso omoerotico negli altri modi già indicati. Io invece credo che non ci sia alcun motivo di attribuirgli questo errore di percezione. Possiamo benissimo immaginare invece che, pur avendo egli incontrato nella vita delle persone omosessuali di cui ignorava la condizione, tuttavia il sesso omoerotico di cui aveva notizia fosse solo delle tipologie perverse e idolatriche di cui abbiamo già parlato. È un nostro errore pensare di poter attribuire a Paolo condanne al di là delle situazioni che poteva conoscere. Nella misura in cui sappiamo a che cosa servissero i rapporti omoerotici nel mondo antico, e come venivano gestiti, la condanna di Paolo è del tutto legittima. Siamo noi che commettiamo un errore allorché, avendo sotto i nostri occhi rapporti tra uomini di altro tipo, applichiamo le parole di Paolo ad essi, le quali invece condannavano altre situazioni le quali erano oggettivamente incapaci di edificare la personalità di un individuo e farlo sbocciare come persona.
“non mi torna che nell'antichità non ci fossero uomini che semplicemente amassero altri uomini, o che non ci fossero "effemminati".”
Non hai capito quello che dice Foucault. Non è un problema l’esistenza dell’amore, ma il problema se discenda da un orientamento sessuale, e soprattutto a che cosa serva, quale sia la sua funzione.
Quanto agli effemminati, anche lì non si capisce che cosa tu voglia dire. Essere effeminati non è un orientamento sessuale. Malakos indica un “molle”, si può applicare benissimo ad un uomo che ama solo donne e che tuttavia si veste con ricercatezza e usa molti profumi. E si sa, ciò è pura vanità, perché la scena di questo mondo passa.
Utilizzare questo termine (malakos) per un tizio che fa da passivo in un rapporto omoerotico è solo uno dei punti dello spettro semantico, e, da capo, non c’entra nulla con l’omosessualità contemporanea. Ho provato ad elencare nella mia mente tutte le tipologie di comportamenti che possono portare a fare sesso nel ruolo di passivo nell’antichità greco-romana, e l’infatuazione amorosa m’è venuta in mente come settimo posto, e anche in quel caso non aveva a che fare con l’omosessualità
“Paolo parlava solo per il suo tempo o parlava anche per il futuro? Era ispirato da Dio quando scriveva e cosa voleva dire Dio a noi con quelle parole?”
E’ ovvio che parla per sempre. Nella misura in cui sappiamo cosa condanna, quella condanna è valida tutt’oggi.
“credo sia difficile ipotizzare che la sessualità e l'affettività forse in toto diversa da quella che proviamo oggi.”
Questa è una pura illusione, e ti consiglio di iscriverti ad un corso di antropologia. Il sesso è servito ad un mucchio di cose nei millenni, e il romanticismo è davvero l’ultima di esse. Ma poi, anche ipotizzando una natura umana invariante nei secoli, ciò che conta è la percezione. Nulla prova che qualcosa che esiste sia percepito e categorizzato come tale. Le società categorizzano in base ai propri bisogni. Nel Terzo Reich ad esempio erano convintissimi che esistesse una cosa chiamata razza ariana, con tanto di caratteristiche fisiche riconoscibili, e dunque la gente s’è trovata ad essere divisa tra ariani e non ariani, una cosa che aveva effetti legali e riscontri fisici. Ma un secolo prima ariano era solo un nome derivato dalle teorie dei linguisti, che avevano identificato un gruppo di lingue imparentate chiamandole così, ossia “lingue arie”. Da famiglia di lingue a razza il passo non è stato breve, ma c’è stato. Ora la razza ariana esiste davvero. Una volta che tu elenchi delle caratteristiche fisiche, e stabilisci che chi le ha è di quella razza, hai legittimamente creato un oggetto di discorso. Se un Profeta venisse a dirci che tutti quelli cogli occhi verdi costituiscono un gruppo a parte, amato dal Signore, ecco che creeremmo una parola per loro, ed essi sarebbero un gruppo improvvisamente esistente, sui cui si può iniziare a parlare.
“Nel caso stesse parlando solo per il suo tempo, per quale motivo lo SS le avrebbe fatte includere nella Bibbia? Eì poco logico, devono contenere una direttiva morale valide in ogni tempo e luogo.”
Vale per sempre. In ogni caso, anche una condanna di una cosa che esisteva solo in passato, ad esempio il sacrificio umano dei bambini dati in olocausto a Molok, può insegnarci cose ancora oggi. Non è che se un comando si riferisce a situazioni che oggi non esistono più allora sia stato sbagliato darlo, o non possa insegnarci qualcosa anche oggi.
“Altro punto: le parole usate in greco negli scritti originali si riferiscono in modo esplicito all'atto sessuale o all'atto del giacere insieme? Perchè nel secondo caso chi mi dice che non venga condannato anche un rapporto romantico totalmente platonico tra due uomini che giacciono come amanti?”
Non hai capito. Il problema non è l’atto, ma la motivazione che porta a condannare quell’atto. Se anche tu identificassi che un verbo significa “portare i sandali”, e dunque arrivi alla certezza che un versetto vieta di portare i sandali, non puoi continuare a dire che i sandali siano oggi vietati se comprendi che i sandali erano appannaggio delle prostitute e dunque è per quello che venivano vietati alle donne. Comunque il termine
arsenokoites indica, etimologicamente, chi va a letto con un uomo.
Dico “etimologicamente” perché l’etimologia non è il significato di un termine. Ad esempio “donna” viene da “domina”, cioè “padrona”, ma in italiano contemporaneo “donna” non vuol dire “padrona”\”signora”. Il salario viene dato in euro, non in sale. E così via. La parola
arsenokoitia infatti si applica in greco anche ad atti di sodomia tra uomo e donna. Penso che il motivo sia ovvio: essendo il sesso tra maschi solitamente caratterizzato dalla sodomia il termine è stato poi esteso anche a tutte le altre forme di unione, anche tra uomo e donna, che utilizzassero la stessa tecnica.
“rapporto romantico totalmente platonico tra due uomini che giacciono come amanti?”
Beh, lo sai che non viene condannato per la banalissima ragione che non appartiene alle categorie dell’autore sacro un rapporto romantico tra due uomini. In ogni modo nel Oohelet si parla di due uomini a letto insieme, ma, da capo, l’amore non c’entra nulla. Qui l’obiettivo è scaldarsi assieme.
“
Due [insieme] stanno meglio di uno solo, perché hanno una buona mercede per la loro fatica. Infatti se il primo cade, il secondo solleverà il suo compagno. Invece, guai a chi è solo! Ché, se egli cade, non ha il secondo che lo sollevi. – Così pure, se dormono due [insieme], avranno caldo; ma uno solo, come potrà avere caldo? – Inoltre se qualcuno potrebbe prevalere su uno solo, due [insieme] gli resisteranno contro: né la cordicella triplice si rompe tanto presto.” (Qohelet, 4)
Per VictorDoom
“Scusami poly e qui chiedo proprio per ignoranza mia: da dove deduci che le condanne di levitico e/o Paolo sui rapporti omosessuali siano riconducibili alla prostituzione sacra? Cioè devo credere che gli unici rapporti del genere esistevano o lui li vedeva solo in questi contesti? Perché se credeva che al di fuori di questi non c'era nulla di male, non pensi sarebbe stato più esplicito in modo da non fare facilmente di tutta l'erba un fascio?”
E come fai a fare dei distinguo se non sai che esista altro da cui tu debba distinguere? Siamo noi che abbiamo coppie gay che vanno a convivere e adottano figli. Questa tipologia di rapporti non esisteva nel mondo antico. Come spiegato sopra i rapporti tra uomini servivano ad altro, tra cui 1)prostituzione sacra. 2) Pederastia a fine iniziatico. 3)Orge con l’obiettivo si sregolare i propri sensi.
Questo è lo scenario che gli autori conoscono. Come già detto i rapporti romantici gay che non abbiamo in mente non rientrano nel loro orizzonte. Quanto al Levitico confesso che me ne sono occupato di meno, non essendo i cristiani sotto la legge mosaica mi ha sempre trovato poco interessato, però posso riportarti quello che hanno dedotto alcuni autori, per lo più protestanti o ebrei. La proibizione dell’omosessualità è inserita all’interno del Codice di purità del Levitico, cioè un insieme di regole per distinguere gli ebrei dagli altri popoli vicini, dove per l’appunto la prostituzione sacra era praticata. Infatti il capitolo, prima di tutta la serie di proibizione, dice che queste cose sono compiute in Egitto e nel paese di Canaan, luoghi d’idolatria ovviamente: “
Parla agli Israeliti e riferisci loro. Io sono il Signore, vostro Dio. Non farete come si fa nel paese d'Egitto dove avete abitato, né farete come si fa nel paese di Canaan dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi.” (Lv 18,1-3)
Insomma, segue una lista di comportamenti che sarebbero tipici di Canaan o dell’Egitto. Ebbene, neppure a Canaan o in Egitto esisteva l’omosessualità romantica come la intendiamo oggi, e i rapporti tra uomini erano praticati in ambiti ancora più ristretti che in Grecia o a Roma, ossia in ambito rituale.
Il versetto 22, che è dove si condanna un uomo che giace con altro uomo, è in questo contesto di separazione dalle pratiche pagane, infatti il versetto prima, il 21, ci dice che non bisogna sacrificare i figli a Molok. “
Non darai i tuoi figli perché vengano offerti a Moloc; e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il SIGNORE” (v. 21)
Per questo, visto il capitolo di collocazione e visto che il versetto sui rapporti omoerotici è immediatamente successivo a quello sui sacrifici a Molok, molti studiosi hanno visto qui un richiamo al sesso come praticato nei culti pagani. Pensare diversamente sarebbe anacronistico e fuori contesto, sia fuori contesto rispetto al capitolo sia fuori contesto rispetto all’Egitto e a Canaan, che non conoscono altro uso dei rapporti omoerotici.
Ho trovato invece abbastanza ridicola la soluzione dell’organizzazione omosessuale ebraica ortodossa “Hod” la quale sostiene che la frase del Levitico “non giacerai con il maschio così come giaci con la femmina” sia riferito alla penetrazione, e dunque sostengono che sia tutto kasher, anche baciarsi, purché non ci sia sodomia.
“E resta la somma domanda: ma dio non lo sapeva cosa avrebbero provocato quelle parole? E non te ne uscire con "la colpa è di chi legge male", non è onesto intellettualmente, perché qui, nei secoli, il 99% di religiosi ci ha letto male, non è una quisquilia!”
Ma mio caro, anche le esegesi errate possono avere un fine nel piano divino, e costituire un modello da superare per preparare un percorso. Ogni progresso ha bisogno di un’antitesi da superare. Non conosci in divino Hegel? La sintesi richiede una tesi e un’antesi per venire elaborata.
E poi, come pensi in termini umani… Quanti millenni spettano ancora alla razza umana? Se saremo ancora qui nell’anno 40.000 dopo Cristo, cosa saranno stati questi duemila anni di erronea interpretazione se non un secondo? Che poi, come ripeto, non sono duemila anni, ma duecento. L’omosessualità è una categoria ottocentesca. Nessuno ha mai visto nella Bibbia la condanna dell’omosessualità, ma solo della sodomia. Agostino è pieno di condanne dei sodomiti, ma non s’è mai sognato che fossero gay.
Per Testimone di Cristo
“Caro Polimetis, se uso lo stesso principio, allora si possono legittimare anche gli adulteri, visto che anch'essi, sostengono di amarsi...”
Se parli del tradimento del proprio coniuge immagino che in quel caso il frutto non sia solo l’amore ma anche la sofferenza di qualcun altro, motivo per cui non è vero che quello sia l’unico frutto da considerare. Non c’è alcun parallelo con le coppie gay.
Ad maiora